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I CORTI

una logica progettuale, il tema della potenziale ricon - nessione tra manicomi e città prende corpo in termini rigorosamente disciplinari e, quindi, esplicitamente parziali. Si sono tracciate eterogenee letture degli ex complessi manicomiali nei loro contesti urbani e ter ritoriali, individuando i diversi “spazi di margine” ricon - dotti a una casistica esemplificativa - margine come spazio di permeabilità, di filtro, di separazione, di frat - tura, di esclusione. La forma con cui questi potenziali spazi di riconnessione vengono identi fi cati e rappre sentati, nelle schede che danno corpo sperimenta - le alla ricerca assumono il senso di precisi “indirizzi”, a un tempo generali e particolari, per il progetto di conservazione/trasformazione del patrimonio mani comiale. *

NOTE 1 – Il contributo prende corpo dalla tesi di dottorato in Architettura – area tematica Il progetto di architettura per la città, il paesaggio e l'ambiente , SSD ICAR 14 – dal titolo "Relazioni inedite. La de fi nizione del margine tra gli ex manicomi e la città: Appunti per un inventario". 2 – Il lavoro sui margini, signi fi cativo anche per molte altre forme di enclaves , assume nel caso degli ex manicomi, in relazione alla potenza del portato semantico dei suoi limiti e recinti, un valore paradigmatico. 3 – L’architettura manicomiale è fortemente caratterizzate da una stringente necessità di separare nettamente il dentro e il fuori, i sani e i matti, gli uomini e le donne, i curabili e i cronici. BIBLIOGRAFIA - Foucault, M. (1984), “Des espaces autres”, in “Architecture, Mou - vement, Continuité”, n. 5, pp. 46-49; trad. it. in Vaccaro, S. (a cura di) (2001), “Spazi altri. I luoghi delle eterotopie”, Mimesis, Milano. - Lynch, K. (1960), “The Image of the City”, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge; trad. it. (1980), “L’immagine della città”, Marsilio, Padova.

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Può, e se sì come, un’architettura nata per separare, dismessa la funzione fortemente determinante la sua forma, diventare un altro spazio? In che modo la stes - sa architettura introversa può aprirsi, nel rispetto della propria identità e memoria, rispondendo alle contem poranee logiche del riciclo dell’esistente? Nell’attraversare un campo di indagine dai con fi - ni incerti, la formulazione della domanda di ricerca – che si è più volte ricalibrata durante il triennio del dottorato 1 – ha tenuto fermamente al centro un og getto molto speci fi co, l’architettura manicomiale co - struita in Italia tra Otto e Novecento, in dismissione dal 1978: solo quando si è spostato il punto di vista, muovendo lo sguardo dall’elemento concluso e in - troverso, chiuso nel suo “recinto”, a una sua appena più ampia considerazione urbana, si sono delineate le inedite potenzialità degli "spazi altri" asilari (Foucault, 1984). Non solo la funzione – custodialistica più che terapeutica – ma anche l’architettura in termini di posi zione, di dimensione, di morfologia e persino di esteti - ca, è stata determinante nella costruzione dell’alterità di questi luoghi: gli ex manicomi sono assunti come occasione di rimodulazione del pensiero progettuale capace di mettere a fuoco il “superamento del limite” (della forma e della funzione nel tempo, sia trascorso che a venire) attraverso lo “spessore utile” del margi ne 2 . Il concetto di margine richiama un’idea di labilità, di deformabilità, di flessibilità che si oppone alla rigi dezza dell’architettura asilare 3 : il carattere di queste aree è instabile e mutevole, gli elementi di riferimento e gli assetti cui ancorarsi sono deboli – fasce di mez - zo, passaggio di stato tra intorni differenziati, intervalli, zone di transizione, spazi “in-formi”, aree senza con torni netti. Il con fi ne netto del manicomio supera la sua natura di isolante barriera per diventare perno di una “strut tura uni fi cante” (Lynch, 1960) che può permettere pe - netrazioni di visuale o di movimento, ancorandosi, con di ff erenti profondità, nelle aree laterali. Questo spazio flessibile e ambiguo è individuato, lungo il perimetro, dalle diverse combinazioni di inter no (manicomio) ed esterno (città) in relazione ai dif - ferenti gradi di accessibilità intesa come permeabilità all’attraversamento e all’uso come “spazio pubblico”. Attraverso una serie di descrizioni, di schematizza - zioni e di interpretazioni, evidentemente segnate da

Alterità e risignificazioni

Otherness and New Signification

Maria Pia Amore Architetto e Dottore di Ricerca in Architettura, DIARC – Università degli Studi di Napoli Federico II. mariapia.amore@unina.it

Da limite a margine: i 72 manicomi italiani come oggetti isolati e dentro i rispettivi contesti. From limit to margin: the 72 italian asylums as isolated objects and in their own contexts. Maria Pia Amore

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