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10 giugno, Giornata della Marina

di Desirée Tommaselli

La celebrazione a Roma, a Palazzo Marina

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Cerimonia raccolta quella della Giornata della Marina 2020 che si è svolta significativamente a Palazzo Marina, “Stato Maggiore” della Forza Armata e “casa” di tutti i marinai, nonché monumentale testo visivo della gloriosa storia italiana sul mare. Una celebrazione intima, incentrata sulla deposizione della corona d’alloro sulla lapide dedicata ai Marinai caduti al servizio della Patria, murata nell’atrio dello storico edificio. Presenti alla cerimonia il ministro della Difesa, on. Lorenzo Guerini, il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, e il sottosegretario della Difesa, on. Giulio Calvisi, accolti dal capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone. La deposizione della corona, benedetta dal Vicario Episcopale per la Marina militare, Don Marcello Calefati, è stata accompagnata dalle commoventi note del “Silenzio”, cui è seguita, come consuetudine, la lettura della “Preghiera del Marinaio”.

Nella pagina accanto: (in alto) il ministro della Difesa, on. Lorenzo Guerini, il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, e il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone, rendono gli onori ai Marinai caduti al servizio della Patria; in basso da sinistra: il Vicario Episcopale per la Marina militare, Don Marcello Calefati, benedice la corona d’alloro; il ministro della Difesa, il capo di Stato Maggiore della Difesa, e il capo di Stato Maggiore della Marina, rendono gli onori ai Marinai caduti al servizio della Patria; il ministro della Difesa, il sottosegretario della Difesa, on. Giulio Calvisi, il capo di Stato Maggiore della Difesa e il capo di Stato Maggiore della Marina scendono lo Scalone d’onore di Palazzo Marina.

Il messaggio che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata della Marina, ha inviato al capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone

Le unità della Marina militare, componente qualificata del Sistema Interforze della Difesa Nazionale, assieme ai mezzi della Guardia Costiera, assicurano – in coerenza con gli indirizzi di parlamento e governo – la libertà di navigazione, la salvaguardia della vita umana in mare, la sicurezza delle nostre coste, fornendo un contributo fondamentale non solo all’ordinato svolgimento della vita del nostro Paese, ma anche alla garanzia di una condizione di pace e cooperazione dell’intera comunità internazionale. Lo testimoniano le attività del personale e dei mezzi impegnati nelle operazioni di contrasto alla pirateria, ai traffici illeciti, al terrorismo internazionale, che garantiscono presenza e sorveglianza nei mari vicini al nostro Paese e anche in quelli più lontani, fondamentali per la tutela degli interessi comuni, nell’ambito delle missioni decise dalla comunità internazionale. L'umanità e la professionalità delle donne e degli uomini della Marina militare hanno caratterizzato anche l’importante contributo fornito in questi difficili mesi nella lotta contro la grave emergenza sanitaria. Meritano grande apprezzamento il contributo del personale sanitario e del San Marco, nonché i mezzi messi a disposizione sin dal primo momento che, ancora oggi, operano instancabilmente al fianco delle strutture pubbliche e della Protezione Civile. Anche in questo frangente, le donne e gli uomini della Marina militare hanno confermato di costituire una riserva e un patrimonio preziosi sui quali la Repubblica può contare. In questa giornata, che celebra la Festa della Marina, rinnovo a tutto il personale e ai loro familiari sentimenti di gratitudine del Paese per gli esempi di lealtà, dedizione, coraggio, sacrificio ed eroismo che hanno accompagnato, nei decenni, la Forza Armata. Alla sua Bandiera di guerra, testimone di questi valori e tradizioni, rivolgo il mio deferente omaggio. Viva la Marina Militare, viva le Forze Armate, viva la Repubblica.

Le parole del capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone

Centodue anni fa il comandante Rizzo e il guardiamarina Aonzo ci insegnavano a essere dei veri marinai, con il loro coraggio, con la loro forza, con il loro spirito di servizio e con il loro amore incondizionato per la Marina. Oggi li festeggiamo degnamente ricordando i loro ideali e cercando di emularli e di eguagliarli. Siamo stati colpiti da questa grossa pandemia, assolutamente inattesa, che ha condizionato le nostre vite ma, nonostante tutto, le nostre navi in questo anno hanno continuato a navigare dal golfo di Guinea fino a Mar Nero e dal Mediterraneo fino all'Oceano indiano, non mancando a nessun impegno internazionale o nazionale che avessero preso in precedenza. E’ stata una prova dura che ha dimostrato quanto la Marina sia una squadra forte, un team coeso e invincibile. Io ricordo che qualche anno fa, quando ero un giovane ufficiale, partivo per le esercitazioni o per delle operazioni che duravano settimane o mesi. Erano periodi lunghi e analoghi a quelli di questi giorni ma non paragonabili i miei, che erano felici, a quelli di oggi dei nostri uomini e delle nostre donne che sono partiti lasciando le proprie famiglie, i propri figli, le proprie mogli e i propri mariti e i genitori anziani durante questa situazione così critica e così incerta. Un pensiero va anche alle famiglie che hanno visto partire loro cari, i loro punti di riferimento e nonostante tutto li hanno supportati, li hanno aiutati e hanno fatto in modo che la Marina non perdesse un colpo e fosse presente dove doveva essere con grande spirito di servizio, con grande coesione, con grande forza e unità. Sono orgoglioso di far parte di questo team ed è per questo motivo che vi abbraccio tutti, vi ringrazio e vi auguro buona festa della Marina.

Viva la Marina e Viva l’Italia.

10 giugno 1918, l’impresa di Premuda

di Desirée Tommaselli

Dal 1939 la Forza armata celebra la sua Giornata nella ricorrenza dell’azione militare, passata alla storia come l’Impresa di Premuda, con la quale la Marina italiana, nella Grande Guerra, chiuse di fatto la partita con quella austroungarica già al 10 giugno del 1918 - ossia circa 5 mesi prima dell’armistizio - affermando il controllo esclusivamente italiano sull’Adriatico. Il fatto d’arme ha per protagonisti due Mas italiani e una divisione austriaca, i cui “incontro” ed esito del “confronto” - l’affondamento della corazzata imperiale Szent István - possono sembrare apparentemente “fortunati” mentre, invece, furono il frutto di strategia, lungimiranza, pianificazione, addestramento, preparazione e professionalità. Dal 3 giugno 1918, infatti, la Marina aveva rinforzato la vigilanza delle coste nemiche; il capo di Stato Maggiore, ammiraglio Thaon di Revel, appresa la notizia della nomina del giovane ammiraglio Horty quale comandante supremo della Marina austroungarica, valutò infatti la possibilità che il nuovo Comandante in Capo della flotta desiderasse adottare

una strategia più attiva, tale da esporlo a commettere delle imprudenze, delle quali il vertice della Marina italiana voleva assolutamente approfittare, attaccando con sommergibili, cacciatorpediniere e Mas. Le previsioni del capo di Stato Maggiore italiano erano più che fondate, considerata anche l’urgente necessità dell’Austria sia di rompere il blocco navale operato dagli italiani ad Otranto che stava facendo implodere gli Imperi Centrali per la cronica mancanza di rifornimenti di ogni genere, sia di risollevare il morale dei suoi combattenti. Horty, pertanto, pianificò un’incursione aggressiva contro Otranto. Mentre le formazioni navali austriache muovevano verso sud tra qualche ritardo e un’avaria, i due Mas, 15 e 21, della Squadriglia comandata da Luigi Rizzo erano in agguato, come ogni notte dal 3 giugno precedente; l’incontro tra i Mas e la formazione austriaca condotta dalle corazzate Szent István e Tegetthoff non fu, quindi, fortuito. La prima nave da battaglia, producendo una grande nuvola di fumo, mise in allerta Rizzo, posizionato con il suo Mas15 e con il Mas 21 a largo di Premuda. Il Comandante decise di ingaggiare battaglia e sfruttare a proprio favore la situazione, nonostante l’evidente sproporzione delle forze in campo: due Mas sfidavano due corazzate scortate da dieci unità, tra cacciatorpediniere e torpediniere, che le proteggevano da tutti i lati. Passando tra due torpediniere di scorta senza essere visto, Rizzo sganciò i siluri del suo Mas 15 contro il fianco della corazzata che guidava la formazione. La posizione, perfettamente perpendicolare al bersaglio, era ideale e i lanci centrarono la nave. L’altro Mas, comandato dal guardiamarina Giuseppe Aonzo, cercò di colpire il Tegetthoff, ma ebbe sfortuna. Compiuto il “prodigio”, urgeva disimpegnare e “mettere in salvo la pelle”. Una torpediniera di scorta stava inseguendo il Mas di Rizzo nel tentativo di colpirlo con l’artiglieria o di speronarlo. Rizzo ebbe allora l’idea di utilizzare quanto gli era rimasto a bordo: le bombe di profondità. Dopo il primo lancio, inesploso, il secondo alzò una colonna d’acqua che frenò la corsa dell’inseguitore, consentendo a Rizzo di dirigere verso l’Italia. Dopo il 10 giugno le grandi unità austriache non uscirono più dai porti e il controllo dell’Adriatico fu tutto italiano. Inoltre il forzamento del blocco navale nel Canale d’Otranto, nei piani militari imperiali, avrebbe dovuto anticipare la grande offensiva condotta dal Montello al mare con lo scopo di far avanzare le truppe asburgiche almeno

fino all’Adige o al Po, se non fino a Milano. L’impresa di Premuda esaltò il morale dei combattenti italiani, abbattendo quello degli austroungarici che comunque, sferrarono poi l’attacco con le loro forze migliori. L’impresa di Premuda, con le sue conseguenze militari e politiche, cambiò definitivamente il corso della Prima guerra mondiale, condizionandone l’esito a favore dell’Italia, e diede grande prestigio alla Marina che, 21 anni dopo, scelse quell’azione navale come “emblema” dei valori militari, professionali e umani della Forza Armata.

Nella pagina accanto: i comandanti Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo con gli equipaggi dei Mas 15 e 21; in alto: il capitano di corvetta Luigi Rizzo; in basso, nella pagina accanto Luigi Rizzo e il capo timoniere Armando Gori in un fotogramma del film “Eroi del mare nostro”; in questa pagina i Mas 15 e 21 in un fotogramma di “Eroi del mare nostro”; per la realizzazione di questa pellicola degli anni ‘ 20, Rizzo “interpretò se stesso”, recitando le scene relative all’Impresa di Premuda nel Golfo della Spezia, mentre la Marina mise a disposizione i filmati originali dell’affondamento della Szent István e i mezzi navali necessari alle riprese.

Tutto pronto. Ripartono le Campagne d’istruzione

Dopo la consueta sosta manutentiva invernale, la nave della Marina militare, Amerigo Vespucci è pronta a solcare i mari e spiegare le vele per intraprendere la tradizionale Campagna d’istruzione 2020 a favore dei 106 allievi ufficiali della prima classe del ruolo normale dell’Accademia navale, nel rispetto dei protocolli sanitari per garantire la massima sicurezza a protezione dei nostri equipaggi. Alla presenza del capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, la nave a vela, al comando del capitano di vascello Gianfranco Bacchi, ha lasciato l’ormeggio nel porto di Livorno lo scorso 29 giugno con

rotta verso il Mediterraneo, per far ritorno nel porto di Taranto il prossimo 22 agosto. L’ammiraglio ha evidenziato di "atmosfera abbastanza irreale ma vi confesso che quando è iniziata l'emergenza della pandemia non avevo idea se saremmo riusciti a fare la campagna addestrativa, a mantenere gli impegni in campo internazionale, è stato sicuramente un impegno gravosissimo, abbiamo dovuto far fronte a questa emergenza in modo assolutamente nuovo, inventandoci e te

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