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ITALIA, IN CALO L’USO DI ANTIBIOTICI
Report Aifa: registrata una riduzione del 3,3% rispetto al 2020, ma se ne fa ancora troppo uso rispetto al resto d’Europa un’infezione batterica senza far precedere gli esami del caso. Un aspetto molto grave, soprattutto considerato che proprio questa categoria di antibiotici ha un impatto più elevato sullo sviluppo delle resistenze antibiotiche che tanti grattacapi stanno causando sul fronte della salute pubblica.
Da quanto emerge dal report dell’Aifa, si conferma poi un’ampia variabilità nei consumi su base regionale: in particolare al Sud si registrano significativi margini di miglioramento per quanto concerne l’appropriatezza prescrittiva. Altri dati interessanti sono quelli che ravvisano come circa tre cittadini su dieci, nel 2021, abbiano ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici; la prevalenza aumenta all’avanzare dell’età, raggiungendo il 50% negli over 85. Nella popolazione in età pediatrica, invece, i maggiori consumi si registrano principalmente nella fascia di età compresa tra i due e i cinque anni. Fra loro all’incirca quattro bambini su dieci hanno ricevuto nell’anno almeno una prescrizione di antibiotici. I numeri migliori, come detto, si registrano al Nord, dove le riduzioni nei consumi di antibiotici hanno toccato il -6,1% a fronte del -2,2% di decremento toccato al Sud.
Dopo i ripetuti allarmi lanciati dalla comunità medico-scientifica, iniziano finalmente a vedersi i primi risultati della campagna informativa a tamburo battente finalizzata ad un consumo maggiormente consapevole degli antibiotici in Italia. Secondo il Rapporto curato dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) dal titolo “L’uso degli antibiotici in Italia - 2021”, è infatti confermato il trend in riduzione del consumo di antibiotici nel Belpaese, con un calo del 3,3% rispetto al
2020. Un segno meno da intendersi in chiave positiva, ma che non deve comunque illudere rispetto al fatto di avere archiviato il problema in maniera definitiva. Gli aspetti su cui lavorare, infatti, sono ancora molti se è vero, come evidenziato dal report, che i consumi di antibiotici in Italia si mantengano comunque tuttora su livelli superiori rispetto a quelli di molti Paesi europei. In particolare, nel confronto con il resto del Vecchio Continente emerge l’abitudine a ricorrere con maggiore frequenza ad antibiotici ad ampio spettro, probabilmente nel tentativo di arginare
Per quanto riguarda la distribuzione degli antibiotici somministrati in Italia, invece, il 76% delle dosi impiegate è stato erogato dal Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) e quasi il 90% degli antibiotici rimborsati dal Ssn viene erogato sul territorio (in regime di assistenza convenzionata).
Più di un quarto dei consumi a livello territoriale (26,3%) corrisponde ad acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal Sistema sanitario nazionale (classe A). Sia i consumi in regime di assistenza convenzionata che gli acquisti da parte delle strutture sanitarie pubbliche hanno riportato un incremento nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. (D. E.).
Sebbene alla conclusione del monitoraggio InfluNet - il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza - manchi ancora un mese, il numero di casi stagionali registrati in Italia nella stagione 2022-2023 sfiora già i 12,7 milioni. Numeri altissimi: basti dire che da quando l’Istituto Superiore di Sanità, nel 2000, ha creato il sistema di monitoraggio, una stagione influenzale del genere non si era mai vista. Il precedente massimo risale al 2017-2018, quando comunque non si erano superati gli 8,7 milioni di casi.
Ma che questa sia stata una stagione fuori dagli schemi lo si evince non solo dal numero complessivo di casi. A differenza degli anni scorsi, infatti, in cui il numero massimo di casi si raggiungeva solitamente alla fine del mese di gennaio, questa volta il picco è stato precoce, venendo registrato prima di Natale. Qualcosa di simile a quanto accaduto nella stagione 2009-2010, anno noto fra virologi ed epidemiologi per essere stato l’anno della pandemia da suina. All’epoca il picco, molto intenso, venne registrato attorno al mese di novembre. Anche quest’anno il picco ha raggiunto livelli molto elevati, raggiungendo un’incidenza massima di 16 casi per mille abitanti.
Altro aspetto anomalo di questa stagione influenzale? Senza dubbio la discesa, lentissima, della curva. Rispetto ad altre stagioni caratterizzate da un repentino caso dei cali immediatamente dopo il picco, infatti, nel 2022-2023 l’abbassamento della curva è stato molto più rallentato, oltre che caratterizzato dalla presenza di veri e propri periodi di plateau. Questa tendenza, del resto, è ancora in corso come si evince dall’analisi dei più recenti bollettini emessi da InfluNet. Quello del 31 marzo, ad esempio, mostra come nell’ultima settimana monitorata siano stati 342mila gli italiani costretti a letto da sindromi