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La sindrome del criceto
Francesca Romana Poleggi
Abbiamo intervistato Alberto Contri in merito al suo ultimo libro, che indaga la condizione dell’uomo contemporaneo
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Con una carriera di oltre mezzo secolo ai vertici di media, multinazionali della comunicazione e delle associazioni del settore (è stato presidente di Pubblicità Progresso dal 1999 al 2019), Alberto Contri ora insegna Comunicazione Sociale all’Università IULM. Il suo sito web è www.albertocontri.it. Ha pubblicato McLuhan non abita più qui? (Bollati Boringhieri, 2017) e Comunicazione sociale e media digitali (Carocci, 2018). Nel 2020 appena trascorso, infine, è uscito La sindrome del Criceto (Edizioni La Vela – 2020). A proposito si è gentilmente offerto di rispondere a qualche domanda.
Professor Contri, è vero che l’influenza da Covid 19 è una malattia molto meno grave della “sindrome del criceto” che si è andata diffondendo da molto più tempo?
Troppi, tra gli individui che fanno parte delle classi dirigenti, sono affetti dalla “sindrome del criceto"
«Il Covid 19 è un virus pericoloso per le persone più deboli, ma ancora più pericoloso per le reazioni sbagliate o fuori tempo poste in essere dai governi. Alla prima ondata tutti sono stati colti di sorpresa, ma alla seconda si è giunti altrettanto impreparati: se errare humanum, perseverare diabolicum. Il problema è che
ci sono Governi troppo spesso formati da
individui affetti dalla Sindrome del criceto, così ho intitolato il mio ultimo saggio».
Che significa?
«Il criceto è stato dotato dalla natura di uno scatto e una resistenza portentosi per sfuggire ai predatori. Ma ora che è diventato un animale da salotto, corre nella sua ruota per attivare le endorfine che gli impediscono di cadere in depressione. Se ci guardiamo intorno, quanti criceti vediamo correre nella loro ruota? Con uno sforzo e un impegno che serve solo a loro. Oltre a essere circondati da criceti, più in generale l’uomo di oggi si trova stretto in una inquietante tenaglia: da un lato la mitizzazione di un incessante progresso tecnologico i cui fautori auspicano un pianeta popolato da ominidi sempre più tracciati, manipolabili
Alberto Contri
ed eterodiretti. Dall’altro, una pressante e sconsiderata diffusione delle teorie gender che favoriscono la trasformazione delle persone
in esseri neutri, senza storia né tradizione, unicamente in balia delle proprie voglie.
Le pagine dei romanzi di George Orwell, Aldous Huxley e George Benson hanno cominciato a sostituire i fogli nel nostro calendario quotidiano, trasformando in realtà le loro previsioni distopiche».
La tecnologia in sé non è né buona né cattiva: dipende dall’uso che se ne fa e dai fini che persegue. Oggi come viene usata? O meglio, come veniamo usati, grazie alla tecnologia?
«Tecnologia e Intelligenza Artificiale consentono straordinari progressi in moltissimi settori. Quello che non è accettabile è immaginare di voler delegare all’Intelligenza
Artificiale compiti tipici dell’intelligenza
umana. Inoltre, i fautori della singolarità e del transumanesimo ritengono che l’Intelligenza Artificiale abbia già superato quella umana, e che il corpo si stia riducendo ad una macchina sempre più ibridata con protesi elettroniche e di origine informatica. Intanto i Gafa (Google, Facebook, Apple, Amazon, cui vanno aggiunti Microsoft, Ibm e molti altri) diventano sempre
più ricchi e potenti utilizzando ad esempio gli algoritmi per schedarci, tracciarci, consigliarci
negli acquisti e indirizzarci anche nelle scelte
elettorali, come è già successo».
Quali pericoli presenta invece la diffusione dell’ideologia gender?
«Nel saggio cito papa Francesco, che viene sempre osannato quando afferma che occorre non discriminare e accogliere chi non si sente a suo agio nel proprio sesso. Ma è del tutto censurato quando afferma che “L’ideologia gender nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina… Il gender è
la modalità più specifica con cui si manifesta
il male oggi”».
Quale ruolo hanno la famiglia e le altre formazioni sociali per immunizzarci - o guarirci - dalla “sindrome del criceto”?
«Famiglia significa innanzitutto educazione. Basta guardare un documentario di animali per vedere che il ruolo primario dei genitori è quello di insegnare ai cuccioli a cacciare per procurarsi il cibo. Il primo compito della famiglia umana, facendo attenzione all’antico metodo mens sana in corpore sano, è quella di educare il cuore e la mente, far sviluppare il senso critico, far sviluppare le qualità analogiche che serviranno per padroneggiare qualunque tecnologia. E poi trasmettere i valori della propria tradizione, insegnare la dignità, il rispetto, il culto del bello, del giusto e del vero. Un bell’impegno, direi…».
E la scuola?
«La scuola dovrebbe agire in sintonia con
la famiglia. Vorrei ricordare che esiste una risoluzione Onu del 1950, mai abrogata, che dice che i genitori hanno diritto di educare i figli secondo le proprie tradizioni culturali, filosofiche e religiose. Quindi la scuola dovrebbe rispettare questo impegno, invece di "rieducare i ragazzi che hanno avuto la sfiga di nascere in una famiglia oscurantista", come sostiene la senatrice Cirinnà! Dove per oscurantista è facile immaginare “cattolica”…».
Alla fine del suo saggio, lei - insieme al filosofo Salvatore Veca - propone la costituzione dei Gru-Gruppi di Resistenza Umana. Di cosa si tratta?
«In mezzo al degrado della politica, della pubblica amministrazione, della scuola e della società civile in generale (cui contribuisce non poco il degrado dei media e delle fonti di informazione e intrattenimento) ci sono moltissime persone che combattono una loro personale battaglia, nonostante tutto, in virtù dell’educazione che hanno ricevuto. Occorre raccogliere tutte queste energie sparse,
Non siamo soli: attraverso i Gru - Gruppi di resistenza umana possiamo sperare di riedificare le strutture portanti della società.
L’uomo di oggi si trova stretto in una inquietante tenaglia: da un lato la mitizzazione di un incessante progresso tecnologico, dall’altro una pressante e sconsiderata diffusione delle teorie gender.
confidando come prima àncora di salvezza nella ricerca di amicizie con cui condividere la stessa visione del mondo. Da qui è nata l’idea di dare vita ai Gru (Gruppi di Resistenza Umana). La parola resistenza ricorda quei movimenti, armati e non, che si sono ribellati alle dittature. Ripudiando la violenza, si ritiene necessario fare in modo che la forza delle idee basate sullo studio, l’approfondimento, la condivisione del sapere e delle esperienze, il rispetto e la passione per il bello, il giusto e il vero, possano diventare strumento efficace contro il degrado imperante, dando uno spessore non retorico alla parola futuro.
Senza intenti politici o partitici, senza desiderio di costruire movimenti occulti o società segrete, l’idea dei Gru si basa sul progetto di stringere amicizie, confrontarsi,
riconoscersi, al fine di non sentirsi più isolati, ma consolati dal fatto che ovunque ci sono persone interessate a promuovere i valori della crescita dell’uomo sotto forma di un nuovo Rinascimento, in cui la scintilla della coscienza, la spiritualità dell’animo umano e il rispetto delle leggi di natura costituiscano sempre il primum movens. Per saperne di più è sufficiente visitare il sito www. resistenzaumana.org».
Ma c’è davvero una concreta speranza di invertire la rivoluzione antropologica in atto e il relativismo-nichilismo che dilaga?
«In una situazione così disperata sia dal punto di vista economico che da quello morale, non resta che cercare di riedificare le strutture portanti della società che sono crollate o addirittura scomparse. Educare quindi come edificare. Nel fare questo, i diversi Gru che nasceranno intorno a determinate tematiche e interessi, verranno messi in contatto tra loro così da costituire quella rete capace di ricostruire come si deve il tessuto sociale. Indubbiamente è un compito immane, viste le forze contrarie che agiscono in ogni ambito della società, ma se ci si impegna non sentendosi più soli, si può tornare a scoprire di essere un popolo che non può essere ignorato, e dal quale possono uscire le future classi dirigenti».