L’AFRICA nel cuore
PADRE AGOSTINO PLANQUE Fondatore delle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli
L’AFRICA nel cuore
SOMMARIO III
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Umili origini
• Un uomo venuto dal Nord • Wachemy • Inizi del cammino vocazionale • Verso il sacerdozio
9 Vocazione missionaria • Quale missione? • Un incontro decisivo • La nuova Società missionaria • Tragica partenza
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Il Continuatore
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La spiritualità di Agostino Planque • Le radici • Forti convinzioni • La vera devozione • Dono di sè per il Vangelo
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Il Carisma NSA
• Nel Cenacolo • Come gli Apostoli • Con Maria, Madre di Gesù • Missionarie per l’Africa
• I pionieri • Verso “un‘altra” Africa • Nel delta del Nilo • Umile questuante • Momenti di prova
La missione per Agostino Planque
33 Il Fondatore delle NSA
• Un solo scopo • I grandi orientamenti • Verso una cristianità africana
• La missione al femminile • Le prime partenze • Sotto il segno della croce • Un orizzonte aperto
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Conclusione La fede dell’Apostolo
UMILI ORIGINI UN UOMO VENUTO DAL NORD Padre Agostino Planque è un sacerdote venuto dal Nord della Francia, da un paesino sperso nelle campagne delle Fiandre francesi. In queste terre vaste, aperte sia verso il mare, sia verso i paesi del nord, si è costituito lungo i secoli un popolo vigoroso, dedito alla coltivazione di un suolo eccezionalmente fertile, ma anche aperto al commercio e agli scambi, resi facili dalle vie fluviali che solcano la regione da Sud a Nord. Per la sua vitalità, per il suo cielo pieno di foschia, la Fiandra è stata spesso cantata o valorizzata da poeti, storici, pittori e cantanti che ne hanno fatto apprezzare l’austera bellezza e le qualità eccezionali dei suoi abitanti. La sua popolazione è descritta comunemente come una “razza dalle virtù evidenti di tenacia, generosità, attaccamento al paese, al suolo natale, alle creden-
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ze”. La gente di cui fa parte Planque è “gente umile, a cui mancano forse apparenza esteriore e vivacità, ma che mostra una grande rettitudine nel giudizio, lealtà, buona fede in tutte le sue relazioni. Questo popolo gioioso ed accogliente, ha un’attitudine grave perché è meditativo, retto: distingue la verità e l’abbraccia, scorge l’ingiustizia e la denuncia”. Simili descrizioni, e tante altre che hanno celebrato il paese di Agostino Planque e i tratti della sua popolazione, sembrano proprio scritte per lui, rispecchiano il suo carattere energico e lineare, quale emerge dalle sue lettere o dalle testimonianze che lo descrivono con amicizia ma senza compiacimento. Lui stesso amava ricordare le sue origini ironizzando: “Diffidate della gente del Nord! E’ come un fuoco nascosto sotto la cenere!”. L’apparente freddezza poteva celare forti passioni! WACHEMY Agostino Planque nasce il 25 luglio 1826 a Wachemy, piccolo villaggio di contadini, in una famiglia modesta di piccoli proprietari
terrieri. Wachemy, situato ad una quindicina di chilometri da Lille, contava allora circa 400 abitanti. I genitori, Pierre-Joseph e Augustine Caillerez, godevano di un’agiatezza media, ma dovevano lavorare duramente e gestire con oculatezza i loro beni per allevare dignitosamente i dieci figli. Contadinello come i coetanei del suo ambiente, Agostino, quarto figlio e primo dei maschi, vive un’infanzia povera ma dignitosa, in una famiglia serena e ricca di fede. Frequenta la scuola elementare del villaggio e dà una mano ai lavori della fattoria. Tra la famiglia, la scuola e la parrocchia, la sua vita scorre apparentemente senza storia. A quell’epoca, d’altronde, le campagne costituivano un mondo chiuso, dove non arrivavano le novità della città. Avvenimenti politici o conflitti sociali non avevano qui gran risonanza. Si viveva un’esistenza tranquilla, ritmata dai lavori campestri, intessuta di rapporti semplici tra persone tutte più o meno della stessa condizione sociale e sotto lo stesso campanile.
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INIZI DEL CAMMINO VOCAZIONALE Fin dall’infanzia Agostino sente forte la chiamata al sacerdozio, ma non riesce ancora ad intravedere le vie per arrivare a realizzarla concretamente. La sua buona volontà, il desiderio di crescere e di formarsi, sono incoraggiate dal Parroco che lo aiuta con delle lezioni private. L’inaspettato gli arriva però da una zia, che si offre di sostenere le spese dei suoi studi e del mantenimento che i suoi genitori, avendo a carico una famiglia numerosa, non avrebbero mai potuto assumersi. La proposta della zia gli appare come un segno di Dio, la mano della Provvidenza che si rivela aprendogli strade a prima vista inaccessibili. Chi è questa “donna della Provvidenza”? Si tratta di Augustine-Charlotte, zia della madre di Agostino, che in seguito al matrimonio con Jean- Baptiste Poupart abita in Lille, dove possiede una merceria. Rimasta vedova e senza figli, Mme Poupart gode di una discreta agiatezza. Avendo rapporti eccellenti con la nipote Augustine Planque e con la sua
famiglia che continua a crescere a Wachemy, può conoscere più da vicino Agostino, apprezzarne la maturità e la serietà degli intenti. Da qui l’idea di offrire al ragazzo, che tutto sembrava destinare ad una vita di contadino, la possibilità di rispondere alla propria vocazione. Libero e sincero come sempre, Agostino prende volentieri la strada che si apre davanti a lui, nella sola convinzione che la sua scelta è proprio quella che gli permette di rispondere al Signore.
La proposta della zia cambia radicalmente la vita dell’adolescente, portandolo al di fuori dei confini del piccolo villaggio, operando una rottura con l’ambiente familiare e con il mondo protetto dell’infanzia. La zia abita con una domestica, Catherine. La loro vita regolata come in un convento, dominata dal culto dell’ordine e della regolarità, non provoca turbamenti in Agostino, incline per natura alla serietà e all’impegno. E’, anzi, una buona scuola che continua la sua formazione e lo prepara all’ambiente severo del Seminario. E’ con queste due donne, un po’ bizzarre forse, ma sincere e generose, che l’adolescente Agostino Planque comincia a meditare e a gustare
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il Padre Nostro, preghiera che tanta importanza avrà nella sua vita spirituale. L’amore per il lavoro, il suo carattere equilibrato e piuttosto serio, ed anche una buona dose di umorismo che non perderà mai, lo aiutano ad approfittare al massimo di questa vita austera, un po’ grigia, senza perdere l’apertura e la libertà di spirito che sempre lo contraddistingue, né la decisione di andare fino in fondo alla sua vocazione. VERSO IL SACERDOZIO Nell’ottobre 1841, Agostino Planque entra nel Seminario minore di Cambrai. La struttura molto bene organizzata, è da ricordare anzitutto per la qualità degli studi. Già buon allievo a Chemy, egli può continuare qui a formarsi su basi solide, specialmente in latino e in francese, aprendosi allo stesso tempo, cosa nuova, alle scienze pro-
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fane come la botanica, la storia e la geografia. Grazie ad un eccellente insegnante, acquisce inoltre grande destrezza nel tracciare carte geografiche ed una competenza notevole per discutere la topografia dei territori di missione e dei loro confini, per cercare le origini storiche di popoli o di tribù. È un aspetto inedito delle attitudini di Planque che gli fu molto utile in seguito. A Cambrai egli riceve una formazione nella quale riesce ad integrare il “sapere” umano a quello religioso. Il grande fervore religioso che vi regna, le forme di preghiera e gli esercizi spirituali che ritmano le giornate dei seminaristi, lo aiutano a mettere le basi della sua spiritualità, a fissare, per così dire, gli elementi che caratterizzeranno per tutta la sua vita la sua ricerca di Dio. Il 21 dicembre del 1850 Agostino Planque è ordinato sacerdote. Due giorni dopo, celebra la prima Messa a Chemy. Sarà l’insegnamento il suo futuro? Sarebbe naturale pensarlo visto che, dal 1849, egli appartiene come membro effettivo, a Saint-Bertin, un’associazione di sacerdoti della Diocesi di Arras, fondata quindici anni prima con lo scopo di formare insegnanti capaci di dispensare un insegnamento cristiano. Padre Planque si trova bene in questo ambiente di grande valore educativo, apprezza la disciplina, l’unione fraterna e il buono spirito che vi regnano. Eppure… il giovane sacerdote sa già che il suo avvenire non è per niente fissato: progetti diversi occupano i suoi pensieri, e si mette all’opera per realizzarli.
VOCAZIONE Missionaria Agostino Planque ha 30 anni. Il richiamo verso i lontani orizzonti della Missione nasce in lui poco a poco, matura nella banalità apparente dell’esistenza quotidiana. Nessun avvenimento particolare interrompe lo scorrere di questi trent’anni… A dire il vero, non era nemmeno straordinario il fatto che, allora, un giovane scegliesse la vocazione missionaria! Non dimentichiamo che l’Ottocento è per definizione il secolo missionario, l’epoca nella quale in Europa e specialmente in Francia, si risveglia potentemente l’interesse per le missioni. La Rivoluzione, colpendo duramente le istituzioni della Chiesa e la pratica religiosa, imbriglia lo slancio missionario e accentua la crisi iniziata durante il secolo dei “lumi”. Ma ora, un’inversione di tendenza si sta realizzando: il mondo cattolico si apre all’evangelizzazione e guarda di
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nuovo alle terre pagane. I famosi “Annales”, che cominciarono ad essere pubblicati nel 1823, raccontano l’epopea eroica dei missionari, di cui parecchi saranno i nuovi martiri, soprattutto in Oriente. Questo nuovo clima è una circostanza di non poco conto, che fa nascere in Agostino Planque la consapevolezza dell’urgenza dell’evangelizzazione in paesi lontani. UN INCONTRO DECISIVO Decisivo, nella scelta di Padre Planque, è l’anno 1856. Ancora una volta il sentiero di Dio passa attraverso le piccole cose di tutti i giorni: il 23 marzo, un annuncio del giornale “L’Univers”, cade sotto gli occhi di Agostino. Il vescovo Mons. Melchior de Marion Brésillac, reduce da esperienze missionarie in India, propone a “uomini pieni di coraggio e di fede” di unirsi a lui per lavorare “all’evangelizzazione dell’Africa”. Nell’articolo, descrivendo la situazione umana e religiosa del Continente africano, lancia la pressante richiesta di collaboratori ardenti e determinati, cui affidare una delle zone più difficili dell’Africa nera, la zona chiamata Costa degli Schiavi. Padre Planque ha 30 anni, è sacerdote da sei anni, membro di una Confraternita di sacerdoti e professore di filosofia: una situazione sicura e ben definita, verrebbe da pensare. Ma le parole di Brésillac “Andare in Africa, là dove non ci sono missionari, dove la luce della fede non è ancora penetrata”, lo toccano profondamente, fa-
cendo emergere i desideri e gli slanci della prima giovinezza e l’amore per la vita missionaria! Non tarda perciò a mettersi in contatto con Brésillac che gli risponde subito con entusiasmo e saggezza: “Il fatto che lei abbia perseverato fino ad ora nel progetto di dedicarsi all’opera missionaria, mi sembra un segno indiscutibile di vocazione. La Provvidenza, che dispone degli avvenimenti e del nostro cuore, ha forse voluto riservarla proprio perché potesse concorrere ad edificare l’opera che medito. Se lei è d’accordo di condividere il mio lavoro e le mie difficoltà, farebbe bene a farmelo sapere al più presto”. Questa lettera porta la data del maggio 1856. Padre Planque è ormai più che interessato ai progetti del Vescovo, i due uomini si accordano per incontrarsi senza indugi. La sua prima visita a Lione porta la data
del 7 novembre 1856. Certo, non è solo: c’è la pro-zia di 89 anni che l’ha allevato, c’è la famiglia alla quale è molto affezionato. Ma la determinazione e la pazienza, unite all’apertura di Mons. Brésillac, lo convincono senza esitazioni: è proprio lì che Dio lo chiama!
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LA NUOVA SOCIETÀ MISSIONARIA Agostino Planque, guidato dall’amore per l’ideale missionario, rassicurato dalle spiegazioni franche e leali di Mons. de Brésillac, si rende totalmente disponibile per la nuova avventura. Scrive: “Sono felice di mettermi a sua disposizione. Dio stesso sembra avere disposto ogni cosa per la maggiore sua gloria”. Arriva a Lione il 20 ottobre 1856 accolto con calore fraterno dal Vescovo. L’intesa fra i due è immediata e spontanea: Padre Planque sente di condividere in pieno gli ideali e le prospettive del futuro Fondatore: portare il Vangelo nelle regioni più abbandonate dell’Africa, con l’impegno di far crescere una Chiesa autoctona. I progetti sono belli e grandiosi: si tratta ora di realizzarli concretamente. Padre Planque è, per Brésillac, la persona adatta per formare i seminaristi e assumere la responsabilità del futuro Seminario; Brésillac riserva a sé il compito di assicurare
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il reclutamento dei nuovi missionari e il sostentamento materiale della nuova Società. L’8 dicembre 1856, Mons. Marion de Brésillac sale al santuario di Fourvière con Padre Planque e i primi confratelli per consacrare solennemente alla Madonna il nascente Istituto che chiama Società delle Missioni Africane (SMA). Predicazioni, richieste di aiuto, ammissione dei nuovi collaboratori, acquisto e sistemazione di un edificio…attività pressanti che non fanno dimenticare ai due novelli fondatori l’esigenza fondamentale del loro progetto: partire in Africa! Nell’aprile 1858, arriva da Roma l’annuncio ufficiale che la missione della Sierra Leone è affidata dal Papa alla SMA. La notizia rianima gli entusiasmi e accelera i progetti. Padre Planque è convinto che tocchi a lui partire per primo, ma il Fondatore è di parere diverso perché ritiene suo preciso dovere iniziare personalmente il cammino missionario della nuova Società. Le sue argomentazioni sono talmente forti e convincenti che Padre Planque si rassegna a rimanere in Francia per seguire da vicino il Seminario in piena crescita.
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TRAGICA PARTENZA Il viaggio è preparato con fervore e trepidazione, non si possono infatti dimenticare i rischi che comporta la partenza verso una terra molto lontana e quasi sconosciuta. Finalmente, un primo gruppo di missionari è pronto e s’imbarca a Marsiglia il 4 novembre 1858. Sono due sacerdoti e un fratello coadiutore. Mons. de Brésillac parte a sua volta il 10 marzo, arriva sulle coste della Sierra Leone solo il 14 maggio, dopo un viaggio pieno di disagi. “Terra desolata da tutti i punti di vista”, annota nel suo diario. Più desolata che mai, perché vi infierisce un’epidemia di febbre gialla e, per precauzione, la nave è trattenuta al largo. Nonostante ciò egli chiede con insistenza che lo mettano a terra. E’ accontentato. Ma la durezza del clima non perdona: Melchior de Brésillac muore ad appena quattro settimane dal suo arrivo in Africa. La notizia è per Planque “un dolore indicibile”, per la nascente Società una prova durissima. Agostino Planque si ritrova suo malgrado, a dover continuare l’eredità di Brésillac. Che cosa gli rimane? Un progetto fatto di molte speranze, poche certezze e un manipolo di confratelli costituito da un missionario e sette seminaristi. Domande essenziali lo travagliano e angosciano il suo spirito: “Ne vale la pena?” “Che cosa vuole Dio da noi?” “Ne avremo la forza e i mezzi?”. Benché incoraggiato dal Cardinale responsabile di Propaganda Fide, egli è solo, di fronte alla scelta decisiva. Il suo forte senso di responsabilità, l’attaccamento sincero agli ideali condivisi con il Fondatore, rianimano la sua fede e lo spingono a non cedere allo sconforto: l’opera deve continuare! Nell’estate del 1859, Padre Planque gioca tutta la sua vita sulla fedeltà a Brésillac ed ai suoi obiettivi. Con l’approvazione ufficiale della Chiesa, riorganizza e prepara il ritorno in Africa dei suoi missionari. Da quel momento Padre Agostino Planque è il successore di Mons Brésillac. La sua scelta di continuare l’Opera ne fa, in un certo senso, il secondo Fondatore della Società delle Missioni Africane.
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CONTINUATORE I PIONIERI Il sogno, ormai creduto morto, sta diventando realtà. Nel gennaio 1861, la strada per il Dahomey si apre alla SMA. Sono in tre a partire e fra loro un italiano, Padre Francesco Borghero. I missionari salpano da Tolone, a bordo della nave “Amazone” per un interminabile viaggio: due mesi a Dakar, in Senegal, dove lasciano la prima nave per il veliero “D’Estaing” che li porta fino alle coste del Dahomey. La seconda fermata è a Freetown ed è un pellegrinaggio sulla
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tomba di Mons. Brésillac e dei primi Padri. Anche questa volta però la morte è in agguato: solo due risalgono sulla nave, un missionario rimane anch’egli per sempre sulla terra degli inizi. Finalmente i superstiti giungono alla sospirata meta: Whydah (oggi Ouidah), dove inizia la storia missionaria dei Padri delle Missioni Africane. Sulla spiaggia, nello stesso luogo dove i Padri sbarcano – non lontano dalle rovine di uno di quegli stabilimenti in cui sono rinchiusi gli schiavi prima di essere venduti dai negrieri in America - innalzano una grande croce (più tardi sostituita da un monumento),
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alta e spoglia che, nella sua nudità, esprime pienamente il significato dell’arrivo dei missionari. Sull’asse verticale porta scritti due nomi: Francesco Borghero – Francisco Fernandez, e una data, 18 aprile 1861: giorno importante non solo per la SMA, ma per tutta la Chiesa del Benin. Il coraggio e la determinazione sono, insieme alla fede, le qualità principali dei novelli missionari che senza indugiare si mettono all’opera. Nel tentativo di individuare le possibilità di contatto e di accoglienza per l’annuncio del Vangelo, incominciano per prima cosa ad esplorare i luoghi. Il sud del Paese è molto attraente: i palmeti molto fitti, alternati a lagune, spezzano la monotonia della costa dritta e sabbiosa e danno un aspetto ridente al paesaggio. Le piogge abbondanti rendono fertile il terreno, ricca e molto bella la vegetazione. La popolazione, in gran parte seguace della religione tradizionale, è composta di numerose etnie, ma con una forte presenza di creoli brasiliani che sono, alcuni discendenti da grandi famiglia di portoghesi, navigatori e
commercianti, altri da schiavi liberati prima dell’imbarco da padroni caritatevoli, o tornati liberi dall’America. Costoro sono in parte cristiani, o per lo meno battezzati, e parlano anche il portoghese. Sulle coste del Dahomey – chiamate anche per questo Costa degli Schiavi – si pratica su vasta scala la tratta degli schiavi. Dal secolo XVII, trafficanti inglesi, francesi e portoghesi utilizzano il porto di Ouidah per ricevere i loro “carichi” umani. Quando l’Inghilterra proibisce la tratta degli schiavi nel 1818, è un duro colpo per i trafficanti e i loro collaboratori locali. In Dahomey queste leggi sono malviste sia dai coloni, sia da alcuni capi locali, quali il re Ghezo che perdono la loro principale fonte di ricchezza. La tratta continua clandestinamente verso Cuba e il Brasile per un certo numero di anni. Essendo la schiavitù ancora molto diffusa, i Padri SMA fanno tutto il
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possibile per contrastarla. Ben presto arrivano dei rinforzi: i missionari diventano quattro e possono meglio organizzarsi. Costruiscono essi stessi i primi edifici necessari alla missione, creano dei piccoli laboratori, montati con l’aiuto della gente del posto, dove continuare la tradizionale lavorazione del legno; scelgono dei campi in cui coltivare l’igname. Una volta costruita, la loro scuola è rapidamente occupata da una cinquantina di allievi. È creato, inoltre, un orfanotrofio per i bambini schiavi riscattati e un dispensario, particolarmente apprezzato dalla gente. La catechesi è organizzata sia per gli adulti che per i bambini e non tardano ad arrivare i primi battesimi. Nel frattempo continuano le esplorazioni del Paese, attività per la quale si distingue Padre Borghero, particolarmente abile nello studio del territorio e delle sue popolazioni. Egli arriva fino all’interno del Benin, spingendosi per circa 200 km fino ad Abeokuta e alle montagne del nord. “E’ l’interno che attira la nostra attenzione – scrive a Padra Planque – e se il cristianesimo metterà radici in Dahomey, sarà sicuramente questo il cammino che seguirà nei prossimi secoli”. La Missione ha un buon inizio e non si ferma, le inserzioni si moltiplicano, favorite dall’esperienza data dalla maggiore conoscenza delle persone e dei luoghi.
VERSO “UN’ALTRA” AFRICA La guerra franco-tedesca, persa dalla Francia, ha effetti disastrosi sul Paese provocando scontri, disordini e incertezze che proseguono anche dopo la proclamazione della repubblica nel 1870. Il prestigio della Francia esce intaccato da questi conflitti e ciò diminuisce il potere degli agenti francesi che operano nelle Colonie, comprese quelle in Africa. Gli Istituti missionari temono i contraccolpi del clima sociale agitato e Planque è preoccupato per i suoi padri. In Dahomey, le tre postazioni in cui lavorano i Padri e le Suore sono Whydah, Lagos e Porto Novo. I missionari vorrebbero espandere la loro presenza ma stanno incontrando difficoltà dovute a vari fattori concomitanti: durezza del clima, ostilità da parte dei rappresentanti della religione tradizionale, intralci nel riscatto degli schiavi, cambiamenti nella politica coloniale. Planque si interroga: non si tratta di abbandonare il Dahomey, che è la prima missione e la più amata, ma di guardare altrove, verso territori dove continuare a lavorare con minori difficoltà climatiche e sociali. Egli sta pensando all’Algeria, un Paese ancora nuovo, con delle regioni molto estese, dove i coloni si mischiano agli Arabi musulmani, ai Berberi e ai Cabili. Questi ultimi, rimasti legati alle loro tradizioni ancestrali, sono più aperti ed accoglienti. L’Algeria, diventata da qualche anno anche terra di accoglienza per i giovani del Dahomey, sembra rispondere pienamente alle aspettative di Planque. Certo, non manca l’opposizione di alcuni Pa-
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dri SMA per i quali la vera terra di missione è l’Africa nera. Così risponde Planque alle obiezioni: “Mi sembra che, in generale, voi applichiate al nostro obiettivo delle idee troppo ristrette. Il nostro Fondatore ci ha destinati all’Africa, senza eccezioni”. Inoltre: “Coloro che non potranno più sopportare le missioni lontane, saranno ben lieti di trovare un’occupazione che sia ancora missione per l’Africa”. All’Arcivescovo di Algeri, Mons. Charles Lavigerie, – fondatore dei Missionari chiamati “Padri Bianchi” – si rivolge Planque (con l’accordo di Propaganda Fide) per concordare l’invio di alcuni Missionari SMA. Iniziano le trattative, ma, nonostante la buona volontà di entrambi, sorgono ben presto forti contrasti dovuti essenzialmente al forte temperamento di Lavigerie e al suo progetto che mira, non solo alla collaborazione, ma alla fusione delle due Società. Egli però conosce male Agostino Planque e la sua fedeltà assoluta all’eredità di Brésillac. Dopo alcuni tentativi di insediamento degli SMA in due Parrocchie nella zona ai confini con il Marocco e dei contatti per una presenza ad Orano, si crea una situazione senza sbocchi: i missionari SMA devono ritirarsi dall’Algeria. Tutto serve, e questi primi contatti con il mondo arabo non vanno perduti. Sono, al contrario, un allenamento in vista di un’altra forma di apostolato che si rivela più stabile e fruttuosa: la missione in Egitto. Per arrivarci, il cammino è ancora arduo e irto di ostacoli, Planque non si scoraggia e riattiva, intanto, le pratiche già in corso riguardo al Capo di Buona Speranza. Insiste con forza presso Propaganda Fide chiedendo il permesso di inviare, in questa parte dell’Africa, un primo gruppo di cinque o sei missionari. Sottolinea come non sia giusto lasciare dei giovani Padri inattivi, nella lunga attesa di una decisione, con il rischio che si demoralizzino. Finalmente l’approvazione arriva: partono due Padri
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che si fermano a Sant’Elena, altri sei li seguono più tardi. È un forte gruppo di uomini che giunge in queste terre lontanissime e ancora più sconosciute di quelle dell’Africa occidentale: Mossel-Bay, Geogetown, Beaufort. Qui le Colonie più vaste sono state create dagli Olandesi, ma vi sono presenti anche i Portoghesi e sulle coste, gli Inglesi. Le difficoltà non tardano a sorgere per differenti motivi. Ci vogliono due anni a Planque per convincersi di avere intrapreso ancora una volta una strada non idonea e a liberarsi dall’impegno del Capo. Ciò significa cercare ancora! Sempre aperto a nuove prospettive, Agostino Planque segue con interesse al nuovo tentativo fatto da Mons. Daniele Comboni che si trova a dirigere con i due Istituti da lui fondati (maschile e femminile) una vasta zona orientale corrispondente pressappoco all’attuale Sudan. Comboni offre alla SMA di occupare le rive del Nilo, all’altezza della città
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di Dongola. Anch’egli lascia intuire a Planque che vedrebbe volentieri la fusione fra i due Istituti: ancora una volta Planque resiste nel difendere il progetto missionario di Brésillac! Scrive a Comboni di ammirare molto il lavoro dei suoi ma difende la SMA che è solo giovane e provata dalle morti premature: “La Società - scrive - non è sprovvista di uomini capaci…La nostra disgrazia sono i morti. Nessuno di noi ha più di sei anni di missione”. La scomparsa di Comboni mette fine alle trattative, ma Planque conserva a lungo il desiderio di creare delle missioni SMA nell’Africa centrale. Pensa ad esempio al Transvaal dove ha saputo che è urgente creare delle missioni presso gli Indigeni. Più tardi parla ancora della Numibia…Tutte piste che egli vorrebbe lasciare aperte per i suoi: “Queste regioni sono sane e salubri e i missionari spossati potrebbero ancora rendervi tanti servizi alla causa di Dio”. Nessuno di questi progetti è destinato ad avere un seguito! Non si può fare a meno di ammirare l’apertura, la tenacia di Agostino Planque: lui un sedentario, dimostra di amare i grandi spazi e non cessa di coltivare il desiderio di trovare luoghi nuovi per i suoi padri. Nel 1880 è sollecitato a rivolgersi verso altri territori, l’Egitto e la Costa d’Oro, dove la Società si è da poco introdotta e con essa, la nuova Congregazione delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli (NSA) che vi trova un grande e duro lavoro ma anche delle belle terre di missione. NEL DELTA DEL NILO Verso il 1878, Planque è interpellato da Roma per una presenza della SMA in Egitto. Egli accetta, ma, forte delle precedenti esperienze, chiede che tutto sia regolato in modo da non avere conflitti con i missionari che già lavo-
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rano sul posto. Se il primo decennio del suo governo è concentrato sul Dahomey, il secondo continua ad evolversi nel segno della ricerca e del movimento. Inizia così anche l’avventura egiziana. Questo Paese, a differenza degli altri, Planque lo conoscerà personalmente nel corso dei suoi numerosi viaggi, (il primo compiuto nel marzoaprile del 1886), rimanendone affascinato. Non è solo la bellezza dei luoghi e del clima ad attirarlo. Planque coglie la sfida missionaria presentata da questo vasto Paese dove vivono fianco a fianco riti e religioni diverse. Parlare in questo luogo della fede in Cristo o semplicemente sforzarsi di viverla, anche nel silenzio, se necessario, è la missione e la sfida che egli si prefigge subito per i suoi missionari col desiderio di infondere in questo popolo la gioia e la speranza della salvezza…una speranza, una salvezza che questa terra, tra le più antiche del mondo, è stata anche una delle prime a ricevere e a coltivare. Evangelizzato da Marco, discepolo di Pietro, il popolo Copto, autentico discendente dei Faraoni, ha dato vita ad una comunità cristiana ad Alessandria intorno a Clemente e ad Origene. Vassallo di Roma fin dai tempi di Augusto, il Paese subisce le persecuzioni sotto gli Imperatori Settimio Severo, Decio
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e Diocleziano (IV e V secolo…). Più o meno nello stesso periodo, il Medio e l’Alto Egitto, sfuggiti all’oppressione dell’Impero, diventano la culla del Monachesimo cristiano. Nei deserti e specialmente nella Tebaide, Paolo, Antonio, e più tardi Pacomio, attirano numerosi discepoli, tutti padri di quella vita eremitica che si espanderà presto anche in Europa. Nonostante il fervore delle comunità, si insinuano fra i cristiani nuove eresie come quella Ariana, combattuta dai Concili di Nicea e di Costantinopoli. In forma ancora più grave si presenta nel V secolo, la rottura con la Chiesa di Roma , in quanto la Chiesa Copta sceglie di seguire Eutiche e la sua dottrina sul monofisismo, dottrina secondo la quale Cristo non ha che un’unica natura, quella divina. Soli e tagliati fuori dalla Chiesa Cattolica, i cristiani Copti devono affrontare la conquista araba conseguente alla nascita dell’Islam, che in nome del Profeta Maometto, invade la regione distruggendo l’equilibrio socio-politico e religioso. I Copti subiscono la tempesta senza rinnegare la loro fede e il loro rito. Ancora oggi continuano a far rivivere il loro passato al quale sono profondamente legati, ma restano un gruppo minoritario, esposto a mille prove e a forme di discriminazioni più o meno subdole. Nell’epoca in cui le Missioni Africane giungono in Egitto, la Chiesa ortodossa monofisita gode di una
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relativa pace. Ad essa si affiancano i numerosi riti orientali presenti nel Paese quali i Greci, i Caldei, gli Armeni, i Siriaci‌ alcuni uniti altri separati da Roma. Il mosaico religioso comprende poi i Maroniti, i Latini ed anche nutrite comunità di protestanti e di ebrei. La Società delle Missioni Africane trova finalmente una missione a dimensione del suo zelo,
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si tratta delle due città più importanti del Delta: Zagazig e Tantah, che hanno tutto per soddisfare i missionari, poiché la popolazione è numerosa e meno europea che in altri luoghi. Infatti non si tratta, per Planque, soltanto di occupare i luoghi o di organizzare un’opera per i cristiani già stabiliti, come se “si fosse venuti unicamente per vegliare alla conservazione della fede presso coloro che l’hanno già ricevuta”, bisogna“ non incrociare le braccia…” e cercare sempre di “andare avanti” nella ricerca costante di “qualcosa di nuovo da creare”. Planque è un uomo di azione e vuole lanciare una missione vivace e dinamica che lasci trasparire attraverso la condivisione della vita, la parte migliore dell’amore del Signore. Nel novembre 1877 arrivano in Egitto, per i primi contatti, i due Padri Duret e Gallen. Sbarcano ad Alessandria e raggiungono rapidamente Zagazig, primo loro insediamento. Qui comprano un terreno per costruirvi una casa. Alla fine del 1878, si dirigono a Tantah che si presenta come una sorta di cittadella, ricca di significato sia politico che religioso a causa della moschea che contiene la tomba dello sceicco Said-el-Badavi, molto venerato dal popolo. A questi inizi relativamente calmi e favorevoli, segue un periodo di ribellione che oppone il movimento nazionalista all’amministrazione franco-britannica. Vi sono saccheggi, incendi, massacri di cristiani…I Padri e le Suore si allontanano in attesa di momenti migliori. La protesta viene sedata e
l’Inghilterra afferma ancora di più il suo dominio sul Paese. Ritornati ai loro posti, i missionari SMA si tuffano nell’azione e poiché una delle attività da privilegiare in Egitto, come mezzo di integrazione, sono le Scuole, gettano le fondamenta del Collegio che chiamano “Saint-Louis”. Le Suore, ritornate anch’esse a Tantah, dove si sono stabilite nel 1881, aprono la loro seconda casa a Zagazig, alla fine del 1882, con scuola, ospizio e dispensario. Padre Planque molto attento alla gente, soprattutto quella più semplice, è molto interessato all’agricoltura. Ritiene, infatti, che il miglioramento delle tecniche di coltivazione, rimaste troppo tradizionali, sia indispensabile al miglioramento della qualità della vita. Sollecita dai Padri la creazione di Fattorie e di Orfanotrofi agricoli nei quali realizzare questo progetto. Planque è molto rispettoso nei confronti dei Copti, ne comprende l’importanza e, sentendosi impreparato, chiede consiglio sul come comportarsi per non urtare le sensibilità con opere non adatte ai loro reali bisogni. Le Colonie agricole le pensa anche in loro favore, le vede come un mezzo per riunirli e renderli più forti. Vorrebbe che si iniziasse da Fayoum, un grosso villaggio ad ovest del Cairo che accoglie molti Copti. A suo modo di vedere, le Colonie agricole sarebbero anche un modo per contribuire all’unità fra cristiani. Lavoro di lungo respiro: “Bisognerà
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andare adagio e sarà gia molto se potremo spianare la terra perché i successori possano edificare” e perché il popolo intero sia infine restituito alla fede che professava nei primi secoli della Chiesa. Planque prova un grande entusiasmo verso la missione in Egitto e desidera estenderla: “Se avremo libertà di azione e uno spirito attivo e intraprendente, ci rallegreremo dei risultati”. Altre comunità sono intanto sorte a Zifta ed a Mahalla, facendo sentire la necessità di godere una maggiore autonomia perché la SMA resta sempre molto dipendente dai Francescani presenti da maggior tempo in Egitto. Ci vuole ancora tempo e finalmente nel 1891 la Prefettura del Delta del Nilo affidata alle Missioni Africane, è acquisita. I Padri e le Suore possono estendere ancora di più la loro presenza. UMILE QUESTUANTE Per avere di che nutrire ogni giorno i seminaristi, e in seguito le suore, e trovare i mezzi per aprire nuovi posti nelle missioni in Africa, Agostino Planque pratica per tutta la vita la questua. Una necessità che lo spinge a percorrere fino allo sfinimento le strade di Lione, bussando a tutte le porte. La sua umiltà fuori dal comune, unita al coraggio e alla nobile semplicità del tratto, gli permettono di osare il gesto così umano, a volte disprezzato, di tendere la mano. Planque accetta il duro compito con spirito di servizio, dimenticando se stesso per pensare solo al bene dei due Istituti, alla salute delle Suore e dei Padri, alle missioni in Africa. Le sue stesse parole sono il commento migliore ai sentimenti che lo guidano in questa attività che potrebbe sembrare non degna per un Fondatore di Istituti: “Con umile coraggio, ho praticato la questua fino alla fine delle mie forze e della mia vita, per oltre quarant’anni, attraversando le strade e i caseggiati di Lione dove ero conosciuto e rispettato da tutti”. Planque non si vergogna di dire che questa necessità che gli “pesa tanto” gli ha anche attirato il rispetto e l’amicizia delle famiglie dalle quali va per chiedere aiuti. In tutto quello
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che fa preferisce la discrezione e il silenzio, sentendosi in questo totalmente alla sequela di Cristo venuto “non per essere servito, ma per servire”. La profondità di questa esperienza traspare in tanti consigli dati alle sue suore e perfino nella definizione dell’Istituto di Nostra Signora degli Apostoli: “piccolo, che lavora nel silenzio, ma bene”. Moltissime suore NSA seguono il Fondatore su questa via e come lui non hanno timore di “chiedere”, passando di porta in porta, d’estate e d’inverno, con il sole e con la pioggia. “Non siamo niente per il titolo, né per l’importanza di un lavoro, di una funzione, di un impiego, ma per lo spirito di servizio con il quale lo compiamo”.
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MOMENTI DI PROVA Dopo i buoni inizi del Dahomey, la Società delle Missioni Africane prosegue il suo cammino e si espande anche al di fuori della Francia, secondo il desiderio di Mons. de Brésillac. Spagna, Portogallo, Italia, Irlanda…la SMA assume il carattere internazionale che è tutt’ora una delle sue caratteristiche. Certo non è facile! A volte i punti di vista non collimano, le differenze di carattere e di nazionalità si fanno sentire, molti Padri sono giovani e la generosità non sempre supplisce all’inesperienza, alcune scelte di Planque vengono contestate e lui ha bisogno più che mai di coraggio e di lucidità: seguire il cammino delle missioni dalla Francia è un compito arduo che richiede apertura, pazienza e molta umiltà. Una prova per lui particolarmente dolorosa, è di sentire attorno a sé un clima di sfiducia alimentato da alcuni Padri e sfociato in contestazioni e critiche. Nel 1861, e negli anni seguenti, Planque incontra molte opposizioni: si mettono in dubbio la sua buona fede, la sua capacità di governare la Società! Planque resiste, ha in sé la certezza di seguire le linee fondanti di Mons. de Brésillac, di essere fedele alla volontà di Dio. Nel momenti di bufera gli capita di dubitare di se stesso, ma mai della missione che gli è stata affidata, dello scopo che vuole raggiungere, e soprattutto dell’aiuto del Signore. Ama ripetere: “Gli inizi di un’opera sono solidi sul Calvario” ed ancora: “Bisogna avere fiducia nel Signore, fiducia ora e sempre…”. Il suo punto di forza è, ancora una volta, Dio e la fedeltà a Mons. de Brésillac.
il FONDATORE delle SUORE NSA LA MISSIONE AL FEMMINILE L’avvio promettente dell’apostolato dei Padri delle Missioni Africane, il loro desiderio di espanderlo e di renderlo più incisivo presso le popolazioni tra le quali operano, pone ben presto il problema di avere delle religiose che li affianchino nel loro lavoro di evangelizzazione, in particolare presso le donne. Quando nel 1876, Padre Planque può finalmente aggiungere a quello dei Padri una “sorta di secondo seminario per formare delle suore missionarie”, giunge al termine di un lungo discernimento costellato di tentativi non positivi presso vari Istituti religiosi. Con alcuni
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di essi cerca una collaborazione che si rivela alla fine un fallimento. Si convince allora che ci vuole “altro” e si ritrova, di fatto, ad essere fondatore di una Famiglia religiosa quasi suo malgrado: “Ho faticato un po’ a decidermi, spinto da persone molto serie e costretto dalle necessità”, scrive più tardi. E ancora: “Ho cominciato a riunire alcune ragazze”. “E’ per il bene dell’Africa, che Dio ha fatto nascere questa piccola Istituzione”, “…le suore sono unicamente al servizio delle Missioni”. Le sue intenzioni sono chiare, ma la realizzazione risulta un po’ più laboriosa: di fronte alla responsabilità che accetta di assumere egli si trova, in effetti, piuttosto disarmato, cosciente della vastità del compito e delle proprie lacune. Non ha esperienza diretta delle comunità religiose ed è ignaro del tipo di organizzazione necessaria alla loro vita. Tuttavia, con la grandezza d’animo, la fiducia e il coraggio proprio dei Santi, Agostino Planque, ancora una volta, sceglie di andare avanti per Dio! Agli inizi del 1876, la nuova Opera prende progressivamente forma: alla fine dell’anno le giovani che si preparano ad essere missionarie sono già 15, e dieci anni dopo diventano cinquantaquattro.
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Vengono da ogni parte, secondo la chiamata del Signore, e non tardano ad arrivare anche da oltre frontiere: Irlanda, Svizzera, Inghilterra, Italia e perfino dalla Siria! Fra loro vi è anche una latino-americana! Come non ricordare Gabriella Quinteros che, nata a Cordoba, in Argentina, viene in Francia per visitare dei parenti e non ritorna piÚ in patria. Diventata suora NSA con il nome di sr Macaire, è fra le pioniere della Costa d’Avorio, e una fra le prime vittime della febbre gialla.
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Muore infatti a Grand-Bassam nel 1903. L’Istituto è quindi internazionale fin dalle origini e Padre Planque, che aveva sempre desiderato una Società di Padri e di Suore “veramente universali” è pienamente soddisfatto sul futuro della loro missione. Questi umili inizi presentano già alcune delle caratteristiche che formeranno lo stile dell’Istituto NSA. La vita in Noviziato è caratterizzata dalla sobrietà, ritmata dal lavoro materiale, accolto nel suo aspetto di fatica e di dedizione, come ascesi che prepara alle fatiche dell’apostolato per il Regno. L’intimità con Cristo, coltivata dalla preghiera, favorita dal silenzio, forma il cuore e la personalità delle future missionarie, alimenta lo spirito di famiglia della comunità nella quale ci si ama, ci si perdona, si cresce, si vive l’apostolato. Ogni cosa, e soprattutto l’apostolato, deve essere fatto seriamente, solo per Dio, nella discrezione e nella semplicità…“La piccola Congregazione resta nell’ombra, non fa parlare di sé, ma fa un lavoro serio e Dio benedice i suoi sforzi”. La lunga gestazione dell’opera è un altro segno della fedeltà di Planque alle ispirazioni di Dio che lo chiama e al quale vuole obbedire sem-
pre, con abbandono totale alla sua volontà. “Dio mi dà la grazia di camminare senza scoraggiarmi”. Niente lo ferma, né la sua debolezza, né quella degli altri. LE PRIME PARTENZE La prima partenza di un gruppo di suore NSA avviene nell’agosto del 1877. Sono tre le suore dirette in Dahomey, a Porto-Novo: Monique, Ciprien, Dominique. Accolte dai Padri SMA presenti sul posto da vari anni, iniziano il loro apostolato aprendo una Scuola e un Dispensario. Subito cercano di fare amicizia con la gente, mescolandosi alla loro vita quotidiana. Fra le situazioni che incontrano ce ne sono di sconcertanti per giovani donne europee, sommariamente iniziate agli usi e costumi africani, ma le suore imparano presto, dimostrando di possedere notevoli qualità di adattamento, di buon senso, di coraggio e di sana diplomazia, come quando riescono a riscattare da Zounon, il “re del giorno”, o da Toffa, il “re della notte”, delle ragazzine destinate alla schiavitù. Danno inizio anche a quella che poi diventerà un’abitudine quasi giornaliera delle suore NSA: anda-
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re nella boscaglia per cercare i neonati abbandonati dalle madri (gemelli, handicappati o gracili) che, secondo la tradizione, potrebbero portare disgrazia alla famiglia e al villaggio. Ad Agouè, loro seconda missione, le suore creano una classe elementare in un’ex prigione. Nel locale si possono ancora vedere i resti degli anelli, fissati al muro, al quale erano legati gli schiavi nell’attesa di essere imbarcati per l’America. Altre NSA arrivano nel 1880 e negli anni successivi a rafforzare le nuove comunità e continuano ad impegnarsi nel solco tracciato da quelle che hanno lavorato fino al
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dono della vita, restando per sempre sul suolo africano. Quarant’anni dopo, ai funerali di sr Colette, una delle fondatrici di Agouè, tutta la città è presente: uomini e donne di tre generazioni pregano uniti per colei che aveva dato tutta se stessa al loro servizio. Colette era giunta sulla Costa degli Schiavi dopo un avventuroso viaggio di quattro mesi a bordo di un veliero…e vi rimase per sempre! Da Lagos (attuale Nigeria) i Padri chiedono suore perché questa terra offre possibilità immense di apostolato. Nell’aprile del 1878 arrivano due missionarie, sr Elesbane e sr Felicitè. Ma a Lagos si muore… Sr Felicitè muore a soli sei mesi dal suo arrivo. Prende il suo posto sr Monique, chiamata dal Dahomey, ma vivrà solo sette mesi, stroncata anche lei dalle febbri malariche per le quali non ci sono rimedi efficaci. L’invio delle missionarie però non si ferma: nel dicembre del 1878 si mette in viaggio un nuovo gruppo di suore una delle quali, sr Paola, muore quasi subito.
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Padre Planque segue dalla Francia con affetto e angoscia la vita delle sue figlie, sa quanto soffrono e con quale gioioso coraggio muoiono. Le anima una dedizione totale, la convinzione che il dono di se stesse a Cristo, per la missione, è totale e per sempre. Il Padre ogni giorno ripete nelle sue preghiere questa invocazione: ”Sante figlie mie, che siete morte laggiù, pregate per me.” La tragica morte delle prime suore sulla Costa degli Schiavi desta in Europa non poca preoccupazione. “Propaganda Fide” propone alle NSA di orientarsi temporaneamente verso un Paese dal clima meno difficile, l’Egitto. La prima missione egiziana sorge a Tantah, sul delta del Nilo, dove il 21 dicembre 1881 giungono sr Athanase, sr Eliodore e sr Alexandre. Scuola e Dispensario sono le loro attività principali. Sr Eliodore è infermiera e ben presto con la sua dedizione, l’attenzione senza preferenze fra cristiani e musulmani, sa attirarsi la stima e l’affetto di tutti.
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Alla sua morte, nel 1908, cristiani e musulmani partecipano insieme al suo funerale. L’Egitto è, per Padre Planque, un campo di apostolato nel quale crede moltissimo. Continuano quindi a sorgere nuove comunità NSA disseminate un po’ ovunque: Zagazig, Ziftè, Mahalla, Choubrah, Zeitoun, Sakakini, Eliopolis, Alessandria… SOTTO IL SEGNO DELLA CROCE Le difficoltà che le suore incontrano nella vita missionaria sono notevoli: non è facile per delle giovani venute dall’Europa, affrontare la vita in Paesi di un Continente lontano, ancora in gran parte sconosciuto. Ci vuole, molto coraggio, apertura, spirito di iniziativa, equilibrio umano e spirituale per accogliere positivamente l’impatto con le popolazioni ed i loro costumi, la novità delle lingue, la durezza spesso mortale del clima. I viaggi, sempre per nave, durano parecchi mesi, i passeggeri sono esposti a terribili tempeste o stremati da logoranti bonacce. Si verificano a volte veri e propri naufragi, come quello accaduto alle
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coste del Libano, nel quale una suora NSA rimane in acqua parecchie ore prima di essere salvata. Ha poi problemi di salute per tutta la vita. “Niente si realizza nell’ordine di Dio senza la prova e la croce. Gli inizi di una missione sono solidi sul Calvario”, scrive Padre Planque in una delle frequenti lettere inviate alle sue missionarie. E le suore cercano di vivere in ogni modo questa fedeltà radicale, anche quando sono consapevoli che il partire può essere senza ritorno. Non si può non ammirare la consapevolezza e la determinazione con cui esse accettano di offrire la loro vita fino alla fine. Così si esprime sr Gèronce nel 1899: “Se avessi mille vite da consumare all’amore di Dio e al suo servizio!”. Ma il sacrificio di avere volontariamente offerto la vita a Dio e ai fratelli è illuminato dalla gioia del dovere compiuto, ampiamente ricompensato dagli scambi amichevoli e fraterni con la gente: donne uomini, bambini trovano in queste “donneapostole” ricchezza di fede e di umanità. Tutto nella vita è un dare e un ricevere: a loro volta la gente offre alle suore una gratitudine sincera che, fissata nei ricordi, diventa come una luce che accompagna la loro esistenza. UN ORIZZONTE SEMPRE APERTO L’originalità di Planque risiede nella semplicità, che lo rende sobrio ed essenziale, nella profonda umanità che lo mantiene in ogni circostanza aperto e disponibile all’azione di Dio e alle necessità degli uomini. Sulle sue orme, le Suore di Nostra Signora degli Apostoli camminano da oltre un secolo in questa direzione: essere disponibili all’azione dello Spirito Santo, consacrasi a Dio in Cristo, per portare il Vangelo, soprattutto là dove non è ancora conosciuto. La
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Missione non è mai finita: la Chiesa avrà sempre come priorità l’annuncio del Vangelo a tutte le Genti. In questo solco continua la missione delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli: in tanti Paesi diversi ci sono attualmente giovani che si sentono attratte dall’ideale che Padre Agostino Planque ha tracciato per le sue missionarie oltre cento anni fa. Senza dimenticare il passato, le NSA vivono “l’oggi” della storia, immerse nelle differenti realtà alle quali sono inviate: dall’Algeria all’Egitto, dal Niger alla Tanzania, in Libano, in Argentina e…là, dove altri appelli risuoneranno!
La spiritualita di 44
AGOSTINO PLANQUE
LE RADICI La spiritualità di A. Planque ha radici profonde nella sua infanzia di ragazzo di campagna, cresciuto sotto l’influsso dell’esempio dei genitori, delle semplici e forti tradizioni tipiche di un villaggio rurale. Planque incarna le caratteristiche più evidenti della sua gente: sobrietà, serietà nel lavoro, correttezza nelle relazioni, fedeltà agli impegni, fervore religioso. Tali atteggiamenti, che lo orientano precocemente verso il dono di sé a Dio nel sacerdozio, sono la base della sua personalità e dei comportamenti stabili del suo modo di pensare e di agire. Il cammino vocazionale lo apre a nuove esperienze dalle quali trae indicazioni per meglio orientare le sue scelte. Planque è un seminarista serio e fedele, un sacerdote fervente, dopo l’ordinazione, passa in diversi Istituti come Professore ed ha contatti interessanti con persone di valore. La sua esistenza si svolge in modo lineare. In questo quadro ordinato e confortevole, la scelta di essere missionario sembra quasi un sasso lanciato improvvisamente in uno specchio d’acqua tranquillo. Come interpretarla? Che nome dare a questa inquietudine, a questo richiamo profondo? La variabile è, probabilmente, il desiderio intimo e costante di “altro” che Planque ha sempre in sé, l’attrazione a “uscire” verso qualcosa di più vasto, di meno prevedibile e sicuro, un progetto accarezzato lungamente, in attesa di un segno preciso della Provvidenza. Un appello di Dio certamente, ma anche un’inclinazione coltivata alla quale egli sa dare spazio, ascolto e, progressivamente,
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una risposta che lo rende, come dice la parabola evangelica, “terreno buono” che permette al seme di germogliare per crescere, giorno dopo giorno, verso orizzonti sperati. L’incontro con Mons. de Brésillac e le vicende legate alla sua morte prematura, la responsabilità della Società delle Missioni Africane, la fondazione dell’Istituto di Nostra Signora degli Apostoli, il suo costante impegno per le missioni in Africa, sono le circostanze eccezionali di cui Dio si serve per guidare e formare la sua personalità.
Un cammino dal quale emerge un uomo, un sacerdote, un missionario capace di vivere e di comunicare le sue forti convinzioni. FORTI CONVINZIONI La vita spirituale di A. Planque appare ordinata attorno ad alcune essenziali e forti convinzioni: Dio è “tutto”, il centro che deve orientare totalmente l’esistenza dell’uomo. Noi esistiamo per conoscere, amare, servire Dio, e fare in ogni cosa la sua volontà. Egli non è solo il nostro Creatore, è nostro Padre, buono e provvidente. La fede, fiducia illimitata in Dio, è la radice della vita cristiana, è la nostra risposta alla sua bontà che rende il cuore disponibile a cercare in ogni cosa di piacere al Signore. Gesù Cristo, è il Salvatore e il Redentore, dal cui Sacrificio ci viene ogni grazia. Si “segue” Gesù coltivando l’intimità con Lui, amandolo appassionatamente nella sua Parola e nell’Eucaristia, facendone l’Amico e il Compagno in ogni azione che si compie nella vita di ogni giorno. Da Cristo impariamo la carità autentica. La Croce è il segno più vivo dell’amore di Gesù, è il “libro” nel quale si impara a conoscere l’amore di Dio, è la “via” che ogni discepolo di Cristo deve percorrere imitando la sua obbedienza e fedeltà al Padre. Lo Spirito Santo, guida interiormente i credenti in Cristo che lo ricevono nella Chiesa così come gli Apostoli lo ricevettero nel Cenacolo, il giorno della Pentecoste. Lo Spirito, Maestro del silenzio e della vita interiore, che è sempre con noi, che si deve amare e continuamente invocare!
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La Chiesa, fondata sugli Apostoli, è il “frutto” più bello di Cristo e del suo Spirito, in essa l’umanità trova tutto ciò che serve alla Salvezza. La Chiesa è la “casa” nella quale ci viene data in madre, come per l’Apostolo Giovanni, Maria, la madre di Gesù. Alla Chiesa si devono amore ed obbedienza, perché “Cristo e la Chiesa sono una cosa sola”. Si potrebbe obiettare: niente di nuovo, siamo nell’essenziale delle vita cristiana! È vero… tuttavia, un’attenta analisi del cammino spirituale di Agostino Planque dimostra che queste convinzioni, alimentate dalla Parola di Dio, dalla preghiera, dallo studio, dall’impegno per la Chiesa Missionaria, rivelano alcuni aspetti “originali”, acquistano uno “stile” proprio, fino a diventare “orientamenti” costanti per i quali si può parlare di “Spiritualità”. Una Spiritualità che sarà poi all’origine del Carisma dell’Istituto di Nostra Signora degli Apostoli. A riprova di questa originalità, evidenziamo il modo con il quale Planque concepisce la “devozione” (ossia l’insieme degli atteggiamenti con i quali andiamo a Dio) e il suo spirito missionario. LA VERA DEVOZIONE La devozione per Planque non è solo un sentimento che porta verso il Signore: è una scelta del cuore, dell’intelligenza e della volontà che, illuminati dalla Fede, si lasciano plasmare e trasformare dalla Grazia di Dio. Essa si radica nella consapevolezza della nostra fragilità di creature, incostanti e guidate da sentimenti che spesso non sap-
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piamo dominare. Richiede perciò “l’ascesi”, ossia una vigilanza costante su noi stessi, la purificazione dell’io egoistico per vivere alla “presenza” di Dio che ci ama e al quale rivolgere il nostro amore; si alimenta dell’intimità con Cristo per donare la vita senza riserve come Lui. La devozione è un “cammino spirituale” improntato alla fiducia, nel quale progredire con umiltà e semplicità, con coraggio e buona volontà, senza finzioni o vani scoraggiamenti. È, come afferma Planque, vivere sulla terra aspirando al Cielo, imitando l’esempio dei martiri e dei Santi, prima fra tutti la Vergine Maria, amata con tenerezza, invocata come Madre, che ci accompagna, passo dopo passo. La devozione come la intende il nostro Fondatore è, in ultima analisi, una “via alla Santità” per anime semplici, che cercano la perfezione attraverso il quotidiano, nella fedeltà ai propri doveri. In essa si respira il Vangelo! Non per questo è priva di esigenze! Liberando il cuore dalle false certezze e dalle illusioni, permette di vivere nella verità con se stessi, con Dio e con gli altri. Progredire in essa genera un cuore “semplice”, unificato e trasparente, che appartiene “totalmente” a Dio e, per questo, capace di donarsi agli altri. Una situazione che Planque non esita a definire “felicità”, l’unica possibile
su questa terra. Il riassunto più perfetto delle caratteristiche della devozione è il “Padre Nostro”, preghiera prediletta da Planque, continuamente da lui insegnata e raccomandata.
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LO SPIRITO MISSIONARIO Planque vive con chiarezza di contenuti e di intenti il suo ideale missionario, ne propone le esigenze con fermezza e grande umanità. Egli sa sempre tenere conto della fragilità delle creature. Una fragilità che non è un ostacolo alla crescita spirituale bensì un’opportunità straordinaria di sperimentare l’amore infinito di Dio: “Più ci si affida a Dio, più si guadagna”, perché la sua bontà e misericordia in Cristo non hanno limiti. Per lui, che si sente missionario nel profondo, l’intimità con Dio è la sorgente dalla quale sgorga lo spirito apostolico che deve animare i chiamati alla Missione. L’annuncio del Vangelo a chi non lo conosce, è un “dono” straordinario offerto dai missionari ai popoli che incontrano perchè fa conoscere Cristo, favorisce la crescita del Regno di Dio, semina la Chiesa affinché fruttifichi in comunità cristiane autoctone e ferventi. La vita missionaria non è facile, offre molte soddisfazioni, ma presenta notevoli difficoltà di ogni tipo, chiede di dare tutto, anche la
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vita, se necessario! Ci vogliono perciò personalità forti e mature che hanno assimilato il cammino di Cristo, il suo passare dalla Croce per giungere alla Risurrezione. Intelligenza, cuore e volontà devono, per Planque, camminare insieme, fondersi e creare quell’unità di vita che consente ai missionari di essere tutti di Dio e tutti dei fratelli. Semplicità e coraggio sono le virtù che, illuminate dalla fede, formano i veri annunciatori del Vangelo. La “semplicità” è la virtù evangelica del servo fedele, il “coraggio”, che non è temerarietà, un riflesso dell’audacia con la quale gli Apostoli si sono lasciati portare dallo Spirito Santo sulle strade dell’annuncio del Regno di Dio.
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Il carisma NSA NEL CENACOLO Lo Spirito Santo, anima della Chiesa, la arricchisce dei suoi doni (Carismi) per sostenerla e guidarla nella sua missione universale di salvezza. Le ispirazioni dello Spirito Santo sono all’origine della santità dei figli della Chiesa e delle opere attraverso le quali essa serve e diffonde il Regno di Dio. Agostino Planque ascolta ed asseconda lo Spirito Santo quando decide di fondare la Famiglia religiosa delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli. Nel delineare il cammino spirituale ed apostolico delle sue Missionarie, egli esplicita il “dono” ricevuto mettendolo a servi-
zio della Chiesa e del mondo: “Desidero che possano conservare il nome che ho dato loro: Suore di Nostra Signora degli Apostoli. La Vergine Maria, nel titolo di Regina degli Apostoli, nel Cenacolo e nelle opere apostoliche”. Il nome, è un programma e una promessa! Padre Planque lo sceglie personalmente a Roma, pregando sulla tomba degli Apostoli. Una profonda intuizione lo guida: “Che cosa avrebbero potuto fare gli Apostoli senza Maria, nei primi tempi della Chiesa? Egli è sicurissimo che Maria, dopo avere condiviso con gli Apostoli il periodo di raccoglimento nel Cenacolo, abbia continuato ad essere con loro anche quando, dopo la Pentecoste, si dispersero per annunciare la Buona Notizia. COME GLI APOSTOLI Planque ne è convinto: le sue figlie sono chiamate a riprodurre, nella loro vita, la meravigliosa storia di Pietro e dei suoi compagni riportata dagli Atti degli Apostoli. Anch’esse sono state scelte ed invitate ad entrare nel Cenacolo, la “camera alta” nella quale raccogliersi con
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Maria e i discepoli, nell’attesa del Dono della Pentecoste: lo Spirito Santo. Rese intrepide dallo Spirito, possono essere mandate in missione per far conoscere ed amare Dio annunciando il Signore Gesù morto e risorto, incontrato nella preghiera e nella comunione fraterna. Il Cenacolo è il punto focale, il luogo ideale nel quale rivivere l’esperienza della prima comunità cristiana che qui “entra” per accogliere lo Spirito e da qui “esce”, diventata Chiesa, a portare nel mondo la “Buona Novella” di Cristo. L’evangelizzazione è la Missione della Chiesa, il motivo del suo esistere! L’ideale del Fondatore prende forma a partire dalle profondità della Parola di Dio: “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giu-
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dea, la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Atti 1,8); “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco: Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. (Mt 28,19-20) È un ideale, radicale ed affascinante, un forte appello ad avventurarsi senza paura lungo le vie che lo Spirito di Cristo apre nel mondo agli annunciatori del Vangelo. “Come sono belli i piedi di coloro che portano lieti annunci!”, esclama il profeta Isaia. Sì, proprio i piedi, per ricordare che per annunciare bisogna camminare, bisogna partire, bisogna andare verso gli altri per offrire loro la straordinaria opportunità di incontrare il Vangelo di Gesù e di accoglierlo.
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CON MARIA, MADRE DI GESÙ Nell’altissimo momento della Pentecoste, Maria, la Madre di Gesù è nel Cenacolo con la comunità dei discepoli. Li raduna l’obbedienza al Signore Risorto, il ricordo di Lui e l’attesa dello Spirito Santo promesso; li unisce la comunione fraterna e la preghiera, affinché i cuori siano pronti per il “grande incontro”. La presenza di Maria crea uno “spazio” contemplativo che avvolge tutti i presenti e li dispone all’accoglienza dello Spirito Santo. Chi più di lei ha saputo rispondere fedelmente alla Parola di Dio? Con il suo sì, la “serva del Signore” ha accolto in sé lo Spirito e permesso al Figlio di Dio di farsi carne. Nessuno, meglio di lei, è in grado di guidare a Cristo, di insegnare come accogliere lo Spirito di Gesù e seguirne le vie. “Con Maria, Madre di Gesù” è il motto che Planque sceglie per le sue Suore. La frase, tolta dagli Atti degli Apostoli (1,14) è una sintesi dello spirito con il quale esse sono chiamate a realizzare la loro vocazione di Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli. La Vergine, diventata madre di tutta l’umanità sotto la croce, quando Gesù stesso l’ha affidata a Giovanni, è diventata poi nel Cenacolo la Regina degli Apostoli. Una “regalità”, quella di Maria , in puro stile evangelico, simile a quella del Figlio, svolta nel servizio e nell’umile obbedienza a Dio. La Regina degli Apostoli, sottolinea Planque, svolge presso i discepoli del Signore Risorto il duplice ruolo di madre e di maestra: come madre mantiene viva in essi la memoria del Figlio, come maestra insegna a seguirne la tracce. “Da quel giorno, il discepolo la prese nella sua casa”: come Giovanni, il discepolo prediletto da Gesù, la missionaria di Nostra Signora degli Apostoli “prende” nel-
la sua vita Maria, per far conoscere Cristo nel mondo con la stessa fede, con lo stesso amore, con la stessa obbedienza a Dio. La Vergine madre è, anch’essa, un “Dono” che il Risorto fa all’umanità per facilitare il cammino verso Dio. Madre dell’umanità, Madre della Chiesa, Maria è pienamente inserita nel cammino della Chiesa nel mondo. La vera devozione a Maria, ricorda Planque, è un impegno, una decisione seria perché “amare veramente Maria significa imitarla” e lasciarsi formare da Lei, per diventare sempre più capaci di ascoltare lo Spirito e di riconoscerne le vie per servire l’umanità redenta da Cristo. MISSIONARIE PER L’AFRICA Elaborando i progetti per l’organizzazione della nuova Congregazione, Agostino Planque esprime da subito la sua intenzione di farne delle religiose missionarie che collaborano con i Padri. “E’ per il bene dell’Africa, che Dio ha fatto nascere questa piccola istituzione”, e ribadisce sempre che “le suore sono unicamente al servizio delle Missioni”. Le
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suore NSA svolgono il loro servizio al Vangelo in Africa, specialmente presso le donne africane, i bambini, le famiglie, in comunità apostoliche, dove vivere la condivisione dei compiti affidati. In ogni comunità, la vita fraterna si cementa con lo spirito di famiglia, grazie al quale il rispetto delle differenze accetta di fare i conti con la ricerca costante del bene comune. Come la pietra di un edificio più vasto, la comunità NSA vuole essere una piccola immagine, un segno della Chiesa, Famiglia di Dio in Cristo. Una testimonianza che diventa possibile solo vivendo il Comandamento dell’amore proposto da Gesù, accettando la quotidiana necessità di vivere la conversione e il perdono reciproco. Comunità NSA: comunità apostoliche, aperte sull’ambiente in cui vivono, nel-
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la ricerca del contatto con le persone, nella costante disponibilità all’incontro che permette lo scambio. Un servizio disinteressato che accetta il cambiamento, gli imprevisti, il trasferimento da un Paese all’altro, perché la vita missionaria è un continuo “andare” per Dio. Un servizio alle Chiese Locali, nelle comunità cristiane che nascono ovunque e fra tutte le etnie. Da molti decenni l’Istituto accoglie giovani provenienti da vari Paesi Africani: Nigeria, Togo, Benin, Costa d’Avorio, Burkina Faso… e dal Medio Oriente: Egitto e Libano. Le suore NSA africane realizzano il sogno più profondo di Planque e di Mons. de Brésillac: rendere la Chiesa Africana, contribuire a farla sorgere ed ad espandersi, facilitare l’incontro delle sue ricche tradizioni culturali e religiose con lo spirito del Vangelo, in vista di una sintesi che permette loro di essere pienamente cristiane pienamente africane.
La Missione per 60
AGOSTINO PLANQUE UN SOLO SCOPO Scrivendo ad una sua suora per chiedere notizie dell’Africa, Planque aggiunge “Io non vivo che per le Missioni”. È vero! Di lui si è sempre saputo che la Missione era alla base, nel cuore stesso della sua vocazione. Quale Missione? Per lui non ve n’è che una, quella del Cristo e un modo solo per realizzarla, quello degli Apostoli investiti della forza dello Spirito Santo, che non cesserà mai di spingerli a solcare il mondo. È questa la strada, la direzione che Agostino Planque segue sempre. “Siete stati scelti da Dio per continuare a modo vostro l’opera che Gesù Cristo ha affidato agli Apostoli. Vi è un compito che possa piacergli di più?”. Nei due Istituti, essere missionario o missionaria significa impegnarsi definitivamente e offrire la propria vita per dare l’Africa a Cristo e Cristo all’Africa. La visione di Planque è ben definita, ma per tradurla nei fatti è necessario che acquisisca una co-
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noscenza solida dell’Africa, quella che un contatto diretto e quotidiano potrebbe dargli. Tutto il problema sta proprio qui: Planque non parte per l’Africa! Fa un breve viaggio in Algeria e sette brevi spedizioni in Egitto. Non ci sarà nient’altro! Le circostanze lo hanno costretto a vivere la singolare e difficile situazione di rimanere lontano dal campo d’azione senza mai conoscere i luoghi per i quali resta sulla breccia per più di cinquant’anni, fino alla morte. È una delle grandi prove della sua vita, il dilemma in cui si trova prigioniero senza potervi sfuggire, ed è il suo limite, quando manca di visione o non sa gestire bene le tensioni fra Africa ed Europa. Ma è anche una delle caratteristiche della sua risposta alla chiamata di Dio. Il suo essere missionario senza mai partire sembra quasi un’anticipazione del famoso libro di Madeleine Delbrel:“Missionari senza bastimento” con il quale essa, precorrendo i tempi, coglie delle intuizioni del Concilio Vaticano II. La testimonianza della Delbrel mette in risalto la missionarietà derivante dal Battesimo, per cui
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ogni credente in Cristo deve testimoniare la propria fede non partendo verso terre lontane, ma nella vita di ogni giorno. Questa situazione non voluta, ma accettata con generosità e senza complessi, permette ad Agostino Planque di sentirsi missionario sempre. Il contatto continuo con le Missioni gli affina il cuore e la mente: egli si lascia interpellare, prende il rischio di orientare, di decidere, di scegliere. Il tutto parte, non dobbiamo dimenticarlo, dalla sua passione per Cristo e il Vangelo, dall’amore per l’Africa e gli Africani, nella certezza di compire così la volontà di Dio, alla quale tiene sopra ogni cosa. I GRANDI ORIENTAMENTI Va riconosciuto a Planque il merito di non avere mai cessato di fare il possibile, con tenacia, per avere dell’Africa un’idea per quanto possibile autentica e precisa. Aiutato in ciò dal profondo interesse per la geografia, egli sorprende tutti per la facilità con cui riesce a seguire i Padri e le Suore nei loro spostamenti, per la competenza con la quale presenta i diversi Pae-
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si come se gli fossero familiari. Nei primi mesi della fondazione della SMA chiede insistentemente di aggiungere al Seminario un Museo Africano, creando così uno spazio ulteriore di approccio alla cultura africana che permetta di aprire circuiti di scambio e di relazioni, e di allargare la grande famiglia delle Missioni. Vuole creare scambi, suscitare unità, spirito fraterno e amicizia, dentro e fuori gli Istituti, come condizione per trovare con più sicurezza le vie e i metodi da seguire nel lavoro missionario. “Solo camminando uniti, compiremo l’opera di Dio”.
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L’Africa e gli Africani sono sempre al centro dei suoi interessi. Alcune direttive di Planque sono “profetiche” nel senso che le ritroviamo perfettamente attuali ai nostri giorni. La prima è quella che chiede ai suoi missionari di impiantarsi nel cuore dei luoghi in cui vive la gente. Stare fra la popolazione, abitarle vicino: “Non è per loro che andiamo là? Allontanandoci da loro li allontaniamo da noi…”. Planque mette in guardia dalla superiorità, dalla fretta o la superficialità con cui i missionari possono essere tentati di guardare tradizioni e costumi così diversi da quelli europei. Sollecita a rispettare gli Africani, permettendo loro di essere se stessi. Nelle Scuole gestite dai missionari, non ci si deve limitare all’insegnamento teorico ignorando l’aspetto essenziale del la-
voro, in particolare quello della terra. Con questo scopo Planque ha sempre incoraggiato la creazione di centri agricoli, di fattorie che, secondo lui, “permetterebbero di creare alcune risorse locali”. Lo stesso vale per le ragazze alle quali le Suore insegnano a lavorare manualmente. Non si trova certo la parola “inculturazione” nel linguaggio di Planque, che resta in tutto per tutto un uomo del suo tempo, ne troviamo però lo spirito che traspare dai suoi progetti più cari. Guardare la gente con simpatia, valorizzarne le qualità richiede una profonda conoscenza delle tradizioni. A questo fine egli insiste molto sulla conoscenza delle lingue locali, mezzo indispensabile che consentirebbe al missionario di penetrare poco a poco nella vita e nei costumi, e di diventare uno di loro. Incoraggia i Padri che si applicano a produrre dizionari e grammatiche e a tradurre in lingua il catechismo. Sollecita tutti a “non smettere di imparare”, perché solo attraverso un approfondimento costante si potrà dire di essere veramente inseriti nella realtà in cui si opera. VERSO UNA CRISTIANITÀ AFRICANA Il lavoro dei missionari deve avere come obiettivo quello di andare verso una cristianità africana. E’ il sogno di Mons. de Brésillac che Planque fa pienamente suo. Come realizzarlo? La via migliore è una pastorale nella quale le opere sociali, educative e religiose si armonizzano fra di loro in vista di cristiani e cristiane convinti e maturi. Tutto quello che i missionari e le missionarie compiono in ogni settore della società, ha sempre lo scopo ultimo di aiutare la Chiesa a radicarsi fra quei popoli rimasti troppo a lungo senza conoscere il Signore, perchè essa diventi pienamente indigena. La formazione cristiana e umana, ha perciò sempre un posto priori-
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tario: “Non si insegna mai abbastanza ai giovani a pensare da soli, a farsi delle convinzioni solide”, e ancora: “Abbiamo bisogno di gente istruita nella propria religione, che sia costante anche nella pratica dei Sacramenti”. I frutti più belli e importanti della vita cristiana seminata nei cuori in profondità saranno le famiglie cristiane che Planque vede come base ed estensione del popolo cristiano, in una società sempre più permeata dallo spirito del Vangelo. Ed è qui che le Suore svolgeranno un ruolo importante: Planque le incoraggia senza sosta a lavorare per migliorare la condizione delle donne, aiutandole ad assumere il loro compito di madri e di spose cristiane. Con il tempo cresce, nelle diverse Missioni, un vivaio di giovani che aspirano al sacerdozio e alla vita religiosa. Planque ne segue gli sviluppi con entusiasmo suggerendo senza sosta ai missionari di dedicare loro le energie migliori, trovare la giusta pedagogia, tenendo conto delle tradizioni e della
cultura su cui si basano. La storia ci dice che non sempre i missionari hanno saputo agire così… ma Planque ne è convinto: sarebbe un grave errore trapiantare in Africa le abitudini europee senza questo scavo nella cultura e ciò, anche in previsione di formare gli aspiranti alla vita sacerdotale o religiosa. Per impiantare in maniera durevole la fede, oltre che favorire la creazione di famiglie cristiane, bisogna fare in modo che sorgano laici, sacerdoti, religiose istruiti e preparati. Un serio impegno per le vocazioni da suscitare, accompagnare e formare perché “ L’Africa non si aprirà veramente a Cristo, se non attraverso i suoi”.
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CONCLUSIONE La fede dell’Apostolo 68 Senza la fede incrollabile che lo ha sostenuto e guidato, nulla sarebbe iniziato nella vita di Agostino Planque, nulla avrebbe potuto continuare nella sua sorprendente azione missionaria, vissuta senza nulla di eclatante, con l’eroismo degli umili che si affidano totalmente a Dio. La sua era una fede che voleva assomigliare alla fede di Abramo, che obbediente al comando divino, lascia tutto per partire; alla fede dei Profeti, instancabili annunciatori della parola di Dio; a quella dei Martiri che affrontarono la prova fino al dono della vita. La fede di Agostino Planque ricalca, soprattutto, quella di Pietro e degli altri Apostoli: radicata in Cristo, attiva ed itinerante anche se, per lui, il viaggio si attuava con il cuore, attraverso la partenza dei Confratelli e delle Suore. Una fede comunque troppo ardente per rimanere confinata nel cerchio accogliente di una Diocesi del nord della Francia, troppo assoluta per non farsi condivisione con i “lontani” dal Vangelo di Gesù Cristo. “Amare Dio per farlo conoscere e amare”: invertendo l’ordine della frase che egli ha dato come motto alle sue Suore, possiamo dire di lui che se ha potuto “far conoscere ed amare Dio”, è perché egli stesso lo ha “conosciuto ed amato” con una convinzione che traeva vita dal Pane Eucaristico e dalla parola di Cristo, scavando nella sua interiorità per ricercare il dialogo con il Signore, e vivere “l’unione con Dio”, scopo di tutto il suo agire, culmine dei suoi desideri. Tutto il messaggio è qui racchiuso, e ci appare, a cento anni dalla sua morte, come un tesoro dal quale trarre in continuazione le “perle preziose” che arricchiscono da oltre un secolo le Missionarie del Regno che sono le sue Figlie, Suore di Nostra Signora degli Apostoli. L’insegnamento e il messaggio di Agostino Planque rimangono sempre attuali, e coloro che aspirano ad una maggiore giustizia, condivisione, fraternità nella vera carità, possono riconoscervi parte delle loro attese. Milano, 2007
Suore Missionarie Nostra Signora degli Apostoli Via Accademia, 15 • 20131 MILANO Tel. 02/70 60 02 56 • E-mail: nsa-mi@iol.it • http://www.nsaitalia.org