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A lezione di genetica: la clonazione umana
Giandomenico Palka
Il professor Palka, già Ordinario di Genetica Medica dell’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, ci offre un’altra lezione, questa volta a commento delle notizie che circolano sulla clonazione umana, una sfida all’etica, alla morale e all’antropologia.
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Tutto Inizia nel 1996 a Edimburgo, dove il dottor Wilmut dà l’annuncio di aver clonato la pecora Dolly, dimostrando che la riprogrammazione di una cellula somatica a cellula embrionale era possibile. Il mondo si pose subito le prime domande: la linea di
confine tra Dio e l’uomo si assottiglia dopo
Dolly? L’uomo può tentare di impossessarsi della vita? Ma il tutto non potrebbe essere solo un grande business? Quindi, in accordo con gli inglesi, direi «hope and hype» [speranza e forte spinta pubblicitaria, ndR].
La clonazione consiste nel prendere il nucleo di una cellula somatica, che ha un corredo genetico di 46 cromosomi, e di metterlo dentro una ovocellula, privata del suo nucleo.
Dopo Dolly altri animali sono stati clonati ma
i risultati non sono stati mai soddisfacenti.
In media la percentuale di successo della clonazione non supera il 3%. Mi preme subito chiarire che la clonazione
non comporta la formazione di un vero embrione, ma solo un qualche cosa che gli
assomiglia. Nel mondo dei mammiferi, lo zigote si forma dall’unione di due gameti, che nel caso dell’uomo sono lo spermatozoo e l’ovocellula, ciascuno formato da 23 cromosomi. I gameti sono comparsi circa 150 milioni di anni fa e sono prodotti dagli apparati sessuali maschili e femminili, che non so quanto tempo ci sia voluto per costruire, ma certo non sono il frutto di un colpo di bacchetta magica. Con la loro comparsa è iniziata sul nostro pianeta la riproduzione sessuata. La clonazione invece si realizza attraverso l’introduzione di un nucleo di una cellula somatica a 46 cromosomi dentro una ovocellula, privata del suo corredo genetico. Quindi si tratta di una riproduzione atipica, asessuata e quindi,
più che di clonazione, dovremmo parlare di
nucleo transfert. Il mondo ha accolto con stupore la nascita di Dolly perché la riprogrammazione del Dna di una cellula somatica non era
ritenuta possibile, ma c’è stato anche tanto scetticismo perché Dolly era il frutto di un esperimento riuscito su 277 eseguiti. L’insuccesso della clonazione si deve sia alla complessità della tecnica, sia all’alterazione dell’imprinting. Riguardo a quest’ultimo punto, di ogni gene esistono due copie, che vengono ereditate una dal padre e una dalla madre ed entrambe cooperano nella loro funzione. Un centinaio di geni invece sono soggetti all’imprinting, e delle duecopie ne funziona una sola, o quella maschile o quella femminile. I gameti hanno imparato a riconoscere quali sono i geni imprintati e a silenziarli. L’imprinting si è determinato per impedire l’autofecondazione. I gameti presentano tante altre caratteristiche che li differenziano dalle altre cellule, che non
La pecora Dolly con Ian Wilmut, del Roslin Institute, in Scozia. Nata il 5 luglio 1996, con il Dna identico a quello di sua madre, Dolly è morta dopo sette anni, alcuni dicono a prescindere dalla clonazione. Le pecore in media vivono dai 15 ai 20 anni. Dopo Dolly ci sono stati altri tentativi, ma in media la percentuale di successo della clonazione non supera il 3%.
posso riferire per motivi di spazio. Nel caso della clonazione, il nucleo di una cellula somatica a 46 cromosomi viene messa dentro una ovocellula, che riprogrammerà tutti i geni imprintati in senso femminile, e pertanto mai si potrà formare un essere “normale”. I mass media si sono espressi alla grande: «Esperimento shock a Seul: clonato il primo embrione umano»; a Mosca: «Possibile un clone di Lenin». Su Sanità news: «Il primo bambino clonato è previsto tra due anni». Qualcuno aggiungerà che di recente sono state clonate due macache, che sembrano normali e che possono rappresentare il preludio alla clonazione umana, che qualcuno addirittura ritiene sia più semplice di quanto non si creda. Intanto precisiamo che le due sorelline macache sono il risultato di 79 esperimenti effettuati, che confermano come la clonazione sia un fatto eccezionale. La storia ci dirà come sarà la vita delle due macache. Dolly alla nascita era normale,
poi nel corso dei suoi 7 anni di vita ha
sofferto di numerose patologie: ha avuto tumori, reumatismi, malattie autoimmuni e alla fine una polmonite artritica, che è una patologia dolorosissima per gli animali, che indusse Wilmut a ucciderla. Tutti gli animali clonati hanno la “large offspring syndrome“, caratterizzata da ipertensione, obesità, diabete, che sono l’espressione dell’alterazione dell’imprinting. Ovviamente, “la ricerca non si può fermare”, ha bisogno della sperimentazione per andare avanti, ma a tutti i costi? Deve esserci
La clonazione non comporta la formazione di un vero embrione ma solo un qualche cosa che gli assomiglia: tutti i geni saranno “imprintati” in senso femminile e pertanto mai si potrà formare un essere “normale”
sempre un equilibrio tra diritto di sapere ed egoismo del ricercatore, per evitare di
cadere nella slealtà. La ricerca deve essere sempre al servizio della società e deve promuovere sempre il rispetto della dignità umana.
La clonazione è una sfida all’etica, alla
morale e all’antropologia. Quali valori intende perseguire la clonazione e cosa rischia invece di sconvolgere e di distruggere? La biodiversità, che rende degna e meravigliosa la vita su questo pianeta, che fine farà con la clonazione? Qual è la ragione di clonare gli esseri umani? La clonazione offende il significato di essere umano. La clonazione è eugenismo, che è una teoria discriminatoria bandita da tutti gli Stati e da tutte le società democratiche e civili. La clonazione non è proponibile e accettabile perché viola l’univocità dell’essere umano. Su questo anche teologi e filosofi di svariate estrazioni religiose sono d’accordo.