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CONSAPEVOLEZZA
In Italia diminuisce il consumo di questi farmaci del 3,3% ma siamo ancora al primo posto in Europa. Stanziati 40 milioni di euro l’anno dal Ministero fino al 2025
Nei confronti dell’antibioticoresistenza bisognerebbe aumentare la consapevolezza nel nostro Paese, un po’ come sta avvenendo per la crisi climatica, visto che continuiamo ad abusare di antibiotici, perdendo via via l’efficacia. Secondo l’ultimo rapporto curato dall’Osservatorio dell’Aifa, nel 2021 l’Italia ha diminuito del 3,3% l’uso, rispetto l’anno precedente ma rimaniamo saldamente i principali consumatori in Europa.
«Il consumo di antibiotici è più elevato nei primi quattro anni di vita e nella popolazione con età uguale o superiore agli 85 anni. Il rapporto rileva inoltre come in ambito ospedaliero ci sia un incremento del ricorso agli antibiotici indicati per la terapia di infezioni dovute a microorganismi multiresistenti», afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenuto durante un convegno organizzato sul tema da Farmindustria. Da parte del Ministero, c’è la volontà a continuare nella lotta alla resistenza attraverso un piano ad hoc per gli anni 2022-2025, predisposto con il contributo di esperti di tutti i settori. Per attuare le misure e gli interventi previsti, la legge di bilancio 2023 ha assicurato 40 milioni di euro per ciascun anno, già ripartiti fra le Regioni.
«In coerenza con la visione One Health –continua il ministro -, il nuovo piano prevede una maggiore integrazione fra settore umano, animale e ambientale; affronta il tema della corretta gestione e smaltimento degli antibiotici e dei materiali contaminati e dedica particolare attenzione all’informazione e alla comunicazione, perché è fondamentale che i cittadini siano consapevoli e informati sull’uso appropriato degli antibiotici». Di “pandemia silente” parla il professor Rino Rappuoli, direttore scientifico della Fondazione Biotecnopolo di Siena presso il Centro Nazionale Anti-pandemico, che ha ricordato come, dall’inizio del XX secolo ad oggi, l’aspettativa di vita umana è aumentata di 35 anni grazie al contributo della scienza contro le malattie infettive. «Gli antibiotici – spiega il professore - hanno dei difetti, già prima che li usiamo esiste una resistenza e dopo anni diventano obsoleti. Gli antibiotici stanno finendo e ciò diventa un problema. È la ragione per cui parliamo di pandemia silente. Ma direi – sottolinea - che non è più silente perché inizia a fare rumore: 5 milioni di morti l’anno e nel 2050 se ne prevedono 10 milioni.
I batteri stanno accumulando resistenza dappertutto. Negli ospedali e nelle case usia- mo gli antibiotici; 130mila tonnellate sono usati per far crescere mucche, polli e pesci. È vero che in Europa e in Italia il consumo veterinario sta diminuendo ma in Cina e India sta aumentando. La conseguenza è che finiscono nelle acque reflue aumentando la resistenza. È anche un problema economico visto che entro il 2050, ci costerà 100 trilioni di dollari. Non c’è più tempo per aspettare». I vaccini per fortuna durano, «ma – proseguesono limitati e non abbiamo vaccini per tutti i batteri che vorremmo. Dal 1984 non abbiamo sviluppato una nuova famiglia di antibiotici. Al contrario, per i vaccini il periodo d’oro è adesso. C’è stata una grossa accelerazione: per fare un vaccino prima ci volevano dieci anni, ora abbiamo visto che ci vogliono dieci mesi. Prima per gli anticorpi monoclonali ci volevano 18 mesi ora otto, ma volendo anche cinque o sei. Poi ci sono le nuove tecnologie, come i vaccini m-Rna. Le tecnologie non ci mancano e negli ultimi anni sono state accelerate, ma ci vogliono investimenti pubblici che per il privato sarebbero troppo rischiosi. Ci vuole un investimento del pubblico per la ricerca traslazionale».
I vaccini quindi sono l’arma da considerare anche nella lotta all’antibiotico-resistenza poi- ché prevengono le infezioni e concorrono a limitare l’uso. Ecco dunque l’importanza del Piano vaccinale previsto dal ministero per gli anni 2023-2025: «attraverso i vaccini – sostiene Schillaci -, come quello antinfluenzale, possiamo inoltre ridurre le prescrizioni inappropriate e le infezioni batteriche, che spesso si sovrappongono alle virali e richiedono trattamenti antibiotici. C’è inoltre un ulteriore effetto indiretto poiché attraverso i vaccini riusciamo a ridurre il numero dei ricoveri ospedalieri delle persone fragili, abbattendo il sovraffollamento e la possibilità di complicazioni o di infezioni correlate all’assistenza». Sulla necessità di rivedere le linee guida europee per l’approvazione dei nuovi antibiotici, parla Marco Cavaleri, responsabile vaccini e prodotti terapeutici Covid dell’Agenzia europea del farmaco (Ema). Oggi, «chi sviluppa un nuovo antibiotico – dice - pensa anche da avere l’approvazione sia in Europa sia fuori. Sono anni che lavoriamo con la Food and drug administration e l’agenzia giapponese per cercare un allineamento sui requisiti per approvare rapidamente. Il processo è iniziato nel 2016 ma l’ambizione è trovare un allineamento globale. Da allora siamo riusciti a armonizzare parecchie aree».
“Il consumo di antibiotici è più elevato nei primi quattro anni di vita e nella popolazione con età uguale o superiore agli 85 anni. Il rapporto rileva inoltre come in ambito ospedaliero ci sia un incremento del ricorso agli antibiotici indicati per la terapia di infezioni dovute a microorganismi multiresistenti”.