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Le regole di una vita (più lunga) senza malattie croniche
Uno studio incrocia cinque fattori del comportamento a basso rischio e la possibilità di un’ampia aspettativa di anni senza cancro, disturbi cardiovascolari e diabete
Vivere sano per vivere meglio, e più a lungo. Il refrain a cui siamo abituati e di cui dovremmo ormai essere tutti coscienti trova sempre maggiore fondamento scientifico. Che uno stile di vita salutare influenzi in modo positivo la durata della vita e il contrasto all’insorgenza di diverse malattie croniche è una consapevolezza diffusa. Ma fino ad oggi non erano stati presi in considerazione in modo incrociato la consuetudine con diversi fattori di rischio e varie malattie croniche quali cancro, malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2. Lo ha fatto uno studio firmato da Yanping Li, Josje Schoufour, Dong D. Wang, Klodian Dhana, An Pan, Xiaoran Liu e altri, sviluppato in una collaborazione tra diverse università, tra cui l’Harvard School of Public Health di Boston, la University of Applied Sciences di Amsterdam, l’Institute of Social and Preventive Medicine di Berna, il Massachusetts General Hospital di Boston.
Lo studio, pubblicato sul British Medical Journal 1 , propone i risultati della ricerca che è stata svolta su 111.526 individui (di cui 73.196 donne e 38.366 uomini), le cui abitudini di vita e la storia clinica sono state raccolte tramite questionari somministrati nel tempo. Senza alcun coinvolgimento diretto, sono stati analizzati i profili di oltre 73mila infermiere che partecipano al Nurses’ Health Study, uno studio, giunto ormai alla terza generazione, che è partito nel 1980 e analizza nel tempo le condizioni di salute delle operatici sanitarie. I profili maschili indagati, invece, sono stati recuperati tra quelli pre
Il Giornale dei Biologi | Febbraio 2020 senti nella banca dati dell’Health Professionals Study, analoga ricerca prospettica attivata nel 1986 e dedicata a uomini di età compresa tra 40 e 75 anni, attivi nel settore sanitario (dentisti, optometristi, osteopati, podologi, farmacisti e veterinari), il cui scopo è valutare la correlazione tra vari fattori nutrizionali e l’incidenza di malattie gravi. I ricercatori hanno preso
in considerazione cinque abitudini sane a “basso rischio”: il fumo, un indice di massa corporea (BMI) variabile da 18 a 25, l’abitudine a un’attività fisica più o meno intensa per almeno 30 minuti al giorno, l’assunzione di alcol moderata, una dieta sana. Quanto più variegata è emersa essere la combinazione di queste buone abitudini, tanto più alta si è rivelata la percentuale dell’aspettativa di vita dopo i cinquant’anni senza diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e cancro.
Nello specifico, la ricerca di Li Yanping e colleghi ha determinato che l’aspettativa di vita senza queste malattie croniche si è attestata in ulteriori 23,7 anni (intervallo di confidenza al 95% da 22.6 a 24.7) per le donne che non avevano adottato fattori di stile di vita a basso rischio. Al contrario si è spinta a 34,4 anni (intervallo di confidenza da 33,1 a 35,5) per le donne che ne avevano adottati quattro o cinque tra quelli presi in considerazione.
Il risultato si è replicato anche per gli uomini, la cui aspettativa di vita senza le malattie croniche è stata calcolata a 23,5 anni (intervallo di confidenza da 22,3 a 24,7) in assenza di comportamenti con basso fattore di rischio. Con uno stile di vita sano, integrato da quattro o cinque comportamenti a basso rischio, l’aspettativa di vita sale a ulteriori 31,1 anni (intervallo di confidenza da 29,5 a 32,5).
La popolazione a cui ha attinto il gruppo guidato da Yanping deriva dunque dagli studi NHS e HPFS: si tratta di monitoraggi in progress, con relativa banca dati, organizzati e gestiti dall’Università di Harward in collaborazione con il National Cancer Institute del dipartimento della Salute degli Stati Uniti d’America. Questa mole di dati viene costantemente aggiornata sulla scorta dell’adesione volontaria e dell’autovalutazione. Per questo gli studiosi hanno ammesso in premessa alcuni errori potenziali nella ricerca, a partire proprio dalle misurazioni personali eseguite dai partecipanti. Inoltre la popolazione esaminata è per la maggior parte composta da professionisti del settore sanitario e, dunque, predisposti ad adottare comportamenti generalmente più sani.
La ricerca ha però numerosi aspetti di grande interesse e una portata notevole, soprattutto relativamente a una sempre più precisa lettura dei comportamenti comuni 2 , utile alla definizione di politiche di prevenzione e all’intervento mirato sulla salute e la spesa pubblica 3-4 . L’aumento dell’età media della popolazione – condizione che accomuna i Paesi più sviluppati
– e la crescita dell’aspettativa di vita degli individui si portano dietro anche un’alta prevalenza di malattie croniche come diabete, malattie cardiovascolari e cancro. Le persone vivono più a lungo, ma le persone anziane vivono sempre più spesso con disabilità e malattie croniche 5. Ne deriva una perdita in anni di vita stimata tra i 7,5 e i 20 6 . Ecco allora l’urgenza di indagare a fondo i comportamenti e individuare correlazioni stabili tra abitudini, fattori di rischio e aspettativa di vita.
Per districarsi nella grande quantità di dati e arrivare a una lettura univoca delle informazioni disponibili, Yanping Li e altri hanno individuato un “punteggio di stile di vita” a partire dai cinque fattori del rischio basso presi in considerazione (dieta, fumo, attività fisica, consumo di alcol e BMI). Per determinare la qualità della dieta hanno fatto ricorso al punteggio AHEI (Alternate Healthy Eating Index), che è significativamente associato al rischio di malattie cardiovascolari e altre malattie croniche nella popolazione generale 7. Nell’indagine sono state esaminate anche informazioni relative ad altri fattori di rischio quali l’uso di ormoni per la menopausa, dati sulla riproduzione, dati sull’etnia e sulla familiarità con diabete o infarto del miocardio. Dalla ricerca sono stati eliminati circa 15mila individui a cui era già stata diagnosticata una delle tre malattie (cancro, malattie cardiovascolari e diabete). Sono stati eliminati anche gli individui con un’alimentazione decisamente fuori controllo (per le donne tarata su meno di 500 kilocalorie o più di 3.500 kcal; per gli uomini basata su meno di 800 o più di 4.200 kcal) e quelli per cui non era possibile far emergere dati chiari rispetto all’indice di massa corporea, al consumo di fumo e alcol.
Per l’attività fisica sono state prese in considerazione le ore settimanali impegnate in attività intensa o moderata che richie
© jovan vitanovski/www.shutterstock.com
dono il dispendio di almeno 3 MET (equivalente metabolico dell’attività) all’ora, come una camminata veloce. I ricercatori hanno classificato “a basso rischio” un’attività fisica di almeno 30 minuti al giorno (o di 3,5 ore a settimana). Quanto al peso degli individui osservati, è stato stabilito come “sano” un indice di massa corporea compreso nell’intervallo 18,5-24,9.
Per quanto riguarda le cattive abitudini, i fumatori sono stati classificati per quantità di sigarette giornaliere (1 a 14, da 15 a 24, più di 25). Un consumo moderato di alcol è stato invece stimato in un range di 5-15 grammi al giorno per le donne e 5-30 grammi per gli uomini. Per ognuno dei cinque fattori a basso rischio dello stile di vita, il partecipante ha ricevuto un punteggio di 1 quando ha soddisfatto il criterio e 0 in caso contrario. La somma di questi cinque punteggi ha prodotto un punteggio di stile di vita finale che variava da 0 a 5.
Ai fini della ricerca è stato individuato anche un metodo di verifica delle cause dei decessi, qualora nella banca dati di NHS e HPFS fossero stati indicati come collegati al cancro, all’infarto del miocardio o all’ictus. In questi casi è stata chiesta l’autorizzazione all’acquisizione delle cartelle cliniche, che sono state sottoposte in maniera anonima a una verifica medica esterna. Tra questi, sono stati complessivamente confermati l’82,9% dei decessi per cancro, il 74,4% per la malattia coronarica e il 64,5% per l’ictus.
Per individuare una statistica efficace, i ricercatori hanno costruito un sistema tabellare che divide le tre fasi del rapporto tra individuo e malattia: assenza di malattia, presenza di malattia e morte. Sono stati poi individuati tre stati di passaggio: dalla non-malattia all’occorrenza della stessa, dalla non-malattia alla mortalità tra i partecipanti liberi da gravi malattie croniche e dalla diagnosi della malattia alla mortalità tra quelli con malat
tia. Per ogni individuo è stato tenuto in conto il punteggio sullo stile di vita sano e la relazione tra numero di fattori a basso rischio e le tre transizioni, individuata attraverso il Modello dei rischi proporzionali di Cox.
Per una maggiore precisione sono stati considerati anche fattori distorsivi, come il cambiamento della dieta in un percorso più salutare solo dopo l’insorgenza di una malattia. E per gli ex fumatori è stato utilizzato un criterio di sensibilità rispetto all’esposizione precedente al fumo (quantità e tempo trascorso dalla cessazione dell’abitudine).
I risultati dell’analisi hanno confermato che la combinazione di più fattori di rischio basso, e dunque uno stile di vita sano, incidono positivamente sull’aspettativa di vita.
Dal modello realizzato per la ricerca è emerso che l’aspettativa di vita totale all’età di 50 anni è aumentata in generale con l’aumentare del numero di molteplici fattori di stile di vita a basso rischio: da 31,7 anni a 41,1 anni nelle donne e da 31,3 anni a 39,4 anni negli uomini.
La percentuale di aspettativa di vita libera da cancro, malattie cardiovascolari e diabete rispetto alle aspettative di vita totali è stata rispettivamente del 74,8%, del 77,6%, dell’80,1%, dell’82,2% e dell’83,6% tra le donne che hanno adottato da nessuno a cinque fattori di stile di vita a basso rischio. Per gli uomini la stessa sequenza diventa 75,3%, 75,8%, 76,8%, 77,9% e 79,0%.
Per le donne, raggiunti i 50 anni di età, l’aspettativa di vita libera da cancro, malattie cardiovascolari e diabete si è rivelata di 23,7 anni in assenza di comportamenti sani, di 26,4 con un solo fattore di rischio basso, di 29,1 e di 31,8 rispettivamente con due o tre fattori di basso rischio, fino a salire a 34,4 anni tra quante avevano adottato tutti e cinque i fattori di stile di vita a
basso rischio. Negli uomini cinquantenni lo stesso andamento passa da 23,5 a 31,1 anni.
E nei casi di una diagnosi di cancro, malattie cardiovascolari o diabete nel corso dell’indagine, gli individui che avevano applicato quattro o cinque dei fattori di basso rischio si sono rivelati aver precedentemente guadagnato 10 (per le donne) e 7,2 (per gli uomini) anni di vita senza queste malattie croniche. Il modello statistico utilizzato ha permesso di analizzare l’aspettativa di vita anche in modo separato per ciascuna delle malattie indicate. Le donne, con quattro o cinque fattori di stile di vita a basso rischio attivi, sono state associate ad una aspettativa di vita più lunga di 8,3 anni senza cancro, 10 anni in più senza malattie cardiovascolari e a 12,3 senza diabete. Gli uomini, in presenza di quattro o cinque fattori di stile di vita a basso rischio, hanno guadagnato un’aspettativa di vita più lunga di 7,6 anni senza le principali malattie croniche: 6 anni in più senza cancro, 8,6 anni senza malattie cardiovascolari e 10,3 anni senza diabete.
Non sorprende verificare che il dato si abbassa drasticamente per i fumatori abituati a consumare più di 15 sigarette al giorno e per gli individui obesi: già a cinquant’anni emerge un’aspettativa di vita senza malattie croniche minore del 75% della media.
Nell’analisi di sensibilità, le donne che avevano smesso di fumare da più o meno di 10 anni avevano perso rispettivamente 1,7 e 6 anni di aspettativa di vita libera da malattie croniche rispetto ai non fumatori; per gli uomini, questo indicatore si è rivelato rispettivamente di 1,9 e 2,6 anni tra quelli con più di 10 anni e meno di 10 anni liberi dalle sigarette.
È stato osservato anche un aumento relativamente più lungo dell’aspettativa di vita libera da diabete associato a uno stile di vita a basso rischio, rispetto all’aspettativa di vita senza cancro o malattie cardiovascolari con premesse analoghe. Un dato che, spiegano i ricercatori, appare coerente con il risultato di attribuzione di altre malattie specifiche: nella popolazione esaminata il 90% degli individui con diabete, l’80% di quelli con della malattia coronarica, il 70% di pazienti con mortalità cardiovascolare e il 50% della mortalità per cancro erano attribuibili a uno stile di vita privo di fattori di basso rischio.
A parità di stile di vita, rispetto agli uomini, le donne guadagnano una maggiore aspettativa di vita priva delle principali malattie croniche. Questa differenza tra generi è stata osservata anche in studi precedenti, ma i motivi non sono ancora stati chiariti.
Quella di Yanping Li e colleghi non è certo la prima ricerca che prova a stimare l’effetto, singolo o in combinazione, di vari fattori di rischio legati allo stile di vita 8-10 . Ma i risultati ottenuti da studi precedenti sono stati ampliati, intrecciando i cinque fattori di rischio legati allo stile di vita e tre principali malattie croniche e fornendo valutazioni più estese della longevità e del numero di anni vissuti.
Lo studio, inoltre, ha incluso solo il cancro, le malattie cardiovascolari e il diabete di tipo 2 perché si tratta di malattie altamente prevalenti, che rappresentano la maggior parte delle malattie croniche e le loro associazioni con i fattori dello stile di vita sono ben documentate. Il dato sull’aspettativa di vita calcolata come “libera dalla malattia” cambierebbe, naturalmente, se fossero incluse altre malattie, quali patologie respiratorie o renali. Ma il metodo, confermano i ricercatori,
porterebbe sostanzialmente ad analoghe differenze tra i diversi gruppi di stile di vita.
«I nostri risultati – hanno spiegato i ricercatori - suggeriscono che la promozione di uno stile di vita sano contribuirebbe a ridurre gli oneri sanitari riducendo il rischio di sviluppare più malattie croniche, tra cui il cancro, le malattie cardiovascolari e il diabete, e l’estensione dell’aspettativa di vita libera da malattia. Le politiche pubbliche per migliorare il cibo e l’ambiente fisico, o che favoriscono l’adozione di una dieta e uno stile di vita sani, nonché le politiche e i regolamenti pertinenti (per esempio, il divieto di fumare nei luoghi pubblici o le restrizioni sui grassi trans) sono fondamentali». (S. L.).
Bibliografia
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