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La fecondazione artificiale in Italia
Angelo Francesco Filardo
Il dottor Angelo Francesco Filardo, vicepresidente dell’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici, Aigoc, e Direttore del Centro “Amore e Vita”, ha calcolato in modo rigoroso la strage di innocenti causata dalla pratica della fecondazione artificiale: per ogni bambino che nasce, quanti ne muoiono?
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Le relazioni del Ministro della salute al Parlamento sull’applicazione della legge 40/2004 - se lette con attenzione, ordinando e sintetizzando i dati - ci fanno toccare con mano i danni prodotti dalla fecondazione artificiale: non solo materialmente (la morte di milioni di esseri umani innocenti), ma anche socialmente, perché si sottovaluta la sua occisività e si riducono gli esseri umani (zigoti, embrioni) a merce, che si può produrre senza limiti e senza obblighi per i committenti e per i produttori. I bambini, così, si possono scartare senza addurre valide motivazioni, congelare in grande quantità e lasciare sospesi nell’azoto liquido a tempo indeterminato, o per sempre.
Analisi degli ultimi dati disponibili, del 2018, desunti dalla Relazione ministeriale sulla legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale.
Prendendo in esami i dati del 2018, resi pubblici con grande ritardo il 26 febbraio 2021 dal Ministro della salute, possiamo prendere coscienza della strage in atto. Nelle due prime tabelle (1 e 1S) vediamo riassunti i dati relativi alla fecondazione extracorporea omologa nell’anno 2018. Confrontando questi dati con quelli del 2017 notiamo una riduzione del numero delle coppie (- 2.189) e dei cicli di trattamento a fresco (- 1.927) ed un ulteriore significativo aumento delle coppie (+ 1.546) e dei cicli di trattamento con scongelamento di embrioni/ovociti (+ 2.233). Il numero dei parti è di poco aumentato (+ 58) mentre il numero dei bambini nati vivi è un po’ diminuito (- 93): la percentuale di coppie con figlio/i in braccio nelle coppie trattate a fresco diminuisce dal 13,78% al 12,97%, mentre aumenta quella delle coppie con scongelamento dal 20,90% al 24,78%. La tabella 3.4.13, che si trova a pagina 119 dell’ultima Relazione ministeriale, è il punto di riferimento per fare chiarezza sul numero reale di embrioni formati nel 2018, perché a pagina 127 della citata Relazione ministeriale, nella tabella 3.4.26, gli embrioni formati diventano 98.673 e non 169.286 come risulta dalla tabella 3.4.13. Nella tabella 2 riproponiamo i dati della sopracitata tabella 3.4.13 e ricostruiamo il percorso fatto dagli ovociti freschi e scongelati e il destino degli embrioni prodotti dalla fecondazione di gran parte di questi ovociti. Prendiamo atto che solo 10.751 dei
202.108 embrioni prodotti e scongelati nel 2018 riescono a vedere la luce del sole, cioè
il 5,32%, ovvero il 13,46% degli embrioni trasferiti in utero. Nella Relazione leggiamo che nell’omologa i trasferimenti in utero con 1-2 embrioni sono l’88,5%, cui si aggiunge un 10,9% di trasferimenti con 3 embrioni, mentre i trasferimenti con 4 o più embrioni sono lo
0,6% e rappresentano l’1,1% dei trasferimenti nelle donne di 40-42 anni e l’1,2% nelle donne di età ≥43 anni. Sorge spontanea una domanda: perché
continuare a bombardare le donne con alte dosi di gonadotropine per far maturare
un gran numero di ovociti - esponendo le donne al rischio di severe Ohss, cioè sindromi da iperstimolazione ovarica (306 cicli sospesi prima del prelievo; in 221 cicli è stato richiesto il congelamento di tutti gli ovociti ed in altri 3.556 la sospensione del trasferimento in utero per rischio Ohss ed il congelamento di tutti gli embrioni) - quando
gran parte (88.158) di questi ovociti prelevati
non sono stati utilizzati e 13.740 sono stati crioconservati?
La fecondazione artificiale omologa
Le tabelle 3 e 4 riportano i dati della fecondazione extracorporea omologa per classi di età: balza subito agli occhi di tutti i lettori che nei gruppi di età superiore ai 40 anni la percentuale delle donne con figlio/i in braccio si riduce notevolmente, anche se in questi gruppi di età il numero di embrioni trasferiti è superiore a quello delle donne di età inferiore:
nel gruppo di donne di 40-42 anni nei cicli a fresco, la percentuale delle donne con figlio/i in braccio è del 7,37% e scende al 2,36% nelle donne di età ≥43 anni. Nelle donne trattate con scongelamento di embrioni e di ovociti a 40-42 anni la percentuale sale (13,16% cicli di scongelamento, mentre nelle donne di età ≥43 anni si mantiene più bassa con lo scongelamento degli embrioni (6,34%) e diventa quasi nulla (0,06%) con lo scongelamento degli ovociti, a dimostrazione che l’età di 42 anni rappresenta un limite oltre il quale sono notevolissime le difficoltà sia di concepire, sia di congelare gli ovociti.
Un breve accenno alle indagini genetiche preimpianto: su 3.441 indagini genetiche fatte nel 2018, abbiamo i dati di 2.447, il che fa pensare che i dati mancanti non siano positivi. Inoltre - come appare molto chiaramente dalla tabella 5 - fare indagini su embrioni scongelati è molto letale (97,24% di embrioni morti), di donne con età media di 36 anni, quindi sarebbero da vietare per legge.
La fecondazione artificiale eterologa
La tabella 6 riassume i dati essenziali della
fecondazione extra corporea eterologa
dell’anno 2018 e può darci solo un’idea di quello che è accaduto alle coppie interessate. Aumenta il numero totale delle coppie trattate, dei cicli di trattamento e degli embrioni trasferiti in utero; aumenta di pari passo il numero degli embrioni sacrificati e compare per la prima volta il numero degli embrioni crioconservati (9.897), mentre
nessuna notizia viene data sul destino di 15.917 embrioni.
La tabella 7 permette di avere un quadro molto più chiaro della situazione compatibilmente con i dati offerti dalla Relazione, che sono aggregati in modo disomogeneo, volutamente confuso e incompleto rispetto ai dati offerti per l’omologa.
Chi ha comprato lo sperma
Nelle coppie trattate con “donazione” di liquido seminale nelle donne di età ≥43 anni, la percentuale delle coppie con figlio/i in braccio non supera il 3,85%.
Chi ha comprato l’ovulo
Le percentuali di coppie con figlio in braccio nei trattamenti con acquisto di ovociti o con “doppia donazione” (cioè si compra sperma e ovulo) sono di gran lunga più favorevoli perché gli ovociti vengono venduti da donne giovani e perché le donne che si sottopongono al trasferimento di embrioni nel loro utero, non dovendosi esporre al rischio di iperstimolazione ovarica, possono avere nello stesso anno più trasferimenti in utero di embrioni. Il trattamento con “doppia donazione” fa
Perché continuare a bombardare le donne con alte dosi di gonadotropine per far maturare un gran numero di ovociti, esponendo le donne al rischio di severe sindromi da iperstimolazione ovarica, quando gran parte di questi ovociti prelevati non sono stati utilizzati e in parte sono crioconservati?
sorgere molti dubbi: si possono importare embrioni dalle banche estere? E quelli che comprano l’embrione qualora abbiano dato uno dei gameti, quali garanzie hanno che effettivamente l’abbiano usato? Al di là delle colorate e numerose figure contenute nella Relazione, quali esami vengono fatti per essere certi che il Dna di questi figli è in parte costituito da quello di uno dei due componenti della coppia che compra un embrione e uno dei gameti? All’import e all’export di bambini questa ultima Relazione dedica 25 pagine (Appendice F p. 246), con belle mappe a colori per visualizzare i flussi, ma sarebbe stato molto più utile e comprensibile riassumere il tutto in 3 tabelle - una per ogni tipo di compravendita (seme, ovociti, embrioni) - facili da leggere per tutti, in cui venga indicato con una sigla il centro che effettua l’operazione di import/ export, il numero preciso dei criocontenitori di seme, di ovociti e di embrioni con la nazione di provenienza e possibilmente anche l’entità del “rimborso spese” pagato da ogni centro. Dovrebbero fornire, inoltre, chiare informazioni - come riportato nella terza colonna della tabella 8 - su:
• quanti criocontenitori di ovociti importati nello stesso anno o non utilizzati degli anni precedenti vengono inseminati e fecondati;
• quanti embrioni vengono prodotti con questi ovociti e che destinazione hanno (tutti trasferiti in utero? quanti crioconservati?);
• quanti criocontenitori di ovociti non vengono utilizzati e restano in deposito presso ogni centro.
Lo stesso discorso vale per i criocontenitori di embrioni e di liquido seminale.
Un’ecatombe in continua espansione
Dal 2010 - come è possibile verificare nella tabella 9A - la fecondazione extracorporea è diventata la prima causa di morte documentata dei concepiti, con 141.652 embrioni sacrificati, che superano di molto i 115.372 bambini eliminati nello stesso anno con l’aborto volontario (legge 194/1978). Questo orripilante primato si va consolidando
Le donne morte a seguito di fecondazione artificiale, conteggiate dall’Istituto superiore della sanità, sono completamente ignorate dalla Relazione ministeriale sulla legge 40/2004
ogni anno, fino a raggiungere nel 2018 il numero di 171.730, cioè 2,25 volte superiore a quello delle vittime dell’aborto volontario nello stesso anno (76.328) e dal 2008 al 2018 fa registrare il numero totale di 1.554.687 embrioni sacrificati, cioè 13,53 volte superiore ai nati vivi da fecondazione extracorporea nello stesso periodo (114.931). Fin qui i dati desunti dopo un’accurata e approfondita lettura critica dell’ultima Relazione sull’attuazione della legge 40/2004, che il Ministro della salute deve presentare ogni anno al Parlamento che, tenendo conto dei risultati offerti dalle Relazioni annuali, dovrebbe valutare se occorre intervenire per modificare la legge in base agli effetti verificatisi nel tempo.
Dall’inerzia fin qui mostrata dal Parlamento sembrerebbe che la presentazione della Relazione sia diventata una pura formalità da adempiere con molta calma!
Di fatto, però, c’è stato chi ha sostituito il Parlamento emettendo sentenze e - in assenza del successivo, necessario, indispensabile intervento legislativo del Parlamento - ha creato le situazioni fin qui descritte.
Le sentenze della Corte costituzionale
Bambini congelati
Il 13 maggio 2009 è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n.151, che dichiarava l’illegittimità dell’art. 14, comma 2, della legge 40, che stabiliva in tre il numero massimo di embrioni da fecondare e da impiantare in utero in un unico e contemporaneo impianto. Sono passati quasi 12 anni e il Parlamento non si è accorto che in questo periodo nei crioconservatori italiani - come si può facilmente constatare nella tabella 3.4.16 di p. 119 da me modificata - stanno sospesi nell’azoto liquido 83.443 embrioni, o - più verosimilmente - 130.350 embrioni. E
il loro numero continua a crescere ogni
anno. A essi si aggiungono i criocontenitori
per l’eterologa importati dall’estero e non utilizzati. La Corte costituzionale ha giudicato illegittimo il comma 2 dell’articolo 14 della legge 40/2004, che serviva a limitare quello che poi è accaduto e sta accadendo con la sua abolizione. Per questo motivo nel libretto pubblicato dall’Aigoc il 23 settembre 2014, quando sembrava che il Parlamento si fosse accorto della necessità d’intervenire per colmare il vuoto legislativo creato dalle sentenze della Corte costituzionale, a pp. 11 e 12 abbiamo scritto: «La donna (o la coppia) per poter procedere a una eventuale crioconservazione di embrioni prodotti sia con Pma omologa che eterologa dovrebbe espressamente sottoscrivere nel consenso informato che si
impegna a trasferire in utero gli embrioni
prodotti in eccesso e crioconservati anche in caso di buon esito del primo trasferimento e/o di nascita in modo naturale di altri figli e a pagare le spese necessarie per tutta la durata della crioconservazione (il cui ammontare va valutato e dettagliatamente specificato nel consenso informato al quale va allegata la fotocopia del bonifico bancario in un apposito ccb del deposito anticipato della somma pari al costo di tre anni di crioconservazione). Questa misura servirebbe a limitare il ricorso alla eccessiva produzione di embrioni e alla crioconservazione di quelli che non vengono impiantati, facendo accrescere nella coppia
la consapevolezza della dignità umana degli embrioni prodotti, che non sono un mezzo per soddisfare il loro desiderio di avere un
figlio, ma veri esseri umani, loro figli, di cui si debbono prendere responsabilmente cura come dei figli già nati. Anche il pagamento anticipato dei costi della crioconservazione può essere un deterrente all’abuso del ricorso
alla crioconservazione. La salute della donna non viene esposta a maggiori rischi da questa limitazione, in quanto c’è la possibilità di crioconservare i gameti invece degli embrioni, che può offrire la possibilità di successive fecondazioni senza sottoporre l’interessata ad altre sovra-stimolazioni ovariche, con quasi uguale probabilità di gravidanza (19,5 su 100 trasferimenti in utero) rispetto allo scongelamento di eventuali embrioni crioconservati (22,4 su 100 trasferimenti in utero), con il notevole vantaggio di evitare la crioconservazione e la morte di un considerevole numero di embrioni (13 su 14 embrioni scongelati nel 2012), che sono loro figli. Nel caso di separazione e/o divorzio o rottura della convivenza per la donna/madre permane l’obbligo di procedere all’impianto degli embrioni crioconservati, che continuano a essere loro figli anche se molto piccoli ed invisibili a occhio nudo, mentre per l’uomo/ padre permane l’obbligo di fornire tutti i mezzi di sostentamento necessari a questi figli come si conviene per i figli già nati comprendendo anche le spese della crioconservazione degli stessi. In caso di mancato trasferimento in utero di questi loro figli crioconservati alla coppia viene comminata la stessa pena prevista per l’abbandono di minori (art. 591 c.p.)». Alla luce dei dati offerti da quest’ultima Relazione ministeriale anche il limite della produzione al massimo di tre embrioni appare in piena linea con l’evoluzione delle tecniche di fecondazione extracorporea, considerato che nell’omologa i trasferimenti in utero con 1-2 embrioni sono l’88,5%, cui si aggiunge un 10,9% di trasferimenti con 3 embrioni, mentre i trasferimenti con 4 o più embrioni sono lo
Fare indagini su embrioni scongelati è molto letale (97,24% di embrioni morti), quindi sarebbero da vietare per legge
0,6% e rappresentano l’1,1% dei trasferimenti nelle donne di 40-42 anni e l’1,2% nelle donne di età ≥43 anni, per cui se non si procede al contemporaneo trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti deve permanere l’obbligo per un successivo impianto in utero degli embrioni crioconservati, che hanno diritto a essere tutelati come chiaramente espresso nell’articolo 1 della legge 40/2004: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito».
L’eterologa
La sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2014, abolendo il divieto di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale eterologa, ha creato una immensa voragine legislativa, che il Parlamento non si è ancora minimamente preoccupato di colmare, per cui stiamo assistendo a tutto il possibile. E ciò avviene a carico dei contribuenti e al prezzo altissimo degli innumerevoli embrioni sacrificati.
La deriva eugenetica
La sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 2015 - dopo i provvedimenti del Tribunale di Cagliari e di Firenze (2007) e del Tar Lazio (2008) - ha consentito alle coppie portatrici di malattie genetiche trasmissibili l’accesso alla
Dal 2008 al 2018 il numero totale di embrioni sacrificati è stato di 1.554.687, contro 114.931 nati vivi
diagnosi genetica pre-impianto, che come abbiamo potuto constatare è altamente letale in particolare per gli embrioni scongelati (97,24% di morti).
Mamme a 50 anni
Anche qualche Regione ha provato ad allargare le maglie di una legge 40/2004 già molto permissiva: nel 2011 il Veneto ha spostato il limite di età delle donne cui concedere di accedere alla fecondazione extracorporea a carico del Ssn da 43 a 50 anni, riuscendo a mettere d’accordo sia i sostenitori più accaniti del “figlio ad ogni costo” come Carlo Flamigni e Eleonora Porcu (cfr. Comunicato stampa dell’Aigoc del 21 giugno 2011), sia noi che siamo stati da sempre contrari ad ogni forma di fecondazione extracorporea, entrambi contrari a queste aberrazione. Più di recente il Tar della Lombardia ha annullato la delibera della Regione che fissava il limite di età di 43 anni e il numero massimo di tre tentativi per accedere alla fecondazione extracorporea eterologa pagando solo il ticket. Quanto abbiamo già illustrato riguardo all’efficacia della fecondazione extracorporea nelle donne con età ≥ 42 anni è più che sufficiente per dimostrare l’infondatezza scientifica e l’assurdità di questa decisione, ma ci sono altri motivi anche più gravi - di seguito esposti - che giudici attenti avrebbero dovuto conoscere e tenere in debita considerazione.
E il "diritto alla salute" delle donne?
Il 14 marzo 2019, durante il convegno di ItOSS, è stato presentato il Primo Rapporto ItOSS.
Sorveglianza della Mortalità Materna negli anni
2013-2017, pubblicato dall’Istituto Superiore della Sanità, nel quale a p. 19 si legge: «Oltre all’obesità, un’altra condizione frequente tra le donne decedute è il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma).
L’11,3% delle morti materne (12/106) riguarda donne che hanno concepito mediante tecniche
di Pma (6 Icsi, 5 Fivet e 1 tecnica non nota). La percentuale di morti materne associate a Pma rilevata dal Sistema di sorveglianza del Regno Unito è pari al 4%, molto più bassa di quella italiana. La proporzione di gravidanze ottenute mediante tecniche di Pma è invece analoga nei due Paesi, pari a circa il 2% e pertanto non giustifica la diversità nella frequenza degli esiti. L’unica differenza che sembra associabile alla minore proporzione di morti materne nel Regno Unito riguarda la norma vigente in quel Paese in base alla quale il servizio sanitario pubblico non offre Pma alle donne con indice di massa corporea ≥ 30 Kg/m2 e/o età ≥ 42 anni. Controllando tali caratteristiche nelle donne decedute in Italia emerge che 7/12 hanno IMC ≥ 30Kg/m2 e 4/12 un’età ≥ 42 anni. Alla luce di questi dati riteniamo opportuno considerare anche nel nostro Paese una possibile regolamentazione dei criteri di accesso alle tecniche di Pma nel servizio sanitario pubblico».
Di morti materne non c’è alcuna traccia in
La fecondazione artificiale è anche un serio rischio per la salute e la vita delle donne (l’11,3% delle morti materne)
nessuna delle Relazioni del Ministro della salute
al Parlamento sulla legge 40/2004, neanche in quest’ultima - anche se l’Istituto superiore di sanità, che ha curato la pubblicazione del Rapporto ItOSS, ha predisposto anche la sezione 3 della Relazione – quindi non poteva ignorare i dati che aveva reso noti due anni prima nel citato Rapporto.
Conclusione
Concludo la presentazione di questi dati ricordando che risultati molto più favorevoli di quelli della fecondazione extracorporea si possono ottenere imparando a riconoscere la fertilità della donna con i metodi naturali (Billings e Sintotermici), come si può vedere nella tabella 10. Bisogna anche tener presente che l’età migliore per concepire è prima dei 30 anni e che abbiamo più che mai bisogno di politiche a favore della famiglia e della natalità, che considerino i figli un preziosissimo investimento per il futuro di tutta la collettività. Va inoltre rilanciata l’adozione, che dà modo di offrire il calore della famiglia a un/a bambino/a. A questo proposito bisogna chiedere allo Stato la stessa attenzione e lo stesso sostegno economico che viene concesso alle coppie che accedono alla fecondazione artificiale e l’inserimento dell’adozione tra i Livelli Essenziali di Assistenza per la sterilità e infertilità di coppia.