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DIAGNOSI DELL’OSTEOPOROSI CON UNA MICROTAC (PERFETTA ANCHE PER GLI ASTRONAUTI)
Federico II e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Napoli al lavoro su un dispositivo portatile in grado di “fotografare” la perdita di densità ossea. Parla l’ideatrice Laura Cerbone
Tutto ha sempre inizio da un’idea. Soprattutto nella ricerca. Così, l’idea che arriva da Napoli – più precisamente, dall’Università Federico II e dalla sezione partenopea dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare –è quella di una microTAC da utilizzare anche nello spazio. La tomografia computerizzata è uno strumento potenzialmente utile a “fotografare” la perdita di densità ossea di cui soffrono gli astronauti, perdita simile a quella registrata nell’osteoporosi, meglio di quanto faccia, ad oggi, il metodo standard, la cosiddetta Moc. Dietro questa “visione”, che vede convergere studi di biologia, medicina e fisica medica e potrebbe rappresentare una rivoluzione nel mondo della clinica, c’è Paolo Russo, ordinario della Federico II e tra i fondatori, nel ’96 e nel ’99, delle Collaborazioni Europee Medipix1
(con il CERN e le Università di Pisa, Glasgow e Friburgo) e Medipix2, per lo sviluppo di rivelatori ibridi a pixel, basati sul circuito integrato Medipix. La sua ultima generazione, il Timepix4, è stata rilasciata nel marzo 2022 ed è il punto di partenza per studiare nel dettaglio la perdita di massa ossea in condizioni di microgravità, che può arrivare fino a un 1% per ogni mese trascorso nello spazio. Paolo Russo, però, ci tiene – orgogliosamente - a lasciare la parola a chi quell’idea l’ha sviluppata e finalizzata in un progetto di ricerca in tecnologie dello spazio, e cioè Laura Cerbone, laureata magistrale in Fisica alla Federico II e dottoranda della Scuola Superiore Meridionale, che sta dando linfa vitale al progetto. È proprio lei a illustrarlo.
Dottoressa, innanzi tutto dov’è la novità?
Attualmente la misurazione della densità minerale ossea, negli astronauti, avviene prima e dopo la permanenza nello spazio, con quello che, comunemente, è chiamato esame “Moc” di Mineralometria Ossea Computerizzata (conosciuta anche come DEXA), un esame radiologico a bassa dose di radiazioni utilizzato nella diagnosi dell’osteoporosi mediante scansione dell’anca a livello del femore e delle vertebre lombari. Con il nuovo dispositivo sarà possibile effettuare una misurazione ripetuta del deterioramento della struttura ossea, che si realizza durante la permanenza nello spazio.
Quindi è improprio dire che viaggiando nello spazio si va incontro a osteoporosi?
La perdita di densità ossea che si registra negli astronauti in un volo spaziale di alcuni mesi è simile, ma di minore entità in termini assoluti, rispetto a quella di cui soffrono, in Italia, circa 5 milioni di anziani affetti da osteoporosi. È possibile che il processo non si limiti al periodo trascorso nello spazio, ma che produca effetti a lungo termine.
Da dove nasce la confusione?
La parte interna delle ossa - l’osso trabecolare
- è quella interessata per prima e in misura maggiore: le trabecole diventano più sottili e gli spazi tra loro si allargano, rendendo la struttura ossea meno resistente. La Moc è un ottimo strumento per studiare volumi ossei grandi, ma nell’analisi del tessuto trabecolare, le cui microstrutture misurano meno di 1/10 di millimetro, si limita a restituire un valore diagnostico legato al numero e alla densità delle trabecole. La tomografia computerizzata quantitativa periferica ad alta risoluzione (HRpQCT), invece, è uno strumento di imaging che fornisce una rappresentazione tridimensionale della struttura interna dell’osso. Ciò consente di derivare vari indicatori della microarchitettura trabecolare e dell’eventuale fragilità e indebolimento strutturale dell’osso.
Quali sono i vantaggi?
Sono una innovazione nel campo di cui stiamo parlando perché, effettuare le rilevazioni su piccole porzioni ossee (caviglia e polso) può consentire di diminuire ulteriormente la (bassissima) dose di radiazioni rispetto alla Moc, di raggiungere una risoluzione dell’ordine del centesimo di millimetro e di vedere la struttura spongiosa delle ossa, rilevandone eventuali cambiamenti prima che la MOC sia in grado di osservarli.
La sua idea, dunque, cosa aggiunge a quanto già in fase di studio?
Laura Cerbone.
“La perdita di densità ossea che si registra negli astronauti in un volo spaziale di alcuni mesi è simile, ma di minore entità in termini assoluti, rispetto a quella di cui soffrono, in Italia, circa 5 milioni di anziani affetti da osteoporosi”.
Lo scanner clinico, del tipo HRpQCT, attualmente in uso per ricerche nel campo dell’osteoporosi (e della perdita di massa ossea negli astronauti) - seppur più compatto rispetto ad un classico scanner TAC - ha comunque dimensioni considerevoli: un metro cubo di ingombro per 600 kg di peso. È evidente che non sia portatile. Il mio progetto di ricerca, dunque, punta alla realizzazione di un nuovo scanner HRpQCT di tipo spettrale (“TAC a colori”), che utilizza rivelatori a pixel, del tipo Timepix4, che rivelano i raggi X uno alla volta, determinandone contemporaneamente l’energia. Si tratta di un dispositivo leggero e compatto – del peso di 1/10 di quello di uno scanner clinico HRpQCT, che ho chiamato Astro-QCT, che potrebbe avere anche applicazioni cliniche qui sulla Terra: penso, per esempio, alla possibilità di trasportarlo con facilità o di utilizzarlo su pazienti allettati.
A che punto è, adesso?
Stiamo testando il sensore Timepix4 ed effettuando simulazioni al calcolatore, che ci consentiranno di studiare preventivamente le prestazioni del rivelatore. Entro il 2024 vorremmo assemblare un prototipo e testarlo a Terra. Non è un progetto a breve termine, ma è molto promettente, tanto che nel marzo scorso sono stata chiamata a parlarne al simposio dell’Agenzia Spaziale Italiana sulla Biomedicina spaziale.