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24 Anziani e tecnologia. Il mondo “invecchia
ANZIANI E TECNOLOGIA IL MONDO “INVECCHIA” Chi è l’ultra 65enne “vulnerabile” e quali azioni possono tutelarne la salute e conservarne l’autonomia
di Ludovica Vollaro
Èda quasi 5 anni che la signora Mena vive sola. Esattamente dal giugno del 2015, quando l’uomo che aveva al suo fianco da più di mezzo secolo, è venuto a mancare. Mena, nonostante la rispettabile età di 81 anni, è completamente autosufficiente. Rientra, dunque, pienamente, nella fascia di popolazione ultra 65enne ancora in grado di vivere in autonomia la propria quotidianità, ma che si trovano comunque in uno stato di “potenziale vulnerabilità”. In questa condizione vive oltre il 20% della nostra popolazione ed il dato è costantemente in crescita sia per la sensibile diminuzione della natalità, sia per l’aumento dell’aspettativa media di vita che ha raggiunto gli 80 anni per gli uomini ed oltre gli 85 per le donne. La combinazione di questi due fattori è rappresentata in maniera evidente dai due parametri maggiormente indicativi del crescente invecchiamento della popo
L’indice di vecchiaia dell’Istat indica il rapporto tra 65enni ed i giovani tra i 0 e 14 anni lazione italiana: l’indice di vecchiaia e l’indice di dipendenza. L’indice di vecchiaia è il rapporto tra gli ultra 65enni ed i giovani nella fascia 0-14 anni: il dato Istat relativo all’anno 2018 è del 168%. L’indice di dipendenza è il rapporto tra la popolazione ultra 65enne e quella in età tra i 15 ed i 64 anni, vale a dire in età lavorativa: in questo caso il dato Istat sfiora il 35%.
È evidente che siamo in presenza di una popolazione che tende rapidamente ad invecchiare in maniera sensibile ed è quindi inevitabile attivare tutti quei processi in grado di sostenere sia economicamente che socialmente il fenomeno. Ma chi è l’anziano vulnerabile? E quali azioni possono mettersi in campo per tutelarne la salute e conservarne, per quanto possibile, l’autonomia? Possiamo utilizzare alcuni parametri di base per circoscrivere questa ampia fascia di popolazione: la potenziale insorgenza di malattie croniche, il trend demografico, l’indebolimento del “sistema famiglia” ed i fattori di fragilità economica.
Sono tutti elementi, questi, che singolarmente o in maniera combinata, concorrono allo stato di vulnerabilità e che, in mancanza di interventi adeguati, fanno scivolare l’anziano verso uno stato di non autosufficienza e di dipendenza. È necessario quindi attivare alcuni processi che consentono di intercettare e gestire le esigenze della popolazione over 65. In primo luogo, va intensificata la transizione da una medicina di attesa ad una sanità di iniziativa, intesa sia come preventiva che come proattiva nei confronti della popolazione anziana vulnerabile. Parallelamente è necessario lavorare ad una concreta ri
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attivazione dei legami nelle comunità territoriali in modo da creare quelle condizioni che possono garantire all’anziano vulnerabile il mantenimento delle relazioni sociali e beneficiare del supporto dei servizi e delle risorse del territorio. L’intero processo è oggi favorito dall’evoluzione delle nuove tecnologie, intese però non come protesi articolari e neanche come “ambienti digitali”, bensì come tessuti connettivi in grado di generare relazioni sia virtuali che in presenza.
Le tecnologie di comunità, viste generalmente come ostacolo alla relazione, diventano, all’opposto, uno strumento che facilita e riattiva i legami territoriali grazie all’apporto del tutor di comunità, figura professionale in grado di approfondire le dinamiche del proprio territorio, di possedere le competenze comunicative in presenza ed online, gestire la transizione della popolazione anziana verso un utilizzo più consapevole dei “nuovi media” e delle tecnologie più innovative. Le smart cities, in maniera più o meno avanzata, stanno rapidamente portando alla digitalizzazione delle banche dati ed alla dematerializzazione di numerosi servizi, con il rischio sempre più frequente, di tagliare fuori una consistente parte di popolazione rappresentata dagli over 65 ed incrementando il fenomeno del digital divide, vale a dire il gap tra coloro che posso accedere a dati e servizi digitali e coloro che, invece, ne sono esclusi. Ed è qui che interviene la figura del tutor di comunità che è chiamato a guidare il processo di alfabetizzazione digitale, principalmente della popolazione più anziana, attraverso le tre fasi di accesso-alfabeto-spirito critico.Un ulteriore step consiste della distribuzione sul territorio di Le tecnologie di comunità diventano uno strumento che facilita e riattiva i legami territoriali
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sistemi di monitoraggio ambientale domiciliare idonei a garantire una sorveglianza non invasiva delle attività quotidiane dell’anziano vulnerabile, controllandone a distanza gli spostamenti ed i valori dei parametri vitali, con lo scopo di consentire all’anziano di conservare la propria autonomia in ambito domestico e garantendo un intervento tempestivo in caso di assistenza sanitaria.
Nel complesso il sistema tende a fornire una serie di servizi quali, cura della persona, mantenimento della mobilità, servizi infermieristici e supporto psicologico, accompagnamento nelle attività quotidiane e di socializzazione e, non per ultimo, intervento di sostegno ai familiari nell’ottica di un welfare comunitario di cui trae vantaggio l’intero territorio. Tutti ambiti, sembra quasi inutile sottolinearlo, nei quali i Biologi, grazie al loro vasto e variegato campo di applicazione professionale ed a quella tendenza che li rende particolarmente inclini al lavoro di squadra, sono chiamati a recitare un ruolo strategico.