Il libro
Dai primitivi agli esploratori il Sahara degli uomini FILIPPO SANTELLI IL LIBRO Eamonn Gearon, Sahara, Odoya, 310 pagine, 18 euro
SERA 13 marzo 2014
Il libro. Non è una questione di mappe o di tecnologia. Quella distesa di sabbia, lo sguardo e la mente non possono dominarla. Eamonn Gearon, arabista e avventuriero inglese, spesso a dorso di cammello, lo sa bene. Per questo, in Sahara, non racconta la storia del deserto. Il suo libro parla invece degli uomini, di come nel corso dei secoli hanno cercato di venire a patti con quell’ambiente estraneo e affascinante. Dell’immaginario di cui lo hanno popolato. Regno dei morti per gli antichi Egizi, culla di arcane sapienze secondo i Greci. Noi Europei, per secoli, lo abbiamo costeggiato, coltivando miti e pregiudizi sui suoi abitanti, berberi e tuareg. Salvo poi, dal XVII secolo in avanti, esplorarlo, conquistarlo, sfruttarlo. Farne lo sfondo di romanzi e film d’avventura, perfino quelli, come Guerre Stellari, ambientati su pianeti lontani. Senza mai superare però lo spaesamento che Paul Bowles, l’autore de Il té nel deserto che ha ispirato Bernardo Bertolucci, definisce il battesimo della solitudine: «Niente rimane se non il tuo respiro e il battito del tuo cuore. Nessun altro posto può offrire questa esaltante sensazione di esistere nel mezzo di qualcosa che è assoluto». Cosa c’è di nuovo. L’idea di raccontare un luogo che non ha geografia, nel senso Occidentale di confini o entità politiche. E di farlo di riflesso, cercando la sua immagine nello sguardo degli altri. Quello degli uomini primitivi che lo dipingevano sui muri delle loro caverne, quando ancora era ricoperto di foreste. O quello del francese René Auguste Caillé, primo europeo a mettere piede nella mitica e dorata Timbuktu, nel 1828, salvo scoprirla «un ammasso di vecchie case di terra». Esploratori, generali, storici, letterati, uomini politici: i personaggi radunati da Gearon hanno affrontato il Sahara con obiettivi molto diversi. E l’autore non passa mai loro davanti, anche se conosce bene i luoghi di cui stanno parlando. Raccoglie nomi e testimonianze, fa opera rigorosa di storiografo, ma con intento divulgativo. Pregi e difetti. Da un luogo all’apparenza senza Storia emerge un’incredibile varietà di storie. L’introduzione del cammello, portato in Nord Africa solo un paio di secoli prima di Cristo. Il pellegrinaggio di Alessandro Magno in mezzo al deserto, nell’oasi dell’oracolo di Ammone, per farsi riconoscere come figlio di Zeus. Il destino dei tanti esploratori arrivati dall’Europa per scoprire dove sfociasse il Niger: tempeste, malattie e belve ne hanno fatti arrivare pochi, e tornare ancora meno. L’impressione però è che l’approccio scelto da Gearon non valorizzi a pieno la ricchezza delle vicende. Aneddoti e personaggi sono collocati uno a fianco all’altro in modo enciclopedico. Come se, sulla sua anima di esploratore, avesse prevalso l’ossessione di non tralasciare nulla. Ne risulta in molte parti del libro uno stile piatto, da Wikipedia, appesantito da una traduzione a tratti zoppicante e poco fluida. A chi serve. Per chi si sente attratto da una regione così vicina, ma così estranea, Sahara è una buona “prima lettura”. Un compendio utile per costruirsi qualche punto di riferimento, un panorama di nomi, date e luoghi (nonostante si senta la mancanza di una cartina geografica su cui collocarli). Gearon dedica lo spazio più ampio all’epoca delle esplorazioni del deserto, tra Settecento e Ottocento. Questo potrebbe deludere chi è interessato all’attualità della regione. Pochi riferimenti ai migranti che la attraversano per raggiungere l’Europa. Solo brevi accenni alla penetrazione di Al Qaeda e dell’integralismo islamico. Nessuna menzione della Primavera Araba, visto che il libro è uscito nell’edizione originale a inizio 2011. In generale, l’approfondimento andrà cercato altrove. Quello sui singoli personaggi o episodi. Ma anche quello nell’anima del deserto.