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DAGLI STUDI SUL BOTRILLO INDIZI PER CAPIRE MEGLIO
Alzheimer E Parkinson
Comprendere meglio i processi che portano al decadimento del loro sistema nervoso, anche da un punto di vista evolutivo, può aiutare a comprendere alcune neuropatologie
Uno studio recente sul Botryllus schlosseri, un tunicato coloniale marino, si rivela un utile sistema modello per la neuroscienza evolutiva e lo studio della neurogenesi, neurodegenerazione e dell’invecchiamento. Si trova dalle isole Faroe e la Norvegia occidentale e meridionale fino al Mediterraneo, compresi il Mar Nero e l’Adriatico. È presente anche nell’Atlantico occidentale dal Maine al New Jersey e in Florida. Si trova in colonie formate da zooidi larghi 2- 4 millimetri. Ogni zooide della colonia è completo, dal momento che ha i propri sifoni boccale e atriale. I zooidi sono collegati tra loro dal sistema circolatorio, e sono riuniti in sistemi a forma di stella, nel quale i sifoni atriali di ogni zooide sono direzionati verso il centro della stella, e condividono una stessa camera cloacale e un’apertura all’esterno. Il ciclo di vita unico dell’organismo, caratterizzato da due percorsi neurodegenerativi distinti ma collegati, offre una nuova piattaforma per studi comparativi progettati per identificare i meccanismi cellulari e molecolari che regolano tali processi attraverso la filogenesi.
I botrilli, piccoli invertebrati marini, sono al centro dell’articolo dal titolo “Two distinct evolutionary conserved neural degeneration pathways characterized in a colonial chordate” pubblicato di recente da un team di ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e dell’Università di Stanford, in collaborazione con il Cham Zuckerberg Biohub di San Francisco, sulla rivista scientifica «PNAS» perché presentano una degenerazione del cervello simile a quella umana. La perdita delle capacità funzionali del cervello è un sintomo comune dell’invecchiamento in diversi phyla. Sebbene i meccanismi genetici e molecolari alla base della neurodegenerazione dei mammiferi siano stati studiati in pro- fondità, si sa molto poco sull’origine evolutiva di questi tratti e sul loro coinvolgimento nella perdita della funzione del sistema nervoso nelle specie di invertebrati anziani. Il Botrillo è un animale coloniale che appartiene al gruppo delle ascidie. La colonia ha un aspetto caratteristico: appare liscia al tatto e sulla superficie si notano delle strutture simili a fiori con 3-16 “petali” disposti a raggiera attorno al centro. Ogni “petalo” corrisponde a un singolo individuo di 2-3 mm di lunghezza e il centro rappresenta l’apertura del sifone esalante comune. È molto diffuso in tutto il Mediterraneo, soprattutto in acque lagunari su substrati duri; preferisce infatti acque basse ricche di nutrienti anche se vive altrettanto bene in acque pulite e più profonde. I ricercatori evidenziano che comprendere meglio quali siano i processi che portano al decadimento del loro sistema nervoso, anche da un punto di vista evolutivo, possa esser d’aiuto nel comprendere neuropatologie, spesso invalidanti, che coinvolgono un numero crescente di persone. Con l’avanzare dell’età nel Botryllus schlosseri si osserva una riduzione del numero di neuroni e delle abilità comportamentali, come nell’uomo. Inoltre, il suo cervello manifesta geni la cui espressione caratterizza malattie neurodegenerative umane quali l’Alzheimer e il Parkinson. I tunicati sono invertebrati marini molto comuni nei nostri mari e sono i parenti più stretti dei vertebrati, di cui fa parte anche l’uomo. Tra i tunicati il botrillo, Botryllus schlosseri, forma piccole colonie in cui gli individui adulti si dispongono come i petali di un fiore. Nella colonia, che può essere formata anche da centinaia di fiori, ciascun individuo adulto presenta ai lati del corpo uno o più piccoli individui in crescita (le sue gemme), derivate per riproduzione asessuata. Gli adulti vengono settimanal- mente riassorbiti e sostituiti dalle loro gemme nel frattempo maturate. Questo processo di sostituzione è ciclico e siccome ogni “genitore” produce più di una gemma, la colonia cresce di dimensioni in maniera veloce e continua. Tuttavia, se gli adulti hanno vita breve e sono continuamente sostituiti da nuovi individui, la colonia non vive in eterno: nella Laguna veneta muoiono tipicamente dopo 1-2 anni, ma in laboratorio si possono mantenere in vita anche per periodi molto più lunghi. Gli studiosi hanno analizzato il botrillo in quanto offre la straordinaria possibilità di studiare la degenerazione del cervello sia nel breve periodo, ovvero nel processo ciclico (settimanale) di riassorbimento degli individui adulti che comporta di fatto un loro rapido invecchiamento, sia nel lungo periodo, ovvero nel processo di invecchiamento dell’intera colonia, che vede nel tempo diminuire la sua capacità di produrre nuovi individui ed espandersi. La ricerca è coordinata da Chiara Anselmi, dottorata all’Ateneo patavino e ora postdoc all’Università di Stanford, Lucia Manni del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, Ayelet Voskoboynik e Irv Weissman dell’Università di Stanford. I ricercatori hanno utilizzato colonie prelevate nella Laguna Veneta ed allevate presso la Stazione Idrobiologica di Chioggia e al Dipartimento di Biologia dell’Ateneo patavino oltre a quelle prese dalla Hopkins Marine Station, nella baia di Monterey in California.
Dalle analisi fatte emerge che la degenerazione del cervello del botrillo ha fortissime analogie con il decadimento del cervello umano nella neurodegenerazione breve (settimanale) che in quella lunga (relativo all’invecchiamento della colonia).
In entrambi i processi, nell’animale si osserva una riduzione del numero di neuroni e una diminuzione delle abilità comportamentali. «È stato davvero sorprendente per noi vedere che nella degenerazione breve degli individui adulti il cervello cominciava a diminuire di volume qualche giorno prima del loro riassorbimento completo ovvero della loro morte. Dopo tre giorni di vita,” ha detto la professoressa Lucia Manni del
Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova,”il numero di neuroni nel cervello cominciava a diminuire, così come la loro capacità di rispondere a stimoli come il tocco della loro bocca, il sifone, attraverso cui l’acqua entra per la nutrizione e la respirazione. Questi stessi segni di invecchiamento erano poi presenti anche in individui di colonie neoformate rispetto a quelli presenti in colonie di soli 6 mesi. Eravamo quindi in presenza di due processi di neurodegenerazione la cui presenza non era mai stata sospettata, uno veloce e uno lento, nello stesso organismo».
Lo studio ha mostrato pure che, durante entrambi i processi degenerativi, il cervello dell’animale manifesta geni la cui espressione caratterizza malattie neurodegenerative umane come l’Alzheimer e il Parkinson. L’analisi rivela che durante il germogliamento settimanale della colonia (cioè la riproduzione asessuata), prima della programmata morte cellulare e rimozione da parte dei fagociti, le diminuzioni di numero di neuroni nel cervello dell’adulto sono associate ad una risposta comportamentale ridotta e ad un cambiamento significativo nell’espressione di 73 geni omologhi di mammiferi associati a malattie neurodegenerative. «Ancor più incredibile è stato poi verificare che entrambi i processi di neurodegenerazione erano associati all’aumento di espressione di geni che caratterizzano le malattie neurodegenerative nell’uomo come l’Alzheimer, il Parkinson, la malattia di Huntington, la demenza frontotemporale e altre ancora,” ha spiegato Chiara Anselmi dell’Università di Stanford,” Molti di questi geni erano espressi in entrambi i processi neurodegenerativi, mentre una piccola parte li differenziava.
Questi geni, pertanto, svolgono un ruolo anche in questi semplici animali e questo piccolo invertebrato può rappresentare una risorsa per comprendere come l’evoluzione abbia forgiato i processi neurodegenerativi e quali siano le relazioni tra invecchiamento e perdita della funzionalità neuronale». Gli autori dello studio spiegano che approfondire lo studio dell’invecchiamento e della neurodegenerazione in questo animale aiuterà a comprendere meglio come il botrillo riesca a controllare e coordinare la neurodegenerazione ciclica rispetto a quella associata all’invecchiamento e questo potrebbe svelare qualcosa di inaspettato rispetto alla possibilità di governare i processi neurodegenerativi nell’uomo.
Il progetto di ricerca è stato finanziato dall’Università di Padova (Progetti di Ricerca di Ateneo, Dottorato di Ricerca, Iniziative di Cooperazione Universitaria), Fondazione “Aldo Gini”, Università di Stanford (School of Medecine Deans’s Postdoctoral Fellowship), l’NIH, il Chan Zuckemberg investigator program, e le Fondazioni “Stinehart-Reed” e “Larry L. Hillblom”. Il botrillo, Botryllus schlosseri con questo studio si rivela utile come modello per le neuroscienze evolutive. Il suo genoma è stato sequenziato e un atlante delle firme molecolari e morfologiche di ogni stadio di sviluppo è stato precedentemente generato utilizzando la microscopia e il sequenziamento dell’RNA(RNA-seq). Questo botrillo può riprodursi sia sessualmente attraverso l’embriogenesi o asessualmente attraverso la blastogenesi. Le larve prodotte sessualmente sviluppano due cervelli (un cervello funzionale, larvale e il rudimento del cervello adulto), un organo sensoriale che rileva la luce e la gravità, una notocorda e un cordone nervoso dorsale.
Il cervello larvale (insieme alla notocorda, muscolo segmentato e coda) viene assorbito durante l’insediamento e la metamorfosi che precede la formazione della colonia. In questo studio, gli studiosi descrivono due diversi percorsi di neurodegenerazione che si verificano durante il ciclo di vita del botrillo. Il primo si verifica ogni settimana come parte di un ciclo di sviluppo rigenerativo che si verifica indipendentemente dall’età; il secondo è associato all’invecchiamento della colonia. I ricercatori hanno integrato l’utilizzo di sistemi di imaging neurale (microscopia elettronica a trasmissione [TEM] e ricostruzioni confocali), tridimensionali (3D), test comportamentali e RNA-seq di cervelli arricchiti per studiare la morfologia e cambiamenti molecolari nel cervello di B. schlosseri adulto attraverso le fasi di sviluppo e le età associate ai cambiamenti nel comportamento zooide. Per caratterizzare la dinamica cellulare dei cervelli zooidi adulti durante la loro vita a breve termine (1 settimana) gli studiosi hanno contato il numero di neuroni che erano colorati con un anticorpo anti-alfa tubulina e un nucleare marker (DAPI) nel cervello ogni giorno. Il cervello zooide controlla i sifoni, le contrazioni muscolari del corpo, le cellule ciliate delle stimmate branchiali coinvolte nella respirazione e nella raccolta del cibo. Le analisi hanno rivelato che i cervelli continuano a svilupparsi nell’individuo zooide adulto fino a metà della durata di vita individuale, seguendo la maturazione nelle gemme e successivamente subiscono neurodegenerazione. Ogni settimana i cervelli subiscono cambiamenti dinamici che portano alla loro degenerazione che coinvolge gli immunociti. Ogni zooide ha il proprio complesso neurale situato tra il sifone orale e quello atriale ed è formato da un cervello (ganglio cerebrale), una ghiandola neurale, dorsale del cervello che si apre in una camera branchiale attraverso un dotto ciliato e un tubercolo dorsale e un organo dorsale posteriore alla ghiandola e dorsale al cervello. Nello studio si è osservata una progressiva diminuzione del numero di neuroni nel cervello sia durante il ciclo settimanale che con l’età. Mentre nelle fasi iniziali del ciclo (giorni da 1 a 4) gli immunociti sono concentrati intorno e all’interno del cervello e dell’organo dorsale, durante le fasi avanzate delimitano la ghiandola neurale. La vicinanza di neuroni e immunociti e i cambiamenti significativi nelle loro posizioni e numeri nel ciclo settimanale suggeriscono che gli immunociti svolgano un ruolo importante nella protezione dei neuroni e rimozione (fagociti). La risposta comportamentale degli zooidi adulti è compromessa sia durante il ciclo settimanale che con l’età. Per esaminare l’espressione genica nel cervello di B. schlosseri e identificare firme molecolari potenzialmente collegate con i fenotipi di sviluppo e degenerazione, i ricercatori hanno sequenziato ed analizzato i trascrittomi del complesso neurale sezionato di zooidi ai giorni 1, 4 e 6 in entrambi i giovani (5 mesi, n = 6) e nelle vecchie colonie (da 7 a 16 anni, n = 5).
Per verificare se il cervello continua a svilupparsi nell’individuo adulto zooide e se l’apoptosi è coinvolta nel processo neurodegenerativo gli studiosi hanno calcolato l’arricchimento relativo ai set di geni associati allo sviluppo del sistema nervoso centrale umano e il processo apoptotico neuronale con omologie di B. schlosseri attraverso il ciclo settimanale. Un confronto dei 73 geni in modo differenziale espresso durante il ciclo blastogenico settimanale e i 148 geni espressi in modo differenziato con l’invecchiamento hanno rivelato che 35 geni sono condivisi e 27 di loro hanno un trend comune. I due processi di neurodegenerazione studiati risulta che condividano programmi di trascrizione. L’invecchiamento realtivo alla neurodegenerazione è ben correlato con la neuroinfiammazione nell’uomo e 28 geni che sono associati a neuroinfiammazione e a percorsi di infiammazione, sono espressi nel cervello di B. schlosseri. Durante la degenerazione settimanale gli studiosi hanno osservato cambiamenti significativi nell’espressione dei geni associati alle vie di neurodegenerazione dei cicli dei mammiferi. Durante il processo di invecchiamento hanno osservato cambiamenti significativi nell’espressione dei geni associati alle cellule staminali neurali dei mammiferi e ai percorsi di neurodegenerazione. In questo studio pertanto il B. schlosseri è presentato come un modello per le neuroscienze evolutive, come un organismo appartenente al clade parente più prossimo ai vertebrati il cui ciclo vitale è caratterizzato da due distinti percorsi (a breve e lungo termine) ma correlati agli stadi neurodegenerativi e questo tunicato coloniale offre una unica opportunità per nuove ricerche sulla neurogenesi, sulla degenerazione neurale, sull’invecchiamento e sulla perdita della funzione del sistema nervoso. Avanzati studi di tracciamento del lignaggio transgenico e traiettorie del trascrittoma unicellulare sullo sviluppo embrionale del tunicato solitario specie Ciona hanno precedentemente fornito informazioni sull’evoluzione dello sviluppo del sistema nervoso.
Questa ricerca dimostra pertanto l’utilità di questa specie come modello per analizzare le basi genetiche dell’invecchiamento e della perdita della funzione del sistema nervoso. In particolare, chiari modelli di geni differenzialmente espressi associati con malattie neurodegenerative umane come Alzheimer, Parkinson e la demenza frontotemporale sono evidenti tra i giovani e vecchie colonie insieme a fenotipi legati all’età associati ad un numero di cellule cerebrali più basso, ad un numero di cellule sensoriali più basso e ad una peggiore prestazione comportamentale. Nei tessuti dei mammiferi adulti, le cellule staminali sono mantenute stabilmente nella loro nicchia per la maggior parte, se non per tutta la vita di un organismo, sebbene negli esseri umani e nei topi esistano almeno due sottoinsiemi di cellule staminali ematopoietiche, bilanciate o linfoidi, un sottoinsieme di parte che domina nella giovinezza e un sottoinsieme di parte mieloide proinfiammatoria che domina nell’invecchiamento. Dati i collegamenti tra alterazioni della forza e dell’eccitabilità dei motoneuroni e malattie neurodegenerative associate alla perdita della funzione muscolare in specie di mammiferi (cioè sclerosi laterale amiotrofica), una successiva analisi dei fenotipi dei motoneuroni in B. schlosseri potrebbe essere particolarmente preziosa. Questi studi possono aiutare a chiarire la diversità cellulare all’interno del complesso neurale, rivelano i ligandi protettivi che consentono la loro migrazione a gemme di nuova formazione di fronte a massicce morte cellulare e fagocitosi e aiutano a identificarne il ruolo funzionale all’interno della neurogenerazione e neurodegenerazione. In questo studio gli studiosi si sono concentrati sull’asessualità della fase riproduttiva della storia della vita del Botryllus, analoga alla rigenerazione cellulare dello stelo di specie solitarie. La linea germinale e le competizioni di cellule staminali somatiche sono abilitate dalla comparsa settimanale precoce di cellule staminali nelle gemme e dallo scambio di cellule staminali attraverso vasi sanguigni extracorporei anastomizzati che li rendono coloniali. È probabile che il traffico cellulare regolato dallo sviluppo di recettori e igandi controlli l’aspetto precoce delle gemme e la successiva organogenesi.
Lo studio del B. schlosseri, data la sua blastogenesi ciclica e il tessuto semitrasparente, rappresenta un modello robusto, analizzabile e ripetibile utile per studiare tali meccanismi in tempi molto brevi (cioè settimanali) e come l’equilibrio tra loro può variare con il tempo e l’avanzamento dell’invecchiamento in scala. In effetti, date tali caratteristiche, il B. schlosseri rappresenta, secondo gli studiosi, un modello in grado di fornire insight unici e fondamentali nel campo delle neuroscienze evolutive.
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Anno VI - N. 4 Aprile 2023
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