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Gli attivatori urbani Urban Activators

Elena Cirnigliaro

Ingegnere edile, laureata in Ingegneria edile – Architettura presso l’Università degli Studi di Catania. cirnigliaroelena@gmail.com

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Gli attivatori urbani

Urban Activators This work aims to analyze how to meet the new needs of citizens born in the digital age. It combines theoretical studies and field observations. What emerges is the necessity to rediscover an ancient principle: man is the protagonist of cities, playing both a passive and active role. What follows is an innovative proposal on the transformation of public spaces, which does not consist of a permanent readyto-use design. Instead, this new strategy considers the potential of adaptable elements, apparently unnecessary compared to what is needed, but able to reawaken citizen participation.*

Questo studio si interroga su quali strategie progettuali possano soddisfare i nuovi bisogni dei cittadini, figli dell’era digitale. Da studi teorici e osservazioni sul campo, emerge l’esigenza di ristabilire l’uomo come protagonista della realtà urbana, non solo nel suo ruolo passivo, ma anche in quello attivo. Si individua una nuova strategia di trasformazione degli spazi pubblici, che non prevede progetti definitivi e pronti all’uso. Piuttosto, essa considera le potenzialità di elementi adattabili e apparentemente superflui, ma capaci di risvegliare gli istinti partecipativi della comunità.*

Nuove forme di progettualità degli spazi pubblici

Secondo il dossier dell’ONU World Urbanization Prospects 2018, più di metà della popolazione mondiale risiede in aree urbane. Per questo motivo, si può affermare che, per migliorare la qualità di vita dell’uomo, è necessario interrogarsi sui suoi bisogni in quanto cittadino e su quali siano le migliori strategie per soddisfarli. Chiaramente, in questa ricerca di interesse globale, è fondamentale il contributo proveniente dal campo urbanistico.

Tempo di cambiamenti

Questo studio si inserisce in un quadro piuttosto complesso. Infatti, la più importante rivoluzione del nostro tempo – la “digitalizzazione” – sembra aver generato un uomo con desideri inediti e in continuo mutamento. Abituato a una nuova realtà virtuale, caratterizzata dal continuo flusso di informazioni, dall’infinità dei dati e delle possibilità, egli rifugge l’ordine urbano consolidato, ormai estraneo alla dinamicità spazio-temporale della sua epoca. Un esempio di questa silenziosa contestazione si ritrova nell’attività del parkour, che traccia nello spazio pubblico traiettorie libere, diverse da quelle previste (Purini, 2007).

Con l’obiettivo di soddisfare queste nuove necessità, finora le teorie progettuali hanno seguito due direzioni principali. Da un lato, diversi studiosi hanno suggerito di porre al centro dell’attenzione il cittadino, di riscoprire la “dimensione umana” degli spazi pubblici, cioè osservarli e progettarli alla piccola scala, dal punto di vista dell’uomo che cammina, e non dall’alto come un aviatore (Jacobs, 1969; Gehl, 2010). L’altro importante indirizzo riguarda gli approcci progettuali partecipativi. Nati nel secolo scorso, oggi trovano la massima espressione nel Tactical urbanism: sotto tale nome si inquadrano l’hacktivism, l’agopuntura urbana, il movimento DIY, l’urbanismo opensource e altri interventi che mirano a migliorare la qualità di vita urbana con l’aiuto dei cittadini, in modo rapido, temporaneo, economico, informale e a volte anti-autoritario (De Carlo,

2005; Courage, 2013). Le due teorie si conciliano nella proposta di Carlo Ratti di adottare un sistema ibrido, la sintesi di processi top-down e bottom-up, che possa coniugare il progettare “per” e “con” la gente (Ratti, 2017).

La ricerca di nuove risposte

Purtroppo, al di là delle teorie, permangono ancora dei limiti. Da una parte, il continuo mutare dei bisogni rende necessario non solo concentrarsi sul punto di vista umano ma anche sul suo sviluppo nel tempo. Dall’altra, spesso, almeno nella pratica, la partecipazione dei cittadini è un fenomeno assente o ristretto a una nicchia di persone accorte; inoltre, finisce di esistere nel momento in cui il progetto diventa realtà fisica.

Partendo dalle problematiche esaminate, l’obiettivo di questo contributo è quello di individuare una nuova strategia progettuale degli spazi pubblici, che miri all’appagamento dei cittadini attraverso il loro coinvolgimento attivo, diffuso e continuativo nell’organizzazione degli spazi aperti della città. Si tenga a mente, però, che l’indagine riguarda tessuti già urbanizzati e si concentra solo sull’aspetto architettonico, sociologico e urbanistico del tema.

L’approccio conoscitivo di questa analisi è stato sia teorico che pratico. A un’indagine approfondita e multidisciplinare dal punto di vista letterario è seguita l’analisi di interessanti metodi progettuali, con esiti più o meno positivi sulla trasformazione dello spazio pubblico. Infine, l’osservazione diretta di singoli fenomeni urbani – avvenuta attraversando la città a piedi – ha permesso di fare chiarezza sulle reali possibilità di partecipazione dei cittadini. Pertanto, il metodo scientifico adottato è stato sia deduttivo che induttivo, attraverso modalità che rifuggono la generalizzazione di fatti puntuali ma considerano la dimensione umana. Infine, il momento più importante della ricerca è stato quello di sintesi e messa a sistema di tutte le informazioni ricavate.

Aperture, frammenti, azioni

Quali metodi progettuali hanno le potenzialità per stimolare le azioni dell’uomo e renderle in grado di trasformare gli spazi pubblici esistenti?

Il primo approccio analizzato riguarda l’architettura “aperta esplicita”, cioè quella che, per la stessa volontà dell’artista, viene portata a termine dall’utente, nel momento in cui la fruisce (Eco, 1997, p. 36). Ne è un esempio il metodo della costruzione aperta del gruppo Elemental: abitazioni a metà, che per scarsità di risorse potranno essere completate col tempo e autonomamente, un sistema capace di crescere secondo il principio dell’incrementalità (Raggi, 2018). L’opinione di questo studio è che tale concetto possa estendersi al progetto dello spazio pubblico urbano, facendo sì che esso venga portato a termine dallo stesso fruitore. In tale circostanza, è auspicabile anche la possibilità di riduzione del sistema, cioè degli interventi reversibili.

Il secondo approccio analizzato riguarda l’architettura dei frammenti, che trova massimo riscontro nella tecnica dell’agopuntura urbana. Teorizzata e applicata da vari esperti, tra cui Casagrande Laboratory, essa prevede piccoli interventi ma con un grande impatto, da collocare opportunamente sul tessuto urbano esistente (Lerner, 2011; Lambertini, 2011). Il principale vantaggio dei sistemi di frammenti è che essi possono coniugare la piccola e la grande scala: diffusi su tutta la città, possono trasformarla, senza però perdere la necessaria attenzione alla dimensione umana (img. 02).

Contemporaneamente, dall’osservazione diretta di singoli fenomeni urbani è emerso un fattore positivo: l’azione del cittadino è un fenomeno in atto. Un uomo si appoggia allo schienale di una panchina fissa perché è lì che arriva l’ombra in quel momento; una piazza rimane deserta mentre un anziano siede scomodamente vicino al semaforo. Queste sono azioni, feedback della popolazione (img. 01). D’altronde, una reazione allo spazio è inevitabile, è un

02. Stair Squares: intervento di agopuntura urbana di Mark Reigelman. Brooklyn Borough Hall, New York. Stair Squares: urban acupuncture by Mark Reigelman. Brooklyn Borough Hall, New York. Mark Reigelman istinto primordiale; ciò che alimenta l’idea di un cittadino sistema. A sua volta, ciascuno di essi è un’unità composta inattivo è il fatto che spesso questi gesti siano compiuti da diversi frammenti: anche un bambino deve poter agire inconsapevolmente. Eppure, basta guardarsi intorno con fisicamente sul loro componente più piccolo, poter influire più attenzione per notare anche azioni consapevoli: il pa- sulla trasformazione della città. È necessario che all’interno rabrezza di uno scooter usato come sistema di ombreg- dell’attivatore siano presenti anche degli elementi convengiamento di un’edicola votiva, un cestino dei rifiuti urbani zionali (una seduta, ad esempio), che possano identificarlo trasformato in sottovaso. Piccole azioni che potrebbero chiaramente come uno spazio pubblico, distinguendolo da essere grandi se la staticità degli spazi pubblici non le una bizzarra opera d’arte. Ciò è fondamentale affinché il ostacolasse. cittadino ne fruisca attivamente.

La miccia inestinguibile sviluppabile secondo il principio di incrementalità, come le

Affinché il cittadino sia stimolato ad agire, ad adattare gli abitazioni di Aravena. Ciò significa che essi si prestano all’inspazi comuni ai propri bisogni, è necessario progettare luo- tegrazione. Tuttavia, più in linea con la definizione di Eco, ghi che non si limitino a permettere l’azione ma che siano sono anche elementi temporanei, flessibili, reversibili: la coessi stessi un impulso per l’uomo, una miccia inestinguibile munità potrebbe decidere di spostarli così come di eliminarli che susciti istinti partecipativi. Proprio per la loro funzione, e sostituirli con qualcos’altro. L’azione del cittadino è garantidefiniamo questo tipo di opere “attivatori urbani”: attivatori ta dal fatto che gli attivatori urbani nascono volutamente per di idee, di coscienze, di azioni. risaltare come un contenitore, una “cornice”, che vuole essere

La strategia proposta è una forma di progettualità ibri- completata con un contenuto, i “quadri” della comunità. Per da, così come intesa da Ratti, poiché presenta processi fare ciò, gli elementi che compongono l’attivatore devono top-down – l’ideazione degli attivatori urbani, ad opera del giocare con gli istinti più naturali del cittadino. Si è rilevato, progettista – che implicheranno inevitabilmente sviluppi a tal proposito, che spesso, negli spazi pubblici, le azioni inbottom-up – le conseguenze degli attivatori urbani, ad ope- tegrative dell’uomo si manifestano attraverso meccanismi di ra dei cittadini. Si enunciano i principi alla base di que- gli attivatori urbani nascono volutamente sto nuovo metodo progettuale; essi potrebbero tradursi in interventi dalle più per risaltare come una cornice che vuole disparate e valide alternative fisiche. Tuttavia, al fine della migliore comprensione essere completata con un contenuto, i di tali concetti, si illustrerà anche l’interpretazione dell’autore sulla materializza- quadri della comunità zione degli attivatori urbani. La loro rivoluzione consiste nell’essere un sistema aperto,

Essi sono diversi elementi, puntuali, che possono essere appoggio o sospensione di oggetti. Quindi, simbolicamente, sommati in modo diffuso al tessuto esistente, per garan- gli attivatori urbani dovrebbero emergere come un sistema tire un impatto esteso sul territorio. Ogni attivatore è le- di ganci e piani d’appoggio. Per il resto, la loro manifestazione gato agli altri dalla stessa configurazione di partenza e so- fisica è lasciata al libero arbitrio del cittadino. prattutto da un unico obiettivo; pertanto, è una parte di un A conferma di tali principi, si notino le seguenti carat-

03. Interpretazione dell’autore sui principi dell’attivatore urbano. Pianta, assonometria e flessibilità. Author’s interpretation on the principles of urban activators. Plan, axonometric projection and flexibility. Elena Cirnigliaro teristiche emergenti dal progetto dell’autore (img. 03): pur nibili presentano dei ganci, delle insenature o degli sbalzi di identificabile come uno spazio pubblico, l’attivatore urbano, appoggio, stimolando l’integrazione. nella sua configurazione iniziale, appare come uno spazio Possiamo dire che, in sé, questo sistema manca dello da completare, da risolvere; esso è composto da frammenti, stretto necessario per soddisfare in modo diretto i bisoelementi leggeri, facili da ruotare, spostare, comporre, sti- gni dei cittadini nello spazio pubblico: esso non crea zone d’ombra, non prevede la presenza del verl'appagamento dei cittadini attraverso de, di fontane o di un riparo dalla pioggia. Tuttavia, ha la capacità di raggiungere il loro coinvolgimento attivo, diffuso e tale scopo in maniera indiretta, poiché può essere trasformato e ritrasformato in continuativo nell’organizzazione degli tutte queste cose dai diretti interessati, al cambiare del luogo, del tempo e dei bisospazi aperti della città gni dell’uomo. Le configurazioni che l’attivatore urbano può assumere in base a queste variabili possono e devono essere pare, eliminare; i componenti più piccoli hanno dimensioni le più disparate. Quelle ipotizzate dall’autore (img. 04, 05), sempre inferiori ai venti, trenta centimetri, per essere ma- relativamente alla sua proposta, hanno un puro scopo esplinovrabili anche da un bambino; quasi tutti i moduli compo- cativo. Sarebbe quantomeno inopportuno pensare di poter

04-05. Flessibilità degli attivatori urbani nel tempo. Flexibility of urban activators over time. Elena Cirnigliaro 06. Flessibilità degli attivatori urbani nel tempo. Opzioni infinite. Flexibility of urban activators over time. Endless options Elena Cirnigliaro prevedere i possibili risultati della partecipazione continuativa dei cittadini: essi sono infiniti (img. 06).

Rispetto a molte altre strategie di rigenerazione degli spazi pubblici, quella proposta in questo studio prevede interventi rapidi ed economici, nonché reversibili. Inoltre, è possibile immaginare che, una volta avviato questo tipo di processo su dei nuovi elementi della realtà urbana, esso possa stimolare l’azione della comunità anche su ciò che lo circonda, con beneficio degli spazi pubblici preesistenti, altrimenti condannati alla staticità.

In conclusione, gli attivatori urbani sono, in ogni loro parte, il contenitore di sé stessi e di ciò che l’uomo desidera aggiungervi, modificare, eliminare nel tempo. Essi non contengono nulla, se non lo spazio adattabile del loro margine. Per questo, qualcuno potrebbe ritenerli superflui. Invece, l’opinione di tale contributo è che, proprio per questa loro caratteristica, tali elementi possano diventare il fulcro della partecipazione all’interno di tessuti saturi di forme e contenuti imposti. In breve, strategie generatrici di azione urbana.*

BIBLIOGRAFIA - Courage, C. (2013), “The Global Phenomenon of Tactical Urbanism as an Indicator of New Forms of Citizenship”, in “Engage Journal”, n. 32, pp. 88-97. - De Carlo, G. (2005), “Architecture’s Public”, in Blundell Jones, P., Petrescu, D., Till, J. (a cura di), “Architecture and participation”, Spon Press, London, pp. 3-22. - Eco, U. (1997), “Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee”, Bompiani, Milano. - Gehl, J. (2010), “Cities for people”, Island Press, Washington D.C.. - Jacobs, J. (1969), “Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane”, Einaudi, Torino. - Lambertini, A. (2011), “Agopuntura urbana”, in Corrado, M., Lambertini, A. (a cura di), “Atlante delle nature urbane. Centouno voci per i paesaggi quotidiani”, Editrice Compositori, Bologna, pp. 30-32. - Lerner, J. (2011), “Acupuntura urbana”, Editora Record, Rio de Janeiro. - Purini, F. (2007), “Spazio pubblico”, in “Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Appendice VII”, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma. - Raggi, F. (2018), “La pratica come teoria”, in “Domus”, n. 1028, pp. 38-41. - Ratti, C. (2017), “La città di domani. Come le reti stanno cambiando il futuro urbano”, Einaudi, Torino.

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