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Da Leonardo da Vinci a Nazario Sauro
Tracce di storia tra Rinascimento e modernità
Equesto non pubblico o divolgo per le male nature delli omini, li quali userbono le assassinamenti nel fondo de’ mari col rompere i navili in fondo e sommergeli insieme colli omini che vi son dentro”. Leonardo da Vinci così scriveva in una nota del Codice Atlantico negando ai contemporanei, ma anche ai posteri la possibilità di costruire ed impiegare macchine sottomarine. L’incursione leonardesca nel mondo subacqueo avviene alla fine del 1500 dopo un lunghissimo periodo di oblio tecnico interrotto da pochi sporadici scritti di Roberto Valturio – De di Manuel Moreno Minuto
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Res Militari – e Guido da Vigevano nel De Motu Animalium. La necessità di esplorare la porzione più nascosta del mare è però molto più antica e si dovrebbe far risalire ad Alessandro Magno all’assedio di Tiro nel 332 a.C., quando secondo la tradizione l’Imperatore utilizzò una primitiva macchina subacquea. Mito e realtà della subacquea si incrociano diverse volte nei secoli ed una certezza è rappresentata dal corpo degli urinatores – primitivi palombari – che in epoca romana supportavano l’attività portuale. Il lento svilluppo di materiali e tecnologie adatte al mondo
La Spezia, 3 ottobre 1915.Linea di costruzione dei sommergibili “tascabili” classe A della Regia Marina.
sommerso ha reso molto labile il confine tra l’uomo che affronta gli abissi e le macchine sottomarine. Fino alla prima metà del 1800 le macchine subacquee erano tutte a propulsione umana, compresa il celebre American Turtle impiegato nella guerra d’indipendenza contro l’Inghilterra. Il sottomarino a cavallo tra il 1600 ed il 1700 comincia ad essere individuato come un mezzo per risolvere a proprio favore situazioni di svantaggio. Una sorta di Davide contro il Golia delle grandi potenze navali. Nel 1669 il veneziano Cesare Ianise presentò al Doge della Serenissima un progetto di una barca per navigare sott’acqua e liberare dalla presenza turca il porto di Candia (Creta). La cosa si risolse in termini più prosaici e di questo tentativo di primo battello italiano purtroppo si persero le tracce. Un secolo più tardi – 1801 – anche il livornese Giovanni Antonio Ciaschi propose un suo progetto di sommergibile con i cannoni andato perduto e mai realizzato. La storia del sommergibilismo tricolore inizia però circa un trentennio dopo l’Unità d’Italia e la nascita della Regia Marina. Nel 1890 in un capannone dell’Arsenale Militare di La spezia, e al riparo da occhi indiscreti, un piccolissimo gruppo di ingegneri e tecnici – guidati da Giacinto Pullino – iniziò la costruzione del Delfino, un piccolo, ma rivoluzionario sottomarino concepito quale reazione allo strapotere navale francese. Il battello rimase in servizio fino a tutta la Prima guerra mondiale accompagnando la nascita di battelli sempre più moderni frutto dell’inventiva di Cesare Laurenti, a cui si affiancarono negli anni ’20 e ’30 Virginio Cavallini e Curio Bernardis. Questo è il periodo di maggiore slancio ed operosità della navalmeccanica italiana che realizzò oltre 170 sommergibili per l’Italia ed alcune decine per l’estero. Dopo la guerra la ricostruzione fu lenta e difficile e l’impronta italiana nella storia dei sommergibili riprende vita con la Classe Enrico Toti degli anni ’60, seguita negli anni ’80 dal progetto Nazario Sauro. Purtroppo, della flotta sottomarina del secolo scorso sono rimaste poche e flebili tracce - gelosamente custodite dalla Marina nei suoi Musei e Sale Storiche - invece le unità più recenti hanno acquisito nuova vita grazie ad una attenta musealizzazione che le hanno trasformate in piccoli poli turistici. Buon viaggio allora attraverso il patrimonio sommergibilistico del nostro Paese!
La Spezia, nel 1915. Regio sommergibile in costruzione.