Mirto Crosia

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Mirto Crosia

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Crosia è una piccola comunità di poco più di seicento cittadini, arroccata su una collina argillosa a circa 230 metri/s.l.m. La frazione più importante è Mirto, che con Fiumarella, Sorrento e Quadricelli raggiunge la ragguardevole cifra di più di ottomila abitanti (il comune di Crosia, al 2010, conta una popolazione di 9.532 cittadini). Mirto è il centro economico-sociale della moderna Crosia, mentre l’acrocoro rappresenta, col suo intrico di viuzze, il centro storico e della nostra memoria. Già questi brevi elementi configurano una specifica storia del paese, autonomo dal 1938. Per secoli l’area di Crosia è stata il centro vitale di questa estrema propaggine della Valle del Trionto. Con il suo bacino idrografico di 288 Kmq, il Trionto – antico Traes – è una delle fiumare più grandi d’Europa, con una origine sul massiccio della Sila ( monte Paleparto) per poi snodarsi per 40 km fino a sfociare nello Jonio, alla sinistra del recente abitato di Mirto-Crosia. La foce è ora una zona d’interesse comunitario. Fin dall’antichità la presenza antropica di quest’ area doveva essere direttamente legata alla variabilità delle condizioni ambientali. Fasi d’insediamenti e spopolazioni successive si sono certamente alternate nel corso dei millenni, fin dall’età del Ferro. La presenza di popolazioni autoctone è stata scientificamente dimostrata, con la scoperta di alcune necropoli, piccoli oggetti quotidiani e altri manufatti. Gli scrittori antichi si sono sbizzarriti nel chiamare queste popolazioni Ausoni, Enotri, Itali, Coni, ma la ricerca archeologica ha individuato nei Brettii il primo popolo organizzato e presente significativamente fin dalla prima colonizzazione greca (VIII° secolo). Tre sono i centri brettii di riconosciuta importanza archeologica che circondano l’area qui esaminata: un’ area fortificata in c.da Pruja (Pietrapaola), l’area di Cariati e, la più importante, il castrum fortificato di Castiglione di Paludi. Sempre secondo le fonti antiche è proprio nei pressi del Trionto si svolse la celebre battaglia tra le due poleis della Magna Grecia, Sybaris e Kroton (nel 510 a.C.). Fra il Trionto e l’altra fiumara che delinea il territorio – Fiumarella – sono state rinvenute importanti reperti archeologici in località S. Tecla, Piana del Pozzo e S. Angelo/Quadricelli. A Crosia nelle località Santi (Campo Sportivo) e Grazzano, e nel Rione Terra (denominazione tipica dell’area più antica di un paese) sono emersi, in scavi occasionali, ceramiche a vernice nera, frammenti di phitoi (contenitori di derrate alimentari), un gancio di cinturone e monete. Con la colonizzazione romana, iniziava quel processo di antropizzazione specifico, costituito da numerose ville rustiche e i luoghi della fascia costiera ionica – già descritti dall’itinerarium puetingeriano - attiravano gli interessi dei ricchi mercanti che qui avevano trovato una terra ubertosa e pingue, con il suo rinomato olio, vino e il misterioso garum (una ricetta rimasta segreta ma che aveva a che fare col pesce e col sale …)

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Nelle località “Quadricelli” – S.Angelo sono state rinvenute durante l’urbanizzazione frammenti di macine e monete dell’epoca dell’Imperatore Adriano (I-II secolo d.C). Anfore, ceramica “in terra sigillata italica” e monete di epoca repubblicana sono state rinvenute in area S. Tecla: alcune mura sono tuttora visibili in quest’ area (che rappresenta l’area archeologia più interessante e ancora inesplorata). Altri rinvenimenti sono stati segnalati in località Cappelli- Sorrento, Decanatosottoferrovia Piana del Pozzo (pesi per telaio, frammenti di anfore e monete di epoca dell’imperatore Traiano). Il lungo medioevo, caratterizzato dall’egemonia della bizantina Rossano, dai successivi passaggi feudali ai diversi proprietari-signori della nobiltà normanna, sveva, angioina, aragonese e infine spagnola e borbonica (ricordiamo qui brevemente le famiglie Sambiase e Mandatoriccio), finiva con l’eversione della feudalità da parte della dominazione napoleonica (1806). Due sono i monumenti storici di testimonianza di questo lungo periodo: la Torre di S, Tecla (prob. XV secolo), nella località Fiumarella, e il Maniero-Castello (prob. XVII secolo), località Castello, appartenuto ai Ruffo di Calabria (precisamente alla sorella del Capo dell’Armata Sanfedista, cardinale Fabrizio Ruffo di Bagnara-Calabria che sconfisse il Governo rivoluzionario filo francese). Altri edifici d’importanza storica sono la Torre dell’Orologio di Crosia, la Chiesa di S. Michele Arcangelo (luogo di culto della comunità crosiota), la Chiesa seicentesca della “Madonna della Pietà” (recentemente restaurata e al centro di un moderno culto mariano, con numerosi pellegrini durante il periodo di maggio), la Torre detta “del Giglio” (ora edificio privato - ristorante); mentre nel territorio sono presenti alcuni edifici di notevole fattura architettonica: in località Vota, nel centro storico le case Madeo e De Leonardis. Altri edifici già di culto sono presenti nel centro storico e all’interno del Maniero fortificato dei Ruffo. Eventi naturali e tragici come i terremoti dell’8 giugno1638, del 1783 e del 25 aprile 1836 distrussero abitazioni e provocarono numerose vittime a Crosia. Solo dopo il secondo dopoguerra (dal 1945 in poi) l’area chiamata del Decanato, nella frazione di Mirto, in cui era stata già costruita una stazione ferroviaria e una strada statale, la 106, iniziava quel processo di espansione edilizia che ha dato il volto all’attuale nucleo economico-commerciale di Crosia (dalla fine degli anni ’50 agli anni settanta, con le amministrazioni Fraia, Bitonto e Voltarelli). Con la Legge “Opera Valorizzazione della Sila” (OVS) nel maggio 1950 si compensò poco la richiesta di tutela dei contadini crosioti: la strada dell’emigrazione, come del resto da tutto il meridione, era l’unica possibile e furono decine e decine le famiglie che partirono per il nord Italia e i paesi europei. La costruzione della “Chiesa del Divino Cuore di Gesù” (anni ’50) aggregava la comunità cattolica di Mirto, ed è proprio al “Divino Cuore di Gesù” che è celebrata la più importante festa paesana, ogni fine Luglio o inizio di Agosto. Più recentemente altri due edifici di culto sono stati costruiti rispettivamente in località sottoferrovia dedicata a S. Giovanni e in località Sorrento-Quadricelli

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dedicata a S. Francesco (a indicare l’importanza residenziale di queste zone già popoloso negli anni ottanta e novanta). La ricchezza di Mirto Crosia è data dalla diversità di genti e culture locali che, nonostante ancora non ha trovato un suo equilibrio definitivo, a causa del flusso continuo tra popolazione residente e transitante, si manifesta nella diversità del dialetto misto come la popolazione e nella gastronomia, tesa tra la ricchezza marina dello Jonio e la tradizione pastorale silana. Testimonianza di questa commistione di montagna e mare è la nostra gastronomia che ha buon diritto si può inserire nella variegata e ricca “dieta mediterranea” (per l’abbondanza di legumi, frutta – la famosa clementina sibaritide -, olive e i nostri funghi silani). Tra gli insaccati con la carne di maiale ricordiamo le specialità montanare come la sazizza, salsiccia con “iuri i finocchio” – fiore e semi di finocchio – e la suppressata, carne conservata sotto pressione con i grani di pepe nero con aggiunte minime di vino bianco o rosso –il gaglioppo locale. E ancora il capecollo fatto col filetto e la muscolatura del collo di maiale, delicata operazione consistente in conservare per 48 ore sotto sale la carne per poi essere lavata col vino e insaccato in una rete di spago con aggiunta di grani di pepe nero. Per le specialità marine segnaliamo la “rosa marina”, conservata col sale, il pepe rosso macinato e il finocchio ( è la famosa “sardhedda”); anche il baccalà ha un suo specifico cucinato col porro, pepe nero e le olive nere. Una menzione a parte merita la nostra gelatina, in dialetto “souzu”. Per le verdure tipica è anche l’insalata con foglie di “chiapperi” (Cappero) con le sue "cime" e foglie più delicate ammorbidite coll’aceto. Esistono altre piante commestibili, appartenete alla cultura culinaria povera dei contadini e ora poco usate: ricordiamo en passant “taddhe ‘e lapriste”, “fogghie e “sparici” (rispettivamente Rafarum rafanistrum in italiano Lapristi selvatici, la cicoria selvatica e una specie di asparago sempre selvatico). Con circa 10 chilometri di spiaggia (dalla località Pantano- Greci fino a Fiumarella) di cui la poco più di due km a zona S.I.C. (“Site of community importance”, sito di interesse Comunitario, rispettivamente: “Macchia della Bura – IT 9310045” e “Fondali di Crosia- IT 9310048”), quest’ultimo per la presenza della Posidonia Oceanica a pochi metri dalla battigia. Il nostro mare ha recentemente acquisito tutti i caratteri di eccellente luogo di balneazione, per la presenza di strutture di accoglienza, luoghi per lo svago e lo sport, ristorazione, bar e pub giovanili che si snodano lungo il viale jonico, Centofontane e il lungomare. Gli eventi più importanti si svolgono nel periodo estivo: manifestazioni culturali, sportive, mercatini e di feste delle tradizioni locali sono spesso legate al “ Trionto Valley Festival” (consolidata negli ultimi anni). Crosia è al centro della manifestazione denominata “Remurata”, il lungomare presenta un ricco cartellone estivo in continua sperimentazione alla ricerca della formula esatta che sappia coniugare accoglienza turistica e valorizzazione delle proprie capacità imprenditoriali.

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Per una democrazia partecipativa a Mirto-Crosia a. PERCHE’ MIRTO CROSIA? b. PERCHE’ DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA? c. CHE IDEA DI POLITICA. CHE IDEA DI CITTA’ d. PROPOSTE OPERATIVE a. Perché Mirto Crosia? Uno sperduto angolo dell’Italia, una terra chiamata Calabria del NORD EST … un ponte-budello di epoca fascista in ingresso, una disordinata serpentina di casermoni con alcune case non finite, lungo la via Nazionale, una cronica assenza di spazi di socializzazione, una popolazione in (relativa) crescita, con immigrati interni, provenienti dalle spopolate aree rurali e migranti esterni, rumeni, ucraini, albanesi, russi e qualche sparuto gruppo di nordafricani. Pochi negozi, piazze semideserte o con gruppetti di anziani, ragazzi che stanno accampati nei pressi di piazza Rossa. Un lungomare scampato allo scempio ma eroso dalle acque e rovinato dagli uomini e con alcuni tratti da discarica e d’incuria … Ecco come si presenta il nostro paese! Ci sono luoghi del mondo che trasformiamo in simboli. C’è un tempo della nostra vita in cui possiamo mostrare la parte migliore. Costruiamo solo con la forza dell’immaginazione i nostri desideri ma la cruda realtà ci sta sfuggendo di mano. I nostri figli se ne andranno, come i nostri fratelli e i nostri genitori. Sembra la nostra Nemesi! Una generazione di poveri ma affamati di vita edificarono negli anni sessanta una piccola città, là dove vi era solo una sterminata palude malarica. Un paese non perfetto ma che sapeva lottare per un futuro. Crosia Mirto da allora ha saputo guardare lontano. Ha evitato, fino ad un certo punto, di generare una permanente criminalità mafiosa. I frutti avvelenati sono stati simili a quelli di altri posti calabresi: emigrazione, disoccupazione, piccola delinquenza e chiusura in se stessi. Quella generazione, i nostri nonni e padri, seppe trasformare la povertà in solidarietà di vicinato. Inventare un modello particolare di socialità, che diede i suoi risultati. Ancora oggi possiamo vederne gli aspetti positivi e viverne i limiti. Sul piano dello sviluppo economico vi è stato un blocco.

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Pochissimi imprenditori hanno creato lavoro, aziende che occupavano più famiglie. Moltissime famiglie si sono trasferite in varie parti d’Italia e d’Europa, dove hanno raggiunto ottime posizioni sociali o una dignitosissima qualità della vita. E la fame e le fatiche dalla fine degli anni ‘50, la durezza delle battaglie di sopravvivenza quotidiana, la partecipazione civile e politica in difesa del nostro territorio e del (poco) lavoro, le speranze degli emigrati degli anni ‘60 e ’70. Poi un po’ di sviluppo, la possibilità di mandare i figli a scuola, ma anche i falliti tentativi di avviare un virtuoso processo di industrializzazione (Ex Fabbrica del Pomodoro, Area ex Arsa-Piccinella, il boom edilizio anni ‘90). Fallimenti che hanno portato alla situazione attuale: impoverimento socio-culturale, distruzione dello spazio pubblico, mancanza di servizi alla persona, inettitudine dei politici che si sono candidati a rappresentare negli ultimi tempi il nostro paese. Rimase solo la speranza nelle nuove generazioni. E’ mancata la possibilità di fare una Mirto Crosia una città ricca nonostante le sue potenzialità (mare, agricoltura, acque, legami con l’entroterra). Erano possibili tanti modelli economici e culturali: il distretto agro-alimentare, il polo turistico, il paese-albergo, il sistema del piccolo artigianato. Giustamente si potevano celebrare i simboli positivi di sviluppo e di vivibilità dei paesi vicini, in primis Rossano, elevati a modello C’era un concentrato di nuove energie per inventare e sperimentare nuove idee in questo paese. Ma coloro che detenevano le redini dell’amministrazione hanno fallito in tutto. Mai a pensare di costruire un sistema cittadino di turismo specializzato, a invogliare il cooperativismo, a proporre investimenti su progetti a lungo termine, a creare un’area per i servizi, a far in modo che si costituissero luoghi pubblici di socialità dove le persone si scambiano due chiacchiere fra l’utile e il dilettevole. Un paese che a volte seppe trasformarsi e a volte resistette in un immobilismo retrivo, mentre da più parti s’invocava la crescita democratica e partecipata. Un luogo dove il bene comune, l’interesse collettivo, non ha avuto mai un peso importante. Oggi Mirto Crosia sta diventando una cittadina da dimenticare. Il paese dei nostri giorni non sa più parlare e ha rinunciato a se stesso. Si è imbarbarito nel vivere sociale, un paese distrutto dalla speculazione edilizia, dilaniata e avvelenata da un’élite arrogante e snob, abbandonata dai residenti che non hanno nessun interesse a pensarsi appartenenti a una comunità. Chi ha ancora un amor disinteressato per il proprio paese, è ammutolito. Chi si è pronunciato l’ha fatto per interessi poco chiari, con un urlo rancoroso.

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Ma basta sentire un legame comune per avviare una speranza di cambiamento, per vivere quel misto di realtà concreta e di percorsi da sperimentare e immaginare insieme per cambiare questa storia e avviare un processo fatto di mutamenti profondi, individuali e collettivi. b. Perché democrazia partecipativa? Se le persone si rendessero veramente conto del potere che hanno quando collaborano crederebbero vera la possibilità di cambiare le loro vite e le cose del mondo. Qualche settimana fa, come cittadini, alcuni di noi lontani dai partiti e dalle istituzioni ma attivi nella società civile, nella cooperazione, nella produzione, nei servizi e nel volontariato, sensibili alle tematiche sociali e ambientali e amanti della qualità della vita, abbiamo deciso di costituirci come forum aperto. Volevamo sondare fino a che punto le forze della società hanno guadagnato il diritto ad agire direttamente ed a produrre idee, azioni ed ipotesi politiche per la città. Insomma un gruppo di persone erano propensi a sperimentare percorsi nuovi. Le piccole comunità non sono al centro di particolari interessi strategici né i molteplici processi della globalizzazione sono immediatamente visibili. Le cose le subiamo incautamente. Ma capita sovente che si rendono operative le strategie economiche del neoliberismo e si materializzano in luoghi reali come il nostro. Ed è la piccola comunità impreparata che subisce e lì prendono forma, prima che altrove, le pulsioni più feroci e regressive che procurano l’impoverimento generale e il progressivo smantellamento dei diritti. Il territorio fra la Sila Greca e la fascia ionica, con le loro diversità ambientali, di cultura, di capitale sociale sono sottomessi a un processo globale che li consuma senza riprodurli. La globalizzazione neoliberista toglie valore ai cittadini e alle loro esistenze, innescando processi di distruzione delle risorse, delle vite e delle differenze locali. I progetti di megacentri commerciali, di aree di edificazione-dormitori, senza servizi e senza rispetto per il paesaggio, le costruzioni di eco-mostri per un finto turismo d’accatto e lingue d’asfalto a pochi passi dalla battigia, questo l’orrendo futuro che ci propinano i cosiddetti “modernizzatori”. Il nostro è un paese di bei locali sul mare, ma senza accoglienza in paese, senza Camping, senza piccole, medie e belle strutture di accoglienza che farebbero la felicità di qualche migliaia di turisti stanchi di Riccione o di Pietrasanta; il nostro luogo sembra essere la prossima preda dei soliti approfittatori.

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Oggi, che nel Paese si è prodotta una frattura sociale insanabile, cercare le linee guida che ci tengono insieme vuol dire avanzare in direzione uguale e accelerata alla società italiana ed europea; significa individuare le logiche di appartenenza e di senso, essere in grado di configurare e coagulare nuovi scenari di largo respiro. Bisogna farla finita con gli atteggiamenti distruttivi e inconcludenti di che non ha nulla da proporre ma tutto da criticare, nel senso peggiore del termine. I limiti della forma partito ci sono evidenti, le carenze di questo strumento della politica sono diventate senso comune, riconosciamo anche l’inefficacia delle liste civiche. Ma i luoghi della decisione restano chiusi, impenetrabili, inaccessibili. Un’élite di baroni professionisti dell’intrigo difende il potere oltre ogni legge e se lo contende, condizionando in peggio la vita di noi cittadini. Questa baronia allenta d’incisività l’esercizio dell’amministrazione, privandola di ogni livello minimo di programmazione, piegando le città alle esigenze dei poteri forti. La forma verticale della politica e delle amministrazioni, ha eliminato nel cuore della gente la necessità di prendersi cura della collettività. E se nessuno si fida più di nessuno, e se la sicurezza sembra il male di questi anni, è perché tutti noi abbiamo delegato la negoziazione delle leggi e l’amministrazione della giustizia a una corporazione di mediatori politici che non possono fare altro che scegliere tra gli interessi privati più forti. Come cittadini, pur consapevoli della ricchezza di quanto è stato già fatto e detto, ci poniamo il problema di allargare la nostra prospettiva e di intensificare la partecipazione democratica. Un modello di Comune diffuso, presente e visibile fra la gente, nei luoghi di lavoro, per le strade, che garantisce autonomia progettuale alle persone con idee e capacità di realizzazione, con un interesse diretto solo verso il bene sociale, di tutti. Piccoli esempi, per capirci. Una task force per il controllo dei Lavori Pubblici e per il ripristino immediato dei disguidi di natura urbana. Un contatto quotidiano con le problematiche delle scuole, con un gruppo permanente di monitoraggio fra assessorati, genitori, insegnanti, dirigenti scolastici ed esperti. Un punto di ascolto per chi vuol aprire un’attività di servizi o commerciale.

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Una promozione continua di Attività sociali direttamente legate al Comune (“Estate dei ragazzi”; Centro giovanile; Centro Comunale per le Donne Anziane, Visite geriatriche gratuite presso Centri della terz’età; Ludoteca per disabili e Centro per la promozione dello Sport – non solo calcio!-). Bisogna influenzare in modo forte i processi della decisione, intestardirsi con le pratiche delle riunioni con i cittadini, con gli operatori economici, con il volontariato, con le forze dell’ordine e con tutti i soggetti che fanno comunità. Per questo abbiamo sentito l’obbligo di utilizzare questo strumento, il forum. E proiettarci oltre le sue possibilità e le sue regole. Incidere sul meccanismo di elaborazione delle politiche amministrative del paese, rimpossessarsi della macchina amministrativa, entrare nei luoghi decisionali che escludono interi strati sociali e dare un’efficacia, uno sbocco su risultati concreti, alle richieste inascoltate di questi ultimi anni. Bisogna diventare un’officina di progetti, uno strumento di promozione di azioni giovanili, ricollocare in volontariato la ricchezza e l’esperienza di anziani, far uscire dal ghetto di casa i diversamente abili appoggiando e sostenendo le loro famiglie. Noi che proponiamo ciò siamo consapevoli e capaci di vivere tra la gente comune, ascoltiamo tutti e invitiamo a unirsi in questo nuovo corpo sociale. Vogliamo vivere dentro questo nuovo protagonismo politico che la società oggi sente e vuole praticare. La nuova fase appena iniziata è certamente un’occasione storica, è una lunga prova cui bisogna dare il massimo dell’impegno. Agli amici diciamo soltanto: mettete da parte le acrimonie e proviamo a mostrare la nostra operatività. E farlo con altri, aprirsi, è imprescindibile. Con le associazioni, i cittadini singoli, con le altre organizzazioni politiche che intendono partecipare fino in fondo a questo vero gioco di squadra. Preparare così un corpo politico combattivo e trasformare il quotidiano della comunità con sperimentazioni concrete. Che cosa non ha funzionato! Bisogna ricominciare, senza false premesse, dire le cose come stanno : noi non siamo stati completamente efficaci e risentiamo della mancanza di partecipazione che ha caratterizzato la stessa attività del forum. Una difficoltà a coinvolgere singoli, soggetti collettivi e produttivi che come i nostri di riferimento tradizionale, sono sempre stati estranei alla politica, nonostante siano essi produttori di ricchezza sociale attraverso le loro attività e l’impegno professionale.

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Una difficoltà accentuata dalla mancanza di uno strumento comunicativo sempre operativo e semplice, che sapesse comunicare le iniziative pubbliche in modo innovativo ed efficace. Non abbiamo ancora trovato un modello organizzativo adeguato ma di sicuro sappiamo dove cercarlo. Abbiamo da imparare partendo da quelle poche realtà che esistono, convogliarle in esperienze associative. Dalla loro capacità innovativa di fare politica. Capacità di valorizzare specificità e differenze, competenze e conoscenze dei singoli, attitudine ad abolire livelli gerarchici: di agire attraverso modelli organizzativi orizzontali (nei fatti non nelle parole). Oggi dobbiamo lavorare per dare vita ad una nuova intelligenza collettiva. Il resto verrà da sé … Oggi più che mai, bisogna imparare daccapo. Non ci sono MAESTRI O LEADER da seguire. Rimettere al centro una visione laica e pragmatica della politica. Rompere con gli schieramenti e le appartenenze vuote. Cogliere i problemi veri del vivere comune e trasformare radicalmente il quotidiano, la vita .Il resto, ripeto, verrà da sé … c. Un’idea di politica. Un’idea di città Un’idea di politica Ripensare da zero una pratica politica significa avere come fine un’idea di società giusta ed egualitaria. Aderenti all’etica e alla democrazia per noi ha valore il comportamento che aiuta concretamente le moltitudini popolari, intese sempre come persone da rispettare, da promuovere in pari opportunità e da far guidare in piena autonomia i processi di crescita civile, economica, morale e sociale, e non come coacervo sconosciuto da governare. Non si può veramente credere che la politica sia solo amministrare l’ordinario. Oggi una strategia di riscatto implica una nuova progettazione positiva. Il riscatto di un popolo comincia dal rifiuto di delegare ad altri la difesa dei propri diritti, l’affermazione dei propri valori, l’appagamento dei propri sogni e bisogni. Nei lavoratori dell’agricoltura in “nero”, negli artigiani e commercianti che tendono a furtuna, nei professionisti eticamente sensibili, negli emarginati che si arrangiano per

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sopravvivere, nei dipendenti costretti senza garanzie, pause o giorni festivi a vivere una vita senza futuro. Ecco il nostro popolo. Dobbiamo usare positivamente l’energia della nostra generazione senza umiliarla. Il ceto politico, la casta, è definitivamente chiuso dentro steccati di potere che occultano totalmente l’interesse generale. A Roma vanno chi ha già fallito nell’impresa. Le grandi questioni (infrastrutture alias SS 106, lavoro, sanità) che danno sostanza politica e non trovano soluzioni sono diventati la Grande Presa in Giro ai danni del cittadino Bisogna rimboccarsi le maniche. C’è bisogno di radicamento e di forti aggregazioni intorno ad idee generali. Solo questa è la capacità delle comunità di rivivere i territori, delle popolazioni di progettare il paese. Il lavoro che bisogna incentivare, i servizi sociali e sanitari da riqualificare, il Piano Strutturale Comunale nascosto come pratica di clientelismo e le nuove abitazione senza piano-colore né ristrutturazione degli edifici-fantasma, i trasporti su gomma che intasano la Nazionale, l’assenza di spazi verdi pubblici, una programmazione idrogeologica dello sviluppo dei territori, accoglienza dei viaggiatori, la formazione, la cultura, il reddito. Siamo ancora in pochi. Non abbiamo la verità in tasca. Non vendiamo un modello di società perfetta. Ma soprattutto non promettiamo soldi e svago individuale. Ci piacerebbe un lungomare bello, pieno di vita, senza quell’orribile strada-asfaltopasseggio d’auto che soffoca il mare. I calaturi cementificati, interrati o abbandonati… Basta con la disgregazione del nostro ecosistema per incuria! Vogliamo dieci villette comunali e distese di pinete, con ponti di legno, manto erboso, laghetti artificiali e gioventù in tenda e concert live e bungalow su misura. Basta essere fuori dalla vita! Non è vero che ognuno deve pensare ai propri problemi. Abbiamo un’indomabile fiducia nella moltitudine di uomini e donne che vivono in questo lembo di Ionio. Noi vogliamo dare l’opportunità e le condizioni per valorizzare la comunicazione, l’affetto e la creatività. Solo la partecipazione al bene e al male comune ci potrà dare quel senso di appartenenza e identità che con disperazione tutti cercano. Ed etica e trasparenza, perché oggi più che mai il fine non giustifica i mezzi. Il mezzo sta al fine come la radice sta al fusto e ai fiori di una pianta. Mezzi e fini sono lo specchio reciproco dell’agire. E l’etica che promuove la responsabilità delle

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proprie decisione non è la morale che predica agli altri. Una scossa etica è quella che ci vuole, ma una scossa capace di fare male. Bisogna pensare l’etica come strumento dei più deboli e dei marginali per riscattarsi dalle condizioni di subalternità e possibilità di incidere sulle scelte collettive. Un’idea di città Un gruppo di cittadini che intenda modificare la realtà esistente deve necessariamente radicarsi in un ambito effettivo e rappresentare nella pratica un’idea della collettività e del bene comune. Il territorio è abitato da persone in carne e ossa, che vivono tra barriere di ogni genere e una qualità della vita inesistente o che è solo vuoto consumismo. Vivere il luogo ci consente di osservare la molteplicità delle economie, degli stili di vita, i processi di sviluppo o di non sviluppo, i progetti urbanistici, le culture del lavoro, la qualità e le condizioni ambientali di vita. Le donne, i lavoratori, i cittadini privi di potere hanno soltanto questo luogo per affermare ipotesi di vita degna e un ambiente vivibile. Al deteriorarsi delle condizioni materiali di vita un composito universo di realtà sociali il cittadino ha trovato la necessità di agire in prima persona, non riconoscendosi né nella politica della vecchia Giunta comunale né nell’opposizione consigliare. La tutela della salute e l’integrità dell’esistenza non sono solo legittimi ma rappresentano la linfa vitale per costruire un futuro degno di questo nome. Un anno di osservazione partecipata di alcuni di noi dice, senza possibilità di errore, che a contrapporsi sono due distinti ed inconciliabili modelli di sviluppo del nostro paese. Il primo riguarda le lobby, l’oligarchia del mattone, gli speculatori selvaggi che distinguiamo dagli onesti imprenditori che portano sviluppo, sicurezza alle famiglie dei lavoratori e vivibilità. Sono coloro che approfittano del politicante amico magari assessore che promette promette… e se c’è un ritorno, una gratificazione allora delibera delibera… variazioni su variazioni, in barba alla legalità! Quanti vogliono trasformare il paese in una bruttezza elevata a sistema ed a questa sacrificare l’interesse dei più. Rendere l’amministrazione tecnica cieca, struttura logistica di fiancheggiamento delle bande di potere. Esiste invece un’altra prospettiva, più impegnativa certamente, che punta sul recupero della dimensione comunitaria dell’aggregato urbano. Allo sviluppo che fa ricchi pochi, si oppongono il senso di una crescita per i molti, un’idea di progresso che non vuol svendere la salute in nome dell’ingordo interesse di pochissimi, che non vuole ridurre ogni area del paese ad appetibile posta delle speculazioni immobiliari.

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Bisogna ripristinare un sistema di regole comuni e largamente condivise, democraticamente sostenute e direttamente difese perché evitano che i soliti privilegiati si appropriano del potere amministrativo per lucrarci sopra. Bisogna impegnarsi nella costruzione di una sfera pubblica che inglobi le istituzioni cittadine e che a queste affianchi spazi altri di partecipazione. Le domande eluse sulla qualità e genuinità della vita, ampiamente trasversali e largamente condivise, devono saldarsi con un nuovo sistema di diritti sociali, che conservi ed estenda le garanzie. La dimensione della sfera pubblica va sostenuta, nella consapevolezza che un’innovazione è necessaria perché un’idea di pubblico non partecipato, socialmente inanimato, si delegittima, favorendo la speculazione privata. E una democrazia che funzioni e che sia tale non dovrebbe manifestarsi solo sporadicamente ma nell’agire quotidiano. La nostra battaglia culturale è una battaglia politica, una lotta per la difesa di una civiltà di diritti e dei doveri. Si tratta di firmare un patto tra le componenti sane, riflessive, produttive e civili della città, un patto fra gentiluomini e donne che vivono con passione la politica di casa nostra. d. Proposte operative minime - UN LABORATORIO FORUM CIVICO Atto a rielaborare proposte sul mercato, l'economia e il concetto di società riportandoli sotto il controllo diretto di uomini e donne della comunità. Un laboratorio in grado di fare proposte pratiche all’amministrazione pubblica e alla città, vedi ipotesi del bilancio partecipativo e varie. - ISTITUIRE DELLE GIORNATE del COMUNE APERTO. Praticare ipotesi di attuazioni dal basso del bilancio partecipativo e divulgarne la conoscenza. Apertura alle tematiche del paese, ai soggetti e alle associazioni territoriali di volontariato e religiose, a quelle culturali. - Fondazione di una RIVISTA, a numeri monografici, che affronti in modo innovativo i nodi cardine del vivere urbano e dei progetti di sviluppo del PAESE -VERIFICARE la natura dei debiti di bilancio comunale, il peso delle TASSE sui redditi bassi e RENDERE PUBBLICO SUL WEB DEL COMUNE gli STIPENDI di tutti i lavoratori comunali, nonché eseguire una ricognizione sulle TASSE COMUNALI e le evasioni ed elusioni di alcuni cittadini. - Introduzione di ipotesi sperimentali di WELFARE MUNICIPALE

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Aumentare la spesa sociale, diminuire gli stipendi dei Livelli più alti, annullare gli sprechi della burocrazia, formazione Interna per il Personale AUMENTO E CONTROLLO DELLE TUTELE E DEI DIRITTI DEI LAVORATORI SUL TERRITORIO. Rilascio di un marchio d’idoneità territoriale in grado di attestare le imprese che rispettino i diritti dei lavoratori. - Campagna per L’EDILIZIA POPOLARE e le politiche più innovative su case eco sostenibili (pannelli solari, materiali ecologici, distribuzione di prodotti per il risparmio energetico, sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti) - Creazione di AREE permanenti per il commercio ambulante, individuazione di una mainstreet per lo Shopping, riqualificazione del tessuto urbano (strade periferiche, piazze e altri luoghi pubblici), Casa della Cultura e delle Associazioni, Biblioteca Civica e multimediale per gli studenti e non solo, ludoteche a gestione mista pubblico-privato. - Esproprio di aree con interesse prioritario per lo sviluppo comunale, ai sensi della legge vigente. - Conoscenza del Piano Strutturale Comunale (ex piano regolatore) e di altri strumenti urbanistici allo scopo di rendere pubblici i progetti inerenti al nostro paese. - Risanamento del Centro Storico di Crosia. Avvio di Gara per la ristrutturazione di alcune arre fra Mirto e Fiumarella. Abbattimento della costruzione abusiva o sequestrata nei pressi del passaggio a livello Fiumarella. Abbattimento di tutte le costruzioni abusive nei pressi delle aree di sviluppo. - Risanamento di aree di interesse storico-culturale e loro utilizzazione ai fini socio-culturali previamente accordati (ex cinema Capristo, ex mulino Fraia, illuminazione e progetto percorso staccionato Torre S.Tecla, piano di scavo universitario presso aree archeologiche sotterrate; individuazione di edifici abbandonati da recuperare). - Progetto di DESTINAZIONE D’USO di una parte della vasta area DELL’EX PICCINELLI-ARSA come Zona per la biodiversità e l’utilizzo degli spazi antropici con la costruzione di un punto di eccellenza per il “Turismo della Salute” (PROGETTO BIOARCHITETTONICO)

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Questo documento è frutto di INCONTRI fra singoli cittadini e gruppi ma pur sempre parziale. Per tanto è apertissimo ai contributi, alle modifiche e alle innovazioni di tutti coloro che volessero fare proposte e rielaborare su un piano politico piÚ ampio.

Mirto Crosia, 2008-2012

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