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settembre 2021

Geopolitica sotto le onde

L’ambiente operativo: sottomarini, droni, cavi e pipeline

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di Manuel Moreno Minuto

L’ambiente operativo underwater nel corso dell’ultimo ventennio ha subito una decisa evoluzione che trova un possibile parallelo solo nell’incredibile rivoluzione economica e tecnologica dell’accesso allo Spazio. I due ambienti operativi un tempo riservati alle sole medie e grandi potenze del pianeta vivono oggi una stagione di grande competitività frutto di una traiettoria tecnologica, ormai ben definita e accessibile grazie ad una drastica riduzione dei costi di produzione. Gli abissi non sono più il regno incontrastato di sottomarini dalle incredibili prestazioni, ma il panorama si è piuttosto diversificato ampliando sia il numero di attori, sia la maniera di sfruttare tutto ciò che c’è sotto le onde. Nel corso della Guerra Fredda e del successivo ventennio il mondo underwater ha visto una netta separazione tra le operazioni militari, e quello delle Corporate nei settori dell’Oil&Gas e Telco. I sottomarini erano – e sono tuttora – impiegati quale strumento di deterrenza in virtù della propria capacità di attaccare in maniera furtiva sia le forze marittime, sia bersagli su terra grazie all’unione di sistemi missilistici Deep Strike ed operazioni di Forze Speciali. Questa forma di deterrenza convenzionale permetteva un generale equilibrio e stabilità nei teatri operativi di maggior frizione come il Mediterraneo. Per tutti gli anni ’70 ed ’80, sia gli Stati Uniti che l’Unione Sovietica, schierarono decine di unità subacquee appartenenti rispettivamente alla VI Flotta e alla V Eskadra. In quell’epoca anche le nazioni con capacità marittime limitate come Albania, Libia ed Egitto erano dotate di sottomarini ceduti da Mosca. La capacità di attacco convenzionale, in ragione della sua efficacia, fu usata in ben poche occasioni, ma i suoi effetti furono decisivi. Nel maggio del 1982 l’affondamento dell’incrociatore General Belgrano da parte del sottomarino inglese Conqueror causò il ritiro delle forze navali argentine dalle Falkland determinando il rapido, seppur non indolore, successo della Royal Navy. Le possibilità operative dei sottomarini si sono evolute nel tempo, grazie al progressivo miglioramento delle dotazioni di missili, passati da un impiego a corto e medio raggio prevalentemente contro le navi, agli attacchi in profondità – Deep Strike – contro obiettivi terrestri. Gli esempi più rappresentativi sono la Guerra del Golfo nel 1991, l’intervento NATO nella ex-Jugoslavia (1999), Enduring Freedom in Afghanistan (2001), le operazioni USA in Iraq (2003), Unified Protector, ed infine la Guerra in Siria a cui i sottomarini russi della Flotta del Mar Nero partecipano dall’ottobre 2015. Il rapido cambiamento dell’ambiente underwater è stato accompagnato soprattutto nell’ultimo decennio ad una vertiginosa espansione del ramo civile che si è sviluppata intorno alle nuove esigenze energetiche e di comunicazione globale. Sebbene la tecnologia di perforazione petrolifera esista dagli anni cinquanta del secolo scorso e quella dei cavi sottomarini risalga a fine Ottocento, è solo in questi ultimi anni che si è palesata una vorticosa corsa tra tutti gli stati litoranei con diritti sovrani di sfruttamento sulla piattaforma continentale. Le cause geopolitiche sono molteplici e di lungo periodo. Nel campo degli

Gli abissi non sono più il regno incontrastato di sottomarini dalle incredibili prestazioni, ma il panorama si è piuttosto diversificato ampliando sia il numero di attori, sia la maniera di sfruttare tutto ciò che c’è sotto le onde ”

Sottomarino U212-A in navigazione di superficie nelle acque del Mediterraneo

idrocarburi la rinnovata sensibilità degli Stati – e delle grandi alleanze - in tema di “sicurezza energetica” ha imposto sul mare una spasmodica ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. Le recenti tensioni nel Mediterraneo orientale nascono principalmente dalla fame di energia e non potranno cessare fino alla creazione di un accordo omnicomprensivo che bilanci diritti ed interessi di tutti gli Stati costieri del Mediterraneo, in primis l’Italia. L’altra grande partita che si gioca sott’acqua, e lontano dai riflettori, è quella dei cavi sottomarini per comunicazioni il cui l’uso è vertiginosamente aumentato per sopperire alla richiesta globale di traffico dati. Ogni volta che dal nostro dispositivo mobile guardiamo le previsioni del tempo, facciamo un acquisto on-line, consultiamo il saldo del conto in banca o prenotiamo una visita medica, usiamo una rete di connessioni che solo in minima parte corre su terra, ma in realtà per oltre il 95% attraversa mari e oceani secondo schemi geografici lontani dalle comuni percezioni. Queste reti che corrono sul fondo dei mari, non garantiscono all’odierna società globale un surplus di comodità, ma ne sono invece la principale, seppur fragile, infrastruttura critica. L’interruzione dei servizi dati per qualche ora o giorno, o peggio ancora l’alterazione fraudolenta delle informazioni, lo spionaggio politico ed industriale, potrebbero creare situazioni di pericolo per le quali non esistono tuttora risposte ben definite. Nel prossimo futuro, oltre al traffico dati, i fondali marini ospiteranno anche i server dei provider di servizi cloud. Una tecnologia sperimentata dal progetto Natick della Microsoft presso l’European Marine Energy Centre con il Northern Isles Underwater Data Centre. Il pacchetto di 864 server posti sui fondali delle isole Orcadi in Scozia, è stato non a caso curato dalla francese Naval Group specializzata nella progettazione e costruzione di sottomarini militari e sistemi subacquei di difesa. Le operazioni militari contro il traffico di comunicazioni mondiale non appartengono alla sfera della teoria, ma hanno un solido background storico nella Prima guerra mondiale. Nell’agosto del 1914, a ridosso dell’inizio del conflitto, la nave britannica Alert recise il fondamentale snodo di comunicazione del sistema telegrafico tedesco. La Germania fu quindi costretta a usare, seppur con chiavi di cifratura, le linee civili britanniche – all’epoca egemoniche – che venivano

naturalmente intercettate dall’ufficio militare di “Censorship”. Una opportunità di intelligence che permise a Londra di intercettare il famoso Telegramma Zimmerman, poi impiegato dagli inglesi per coinvolgere gli Stati Uniti nel conflitto. Un altro – e ben documentato – episodio è l’operazione Ivy Bells condotta negli anni ’70 dai sottomarini USS Halibut, Seawolf e Parche. I tre sottomarini per circa un decennio collocarono in maniera occulta dei dispositivi di registrazione magnetica sui cavi usati dalla Flotta russa del Pacifico e che passavano sui fondali del mare di Okhotsk, tra Siberia e Giappone. Incursioni all’epoca rare, complesse e rischiose, ma che le moderne tecnologie subacquee – droni in primis – rendono invece oggi accessibili a numerosi, e purtroppo imprevedibili attori.

Rischi ed opportunità per l’Italia: il progetto NFS ed un nuovo dominio della Difesa

Il panorama underwater del Mare Nostrum è oggi caratterizzato da una complessità di fenomeni che vanno al di là delle logiche a cui ci aveva abituato la Guerra Fredda, ed il successivo ventennio di assoluta prevalenza americana e NATO. All’epoca sotto le onde del Mediterraneo si muovevano due grandi tipologie di interessi, e quindi di strumenti operativi. Da un lato vi erano le esigenze di controllo in tempo di pace – e dominio in caso di scontro – dello spazio marittimo nelle sue tre dimensioni. Necessità che sfociava nel coI sottomarini italiani di nuova generazione, gli U212NFS, pur nel solco delle indispensabili capacità deterrenti di sorveglianza ed attacco saranno impiegabili in futuro in compiti di ben più vasto respiro ”

Sottomarino Todaro in addestramento con le forze aeree della Marina.

stante dispiegamento di sottomarini d’attacco e delle contrapposte forze di ricerca antisommergibile. L’altra faccia della medaglia era il crescente uso dei fondali marini per la connettività energetica e telefonica degli stati: un settore gestito da compagnie civili che operavano sotto il cappello della stabilità e sicurezza fornita dalle predominanti forze occidentali. Oggi questa separazione d’interessi tra il mondo underwater militare e quello civile si sta assottigliando sempre più. La rilevanza strategica delle infrastrutture sul fondo dei mari, siano esse gasdotti o dorsali di connettività internet non può non far rientrare la difesa di queste infrastrutture subacquee critiche tra i principali interessi militari di ogni nazione avanzata. L’interruzione dei servizi di connettività dati, non solo priverebbe il cittadino dell’uso dei social network, ma impatterebbe in maniera devastante sulle reti ospedaliere, bancarie ed infrastrutturali del nostro Paese. Lo stesso si può dire di eventuali operazioni di intelligence politico-industriale su vasta scala o sull’alterazione fraudolenta delle informazioni scambiate a livello globale. Una prospettiva che fa impallidire - in termini di danni concreti - persino gli incidenti più cruenti della Guerra Fredda o le azioni di terrorismo marittimo. La NATO ha preso coscienza del problema dedicandovi parte dei lavori del recente incontro tra i ministri della Difesa del 22 ottobre 2020, dove il mondo Underwater e lo Spazio sono stati tra i temi di maggior interesse comune. Stesso in-

dice di pericolosità lo rivestirebbero infine le conseguenze energetiche ed ambientali di attacchi subacquei - quindi occulti e non attribuibili - alle pipeline di Oil&Gas o a una sole delle migliaia di navi cisterna e gasiere in navigazione tra Suez e Gibilterra. L’ambiente sotto le onde nel Mare Nostrum è una risorsa fragile e preziosa che va tutelata senza compromessi, investendo già da oggi in adeguate strutture operative e tecnologie sovrane che, al pari di Spazio e Cyber, siano considerate un nuovo “dominio” della Difesa. I sottomarini italiani di nuova generazione, gli U212NFS, pur assicurando le indispensabili capacità deterrenti di sorveglianza e attacco, dovranno essere impiegabili in futuro in compiti di ben più vasto respiro. Una prospettiva che pone l’Italia tra i pochi al mondo in grado di produrre – attraverso la tecnologia – sicurezza marittima sotto le onde, ma che al contempo, necessita di un adeguato quadro di risorse economiche, scientifiche ed umane.

In alto da sinistra: logo della manifestazione Sea-Future 2021; sommergibile classe Sauro in emersione. In basso da sinistra: cartina delle possibili contese geopolitiche del Mediterraneo (Aree di rischio ambientale in Mediterraneo - fonte progetto MED IAMER Commissione Eruopea); mappa dei cavi sottomarini del Mar Mediterraneo e dell’Atlantico; schema di rete di sorveglianza subacqua integrata con droni e sottomarini.

di Giovanna Scotton N oi siamo i sommergibilisti: quante volte, chi segue con interesse i sommergibilisti si è imbattuto in questa frase, negli ultimi anni della loro storia? Praticamente sempre. Basta fare una semplice ricerca con queste parole-chiave su internet ed ecco aprirsi un mondo affollato, tra new media, social, blog, tv, testate giornalistiche e speciali di approfondimento. Noi siamo i sommergibilisti non è più solo una frase o uno slogan di “prima presentazione”. È un vero e proprio concetto. Un brand, che si associa a un’immagine ben precisa in cui confluiscono identità, professionalità e senso di appartenenza, associati ad un logo ben riconoscibile, un decalogo di valori, etica e comportamento, ma anche tecnologia ed esplorazioni futuristiche. In

sintesi, un insieme omogeneo che mette insieme ricerca costante di modernità assoluta e una lunga storia fatta di radici profonde, tradizioni inossidabili e venti di scoperta che spingono, da sempre, verso l’avanguardia. Noi siamo i sommergibilisti rappresenta di fatto una grande rivoluzione, dai tempi in cui i sommergibilisti erano “i più silenziosi” della “Grande Silenziosa” (per lunghi anni, il soprannome della Marina Militare). Noi siamo i sommergibilisti incarna oggi un’immagine moderna e forte di passione, senso del dovere e orgoglio di far conoscere una piccola realtà, all’interno della Forza Armata e del Paese, in cui ognuno ha una funzione e un compito ben preciso: i sommergibilisti lo svolgono sotto il mare, con mezzi speciali e professionalità speciale. È un cambio di immagine pubblica, frutto prima di tutto di un grande cambiamento culturale: da un lato, della “percezione di sé” e dall’altro, della “comunicazione di sé”, processo, questo, determinato dall’incrocio di diversi fattori storicopolitico-sociali, esterni ed interni alle Forze Armate. Dall’abolizione della “leva obbligatoria”, all’ingresso del personale femminile nel comparto militare, da un profondo rinnovamento del ruolo della comunicazione istituzionale - che ha messo la trasparenza e l’informazione al centro di un nuovo modo di essere cittadini e servitori del Paese - ai radicali cambiamenti organizzativi che hanno seguito l’evoluzione di compiti, funzioni, consistenze e prerogative della professione militare, decise da stato e governi. La Componente sommergibili, come tutta la Marina e le Forze Armate, ha così attraversato fasi cruciali che ne hanno mutato profondamente organizzazione amministrativa e immagine pubblica, senza che queste ne snaturassero però l’essenza e la capacità operativa, nonostante momenti di grande difficoltà. Tra questi, una “crisi vocazionale” molto forte che portò a un calo verticale di arruolamenti, con un picco drammatico tra il 2008 e il 2014, a causa delle condizioni di vera durezza della vita dei sommergibilisti, unite ai continui mutamenti delle esigenze organizzative che hanno “stressato” molto e a lungo tutto ciò che riguardava la Componente sommergibili. In tre differenti “ondate” di impiego, in questi vent’anni, si è passati da una richiesta di operatività da 4 a 8 battelli (auspicabili 14), dovendo però fronteggiare una continua e drammatica diminuzione di personale, a seguito del taglio generale dell’organico della Marina a 26.800 militari. Per garantire la capacità di essere sempre pronti alle esigenze nazionali, al contrario, sempre crescenti, i sommergibilisti hanno dovuto praticamente “raschiare il fondo” delle disponibilità all’impiego operativo, rimandando in mare persone che avevano appena terminato cicli di 15-20 anni di navigazione, con ripercussioni importanti anche sulle vite di molti nuclei familiari. Per far fronte a questa situazione, si è deciso di recuperare le proprie radici in chiave di “futuro”, lavorando da un lato sul senso di identità professionale e di senso d’appartenenza ad una élite storica e dall’altro, sull’innovazione tecnologica che stava portando i battelli e l’interno sistema della Componente, a livelli elevatissimi di professionalità, con positive ricadute sulla qualità della vita del personale. L’oggettività di un addestramento ultra-specialistico e la spinta “motivazionale” ad essere sommergibilisti, destinatari di una crescita interiore altrettanto importante di quella professionale, fu la chiave di volta di un’azione tanto inusuale quanto risolutiva, intrapresa nel 2014, dal Comando dei Sommergibili: furono istituiti team di reclutamento, attraverso cui i sommergibilisti cercavano personale da formare, facendo leva sulla motivazione e sulla scelta consapevole di essere sommergibilisti, da un lato, e sulla comunicazione, raccontando sé stessi e la passione per questo mestiere, in maniera aperta e moderna. Fu uno sforzo importante e nuovo, su più fronti, a cui partecipò insieme sia il personale, sia il vertice di Comando, con risultati molto positivi e un’inversione di tendenza che ha mostrato da subito risultati molto positivi. Noi siamo i sommergibilisti è oggi il risultato di tutto questo. Sinonimo di un grande equipaggio di professionisti che lavora tutti i giorni con grande responsabilità e con la consapevolezza che qualsiasi cambiamento può e deve essere affrontato raccogliendo e unendo le forze, con professionalità, serietà, senso appartenenza e anche con un pizzico di intraprendenza fuori dagli schemi. Noi siamo i sommergibilisti è oggi anche un traguardo da cui ripartire, un valore aggiunto che si ha l’orgoglio e il piacere di condividere e raccontare.

Noi siamo i sommergibilisti

L’intervista

Sommergibilisti per sempre, ma prima di tutto per scelta. Intervista all’ammiraglio Andrea Petroni, Comandante dei Sommergibili

di Giovanna Scotton

“Sfiorano l'onde nere nella fitta oscurità/dalle torrette fiere ogni sguardo attento sta/taciti ed invisibili, partono i sommergibili/cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità”. Ammiraglio, i Delfini di ieri sono gli stessi di oggi?

Il sommergibilismo italiano ha, da sempre, una caratteristica: è proiettato nel futuro, pur tramandando un solido attaccamento alle tradizioni identitarie. Innovazione tecnologica e capacità operative da sempre vanno a braccetto, in una storia ormai più che centenaria di valori profondamente radicati. La Componente Sommergibili della Marina inizia la sua storia nell’Arsenale di La Spezia 131 anni fa, al riparo da occhi indiscreti, con la costruzione, in un capannone del primo sottomarino, il Delfino. Un piccolo gruppo di pionieri sfidarono le limitazioni tecnologiche dell’epoca, superarono lo scettiscismo dei vertici della Regia Marina e realizzarono un mezzo che prima non esisteva. La caratteristica dei sommergibilisti di oggi e di ieri è proprio questa: persone normali che fanno cose speciali, fuori dal comune. Spirito pioneristico e progresso tecnologico a cui si è aggiunta, con i conflitti del Novecento, consapevolezza di un ruolo strategico di prim’ordine, testimoniato dai risultati sul campo e dal conferimento di ben 23 Medaglie d’Oro al Valor Militare per azioni che hanno scritto numerose pagine di storia italiana, con coraggio e patriottismo. Valori tramandati con passione anche quando i sommergibili furono vietati all’Italia e reintrodotti solo anni dopo. L’attitudine ad operare in battelli chiusi, ristretti, in un ambiente estremo e ostile per definizione, l’abisso, in cui non è consentito margine di errore, sviluppa in noi un marchio distintivo fatto di resilienza, capacità di “problem solving” e “decison making”, per gestire situazioni sempre inaspettate, con rapidità di decisione e azione, spesso senza possibilità di contatto con Comandi ed Enti a terra. Una forma mentis che ci accomuna, tra l’altro, agli astronauti, in una “fratellanza” storica. Di questi mesi, tra l’altro, l’avvio del programma Neptune, progetto di ricerca con Università di Firenze e Agenzia Spaziale Italiana, per studiare analogie, fattori condizionanti ed effetti sull’organismo umano delle “immersioni” nei rispettivi contesti e per ipotizzare future missioni insieme nello spazio profondo.

Qual è la valenza strategica dei sommergibili per un Paese, oggi? Tecnologia spinta e peculiarità “esplorative” rendono un sottomarino, oggi più che mai, estremamente strategico nelle funzioni di protezione degli interessi vitali del Paese e di sicurezza in mare. Allo stesso tempo, uno strumento subacqueo credibile misura oggi anche il peso militare strategico di un Paese, rispetto ai propri alleati. I sottomarini sono un importante punto di forza delle Marine militari e un parametro di misura del “ranking” marittimo di uno Stato. La loro presenza in aree di crisi consente di studiare e interpretare, in anticipo e in anonimato, le intenzioni degli attori sensibili, impiegando, se necessario, misure di forza progressiva, dal blocco navale in punti strategici, ad esempio i choke point (strettoie o strozzature) o aree portuali, fino, ai casi estremi di lancio dei missili da profondità

Tecnologia spinta, ambiente in cui opera e peculiarità “esplorative” rendono un sottomarino, oggi più che mai, estremamente strategico nelle funzioni di protezione degli interessi vitali del Paese e di sicurezza in mare

(deep strike) a bersagli terrestri. Azioni convenzionali che, senza armi nucleari, permettono di esercitare una concreta influenza e raffreddare gli animi. Nel conflitto delle Falkland del 1982, ad esempio, la Royal Navy accorciò sensibilmente la durata della guerra, bloccando le forze navali argentine in porto con i sottomarini, impiegati sia in funzione di intelligence, sia di attacco antinave.

Il 26 febbraio è stata siglata la costruzione di nuovi battelli. Quanti e quali sono i battelli della nostra flotta? Chi li sviluppa?

La Marina Militare conta otto sottomarini, secondo le esigenze della Difesa indicate nel MOIR (Modello Operativo Integrato di Riferimento): quattro di nuova generazione Classe U212A e quattro della Classe Sauro, prossimi al termine-vita operativa. Gli U212A sono unità subacquee tecnologicamente moderne che hanno ridotto il divario “di potenza” tra battelli nucleari e convenzionali, per la prima volta, dal dopoguerra. La scelta, negli anni ’90, di dotarsi di battelli avveniristici, realizzati in cooperazione con la Germania, fu strategicamente lungimirante e promosse un indotto industriale che ha posto la nostra cantieristica marittima tra i grandi protagonisti di un polo europeo e mondiale di eccellenza, nel design, nella costruzione e nel supporto in vita dei sommergibili. Le due serie di battelli U212A hanno stimolato anche la sistemistica pregiata di costruzione nazionale, con forti ritorni produttivo-economici e un alto posizionamento della nostra industria, nel contesto mondiale. La firma, il 26 febbraio 2021, per l’acquisizione di 4 sottomarini di nuova generazione U212 NFS (Near Future Submarine) ha assicurato la sostituzione della Classe Sauro con un progetto trait-d’union tra l’affidabile italo-tedesco U212A e le nuovissime tecnologie emergenti. NFS ingloberà un’estesa serie d’innovazioni ad alta efficacia operativa di matrice italiana, tra cui le batterie al litio per la propulsione e nuovi sistemi di combattimento. Un sistema di sistemi, in sintesi, che può esplorare, studiare, controllare e proteggere l’ampia, integrata e complessa dimensione sottomarina (cd. underwater). Tra i progetti correlati agli NFS, mi piace sottolinearne alcuni legati alla Green Economy: produzione e stoccaggio di idrogeno, studi sulle comunicazioni subacquee a stati quantici, ricerche sui meta-materiali per rendere gli scafi invisibili ai sonar e sviluppo degli sciami di droni subacquei.

Com’è organizzata oggi la Componente sommergibili? Come è incardinata nella Marina Militare e nella Difesa?

La Componente sommergibili è organizzata in maniera olistica, composta in diverse articolazioni, e copre tutti gli ambiti e i processi che la riguardando: policy, procurement e controllo operativo delle attività in mare. Il Comando Sommergibili (Maricosom) ha sede nella base operativa della Marina, a Santa Rosa (Roma), la Centrale Operativa Sommergibili è adiacente al Maritime Operation Center del Comando in Capo della Squadra Navale ed esercita, su delega permanente di CINCNAV, il controllo operativo diretto dei battelli in mare. Funge anche, in ambito NATO, da Submarine Operating Authority (SUBOPAUTH), responsabile della gestione degli spazi subacquei e della prevenzione delle mutue interferenze tra i sottomarini dell’Alleanza. Maricosom gestisce tutti gli aspetti delle operazioni e delle esercitazioni complesse. Alle sue dipendenze, il Comando Flottiglia Sommergibili (Comflotsom), con sede a Taranto, force provider della Componente con il compito di approntare i sottomarini sotto tutti gli aspetti: tecnico, addestrativo, logistico e sanitario. Comflotsom gestisce gli otto sottomarini, il supporto logistico e manutentivo dei battelli; di sua responsabilità anche la Scuola Sommergibili di formazione e addestramento degli equipaggi. Comflotsom ha capacità di supporto expeditionary, garantisce cioè l’assistenza, la manutenzione e anche il rifornimento dei nostri battelli nel mondo. Nello Stato Maggiore, la Componente si esprime attraverso il 5° Reparto Sommergibili e gestisce la direzione strategica di sviluppo dei mezzi, le dottrine e il personale specialista, punto di forza della compagine sommergibilista. Questa è presente, infine, nella Difesa in due specifiche articolazioni: l’Ufficio Programma Sommergibili e la III Divisione, di NAVARM, alle dipendenze del vertice del Segretariato Generale della Difesa/Direzione Nazionale degli Armamenti, in cui si realizzano processi di procurement dei mezzi subacquei e si pianificano i cicli manutentivi. I primi di aprile si è aggiunta la Program Division di OCCAR (dal francese Organisation Conjointe de Coopération en matière d'Armement), organizzazione intergovernativa europea di cooperazione per gli armamenti, che seguirà la costruzione dei battelli NFS nei prossimi dieci anni. All’estero la Componente

Centrale operativa di combattimento del sottomarino Pietro Venuti

ha due rappresentanze per la cooperazione sui sottomarini, in Germania (Koblenza e Kiel), altri rappresentanti nei Comandi NATO (MARCOM e COMSUBNATO) di Northwood - Regno Unito e Rota (Spagna) e una delegazione presso l’International Submarine Escape and Research Liaison Office (ISMERLO), anch’esso a Northwood.

I vostri caratteri distintivi e i vostri punti di forza?

Invisibilità, impatto strategico dei sommergibili, alta specializzazione dei professionisti nei mezzi e nei centri di comando e controllo: il personale che impara a gestire rischi e responsabilità è la vera forza portante della Componente. Il valore umano viene coltivato e sostenuto con grande impegno, per gestire al meglio la vita a bordo di un sottomarino. A questo, si aggiunge la trasmissione della passione e della cura per il proprio mezzo. Determinazione, resilienza, curiosità, senso di appartenenza, spirito di squadra, sacrificio, iniziativa, precisione, professionalità, conoscenza, propensione per le sfide: sono tutti tratti che vengono incoraggiati perché “cementano” la squadra e insegnano ad amare i mezzi. Altre doti fondamentali: capacità di adattamento ai luoghi isolati e confinati, dove la responsabilità individuale va a braccetto con la solidarietà per i colleghi. Valori elencati nel nostro decalogo, ripreso recentemente anche in un video realizzato spontaneamente dai nostri equipaggi, per aiutare ad affrontare al meglio la condizione forzata di “cattività” legata al Covid-19.

Perché un giovane dovrebbe aspirare a diventare sommergibilista?

Tantissimi anni fa, sul finire dell’Accademia navale, mi chiesero di fare una scelta: “scelta” è proprio la parola-chiave che descrive i miei sentimenti all’epoca. Scelsi di essere un sommergibilista, e scelsi così di dare un senso diverso e speciale alla mia vita e alla mia professionalità. La vita nei battelli non è semplice, né comoda, ma è proprio questa consapevolezza di appartenere ad una élite speciale che compie missioni difficili, il sentimento che ispira un giovane a fare questa scelta, a tirare fuori il meglio di sé in una sfida continua: prima di tutto con sé stesso. Ed è ciò che ispirò me. Se avessi di nuovo vent’anni, non avrei dubbi sul mio futuro: farei il sommergibilista.

Cosa vede nel futuro dei sommergibilisti?

I nuovi sottomarini U212 NFS cambiano radicalmente l’approccio al mondo underLa vita nei battelli non è semplice né comoda ma è proprio questa consapevolezza di appartenere ad una élite speciale e di compiere missioni difficili, il sentimento che ispira un giovane a fare questa scelta, a tirare fuori il meglio di sé in una sfida continua, prima di tutto con sé stesso

water. Oggi il sottomarino non è più isolato come un tempo e sempre più sarà parte di un sistema ampio, impegnato nel contrasto di nuove minacce verso interessi energetici e commerciali nei fondali o nelle zone esclusive di sfruttamento nazionale (ZEE). I battelli saranno il “centro stella” di una rete ampia e diffusa di sensori, fissi sul fondo o mobili, montati su veicoli subacquei unmanned di sorveglianza della dimensione subacquea. Nodo della rete di comunicazioni e informative militari e civili, saranno sempre più “centrali operative subacquee” di sorveglianza e protezione degli interessi nazionali e internazionali, militari e civili, sopra e sotto la superfice del mare, con una specifica fondamentale caratteristica: l’invisibilità. Tecnologie sempre più spinte rendono i nuovi battelli adeguati ai nuovi scenari strategici. I sommergibili sono i protagonisti della corsa all’innovazione nel dominio subacqueo, una grande opportunità per il Sistema Paese che saprà interpretare le nuove sfide dell’evoluzione dei contesti geopolitici, sempre più interessati all’ambiente sottomarino, dove si giocherà la salvaguardia di molti interessi vitali, per il benessere e la prosperità globale. E a proposito di futuro, auguro il mio più grande “buona caccia” all’ammiraglio Vito Lacerenza, prossimo Comandante dei Sommergibili, a cui lascio il testimone di questi magnifici 4 anni di Comando, in cui ho avuto il privilegio di viaggiare, mano nella mano, con il progresso da un lato e con tanta orgogliosa storia, dall’altro. Lunga vita ai sommergibili!

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