FVS - numero di luglio

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La rivista dell’Ordine Francescano Secolare d’Italia

Contiene I.R.

Anno 11 – n° 7 luglio 2013

Periodico mensile Poste italiane – Sped. in Abb. Post. D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04 n. 46) art. 1c. 2DCB Padova

CamminiAMO A piedi nudi, per le strade del mondo

In vacanza con Francesco e Chiara



scrivi a: direttorefvs@ofs.it o redazionefvs@ofs.it oppure a: redazione FVS c/o segretariato nazionale OFS, viale delle Mura Aurelie, 9 00165 – Roma

Durante il mio peregrinare da cella a cella, mi sono trovato davanti a quella dei due signori detenuti di nazionalità marocchina, come di consueto anche con loro ci siamo salutati con la stretta della mano. Rachid è scapolo, vive in Italia da otto anni, piastrellista, in carcere dallo scorso dicembre, nell’attesa di essere giudicato. Adil anche lui è scapolo, vive in Italia da ventidue anni, lavora presso un kebab. Entrambi occupano la stessa cella, hanno commesso insieme un furto d’auto, aspettano dal dicembre scorso di essere giudicati, sono alla loro seconda carcerazione, sono di religione mussulmana… È la quarta volta che li incontro, loro mi chiamano zio dal nostro secondo incontro, anche se io li ho pregati di chiamarmi nonno per l’età che mi ritrovo. Io ho chiesto loro che di sera quando l’agente chiude la porta di ferro, e, come dicono in gergo, sono blindati, si avvicinino alla finestra a guardare il cielo, per pregare insieme il nostro stesso Dio. Rileggendo la loro scheda ho preso nota che non intendono ritornare in Marocco, non hanno il permesso di soggiorno, che hanno usufruito di un piccolo sussidio in denaro, che sono bravi detenuti. Ieri mi sono ritrovato come con amici che mi hanno accettato calorosamente. Non fanno colloqui con nessuno pur avendo diritto, perché tutti i loro familiari sono in Marocco, l’unica persona al di fuori di quelle appartenenti all’istituzione carceraria sono io. Io ascolto, ci guardiamo negli occhi, loro si raccontano e leggono la mia condivisione sincera. Ieri mentre ascoltavo ho tolto lo sguardo da loro e mi sono fatto la panoramica delle pareti della loro cella. Quello che parlava si è interrotto e mi ha chiesto il perché del-

Il liguaggio di Dio e degli uomini… la mia espressione compiaciuta. Non c’è più spazio libero alle pareti sulle quali sono appiccicate con la colla fai da te, farina bianca ed acqua, parecchi poster a colori, di varia grandezza, di giovani donne, belle, procaci. Ero compiaciuto perché nessuno di quei poster era sconveniente a vedersi. Entrambi dopo avermi ringraziato per il mio apprezzamento, aggiunsero: «Abbiamo affisso anche…» Quel poster grande come un foglio intero di giornale era appiccicato sulla parete di sinistra, la luce che entrava dalla finestra non mi aveva permesso di vederne il contenuto. Loro me lo descrissero con orgoglio, quasi all’unisono mi dissero: «Questo è papa Francesco». Vittorio Guercio, confratello Caro fratello, grazie davvero per questa preziosa testimonianza. Certamente crediamo che la relazione e il dialogo siano indispensabili per creare legami di amicizia al di là della religione, della politica, della società… e in questo, papa Francesco ci è davvero padre. La Redazione di FVS Complimenti al signor Del Greco e al signor Colli Vignarelli per la loro erudizione e bravura. Io temo che, quando si usa la lingua umana, non quella dei calcolatori, occorre rinunciare all’idea di giungere all’univocità. Univoco è solo il linguaggio matematico, che però si occupa di enti non reali; polisemantico è quello poetico; ambiguo, il nostro. Laico, da “laós”, popolo, è chi non è né chierico né religioso, cioè non membro del clero né di istituti religiosi. Così l’enciclopedia filosofica Sansoni. Ma poi, sullo Zingarelli, salta fuori anche il frate laico: fra Galdino nel Manzoni è un laico cercatore cappuccino, non è sacer-

dote. Secolare è il laico in quanto vive nel secolo, nella vita civile, non in convento: ma tutti sanno che i sacerdoti possono essere regolari, cioè appartenenti anche a un ordine religioso di cui seguono la Regola, e secolari, se non vi appartengono. Un Ordine è un’associazione di religiosi che pronunciano i voti di perfezione, ma esistono anche i Terzi Ordini, rivolti appunto a chi vive nel secolo, e quindi anche al clero. La consacrazione è il contatto con il sacro, in senso lato. Ora, a parte che Dio può contattare chi vuole, anche fuori dalla Chiesa visibile, noi cristiani cattolici entriamo in contatto con il Sacro appena nati, col Battesimo, e poi con gli altri sacramenti. Aderire a una Regola, anche se essa non comprende i voti cosiddetti di perfezione (ma è chiaro che si può raggiungere un altissimo grado di santità anche nel sacramento del matrimonio) aumenta questo contatto col divino. Il problema più grosso secondo me è il solito: essere in Grazia e sempre di più, amare Dio, sempre di più, e dimostrarlo con l’amore per gli altri. Non essere farisei. Grazie. Angelo Ricotti Resta Bologna (Ecv) In effetti, caro Angelo, ciò che ci interpella è il provare ad essere credibili, oltre che credenti! Infine, ringraziamo fra Samuele Maria per una segnalazione di errore. Ci scusiamo con tutti i lettori per l’inesattezza della scelta dell’immagine a pag. 27 del numero di Aprile: è sant’Antonio da Padova nel famoso episodio di Rimini con la mula in adorazione del Santissimo Sacramento e non Francesco d’Assisi come erroneamente abbiamo interpretato. 3


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35 Il concilio dei giovani

Lettere a FVS

La Chiesa e i giovani.

6 CamminiAMO

Il weekend di formazione per i responsabili regionali.

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37 Araldinando

Il mondo dei piccoli francescani.

Con san Francesco sui sentieri di Cristo

Il testo di formazione del prossimo anno fraterno.

37 Pianeta Gi.Fra.

Cronaca dalla fraternità nazionale Gi.Fra.

11 In due righe

39 Lessico dell’anima

13 E per tetto il cielo

40 Diciamo “no” alla tortura

Cronaca dalla fraternità nazionale.

L’unità della fede.

Il Capitolo delle stuoie: 3 agosto 2013.

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Dall’OFS statunitense una riflessione sulla tortura.

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15 Caro OFS

Dalla pelle al cuore.

16 Francescani di strada

Il programma del prossimo Festival Francescano.

22 Remare verso la ripresa

La crisi economica in Italia e le prospettive.

27 Ma la via d’uscita “verde” c’è Un modello di sviluppo sostenibile.

31 Femminile, plurale

Cambiare vita o cambiare per la vita?

32 Speranza che sorge: la GMG Bergoglio incanta anche il Brasile.

46 La “firma” francescana per la custodia del creato

Quest’anno il 1° settembre si celebra ad Assisi.

49 In Chiara Luce

Come acqua alla sera…

50 In vacanza con Francesco e Chiara Come andare in vacanza in buona compagnia?

53 Estate… in missione

Le esperienze estive del Ce.Mi.OFS.

55 Oltre il segno del Battesimo

Rabbi Jehel Michal di Zloczow: discepolo di se stesso.


56 Da Vasco all’OFS: storia “spericolata” di Nando

La rivista dell’Ordine Francescano Secolare d’Italia

Nando Bonini e la sua esperienza di conversione.

PER RICEVERE LA RIVISTA

61 Segni e tracce

Quota associativa “Francesco il Volto Secolare – Associazione” Ordinaria € 20,00 Sostenitore € 35,00

Da leggere, da vedere, da ascoltare.

66 Sipario

L’editoriale dell’ultima pagina.

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da sottoscrivere sul c/c postale n. 55841050 intestato a Francesco il Volto Secolare Associazione Via della Cannella, 8 06081 – Capodacqua di Assisi (PG) SCRIVERE CON CHIAREZZA NOME E INDIRIZZO Garanzia di riservatezza

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Informativa ex art. 13 del D.Lgs. 196/03. I dati personali forniti dai propri associati permettono all’associazione “Francesco il Volto Secolare” di farli partecipi delle proprie iniziative. Il conferimento dei dati è obbligatorio; senza detti dati l’Associazione non potrebbe effettuare l’invio del presente periodico. I dati sono custoditi su supporto informatico e trattati nel pieno rispetto delle misure di sicurezza a tutela della relativa sicurezza. Detti dati inoltre potranno essere comunicati all’associazione “Attività Ordine Francescano Secolare d’Italia Onlus” al solo scopo di far conoscere le proprie iniziative di solidarietà. Titolare del trattamento dei dati personali è l’associazione “Francesco il Volto Secolare”. In ogni momento potrete richiedere la cancellazione, la rettifica e l’aggiornamento dei Vostri dati personali contattandoci all’indirizzo di Viale delle Mura Aurelie, 9 – 00165 Roma o al cellulare 334 2870709 o all’indirizzo e-mail giorgetti.19@gmail.com.

Autorizzazione n. 737 del 28/12/2002 del tribunale di Milano

Foto: archivio di redazione, Benatti&Bonazzi, Eugenio Caretti, Enzo Picciano, Roberto Sardo

Salvagnin, Angela Benedetta Soglia (monastero clarisse di Città della Pieve), Giorgio Tufano

Direttore responsabile: Ettore Colli Vignarelli

Stampa: Imprimenda snc Via Martin Piva, 14 – Limena (PD)

Recapiti redazione: Via Crespi, 11 – 28100 Novara Tel.: 334 2870869 e-mail: redazionefvs@ofs.it

Delegato comunicazione e stampa Consiglio Nazionale OFS: Gianpaolo Capone Caporedattore: Paola Brovelli Redazione: Cinzia Benzi, Miriam Burattin, Roberta Giani, Ilenia Grecu, Antonella Lagger, Ornella Omodei Zorini, sorelle francescane della nuova Gerusalemme

Collaboratori fissi: Andrea Serafino Dester, Remo Di Pinto, Attilio Galimberti, Andrea Santori, MichaelDavide Semeraro, Anna Pia Viola, Umberto Virgadaula Hanno collaborato a questo numero: Riccardo Benotti, Gianfranco Bilancia, Nino Calderone, Federico Cenci, Eugenio Fedolfi, Gianluca Lista, Barbara Milanese, Mario Pianta, Nicola

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CamminiAMO… A piedi nudi, per le strade del mondo, verso le periferie delle nostre città: i francescani secolari e la nuova evangelizzazione. Da Santa Maria degli Angeli il weekend di formazione per i consigli regionali ha provato a suscitare qualche domanda. 6

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di Gianluca Lista

na Chiesa “in cammino”, verso le periferie, come ci indica papa Francesco, perché possa diventare come Gesù la risposta ai bisogni più profondi delle persone, soprattutto dei più poveri. Ma che società ci aspetta ora, quale uomo incontriamo nelle strade? Il sociologo prof. Simone D’Alessandro, dell’Università di Chieti, ci ha fatti riflettere su come si è passati da un modello societario che non aveva alternative e in cui lo spazio ed il tempo erano illimitati e si viveva una diffusa stabilità temporale e relazionale, ad un modello attuale, in cui la realtà è invece in continuo cambiamento e con assenza di riferimenti morali oltre che sociali. In questa situazione, in cui anche io sono in un continuo cambiamento, può essere difficile governare queste situazioni e c’è il rischio dell’autoreferenzialità. Ecco la necessità del dialogo comunicativo e del confronto con gli altri, non per lottare o per differenziarsi, ma per curare la propria individualità. Ci vuole la capacità

Il weekend di formazione per i consigli regionali, nella splendida cornice di Santa Maria degli Angeli, ha cercato di stimolare sulla presenza significativa dei francescani secolari nelle periferie delle città.


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OFS di mettersi in ascolto degli altri e di ritagliarsi del tempo, senza lasciarsi travolgere dal rapido mutare dei tempi. E noi cristiani, come possiamo farci compagni di questo uomo in viaggio alla ricerca del significato della sua vita? Don Giacomo Pavanello, sacerdote della ComunitĂ Nuovi Orizzonti, ci ha richiamati a non perdere troppo tempo nelle pia-

La preghiera alla tomba di san Francesco: l’inizio del nostro camminare sia affidato alla contemplazione.

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Con san Francesco sui sentieri di Cristo di Nino Calderone Il sussidio di formazione permanente per l’anno Fraterno 2013-14 come quelli degli ultimi due anni si sintonizza con gli orientamenti pastorali della Chiesa Italiana, che al n. 54 indica i percorsi di vita buona e i luoghi significativi. Dal principio fondamentale di «ricercare sinergie e alleanze educative», promuove «la famiglia, la comunità ecclesiale e la società a luoghi emblematici dell’educazione», mentre si rende «necessario attivare la conoscenza e la collaborazione». E prosegue: «la scuola e il territorio, con le sue molteplici esperienze e forme aggregative (palestre, scuole di calcio e di danza, laboratori musicali, associazioni di volontariato…), rappresentano luoghi decisivi per realizzare concrete modalità di alleanza educativa». Infine, sollecita ciascun soggetto ecclesiale a sviluppare una pastorale integrata e missionaria, in particolare negli ambiti di frontiera dell’educazione. Appare perciò chiaro come il luogo educativo sia il luogo dell’alleanza e della collaborazione tra tutti i diversi soggetti che operano nella comunità. Da qui l’esigenza di suscitare l’attenzione sul forte senso e significato dell’ABITARE. Con san Francesco sui sentieri di Cristo – che è il titolo del sussidio – è la guida ad abitare i luoghi per essere degli avamposti educativi in grado di accogliere chiunque. Si parte dalle ragioni del cuore che implicano l’impegno di ciascuno a migliorarsi, guardandosi dentro, scoprendo il bisogno costante di conversione. Poi diventa necessario ABITARE la strada. Stare con la gente, farsi prossimo, accogliere, condividere. Queste sono le sfide di un modo nuovo di vivere la fede; dare il proprio impegno rimboccandosi

le maniche, inserendosi con professionalità, competenza e spirito di servizio, nei luoghi della vita quotidiana. Il sussidio pur riprendendo la dinamica finora utilizzata si articola in quattro capitoli: In cammino per abitare il mondo; Abitare il cuore per essere crea­ture nuove; Abitare il presente con le sue fragilità; Abitare la strada per essere testimoni credibili. Per abitare la terra c’è bisogno di uomini nuovi non più dominati dal guadagno, schiavi della potenza e del prestigio o prigionieri dell’egoismo. Gli uomini sono e restano imperfetti, per costruire una nuova convivenza di pace, in mezzo ad un mondo di odio e divisioni, come Francesco va proposto il dono speciale del «perdono». Se Dio parla al cuore, l’uomo che fissa il suo cuore in Lui è l’uomo che vuole ascoltare la voce di Dio nella sua vita, è l’uomo che vuole sperimentare la presenza di Dio, che vuole che Dio venga ad abitare in Lui. «L’amore più forte è quello capace di dimostrare le proprie fragilità» (P. Coe­ lho, Undici minuti), è quello del figlio minore della parabola del Padre misericordioso che accetta i suoi limiti e colma la sua fragilità relazionale tornando a casa, trovando risposta ai suoi bisogni nella relazione con il Padre ma anche con il fratello maggiore. La strada è il palcoscenico della vita di fede. È per la strada che Gesù incontra, dopo la Resurrezione, i discepoli di Emmaus e avvia una significativa riscoperta della fede; sulla strada il buon samaritano compie la sua azione di salvezza per l’uomo abbandonato, derubato, picchiato. La strada, deve essere il nuovo nostro luogo privilegiato dell’abitare, per vi-

vere una fede viva e coinvolgente, una fede che abbia il sapore della quotidianità, del mettersi in continua relazione con il prossimo, coinvolgendosi nella vita pubblica, nell’impegno sociale e politico, in gesti concreti di Carità. Occorre “inventare” il nostro modo di vivere ispirandoci a modelli come quello di Francesco per vivere con libertà e responsabilità la storia personale. “Inventare” vuol dire, per certi aspetti, ritrovare il nostro posto nel mondo, nel rapportarsi con le cose e con le persone e seguire i sentieri della vita stessa come dono di Dio. Ciascun capitolo parte da uno sguardo sul mondo per focalizzare lo spazio che abitiamo aiutati da alcuni spunti tratti da articoli e saggi e da una lettura antropologica per impostare un itinerario umano ed evangelicamente esigente. Poi prosegue con l’ascolto della Parola improntata ai tempi liturgici che dopo le riflessioni catechetiche e francescane e fraternità in servizio – la presentazione di alcune realtà impegnate nella realizzazione di opere di carità – viene trasformata in Parola di Dio attraverso la lettura orante. In ascolto dei fratelli è la parte conclusiva dedicata al tempo del confronto in fraternità attraverso l’utilizzo delle dinamiche più appropriate al dialogo ed all’approfondimento del percorso formativo e alla sua trasformazione in azione. Siamo ancora una volta davanti alla sfida di rendere le nostre fraternità cellule pulsanti di un organismo vitale, tralci di quella vite che, potata opportunamente può e deve dare frutto e molto frutto. Camminiamo sui sentieri di Cristo illuminati da san Francesco, dal suo esempio, dal suo stile dalla sua singolare esperienza di vita. 9


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IN DUE RIGHE Notizie in breve

OFS DI CALABRIA: CONFERMA A PIETRO SALERNO

saluti della Gioventù Francescana calabrese l’ex presidente Rosario Cesareo e la neo eletta presidente Donatella Guarriso. Francesco Rizza A MILANO SI RIFLETTE SUL VIAGGIO…

Svolto, a Lamezia Terme (Cz), il 29 e 30 giugno, il Capitolo elettivo dell’Ordine Francescano Secolare calabrese che ha rieletto Pietro Salerno. Lo affiancano, nel nuovo consiglio, il vice ministro regionale Donato Mantoan ed i consiglieri Pina Montesano, Isa Martino, Pino Mazzaferro, Nicola Ciccarielli e Marika Guido. Ha presieduto il Capitolo Remo di Pinto accompagnato da fra Giorgio Tufano. È stato un invito a non aver paura della novità quello che il ministro nazionale dell’OFS ha rivolto ai francescani secolari di Calabria. «Noi laici francescani – ha sottolineato nel corso della propria relazione Pietro Salerno – siamo, per vocazione, nella Chiesa e nella società civile. Nella missione della Chiesa dobbiamo qualificarci per la creatività apostolica, in virtù della nostra partecipazione al carisma e alla missione specifica di Francesco; nella società civile dobbiamo essere capaci di iniziative coraggiose e di scelte coraggiose e coerenti con la fede». A portare i

Come tutti gli anni Qiqajon organizza il centro estivo nei mesi di giugno e luglio per tutti i bambini e ragazzi che normalmente frequentano il Centro, cui se ne aggiungono tanti altri. Il tema di quest’anno è il Viaggio, con percorsi di riflessione in base all’età. I più piccoli hanno ascoltato le gesta eroiche di Ulisse raccontate da Geronimo Stilton. Coloro che andranno alle scuole medie leggono invece il viaggio fantastico di Don Chisciotte. I più grandi sono stati invitati a riflettere prendendo come spunto un libro intitolato: “Nel mare ci sono i coccodrilli” di Fabio Geda. Questo libro nasce dal racconto del protagonista allo stesso autore del libro che per sfuggire alla schiavitù intraprende un incredibile viaggio dall’Afghanistan all’Italia, passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Tale viaggio è un’odissea che ha messo il protagonista a contatto con «la miseria e la nobiltà» degli uomini.

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nificazioni degli interventi pastorali e in quella che ha chiamato la “tragedia” della Chiesa di oggi, e cioè che siamo spesso ammalati di metafore, dell’uso continuo di segni e simboli nei nostri incontri e nelle nostre celebrazioni. Ma è solo se

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“consumiamo” la nostra vita per gli altri, per questo uomo che è alla ricerca di sé stesso, che anche i nostri discorsi e i segni che usiamo possono avere un senso. Il Papa ci invita alla evangelizzazione e a raggiungere le periferie: ma dobbiamo

Alcuni degli ospiti della tavola rotonda che hanno particolarmente stimolato tutta l’assemblea: in alto Vania Sbalchiero che, insieme al fidanzato Marco Broggian hanno raccontato la loro esperienza di evangelizzazione di strada alla stazione di Padova. A fianco: l’intervento del sociologo Simone D’Alessandro che ha cercato di tracciare alcune linee per leggere la società del nostro tempo.


E per tetto

il cielo!

Capitolo delle stuoie 2013

Il conto alla rovescia è iniziato: mancano ormai davvero pochi giorni al grande evento del Capitolo delle stuoie 2013 nel quale, dice il titolo dato all’evento, avremo «per tetto il cielo»! E allora nel nostro alzare lo sguardo verso ciò che ci attende e dona senso (letteralmente, direzione) al nostro viaggio, al nostro cammino, quotidiano e «a piedi nudi» (così sembra ripetere il ministro nazionale OFS quando gliene si da la possibilità), ci prepariamo a fare festa, insieme. Come famiglia! Per questo ci incontriamo, per questo siamo richiamati tutti ad Assisi, per fare festa e gioire della presenza dell’altro. Come è stato per i primi frati nella descrizione che ne fa fra Tommaso da Celano, «ogni volta che si incontravano, era una vera esplosione del loro affetto

spirituale. Erano felici quando potevano riunirsi, più felici quando stavano insieme…». Così il 3 agosto 2013 a Santa Maria degli Angeli, i francescani secolari saranno, in qualche maniera, condotti per mano dai gifrini in una giornata ricca di spunti e di festa! Il programma, avvolto ancora nel mistero, lascia intravvedere alcuni momenti. Vi saranno certamente degli spunti di riflessione e di formazione, uniti a delle testimonianze di vita e di esperienza. La preghiera e la contemplazione, «anima del nostro essere e del nostro operare» (RegOFS, 8) “condurrà” la giornata. Musica, balli, canti e tante occasioni per incontrarsi e stare insieme. Alcuni stand di esperienze interne

all’OFS che possono essere arricchite dalla conoscenza di tanti sorelle e fratelli di tutta Italia. Il rendez-vous per le oltre 1000 persone previste ed attese è per le 9,30 in una struttura appena costruita a fianco del teatro Lyric a Santa Maria degli Angeli gentilmente offerta dal Comune di Assisi all’OFS d’Italia e per la prima volta utilizzata. La giornata terminerà invece con la celebrazione eucaristica alle 16,45 celebrata nella chiesa di Santa Maria degli Angeli dal vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino. Ancora una volta chiamati ad esserci a piedi nudi, insieme per le strade del mondo. In più, questa volta, avendo per tetto il cielo!

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scendere nelle strade, solo se abbiamo incontrato il Risorto e solo se portiamo nei nostri volti e nella nostra vita, la gioia di questo incontro. Solo chi è nella gioia, è credibile. Dobbiamo avere il coraggio dell’annuncio, ma senza la gioia nessuno ci può credere. Dobbiamo aiutare l’uomo a trovare la sua vera libertà: cioè diventare ciò per cui si è fatti e cioè Amore, come Gesù che ha dato la sua vita per ognuno di noi. Gesù con la sua testimonianza di vita “consumata” per gli altri, fino al dono totale di sé, ci indica la via. Ma adesso come possiamo testimoniare che l’incontro con Gesù Risorto che ha cambiato la nostra vita, può esserlo anche per gli altri? Suor Anna, delle sorelle francescane Missionarie di Gesù Bambino, ha presentato l’annuncio gioioso del Vangelo attraverso l’esperienza dell’itineranza francescana: una proposta di pellegrinaggio con giovani laici o consacrati, portandosi con sé solo lo stretto indispensabile e facendo affidamento solo alla Provvidenza. Le giornate ritmate dall’ascolto della Parola quotidiana, dalla preghiera e riflessione personale e silenziosa durante il cammino e infine l’incontro (testimonianza e annuncio) con le persone durante il viaggio. 14

Un’esperienza di condivisione e di povertà, in cui si fa esperienza dell’incontro personale con Dio e con i fratelli. Infine Marco e Vania, due fidanzati prossimi al matrimonio, che dopo l’esperienza forte di cammino personale con la catechesi dei “Dieci comandamenti”, hanno detto sì all’invito del Signore a “fidarsi di Lui”. Per cui lasciando le ricchezze e le tante false certezze, hanno deciso insieme ad altri, di ritagliare del tempo della propria vita, all’ascolto e all’accoglienza dei più poveri. È nata così da oltre 15 anni l’esperienza di evangelizzazione di strada ed il servizio in stazione con i poveri, i senza tetto. Dopo un momento di preghiera, lettura della Parola ed invocazione dello Spirito Santo, mentre un gruppo orante resta fermo, gli altri alla sera partono alla volta della stazione di Padova, dove un tempo a controllare i poveri c’era la camionetta della polizia e ora non più. I “barboni” ormai aspettano Marco, Vania e i loro amici, per un incontro che non è fatto solo di condivisione di un pasto caldo, ma soprattutto dell’affetto, del dialogo e dell’ascolto. Alla fine da tutti, anche dai “barboni” si alza la preghiera di ringraziamento e di lode… il Signore è Risorto veramente anche per loro.

In alto a destra: don Giacomo Pavanello della comunità Nuovi Orizzonti che nella tavola rotonda ha scosso l’assemblea richiamando ad una forte concretezza nel cammino di evangelizzazione. Sotto a sinistra: suor Anna Rossi che ha raccontato la sua esperienza di evangelizzazione attraverso l’itineranza francescana una sorta di “pellegrinaggio alternativo”. Nelle altre foto, momenti del weekend formativo.


Caro OFS di Remo di Pinto

Dalla pelle al cuore

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tilizzo spesso l’immagine dei piedi nudi per esprimere il desiderio di affrontare con semplicità e verità il cammino nel quale siamo avviati come francescani secolari. Oltre a evocare immagini bibliche e a ricordare l’aspetto del discepolo mandato da Gesù a evangelizzare, mi aiutano a pensare alla possibilità di “toccare” la strada e di “sentire” le variazioni del terreno, le asperità e le dolcezze. È una modalità per entrare in relazione col cammino, per evitare che la suola dei calzari che frapponiamo tra i nostri piedi e la strada ci impedisca di provare reazioni e di capire dove ci troviamo. Il nostro cammino ha però bisogno anche di mani nude. Mani capaci di un contatto che ci permette di uscire dalla solitudine e di costruire relazioni umane vive e vere, private della paura che ci costringe a evitare di toccare l’altro, il fratello che percorre la strada con noi. «Dalla pelle al cuore», come intonava un noto cantautore. È l’altro che ci rivela chi siamo, ma abbiamo bisogno di incontrarlo senza frapporre barriere o immagini artificiali. Toccare e lasciarci toccare dall’altro per guarire, a partire dalle nostre piaghe. È questo gesto a favorire la fiducia, l’abbandono, la disponibilità, l’esserci per l’altro, la relazione, e questa è la sola modalità capace di cambiare le nostre esistenze e le nostre città. Il nostro modello, come lo fu per Francesco, è quel Gesù che, strada facendo, si è avvicinato a gente sola, stanca, travagliata e respinta, gente che la vita aveva consumato e depres-

so… Gesù si avvicina a loro e li tocca. C’era qualcosa nel suo tocco che comunicava sicurezza e cancellava la paura. Talvolta Gesù toccava persino quelli che nessuno avrebbe avuto il coraggio di toccare, i lebbrosi, ai quali non offre solo la guarigione fisica, ma li avvicina con un tocco gentile e delicato. Il lebbroso… tutti fuggivano da lui, non era stato toccato da qualcuno da chissà quanto tempo. Ecco, però, Gesù che si protende verso di lui e lo tocca con affetto, cura, considerazione, amore. Accostarsi a una persona emarginata, prendergli delicatamente la mano, abbracciarlo… questo ha un potere di guarigione straordinario, più di quanto pensiamo. Ecco, è così che il lebbroso guarisce, si rialza, torna sul suo viso il senso della sua dignità, di essere una persona che si può e si deve amare.

Ecco quanta forza può avere un tocco amorevole e gentile, ma è necessario che sia vero, sentito, desiderato. E noi, che tipo di relazioni viviamo? Cosa accade nelle nostre Fraternità? Cosa esprimono i nostri abbracci? Abbiamo coraggio di avvicinarci al fratello a mani nude? E siamo capaci di lasciarci toccare dalle sue? Abbiamo sperimentato su di noi e sulle nostre ferite la presenza delle mani di Gesù? Al di là di ogni tipo di progetto o di impegno, ciò che prioritariamente dobbiamo conquistare e custodire è questa capacità di entrare in una relazione che trasformi il nostro modo di vivere la vocazione non come impegno ma come cammino e la nostra testimonianza non come espressione di una teoria ma di un incontro e di un viaggio… dalla pelle al cuore!

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FRANCESCANI DA STRADA 16


Il Festival Francescano propone a Rimini in settembre il tema del cammino come “paradigma” dell’umanità. Nomi illustri e semplici incontri in una kermesse che si annuncia ancora una volta affascinante.

di Eugenio Fedolfi

«L’

opzione fondamentale è scendere per le strade e cercare la gente: questa è la nostra missione». Chissà se, pronunciando queste parole, papa Francesco avrà fatto un pensiero al Festival Francescano. Perché in cinque anni di vita, questa manifestazione ha dimostrato proprio lo spirito di questa missione: camminare insieme sulle orme di san Francesco, valicare i confini dei conventi e delle fraternità per invadere le piazze. L’appuntamento con la quinta edizione è per il 27, 28 e 29 settembre a Rimini. “In cammino” è il tema intorno a cui ruoteranno proposte, conferenze, incontri, spettacoli, tavole rotonde, attività didattiche e momenti di preghiera. Sono infatti oltre cento le iniziative per adulti e bambini pensate per stimolare una riflessione sui tanti cammini dell’uomo: quello personale e quello collettivo, quello sul sentiero verso Dio e quello verso gli altri, quello verso mete spirituali e quello verso nuovi stili di vita. Non tutti i cammini, infatti, sono uguali. Esiste il passo del vagabondo, che vede come protago17


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nista il camminatore senza meta e senza orientamento. C’è poi l’incedere del turista: egli cerca una discontinuità nel cammino ripetitivo della vita quotidiana. Sa qual è la meta, tuttavia il suo cuore difficilmente si lascerà mutare; a meno che un imprevisto accada, rimescolando le carte in tavola. Infine c’è il camminare del pellegrino. Egli si muove portando in sé una domanda, una preghiera. Anche quando si parte da soli, sulla via ci si accorge di appartenere a un popolo di pellegrini. Il pellegrinaggio è il cammino che cambia la vita. Rimini torna ad ospitare per la seconda volta il Festival Francescano, e lo fa in un anno speciale per tutti i francescani della Romagna, che festeggiano gli 800 anni dalla predicazione di san Francesco in queste terre, che culminò a San Leo nel giugno del 1213 con il celebre episodio del dono del Monte della Verna, luogo che fu punto di arrivo e di partenza per tanti viaggi terreni e spirituali del serafico Padre. Ricchissima la proposta culturale e spirituale del Festival, organizzato dal Movimento Francescano dell’Emilia Romagna, in collaborazione con i francescani italiani e realizzata con il patrocinio di 18

Comune e Provincia di Rimini, Regione Emilia-Romagna, Progetto Culturale CEI, Diocesi di Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, Università di Bologna e con il sostegno di Landi Renzo, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Cattolica. Si inizia con i grandi nomi già venerdì 27 settembre, con lo storico Franco Cardini che tratteggerà l’epopea dei pellegrini del medioevo, mossi dalla fede alla scoperta del mondo intorno a loro. Storia, arte e psicologia completano la prima mattina di Festival: Oriano Granella è con la pellegrina Eteria in Turchia, terra santa della prima Chiesa; Beatrice Buscaroli ci guida nel mondo dell’arte; Giovanni Salonia aiuta a scoprire la via che porta dentro di sé. Sabato 28 si può rileggere, nello stile eclettico di Moni Ovadia, l’Esodo del popolo ebraico in fuga dall’Egitto guidato da Mosè. Nuovi stili di vita ed etica globale saranno i territori da esplorare insieme a Maurizio Pallante e Martìn Carbajo Nùnez. A una tavola rotonda, moderata da fra Ugo Sartorio, parteciperà anche Gabriella Ghermandi, forse la prima poetessa in Italia a intraprendere il genere letterario della migrazione.

Nella foto sopra un momento delle passate edizioni di Festival Francescano di incontro in strada. In alto a destra una conferenza del prof. Franco Cardini insieme a fra Dino Dozzi, direttore di Messaggero cappuccino.


FESTIVAL FRANCESCANO A SCUOLA

Le proposte didattiche sotto riportate nascono da un’idea, patrocinata dall’Ufficio Scolastico Regionale, di coinvolgere anche le scuole, ragazzi e insegnanti, al fine di suscitare una riflessione su molte tematiche care al francescanesimo. Gli organizzatori del Festival hanno scelto di collaborare con tante associazioni che da anni lavorano e hanno a cuore la realizzazione di un progetto educativo per i giovani che abbia al centro la costruzione di un mondo all’insegna della fratellanza e della pace. Ecco in sintesi le proposte didattiche 2013: I bimbi della Scuola dell’Infanzia saranno coinvolti in un momento di narrazione-laboratorio che li trasporterà in un paesaggio marino, da loro stessi costruito, che li guiderà a meglio comprendere quanto sia bello avere degli amici. Avranno poi l’occasione di improvvisarsi attori durante il laboratorio teatrale intitolato “Francesco e il lupo” dove visualizzeranno il potere del dialogo che vince sulla violenza. I bambini della Scuola Primaria partiranno insieme attraverso dei racconti di viaggio incentrati sulle tematiche dell’unicità di se stessi, dell’incontro con l’altro e della bellezza del sa-

per dialogare e condividere con culture e real­ tà di vita diverse. Inoltre si cimenteranno sul tema importante della sicurezza stradale per poi incontrare, “palcoscenicamente” parlando, sant’Antonio che, come la tradizione narra, predicò ai pesci proprio a Rimini. I ragazzi della Scuola Secondaria di primo grado saranno invitati, tra giochi e musica, ad un vero e proprio fitness spirituale, ad un percorso sull’educazione ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e ad uno spettacolo teatrale tratto dall’Odissea dal titolo significativo “Non è obbligatorio essere eroi”. Infine i ragazzi della Scuola Secondaria di secondo grado si cimenteranno con cinema e fotografia per riflettere sul viaggio come metafora della vita. Per loro è inoltre possibile assistere alle conferenze e ai dibattiti in programma (on line sul sito del Festival a partire dall’11 giugno). Le attività si svolgono all’aperto. In caso di pioggia, verranno indicati luoghi alternativi al chiuso. Info e prenotazioni dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13, scrivendo a: didattica@festivalfrancescano.it, oppure telefonando al numero 349 8793735. 19


OFS/2

Domenica 29 ci saranno Egidio Canil, grande conoscitore della vita di sant’Antonio da Padova e della spiritualità legata al Santo; fra Raniero Cantalamessa, formidabile comunicatore che parlerà dell’annuncio della Parola di Dio, facendo risuonare l’invito di Gesù: «Andate e proclamate il Vangelo» e Patrizio Roversi, che del “turismo per caso” ne ha fatto una professione. All’insegna del dialogo interreligioso, una speciale tavola rotonda, moderata dal vaticanista Aldo Maria Valli: il sociologo di origine algerina Khaled Fouad Allam e il padre domenicano Claudio Monge, responsabile del Centro di documentazione cristiana e interreligiosa di Istanbul, si confronteranno sull’ospitalità nelle religioni monoteistiche. Fra i tanti spettacoli in cartellone, da segnalare “L’orda. Storie, canti e immagini di emigranti”, racconto in forma teatrale di tante storie di dolore, eroismi, errori, xenofobia, uscite dalla lucida penna di Gianantonio Stella (il venerdì sera) e il 20

concerto di Francesco De Gregori (il sabato sera, ingresso € 20, unico evento a pagamento). Per la spiritualità sono previste tutti i giorni la liturgia delle ore nel monastero di San Bernardino e l’adorazione eucaristica presso le Clarisse nella chiesa di San Bernardino. Sarà inoltre predisposto nell’area Tempietto in piazza Tre Martiri uno Spazio Spiritualità, con religiosi disponibili per dialogo e confessioni durante tutto l’arco della giornata. Momento liturgico cuore del Festival sarà la celebrazione eucaristica di domenica 29 settembre, che il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, presiederà in piazza Cavour. I francescani, dunque, scendono nelle strade. Rispondiamo all’invito di papa Francesco perché frati, suore e laici francescani possano essere testimoni della bellezza del camminare con Francesco verso Cristo. Il programma completo su: www.festivalfrancescano.it.


In queste pagine alcune fotografie delle passate edizioni di Festival Francescano e un piccolo “assaggio” di ciò che ci sarà. Le fotografie sono di: Eugenio Caretti, Benatti&Bonazzi, Roberto Sardo. 21


Attualità

Remare

verso la ripresa Una riflessione al limite del provocatorio a proposito di rilancio dell’economia italiana. Per un Paese come il nostro, il futuro sta nella risorsa-cervello (non ne abbiamo altre). Ma bisogna riprendere ad andare con vigore verso il futuro, sgombrando la rotta da iceberg potenzialmente negativi, anche se apparentemente affascinanti.

di Nicola Salvagnin

«È

compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Art. 3 della Costituzione italiana). E si converrà unanimemente che la povertà sia uno degli ostacoli maggiori per quel pieno sviluppo. Ecco: da qui vogliamo partire per affrontare l’assoluta necessità di una ripresa economica del sistema-Italia, una crescita che deve trovare le giuste strade. Perché quelle degli ultimi anni sono state sostanzialmente sbagliate. Partire dagli ultimi, e dai numeri. Le statistiche Istat ci dicono che il dato della povertà in Italia è stato, fino a ieri, sostanzialmente stabile: circa un 12% degli italiani può essere classificato come “povero”. E questo da una quindicina d’anni. Scopriremo però che il 2012 ha dato il suo bel contributo ad aumentare 22

quella percentuale, che in soldoni significa 8 milioni di italiani con gravi problemi economici. Ma un dato statistico non racconta sempre bene la realtà. Questa invece spiega che la schiera dei cosiddetti poveri si sta ingrossando grazie anche all’arrivo di nuove figure sociali: gli anziani che, superata l’enorme barriera del pudore, chiedono aiuto; i 40-50enni che perdono il lavoro e faticano a trovare una qualsivoglia occupazione; i separati a basso reddito; i piccoli imprenditori – negozianti, artigiani – che si sono “mangiati” tutto cercando di salvare la loro baracca; gli immigrati che gettano la spugna. A dirlo è la Caritas nazionale, che registra un semplice dato: alle porte delle sue 220 Caritas sparse sul territorio, nel giro di un anno si è presentato il 25% in più di bisognosi. Ci sono realtà ormai sature, soprattutto nel Mezzogiorno (Palermo, ad esempio): troppe richieste di aiuto rispetto alle forze a disposizione. C’è, o ci sarebbe un welfare. In Italia significa


almeno 30 forme varie di sostegno, quasi tutti inefficaci se si pensa che il nostro Paese è quello europeo in cui la povertà meno si riduce dopo gli interventi sociali messi in campo. Poco efficaci, in calo e sempre meno corposi: gli enti locali tagliano, riducono, cancellano, alzano le mani. Si fa con quel che si ha, a costo del ridicolo. Lo Stato attiva l’istituto degli assegni familiari che “beneficano” i contribuenti per una media di 10 euro al mese. Grazie tante. In dodici città italiane si è attivata una “carta acquisti” tanto smunta quanto impossibile da ottenere: ci vogliono requisiti che nemmeno i clochard di strada. E così via. «Il miglior modo di eliminare i poveri è farli diventare ricchi», diceva Ronald Reagan con quel tono da presidente-cow boy. Fosse così semplice… Ma la sparata contiene una sua importante, banale verità: in un Paese, se c’è maggior ricchezza stanno bene tutti. E quindi vale la banalità opposta: più perdiamo la nostra ricchezza, più poveri diventeremo. È quello che sta accadendo agli

italiani dal 1991 ad oggi. Il Prodotto Interno Lordo depurato dall’inflazione ci ricorda che questo Pae­se ha smesso di crescere da più di vent’anni. E negli ultimi dieci ha innescato sostanzialmente la retromarcia. La ragione è semplice: spendiamo più di quanto guadagniamo, e l’esplosione del debito pubblico è stato il tentativo di mantenere un tenore di vita agiato, senza averne i mezzi. Ora siamo alla resa dei conti, letteralmente. Una diffusa situazione di illegalità (evasione fiscale, lavoro nero, gli enormi proventi della criminalità organizzata) ha finora tamponato la realtà dei conti, che parlano di uno Stato in pre-bancarotta. La povertà non è ancora esplosa perché vi è molta ricchezza occultata; perché ci stiamo consumando i risparmi e il patrimonio; perché istituti come la cassa integrazione stanno “congelando” una disoccupazione altrimenti vertiginosa. Ma bisogna ricominciare a remare, sgombrando la rotta da iceberg potenzialmente negativi, 23


Attualità anche se apparentemente affascinanti. Due su tutti: la decrescita felice; la crescita “alternativa”. Sulla prima ci soffermiamo appena, rilevando che la decrescita economica sarebbe felice solo per chi può permettersela. I poveri – chi ha bisogno di un aiuto anche economico – sarebbero ancora più poveri, ancora più numerosi, ancora più abbandonati. Punto. La crescita che definiamo “alternativa” non è di per sé cattiva cosa: risponde a quella corrente di pensiero che sostiene che lo sviluppo dell’Italia deve passare dal turismo, dalle sue bellezze artistiche e paesaggistiche, dai milioni di cinesi che non vedrebbero l’ora di venire qui, dalla nostra sapienza artigianale, dalle piccole e geniali start up e dal terziario stra-avanzato. E qui ribadiamo un concetto espresso già altre volte: quante decine di migliaia di agriturismi ci vogliono, per fare i fatturati e l’occupazione dell’Ilva che sta morendo a Taranto? E come riforniamo di acciaio le centinaia di aziende manifatturiere italiane? Con gelati a km zero? Questa visione arcadica va bene per qualche piccola isola greca, in cui gli abitanti si accontentano di olive e feta. Non per un Paese di 60 milioni di persone, strette in 300mila km quadrati senza alcuna notevole risorsa naturale. Un Paese che ha oggidì 16 milioni di pensionati da mante-

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nere (domani di più), solo per offrire il dato più macroscopico. Quindi l’Italia deve per forza tornare al… sapore di sale, a quel boom economico fatto da Fiat, Olivetti, Pirelli, Eni e Agip, banche e Generali, Alitalia e Montedison, la statale Iri e quegli elettrodomestici che cambiarono la vita degli italiani, in tutti i sensi. La ripresa economica dell’Italia passa da una nuova industrializzazione. Non sarà fatta come cinquant’anni fa, ma non è impossibile. L’Italia è il Paese di pizza e mandolini, ma solo nell’immaginario collettivo più stantio. Siamo il secondo Paese al mondo per produzione industriale pro capite; il secondo in Europa (dopo la Germania) per scambi commerciali di manufatti; al quinto posto al mondo per valore aggiunto manifatturiero. Insomma siamo un grande Paese industriale, che occupa posizioni di assoluta rilevanza nel mondo nei settori dell’arredamento, abbigliamento, farmaceutica, meccanica non elettronica, sistemi di produzione di calore, cuoio e calzature, elettronica di consumo e componenti elettrici, mezzi di trasporto, pneumatici, manufatti di base. Oltre alla pizza, cioè ai prodotti alimentari e al vino, di cui siamo leader mondiali al fianco della Francia.


Queste le luci, sempre più offuscate da molteplici ombre. Anzitutto quelle dimensionali: si è sempre detto che la nostra forza è quella delle medio-piccole aziende. Flessibili, capaci di adattarsi e di cambiare, con una guida quasi sempre a carattere familiare. In tempo di globalizzazione (e di crisi globalizzata) la forza diventa una debolezza. Le piccole aziende non hanno le gambe necessarie né per correre verso i mercati mondiali, né per parare i colpi di una concorrenza moltiplicata per cento in breve tempo, con la zavorra di un euro forte che non aiuta né i prezzi interni, né le esportazioni. Le medie aziende… sono semplicemente dei nani a livello mondiale. Magari validissime, magari redditizie: ma irrimediabilmente piccole. Un campione nazionale dell’alimentari come il Gruppo Barilla fattura quasi 4 miliardi di euro; la svizzera Nestlè ha superato quota 92. Granarolo è azienda leader in Italia nel lattiero-caseario con quasi un miliardo di euro; la francese Lactalis (quella che ha acquistato Parmalat) fattura dieci volte di più. E quando c’è stato da acquistare recentemente una centrale del latte slovena, l’offerta di Granarolo è stata sommersa da quella francese, che ha impedito alla concorrenza italiana di costruire un polo del latte italo-sloveno-croato. Armani è uno

stilista da 2 miliardi di euro all’anno; ma il polo del lusso è francese (Lvhm) e fattura 14 volte di più. Avere alle spalle gli utili derivanti dai 3,5 miliardi di dollari fatturati dal gruppo vinicolo Constellation Brands aiuta ad affrontare qualsiasi mercato del mondo; l’italiano Giv, un colosso nazionale, si ferma dieci volte sotto. E si potrebbe ricordare che abbiamo inventato tante squisitezze alimentari, ma le multinazionali della pizza, del gelato, del cibo take-away, del caffè, dei salumi sono tutte straniere. I piccoli, fino a qualche anno fa, facevano comunella nei distretti industriali: quello della sedia ad Udine, del marmo in Valpolicella, del mobile in Brianza, delle scarpe ad Ascoli, dell’oro a Vicenza o Arezzo… Grande cosa, quando c’era da lavorare sodo per far fronte ad ordini crescenti. Poi la crisi, la fuga delle aziende più grandi verso l’estero (a cercare clienti, a spostare le fabbriche), la morte di quelle più piccole schiacciate da margini sempre più esigui e da ordini in rarefazione. Le grandi aziende… Già, ma quali sono? Eni è un campione negli idrocarburi, che non estrae certamente a Milano. Enel una multiutility energetica; Fiat mantiene a malapena le sue (poche) fabbriche italiane, ma ormai sta con cuore e portafoglio a Detroit. Altri gruppi industriali si sono

Una possibile ripresa economica per l’Italia passa attraverso la crescita del “made in Italy” nell’eccellenza italiana e la valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale, paesaggistico e turistico.

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Attualità spostati dal tessile e dalla manifattura alle autostrade, agli aeroporti, ai servizi. E poi la crisi, che sta radendo al suolo i grandi marchi di elettrodomestici italiani, le acciaierie di Piombino e Terni (Taranto è un caso a parte), una parte del settore farmaceutico, alcuni famosi marchi dell’arredamento e altri ancora. L’Italia che conoscevamo fino a ieri rischia la deindustrializzazione. Le multinazionali straniere si stanno ritirando, preferendo magari investire in Turchia o Slovacchia; di nuove non ne arrivano: i giapponesi vanno a produrre auto in Gran Bretagna e non da noi, e non stiamo nemmeno a spiegare perché. Molte piccole aziende, per sopravvivere, hanno spostato i siti produttivi in Romania, Serbia, Cina. Hai voglia di dire che “in Italia rimane il cervello”, cioè la sede, l’ideazione dei prodotti, la rete vendita. Sul fronte occupazionale queste scelte provocano un’emorragia continua di posti di lavoro: ne abbiamo persi oltre un milione nel 2012, una cifra colossale sia per quantità (quasi 3mila al giorno!) sia per potervi fare fronte con la cassa integrazione e con nuove occasioni di occupazione. Tra l’altro, significano 15-20 miliardi di redditi non più disponibili, e non più spesi: da qui il tracollo dei consumi interni che ha coinvol-

to pure i generi alimentari. Per la prima volta dal 1945. Bisogna fare qualcosa è il leit motiv che potrebbe vincere il festival di Sanremo, da quanto è gettonato. Rendere questo Paese più “friendly”, più amichevole per chi voglia investire – italiano o straniero che sia –: significa una burocrazia che non esiste per autoalimentarsi; poche leggi ma rispettate; meno fiscalità su imprese e dipendenti; una giustizia civile che faccia gli interessi degli italiani e non degli avvocati; e altro ancora ma basterebbe (eccome!) questo. 26

L’ideale sarebbe creare spazi d’impresa con legalità, infrastrutture e fiscalità agevolata nel Sud; ma il solo pensarlo – pensare cioè che ciò possa accadere, e pure a breve – fa sorridere il 101% degli italiani. Un campo meglio predisposto sarà sicuramente terreno più fertile per l’industria di oggi, ma l’Italia ha anche il dovere di non lasciarsi sfuggire le occasioni del domani. Cioè l’informatica, le nanotecnologie, la farmaceutica, l’elettronica applicata, i materiali innovativi, insomma il futuro che è già presente in altri Paesi. E ricordarsi di essere l’avamposto dell’Europa nel Mediterraneo, il primo lembo ben infrastrutturato per le merci che arrivano dall’Asia; il ponte tra Africa ed Europa (petrolio, metano, energie alternative). Porti ed interporti, reti del metano e cavi elettrici sottomarini, rigassificatori e cargo aerei, smistamento a sud dei prodotti del nord, e viceversa. Industria e servizi ad alto valore aggiunto. Ne riparleremo. Però prima occorre passare da Berlino, com’è nel programma del premier Enrico Letta. Ricordare che il soffocamento della nostra economia determina grandi vantaggi a quella tedesca, e non va bene. Che farci andare in malora per comprarci a prezzi di saldo non va bene. Che tenerci ostaggio di un euro “made in Germany” che per

In alto: una delle tante terre confiscate a Cosa nostra in Sicilia, ora resa produttiva da “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie”. A sinistra: una delle tante fabbriche dismesse oggi in Italia.


Ma la via d’uscita “verde” c’è Il modello di ripresa basata sul rilancio di una politica industriale “tradizionale” non è però l’unico esistente. Molti studiosi stanno proponendo nuove riflessioni su come avviare un nuovo modello di sviluppo sostenibile. di Mario Pianta * L’economia che uscirà dalla crisi italiana non potrà essere la stessa che vi è entrata. Secondo i dati Confindustria la produzione industriale è oggi del 25% in meno di prima della crisi, nel 2008; una parte importante del sistema produttivo e dell’occupazione è andata perduta, i mercati – interni e esteri – sono stati conquistati dai concorrenti tedeschi e dei paesi emergenti. Ma non si può tornare indietro anche perché il che cosa e come si produce deve tener conto di nuovi vincoli sulla sostenibilità ambientale – il risparmio di risorse ed energia, la riduzione delle emissioni – che si sono fatti più stringenti. L’epoca della rapida crescita quantitativa del Pil sembra davvero finita. Perfino l’ottimistico scenario di lungo termine dell’Ocse per l’Italia non va oltre un’ipotetica crescita media dell’1,4% del Pil fino al 2060, con una sostanziale stagnazione rispetto ai livelli pre-crisi e un arretramento rispetto al rapido sviluppo delle economie emergenti di Asia e America latina. L’Italia – e l’Europa – deve progettare un nuovo modello di sviluppo che metta al centro la qualità della crescita, la sostenibilità ambientale, la giustizia sociale. Le politiche vanno ridisegnate sulla base di questi obiettivi, tenendo conto delle misure di progresso alternative al Pil. Tutto questo rappresenta anche l’opportunità di costruire una nuova economia verde: la riconversione di tecnologie e produzioni, l’uso dei saperi, le risposte a bisogni più sobrii e diversificati. Un’economia sostenibile apre nuove frontiere di produzioni e

consumi in grado di creare occasioni per le imprese e nuovi posti di lavoro. Occorre riconvertire nel segno della sostenibilità le produzioni energetiche, le forme e la modalità della mobilità, l’agricoltura, fino anche alla siderurgia, la chimica o all’industria delle costruzioni. La sostenibilità ambientale non è dunque un settore tra gli altri di un’economia diversa, ma è il modo in cui l’economia può riconvertirsi e indirizzarsi verso un modello di sviluppo alternativo. I cambiamenti climatici, l’esaurimento delle fonti fossili e di molte materie prime, l’insostenibilità dell’estensione del livello di consumi occidentale a tutto il pianeta, la continua espansione demografica: questi ed altri processi ci impongono di cambiare rotta. Non si tratta di aprire un nuovo business, quello della green economy, ma di cambiare radicalmente modo di pensare, di produrre, di consumare e con esso i nostri stili di vita e i comportamenti quotidiani. La sostenibilità ambientale è alternativa ai progetti di grandi opere come la Tav, il Ponte sullo Stretto, il ritorno al nucleare – fortunatamente evitato con il referendum del 2011 – la moltiplicazione di inceneritori e rigassificatori, la cementificazione del territorio, il sostegno all’industria dell’automobile e alla lobby degli autotrasportatori attraverso gli incentivi fiscali sull’acquisto del gasolio. L’economia del dopo-crisi dovrà essere basata su prodotti, servizi, processi e modelli organizzativi capaci di utilizzare meno energia, risorse naturali e territorio e di avere effetti minori sugli

ecosistemi e sul clima. Tutto questo si è già tradotto in impegni internazionali del nostro paese: al G8 dell’Aquila del 2009 l’Italia ha promesso di ridurre dell’80% (rispetto ai valori del 1990) entro il 2050 le emissioni di gas – come l’anidride carbonica – che alimentano il riscaldamento del pianeta, ma finora le politiche non hanno dato seguito a questi obiettivi. Sono ormai molte le elaborazioni su come realizzare, nei diversi ambiti, i cambiamenti necessari per una maggior sostenibilità. Nel caso dell’energia, il risparmio energetico e lo sviluppo di fonti rinnovabili sono due pilastri del nuovo sviluppo. Il sistema di mobilità deve abbandonare il modello del trasporto automobilistico individuale come modalità obbligata su tutte le distanze. Le infrastrutture devono privilegiare le “piccole opere” – ambientali, urbanistiche, sociali – che possono migliorare tutela del territorio e qualità della vita. In molte attività produttive – dalla chimica all’acciaio, dalla meccanica alle costruzioni – è possibile progettare un percorso di riconversione ambientale che utilizzi nuove tecnologie e processi produttivi sostenibili. E così via, se volessimo davvero uscire dalla crisi per la porta dello sviluppo sostenibile. * Mario Pianta è professore di Politica economica all’Università di Urbino e fa parte del Centro Linceo Interdisciplinare dell’Accademia dei Lincei. I suoi ultimi libri sono “Sbilanciamo l’economia. Una via d’uscita dalla crisi” (Laterza 2013) e “Nove su dieci. Perché stiamo (quasi) tutti peggio di 10 anni fa” (Laterza 2012). 27


AttualitĂ

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noi, oggi, è un macigno sopra la testa, non va bene. Che siamo l’Italia e non il Liechtenstein. Stabilito questo, amici più di prima e si riparta a riattivare questa grande, malata economia. Per fare impresa ci vogliono i soldi, altrimenti denominati “investimenti”. Lo Stato italiano non ha nemmeno gli euro per pagare le intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura; i capitalisti italiani hanno sempre meno capitali, e meno voglia di impiegarli a rischio. Ma il mondo, di converso, è sommerso di soldi. Per varie ragioni, non c’è mai stata tanta liquidità disponibile come al giorno d’oggi. Centinaia di miliardi di petrodollari provenienti dai Paesi arabi sono alla ricerca di occasioni (e puntano quasi sempre su Gran Bretagna e Usa); il Giappone sta stampando camionate di yen che cercano altrove rendimenti più interessanti dello zero offerto dai titoli pubblici nazionali; la Cina ha un surplus commerciale folle che da troppo tempo tiene congelato nel dollaro per impedire che esso si deprezzi e quindi soffochi le importazioni americane di prodotti made in China; enormi capitali privati gonfiano a dismisura azioni come Facebook o Apple, ma dall’Italia fanno un giro largo. Nel nostro piccolo, abbiamo decine di miliardi di euro di risparmi italiani “congelati” in liquidità (Bot, conti correnti, conti on line) a rendimento minimo, frenati dalla nostra paura del presente ma anche dalla scarsità di impieghi validi e interessanti. Insomma un fiume di soldi lambisce tante sponde, meno la nostra. Noi italiani siamo stati abituati bene, e male.

Bene nel senso che l’imprenditore ci metteva idee, lavoro e coraggio; ma i soldi arrivavano dalle banche. Queste, per varie ragioni, ora li stanno centellinando. Ci sarebbe la Borsa, strumento di raccolta di capitali: così poco attraente, quella italiana, che vale poco più della metà di quella di Singapore. D’altronde, le (poche) aziende quotate non fanno molta gola; molte altre assai valide non hanno interesse a quotarsi; altre ancora si rivolgono all’estero (New York, Londra, Hong Kong) per trovare capitali. I governi Monti e Letta hanno allora puntato sul settore obbligazionario, che piace tanto agli italiani, che già ora “pesa” dieci volte più dell’azionario e che può essere un valido strumento di sviluppo e di finanziamento delle imprese, anche di medio-piccole dimensioni. Meno guadagni ma anche meno rischi. Vedremo gli sviluppi. Ma dove impiegare questi capitali? Dove possono trovare occasione di fruttare industrialmente? La brutta notizia è che difficilmente si ricreeranno le condizioni per la costruzione di grandi impianti industriali in Italia. Raffinerie, acciaierie, fabbriche chimiche e metallurgiche (alluminio) si stanno spostando inesorabilmente dall’Europa verso l’Asia. Tenersi strette quelle che ancora funzionano sarebbe per noi vitale, ma sta accadendo esattamente il contrario. Costo della manodopera; normative sindacali, di sicurezza, ambientali; facilitazioni fiscali e burocratiche: tutti ostacoli troppo grandi per essere superati o aggirati. Le (poche) grandi fabbriche italiane, quando chiuderanno i battenti,

La grande liquidità presente oggi sui mercati difficilmente viene investita in Italia: si preferiscono altre mete. Ne nasce una grande incetrtezza di investimento per il futuro: da che parte bisognerà andare?

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Attualità

diventeranno definitivamente archeologia industriale. Il futuro è altrove: per un Paese come il nostro viene dalla risorsa-cervello (non ne abbiamo altre). L’invenzione di un meccanismo di guida automatica per l’auto; la nano-molecola con riflessi farmaceutici; il tessuto hi-tech; la pellicola che immagazzina energia solare; un sofisticato sistema di telecomunicazioni… Sarà la ricerca – come sempre – a tracciare la strada: se lo Stato ha poco da investire, allora punti tutte le sue carte su questo tavolo. E “ricerca” non è un modo di dire ma il braccio armato del sistema di istruzione e formazione. Poi l’Italia è patria di eccellenze mondiali che aspettano solo di passare dalla fase semi-artigianale a quella industriale su scala mondiale: la gastronomia (dalla pasta in poi); un agroalimentare che nessun altro ha; uno stile di (bella) vita che si concretizza in moda, accessori, mobili e oggetti d’arredamento, rivestimenti casa, auto e moto da sogno… L’italian style, insomma, ha solo da conquistare il mondo, in quanto difficilmente imitabile. Se l’italian style trascinerà con sé pure il concetto di made in Italy (quindi prodotto qui e non altrove), sarà occupazione e redditi che beneficano l’Italia e non qualcun altro. Non dimentichiamo poi che i prodotti, bisogna saperli vendere: quindi catene di negozi, di ipermercati, marketing a livello mondiale. Cose che sappiamo fare benissimo, ma in piccolo. E su questo americani, francesi, tedeschi, pure i cinesi ci superano. Infine sì: l’Italia è bella, ha una storia incredi30

bile, un patrimonio artistico come pochi altri, una qualità del vivere proverbiale. Insomma turismo. Che va sfruttato appieno con una logica industriale e di lungo periodo: quindi superiamo le logiche “artigianali” della pensioncina sul mare, del chioschetto gelati, della mostra sganciata da ogni altro contesto. Le grandi catene alberghiere le hanno tutti, meno che noi: va bene che “piccolo è bello”, ma rimane pur sempre piccolo. Pompei ce l’abbiamo solo noi, e se fosse negli Usa sarebbe il sito più visitato (e meglio tenuto) del mondo. E qui sta il problema di fondo. La sparizione della grande industria (basti vedere il panorama urbanistico dell’hinterland milanese degli anni Settanta e quello di oggi) trascina nel nulla milioni di posti di lavoro. La Apple – il gigante mondiale dell’informatica – dà lavoro ad appena 13mila persone negli Usa, oltre a 30mila tra commessi di negozio e magazzinieri. Mentre la “vecchia” General Motors stipendia ancor oggi qualcosa come 200mila dipendenti. Insomma il futuro dell’Occidente difficilmente prevederà fabbriche ad alta densità di manodopera, quanto invece occasioni di lavoro per personale altamente qualificato. Qui sta la considerazione finale: l’Italia ripartirà in parte, e in una sua parte. Il Meridione appare perduto: mancano proprio le basi (a cominciare da una rete di Politecnici ad alta qualificazione), manca la possibilità di sfruttare in loco l’intelligenza dei suoi figli. Emigrare sarà una prospettiva che si proporrà per gran parte della gioventù meridionale. Nulla è stato seminato, difficilmente si raccoglierà qualcosa.

L’Italia deve far crescere la propria speranza di produrre reddito e ricchezza, ripartendo dalla grande qualità dell’Italian style. Con fatica e determinazione.


Femminile, plurale

di Anna Pia Viola

Cambiare vita o cambiare per la vita?

«L

a cambio io la vita che… non ce la fa a cambiare me…» così cantava qualche anno fa Patty Pravo, mettendo in musica il bisogno di cambiare le cose, la vita che viviamo, prendendo in mano noi la situazione. Penso che ciascuno di noi abbia sentito la necessità di “uscire dalla propria vita”, di uscire da uno schema, da un modo di vivere che ci sta stretto, da una vita che non è cambiata nonostante siamo cambiati noi. È proprio qui il punto interessante. Quando una situazione, una modalità di affrontare le cose, non risponde più a noi e ci sentiamo soffocati, dolenti, somigliamo a quelle persone che ad una festa con le amiche, esteriormente sono impeccabili, ma il sorriso somiglia ad una smorfia perché… hanno le scarpe troppo strette! Cosa si fa quando ci si accorge che si è uscite con le amiche e le scarpe stanno strette? Si cambia! Le scarpe ovviamente, non le amiche! Per ritornare all’espressione della canzone di Patty Pravo, la tentazione sarebbe di cambiare tutto, di svegliarci al mattino in un altro paese/Nazione, in un’altra famiglia, con un altro lavoro, ecc. Ma non saremmo più noi stessi. Ciò che invece è necessario cambiare sono le “scarpe” con cui si affronta la vita che abbiamo, le situazioni che viviamo, sapendo che non coincidiamo mai con quelle cose. È importante non confondere le “scarpe” con i nostri piedi, con il passo che ci caratterizza e che ci fa muovere. Cambiare scarpe significa riconoscere che non siamo più bambini, che abbiamo “un piede più grande” per affrontare

un viaggio più lungo e in maniera più sicura. Abbiamo un cuore e una mente da adulti, abbiamo un cuore che non può lasciarsi ferire da ogni situazione sgradevole, abbiamo una mente che è capace di pensieri nuovi e che ha lasciato i rancori e i pensieri di vendetta propri di un animo piccino. Ecco, cambiare scarpe significa attrezzare il nostro cuore, avere pensieri, modi di vedere le cose, che sono adeguati alla nostra persona oggi. Noi non siamo le situazioni, le malattie, i licenziamenti, noi dobbiamo affrontarli con risorse nuove. Siamo persone in continua crescita, cambiamento, siamo capaci di vedere le cose da prospettive diverse. Dinanzi al mare, o alla montagna, che stanno lì da millenni, siamo noi che

impariamo il modo di affrontarli. E se da bambini strillavamo al solo contatto con la sabbia calda, ora non vediamo l’ora di abbrustolirci al sole, anche senza filtri solari. Gli esempi si possono moltiplicare, ma è sufficiente per esprimere ciò che voglio dire: non è la “vita” a dover essere cambiata, ma siamo noi che crescendo, maturando, facendo tesoro delle mille fregature prese, siamo già cambiati e resi più consapevoli che la vita sarà fatta sempre di delusioni, sofferenze, oltre che di gioie inaspettate. E ben venga questa vita, tanto non sarà lei a cambiare me, sono io che grazie a lei sarò sempre diversa, con uno sguardo già cambiato per affrontare una vita che altrimenti «…non ce la fa a cambiare me». 31


Giovani

“Speranza che sorge” ecco il popolo della

«C’

di Barbara Milanese

è una nuova primavera: è speranza che sorge ormai!» canteranno così i due milioni di giovani che alla fine del mese di luglio converranno da tutto il mondo a Rio de Janeiro per la ventottesima Giornata Mondiale della Gioventù. Il tema della speranza sarà centrale in questo evento, per il quale si è temuto in termini di sicurezza, dopo le proteste violente vissute dal Brasile in occasione della recentissima “Confederation Cup” di calcio. Un evento che, invece si avvia ad essere ancora una volta una grandissima festa, che, più che in ogni altra occasione, avrà al centro la presenza e i discorsi di papa Francesco, che in questa occasione lascia per la prima volta il Vaticano dopo la sua elezione. Una visita alla favela di Manguinhos (25 luglio), quella a un ospedale dove si trattano malati di Aids (24 luglio), e un incontro con un gruppo di giovani detenuti (26 luglio): sono questi alcuni degli appuntamenti inseriti nel programma di papa Francesco in Brasile. Si tratta di eventi che, se da una parte denotano quella particolare pre32

GMG

dilezione di papa Bergoglio verso i poveri, che sta caratterizzando, sin dai primi momenti, il suo pontificato, dall’altra confermano quel carattere sociale che la GMG brasiliana ha sempre rivendicato. Il viaggio del Pontefice avrà una durata di sette giorni: partenza il 22 luglio dall’aeroporto di Ciampino (Roma) e rientro in Italia nella mattinata del 29, con un A330 dell’Alitalia, come all’andata. Oltre a Rio, papa Francesco farà tappa anche al santuario mariano di Aparecida (24 luglio). Il programma del viaggio prevede in tutto 15 tra omelie e discorsi del Pontefice. L’arrivo all’aeroporto Galeao di Rio è per le 16 del 22 luglio, quando ci sarà l’accoglienza ufficiale. Alle 17, quindi, la cerimonia di benvenuto nel giardino del Palazzo Guanabara a Rio, cui seguirà la visita di cortesia alla presidente della Repubblica Dilma Rousseff. Saranno presenti anche il governatore dello Stato di Rio de Janeiro, Sérgio Cabral, e il sindaco della città, Eduardo Paes. Il giorno successivo sarà di totale riposo per il Pontefice, necessario anche a superare il fuso orario. Il soggiorno avverrà nella residenza privata di Su-

Una carrellata delle scorse edizioni della GMG con la preziosa presenza di papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. A destra un’immagine della “croce della GMG” in uno dei tanti pellegrinaggi che fa in tutto il mondo.


L’evento della Giornata Mondiale della Gioventù 2013 ha al centro, ancora una volta, l’idea di pellegrinaggio, di accompagnamento dei giovani all’incontro con Cristo. Ma mai come in questa edizione la presenza e gli interventi del Papa, che compie il suo primo viaggio internazionale, saranno lo “spartito” di una emozionante sinfonia corale.

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Giovani maré a Rio, che ha già ospitato Giovanni Paolo II nelle sue due visite in Brasile, nel 1980 e nel 1997. Si tratta di un luogo riservato, tranquillo, lontano dal caos della città. La mattina del 24 luglio papa Francesco si recherà in elicottero presso Nostra Signora della Concezione di Aparecida, il santuario mariano più grande del mondo. Secondo il Comitato organizzatore della GMG di Rio, la visita nasce da una richiesta personale del Pontefice al cardinale Dom Raymundo Damasceno, presidente della Conferenza episcopale del Brasile nonché arcivescovo di Aparecida. Alle 10.30, dopo aver pregato davanti all’immagine della Madonna, il Papa celebrerà la Messa. Subito dopo è previsto il pranzo nel Seminario Bon Jesus con al seguito, i vescovi della Provincia e i seminaristi locali. La giornata terminerà con la visita (ore 18.30) all’ospedale San Francesco d’Assisi (struttura con 350 medici, 500 operatori sanitari, circa 1.000 posti letto, 75 di terapia intensiva e 11 sale operatorie). Qui papa Bergoglio inaugurerà il Polo di Salute Mentale (Pai), incentrato sul recupero e la dipendenza dalle droghe, che sarà uno dei lasciti della GMG di Rio. È fissato per giovedì 25, alle 18, il primo appuntamento della GMG, ovvero la festa di accoglienza dei giovani sulla spiaggia di Copacabana. Nella mattinata al Pontefice verranno consegnate le chiavi della città, subito dopo la benedizione delle bandiere olimpiche dei prossimi Giochi di Rio 2016. Particolarmente atteso sarà l’incontro con

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la comunità di Varginha, che vive all’interno della favelas di Manguinhos, a nord di Rio. Nel 1980 Giovanni Paolo II visitò quella di Vidigal nella zona sud. La baraccopoli di Manguinhos, con i suoi 35 mila abitanti, è una delle favelas più note di Rio, incastrata tra una strada molto trafficata e un ex raffineria di petrolio, nei pressi dell’aeroporto principale e di basi militari. Alle spalle una lunga storia di violenza legata alla droga, ma un’offensiva della polizia, alla fine dell’anno scorso, ha estromesso i trafficanti di droga e di armi, riducendone di fatto la violenza. Il giorno successivo alle 10, nel parco della Quinta da Boa Vista, il Pontefice confesserà quat-

Atteso da milioni di giovani di tutto il mondo a Rio, papa Francesco si è già fatto conoscere in questi primi mesi di pontificato per la sua capacità di essere essenziale nei suoi gesti ed estremamente affettuoso e carico di calore umano, specialmente con i piccoli.


Il Concilio dei giovani Maria Rosa Poggio, antropologa culturale: «Soprattutto in questo periodo storico, i giovani hanno la possibilità grande di poter comunicare con un numero straordinario di coetanei, di uomini e di donne, incontrati nelle strade e nelle piazze di questo mondo, sia materiale che digitale. A loro, futuro della Chiesa, è affidato il messaggio della Parola di Dio che, attraverso di loro, cammina per le strade del mondo». Alta 38 metri e pesante più di mille tonnellate, la statua del Cristo Redentore domina dalla cima della montagna del Corcovado la città di Rio de Janeiro. È ai suoi piedi che si terrà la XXVIII Giornata mondiale della gioventù in programma nella metropoli brasiliana, dal 23 al 28 luglio, sul tema “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Circa due milioni i giovani attesi da ogni continente. In preparazione della GMG abbiamo intervistato Maria Rosa Poggio, antropologa culturale impegnata nell’educazione della cultura cristiana e nella catechesi dei giovani, autrice del volume “I want you. Chiamata e missione, l’avventura dei dodici continua” pubblicato dalla Libreria editrice vaticana. Per i giovani di oggi è ancora attuale la chiamata di Gesù ad evangelizza­ re i popoli? Lo è sempre. Oggi come allora ogni persona a cui giunge la Parola di Dio è chiamata a rispondere a Gesù che dice: «Vieni e seguimi». È questa una chiamata rivolta a tutti, e ad ognuno. “Seguimi tu, proprio tu, non un altro/a”. La chiamata di Gesù giunge attraverso la Chiesa intesa non solo come gerarchia, pur necessaria, ma come grande famiglia dei figli di Dio, tutti ugualmente chiamati a evangelizzare coloro a cui ancora non è giunta: «Guai a me se non portassi il Vangelo». I giovani sono particolarmente interessati a questa chiamata che struttura tutta l’esistenza. Soprattutto in questo periodo storico, hanno la possibilità grande di poter comunicare con un numero straordinario di coetanei, di uomini e di donne,

incontrati nelle strade e nelle piazze di questo mondo, sia materiale che digitale. A loro, futuro della Chiesa, è affidato il messaggio della Parola di Dio che, attraverso di loro, cammina per le strade del mondo. A Rio migliaia di ragazze e ragazzi si ritroveranno sotto le braccia aperte del Cristo Redentore del Corcovado. Quale contributo possono dare i gio­ vani alla Chiesa? Le braccia aperte del Cristo Redentore possono simboleggiare sia l’accogliente abbraccio di Dio tramite suo Figlio, sia l’invio in missione a tutte le genti. I giovani sono la grande coscienza critica della Chiesa e la speranza del suo futuro. La Chiesa è chiamata in ogni generazione a rinnovare l’annuncio, fedele allo stesso messaggio della salvezza che Gesù affidò ai Dodici. In ogni generazione, e oggi più che mai, la Chiesa ha bisogno di forze, menti, cuori giovani, del coraggio, della parresia e della creatività, di cui le nuove generazioni sono capaci. I giovani possono e devono tradurre e testimoniare il messaggio sempre identico della fede in modo tale che le genti di tutti i continenti possano comprendere ed accogliere, anche oggi, la chiamata di Gesù. Papa Francesco ha invitato più vol­ te i giovani ad essere liberi, andare controcorrente e occuparsi dei pove­ ri. Una sfida difficile? I giovani sono da sempre più sensibili alle necessità dei fratelli: da sempre sono capaci di grande generosità, di slancio, di entusiasmo, anche a costo

di intraprendere strade difficili e scomode. La scelta cristiana, senza dubbio affascinante, è scomoda e può risultare di per sé contro corrente nel mondo attuale. Questo mondo ha bisogno di valori autentici e condivisi: la proposta della fede cristiana è, in questo senso, una risposta sempre giovane, credibile, attuale. Oggi i giovani fanno l’esperienza materiale della vuotezza dei miti economici dei “forti” e possono scegliere di dedicarsi affinché, attraverso di loro, s’incarni l’amore di Dio che si rende presente ai suoi figli e perché prevalga la giustizia e la condivisione fraterna. I giovani possono comprendere tutto questo e sono desiderosi di mettersi alla prova. È una Chiesa, quella di oggi, capace di accogliere e ascoltare i giovani? Sempre e in tutte le culture, i giovani devono sgomitare per farsi spazio, per andare avanti, per ottenere ascolto. D’altra parte la Chiesa ha da sempre bisogno di rinnovarsi per rimanere fedele al mandato di Gesù Cristo. La GMG sorta per intuito profetico di Giovanni Paolo II è una sorta di “Concilio dei giovani”, nel quale la gerarchia ascolta, accoglie e annuncia il Cristo alla comunità dei giovani e li invita a farsi tramite della fede annunciata e vissuta. Lo Spirito parla alla Chiesa anche attraverso i giovani che ricercano il senso della vita, che invocano valori e vissuti credibili, che parlano della loro quotidiana esperienza di nuovi protagonisti dell’umana avventura e che sollecitano la Chiesa a proporsi in modo sempre credibile agli uomini nella storia. 35


Giovani tro giovani pellegrini. Alle 11.30, nel Palazzo arcivescovile St. Joaquim, avrà luogo un breve incontro con alcuni giovani detenuti, cui seguirà la recita dell’Angelus. Il Papa saluterà, poi, il Comitato organizzatore della GMG e rimarrà a pranzo con i giovani. Alle 18, di nuovo sul lungomare di Copacabana, la Via Crucis con i giovani. Il 27 luglio è il giorno della Veglia, preludio alla celebrazione finale. Alle 9, è in programma la Messa con i vescovi della GMG, i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi nella cattedrale di San Sebastiano. Alle 11.30, l’incontro con la classe dirigente del Brasile nel Teatro Municipale. Alle 13.30, il pranzo con i

cardinali brasiliani, la presidenza della Conferenza episcopale e i vescovi della Regione, nel Centro Studi di Sumaré. Quindi, alle 19, la Veglia di preghiera con i giovani nel Campus Fidei a Guaratiba. Nella giornata conclusiva tutto ruoterà intorno alla Messa finale della GMG (ore 10) sempre

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nel Campus Fidei, seguita dall’annuncio della città ospitante la prossima GMG internazionale e dalla preghiera dell’Angelus. Nel pomeriggio, alle 16, l’incontro con il Comitato di coordinamento del Celam (Consiglio episcopale latino-americano), alle 17.30 quello con i rappresentanti dei 60mila volontari della GMG. Infine, alle 18.30, la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale Galeao. Alle 19 è prevista la partenza per Roma, dove il Papa arriverà lunedì 29, alle 11.30. Ogni edizione della GMG è concepita come un pellegrinaggio che mira a mettere i giovani in relazione con Cristo e ad aiutarli a vivere un

Un’altra caratteristica di papa Bergoglio particolarmente cara ai giovani è proprio la sua schiettezza e il suo desiderio di confronto con la verità della Chiesa e del mondo.


PIANETA GIFRA E ARALDINANDO Notizie in breve

CON TE… COMINCIA LA VITA!!

dopo il servizio fatto nel convegno nazionale Araldini), con il Gifraevento Adolescenti, a fine luglio a Manfredonia. Nell’anno fraterno dedicato a “Ora tocca a noi” è stato pensato un Gifraevento che permettesse di incontrare luoghi e persone significativi per la storia e la vita di Francesco e per la famiglia francescana. Ed è così che il Gifraevento passerà per San Giovanni Rotondo per incontrare san Pio da Pietralcina ed accostarsi al grande tema della malattia e della sofferenza, spesso alimentata dall’indifferenza altrui. Monte Sant’Angelo è il luogo di san Michele, compagno di viaggio per Francesco che gli era molto devoto e vicino. Infine la sperimentazione del silenzio, della preghiera per mettersi in ascolto della Parola ed accostarsi alla riconciliazione reciproca negli eremi di Santa Maria di Pulsano.

Ecco il titolo del 22° convegno nazionale degli Araldini d’Italia che si è svolto, come sempre, ad Assisi dal 10 al 14 luglio. Due le strutture che ospitano i bambini e i ragazzi, accompagnati dai responsabili e animatori OFS e Gi.Fra., a Rivotorto e a Santa Maria degli Angeli. Quest’anno il percorso si sviluppa con l’accompagnamento di Pinocchio, in un viaggio alla ricerca delle proprie emozioni, e con il “figliol prodigo”. Entrambi sono figura evidente del “viaggiatore” nel grande mondo delle proprie emozioni. Entrambi possono dire ai bambini e ai ragazzi quanto ciò che conta davvero è viaggiare, al di là degli errori e delle cadute che si possono fare. Ma è solo – così racconta il titolo dell’evento – in “buona” compagnia che questo viaggio riceve significato e una direzione sempre più vera e sempre più chiara. Come sempre il convegno offre momenti di gioco, di riflessione e di incontro, in alcuni casi suddivisi per fasce d’età per garantire a tutti quanti un percorso di crescita personalizzato e ben indirizzato per la loro situazione di vita. Nel prossimo numero tutti gli approfondimenti e la consueta “galleria” di immagini! GIFRAESTATE La Gifraestate 2013 è estremamente ricca, di eventi, di incontri, di significati. Si parte, come sempre (ovviamente incontro personale con Lui. In questo cammino, le catechesi hanno un ruolo centrale e sono sempre più frequentate dai giovani che attraverso di esse vengono aiutati a non fermarsi alla superficie dell’evento. Il tempo di catechesi offre loro l’occasione di ascoltare una parola di fede, nella loro lingua, invitandoli a entrare in una relazione personale con Cristo, in comunione con altri. Oltre alla predicazione del vescovo, sono molto importanti le testimonianze e i momenti di scambio. Anche a Rio, le catechesi si concentreranno in 3 mattinate – mercoledì 24, giovedì 25, venerdì 26 luglio – dalle 9,30 alle 13,00. Ogni giorno un

E la grande Gifraestate si conclude con “Abbiamo trovato casa!” il Gifraevento con Capitolo nazionale elettivo che si svolge tra Osimo, Loreto ed Assisi dal 7 all’11 agosto, sotto il “patrocinio” di Chiara d’Assisi. Proprio ad Assisi, a partire dal pomeriggio del 9 agosto, infatti si celebra il momento capitolare con le relazioni conclusive del mandato, la verifica del lavoro del consiglio uscente e la successiva elezione del consiglio nazionale che guiderà la Gi.Fra. d’Italia per il prossimo triennio.

tema diverso, collegato al tema generale della GMG, viene illustrato tramite le testimonianze, la catechesi del vescovo, lo scambio (domande e risposte) e l’omelia della messa. Anche in questa edizione brasiliana, la Giornata Mondiale della Gioventù sarà un’occasione di incontro e di testimonianza per i giovani francescani di tutto il mondo. Sono previsti quattro momenti forti: l’Incontro Internazionale della Gioventù Francescana in programma dal 17 al 20 luglio nella città di São João del Rei; lo Stand vocazionale, che si svolgerà tra il 23 e il 28 luglio, dalle 10 alle 8 di sera, a Quinta da Boa Vista, a Rio de Janei37


Giovani

Amico degli ultimi e desideroso di comunicare, Francesco, non mancherà di accogliere con amore i tanti giovani che lo attendono per fare festa insieme e ricevere da lui parole di amore utili per crescere felici.

ro; lo Spazio francescano – Meeting Place, dove ci saranno spettacoli musicali e artistici, workshop, spazio per la preghiera e la riflessione e saranno offerte principalmente nella più profonda comunione fraterna. Giorni 23, 25 e 26 luglio, dalle 10 alle 19:00. Infine l’incontro con i Ministri Generali Francescani il 24 luglio alle 15.00, nella Chiesa di San Sebastian, nel quartiere di Tijuca, a Rio. In Brasile i giovani italiani saranno rappresentati da settemila loro connazionali. Ma anche per chi resta in Italia, le occasioni di mettersi in sintonia con quanto accade al di là dell’oceano sono molteplici e importanti. Se i giovani francescani (vedi 38

box) vivranno proprio nei giorni della GMG il loro “evento estivo” molte delle regioni ecclesiastiche italiane stanno organizzando vere e proprie Giornate regionali della Gioventù (GRG) sabato 27 e domenica 28 luglio. «È la prima volta, una novità – spiega don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile – che si parla di “GRG”, di Giornata Regionale della Gioventù. La GMG di Rio ha smosso il territorio in modo diverso dal passato, e sta mettendo insieme vescovi, diocesi e giovani. Un “sommovimento” che trae origine dalla GMG di Madrid, molto partecipata e vissuta dai giovani».


Lessico dell’anima

L’unità della fede N

el febbraio scorso papa Benedetto scelse di farsi da parte per permettere a un successore di reggere con maggiore energia la barca di Pietro. Dopo lo stupore iniziale, la sua decisione raccolse consensi e ammirazione per una semplicità disarmante. La semplicità sembrò accompagnare anche l’esordio del suo successore, card. Bergoglio, a partire dalla scelta del nome e dai primi gesti pubblici. L’esplicito riferimento a Francesco d’Assisi evocò subito la memoria del Vangelo, di una vita semplice, di mitezza e misericordia, di attenzione ai minori della società, ma anche di riforma della Chiesa che sembra «andare in rovina». Il cammino pastorale di papa Francesco si riallaccia a quello del Concilio, da una Chiesa ripiegata su se stessa a una Chiesa aperta, che esce dal tempio per andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali del peccato, del dolore, dell’ingiustizia e di ogni forma di miseria. Con una sorta di mini-magistero quotidiano, sprona tutti i credenti, soprattutto i pastori, continua a «fare ponti e non costruire muri», si mostra felice quando incontra le folle, accetta che papa Benedetto, che lo ha preceduto, gli viva accanto, rendendo con lui testimonianza dell’unità della fede. Alla luce della fede Oggi non ci meravigliamo che la prima enciclica di papa Francesco, Lumen Fidei, sia stato scritto, per così dire, con la mano di due Pontefici. Al di là delle differenze di sensibilità e di stile, si può notare la continuità del messaggio di Francesco con il magistero di Benedetto: «Queste considerazioni sulla fede intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVI ha scritto

nelle Lettere encicliche sulla carità e sulla speranza. Egli aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi» (n. 7). La luce che proviene dalla fede, dalla Rivelazione che Dio fa di sé in Gesù Cristo e nel suo Spirito, illumina la realtà quotidiana e ci aiuta a riconoscere che essa porta in sé i segni dell’iniziativa di Dio; illumina «tutto il percorso della strada» (n. 1), «tutta l’esistenza dell’uomo» (n. 4). Si tratta di un dono che non può essere presupposto «come un fatto scontato», ma che deve essere continuamente «nutrito e rafforzato» (n. 6); «non ci separa dalla realtà, ma ci permette di cogliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ama questo mondo e lo orienta incessantemente verso di Sé; e questo porta il cristiano a impegnarsi, a vivere in modo più intenso il cammino sulla terra» (n. 18). Di fatto, quando non pensiamo, non agiamo, non amiamo con la forza della fede in Dio, non contribuiamo ad edificare un mondo più umano. La fede è un bene comune L’Enciclica si divide in quattro parti, come quattro scene di un’unica opera. Dalla fede di Abramo, che nella voce di Dio «riconosce un appello profondo, iscritto da sempre nel profondo del suo essere» (n. 11), si passa alla fede del popolo di Israele, che mostra un continuo passaggio dalla tentazione e dall’adorazione degli idoli, al racconto dei benefici di Dio e «al compiersi progressivo delle sue promesse» (n. 12); fino alla storia di Gesù, in cui la storia di Israele si raccoglie. Con Lui

Fra Giorgio Tufano

la fede raggiunge la pienezza; essa ci fa riconoscere che Dio non è rimasto lontano, ma, uno di noi, rimane presente in mezzo a noi in Gesù Cristo morto e risorto. Poi l’Enciclica pone con forza la questione della verità che si colloca «al centro della fede» (n. 23). La fede riguarda perciò anche la conoscenza della realtà: «Senza verità, la fede non salva… resta una bella fiaba… o si riduce a un bel sentimento» (n. 24). Aprendoci all’amore che viene da Dio, la fede trasforma il modo di vedere le cose; anche se all’uomo moderno non sembra che la questione dell’amore abbia a che fare con la verità «amore e verità non si possono separare» (n. 27). In realtà, «la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude» (n. 34) agli studi della scienza, come alla ricerca di ogni uomo sinceramente religioso. Chi si mette in cammino per cercare la verità «già si avvicina a Dio» ed è «sorretto dal suo aiuto» (n. 35). Di fatto, la fede, evento che tocca intimamente la persona, non rinchiude l’io in un isolato rapporto con Dio; essa «nasce da un incontro che accade nella storia» (n. 38) e «si trasmette… nella forma del contatto, da persona a persona» (n. 37). Ne trae vantaggio la stessa vita sociale, grazie al rispetto d’ogni persona e della sua libertà, grazie alle risorse di compassione e di riconciliazione offerte dalla vita di fede per il conforto delle sofferenze e la composizione dei conflitti: «Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune» (51). Essa ci aiuta a ritrovare la radice della vera fraternità; l’universale fratellanza, infatti, «privata del riferimento a un Padre comune quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere» (n. 54). 39


Mondo

Diciamo “no” alla

TORTURA La Commissione di Giustizia e Pace dei fratelli e delle sorelle dell’OFS del Nord America, per il mese di giugno si è data l’impegno di sviluppare la consapevolezza sulla tortura. È tempo che anche l’OFS d’Italia si unisca alle tante voci della società civile affinché anche nel nostro paese la tortura sia definita chiaramente come reato. di Attilio Galimberti

L’

OFS è una fonte ricchissima di ispirazione e di sensibilizzazione, di proposte e di inviti ad aprire gli occhi sul mondo che ci circonda e a diventare sempre più attori portatori di cambiamento piuttosto che spettatori lontani ed estranei. «I care», il motto che don Milani aveva esposto nell’aula della scuola di Barbiana, e che la forma di vita della Regola OFS declina nei suoi aspetti più profondi, deve diventare anche per noi fonte di ispirazione e di azione. La Commissione di Giustizia e Pace dei nostri fratelli e delle nostre sorelle del Nord America, per il mese di giugno si è data l’impegno di sviluppare la consapevolezza sulla tortura. Di primo acchito sembrerebbe un invito a meditare sul passato e su un passato neanche troppo vicino. La parola tortura richiama il medioevo o popoli e nazioni che definiamo incivili ma, entrando un 40


Ancora oggi nel mondo molte sono le torture inflitte agli uomini e alle donne, con molti strumenti, dai più antichi ai più moderni.

po’ più nel tema ci possiamo rendere conto di come la tortura sia ancora, e molto, presente ai nostri giorni e, cosa ancora più scioccante che lo sia anche tra i paesi cosiddetti civili. Forse non a tutti è poi noto che nell’ordinamento legislativo italiano è assente il reato di tortura. Ne siete meravigliati, scandalizzati o peggio? Allora è tempo di approfondire l’argomento e, diventandone consapevoli, unirsi a quelle forze ed associazioni che stanno avviando azioni perché anche da noi il reato di tortura venga espressamente previsto e sancito dal codice penale. Per entrare nell’argomento, facciamoci guidare dalla riflessione di Carolyn Towes, dell’OFS del Nord America, che già avete conosciuto per la sua riflessione/proposta sul tema della nonviolenza. Ecco quanto Carolyn propone: Vi ricordate di quando, bambini, vi facevano il solletico fino a quando non

riuscivate più a stare in piedi? Qualcuno, più vecchio e più forte vi solleticava fino a quando non gridavate “uncle” quale segno di resa. Forse eravate voi quelli che facevano il solletico. Qualunque fosse la circostanza, benché fosse un atto apparentemente innocuo, esso rendeva senza alcun potere la persona che veniva solleticata. Per fermare il solletico, dovevate arrendervi alle richieste del solleticatore. Sono sicura che tutti noi abbiamo, nei nostri ricordi di infanzia, fatti simili. Ciò che mi colpisce di questo fatto è che, sebbene chi è solleticato rida, il suo riso sia il risultato di una forzatura a farlo. Nella nostra società moderna del

post 11 Settembre, ciò che veniva normalmente considerato apparentemente innocuo ha assunto un altro tono. Anni fa i giornali e le riviste erano illustrati da moltissime fotografie che ritraevano, con bellissimi colori, momenti di serenità. Oggi, il mondo e quindi anche i giornali e le riviste e le loro fotografie, sono associati alla violenza delle armi. Negli Stati Uniti non si può pensare di fare uno scherzo, anche innocente, che faccia scoppiare qualche cosa senza correre il rischio di essere arrestati. E anche il togliere a qualcuno il potere dell’informazione è riconosciuto essere una tortura. 41


Mondo

La società civile italiana si sta muovendo perché anche in Italia sia riconosciuto e, di conseguenza, punito il terribile reato di tortura, purtroppo ad oggi ancora permesso dal Codice di Diritto Penale.

abbastanza sicura per riemergere nella mia vita. Oggi posso ancora dire che occasionalmente, eccitato da un ricordo, da un suono, un odore, una parola o una frase, scatta in me un meccanismo che mi riporta a quei momenti di impotenza. Ancora una volta mi richiudo e mi ritiro. Qualcuno definisce questo tipo di comportamento come disordine da stress postraumatico, io lo definisco come la mia nuova normalità anche se in quelle esperienze sconvolgenti, non posso dire di aver conosciuto il trauma della tortura – della tortura Il primo principio della Dottrina Sociale della Chiesa parla della vita e della dignità della persona umana: «La Chiesa Cattolica proclama che la vita umana è sacra e che la dignità della persona è il fondamento di una visione morale della società. Il nostro credo nella santità della vita umana e nella inerente dignità della persona è il fondamento di tutti i principi della nostra dottrina sociale». Questo principio parla della santità e della sacralità della vita umana – di tutta la vita umana, dal concepimento alla morte naturale. I nostri modi di pensare e i nostri comportamenti possono essere cambiati nel tempo ma questo primo principio è ancora fermo. L’apostolo Paolo ammonisce chiaramente nella sua lettera ai Romani: «Non rendete a nessuno male per male; cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti». Per quel che mi riguarda, nella vita ho avuto delle esperienze dolorose traumatiche. Durante quei periodi, tutto quello che potevo fare era di richiudermi in me stessa – impotente, senza difese e senza aiuti. Non potevo né reagire né rispondere. C’era oscurità, uno spazio vuoto entro cui mi ritraevo e rimanevo fino a che non mi sentivo 42


sistematica – quella che può durare giorni, settimane e mesi, fino alla fine. E allora, cosa è la tortura? La parola “tortura” viene dal Latino “torquere”, che significa torcere. Fin dal 1973, Amnesty International ha adottato la definizione più semplice ma anche più ampia che definisce la tortura come «la sistematica e deliberata inflizione di una sofferenza acuta da parte di una persona su di un’altra o su una terza persona, per realizzare il proposito del primo sulla volontà del secondo…». La Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura definisce la tortura in modo più restrittivo come «qualsiasi atto con il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale». Questa definizione è stata ristretta per essere applicata soltanto alle nazioni e alla pratica della tortura appoggiata dai governi e, chiaramente, limita la tortura a quella perpetrata, direttamente o indirettamente, da coloro che agiscono in posizione ufficiale. Oggi siamo consapevoli che la tortura è stata praticata per secoli: i Nativi Americani torturavano le loro vittime togliendogli lo scalpo e i primi Giudei venivano impalati. Altrettanto amaramente constatiamo che nel nostro tempo nulla è cambiato se non per i metodi utilizzati, decisamente più “raffinati”, come l’umiliazione sessuale, lo stupro, l’elettro-shock, l’utilizzo di droghe che alterano la mente, botte, l’utilizzo di cani, il confino in isolamento e da ultimo l’infame tortura dell’acqua o waterboarding, durante la quale le vittime hanno la sensazione di annegare. L’elenco potrebbe benissimo continuare ma il punto comune in tutte queste forme di violenza – indipendentemente dalle epoche storiche in cui sono state o vengono praticate – è quello che con la tortura si vuole infliggere una fortissima sofferenza per poter ottenere il risultato cercato. Negli Stati Uniti si è avuta piena consapevolezza della tortura nel 2004 quando hanno avuto una larga diffusione sui mezzi di comunicazione le scioccanti fotografie che mostravano gli abusi dei soldati Americani sui prigionieri di Abu Grahib in Iraq. Secondo l’associazione Torture Abolition and

Survivor Support Coalition (TASSC), la tortura, oggi, nel mondo, viene praticata da più di 150 governi e, subiscono le torture gli avversari considerati tali sia per motivi politici che anche per motivi non politici. Mentre molte delle tecniche ereditate dal medioevo non vengono più utilizzate, le tecniche moderne di tortura sono altrettanto crudeli, inumane e dolorose per le vittime. Le tecniche di tortura moderne sono poi sviluppate in modo da non lasciare alcun segno, o di lasciarne pochissimi, per evitare futuri processi per questo crimine. Probabilmente a questo punto direte che, va bene ma noi non siamo funzionari del governo che si mettono a torturare le persone per raccogliere

informazioni e non utilizzeremmo su nessuno l’elettro-shock o le droghe che alterano la mente. Io non mi metterò a torturare nessuno con il waterboarding. Sicuramente questi non sono il vostro caso, quindi ritorniamo più vicini a noi. In quanto cristiani cattolici, abbiamo il dovere morale di opporci ad ogni comportamento che possa far male ad un altro essere umano. In quanto francescani questo dovere morale si allarga a tutto il Creato. Nel mio giardino possono anche non esserci funzionari governativi che cercano di carpire informazioni da un prigioniero di guerra ma ci possono certamente essere bande o gruppi di odio. Tutte le grandi religioni del mondo credono nei diritti inalie43


Mondo

Diversi sono i modi di infliggere torture agli uomini. Il nostro pensiero va a Cristo, il torturato per eccellenza, vicino ad ogni uomo ed ogni donna che soffrono per questi terribili maltrattamenti.

nabili e nella sua dignità della persona umana e che tutti sono stati creati uguali da un Dio amorevole e compassionevole. Quando siamo in grado di riconoscere la tortura o un qualsiasi atto di violenza nella nostra vita quotidiana, allora possiamo iniziare a crea­ re quei cambiamenti che aboliranno la violenza e creeranno una cultura di pace e di compassione. Proprio come è atto di violenza quello di parlare ad un altro con rabbia così la tortura può diventare atto di violenza quotidiano (o atti quotidiani di tortura). «Abbiano inoltre rispetto per le altre creature, animate ed inanimate che “dell’Altissimo portano significazione”…», così recita la nostra Regola, Articolo 18. Keith Best, Direttore esecutivo di 44

Freedom from Torture, un’organizzazione che aiuta chi sopravvive alla tortura a ricostruirsi una vita, descrive la tortura come «un assassinio che non si prende la vita: il suo proposito è quello di distruggere la personalità umana e lasciare le vittime in una condizione che le fa sentire meno che umane. Egli poi continua dicendo che è necessaria una campagna universale contro la tortura che equivalga a quella contro la schiavitù. Non potremo mai dirci civilizzati fin tanto che, in qualche angolo nel mondo è tollerata e praticata questa oscenità». Un esempio di un atto di tortura presente nella vita di tutti i giorni è quello del bullismo. Ancora quando pensiamo al bullismo, ripensiamo ai nostri

giorni di scuola quando qualcuno più grosso e più forte ci avrebbe inflitto pene emotive o fisiche. E il bullismo continua anche nella età adulta – con atti di molestia, di stalking, di abusi in casa e sui luoghi di lavoro, di intimidazione e di persecuzione. Una forma minacciosa e sottile di intimidazione è quella del sarcasmo. Ci sono poi sempre più crescenti incidenti di bullismo fisico, emotivo, intellettuale e cibernetico. Ma qualunque ne sia il tipo, il bullismo è ancora violenza ed ogni violenza è contro il rispetto della vita e della dignità della persona umana. L’associazione Torture Abolition and Survivor Support Coalition (TASSC), la sola organizzazione fondata negli Stati Uniti da e per i sopravvissuti alla tortura, è stata aperta nel 1999 dalla suora Orsolina Dianna Ortiz, cittadina Statunitense e missionaria che, in Guatemala, nel novembre del 1989, è stata violentata e torturata. La missione di TASSC è quella di porre fine alla pratica della tortura qualunque sia il posto dove essa viene praticata e sostenere i sopravvissuti, le loro famiglie e le loro comunità. Nel suo libro “Gli occhi bendati: il mio viaggio dalla Tortura alla Verità” suor Dianna afferma che mentre lavorava quale missionaria in Guatemala era stata sequestrata dalle forze di sicurezza e portata in luogo segreto nella capitale dove è stata torturata. Come lei racconta nel suo libro, il poliziotto che per primo l’ha arrestata è stato anche il primo a violentarla per poi affermare con un ghigno di soddisfazione: «Il tuo Dio è morto». E, come lei ricorda, ha pensato che assieme a Dio era morta anche lei! «Tutto ciò che mi definiva un essere umano aveva cessato di essere…». Nel libro poi aggiunge che le persone che erano considerate minaccia per lo status quo, venivano sequestrate e torturate e questo aveva una frequenza di circa due persone


al giorno. È una testimonianza che è come un pugno nello stomaco ma che ci deve far riflettere profondamente e spingerci all’azione. Lasciamo Carolyn e torniamo a noi. Il 26 giugno 1997, per commemorare il 10° Anniversario del giorno in cui la Convenzione Contro la Tortura è divenuta esecutiva, le Nazioni Unite hanno proposto la Giornata Internazionale per le Vittime della Tortura. Da allora giugno è divenuto il mese perché ci si renda consapevoli della Tortura – un periodo per reimpegnarsi, in quanto fedeli, a porre fine alla tortura ovunque ed in qualunque forma si presenti. Il nostro paese si è impegnato a reprimere il crimine di tortura ratificando la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. L’articolo 5 di tale Dichiarazione infatti proclama solennemente che nessun individuo dovrà essere sottoposto alle suddette pratiche. A livello di convenzione, quindi, e con valore vincolante, l’Italia si è impegnata a introdurre tale reato nel suo ordinamento penale e tale impegno è stato rafforzato nel 1950 quando ha aderito alla Convenzione europea dei diritti umani che all’articolo 3 sancisce che «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti». Molti altri sono i trattati internazionali firmati dall’Italia a questo riguardo ma, purtroppo e come ci capita spesso, l’Italia si dimostra ad oggi ad essi inadempiente. Ricordiamo soltanto tra i molti, il Patto sui diritti politici e civili del 1966, ratificato dall’Italia nel 1978 e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, firmato dall’Italia nel 1985. Da ultimo la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 10 dicembre 1984 e ratificata dall’Italia il 12 Gennaio 1989 ha disposto l’obbligo, per gli Stati, di legiferare affinché qualunque atto di tortura fosse espressamente ed immediatamente contemplato e punito come reato nel diritto penale interno, in ossequio all’articolo 1 di detta convenzione. Come abbiamo detto, e malgrado i numerosi progetti di legge proposti, ad oggi l’Italia non ha ancora introdotto tale reato nel suo codice penale. Tra le motivazioni che governi e partiti hanno portato per giustificare

tale ritardo, vi è quella di rispettare la necessità di misure che non ostacolassero l’autonomia delle forze dell’ordine. Sembra a questo punto che, con questi continui ritardi e persistente mancata introduzione di questo reato, lo Stato voglia difendere se stesso. Abbiamo infatti visto come il reato di tortura infatti, così come è definito a livello internazionale sia un reato compiuto esclusivamente da parte di un pubblico ufficiale verso un terzo. Non è pertanto comprensibile quanto i governi italiani hanno a lungo sostenuto sulla non necessità di un tale reato, avendo nel codice penale reati come lesioni o lesioni gravi che puniscono l’effetto dell’azione ma non l’azione stessa. Accogliamo il richiamo della Conferenza episcopale degli Stati Uniti che, a questo proposito, invita i fedeli ad ascoltare la voce di chi è sopravvissuto alla tortura, a rispondere al male con il bene, a educare, a pregare, a promuovere il dialogo e la pace ed infine a chiamare le cose con il loro vero nome. La nostra cultura ci spinge ad utilizzare eufemismi che addolciscono la realtà e

che ci distolgono dalla vera comprensione della ingiustizia: si parla di pulizia etnica invece che di genocidio, di comunità chiuse invece che di segregazione, di neutralizzazione del nemico invece che di uccisione, riduzione di personale invece che di licenziamento, di ristrutturazione della società invece che di massimizzazione dei profitti, di tecniche di interrogatorio evolute invece che di tortura. Chiamiamo le cose con il loro vero nome, torniamo ad essere autentici. Per concludere allora, crediamo sia opportuno che anche l’OFS si unisca alle altre forze della Società Civile per avviare una azione verso il governo perché, finalmente, la tortura sia espressamente definita come reato. Invitiamo poi ciascuno singolarmente ed in fraternità, a riflettere sull’argomento e a divenire consapevole di come atteggiamenti che possono sembrare innocenti o anche inoffensivi possano invece essere letti dall’altro come oppressivi e tali da portare sofferenza profonda e a realizzare quindi quanto l’articolo 19 della Regola ci propone: divenire portatori di pace. 45


Temi

La “firma” francescana per la custodia del creato La giornata nazionale per la salvaguardia del creato, in programma il 1 settembre avrà una fortissima impronta francescana, e sarà dedicata al ruolo della famiglia nella educazione al rispetto della natura. Manifestazione nazionale ad Assisi e Gubbio.

L’

ottava Giornata nazionale per la salvaguardia del Creato del prossimo primo settembre, promossa dalla Cei, si terrà in Umbria, tra Assisi e Gubbio, in parallelo con l’edizione 2013 del pellegrinaggio a piedi “Il Sentiero di Francesco” (1-3 settembre) organizzato dalle diocesi di Assisi e Gubbio e dalle famiglie francescane. Sentiero di Francesco e Giornata nazionale – spiega una nota della Conferenza episcopale umbra – terranno ad Assisi il convegno e la veglia di preghiera, tra pomeriggio e sera del 31 agosto e mattinata del primo settembre. A seguire la messa in diretta su Rai Uno e poi la partenza del pellegrinaggio da Assisi a Gubbio, dove arriverà nel pomeriggio del 3 settembre, sui sentieri che Francesco percorso dopo il clamoroso gesto della sua spoliazione e del rifiuto dell’autorità paterna. Ad avanzare la proposta di tenere in Umbria l’ottava edizione della Giornata nazionale per la salvaguardia del Crea­ to (accolta dalla Segreteria generale e 46

di Gianfranco Bilancia dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della Cei) sono stati i vescovi di Assisi e Gubbio, monsignor Domenico Sorrentino e monsignor Mario Ceccobelli. La salvaguardia del creato si colora quindi fortemente di spiritualità francescana, e mette al centro la famiglia. La giornata avrà infatti quest’anno co­ me tema “La famiglia educa alla custodia del creato”. Il creato è qualcosa «che possiamo custodire e purtroppo anche demolire», perché «dipende da noi, dalla nostra sapienza scegliere la strada giusta». Parte da un’antica massima della Scrittura – «La donna saggia costruisce la sua casa, quella stolta la demolisce con le proprie mani» (Pr 14,1) – il messaggio della Cei per l’ottava Giornata per la custodia del creato. La famiglia, dunque, come «scuola di custodia del creato». Due i riferimenti di fondo scelti dai vescovi: la 47ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si svolgerà a Torino dal 12 al 15 settembre sul tema “La famiglia, speranza e futuro per la società

italiana”, e la “Gaudium et Spes”, ancora attualissima a 50 anni dal Concilio, che al n. 52 definisce la famiglia come «una scuola di umanità più completa e più ricca». Come guida, papa Francesco, che ha esortato più volte, fin dall’inizio del suo pontificato, a «coltivare e custodire il creato». No alla «cultura dello scarto». Il «coltivare e custodire» non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani, ha detto papa Francesco nell’udienza generale del 5 giugno, stigmatizzando quella «cultura dello scarto» che «contagia tutti» e per la quale «la vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano». «Come la famiglia può diventare una scuola per la custodia del creato e la pratica di questo valore?», chiede il Documento prepara-


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Temi Scuola di reciprocità. Famiglia come scuola di “relazioni buone” con le persone, come luogo dove s’impara il rispetto per la diversità: «È in famiglia che la diversità, invece che fonte d’invidia e di gelosia, può essere vista fin da piccoli come ricchezza», scrivono i vescovi. «La purificazione delle competizioni fra il maschile e il femminile fonda la vera ecologia umana», si legge nel messaggio: in famiglia, allora, s’impara «non l’invidia, ma la reciprocità, l’unità nella differenza, il riconoscersi l’uno dono per l’altro. Non più avversari, ma collaboratori». Riparare le ferite.

torio per la 47ª Settimana Sociale. Tre, nel messaggio della Cei, le «prospettive da sviluppare nelle nostre comunità: gratuità, reciprocità, riparazione del male». Lo sguardo sulle cose. La gratuità è «una prospettiva che fa cambiare lo sguardo sulle cose», e così «tutto diventa intessuto di stupore». La famiglia, per la Chiesa italiana, «è mae­ stra della gratuità del dono». Si vive nella logica del dono solo se si parte dalla gratitudine verso Dio, che poi si

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esprime nei semplici gesti quotidiani, appresi proprio in famiglia: la preghiera a tavola prima dei pasti, la gioia della condivisione fraterna, la cura per la casa, la parsimonia nell’uso dell’acqua, la lotta contro lo spreco, l’impegno a favore del territorio. «Viviamo in un giardino, affidato alle nostre mani», si legge nel messaggio, in cui si cita il n. 34 della “Caritas in Veritate”, in cui Benedetto XVI ricorda che la gratuità è presente nella nostra vita «in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza».

«Riparare le ferite» che «il nostro egoismo dominatore ha inferto alla natura e alla convivenza fraterna»: è l’invito centrale del messaggio, in cui i vescovi chiedono «un serio e tenace impegno a riparare i danni provocati dalle catastrofi naturali e a compiere scelte di pace e di rifiuto della violenza e delle sue logiche». Per la Cei, si tratta di «un impegno da condurre avanti insieme, come comunità, famiglia di famiglie. Perché i problemi di una famiglia siano condivisi dalle altre famiglie, attenti a ogni fratello in difficoltà e ogni territorio violato. Con la fantasia della carità». Anche «il profumo della domenica» s’impara in famiglia: per la Cei, la sacralità della domenica è una «frontiera decisiva».


In

Chiara luce

di Sr. Angela Benedetta Soglia

Come acqua alla sera...

È

sera. Raccolgo le ultime immagini di questa giornata nella preghiera, una giornata ordinaria, come tante, trascorsa tra le mura di un monastero di clausura. Poi un flash, l’incontro di oggi in parlatorio con un gruppo di giovani per una testimonianza, un servizio che ci viene richiesto con sempre più frequenza; una ragazza si avvicina alla grata e mi dice: «Io i missionari li capisco, ma la vostra vita non la capisco, perché è una vita inutile, non fate niente per gli altri!». Il silenzio di imbarazzo che si crea manifesta che questa ragazza ha espresso l’opinione di tutti. Qualcuno cerca timidamente di difenderci, ma con pochi risultati. Vita missionaria e vita claustrale, una contrapposizione vecchia quanto il mondo; così per tanto tempo è stato interpretato il famoso episodio evangelico di Marta e Maria: vita attiva e vita contemplativa, chi lavora e chi prega! Ma inoltrandosi in questi due mondi in apparenza così lontani, si nota che la patrona della missioni è una claustrale, santa Teresa di Gesù Bambino, e allora si comincia a pensare che forse nel cuore di Dio e della Chiesa questi due mondi non sono così lontani… Se poi si pensa che in fondo il lavoro di un missionario è preghiera, perché tutto ciò che fa è per il Signore e che la preghiera di una contemplativa è lavoro, perché vi impegna tutte le sue forze, in un faticoso cammino di

conversione, allora veramente la differenza tra queste due vocazioni appare minima. Ma per comprendere fino in fondo il rapporto tra missione e vita contemplativa bisogna andare un po’ indietro, di due millenni, quando Qualcuno in un cenacolo, la sera prima di essere condannato a morte, cingendosi con un asciugatoio, lava i piedi dei suoi discepoli, lava i piedi dei suoi Primi missionari, di coloro che avrebbero diffuso la Buona Novella in tutto il mondo. Confesso di nutrire per questo un’autentica venerazione per i piedi di ogni missionario e ogni missionaria del mondo, che camminando sulle strade fangose, impolverate e spesso non asfaltate, gridano con la loro stessa vita che Dio è amore. «Come sono belli i piedi dei messag-

geri di lieti annunci», scrive il profeta Isaia. E così vorrei che tutti i fratelli e le sorelle missionari potessero sentire la mia preghiera: come dell’acqua tiepida che alla sera viene versata sui loro piedi stanchi; come due mani calde che li avvolgano in un morbido asciugatoio; come un balsamo che possa ristorarli dalla fatica, rinvigorirli dalla spossatezza, per poter riprendere il giorno dopo il loro viaggio… E allora non è questione di vita attiva e di vita contemplativa, di chi lavora e di chi prega. È solo questione di amore, un amore espresso in forme diverse, con i mille disegni della fantasia che ha sempre l’amore. Un amore ricevuto dalla stessa Fonte e che scorre impetuoso verso lo stesso mare: Dio e i fratelli. 49


Proposte

In vacanza con Francesco e Chiara

S

e si prova a digitare su goo­gle la ricerca “vacanze francescane” ci si troverà di fronte ad un mare magnum di proposte che spaziano dagli hotel a poche o molte stelle che, soprattutto in Umbria e dintorni, “utilizzano” ammiccanti il richiamo al santo d’Assisi, fino alle iniziative di vacanze a servizio dei più “piccoli”, disabili, anziani, bambini, che le fraternità francescane offrono ogni anno in varie parti d’Italia, passando per alcuni luoghi che offrono la possibilità di vivere momenti

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di ferie e di vacanza immersi nella spiritualità di Francesco e Chiara. Proviamo ora, senza pretese di essere esaustivi a fare un piccolo tour nelle regioni italiane proprio alla ricerca di questi luoghi, occasione per staccare dalla quotidianità delle nostre giornate, magari godendo di panorami incantevoli, sempre con il “respiro” di Francesco e di Chiara che aggiunge freschezza e sollievo… Si può passare perciò dalle terme di Bagno di Romagna nell’adiacente


Un tour ideale nelle case di vacanze e di ferie che la famiglia francescana gestisce lungo tutto lo stivale: una modalità per portarsi in vacanza i “nostri” santi…

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Proposte

casa per ferie Madre Serafina messa a disposizione dalle Clarisse Francescane Missionarie del Santissimo Sacramento in una splendida palazzina ottocentesca recentemente restaurata, dove per tanti le stesse suore hanno gestito dal 1891 fino a pochi anni fa un asilo infantile e una scuola di lavoro per fanciulle. Molte sono le case con un accesso

A pagina 50 e qui a lato: una veduta dal convento di Monterosso (SP). Qui in alto e a pag. 53 il convento delle Celle di Cortona (AR). A pag. 54 lo splendido mare di Giovinazzo nella foto in alto e sotto una veduta del convento di Castelmonte a Cividale del Friuli (UD). 52

quasi diretto al mare: dalle incantevoli coste frastagliate e a picco sul mare delle Cinque Terre a Monterosso (SP), nello splendido convento dei cappuccini che dedica proprio all’accoglienza uno spazio importante del proprio ministero, alla casa per ferie intitolata a fra Camillo Campanella a Giovinazzo, in provincia di Bari. Con grande generosità i

frati hanno deciso di dedicare uno spazio della stessa struttura, straordinaria per la posizione a ridosso del mare con una splendida pineta, anche per chi si ritrova in condizione di difficoltà, con alcune camere destinate proprio a chi si ritrova senza casa. Ancora in Romagna il suggestivo convento di Cesena, ad un passo dalle località di mare più


ESTATE IN… MISSIONE

Anche se quest’anno l’estate non sembra ancora convinta che sia giunto il suo momento, non così è per il desiderio di tanti volontari, giovani e diversamente tali, gifrini e francescani secolari che insieme ad alcuni amici a breve partiranno per vivere un’esperienza di servizio e condivisione in una delle missioni animate dal Ce.Mi.OFS. Come negli anni precedenti, un gruppo di undici persone fra fratelli e sorelle partiranno per la missione di Onesti in Romania e vi rimarranno dal 19 al 31 agosto, pronti a vivere in pienezza questa esperienza estiva di fraternità missionaria, dopo aver partecipato in questi mesi ai vari mo-

menti formativi organizzati dal Centro Missionario. Fra questi partenti ci saranno, fra Enrico Valdambrini della fraternità di Montepulciano (SI), il presidente regionale Gi.Fra. neo-eletto Marcello Cresti di San Casciano già assiduo negli anni passati e sostenitore della missione rumena, Francesca Ricotti di Firenze referente Ce.Mi. per la Gi.Fra., insieme a Leopoldo Campinotti della provincia di Pisa, da sempre parte del Centro Missionario toscano, Francesca Romana Spizzirri referente Ce.Mi. nel Consiglio Regionale OFS toscano insieme a Ines della sua fraternità di Pisa, Francesca e Roberta da Roma. Continuando questo tour alla sconote di quella zona, appoggiato sulle colline ventilate appena sopra la città romagnola. Tornando alla costa tirrenica invece è possibile trovare sollievo e semplicità francescana nella splendida cornice di Piano di Sorrento (NA) presso la casa Santa Elisabetta delle Suore Francescane Elisabettine bigie. Grandi sono anche le occasioni per visitare le città d’arte, con l’ospitalità di frati e suore. E così, da Firenze a Roma (ci permettiamo qui solo di segnalare come sia possibile vivere dei giorni accolti nella sede dell’OFS di Roma che si trova davvero ad un passo dal cupolone di san Pietro), da Bologna a Venezia, a Napoli, Palermo e Pisa. Così come a Cagliari, a Torino e a Milano, Assisi e Potenza… ogni grande e bella città italiana offre l’opportunità di un’accoglienza che porti in sé il profumo di Francesco e di Chiara.

perta dell’estate missionaria OFS ci trasferiamo in Molise per salutare l’arrivo di un gruppo di ragazzi albanesi tra i 14 e i 17 anni che nel mese di luglio, grazie alla Gi.Fra. regionale, parteciperanno ad un campeggio sul Gargano. È da sottolineare come questa esperienza di scambio fraterno sia il risultato della pluriennale esperienza di servizio condivisa tra la Gi.Fra. molisana e la Ti.Fra. della Romania. I ragazzi saranno ospitati in alcune case famiglia gestite dalla Associazione Papa Giovanni XXIII. Il progetto organizzato prevede il viaggio di andata e ritorno, alcuni giorni di visita nel Molise ospitati dall’OFS di Campobasso ed il soggiorno per due settimane nel camping Calenella di Vico del Gargano dove i ragazzi avranno la possibilità di fare vita di fraternità con i gifrini molisani e con la presenza di fra Camillo Colavita, assistente regionale OFS. Per concludere in bellezza a fine luglio un gruppo di gifrini molisani si recherà presso la missione OFS di Onesti, per ricambiare la visita delle ragazze della Ti.Fra. locale. Nella foto i ragazzi albanesi ed il loro arrivo in Italia accolti dai frati cappuccini di Santa Fara (Bari). Molti poi sono i luoghi in zone di montagna o di collina che offrono la possibilità a chi vi accede di riposare in un clima fresco e con panorami incantevoli. Certamente il villaggio “Il treno dei bimbi” a Osso di Croveo (VB), grande “invenzione” di un frate cappuccino “sognatore” che si fece regalare dall’allora ministro dei trasporti Oscar Luigi Scalfaro qualche vagone di treni ormai in disuso. Il frate ne ricavò alcune camere per far trascorrere un tempo di vacanza ai ragazzi in difficoltà che vivevano nella struttura “Casa del fanciullo” a Domodossola. Di lì a pochi anni il treno dei bimbi è divenuto meta desiderata da tanti gruppi e famiglie, e singoli che desiderano trascorrere del tempo immersi nel verde e in un clima di fraternità e di gioia. Anche a Limonetto Piemonte (CN) c’è un eremo che offre ospitalità nel periodo estivo. 53


Proposte

FAMIGLIE… IN MARCIA! Sei anni fa, il Gruppo delle Famiglie Francescane della Toscana decise di provare a far partire la Marcia Francescana delle Famiglie. L’esperimento riuscì e anche quest’anno, per il sesto anno consecutivo, le famiglie francescane partono da Pisa il 30 luglio per arrivare a S. Maria degli Angeli il 2 agosto, in occasione della Festa del Perdono. Molti di noi avevano fatto la Marcia da giovani e sanno quanto possa incidere nella vita delle persone. Anche la Marcia delle Famiglie è un’esperienza indimenticabile, più

breve ma molto intensa, che rimane per sempre scolpita nel cuore dei piccoli e dei grandi. Attraversiamo a piedi le nostre città, viviamo la precarietà di un alloggio e di un pasto frugale. Perché lasciare le nostre certezze e le nostre comodità, significa saper accogliere meglio la gratuità dell’altro. Significa essere più capaci di perdonare, apprezzare un ritmo di vita più lento e più attento ai bisogni dell’altro. Lo stile è di essenzialità; dormiamo con sacco a pelo e materassino (prevalentemente in terra) in locali

che ci accolgono. Una cucina da campo, composta da gifrini e francescani secolari, ci prepara i pasti. Camminiamo circa 7 km al giorno perché il resto del tempo lo dedichiamo alle varie attività di catechesi, condivisione e agli spostamenti in macchina. Le nostre tappe sono sempre misurate considerando l’età dei nostri bambini/ragazzi. L’anno scorso anche le famiglie siciliane hanno dato via alla Marcia e quest’anno, per la prima volta, partirà anche la Marcia delle famiglie del Lazio. Ci vediamo il 2 agosto!

Così come la casa del pellegrino del Santuario della Beata Vergine di Castelmonte, a ridosso delle Alpi Giulie in terra friulana a pochi chilometri da Cividale del Friuli (UD). E ancora la bellissima cittadina di Cortona con la casa Francescana d’Accoglienza, a fianco del santuario dedicato a Margherita, una delle più importanti sante francescane secolari e il bellissimo convento delle Celle di Cortona, poco sopra la cittadina, immerso nel verde, luogo di riposo e di forte spiritualità, grazie alla bella comunità di frati che lo abitano e lo animano. Sempre in toscana la fraternità OFS di Borgo San Lorenzo, nel cuore del Mugello, mette a disposizione la casa “don Tonino Bello” in alcuni locali adiacenti il convento dei frati dove ha sede la stessa fraternità OFS. Così come, sempre gestita dall’OFS, è la “Casa del terziario” a Segni, in provincia di Roma, casa per esercizi spirituali. L’Oa­si Francescana Sant’Ignazio a Laconi (OR) è un piccolo capolavoro immerso nella natura, tra lecci, querce e roverelle, in una zona centrale e strategica della Sardegna. Non è possibile tralasciare il santuario Maria Santissima di Gibilmanna, appena sopra la bellissima Cefalù (PA), luogo di grande spiritualità con una fortissima capienza ricettiva. L’Italia francescana ha davvero tanto da dare e tanto da dire anche per il tempo del riposo che, spesso, si associa alla stagione estiva. Ci auguriamo di aver provato a tracciare qualche idea che sia di spunto anche per questo tempo. 54


Oltre il segno del

Battesimo

di fratel MichaelDavide Semeraro e fratel Andrea Serafino Dester, Koinonia La Visitation

Rabbi Jehel Michal di Zloczow discepolo di se stesso

S

i conosce molto poco della vita di questo zaddik – parola che di solito viene tradotta con “il giusto”, ma che significa piuttosto “colui che ha provato di esser giusto”, il “provato” –, la guida delle comunità chassidiche – i pii, o, più propriamente, i “fedeli all’alleanza” –, gli ebrei in diaspora nell’Europa Orientale. Rabbi Michal proveniva da una famiglia di chassidim ascetico mistici e, per quanto accettasse pienamente la dottrina chassidica, aperta alla fervida gioia, si dice che non si liberò mai interamente dal rigido ascetismo che lo caratterizzava. Un ascetismo però che non si disgiunse mai da una genuina e profonda umanità. Ancora giovane, Michal diventò un grande e severo predicatore, come lo era suo padre e girò predicando di città in città, intimidendo e affascinando insieme. Ma sempre, con le sue prediche, egli voleva per primo correggere se stesso, come si racconta in questo testo: «In una predica che Rabbi Michal tenne un giorno davanti ad una grande adunanza, egli disse: “Bisogna ascoltare le mie parole”. E aggiunse subito: “Io non dico: ’Ascoltate le mie parole’, io dico: ’Bisogna ascoltare le mie parole’ e intendo anche me. Anch’io devo ascoltare le mie parole”». Ci si riesce a fare un’idea della sua statura umana e spirituale proprio attraverso tali aneddoti: «Nei primi tempi Rabbi Jehiel Michal visse in grande povertà; ma la gioia non l’abbandonava neppure un’ora. Una volta qualcuno

gli chiese: “Rabbi, come mai dite ogni giorno: ’Benedetto colui che mi concede tutto ciò di cui ho bisogno?’ Se vi manca tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno?”. Egli rispose: “Sicuramente ciò di cui ho bisogno è appunto la povertà, e questa mi è concessa”». In un altro testo si legge: «Gli abitanti di una città pregarono il Baalshemtov di indurre il suo scolaro Rabbi Jehiel Michal ad accettare il rabbinato che gli avevano offerto. Il Baalshem cercò di convincerlo, ma quegli rifiutò ostinatamente. “Se tu non mi ascolti – disse il maestro – perderai insieme questo mondo e il futuro”. “Anche se per questo perderò i due mondi – rispose Jehiel – io non accetterò ciò che non mi spetta”. “Allora sii benedetto, figlio mio – disse il Baalshem – perché hai resistito alla tentazione”». Il suo rigore è al servizio dell’amore, e proprio la sua capacità di

amare, anche i nemici, è il segno più alto della sua umanità: «Rabbi Michal ordinò ai suoi figli: “Pregate per il bene dei vostri nemici. E se doveste credere che questo non sia servire Dio, sappiate: più di ogni altra preghiera questo è servire Dio”». A questa scuola di umanità è possibile imparare da tutti e chiunque può esserci maestro: «Fu chiesto a Rabbi Michal: “È scritto nelle massime dei padri: ’Chi è un saggio? Colui che impara da tutti gli uomini, come sta scritto: da tutti i miei maestri ho acquistato conoscenza’. Perché non è scritto: colui che impara da ogni maestro?”. Rabbi Michal spiegò: “Al maestro che ha detto questo, importa che sia chiaro che non si deve imparare soltanto da coloro la cui opera è d’insegnare, ma da ogni uomo. Anche dagli ignoranti, sì, anche dai cattivi si può apprendere come ti debba condurre nella vita”». 55


Storie

Vasco all’OFS:

Da

storia “spericolata” di Nando Nando Bonini racconta come, nel 1996, ha lasciato la sua vita di musicista rock per intraprendere un percorso di conversione cristiana che lo ha condotto alla professione nell’Ordine Francescano Secolare.

«L

di Federico Cenci

iberi liberi siamo noi», cantava Vasco Rossi. Per poi chiedersi, «ma liberi da che cosa, chissà cos’è?». A questa domanda che scruta l’intimità più profonda, una risposta l’ha data Nando Bonini. Con Vasco Rossi, lui, chitarrista affermato in Italia e nel mondo, ha condiviso la realizzazione di canzoni e tournée per più di dieci anni. Fino al 1996, quando una proposta di lavoro all’inizio accolta con sarcasmo lo induce presto a cambiare radicalmente prospettive. Abbandona la sua «vita spericolata» per “lasciarsi trasformare da Dio”, scende dal palco per intraprendere un percorso di conversione cristiana ancora in atto. Oggi Nando è membro dell’Ordine Francescano secolare, continua a suonare e a produrre musica, ma lo fa per annunciare il Vangelo. Abbiamo ascoltato dalla sua viva voce la testimonianza diretta di un uomo coraggioso; un’ex rockstar capace di sfidare il dileggio di molti, di privarsi degli encomi dei fans e della vanagloria del successo. Tutto questo, per raggiungere la meta più alta. 56

Nando, quando nasce la tua passione per la musica? La mia passione per la musica nasce a 6 anni, vedendo in tv un gruppo inglese, attratto dalla forma di una chitarra elettrica che possedeva il chitarrista. Più che passione all’inizio fu un gioco, un divertimento quotidiano che insieme ad altri tre miei coetanei si faceva dopo avere adempiuto agli impegni scolastici. Ci si riuniva a casa di uno o dell’altro e si passava il pomeriggio cercando di ricavare suoni e rieseguire canzoni. Così facendo all’età di 7 anni formavamo il nostro primo gruppo. Ci chiamavamo I BOA, ma come disse una volta Corrado, il famoso presentatore televisivo che ci stava premiando per avere vinto un concorso musicale, «più che dei boa, me sembrate dei vermicelli». A 8 anni ci chiamavano alle feste scolastiche per suonare. Insomma, cominciava ad essere passione per la musica, visto anche che portava dei buoni risultati. Quindi l’impegno aumentava e il desiderio di far diventare un mestiere quel gioco iniziale cominciava nell’adolescenza a predominare, fino poi a realizzarsi completamente dai 18 anni in poi.


Ecco Nando Bonini nella sua casa mentre prova, crea, si lascia trasportare dalla musica, grande passione della sua vita. 57


Storie Nel 1991 inizia la tua collaborazione con Vasco Rossi. Puoi raccontarci cosa conservi di quella esperienza? Posso dire che è stata una bellissima esperienza professionale, è una delle produzioni più ambite in Italia per chi fa il nostro mestiere. Ci sono arrivato dopo aver partecipato alla compilazione di dischi di altri artisti italiani degli anni ’80, per poi approdare a Bologna e lavorare per la band che si era appena staccata da Vasco; si chiama Steve Rogers Band, che però aveva lo stesso produttore. Finita una tournée con la Steve Rogers Band, mi venne proposto di fare parte della band di Vasco e da lì si cominciò la produzione de “Gli spari sopra” (disco e tour), quello fu l’inizio per me della collaborazione con Vasco, per arrivare poi alla fine nel 2005 con il disco “Buoni o cattivi”. Di questa esperienza ricordo da parte di tutti una grande professionalità. Poi è stata anche motivo di revisione della mia vita ad un certo punto, quando Dio mi ha fatto capire che dovevo cambiare, dovevo staccarmi per il mio bene dal successo e dalla vanagloria che mi avevano incatenato. C’è un episodio, in particolare, che ti ha cam­ biato la vita. Di cosa si tratta? Nel 1996, per la precisione. Accadde che durante uno dei tanti concerti negli stadi, in un backstage, notai il comportamento infimo di alcune persone nei confronti di altre, e vedendo loro ho rivisto me stesso. Ho rivisto Nando che non considerava le persone come persone, ma solo come mezzi per adempiere a propri vanagloriosi progetti sbagliati. Un pensiero velocissimo mi arrivò nella mente: «Nando, mi fai schifo». Da quel momento

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Dio, a mia insaputa, mi stava già cambiando facendomi riflettere sulla mia vita, su cosa volevo farne della mia esistenza: salvarla o buttarla via. Quella fu la mia ultima tournée e gli ultimi 3 mesi cercavo di non farmi fregare dalle tante tentazioni che mi avrebbero ancora indotto a buttare via la bellezza vera della vita. Grazie a Dio e a mia moglie Marina, piano piano terminai quel tour quasi salvo. La vera prova arrivò nel ’97, quando un serio problema familiare mi fece aprire gli occhi sulla realtà quotidiana, che non era quella del girare il mondo allegramente, avere tutto quello che vuoi e non prendersi nessuna responsabilità perché tanto c’è chi la prende al posto tuo mentre tu te la spassi. Un problema familiare che grazie a Dio mi abbassò l’ego, finalmente. Mi ritrovai in ginocchio sotto una pioggia battente nel giardino di casa a gridare interiormente aiuto a Dio, a quel Dio a cui avevo sempre volutamente girato le spalle e che ora però era la mia sola speranza. Dio vuole bene

Momenti di concertotestimonianza per Nando Bonini: musica e spiritualità che dialogano tra loro e con il pubblico che lo segue con interesse.


anche a me e questo grido d’aiuto è stato la mia salvezza. Un piccolo miracolo di Dio e il problema si risolse, un grande miracolo di Dio è stato quello da quel giorno di farmi vivere per Lui, seguendolo il più possibile per quanto Lui me ne dia la capacità e per quanto io sia capace di impegnarmi a farlo. Com’è cambiata la tua vita dall’inizio di que­ sto percorso di conversione? È cambiata e sta cambiando in continuazione perché ogni momento del cammino di conversione è apprendimento, è rinnovamento, è fatica ma è anche tanta gioia di scoprire come con la fede tante cose si affrontano in modo completamente nuovo. Davvero è come tornare a volte bambini e gioire per le cose che la vita ti offre. Il cambiamento sta nel fatto di dare i veri valori alla tua esistenza e quindi scegliere il percorso sicuro per il fine che ci si prospetta: vivere eternamente nella gioia con Dio. A questo punto dopo avere seguito altre strade, se Dio mi ha fatto tornare sulla sua via che promette solo gioia eterna, sarei davvero folle a persistere su sentieri sbagliati. Dio mi ha promesso una bella vita, io ci credo e la voglio vivere pienamente sin quando sarà il momento. E Vasco Rossi? Come ha accolto il tuo cam­ biamento? Siete ancora in contatto? Non sono più in contatto con nessuno, ma non ci sono motivi particolari, anche altre amicizie di sempre con il tempo si sono perse. A molti può sembrare paradossale che una rockstar, abituata agli agi del mondo patinato, possa trovare la vera libertà cambiando radi­ calmente vita per seguire Dio. Cosa ne pensi? Ripeto quanto detto prima, è questione di dare valore e valori alla propria esistenza. La “bella vita”,

magari “spericolata”, sembra bella ma per esperienza dico: porta solo a superficialità ed annientamento del valore primario dell’esistenza, l’Amore. Amore che vuol dire volere bene a te stesso ma anche agli altri, volere bene alle creature di Dio e quindi volere bene a Dio. La libertà è non essere schiavi del proprio io, che vuole predominare su tutto e tutti. Dio ci lascia liberi di decidere, certo, ma dobbiamo capire che liberi non vuol dire «faccio quello che voglio» (e mi distruggo), si è “liberi di farci del bene”.

In alto: ancora musica e spiritualità per Nando Bonini. Sotto: la copertina di un grande successo di Vasco Rossi nel tempo in cui Nando Bonini era nel suo staff: “Gli spari sopra”, un tour di grande successo.

Il mondo dello spettacolo è davvero permea­ to di alcol e droga? Sei d’accordo che dietro gli eccessi delle “generazioni di sconvolti” si cela una viscerale disperazione? Ti posso dire per esperienza che i vizi che quotidianamente ci possono rendere schiavi nella vita ordinaria di ciascuno, nel mondo dello spettacolo trovano maggior terreno di crescita, anzi diciamo che spesso il mondo dello show business propone modelli da seguire attraverso artisti, canzoni, tra-

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Storie smissioni, video, film, libri che in modo subdolo ingannano la mente ed il cuore facendoti credere che più trasgredisci e sei sulla bocca di tutti e più hai potere e successo. Dipende da te, se hai la testa sulle spalle o meno. Io non l’ho avuta. Ma il successo prima o poi si paga molto caro, per alcuni a prezzo della vita, per altri a prezzo della integrità mentale e della salute fisica e morale. Per concludere, torniamo alla musica come dono di Dio. Raccontaci dei tuoi concerti-testi­ monianza, dei tuoi musical e recital cristiani… Sono anni ormai che il mio lavoro è unificato al mio cammino di conversione quotidiano. Nasce tutto nel 2000 con l’esigenza di sentire dentro me costantemente la presenza di Dio, considerato che faccio questo mestiere da tantissimi anni tutti i giorni per diverse ore al giorno. Trasferire i doni “artistici” che Dio mi ha messo in mano per crescere interiormente e magari testimoniarlo agli altri è diventato motivo d’impegno. I concerti-testimonianza sono dei concerti rock dove racconto attraverso la musica alcune domande che mi vengono poste nel cammino di conversione che sto affrontando. I musical sono un altro aspetto della testimonianza, con la compagnia teatrale abbiamo messo in scena storie a tema religioso dove comunque la componente conversione è predominante. Ne abbiamo fatti diversi dal 2002 ad oggi e ancora si continua. Possiamo dire che questa tua attività ha ra­ dici nel 1995, quando ti venne fatta una propo­ sta a quei tempi, per te, alquanto inaspettata? Sì, diciamo pure che la prima scintilla scattò nel 1995. Mi venne commissionato un musical sulla vita di san Francesco d’Assisi. Inizialmente, preso dal fatto di far parte della band di Vasco e che di lì a poco avremmo tenuto due concerti a San Siro,

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snobbai la persona che mi fece la proposta (e che ora è un mio caro amico). Ascoltai comunque le sue idee musicali ma, superbo come ero, dentro di me pensai: «Questo è matto, non farò mai una cosa del genere; io poi, coinvolto in una cosa religiosa… Mai!!». Accadde però l’inatteso: quando questa persona mi chiese se potevo dargli una mano, me lo disse in un modo così semplice e disarmante che, nonostante i miei pensieri negativi, la risposta che uscì da me fu un incerto – ma determinante per il mio futuro – «va bene». Così iniziò questo lavoro. Ovviamente, per scrivere la storia del protagonista del musical, san Francesco, dovetti informarmi su di lui. Per farlo, attinsi alle Fonti Francescane e di conseguenza, essendone piene di riferimenti, mi lessi anche il Vangelo. Tutto poi passò, il musical andò bene ma io continuavo a preoccuparmi del mio successo personale, non mi rendevo ancora conto che quelle letture erano il semino che era entrato nel mio cuore e che più avanti avrebbe cominciato a germogliare.

Sopra: Nando Bonini in tour con Vasco Rossi in un duetto “vocechitarra”. Sotto: ancora spettacolo per Bonini portando al suo pubblico la coinvolgente testimonianza della sua storia.


Segni & Tracce da leggere, da vedere, da ascoltare

Assisi Suono Sacro pag. 64

Fiuggi Family Festival:

Alla Fondazione Ente

Massimo Cacciari

cinema e spettacolo

Spettacolo

ad Assisi con

con grandi occasioni

un avvicendamento

“Per lo tuo amore�,

di approfondimento

nella presidenza:

su Francesco

e di divertimento

don Ivan Maffeis

e il perdono

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Segni & Tracce

A Fiuggi torna il Cinema “formato famiglia” La sesta edizione del Fiuggi Family Festival propone una ampio ventaglio di occasioni di approfondimento e di divertimento.

UN PREMIO RICORDA IL CARDINALE MARTINI In ricordo del cardinale Carlo Maria Martini, del quale il prossimo 31 agosto ricorre il primo anniversario della scomparsa, l’arcidiocesi di Milano, della quale fu arcivescovo dal 1980 al 2002, promuove un Premio internazionale di cultura a lui intitolato e rivolto in particolare ai più giovani. Il premio “Carlo Maria Martini International Award 2013” è articolato in due sezioni: i quattro premi in palio (di 5.000 euro ciascuno) saranno assegnati a scritti o iniziative di vario genere che contribuiscano «allo studio e alla conoscenza del pensiero e della figura del cardinale» oppure «allo sviluppo del fecondo rapporto tra Bibbia e cultura nei suoi vari ambiti». Al premio possono concorrere sia cittadini italiani che stranieri nati entro l’agosto 1995. La partecipazione può essere singola o anche in gruppo, composto al massimo di quattro persone. Per la consegna del materiale c’è tempo fino al 31 agosto. 62

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al 21 al 28 luglio la cittadina termale di Fiuggi sarà animata dal Fiuggi Family Festival, kermesse cinematografica interamente dedicata alle famiglie, ormai giunto alla sesta edizione. Il tema scelto per quest’anno è “Tutti per Uno” e all’inaugurazione, il 21 luglio, andrà in scena “C’era una volta”, spettacolo teatrale interpretato da bambini disabili e curato dell’Unitalsi, ma sono previste anche attività di divertimento per tutte le età e una particolare maratona per le famiglie in collaborazione con il Forum delle associazioni familiari. Il Festival presieduto da Antonella Bevere Astrei e diretto da Mussi Bollini, gode del patrocinio del Forum nazionale delle associazioni familiari e del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Per quanto riguarda il cinema, che è il cuore della manifestazione, nel cartellone delle retrospettive figurano titoli come Bianca come il Latte Rossa come il Sangue, di Giacomo Campiotti, tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro D’Avenia (il regista è tra gli ospiti attesi); Il Figlio dell’Altra, di Lorraine Lévy; L’Amore Inatteso, di Anne Giafferi; tra le retrospettive per tutte le età anche l’acclamato Vita di P diretto da Ang Lee, basato sull’omonimo romanzo di Yann Martel. Per i più piccini in programma una ricca selezione dei più recenti film d’animazione come, tra gli altri, The Croods di Chris Sanders e Kirk De Micco

(primo film prodotto dalla DreamWorks Animation dopo l’accordo di distribuzione con la 20th Century Fox); Ribelle, The Brave, di Mark Andrews e Brenda Chapman (il nuovo film d’animazione siglato Disney-Pixar); e poi ancora, le avventure di Zarafa, di Rémi Bezançon e Ralph Spaccatutto, di Rich Moore. Un posto d’onore, alla presenza di cast e produzione, spetta al lavoro di Edoardo Winspeare, L’Anima Attesa, sull’eredità spirituale di don Tonino Bello, vescovo di una Chiesa «con il grembiule», di cui abbiamo avuto già occasione di presentare in anteprima nel numero di maggio. Tra i documentari: Bells of Europe, realizzato dal Centro Televisivo Vaticano e Rai Cinema sul futuro della Cultura in Europa. In concorso, tra gli altri film in anteprima e ancora inediti, la commedia Allez, Eddy!, di Gert Embrechts; Jappeloup, di Christian Duguay; Touch of the Light, di Jung-Chi Chang.; The Pearl, di Sirous Hassanpour. La giuria del concorso cinematografico, come l’anno scorso è presieduta dal regista Fernando Muraca. Tra le attività parallele offerte, infine, ogni mattina ci sarà la possibilità di passeggiate e itinerari sul cammino delle Abbazie, da Subiaco a Montecassino, sulle orme di san Benedetto: un percorso a 9 tappe per ripercorrere il viaggio compiuto dal Santo patrono d’Europa tra il 525 e il 529, a cura del Club alpino italiano.


Segni & Tracce Una rilettura emozionante del “Testamento” di Francesco

La Fondazione Ente dello Spettacolo, che opera dal 1946 nel mondo della cultura cinematografica italiana, ha un nuovo presidente: don Ivan Maffeis, vice direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei. Succede a monsignor Dario Edoardo Viganò (entrambi nella foto), da gennaio direttore del Centro televisivo vaticano (Ctv). La Fondazione negli ultimi dieci anni ha conosciuto un grande rinnovamento ed è oggi una realtà articolata e multimediale, impegnata nella diffusione, promozione e valorizzazione della cultura cinematografica in Italia. Da anni attiva nel coinvolgere un pubblico sempre più vasto rappresenta un punto di riferimento importante nel settore cinematografico, sia per le istituzioni sia per i privati.

Un “Cortile dei gentili” dedicato ai giornalisti Un “Cortile dei gentili” dedicato ai giornalisti. È il prossimo appuntamento della struttura creata, su ispirazione di Benedetto XVI, all’interno del Pontificio Consiglio della cultura per promuovere il dialogo fra credenti e non credenti. Il 25 settembre a Roma, nella splendida cornice del Tempio di Adriano (Piazza di Pietra), grandi protagonisti dell’informazione dialogheranno su grandi temi etici. Fulcro dell’evento sarà il dialogo fra il fondatore del quotidiano “Repubblica”, Eugenio Scalfari, e il cardinale presidente del Pontificio Consiglio della cultura, Gianfranco Ravasi (nella foto a fianco). Seguiranno due dibattiti ai quali parteciperanno, fra gli altri, i direttori dei principali quotidiani nazionali: Ferruccio de Bortoli (Corriere della sera), Ezio Mauro (Repubblica), Roberto Napoletano (Sole24ore), Mario Calabresi (Stampa), ed editorialisti come Lilli Gruber e Marcello Sorgi.

scaffale

FONDAZIONE DELLO SPETTACOLO: UN NUOVO PRESIDENTE

L’Autore, ripercorrendo come altri già hanno fatto in passato, il testo del “Testamento” di san Francesco d’Assisi, uno delle pagine più profonde e “vere” tra quelle presenti nelle Fonti Francescane e opera dello stesso Serafico Padre, ci guida a ripercorrere lo stesso cammino che Francesco ha percorso, non limitandosi ad illustrare il testo, ma sollecitandolo perché aiuti anche noi oggi a percorrere lo stesso cammino di Francesco: accogliere e difendere gelosamente la nostra esistenza come l’autentica vocazione che Dio ci affida. Giunto al termine della sua vita san Francesco volge lo sguardo al passato, agli incontri, agli esperienze e alle scelte che hanno segnato in modo sorprendente la sua esistenza. E in tutto riconosce la presenza misteriosa e sapiente di Dio che lo ha condotto per mano con la tenerezza di una madre. È questo il cuore del Testamento, straordinario documento autobiografico, ulteriore testimonianza della singolarità della vicenda umana del Poverello d’Assisi. Max De Wasseige, Un cuore da povero, Edizioni Biblioteca Francescana, pp. 96, euro 9

La “Bibbia al femminile” presentata da Dino Dozzi Il volume prosegue l’itinerario di spiritualità su testi biblici visti alla luce del messaggio di san Francesco e dell’attualità. Prendendo come punto di riferimento i libri di Rut, Giuditta, Ester e mettendoli in continuità con altri testi biblici, si affronta ora il tema delle donne nella Chiesa e nella società, nell’arte e in famiglia, delle donne vicine a san Francesco e di altre, vissute accanto o dietro grandi uomini. Un piccolo segno di riconoscimento e di riconoscenza al «genio femminile», come lo chiamò Giovanni Paolo II nella “Mulieris dignitatem”. Lo schema è collaudato: si parte dal testo biblico (la sezione Parola…), si passa poi a osservare come è stato recepito e vissuto nel francescanesimo (… e sandali…), per arrivare infine alle sfide dell’oggi (… per strada). Il tutto «con brevità di sermone», come consigliava Francesco d’Assisi. È un modo semplice e chiaro di presentare una visione cristiana e francescana della vita. I testi proposti hanno già subìto l’esame dei lettori su Messaggero Cappuccino, il bimestrale dei cappuccini bolognesi-romagnoli. L’apprezzamento ricevuto ha indotto a farne un libro. Dino Dozzi, Rut e le altre, EDB, pp. 224, euro 19,50 63


Segni & Tracce

“Assisi suono sacro”: la musica dell’anima Fino a fine luglio nella città di san Francesco una rassegna di musica che indaga i territori profondi della spiritualità con concerti, work­ shop e un concorso. LE MERAVIGLIE DELLO “STANZINO” La collezione degli antichi strumenti musicali a fiato del Museo del tesoro della basilica di San Francesco d’Assisi ha ripreso vita. Lo scorso 22 giugno nel salone papale del Sacro convento, sono stati presentati i sette strumenti restaurati e l’esclusivo spazio espositivo del Museo denominato “Stanzino musicale”, dove è ora possibile ammirare gli oggetti, ma anche approfondire con postazioni interattive dotate di tablet multitouch e cuffie ad alta fedeltà per ascoltare antiche partiture musicali e navigare all’interno di un archivio contenente tutte le informazioni sui maestri d’orchestra e sugli strumenti musicali esposti. L’evento è stato aperto dal saluto di fra Mauro Gambetti, custode del Sacro convento. Il museo è visitabile nei seguenti orari: martedì–sabato: 10.00– 13.00/15–17.30; lunedì: 10.30–13/15–17.30; domenica: 10.00–17.30. 64

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ino al 30 luglio le vie, le chiese e le piazze di Assisi e di Perugia saranno animate dai suoni di “Assisi Suono Sacro” (nella fotografia, Andrea Ceccomori in un concerto di una passata edizione), un festival che, all’insegna di “Musica, Silenzio & Bellezza”, mette al centro il magico rapporto fra musica e spiritualità con concerti, work­shop e un concorso. Suddiviso in percorsi ideali che affrontano altrettanti aspetti del rapporto fra il suono e l’anima, il Festival mette sul palco quasi venti concerti, sette fra masterclass e seminari, un convegno e un concorso. «Quando nel novembre del 2010 ho tenuto a battesimo da un punto di vista istituzionale “Assisi Suono Sacro”, ho subito compreso il valore del progetto culturale e sociale ancor prima che musicale, – ha commentato il vice presidente Aviano Rossi – l’idea di trasferire le sensazioni spirituali della terra di Francesco attraverso la musica è stata, e continua ad essere, un’idea vincente perché fa assumere un ruolo attivo all’ascoltatore. La sacralità non sta nelle note musicali, ma dentro se stessi e l’idea di farla percepire grazie alla musica è possibile solo quando quest’ultima è essenziale, ma di grande qualità, come quella che il progetto Assisi Suono Sacro sa esprimere». Il festival, con un approccio volutamente laico, va alla ricerca di quella musica che è capace di essere nutrimento dell’anima perché ci mette in

risonanza con la nostra profondità e con il creato. E tutto parte da Assisi che il Festival vuole esportare in tutto il mondo, facendo conoscere una piccola realtà, molto nota in ambiente cristiano, anche nel contesto di altre religioni, puntando sul concetto di rispetto e collaborazione tra i popoli in modo immediato e senza traduzioni intellettualistiche. Il programma completo del Festival, è consultabile sul sito internet: www. assisisuonosacro.eu. Fra i principali appuntamenti ricordiamo innanzitutto l’attesissimo Concerto dei berlinesi Kayros Quartett in programma l’11 luglio presso l’Auditorium Alessi. Anomalo quanto fortemente emblematico “Il concerto del silenzio” in programma presso il Bosco di San Francesco del Fai il 14 luglio: oltre la provocazione di Cage e in linea col messaggio dei mistici, protagonista ed interprete di questo appuntamento sarà il silenzio stesso. Il festival sarà anche occasione del debutto dell’Ensemble Suono Sacro con tre importanti appuntamenti il 19, il 23 e il 28 luglio. Il 25 luglio presso l’Auditorium Marianum di Perugia in programma il concerto di premiazione del terzo concorso di composizione Assisi Suono Sacro. Dal 9 all’11 luglio in programma anche il workshop Creactive per non musicisti, nato da un progetto europeo, di cui Assisi Suono Sacro è capofila.


Segni & Tracce

Le origini del Cristianesimo tra imperatori e filosofi È aperto da giovedì 11 luglio al Civico Museo Archeologico di Milano il percorso espositivo “Da Gerusalemme a Milano. Imperatori, filosofi e dèi alle origini del Cristianesimo”. In occasione dei 1700 anni dalla promulgazione dell’Editto del 313, con cui l’imperatore Costantino, proprio dal Palazzo Imperiale di Milano concesse libertà di culto a tutto l’Impero, il Civico Museo Archeologico di Milano propone un percorso espositivo che illustra il contesto storico, politico e religioso in cui è nato il Cristianesimo e le correnti filosofiche e religiose che interagiscono con il suo progressivo affermarsi tra il I e il IV secolo. Il percorso, accompagnato da un ricco corredo esplicativo di pannelli illustrati che ne spiegano con un linguaggio semplice le tematiche, si articola in diverse sezioni: “La Giudea al volgere dell’era cristiana”; “Il Cristianesimo e le filosofie classiche”; “L’Egitto tra antichi e nuovi dèi”; “I culti misterici”; “I Cristiani e l’Impero”; “Le origini del Cristianesimo a Milano”. Nella prima sezione sono esposti materiali provenienti dagli scavi condotti negli anni Sessanta dalla Missione Archeologica Italiana. La seconda sezione approfondisce le relazioni tra Cristianesimo e le scuole filosofiche del mondo classico (Stoicismo, Epicurei-

smo), di cui si evidenziano differenze e punti di contatto. Un terreno assai fertile nella prima diffusione del Cristiane-

simo fu senz’altro l’Egitto, cui è dedicata la successiva sezione del percorso. I rapporti tra Cristianesimo e potere imperiale sono illustrati attraverso una serie di monete di particolare pregio. La sezione dedicata alle origini del Cristianesimo a Milano chiude idealmente l’esposizione che è visitabile nella cripta cinquecentesca della chiesa di San Maurizio, ora parte del Civico Museo Archeologico di Milano.

MASSIMO CACCIARI E IL PERDONO DI FRANCESCO L’Opera della Porziuncola, una onlus che si dedica alla animazione culturale di Santa Maria degli Angeli ha predisposto per tutto il 2013 una ricca serie di eventi culturali e spirituali che intendono

approfondire la fede cristiana nel rapporto con il carisma francescano. Spiccano due mostre particolarmente significative: una, che si conclude a metà agosto, dedicata alla Parola nel suo rapporto con l’arte e l’altra, in programma tra settembre e novembre dedicata alla Croce nel centenario dell’editto di Costantino. Quest’anno si vuole iniziare anche a preparare i pellegrini al Giubileo del Perdono di Assisi, che sarà nel 2016. Proprio il 1° agosto è in programma l’intervento di uno dei maggiori filosofi italiani, il professor Massimo Cacciari che presso i locali del santuario terrà una conferenza dal titolo “Per lo tuo amore”, che approfondirà l’aspetto del Perdono in san Francesco.

Il Video-Catechismo parla il linguaggio del contemporaneo Il Vangelo deve essere diffuso e raccontato nella contemporaneità attraverso tutti gli strumenti più evoluti della comunicazione odierna. La cultura di oggi ha bisogno di questo perché desidera un linguaggio espressivo, semplice e immediato. Lo ha detto nei giorni scorsi monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, in occasione della presentazione del progetto multimediale “Video-Catechismo della Chiesa Cattolica”. Si tratta di un’opera composta da 70 episodi video, per un totale di oltre 2.500 minuti. Ogni episodio è di circa 30 minuti e consente di essere utilizzato come un sussidio catechetico completo, affiancato dal Catechismo scritto per ulteriori approfondimenti. Mons. Fisichella ha affermato che «il linguaggio della fede ha bisogno di im-

magini. Gesù si è espresso moltissimo per immagini e la trasmissione del Vangelo nei duemila anni della nostra storia ha trovato attraverso le immagini molte forme di annuncio». Facendo riferimento alla struttura dell’iniziativa multimediale, che verrà diffusa su scala mondiale a partire dall’autunno, mons. Fisichella ha aggiunto che «i linguaggi della fede oggi possono essere più efficaci se utilizzano immagini tolte dalla vita quotidiana. Anche la storia della spiritualità cristiana poggia su un gran numero di immagini che nei secoli hanno illustrano i suoi contenuti principali». L’opera è stata realizzata dal regista Gjon Kolndrekaj e prodotto da CrossinMedia Group in co–edizione con la Libreria Editrice Vaticana. L’intera opera si potrà prenotare online a partire da settembre 2013. 65


Sipario

La villa e il molo

L’editoriale dell’ultima pagina

di Ettore Colli Vignarelli

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apa, attenzione alla testa», gli dice monsignor Francesco Montenegro il vescovo di Agrigento che per tutti i fedeli della sua diocesi è semplicemente don Franco, poco prima che la giardinetta parta da Punta Favarolo diretta al campo sportivo di contrada Arena dove sta per iniziare la messa. Sono molte le ragioni per cui la visita del Papa a Lampedusa è stata ascritta al cielo degli eventi eccezionali. Certo per le parole pronunciate e i gesti mostrati. L’invettiva contro la «globalizzazione del­ l’indifferenza», la corona gettata in mare per ricordare i morti inghiottiti dal Mediterraneo, l’abbraccio con i migranti sul molo che quasi ogni notte è approdo di tanti viaggi della disperazione e del sogno.

te permeabile. E il Papa ha voluto essere lì. Con la tragicità e la solennità che solo i gesti epocali riescono a trasmettere. Viene spontaneo, quasi impietoso, il confronto “estetico” tra i due eventi di quel giorno. Napolitano e Letta nella reggia di Monza e Francesco al porto di Lampedusa. Il Presidente e il premier in una location esclusiva, il Papa su una qualsiasi jeep scoperta, in mezzo a persone qualsiasi, nell’isola più martoriata del Mediterraneo. So bene che si tratta di discorsi e ruoli evidentemente e sostanzialmente diversi. Ma rimango colpito di quanto la forza comunicativa del Papa, che gli viene dal Vangelo detto «sine glossa», oltre che dal suo straordinario carisma personale, faccia mangiare la polvere a tutto

L’eccezionalità di questa visita sta in ogni fotogramma e stralcio di audio rubato dalle dirette tv. Una visita scelta caparbiamente, quasi ad indicare la via di un pontificato che è già storico. Nei primi cento giorni di pontificato, Giovanni Paolo II visitò Assisi e poi andò in Messico. Benedetto XVI si recò a Bari per il congresso eucaristico italiano. La scelta di papa Bergoglio è particolare. Francesco ha voluto sporgersi sull’estrema frontiera meridionale dell’Europa. Luoghi che sono stati per un millennio una frontiera storica, a contatto con l’islam. Un confine segnato da scontri, vissuto per secoli come un muro immateriale ma reale tra due mondi contrapposti. Oggi tutto è cambiato. Quel muro, quella frontiera, si è fatta tragicamen-

il colossale apparato di spin doctor e consulenti per l’immagine che si muove intorno alle istituzioni politiche. Ma forse un motivo c’è. Un po’ ottusamente la nostra politica continua a coltivare riti castali – l’incontro nella Villa Reale, la super-vigilanza, gli inviti selezionatissimi – che la rendono sempre più marziana. Mentre il Vescovo di Roma supera steccati, spalanca porte e finestre, fa circolare aria nuova e pulita. E la gente lo capisce e lo segue. Francesco, papa di Roma, figlio del Piemonte contadino e dell’Argentina dalle praterie sconfinate parla al cuore di ogni singolo uomo. Quanto dobbiamo imparare. In tanti.



www.edizionimessaggero.it

l 20 febbraio 2010. Ore 21.00. La breve Ostensione del corpo di Antonio sta per terminare. I frati vanno a prenderlo nella Cappella del Tesoro e, in processione, lo portano all’altare maggiore. 38

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Raffinato libro fotografico per ricordare l’evento dell’Ostensione del corpo di sant’Antonio: da lunedì 15 a sabato 20 febbraio 2010, sei giorni di ininterrotto pellegrinaggio hanno portato più di 200.000 fedeli in Basilica. Foto di Nicola Bianchi. pag. 96 - € 16,00

Due saggi acuti e incalzanti che, da diversa prospettiva, affrontano la situazione del cristianesimo contemporaneo e la sua fatica di fare presa sulla realtà. pag. 84 - € 6,50

Piccolo libro che mette insieme, sull’onda di un francescanesimo di popolo evocato quasi quotidianamente dalla figura, dallo stile e dal nome stesso del nuovo Papa, due riflessioni sull’utopia francescana e su Francesco d’Assisi come santo della crisi. pag. 64 - € 6,00


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