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Storiografia
Materiale a cura di PIERPAOLO CETERA
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Storiografia 1. Nella formazione di una coscienza nazionale, la storia è probabilmente una componente più forte del linguaggio … L’ascesa del nazionalismo nel continente europeo raggiunse l’apice nello stesso periodo in cui la storia stava assumendo una posizione centrale nell’educazione e nella ricerca. La ricerca storica è, insomma, usata dalla classe governatrice sia per legittimare se stessa che per distruggere l’autonomia culturale di gruppi che non condividono lo status quo creatosi. Per le nazioni africane, che sono sorte in quest’ultimo secolo, la storia diviene la preoccupazione vitale per la crescita e l’unità dello stato. Ecco che la STORIA DIMENTICATA assume il titolo di “Storia della Nazione”, come nel caso dei grandi esperimenti di formazione degli stati in epoche pre-coloniali o le guerre, perse o vinte, contro la colonizzazione. “Le possibilità sovversive della ricerca storica non sottoposta ad alcun controllo”. La storia studia come e perché sono avvenuti dei cambiamenti [ e quindi che cosa è lo status quo e come può cambiare (questione che si fonda sulla politica) e perché deve cambiare (questione della ideologia)]. La concezione WHIG della storia ruota attorno a due pilastri: la gradualità dei processi storici e la legittimità delle istituzioni politiche. Una concezione che “attraversa” tutt’e due i partiti conservatori e liberali. Gli esclusi dalla storia sono così gli “elementi” estranei a questa impostazione: - Storia del Movimento Operaio (labour history) - Storia delle donne (“herstory”) - Storia degli emarginati e storia delle minoranze. Historismus (?): << L’idea fondamentale dello storicismo è che ogni epoca è una manifestazione unica dello Spirito umano, con una propria dimensione della cultura e dei propri valori >>. LEOPOLD VON RANKE: << Lo scopo (della Storia) è semplicemente di mostrare le cose come erano veramente >>. La coscienza storica moderna comprende due elementi: la consapevolezza della diversità di condizioni e di mentalità che separa la nostra epoca da tutte le precedenti epoche, e il riconoscimento che il mondo deve il suo carattere distintivo al modo in cui si è sviluppato da quelle condizioni e mentalità passate.
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La Conoscenza Storica non pone le basi per una previsione del futuro ma proietta nel futuro le contraddizioni e le spaccature che sono esistite e che esistono in un determinato momento storico, quindi il fondo da dove si svilupperà l’azione futura. Quali sono i vantaggi pratici che la società ottiene dall’incoraggiare una ricostruzione storica fedele ed esauriente? Possiamo elencarle in questi termini: 1) La grande varietà delle mentalità e delle opere umane 2) Il giudizio sul presente sarà determinato da ciò che si sa sul vicino passato 3) Le relazioni tra storia e potere. Le “suggestioni” di Peter Burke (1979) << Benché mi consideri un socialista e uno storico … non sono uno storico socialista; ovvero non credo in una storia socialista. Credo che servirsi della storia come un’arma nella lotta politica sia controproducente. Si arriva a credere alla propaganda, a drammatizzare eccessivamente il passato, e di qui a dimenticare l’effettiva complessità delle questioni di ogni epoca; si arriva a idealizzare il proprio partito, e a dividere gli esseri umani in Noi e Loro. La mitizzazione del Passato è incompatibile con l’apprendimento dal passato >>. Posizioni. R. H. Tawney (riformatore radical); G. R. Elton (conservatore << Gli scienziati, gli studiosi di scienze sociali e gli storici lavorano tutti, in branche diverse, nella stessa direzione: lo studio dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda, lo studio dell’azione dell’uomo sull’ambiente e dell’ambiente sull’uomo. L’oggetto della ricerca è identico per tutti: accrescere la conoscenza dell’ambiente e la possibilità di DOMINARLO >>. Per E. H. Carr la storia è una disciplina ibrida.
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2. LE FONTI Distinzioni: FONTI PRIMARIE: fonti originarie, scritte in epoche o da autori o “istituti” che si stanno studiando. FONTI SECONDARIE: fonti degli scritti sul passato di “autori” detti storici. “La distinzione fra fonti primarie e secondarie, per quanto sia fondamentale nella ricerca storica, è meno netta di quanto sia o possa apparire a prima vista; e la precisa demarcazione varia al variare del genere e della natura delle fonti. Per fonti originarie si intendono testimonianze contemporanee all’avvenimento o al pensiero che si riferiscono”. Elementi variabili e “prevedibili” della ricerca. Falsificazione, manipolazione e “uso extrastorico” (elemento più significativo: la manipolazione) MANIPOLAZIONE: utilizzo di avvenimenti allo scopo di sostenere le proprie tesi. Se la fonte è primaria non è detta che sia veritiera (o, almeno, priva di preconcetti …ma anche ciò è elemento da tenere in considerazione, ndr). Tocca allo storico la ricerca e la capacità di svincolare la storia dalle idiosincrasie. IL PROBLEMA DELLE CLASSIFICAZIONI. Due i tipi di C.: - Classificare secondo la distinzione tra fonti pubblicate e fonti manoscritte (nonpubbliche o interne) - Classificare secondo l’origine delle fonti (associazioni, stato o privato) “Di regola le attività che lasciano dietro di sé maggiori testimonianze sono attività organizzate, e specialmente quelle controllate da corpi la cui esistenza si estende al di la delle carriere dei singoli individui che vi appartengono in un dato momento, si tratti di governi, di ordini religiosi o di imprese commerciali”. La conservazione di documenti, in passato, aveva diverse motivazioni: “… ai governi serviva una accurata registrazione di ciò che era loro dovuto in tasse, obblighi e servizi, mentre i sudditi del re custodivano gelosamente la documentazione di privilegi ed esenzioni accordate loro in passato”. USI DELLE FONTI I principi che regolano le direttive di una ricerca storica sono, essenzialmente, due: Lo storico nell’avvio della ricerca prende in considerazione una fonte o un insieme di fonti che rientrano nel suo campo di interesse generale e particolare … “e ne trae ciò che abbia un valore; in questo modo egli lascia che sia il contenuto della fonte a
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determinare la natura della ricerca”, operando così una prima valutazione e una successiva distinzione (prima direttiva). Lo storico “formula uno specifico problema storico, di solito stimolato dalla lettura delle autorità secondarie, poi si studia le fonti primarie importanti; l’eventuale attinenza di queste fonti con altre questioni viene ignorata, poiché il ricercatore mira, nel modo più diretto possibile, al punto sul quale egli può presentare delle conclusioni” (seconda direttiva). Le difficoltà: nel primo caso si rischia di accumulare una quantità enorme di dati tale da creare un guazzabuglio da cui è difficile dipanarsi; nel secondo caso vi è una impossibilità nel definire con certezza e nella pratica una fonte necessaria o no alla ricerca. I rapporti tra i due metodi sono variabili, ma l’uno non esclude l’altro. Per la nota definizione di Hexter, sulla << estrazione della fonte >>, si ha l’inconveniente del fraintendimento.
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3. I GRANDI TEMI: ECONOMIA, SOCIETÀ, MENTALITÀ. Non è esagerato dire che per la generazione di Ranke la storia economica e sociale, nella quale si manifestava questo spostamento (per semplificare, il passaggio dalla storia “politica” –riferita cioè ai grandi eventi e personalità- alla storia “materiale”- la storia delle civiltà dei lunghi periodi, delle questioni sociali e delle culture e mentalità -, cosa che ha riguardato il paradigma della storiografia del XX secolo, ndr), non esisteva. Ma alla fine del XIX secolo l’Europa occidentale e gli Stati Uniti stavano uscendo da una fase di profonde trasformazioni economiche e sociali che gli studi storici per cose sono condotti fino ad allora erano manifestamente incapaci di spiegare. Anche se in Occidente il pensiero di Marx è stato applicato alla ricerca storica in modo sistematico e su vasta scala solo negli ultimi trent’anni, il rilievo da lui dato al significato storico dei mezzi di produzione e dei rapporti tra le classi era ampiamente riconosciuto tra le persone esperte di politica già all’inizio del Novecento. Inoltre, lo sviluppo del movimento operaio organizzato e dei partiti socialisti di massa ebbe l’effetto di spingere al centro della scena politica temi di riforme economiche e sociali in misura molto maggiore che in passato. Gli eventi e gli sviluppi dei primi anni del secolo XX andavano nella stessa direzione generale. Per molti la prima guerra mondiale assestò un colpo fatale all’ideale di Stato Nazionale, la cui nascita era stato il tema principale della storiografia ottocentesca, mentre i frequenti periodi di crisi e di depressione nell’economia mondiale ribadirono la necessità di una conoscenza più ampia e sistematica della storia economica.. Alla svolta del secolo (dal XIX al XX), la prospettiva strettamente politica della storia accademica venne sottoposta ad attacchi sempre più frequenti da parte degli studiosi e degli storici stessi. In diversi paesi si lanciarono appelli per un approccio nuovo e più esauriente nel modo più consapevole negli Stati Uniti dove si innalzò la bandiera della NEW HISTORY. In Inghilterra il legame tra gli studi storici e questioni sociali attuali fu particolarmente evidente nel caso di Sidney e Beatrice WEBB, riformatori sociali e storici del movimento operaio inglese; la storia economica apparve fin dall’inizio nei programmi della LONDON SCHOOL OF ECONOMICS, da loro fondata nel 1895. Ma fu in Francia che si svilupparono nel modo più approfondito le implicazioni dell’ampliamento della portata degli studi storici. Questa fu opera di Marc BLOCH, un medievalista e di Lucien FEBVRE, uno specialista del Cinquecento. I loro successori probabilmente godono oggi nel mondo accademico di un prestigio maggior di qualsiasi altra scuola. Nel 1929 Bloch e Febvre fondarono una rivista storica chiamata ANNALES D’HISTOIRE ECONOMIQUE ET SOCIALE, nota di solito con il nome “Annales”.
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Nel primo numero essi auspicarono nei loro colleghi non solo una prospettiva più ampia, ma la consapevolezza di ciò che essi avrebbero potuto apprendere da altre discipline, soprattutto dalle scienze sociali: economia, psicologia sociale, sociologia e geografia (oggetto, quest’ultima, di particolare entusiasmo da parte degli storici degli “Annales”). Pur ammettendo che i cultori di queste discipline si occupavano soprattutto di problemi contemporanei (tempo sincronico), Bloch e Febvre sostenevano che solo con il loro aiuto gli storici avrebbero potuto rendersi conto dell’intera gamma di domande significative da rivolgere alle loro fonti. Quel metodo interdisciplinare invocato da riformatori precedenti venne sistematicamente applicato dagli storici degli “Annales” in un formidabile corpus di pubblicazioni, tra le quali “La Società Feudale” (1940) di Marc Bloch è probabilmente la più nota al di fuori della Francia. Sulla base di queste premesse, gli storici della scuola francese hanno continuato ad ampliare e perfezionare contenuti e metodi della Storia, tanto che molte delle nuove direzioni in cui si è mossa la disciplina negli ultimi trent’anni (1950-1980, ndr) devono molto al loro contributo. Allo stesso tempo i maggior sostenitori della scuola francese coprirono di disprezzo i tradizionali interessi verso la storia politica e la biografia individuale; e questa reazione venne condivisa da molti storici economici e sociali in Inghilterra: nelle parole di Tawney, la politica era << … la misera impalcatura di questioni più serie >>.
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4. SOCIAL HISTORY. La storia dei problemi sociali come la povertà, l’ignoranza e le malattie aveva una sua valenza ridotta in ogni seria ricerca, prima della rivoluzione culturale delle “Annales”. “Gli storici si interessavano, più che all’esperienza delle persone che si trovavano in queste condizioni, al problema che esse costituivano per la società nel suo insieme”. Ecco così manifestarsi presso gli studiosi interessi come la storia della vita quotidiana in famiglia, nel luogo di lavoro e nella comunità. E così anche si esplorò la storia della gente comune, delle classi lavoratrici, delle minoranze e delle diversità, che erano state quasi assenti dalla storia politica. KEITH WRIGHTSON (ENGLISH SOCIETY 1580-1680): “La società è un processo. Essa non è mai stata statica. Anche le sue strutture apparentemente più stabili sono espressione di un equilibrio tra forze dinamiche. Per lo storico sociale il compito più difficile è di ricostruire questo processo, distinguendo nello stesso tempo i mutamenti di lungo periodo nell’organizzazione sociale, nei rapporti sociali e nei significati e nei giudizi di valore di cui i rapporti sociali sono permeati”.
“In che modo una data società del passato, la gente percepiva la propria esistenza quotidiana? Qual era il suo atteggiamento verso il tempo e lo spazio, il dolore e la morte, i rapporti famigliari e l’osservanza religiosa? Come dobbiamo caratterizzarne le ambizioni e i timori? Quali erano i suoi valori comuni? Tutto questo rientrava in un nuovo o fiorente ramo della ricerca storica di solito denominato storia della mentalità collettiva …” SCRITTURA DELLA STORIA. Sono tre le tecniche di base utilizzate per la scrittura storiografica: DESCRIZIONE, NARRAZIONE E ANALISI. Con il termine DESCRIZIONE gli storici si sforzano di suscitare nel lettore l’illusione di
un’esperienza diretta, evocando un’atmosfera o uno scenario … sono necessarie una capacità d’immaginazione non dissimile da quelle di un romanziere o di un poeta. La NARRAZIONE (“story”, “histoire”, “storia”, “geschichte”) può avvincere grazie alla sua capacità di creare suspense, di suscitare emozioni. La storiografia si basa sul presupposto che singoli avvenimenti siano collegati con ciò che è accaduto in precedenza, con sviluppi contemporanei in altri campi, e con ciò che è avvenuto in seguito: questa è il PROCESSO STORICO. La narrazione è un metodo valido per la spiegazione di eventi politici ma con le “altre storie” può generare (sconfinare negli) equivoci, può generare falsità a causa del fatto che esistono processi ed eventi storici che hanno in comune un’enorme
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quantità di eventi ( del tipo “Rivoluzione industriale” o “nascita del concetto Nazione” etc.). Nell’ANALISI storica si tende a dare per scontato il corso degli avvenimenti nelle sue grandi linee; ciò che si esamina è il loro significato e i loro rapporti reciproci. In un primo caso l’analisi può servire a chiarire le connessioni fra eventi e processi simultanei e per mettere a fuoco il funzionamento di una istituzione o di uno specifico settore. In un secondo caso tutto è incentrato sull’accertamento sistematico delle cause (in questo caso si parla di “analisi dei fattori rilevanti”). F. BRAUDEL Come concepire il processo storico è stato argomentato da Braudel (continuatore della scuola Annales). La difficoltà sta nell’idea convenzionale che lo storico ha del tempo unilineare ovvero di un’unica scala temporale caratterizzata dalla continuità dello sviluppo storico. La soluzione sta nell’introdurre al suo posto la <<pluralità del tempo sociale >>. Il “lungo periodo” (in francese longue durée) è “misura” del tempo storico in cui la condizione e gli atteggiamenti mentali così come l’influenza condizionante dell’ambiente svolgono ruoli indiscutibili. Il “medio periodo” è il tempo in cui si dispiegano le forme dell’organizzazione sociale, economica e politica; infine il “breve periodo”, il tempo dell’elemento individuale, e della histoire èvènemetielle (della “storia narrata”) I LIMITI DELLA CONOSCENZA STORICA. Alla visione “oggettiva” di G. R. Elton si contrappone la visione “soggettiva” di Theodor Zeldin. La storia è una disciplina cumulativa, l’umiltà nei confronti delle fonti e la pratica degli aspetti tecnici della ricerca hanno ampliato e continuano ad ampliare le conoscenze storiche sicure (G. R. Elton in sintesi) Lo storico offre la sua visione personale del passato (con proprie aspirazioni e simpatie), così Zeldin. Le fonti primarie a disposizione dello storico costituiscono una documentazione incompleta … in secondo luogo sono contaminate dalle interazioni non proprie limpide dei loro autori o [riferibili] al quadro delle credenze e dei valori di uomini e donne di quel tempo e in quel luogo. La documentazione storica è sempre manipolata in favore della classe dominante.
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DOCUMENTO/MONUMENTO Monumentum è il segno del passato. Il monumento è tutto ciò che può richiamare il passato, perpetuare il ricordo (per esempio gli atti scritti). i) Opera di architettura o di scultura a scopo commemorativo: arco di trionfo, trofeo, portico ecc. ii) Monumento funebre, destinato a tramandare il ricordo Documentum, derivato da docere “insegnare” si è evoluto verso il significato di “prova”. Per gli storici positivisti Documento=Testo. MONUMENTA GERMANIAE HISTORICA (1826) MONUMENTA HISTORIAE PATRIAE (TORINO, 1836)
IL SECOLO XX: dal trionfo del documento alla rivoluzione documentaria. LEFEVBRE: << Non c’è resoconto storico senza “documenti” quindi se dei fatti storici non sono stati registrati in documenti o incisi o scritti tali fatti sono andati perduti >> (per sempre). Ma i fondatori della rivista della rivista “Annales” nel 1929 hanno insistito sulla necessità di allargare la nozione di documento. Lucien Febvre, fondatore di “Annales”: << … forse che tutta una parte, e la più affascinante, del nostro lavoro di storici non consiste proprio nello sforzo continuo di far parlare le cose mute, di far dir loro che da sole non dicono sugli uomini, sulle società che le hanno prodotte e di costruire finalmente quella vasta rete di solidarietà e di aiuto reciproco che supplisce alla mancanza del documento scritto ? >> (1949). LA RIVOLUZIONE DOCUMENTARIA. Una rivoluzione di ordine qualitativo e quantitativo. Le nuove tecnologie (i calcolatori) per l’esame di dati storiografici riducono i tempi di analisi e di diffusione delle ricerche ( siano essi “indici di produzione degli inizi secolo” o “dati sull’alfabetizzazione nel medioevo”). I nuovi supporti per la registrazione (il nastro magnetico e poi il disco laser) come strumenti di aiuto allo “storico orale”. Banche dati per la raccolta del corpus di ricerche. Zumthor scopriva ciò che cambia il documento in monumento, la sua utilizzazione da parte del potere. Non esiste un documento oggettivo, innocuo, primario. La concezione del documento/monumento è, quindi, indipendente dalla rivoluzione documentaria e ha tra gli scopi quello di evitare che questa rivoluzione pur necessaria si trasformi in un diversivo e distolga lo storico dal suo dovere principale: LA CRITICA DEL DOCUMENTO IN QUANTO MONUMENTO. Il documento non è una merce invenduta del passato, è il prodotto della società che lo ha fabbricato secondo i rapporti delle forze che in essa detenevano il potere. Solo l’analisi del documento in quanto documento consente alla memoria collettiva di recuperarlo e allo storico di usarlo scientificamente, cioè con piena conoscenza di causa. MICHEL FOUCAULT parla di processo al
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documento. Ogni documento è menzogna … sta allo storico non fare l’ingenuo. Il documento è, allo stesso tempo, falso e vero.
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6. JACQUES LE GOFF STORIA/MEMORIA TUTTO E’ STORICO, DUNQUE LA STORIA NON ESISTE ( … qualcosa di simile in Heidegger)
Non confondere scienza storica e filosofia della Storia. “La storia è essenzialmente equivoca, nel senso che essa è virtualmente evenementielle e virtualmente strutturale. La storia è veramente il regno dell’inesatto. Questa scoperta non è inutile; giustifica lo storico” (P. Ricoeur, 1961) MICHEL FOUCAULT F. occupa nella storia un posto eccezionale per tre ragioni. Anzitutto perché è uno dei più grandi storici nuovi. Storico della follia, della clinica, del mondo carcerario, della sessualità, egli ha introdotto alcuni dei nuovi soggetti, tra i più << provocatori >> della storia occidentale tra la fine del medioevo e il XIX secolo: la grande segregazione dei DEVIANTI. In secondo luogo perché ha compiuto la diagnosi più precisa e perspicace di questo rinnovamento della storia. Egli vede questo rinnovamento in quattro forme: 1) Il processo al documento: << la storia, nella sua forma tradizionale, si dedicava a “memorizzare” i monumenti del passato, a trasformarli in documenti, e a far parlare quelle tracce che, in se stesse, non sono affatto verbali, o dicono tacitamente cose diverse da quelle che dicono esplicitamente; oggi, invece, la storia è quella che trasforma i documenti in monumenti e che, laddove si decifrano delle tracce lasciate dagli uomini e si scopriva in negativo ciò che erano stati, presenta una massa di elementi che bisogna poi isolare, raggruppare, rendere pertinenti, mettere in relazione, costruire in insiemi >> (1969). 2) << Nelle discipline storiche la nozione di discontinuità acquista un ruolo di maggior rilievo >>.
3) Il tema e la possibilità di una storia globale cominciano a prendere consistenza e si assiste al delinearsi del disegno, molto differente, di quella che si potrebbe chiamare una storia generale, determinando << quale forma di rapporto possa essere legittimamente descritta tra … serie differenti >>. 4) Nuovi metodi. La storia nuova incontra un certo numero di problemi metodologici, parecchi dei quali, senza alcun dubbio, le preesistevano largamente, ma che nel loro insieme ora le caratterizzano. Tra essi si può citare: la costituzione di corpus coerenti e omogenei di documenti (corpi aperti o chiusi, finiti o indefiniti), la fissazione di un principio di scelta (a seconda che
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si voglia trattare esaurientemente la massa documentaria, praticare una campionatura secondo metodi di prelievo statistico, o che si tenti di determinare preliminarmente gli elementi più rappresentativi); la definizione del livello di analisi e degli elementi che gli sono pertinenti (nel materiale studiato si possono rilevare le indicazioni numeriche); le parole impiegate, con le loro regole d’uso e i campi semantici che delineano o ancora la struttura formale delle proposizioni e i tipi di connessioni che li uniscono; la specificazione di un metodo di analisi (strettamente quantitativo dei dati, decomposizione secondo un certo numero di tratti assegnabili dei quali si studiano le correlazioni, decifrazione interpretativa, analisi delle frequenze e delle distribuzioni); la delimitazione degli insiemi e dei sottoinsiemi che articolano il materiale studiato (regioni, periodi, processi unitari); la determinazione delle relazioni che permettono di caratterizzare un insieme (può trattarsi di relazioni numeriche o logiche, di relazioni funzionali, causali, analogiche; può trattarsi di relazioni tra SIGNIFICANTE e SIGNIFICATO). 5) F. propone una originale filosofia della storia fortemente legata alla pratica e alla metodologia della disciplina storica. P. Veyne la caratterizza in questi termini: << Per Foucalt, l’interesse della storia non è nell’elaborazione di invarianti siano essi filosofici o si organizzano in scienze umane; ma nell’utilizzazione degli invarianti, quali esse siano, per dissolvere i razionalismi continuamente rinascenti. La storia è una genealogia nietzschiana (nietzschenische genealogie).Per questo la storia, secondo F., passa per essere filosofia (cosa che non è vera né falsa); in ogni caso essa è ben lontana dalla visione empirista tradizionalmente attribuita alla storia. “CHE NESSUNO ENTRI QUI SE NON E’ O NON DIVENTA UN FILOSOFO”. Storia scritta in parole astratte più che in una semantica d’epoca, ancora carica di colore locale; storia che sembra trovare comunque analogie parziali, abbozzare tipologie, poiché una storia scritta in una RETE di parole astratte presenta minore diversità pittoresca che una narrazione ANEDDOTICA. La storia-genealogia di Foucault occupa dunque interamente il programma della storia tradizionale; essa non tralascia la società, l’economia etc …, ma struttura questa materia diversamente: non i secoli, i poli o le civiltà ma le PRATICHE; gli intrighi, che essa racconta sono storie di pratiche, nella quale gli uomini hanno visto delle verità e le loro lotte intorno a queste verità. Questa storia di nuovo modello, questa ARCHEOLOGIA, come la chiama il suo inventore, “si dispiega nella dimensione di una storia generale”: essa non si specializza nella pratica, il discorso, la parte nascosta dell’iceberg, o piuttosto la parte nascosta del discorso e della pratica non è separabile dalla parte affiorante. Ogni storia è archeologia per natura e non per scelta: spiegare ed esplicitare la storia consiste nella scongelarla anzitutto interamente, nel rapportare i pretesi oggetti naturali alle pratiche datate e rare che li obiettivizzano
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e nello stesso spiegare queste pratiche, non partendo da un motore unico, ma da tutte le pratiche vicine alle quali esse si ancorano >>.
Questione della scienza. Karl POPPER: la conoscenza scientifica consiste non di leggi ma delle migliori ipotesi disponibili, è una conoscenza provvisoria e non sicura. Il metodo scientifico è un dialogo tra ipotesi e tentativi di smentita, tra pensiero creativo e pensiero critico. Sul concetto di selezione La totalità della conoscenza storica è un residuo della concezione positivistica della storia: scoprendo tutti i fatti della storia è possibile avere una conoscenza integrale degli eventi storici. Tutta questa tesi è avallata dalla presunta oggettività dei fatti storici e dalla separazione fra “eventi” ed “osservatore”, tipico nella concezione scientifico-positivistica. Ma gli studi e le ricerche filosofiche hanno dimostrato come assurda l’ipotesi positivista della Storia. Principalmente è una << mente che pensa>> la creatrice della storiografia, quindi una soggettività che ha una sua visione operante sulla conoscenza: può ammettere l’importanza di un fatto ed escluderne un altro, può percepire un senso di un evento escludendone un altro. NON ESISTE LA SEPARAZIONE FRA STORICO E RICERCA STORICA (lo storico ha una sua concezione di ricerca storica). I fatti non sono neanche presumibilmente oggettivi, i fatti sono interpretazioni di eventi e perciò lo storico opera una selezione. E. H. Carr riteneva lo sforzo di ricostruire il passato << dall’interno>> una futilità e un malinteso … lo storico è colui che applica al passato il giusto criterio d’importanza. Questo criterio non è una questione di moralità, né il semplice riflesso delle preoccupazioni del momento; piuttosto si basa sul senso della direzione della storia, sull’abilità si scoprire la traiettoria lungo la quale gli avvenimenti attualmente si muovono: << Lo storico del passato può avvicinarsi all’obiettività sono in quanto si avvicina alla comprensione del futuro >>. I PROBLEMI DELL’OBIETTIVITÀ STORICA NON SI POSSONO ELUDERE RITIRANDOSI NEL PASSATO COME FINE A SE STESSO, NE’ INVOCANDO IL FUTURO PER LEGITTIMARE CONCEZIONI E ASPIRAZIONI CHE HANNO LE LORO RADICI NEL PRESENTE.
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7. GESCHICHTE UND THEORIE Pur nella rilevante osservazione sulla natura del “mestiere dello storico” la questione fondamentale rimale il problema delle spiegazioni storiche. Esistono, in breve, tre vie per la spiegazione storica (semplificando): 1) Difficoltà dell’interconnessione di tutte le dimensioni dell’esperienza umana o lo sviluppo di una TEORIA DELLA STRUTTURA della società umana. 2) La teoria del MUTAMENTO STORICO (domanda: è possibile identificare le componenti essenziali di una situazione rivoluzionaria/cambiamento?). 3) Le due direzioni del MUTAMENTO , l’idea della “modernità” (modernismo) e l’idea della “decadenza” (catastrofismo). (Peter Mathias): << La generosità del passato offre abbondanza di singoli esempi per sostenere che praticamente qualsiasi proposizione generale >> DA QUESTO PUNTO DI VISTA L’IMPIEGO DI TEORIE DELL’INDAGINE STORICA SIGNIFICA STORIA SPECULATIVA, E VA LASCIATA AI FILOSOFI E AI PROFETI. UNA TEORIA GENERALE DEI PROCESSI STORICI CONDUCE SEMPRE AL DETERMINISMO.
(A.J.P. Taylor): l’unica lezione che lo studio del passato può impartire è l’incoerenza e l’imprevedibilità delle cose umane. Gli storici che si ispirano a teorie, affermano gli storici tradizionalisti (storicisti?) non sviluppano una gamma di modelli propri ma applicano i prodotti teorici della sociologia, dell’antropologia sociale e dell’economia, discipline incentrate sul presente e non sul passato, e, infine, si interessano della storia solo in quanto terreno di verifica delle loro già determinate teorie (cfr: Tosh, cit. pag. 177).
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8. MARXISMO E STORIA. << La storia è soggetta all’inesorabile controllo delle forze economiche che spingono tutte le società umane nella strada verso il socialismo attraverso gli stessi stadi; il capitalismo è lo stadio nel quale si trova attualmente la maggior parte dell’umanità. In ogni epoca l’interesse materiale personale è stato la molla principale del comportamento umano indifferentemente dalle motivazioni realmente addotte dalla gente. Le classi rappresentano l’espressione collettiva di questo interesse personale e perciò tutta la storia non è altro che la storia dei conflitti di classe. L’ideologia, l’arte e la cultura sono semplicemente un riflesso di questa identificazione fondamentale, poiché non hanno una dinamica storica propria. L’individuo è il prodotto della propria epoca e della propria classe, e per quanto grandi siano il suo talento e le sue forze egli non è in grado di influire sul corso della storia; sono le masse che fanno la storia, ma anch’esse soltanto in base ad uno schema predeterminato >>. << QUESTE AFFERMAZIONI COSTITUISCONO UNA ROZZA SEMPLIFICAZIONE DI QUELLO CHE MARX SCRISSE NEL CORSO DI TRENT’ANNI DI RICERCHE E RIFLESSIONI >> (J. TOSH).
Le formulazioni di Marx; forze di produzione: strumenti, tecniche, materie prime e forza-lavoro; rapporti di produzione: divisione del lavoro, forme di cooperazione e subordinazione.[ in “Per una critica dell’economia politica”] “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”. Essendo l’interpretazione marxiana una conoscenza a lunga durata (per usare la terminologia di Braudel, un’espressione ex post) si può parlare di Marx teorico della “lunga durata” (lo fa Braudel?). La tesi di Tosh è che il rapporto base/sovrastruttura non è poi così rigido nel lavoro critico marxiano, nel senso che ‘sovrastrutture’ possono entrare in conflitto fra loro anche per quel che riguarda l’uso e le leggi predeterminate o, meglio ancora, esiste un’autonomia che può manifestarsi nel corso della storia della sovrastruttura (la religione, ad esempio) … ma se finiamo sempre a definire inattaccabili i principi di legittimazione e di proprietà come conciliare la tesi di Tosh? Per Marx (determinismo del 1846) Società antica → Società feudale → Società borghese moderna ↕ Società socialista Rapporti di produzione: schiavitù
Rapp. di prod.: corvèe
r. di prod: salario
<< A ciascuno … >>
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sempre per Tosh, Marx non ha tracciato lo schema rigido di sopra al fine di far concepire una determinata a priori “via di liberazione” dei popoli, ma ogni società che fosse arrivata al punto cruciale, che è il momento di massima contraddizione fra base e sovrastruttura, avrebbe scelto una via autonoma e legata alla condizione contingente. [Per una critica dell’economia politica] “ A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè i rapporti di proprietà dentro i quali tali forze per innalzarsi si erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene e allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale … “ CLASSE: è il concetto fondamentale, definito come insieme di individui che hanno un determinato rapporto con i mezzi produttivi. Le classi sociali subordinate nel momento di massima contraddizione dei rapporti sociali essendo coscienti della loro appartenenza alla classe rivoluzionaria rovesciano il sistema (allo stesso modo di come, ad esempio, fece la borghesia – classe- nei confronti del feudalesimo –sistema?). Ma come Marx intendesse il rapporto tra azioni e circostanze non è stato mai chiarito. Per la storiografia Marx ha posto in primo piano le connessioni fra ideologia e storia (o, meglio ancora, fra la “cultura dominante” e lo “storico”). La storia oggettiva, vale a dire la dialettica delle forze e dei rapporti di produzione, era raggiungibile con l’analisi della struttura economica della società del passato, senza far ricorso e riferimento alle affermazioni soggettive dei personaggi storici. LA SCUOLA MARXISTA “Un giudizio equilibrato sulla teoria marxista della Storia non viene facilitato dalle eccessive pretese avanzate dallo stesso Marx. Egli sosteneva che le successive trasformazioni del modo di produzione avrebbero potuto essere << constatate con la precisione delle scienze naturali >>, e questa visone è stata totalmente approvata dalla storiografia ufficiale nel blocco sovietico. Come molti studiosi ottocenteschi della società Marx era abbagliato dai manifesti successi delle scienze naturali. Rivolgendo la sua attenzione alle forze materiali della storia e non alle ideologie o alle motivazioni, Marx riteneva di poter superare l’elemento di soggettività presente in tutta la storiografia convenzionale. Ma anche se oggi viene accettata la tesi per cui il mutamento storico di lungo periodo deriva dallo sviluppo del processo produttivo, la precisione scientifica rimane una meta illusoria, poiché questo processo deve necessariamente essere studiato sulla base di
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documenti e di altri scritti di persone le cui percezioni del mondo materiale intorno a loro venivano distorte da considerazioni di ORDINE NON MATERIALISTICO. La penetrazione oltre il significato dichiarato delle fonti, fino al loro significato “reale” è soprattutto una questione di intuito e di discernimento, e non di ferrea dimostrazione logica. Il fatto di limitare la ricerca delle cause ai fattori materialistici non libera il MARXISTA dalle difficoltà proprie di ogni tentativo di spiegazione storica: le lacune nella documentazione e l’incapacità delle testimonianze di produrre rapporti ed effetti chiari ed inequivocabili. Per il marxista esistono due risposte possibili a questa situazione insoddisfacente. La prima è di collocare la teoria su un alto piedistallo, dove non venga sfiorata dal mondo terreno delle prove empiriche: le profonde strutture che sostengono sia il passato che il presente non si possono comprendere riunendo tutti i fatti, ma possono essere capite solo da chi possiede la giusta teoria. Questa è la posizione adottata dall’influente scuola marxista << strutturalista >> guidata da Louis Althusser (Algeri 1918-Parigi 1990). La giusta teoria deriva da una corretta lettura de “Il Capitale” (1867-1894) di Karl Marx, in una forma che equivale in pratica alla negazione dell’attività dell’uomo (dell’umanità) nella Storia. Si sostiene la rinuncia al metodo empirico con il motivo che tutta la documentazione storica è viziata dagli schemi mentali e linguistici prevalenti nell’epoca in cui è stato prodotto il documento: i << VERI >> FATTI DELLA STORIA sono al di la della nostra portata e le immagini distorte che abbiamo del passato sono irrilevanti. È piuttosto naturale che gli storici reagiscano violentemente contro questo abbandono delle promesse su cui si fonda la loro disciplina, e la tesi di Althusser non è difficile da smontare. Gli storici non si basano esclusivamente su testi scritti ma si servono anche di prodotti materiali che forniscono una testimonianza del passato indipendentemente dal linguaggio e dalle sue associazioni. E, cosa più importante, tutto l’apparato critico impiegato dagli storici sulle fonti scritte è destinato a penetrare nelle categorie mentali dell’autore e dell’ambiente culturale in cui egli operò e, mettendo insieme i frammenti della natura più disparata, a pervenire ad una percezione del periodo cui nessuno dei contemporanei sarebbe stato in grado di giungere (…) La seconda risposta è di riconoscere, senza esagerazione, i limiti e la natura della ricerca storica impone alle aspirazioni di “scientificità” e di partecipare a un’impresa in comune con storici di altre convinzioni. In generale è questo il corso seguito da Hill, Eric J.E. Hobsbawm e Thompson e dalla maggioranza degli storici marxisti inglesi oggi. Questo comporta un serio confronto con l’accusa di << riduzionismo>> molto spessa rivolta alla storia di orientamento teorico e, in particolare, al marxismo. Per riduzionismo si intende la scelta a priori di un livello fondamentale di realtà e l’interpretazione di tutto il resto nei termini di quell’unico livello.
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Forse la debolezza maggiore della teoria marxista è che essa non riconosce la forza delle associazioni che uomini e donne formano per motivi che non hanno nulla a che vedere con la produzione. Non è difficile sostenere che l’identificazione in base alla religione, alla razza o alla nazionalità ha avuto nel lungo periodo un’importanza almeno pari a quella dell’identificazione in base alla classe. Questi rapporti di fedeltà non si possono semplicemente liquidare come FALSA COSCIENZA stimolata dalla classe dominante per distogliere gli strati inferiori dalla loro vera condizione di sfruttamento è molto più probabile che essi soddisfino un fondamentale bisogno sociale. Come altri teorici sociali, Marx non poté evitare di essere influenzato oltremisura, nell’avanzare le sue aspirazioni universalistiche, da ciò che si poteva osservare ai suoi tempi. L’identificazione di classe e il conflitto di classe erano tratti caratteristici della società in via di industrializzazione di Germania, Francia e Inghilterra in cui Marx trascorse tutta la sua vita, ma erano molto meno pronunciate in periodi precedenti e gli storici delle società pre-industriali incontrarono notevoli difficoltà nell’applicare la teoria marxista in modo ampio ed esauriente. Significativamente il lavoro di Hill sull’Inghilterra del seicento mostra una tendenza sempre più netta a considerare le convinzioni religiose come una VARIABILE INDIPENDENTE. Il marxismo permette visioni in profondità della Storia del medioevo e della prima età moderna, ma non è un mezzo adatto per la << Storia totale>> delle società pre-industriali in Europa e ancora meno in Asia e in Africa.
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9. Evoluzione del rapporto passato/presente nel pensiero europeo (una sintesi) Si possono rappresentare schematicamente gli atteggiamenti collettivi nei confronti del passato, del presente e dell’avvenire osservando che nell’antichità pagana predominava la valorizzazione del passato connessa con l’idea di un presente di decadenza; nel Medioevo il presente è in mezzo a una cuspide, stretto fra il peso del passato e la speranza dell’avvenire in un futuro escatologico (gravido di mirabili conseguenze per un’umanità redenta); dal Rinascimento invece si punta sul presente e tra il XVII e il XIX secolo emerge gradualmente l’idea del progresso (che diventerà ideologia con l’Illuminismo), cioè la concezione che volge lo sguardo verso la valorizzazione del tempo, dato che ogni miglioramento è accumulatorio. Henri Lefebvre: << Marx ha indicato con chiarezza qual è il procedimento del pensiero storico. Il punto di partenza dello storico … è il presente … Il suo procedimento all’inizio è ricorrente. Va dal presente al passato. Dopo di che torna verso l’attuale che viene da questo momento in poi analizzato e riconosciuto, e non è più offerto all’analisi come totalità confusa >> (1970). PROGRESSO/REAZIONE Da Platone apprendiamo (è paralizzato da quest’idea) la credenza di un costante regresso morale dell’umanità … Aristotele ritiene possibile la realizzazione di progetti perfetti quali per esempio la città ideale, ma è convinto che ciò non costituisca altro se non l’accesso a una forma, a un modello pre-esistente. Gli Stoici sono prigionieri della loro credenza den ritorno periodico di stati del Mondo identici. In sintesi gli antichi non ignoravano una concezione verso il progresso, che fu presente nel V° secolo avanti evo moderno e accettata dal pubblico colto, ma le filosofie dominanti si rilevarono ostili all’idea. La svolta di Gioacchino da Fiore. Il GIOACHINISMO è il tipico prodotto della cultura medievale, quest’ultima incapace di risolvere il dilemma relativo alla visione cristiana della virtù in terra e l’aspirazione al cielo, un MILLENARISMO fatto di tensioni verso il cambiamento e pulsioni verso l’ordine (il modello di vita è sempre quello del ritorno al monachesimo puro non corrotto dalla trasformazione immorale della “civiltà”). La reazione a questo stato di cose, al “primitivismo” di ritorno, è incarnata dalla figura di Ruggero Bacone (Roger Bacon, 1214-1292), propugnatore dello studio empirico della realtà. L’inglese Bacon, già nel XIII secolo, può esser considerato un fautore della “scienza come dominio”(sulla natura).
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Tra il XV secolo (con la nascita della stampa) e la Rivoluzione Francese si sviluppa compiutamente l’idea del PROGRESSO. Le concezioni che si oppongono a questo sviluppo dell’idea di progresso sono essenzialmente due: la prima pone il MODELLO ancora nel passato; la seconda scaturisce dall’idea – sempre suggestiva- di una concezione ciclica (o non lineare) della Storia, costituita da tre fasi distinte (progresso, apogeo e decadenza). Due scrittori del “Ciclo storico”: F. Rabelais (1493-1553) (v. Febvre) e Montesquieu (1689-1755). FRANCESCO BACONE: a suo parere l’antichità, lungi dal costituire un modello, non è che la giovinezza balbettante del mondo. Il progresso avviene per accumulazione: il tempo è il grande scopritore e la verità è figlia del tempo, non dell’autorità. Gli Enciclopedisti hanno come stella polare la loro fede nel progresso umano. Ma è con CONDORCET che si giunge all’apoteosi dell’ideologia del progresso.
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10. Storia orale, storia quantitativa e Cliometria. La nuova tecnica d’indagine storica prende in considerazione nuove fonti da valutare accanto alle fonti scritte e ai reperti materiali. Qui si apre un discorso complesso sulla questione della memoria storica, dei rapporti tra soggettività e collettività e di questioni relative alla validità e oggettività delle esperienze dei singoli in rapporto al proprio “corredo di memorie”.
La storia quantitativa: un merito innegabile degli storici quantitativi è di aver aumentato la precisione d molte formulazioni fattuali riguardanti il passato, specialmente a proposito di questioni particolari entro un quadro generale. In moltissimi campi, stime fondate su impressioni sono state sostituite da calcoli rigorosamente controllati che hanno rilevato la tendenza generale, come pure l’ampiezza della variazioni e discrepanze all’interno di essa; e questo è un evidente miglioramento. Inoltre la raccolta di ampie serie di dati quantitativi su questioni correlate ha permesso agli storici una maggiore sicurezza in molte delle questioni di generalizzazione descrittiva. Rimangono comunque irrisolti le questioni relative alle spiegazioni e ai fondamenti degli eventi storici.
Cliometria: per gli storici, perciò la prospettiva non è la soluzione di questioni fondamentali con mezzi quantitativi ma la possibilità di nuove sintesi, in cui le inferenze statistiche si uniscano alle intuizioni della storia qualitativa tradizionale. In questi termini più ristretti il posto dei metodi quantitativi nella ricerca storica sembra assicurato. IL DIBATTITO LAWRENCE STONE/ERIC J. HOBSBAWM ( sulla rivista storica, PAST AND PRESENT – fine anni settanta-inizi anni ottanta) Nel saggio “The revival of narrative” L. Stone constata un ritorno al racconto in Storia, fondato sul fallimento del modello determinista di spiegazione storica, sulla delusione prodotta dalla pochezza dei risultati della storia quantitativa, sulle illusioni nate dall’introduzione dell’analisi strutturale e, ancora, dal carattere tradizionale, cioè << reazionario >>, della nozione di MENTALITA’. Nella sua conclusione, che è il vertice ambiguo d’una analisi ambigua, Stone sembra ridurre i “nuovi storici” a operatori degli slittamenti e delle dislocazioni della Storia, di una Storia, che sarebbe ritornata da quella di tipo determinista a “storia tradizionale”: << La storia narrativa e la biografia individuale sembrano da segni evidenti risuscitare alla vita >> (1979). E. Hobsbawm gli ha risposto che i metodi, gli orientamenti e i prodotti della storia nuova non costituivano per nulla una rinunzia ai “grandi” temi, né un abbandono della ricerca delle cause, per un ripiegamento sul << principio d’indeterminazione >>
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della ricerca storiografica, ma si trattava della << continuazione delle iniziative storiche precedenti con altri mezzi >> (1980). H. ha giustamente sottolineato che la nuova storia ha innanzitutto degli obiettivi di allargamento e di approfondimento della storia scientifica. Essa ha indubbiamente incontrato problemi, limiti forse degli stalli. Nondimeno continua a estendere i campi e i metodi della storia e, quel che più conta, LAWRENCE STONE non ha saputo vedere quello che può essere veramente “nuovo e rivoluzionario” negli odierni orientamenti della storia: la critica del documento, il nuovo modo di considerare il tempo, i nuovi rapporti fra materiale e lo spirituale, le analisi del fenomeno del potere in tutte le sue forme, non solo quella strettamente politica. Mostrando di considerare i nuovi orientamenti della storia come delle mode in via di esaurimento e abbandonate anche dai loro sostenitori, STONE non soltanto è rimasto alla superficie del fenomeno ma ha finito per schierarsi in modo ambiguo con coloro che vorrebbero ricondurre la storia al positivismo limitato di un tempo. Che costoro rialzino la testa nell’ambiente degli storici e intorno ad esso ecco il vero problema storico nel senso “oggettivo” del termine ( J. Tosh, op. cit.) N.d.c: i termini addotti da Stone risultano eccessivamente caricati di altri significati.
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CONCLUSIONI La storia è sempre stata ostile alle definizioni in termini logici; ma oggi più che mai essa può essere caratterizzata in modo adeguato solo in termini di coppie di opposti . Essa riguarda eventi e strutture, individui e masse, mentalità e forze materiali. Gli stessi storici devono unire capacità narrative e analitiche e mostrare identificazione e distacco. La loro disciplina è ricreazione e spiegazione, arte e scienza; in breve … la storia è un ibrido che sfida ogni classificazione. Queste distinzioni vanno considerate non come opposti in conflitto, ma come accenti complementari, che insieme danno la possibilità di comprendere il passato in misura vicina alla sua realtà complessiva.
Bibliografie Selezione da J. Tosh, introduzione alla ricerca storica (citazione senza n. di pagina segnate con le virgolette) Riferimenti: J.H. Plumb, The death of the past; F. Guicciardini, I Ricordi; L. von Rank, Geschichte der romanischen und germanischen Volker von 1494 bis 1535; R. H. Tawney, La religione e la genesi del capitalismo; P. Burke, People’s history or total history; G. Lefebvre, La grande paura del 1798; M. Bloch, La società feudale.