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Il vero volto della soia: le due facce della medaglia

Caratteristiche e proprietà di un legume contenenti alti livelli di aminoacidi e utilizzata come sostitutivo delle proteine animali

di Giada Fedri

Una dieta sana ed equilibrata include il consumo giornaliero di almeno tre porzioni di frutta o verdura e la variazione degli alimenti derivanti da diverse famiglie botaniche [1] e la soia è il legume con il più alto punteggio aminoacidico e il più vicino allo standard stabilito dalla Food and Agriculture Organization (FAO) e dalla World Health Organization (WHO).

La soia ha un alto valore nutrizionale, un contenuto proteico di circa il 38% e poiché la composizione di aminoacidi è simile a quella proteine animali viene spesso utilizzata come componente sostitutivo. Sebbene le diete ad alto contenuto proteico possano aumentare il rischio di sviluppare malattie renali in soggetti sensibili, alcuni studi indicano che le proteine della soia influenzano invece favorevolmente la funzione renale rispetto alle proteine animali [2].

Non è solo la quantità totale di proteine a renderla un ottimo alimento, ma anche la loro qualità: contengono infatti tutti e otto gli aminoacidi essenziali ed alte concentrazioni di lisina, mentre metionina e cisteina restano al di sotto dei valori minimi e la loro carenza nella dieta per periodi prolungati può avere effetti dannosi sulla salute, come malattie neurodegenerative paralizzanti irreversibili o neurolatirismo [3]. La soia contiene un equilibrio salutare di acidi grassi, è povera di acidi grassi saturi e ricca di mono e polinsaturi come l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico (ALA) in grado di ridurre i livelli di trigliceridi e il colesterolo nel sangue. A differenza di altri legumi la soia ha un

Il Giornale dei Biologi | Febbraio 2020 basso contenuto di carboidrati ad alto peso molecolare, anche se non possediamo gli enzimi per metabolizzare stachiosio e il raffinosio che vengono quindi digeriti dai batteri intestinali con successiva produzione di gas, divenendo così fattori anti-nutrizionali, provocando un aumento della flatulenza, diminuzione della digeribilità dei nutrienti e in alcuni casi possono causare ipertrofia dell’intestino [4] fino ad influenzare il microbiota intestinale e ridurre la crescita.

Sebbene la soia sia una nota fonte di fosforo, la maggior parte è presente sotto forma di acido fitico che non può essere digerito dagli animali monogastrici e che contribuisce tralaltro all’inquinamento delle acque reflue. L’acido fitico ha inoltre un effetto chelante su calcio, magnesio, potassio, ferro e zinco rendendoli non disponibili per gli animali non ruminanti e riduce sia l’attività degli enzimi digestivi (pepsina, tripsina e amilasi) che la disponibilità di proteine, aminoacidi ed amido, agendo negativamente sul metabolismo energetico cellulare [5]. I legumi sono noti per gli insoliti meccanismi di difesa contro i predatori, producono infatti una vasta gamma di metaboliti secondari, un arsenale chimico accumulato sia nei semi che nelle foglie che include importanti quantità di kaempferolo e quercetina [6] e tali sostanze, in aggiunta agli inibitori della digestione, interferiscono con il metabolismo fino a raggiungere la funzione cerebrale e il controllo ormonale [7].

Alcuni enzimi tipici della soia hanno effetti negativi da un punto di vista metabolico: la lipossigenasi, ad esempio, fonda

mentale nella catalisi dell’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi da parte dell’ossigeno molecolare, causa la rancidità dei fagioli di soia e ne condiziona la composizione; mentre le lectine, tra cui le emoagglutinine, legano i carboidrati ed esercitano specifici effetti antinutrizionali [8] ma sono facilmente inattivate dal calore.

La soia contiene anche proteine anti-nutrizionali come l’inibitore di Bowman Birk, l’inibitore dell’alfa-amilasi e l’inibitore della tripsina di Kunitz (KTI) (una delle più abbondanti nei semi di soia, identificata come principale allergene alimentare nell’uomo [9]) che causano la riduzione della ritenzione di azoto e ne aumentano l’escrezione, diminuiscono i risultati delle prestazioni fisiche ed interferiscono con la digestione proteica provocando diminuzione della crescita [10]. Oltre agli effetti dannosi sull’azione proteolitica, l’inibitore della tripsina influisce notevolmente sulla dimensione del pancreas e sulla quantità di tripsinogeno prodotto[11]. Lyman e Lepkovsky [12] infatti riportarono una riduzione netta di tripsina nell’intestino tenue di ratti immediatamente dopo i pasti contenenti farina di soia cruda e un aumento di tre volte della sua concentrazione normale già sei ore dopo l’allattamento, dimostrando che il pancreas produce tripsinogeno in eccesso per compensare l’inibizione della tripsina. La soia cruda inoltre, proprio a causa della presenza di queste proteine, può interrompere le attività di digestione nello stomaco causando crampi e malessere generale [13].

La lavorazione ad alte temperature, la germinazione o la fermentazione, eliminano le tossine attive che ne compromettono il valore nutrizionale ed inattivano le proteine anti-nutrizionali come gli inibitori della tripsina e chimotripsina, le galattosidasi, le proteasi, le lectine, le pectine, le ureasi, le lipossigenasi e altre sostanze anti-vitaminiche. D’altra parte, una temperatura troppo elevata causerebbe una riduzione della disponibilità di proteine e di alcuni aminoacidi, in particolare della lisina. Il vantaggio principale della soia per la salute umana, oltre al valore nutrizionale proteico ed energetico, è l’alto livello di fitoestrogeni, soprattutto gli isoflavoni genisteina e daidzeina presenti nei semi. Essi svolgono un ruolo nella simbiosi con i batteri Rhizobium; vengono metabolizzati dai batteri intestinali in equolo [14] e dopo l’assorbimento, gli isoflavoni raggiungono la circolazione enteroepatica e vengono coniugati principalmente con acido glucuronico nel fegato e quindi escreti nelle urine. Questi metaboliti secondari hanno effetti benefici sulla salute: sono utili per la prevenzione e il trattamento di malattie cardiovascolari, osteoporosi, per il sollievo dei sintomi pre e post-mestruali e in oncologia genisteina e daidzein sono usati per la prevenzione del carcinoma prostatico e mammario [15]. È noto che l’incidenza del cancro alla prostata è ridotta nelle popolazioni che consumano regolarmente prodotti a base di soia, in vitro, la genisteina inibisce una vasta gamma di cellule tumorali e nume

rosi enzimi coinvolti nella trasduzione del segnale [16] ed una recente pubblicazione di una metanalisi di uno studio prospettico ha suggerito che il consumo di isoflavoni è associato a un ridotto rischio di incidenza del cancro al seno nelle popolazioni asiatiche [17], minor tasso di mortalità ed effetti antitumorali sul carcinoma della prostata e del colon.

Gli isoflavoni impediscono la crescita di una varietà di cellule neoplastiche, comprese quelle non dipendenti dagli ormoni e questi effetti si basano sulla capacità di inibire l’attività degli enzimi che controllano la crescita cellulare, recentemente è stato dimostrato che la genisteina dietetica può ridurre la progressione del carcinoma mammario attraverso la regolazione trascrizionale di Rho GTPasi e PAK [18]. Un altro meccanismo proposto per l’attività antitumorale degli isoflavoni è l’inibizione dell’angiogenesi: Guo et al. [19] hanno scoperto che gli isoflavoni di soia possono inibire la formazione di nuovi vasi sanguigni nel tumore prostatico attraverso la soppressione del fattore di crescita endoteliale vascolare che segnala i percorsi tra le cellule tumorali e le cellule endoteliali. L’attività anti-neoplastica è associata anche alle potenti azioni antiossidanti dei fitoestrogeni, in grado di rigenerare le vitamine E e C considerati un fattore di longevità, e all’inibizione delle proteasi coinvolte nell’iniziazione e nella promozione della carcinogenesi [20]. L’assunzione di soia durante l’infanzia e l’adolescenza potrebbe fornire addirittura una protezione permanente dal cancro al seno e sensibilizzare gli effetti protettivi in fase adulta [21], [22]. D’altra parte, l ‘ACS (American Cancer Society) raccomanda ai sopravvissuti al cancro al seno di consumare solo moderate quantità di alimenti a base di soia nell’ambito di una dieta sana a base vegetale, e sconsiglia vivamente il consumo di fonti concentrate di soia come prevenzione delle recidive.

Evidenze sperimentali ed epidemiologiche supportano l’ipotesi che i fitoestrogeni, grazie alla particolare struttura chimica, abbiano effetti estrogenici e antiestrogenici nelle donne, con

effetti diversi in base alla fase fisiologica: nelle donne in età fertile, i fitoestrogeni agiscono come anti-estrogeni quando i livelli degli stessi sono alti mentre nelle donne in post-menopausa acquisiscono attività estrogenica [23], per questo sono considerati come ottime alternative naturali alla terapia ormonale classica. Altri studi hanno evidenziato invece risultati contrastanti, riportando un aumento dei sintomi vasomotori ed un peggioramento del benessere nelle donne che consumano cibo a base di soia in menopausa [24], ad oggi la reale efficacia dei cibi a base di soia nel migliorare i sintomi della menopausa rimane poco chiara, ma in tutti i casi gli effetti benefici della soia sono più evidenti se consumata già in fase fertile piuttosto che tardivamente [25].

La carenza di estrogeni tipica della menopausa contribuisce alla perdita della massa ossea, all’osteoporosi e condiziona in modo significativo il processo di rimodellamento osseo, quindi la possibilità che i fitoestrogeni della soia possano offrire un’alternativa naturale alla terapia ormonale convenzionale ha aperto la strada a studi specifici: esperimenti su ratti ovariectomizzati hanno dati ottimi risultati nella riduzione della perdita ossea, nella diminuzione significativa del numero di osteoclasti e nell’inibizione del riassorbimento osseo dopo l’ovariectomia [26]. Analogamente, è stata osservata una riduzione dei livelli di escrezione urinaria di deossi-piridinolina, uno specifico biomarcatore del riassorbimento osseo, dopo il consumo di isoflavoni con calcio supplementare. Un altro studio sui ratti ha dimostrato che la genisteina e gli esercizi fisici moderati impedivano l’aumento di peso corporeo e la perdita ossea [27]. Altre osservazioni cliniche hanno suggerito una relazione tra l’artrosi e il metabolismo modificato degli estrogeni nelle donne in menopausa [28], un effetto positivo sul metabolismo e sull’infiammazione della matrice della cartilagine articolare con effetto antinfiammatorio tramite la soppressione della COX-2 (cicloossigenasi 2) [29].

Un altro punto a favore degli isoflavoni riguarda l’azione preventiva sulle patologie cardio-circolatorie [30]: risultati preliminari suggeriscono un effetto cardioprotettore direttamente sulle pareti dei vasi sanguigni e su altri processi coinvolti nell’eziologia delle malattie coronariche, sebbene i risultati siano talvolta contrastanti. Gli isoflavoni di soia agiscono come potenti

antiossidanti in grado di ridurre l’ossidazione del colesterolo LDL e indurre la reattività vascolare, riducendo la formazione di placche aterosclerotiche, migliorando della funzionalità endoteliale e il rilassamento arterioso [31], bloccando l’attivazione delle cellule infiammatorie e l’adesione all’endotelio vascolare attraverso la regolazione dell’attivazione dei monociti.

Altri recenti studi sull’uomo sono invece in disaccordo con l’effetto benefico degli isoflavoni di soia [32], le discrepanze tra i risultati relativi ai benefici cardiovascolari indotti dagli isoflavoni possono essere influenzate non solo dalla capacità dei batteri intestinali di metabolizzare la daidzeina in equolo, ma anche dallo stato metabolico dell’individuo.

Gli isoflavoni possono avere inoltre effetti inibitori sul tessuto adiposo, aiutando a prevenire le malattie associate all’obesità migliorando il profilo lipidico plasmatico. Tuttavia, studi in vivo, specialmente sull’uomo, hanno dimostrato che i meccanismi d’azione degli isoflavoni di soia sembrano dipendere dalle interazioni tra altri fattori, come la presenza delle proteine della soia e l’azione dei batteri intestinali [33].

D’altra parte, il consumo di fitoestrogeni non controllato può avere effetti collateriali importanti, anche pericolosi per la salute: nonostante gli effetti più deboli rispetto alla maggior parte degli estrogeni, alterano il sistema endocrino e l’esposizione a vita a tali sostanze, specialmente durante periodi critici di sviluppo, è stata associata alla formazione e la crescita di tumori maligni e a diverse anomalie dei sistemi riproduttivi [34] e a difficoltà nell’ovulazione.

E’ anche importante sottolineare che i prodotti a base di soia nei paesi occidentali sono molto diversi da quelli consumati nelle diete tradizionali mondiali: mentre i semi di soia asiatici sono consumati interi con o senza fermentazione, in Europa e negli Stati Uniti si utilizzano proteine di soia a diversi livelli di purificazione o estrazione come proteine vegetali testurizzate, concentrati proteici o isolate con rese fino al 90%, ciascuno con un diverso profilo di composti nutrienti e non nutritivi, inclusi isoflavoni e saponine. È probabile che l’elaborazione di alimenti a base di soia moduli il profilo degli isoflavoni e modifichi la loro bioaccesabilità e biodisponibilità, ma è necessario studiare il modo in cui queste differenze influenzino il rischio di cancro e di recidive.

Fitoestrogeni altamente concentrati infatti potrebbero indebolire il sistema immunitario dei neonati: alcuni studiosi hanno suggerito potenziali effetti anti-immunitari, anti-riproduttivi ed endocrini nei neonati e negli adulti a causa dell’elevato consumo di isoflavoni nelle formule commerciali a base di soia [35].

Un altro potenziale pericolo dei prodotti a base di soia mal conservati è la presenza di micotossine, soprattutto ocratossine (prodotti dai funghi Aspergillus ochraceous o Penicyllium varrucosum) e il zearalenone, come prodotto del Fusarium graminearum.

Sono stati dimostrati effetti antidiabetici dei semi di soia, tramite l’aumento della resistenza all’insulina e del controllo glicemico [36], regolazione diretta dell’omeosta

si del glucosio ed azione sui recettori degli estrogeni. Anche le proteine e le fibre della soia aiutano a regolare i livelli di glucosio nel sangue e la filtrazione renale [37] contribuendo così a controllare le complicanze diabetiche insieme alle malattie renali e alla prevenzione del diabete di tipo 2 e della sua progressione, in associazione agli effetti positivi su ipertensione, ipercolesterolemia, aterosclerosi e obesità.

Tuttavia, gli studi clinici sull’uomo sono contraddittori [38], [39]: mentre test su donne in postmenopausa che assumevano un’integrazione dietetica con fitoestrogeni hanno dimostrato significativi miglioramenti del controllo glicemico, l’insulino-resistenza e le lipoproteine sieriche [39]; altri riportano che il consumo di isoflavoni isolati non influenza la sensibilità all’insulina anche se i livelli sierici di grelina risultavano ridotti dal trattamento, indicando solo alcuni cambiamenti dell’appetito [40]. Inoltre, la secrezione di insulina, la percentuale di grasso viscerale, grasso corporeo totale e la massa corporea magra non variavano tra le donne in postmenopausa che avevano consumato proteine di soia per tre mesi rispetto a quelle che consumavano caseina [38].

Fortemente dibattuto, è l’argomento della soia geneticamente modificata (GM): negli anni Novanta è stata una delle maggiormente coltivate, in particolare quella ingegnerizzata con l’inserzione del gene batterico per la resistenza agli erbicidi, al glifosato e al glufosinato [41]. La linea di Monsanto e Bayer CropScience dal 1996, è ancora la principale coltura biotecnologica su scala globale, coltivata su 73,3 milioni di ettari, il 50% della superficie totale delle colture GM nelle prime dieci colture biotecnologiche. Numerose aziende mondiali stanno tuttora lavorando per migliorare la genetica della soia per incrementare il suo valore nutrizionale, eliminare i principali allergeni e modulare le carenze di aminoacidi che ne limitano la qualità nutrizionale. Ad oggi, più del 90% della soia consumata è geneticamente modificata e di conseguenza ha una delle percentuali più alte di contaminazione da pesticidi, il gruppo guidato dal Dr. Malatesta dell’Università di Verona (Verona, Italia) ha infatti mostrato notevoli preoccupazioni a riguardo [42] in quanto pesticidi sono noti per aumentare l’incidenza di diversi tipi di tumori, e quindi la contaminazione dei semi di soia potrebbe spiegare l’aumento dell’incidenza e del rischio di alcuni tipi di cancro.

La soia contiene anche goitrogeni che deprimono la funzione tiroidea [43] ed inibiscono l’azione dei farmaci per la tiroide, infatti l’abuso di semi di soia è associato a comparsa del gozzo e all’ipotiroidismo, accompagnati da costipazione, affaticamento e letargia nonostante l’adeguata assunzione di iodio [44]. Nel 1997, i ricercatori del Centro nazionale per la ricerca tossicologica della FDA hanno scoperto che i componenti goitrogenici della soia erano proprio gli isoflavoni [45].

Inoltre, i fitati possono bloccare l’assorbimento di minerali essenziali (calcio, magnesio, rame, ferro e soprattutto zinco) nel tratto intestinale [46], contribuendo alle carenze di minerali nei paesi del terzo mondo e nei vegetariani che consumano tofu e cagliata di fagioli in sostituzione a carne e latticini. La preoccupazione maggiore è la carenza di zinco, necessario per lo sviluppo e il funzionamento ottimale del cervello, del sistema nervoso, riproduttivo ed immunitario, nella sintesi proteica e nella formazione del collagene e nel controllo della glicemia. L’abuso dei semi di soia ha aumentato i requisiti di vitamine E, K, D e B12 e ha creato sintomi di carenze minerali come

organi ingrossati, in particolare il pancreas e la ghiandola tiroidea, e una maggiore deposizione di acidi grassi nel fegato [46]. Quindi, sebbene i legumi abbiano molte proprietà benefiche, proprio per la carenza dei suddetti amminacidi solforati non devono essere l’unico componente del paniere alimentare: solo la combinazione con cereali ricchi degli amminoacidi essenziali carenti nei legumi (come metionina, cisteina e triptofano) può produrre una qualità combinata di proteine paragonabile alla carne [47].

In conclusione, nonostante le molteplici proprietà benefiche e gli effetti positivi sulla longevità, la soia è anche al centro di diversi studi che la collegano a problemi di salute tra cui malnutrizione, disturbi digestivi, disfunzione tiroidea, declino cognitivo, disturbi riproduttivi, infertilità, difetti alla nascita, malfunzionamento del sistema immunitario e cancro [34], [48]–[50], motivi per cui andrebbe assunta nelle quantità consigliate e in assenza di condizione patologiche.

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INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI PUGLIA E BASILICATA DELL’ONB

BARI* 29 febbraio 2020 Ore 11:30

Interventi:

Sen. dott. Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi Dott.ssa Claudia Dello Iacovo Consigliere dell’Onb e delegato regionale di Puglia e Basilicata Dott.ssa Anna Barletta Commissario della delegazione di Puglia e Basilicata Autorità convenute

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