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IL SENSORE BIODEGRADABILE PER LE DONNE CHE MONITORA IL PH DEI TESSUTI

L’Università di Pisa mette a punto un sistema in grado di trasmettere i dati real time Tanti gli usi possibili, fra cui la diagnosi della vaginosi batterica

Un dispositivo di controllo, grande quanto un centesimo di euro, biodegradabile e capace di rilevare il pH dei tessuti in modo continuo è stato realizzato dal team di ingegneri elettronici dell’Università di Pisa. I dati real time che il sistema miniaturizzato registra sono inviati ad uno smartphone, dove vengono processati per aiutare nell’individuazione di malattie estremamente diffuse, come ad esempio la vaginosi batterica, la cui diagnosi richiede una accurata rilevazione dell’acidità dei tessuti, spesso associata a complicazioni e a un maggior rischio di malattie sessualmente trasmissibili.

Lo studio è stato pubblicato su Advanced Materials Technologies dal gruppo di ricerca dell’ateneo pisano, in collaborazione con i ricercatori della azienda tedesca Surflay Nanotec GmbH, e rientra nel progetto europeo RESORB, finanziato dall’European Innovation Council, con l’obiettivo di sviluppare sensori chimici per il monitoraggio in vivo di farmaci chemioterapici, per i quali è importante avere anche dei sensori del pH. Ad oggi, il valore viene misurato con delle strisce colorimetriche: «un sistema qualitativo – spiega Giuseppe Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e coordinatore del gruppo di ricerca – mentre il nostro sensore offre una valutazione quantitativa, grazie alla combinazione con un circuito elettronico in- serito su un anello vaginale contraccettivo».

Il sensore, costruito in silice nanostrutturato, una specie di vetro puro, caratterizzato da strutture dell’ordine di grandezza 10mila volte più sottili di un capello umano, monitora in modo continuo e in tempo reale il pH vaginale. In più, questa sorta di pellicola è anche capace di sciogliersi, senza arrecare danni all’organismo.

«Lo scorso anno - ricorda il professore –, sempre nell’ambito del progetto, abbiamo messo a punto un sensore innovativo, delle dimensioni e dallo spessore di un francobollo, totalmente biodegradabile nel corpo, in grado di rilevare il pH dei tessuti tramite un semplicissimo meccanismo a fluorescenza. Se stimolato con luce verde, infatti, il sensore emette luce nello spettro del rosso, con un’intensità che corrisponde a un valore preciso di pH. Ora – continua - abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, mettendo a punto un sistema optoelettronico miniaturizzato, che stimola il sensore, rileva la luce emessa dallo stesso e invia il valore di pH misurato a uno smartphone in modalità wireless». Il sistema rappresenta quindi un buon mix di efficienza e sostenibilità visto che è capace di rilevare il pH per quattro giorni consecutivi, il sensore si degrada senza scarti per l’ambiente, mentre l’anello con il circuito optoelettronico miniaturizzato, contenente anche il sistema di acquisizione dati, un trasmettitore wireless e le batterie di alimentazione, può essere riutilizzato con nuovi sensori.

Le applicazioni per le analisi in situ di sensori con queste proprietà sono potenzialmente numerose per le patologie che richiedono un monitoraggio continuo del livello di acidità dei tessuti, «ad esempio - continua Martina Corsi, dottoranda del dipartimento e coautrice dello studio - quelle a carico dell’apparato gastrointestinale, le analisi di ferite o patologie oncologiche, ma anche per le analisi ancora più complesse, oltre alla rilevazione del pH, mettendo a punto sensori a fluorescenza che rispondono a marcatori diversi».

Altra partnership dello stesso team dell’Università di Pisa è quella con l’impresa lombarda ab medica con cui stanno progettando l’integrazione della tecnologia in dispositivi indossabili per diagnosi avanzate. «La plu- riennale collaborazione scientifica - afferma Cosimo Puttilli, Research and Innovation Manager dell’azienda - con il dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, e in particolare con il team del professor Barillaro, rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra una realtà universitaria pubblica di eccellenza e un’azienda che investe attivamente tempo e risorse nell’Innovazione. Nello specifico il nostro ruolo ha riguardato la realizzazione e miniaturizzazione del ricevitore e trasmettitore esterno al sensore, oltre che all’APP che permette di visualizzare i dati acquisiti dal sensore sviluppato a Pisa. L’obiettivo finale sarà quello di integrare la nuova tecnologia all’interno di dispositivi indossabili o impiantabili che permetteranno la diagnosi di patologie oggi molto diffuse, ma allo stato attuale difficili da monitorare». (E. G.).

I dati real time che il sistema miniaturizzato registra sono inviati ad uno smartphone, dove vengono processati per aiutare nell’individuazione di malattie estremamente diffuse.

La Diagnostica Dei Biosensori

L’uso dei sensori ultrasensibili in campo clinico diagnostico inizia a muovere i primi sorprendenti passi, grazie al coinvolgimento degli enti di ricerca e al finanziamento europeo. Basti pensare a RESORB, il progetto Horizon Europe EIC PathFinder Open finanziato dalla Comunità Europea con 3 milioni di euro, avviato nel 2022, che coinvolge oltre all’Università di Pisa anche l’Institut Mines-Telecom (Francia), l’Università del Salento, l’University College London (Regno Unito) e l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il progetto prevede l’utilizzo di sistemi di rilevamento chimico impiantabili, biocompatibili e bioriassorbibili, integrati per il monitoraggio di farmaci in vivo e in loco.

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