Biologi Il Giornale dei
Numero 2 Maggio 2018 www.onb.it
Allegato ad AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi, registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni.
MENSILE DELL’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI
Oltre la genetica Come ambiente e cultura cambiano l’identità biologica degli esseri viventi PREMI
SPORT
AMBIENTE
La Biologa Capriotti vince lo Sky Ocean Rescue per la salvaguardia degli oceani
La corretta alimentazione per chi vuole muoversi durante il periodo estivo
Il Lago Vittoria, bacino africano, sta pian piano morendo
Ordine Nazionale dei Biologi Una comunicazione nuova È nato “Il Giornale dei Biologi” il nuovo web magazine dell’ONB scaricabile gratuitamente dal sito internet www.onb.it. Prossimamente sarà lanciato il nuovo sito internet. Dopo l’estate sarà pubblicata e inviata agli iscritti una nuova rivista cartacea dell’Ordine con grandi firme del mondo della scienza e della cultura. Intanto, è disponibile una nuova video library sul sito internet dell’ONB.
Sommario EDITORIALE
3 Un cappellino nuovo
INNOVAZIONE
AMBIENTE
20 Metanizzazione biologica
34 Stiamo perdendo il Lago Vittoria
di Gianpaolo Palazzo
per Madame Verdurin di Vincenzo D’Anna
di Giacomo Talignani
21 Contro ictus e parkinson interviene la tecnologia di Marco Modugno
36 L’economia balneare e le Bandiere Blu di Nico Falco
38 Acqua pura grazie al muschio di Francesca Cicatelli SPORT
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40 Lo sport d’estate con
PRIMO PIANO
la corretta alimentazione di Antonino Palumbo
5 Convegno dell’ONB
su genetica ed epigenetica di Lello Scarpato
STORIA E RICERCA
42 Da Hooke a Virchow, la storia
10 Il Biologo: figura da equiparare tra gli stati europei di Corrado Marino
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12 Biotecnologi e Ordine dei Biologi di Alberto Spanò
SALUTE
BIOLOGIA DEL PALAZZO
22 A 55 anni dal vaccino
delle “piccole camere” di Gabriele Scarpa
anti-poliomielite di Rino Dazzo
13 Gli innesti della politica I frutti del Rosatellum di Riccardo Mazzoni
23 Vaccini: sottosoglia ma in crescita
15 “Avanti Savona”,
24 Donne: meno sport degli uomini
di Daniele Ruscitti
ma indietro tutta di Riccardo Mazzoni
ma lo stile di vita è più sano di Daniele Ruscitti 25 Il primo embrione generato dalle staminali di Carmen Paradiso
26 Le chiome si rigenerano con l’autofagia di Francesca Cicatelli
16 L’INTERVISTA
16 La Biologa Capriotti tra le vincitrici
28 Le proprietà benefiche
del Desmodium Adscendens di Rosa Funaro
30 Il ruolo della Citometria a flusso nelle
45 SCIENZE
45 Le malattie mitocondriali di Alessandra Ferramosca e Vincenzo Zara
49 La qualità analitica nel laboratorio clinico di Mario Plebani
52 Biotecnologie e sviluppo sostenibile di Stefano Dumontet
procedure aferetiche di cellule staminali ematopoietiche di Vincenzo Cosimato
CONTATTI
dello Sky Ocean Rescue di Carmine Gazzanni
18 Alla ricercatrice Rotondi Aufiero
32 L’estate è alle porte. Vademecum
POSTA
il premio della Fondazione Celiachia di Carmine Gazzanni
per l’abbronzatura senza rischi di Carla Cimmino
55 Informazioni per gli iscritti 56 Lettere al Presidente di Vincenzo D’Anna Attualità
Scienze
Contatti
Anno I - N. 2 Maggio 2018 Allegato on-line ad AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi, registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma, con pubblicazione sul sito internet www.onb.it.
Direttore responsabile: Claudia Tancioni In redazione: Luca Mennuni e Gabriele Scarpa
Biologi Il Giornale dei
Numero 2 Maggio 2018 www.onb.it
Allegato ad AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi, registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni.
MENSILE DELL’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI
Hanno collaborato: Francesca Cicatelli, Carla Cimmino, Rino Dazzo, Stefano Dumontet, Nico Falco, Alessandra Ferramosca, Rosa Funaro, Carmine Gazzanni, Corrado Marino, Riccardo Mazzoni, Marco Modugno, Gianpaolo Palazzo, Antonino Palumbo, Carmen Paradiso, Mario Plebani, Daniele Ruscitti, Gabriele Scarpa, Lello Scarpato, Alberto Spanò, Giacomo Talignani, Vincenzo Zara. Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa dell’ONB. Questo magazine è scaricabile on-line dal sito internet www.onb.it ed è edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi.
Oltre la genetica
Questo numero de “Il Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione martedì 22 maggio 2018. Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, ufficiostampa@onb.it.
Come ambiente e cultura cambiano l’identità biologica degli esseri viventi PREMI
SPORT
AMBIENTE
La Biologa Capriotti vince lo Sky Ocean Rescue per la salvaguardia degli oceani
La corretta alimentazione per chi vuole muoversi durante il periodo estivo
Il Lago Vittoria, bacino africano, sta pian piano morendo
Immagine di copertina: © varuna/www.shutterstock.com
Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@peconb.it.
EDITORIALE
Un cappellino per Madame Verdurin di Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi
I
l gradimento ottenuto dal primo numero de “Il Giornale dei Biologi” on-line è stato superiore ad ogni più rosea previsione. Oltre 20mila contatti rappresentano il simbolo di un ritrovato interesse di una parte della categoria nei confronti dell’Ordine professionale, soprattutto se questo comincia ad essere percepito come un’entità più vicina e pensosa delle sorti dei 50mila Biologi iscritti. Un processo radicale è da qualche mese in corso con l’adozione di provvedimenti volti a ripristinare percorsi di legalità e trasparenza nell’azione di governo dell’Ordine da parte della dirigenza, e la manifesta intenzione di raggiungere tutti gli iscritti per stabilire un contatto diretto con loro ed un coinvolgimento reciproco tra l’Ordine e gli iscritti stessi. Di particolare rilevanza anche l’azione di rilancio qualitativo dell’immagine dei Biologi Italiani finalmente approdati nel novero delle Professioni Sanitarie e, quindi, desiderosi di competere ai massimi livelli con tutte le altre categorie professionali. La nomina del Presidente dell’Ordine dei Biologi tra i membri di diritto del Consiglio Superiore di Sanità rappresenta un nuovo e significativo riconoscimento per l’intera categoria chiamata a sedere nel massimo organismo scientifico e sanitario del Sistema Sanitario Nazionale. La stagione dei convegni, con la presenza di scienziati provenienti da tutto il mondo, ivi compresi i premi Nobel, è appunto la degna cornice per una categoria, la nostra, che nel mondo scientifico comincia ad offrire apporti sempre più significativi e decisivi nel campo della ricerca, della sperimentazione e del raggiungimento di nuovi traguardi di conoscenza. La Biologia continua ad essere la scienza del futuro, ad aprire, agli studiosi e di converso all’umanità intera, ambiti di nuova straordinaria conoscenza. Non è un caso che le cronache di stampa segnalino, con cadenza ormai settimanale, nuove importanti scoperte fatte dai Biologi in Italia e nel mondo, e non è fortuita la maggiore considerazione che in ogni ambito sociale va, a poco a poco, registrandosi verso la nostra categoria. Per usare un’allegoria,diremo che le Scienze Biologiche hanno il vento in poppa e solcano mari finora inesplorati, raggiungendo approdi sconosciuti. E tuttavia ancora scarso è il rapporto tra Biologi ed inserimento nel mondo del lavoro, ancora al minimo la redditività del lavoro stesso. Compito dell’Ordine, nei prossimi anni, sarà
appunto quello di ridimensionare tale sperequazione, di riformare sia i percorsi formativi pre laurea, sia quelli specialistici post laurea, raggiungendo lo scopo di allocare presso i dipartimenti di Scienze Biologiche le nostre scuole di specializzazione. Deve essere superata la stagione del “Biologo tuttologo” che, pur senza specifici percorsi di approfondimento e di conoscenza di una materia, esercita, in tale ambito, in forza del solo dettato dell’articolo 3 della legge istitutiva 396/1967. In parole povere, la sempre più vasta gamma dei campi di esercizio professionale deve impegnare il Biologo a scegliere determinati indirizzi formativi sulla base dei quali poter accedere alle specializzazioni e, successivamente, all’esercizio della professione con un adeguato bagaglio di conoscenza. Sia chiaro che non v’è alcuna intenzione di settorializzare l’Ordine professionale, ma di migliorare la preparazione e le specifiche competenze di coloro che esercitano l’attività professionale, sia libera che subordinata. Un compito non facile e di vasta portata, ma al tempo stesso accessibile e realizzabile utilizzando tutte le risorse economiche, le potenzialità umane, le qualità professionali che intendiamo coinvolgere in questo progetto. Dunque, porte aperte per chiunque intenda collaborare e dare il proprio originale contributo all’Ordine Nazionale dei Biologi, volando alto al di sopra delle miserie umane che spesso hanno caratterizzato le passate vicende ordinistiche. Il decentramento dell’Ordine Nazionale, con le articolazioni degli Ordini Regionali, farà giustizia degli ambiti decisionali ristretti a poche persone, per lo più selezionate sulla base dell’affidabilità personale. Scomparirà, in favore di soggetti plurimi, democratici e partecipati, il vecchio Ordine centralizzato, una specie che ricorda il selettivo salotto di Madame Verdurin descritto da Marcel Proust nella famosa “Ricerca del tempo perduto”. Non ci saranno più luoghi esoterici per convenuti selezionati per fedeltà ed assonanza al comune modo di pensare di colui che detiene il potere decisionale. Un ambito dirigenziale fatto più da comparse che da protagonisti, insomma proprio come nel salotto di Madame Verdurin che, lusingata dalle unanimi approvazioni, si commuoveva fino al punto di “singhiozzare d’amabilità”. A Verdurin, stavolta, non basterà un nuovo cappellino per incantare i pochi eletti amici. Occorrerà ben altro.
Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
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L’Ordine Nazionale dei Biologi non conosce i contatti e-mail, pec e di telefonia mobile di 20mila iscritti. Aiutaci a comunicare meglio con te. Scrivici i tuoi dati entrando nell’area riservata “My ONB” dal sito www.onb.it e utilizza la password che hai ricevuto con il Mav di pagamento della quota 2018.
Fatti sentire
PRIMO PIANO
Convegno dell’ONB su genetica ed epigenetica Il 15 giugno a Napoli. Tra i relatori anche i Nobel Capecchi e Gurdon
di Lello Scarpato
D
icono che il destino sia scritto nel Dna, proprio come le pagine di un libro. E che basti “sfogliarlo” per sapere quali malattie avremo, di che colore potranno essere gli occhi dei nostri nipoti, a che età moriremo. Tutto giusto, per carità. Ce lo dice la scienza. Ma c’è un particolare che occorre prendere in considerazione quando si parla di “geni” e di “ereditarietà”: l’ambiente, il mondo che ci circonda. Quello in cui viviamo, operiamo e ci muoviamo ogni santo giorno. Perché è da qui, dal meccanismo (e dal peso) delle nostre azioni, dal modo in cui interagiamo con gli altri, dai danni che provochiamo alla natura che bisogna ripartire per capire in che modo evolveranno il nostro corpo, la nostra mente e il nostro “spirito”. Perché non si può più prescindere dal modo in cui gli eventi culturali, i fattori ambientali e quelli emotivi cambiano e determinano l’identità
biologica degli esseri viventi, proprio come fa il vento quando muta, improvvisamente, una rotta già data e prestabilita. È qui, in questo assunto, se vogliamo, che si condensa il senso stesso dell’epigenetica (dal greco epì - “sopra” - e gennetikòs - “relativo alla nascita”), la moderna branca della biologia molecolare che va oltre la genetica, studiando le mutazioni e soprattutto la trasmissione dei caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla celebre sequenza dell’acido desossiribonucleico (o che comunque non la alterino). Eugenetica, dunque, la “nuova frontiera”. Ma anche “genetica”, lo storico e tradizionale ramo delle scienze biologiche che studia i geni ed il materiale ereditario, sondandone il modo di funzionare e le modalità di trasmissione. Quasi i due lati di una stessa medaglia, l’uno sotto, l’altro sopra: “al di là”. Indissolubilmente legati l’uno all’altro.
“Genetica ed Epigenetica”. Guarda caso il tema, attualissimo, di cui si discuterà, il prossimo 15 giugno, a Napoli, nel corso del convegno promosso dall’Ordine Nazionale dei Biologi negli spazi del Royal Hotel Continental sul Lungomare partenopeo. Un appuntamento, quello voluto dall’ente di via Icilio, che cade a poco più di tre mesi dall’alDizionario L’epigenetica (dal greco epì - “sopra” e gennetikòs - “relativo alla nascita”), è la moderna branca della biologia molecolare che va oltre la genetica, studiando le mutazioni e soprattutto la trasmissione dei caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla celebre sequenza del DNA.
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PRIMO PIANO
Fonte: nobelprize.org
tro convegno organizzato all’hotel Parco dei Principi di Roma, in occasione del 50esimo anniversario dell’ONB, dal titolo “Le nuove frontiere della Biologia”. Anche in quel caso, la biologia e l’evoluzione che la “scienza della vita” per eccellenza ha avuto negli ultimi 50 anni,
Sir. John Bertrand Gurdon mentre riceve il Nobel, nel dicembre del 2012.
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Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
sono balzate agli onori delle cronache. pre«Nel 1967 - ha spiemiati gato il senatore Vincenzo D’Andall’Accademia na, presidente dell’Ordine Nazionale dei di Stoccolma. Si tratta di Mario Biologi - la biologia era semisconosciuta, Renato Capecchi, genetista italiano naturala si considerava una branca delle scienze lizzato statunitense, e del biologo britanninaturali. Si è poi sviluppata con la scoper- co Sir. John Bertrand Gurdon. ta del Dna e con tutta la conoscenza della Capecchi, docente al Department of cellula e adesso, insieme alla fisica teorica, Human Genetics dell’University of Utah e è la scienza che promette ancora tantissime alla School of Medicine di Salt Lake City, novità sulle cellule e sui rapporti tra cromo- è stato insignito del Nobel per la Medicina somi, cellule, tessuti e organi, ad esempio ». nel 2007 per aver messo a punto, insieme A Roma, tra le altre cose, si è parlato di con Martin Evans e Oliver Smithies, tecninanoparticelle, dell’influenza che che, attraverso l’utilizzo Un parterre dei campi elettromagnetici di cellule staminali embriosulla salute dell’uomo, di bio- di tutto rispetto nali, permettono di generare logia teoretica, di metagenoanimali caratterizzati dall’asper l’evento mica, di inquinamento amsenza di uno specifico gene. bientale e di bioetica. E anche Gurdon, già docente di Bioloorganizzato grazie alla partecipazione del gia Cellulare all’Università di sul Lungomare Cambridge e oggi dirigente, premio Nobel Luc Montagnier e del due volte candidato al a Cambridge, dell’istituto che di Partenope Nobel Giulio Tarro, l’evento porta il suo nome, ha avuto ha riscosso un notevole successo in termini la stessa celebre “medaglietta” (per la Medi partecipazione di pubblico. dicina e la Fisiologia) nel 2012, insieme al La stessa partecipazione che sembra collega giapponese Shinya Yamanaka, per profilarsi - almeno a guardare il numero degli i suoi lavori sulle cellule staminali pluripoiscritti - fin d’ora anche per l’appuntamento tenti indotte. in programma a giugno nella città del Golfo. Saranno loro, dunque, le “star” indiUn appuntamento che pure potrà “fregiar- scusse e più attese del convegno, che sarà si” di un parterre di tutto rispetto, annove- introdotto dal “padrone di casa”, il senatore rando, tra i propri relatori, altri due illustri D’Anna, presidente dei Biologi. Capecchi e
PRIMO PIANO
il cancro e altre malattie, intervenendo solo sulle parti di Dna “malate”. Una scoperta sensazionale che è valsa al team del professor Quattrone l’encomio solenne da parte dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Fonte: nobelprize.org
Gurdon, Baulma non combe, autore solo. Perdi ricerche che hanno ché al tavolo dei relatori, coordinati aiutato a capire la complessità e le origini dal professor Livio Giuliani, matematico e delle differenti classi di piccole molecole biofisico, dirigente di Ricerca del Servizio di RNA, è lo scienziato che ha scoperto il Sanitario Nazionale, siederanno anche stu- meccanismo epigenetico di silenziamento diosi del calibro di Fiorella Guerrieri, pro- genico nelle piante. Lo stesso meccanismo fessoressa dell’Università del Sacro Cuore rilevato poi anche negli animali da Andrew di Roma; del professor Franco Salvatore, Fire e Craig Mello, che fruttò loro il Nobel docente emerito della “Federico II” di Na- per la Medicina nel 2006. poli e membro dell’Accademia delle ScienAssolutamente da non perdere, ancora, ze (nonché medaglia d’oro del Ministero tra le altre, le relazioni del professor Alesdell’Università, fondatore, già sandro Quattrone, biologo, “Scoperte” presidente e oggi coordinadirettore del Cibio (Centro tore scientifico del Ceinge) al Cibio di Trento di biologia integrata) dell’Ue della dottoressa Elisa Di niversità di Trento, centro di le forbici Pasquali, ricercatrice dell’Hueccellenza sulle ricerche conmanitas Clinical and Researdotte sul genome editing, e molecolari ch Center di Milano. della professoressa Anna Ceche tagliano Il pubblico del Continenreseto, biologa e professore tal potrà inoltre ascoltare anassociato nello stesso ateneo, il Dna che gli interventi del profesche di quel centro rappresensor Andrea Ballabio, direttore dell’istituto ta la “punta di diamante”. Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM) Proprio al Cibio di Trento, è stato infatti di Pozzuoli, docente alla Federico II e vi- messo a punto un modello super preciso di siting professor al Baylor College of Medi- “forbici molecolari”. Si tratta di una variante cine di Houston (Usa) e all’Università di della molecola Crispr/Cas9 più sicura e affiOxford. E di un big del calibro di Sir. David dabile di qualunque altra finora descritta, in Baulcombe, professore alla Royal Society e grado di effettuare il taglio del Dna soltancapo del dipartimento di Scienze Botaniche to nel punto voluto. L’obiettivo è quello di dell’Università di Cambridge. utilizzare tale “arma di precisione” contro
Mario Renato Capecchi mentre riceve il Nobel, nel dicembre del 2007.
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GENETICS AND EPIGENETICS GENETICA ED EPIGENETICA Naples, 15th June 2018 ROYAL CONTINENTAL HOTEL - Lungomare di Napoli, Via Partenope 38/44 Program Programma 8:30- REGISTRATIONS REGISTRAZIONI 1st SCIENTIFIC SESSION - NUCLEOUS REPROGRAMMING I SESSIONE SCIENTIFICA - RIPROGRAMMAZIONE NUCLEARE Chairman - Moderator, Livio Giuliani 9:00 - Introduction Sen. Vincenzo D’Anna, President of National Collegium of Biologists 09:15 - Predictive Genetics Genetica predittiva Fiorella Gurrieri, Professor at University “S. Cuore”, Rome 9:45 - The human genome as a personal book to read disease predisposition and gene editing Il genoma umano come un libro personale per leggere la predisposizione alla malattia e la modifica genetica Franco Salvatore, Founder and Former President of CEINGE, Naples Former Professor at University “Federico II”, Naples Golden Medal of MIUR, Fellow of Accademia Nazionale delle Scienze, Naples
10:15 - Induced Pluripotent Stem Cells (iPSCs) and Cardiac Progenitor Cells (CPCs) Cellule Pluripotenti Staminali Indotte (iPSCs) e Cellule Progenitrici Cardiache (CPCs) Elisa Di Pasquali, CNR Researcher, Humanitas Institute Sr. Researcher, Milan 10:45 - Coffe Break 11:00 - LECTIO MAGISTRALIS: Reprogramming mature cells in multipotent stem cells Riprogrammazione delle cellule mature in cellule multipotenti John B. Gurdon, Nobel Laureate, The John Gurdon Institute, University of Cambridge
12:00 - LECTIO MAGISTRALIS: Genes Transfer in Animals Trasferimento genico negli animali Mario Capecchi, Nobel Laureate, Professor at Department of Human Genetics, University of Utah School of Medicine, Salt Lake City
13:00 - LUNCH BREAK 2nd SCIENTIFIC SESSION: GENOME EDITING II SESSIONE SCIENTIFICA: GENOME EDITING Moderatore - Chairman, Sen. Vincenzo D’Anna 14:30 - Lysosomes: gene aided regulators of cell metabolism Lisosomi: regolatori del metabolismo cellular guidati dai geni Andrea Ballabio, Chief of Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM), Pozzuoli Professor at University “Federico II”, Naples Visiting Professor at Baylor College of Medicine, Houston, Louise-Jeantet Laureate for Medicine 2016
15:00 - LECTIO MAGISTRALIS: Mechanisms of Genes Silencing in Plants Meccanismi di silenziamento genico nelle piante Sir. David Baulcombe, Regius Professor of Botany, Professor at Department of Plant Sciences, University of Cambridge
16:00 - Genome Editing: a revolution in prevention, medicine and biotechnology Genome Editing: una rivoluzione della prevenzione, della medicina e della biotecnologia Alessandro Quattrone, Center of Integrated Biology Professor at Laboratory of Translational Genomics, University of Trento
16:30 - evoCas9: the molecular clippers of DNA evoCas9: le forbici molecolari del DNA Anna Cereseto, Center of Integrated Biology
Researcher at Laboratory of Molecular Virology, University of Trento (invited, to be confirmed)
DISCUSSION DISCUSSION 17:00 - Scheduled Interventions Interventi programmati 17:45 - Chairing and Conclusions Conclusioni e moderazione Sen. Vincenzo D’Anna, Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi Scientific Seretariat - Organizzazione scientifica Prof. Livio Giuliani, Dirigente di Ricerca of Italian National Health Service
PRIMO PIANO
La professione ha identità diverse nei Paesi Ue È necessario armonizzare università e formazione
I
contatti con gli Ordini e le Associazioni di Biologi di diversi Paesi Europei (Portogallo, Spagna, Belgio, Olanda, Norvegia, Germania, Austria) tenutisi a Vienna nel recente convegno dell’ECBA - European Countries Biologists Association - hanno mostrato situazioni molto differenti per ciò che concerne l’organizzazione ordinistico/associativa dei laureati in Biologia e dello status regolamentare della professione. Un esempio per tutti è quello della Francia. In essa sono validamente rappresentati i “Biologistes”, cioè i laboratoristi medici e farmacisti specialisti in analisi di laboratorio, ma non vi è, a detta dell’ECBA, alcun Ordine né associazione che rappresenti i laureati in Scienze. I rappresentanti dei Paesi presenti al convegno hanno lamentato l’insufficienza della comunicazione dell’“Essere Biologo” verso la società, e quindi verso la politica e l’impresa, dei molteplici ruoli che il Biologo può rivestire e della carenza di specifiche settorialità delle qualifiche. Soprattutto è carente la conoscenza dell’impatto economico della attività complessiva del Biologo nella società Europea. Impatto economico che è utilizzato come parametro di valutazione e di attenzione verso la Professione di Biologo da parte della Commissione Europea. È insufficiente la differenziazione delle molteplici attività possibili, che andrebbero descritte con qualifiche settoriali transnazionali acquisite grazie alla caratterizzazione dei curricula di studio e all’acquisizione delle abilità in corsi post-lauream. La mancata settorializzazione spesso fa allontanare le scelte dell’impresa, della stessa società e della politica per la carente considerazione del ruolo di Biologo la cui professionalità, espressa in maniera generica, è assimilata come superficiale e oscura.Tutto ciò vale anche in Italia. A 50 anni dalla nascita dell’Ordine dei Biologi il mondo è cambiato. Le strutture accademiche, pur aggiornatesi verso un’offerta più ampia, e oltretutto private fin’ora anche
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Il Biologo: figura da equiparare tra gli stati europei
del contributo innovatore del nostro Ordine, non hanno investito nello sviluppo di lauree caratterizzanti e in quello di abilità trasversali. L’Ordine dei Biologi, con il riconoscimento come professione sanitaria, acquisisce ora un carattere di sussidiarietà di Corrado Marino che gli dà idoneità propositive e di guida per chi già opera, ma soprattutto per suggerire a livello accademico percorsi di studio maggiormente caratterizzanti, che portino a definire non solo nuove specializzazioni, ma qualifiche professionali, mira a rendere effetanche una verticalizzazione della professione tiva la libera circolazione, nel caso specifico che investe numerosi campi di interesse, dal- quella del Biologo, nei Paesi membri dell’U.E. la sanità ai beni culturali, dalla fecondazione La nostra attuale qualifica professionale è assistita alla igiene degli alimenti, dalla nutri- totalmente insufficiente per descrivere le zione alla genetica biomedica e forense, fino branche di competenze che investono i Bioallo studio di inglese scientifico. La conoscen- logi: basta scorrere tra le diverse qualifiche za della lingua, infatti, è indispensabile per nazionali per accorgersi che il titolo di studio affrontare ogni sfida in Italia e previsto per le qualifiche di all’Estero. microbiologo, di patologo cliniLa ricchezza La ricchezza delle compeco, di genetista, di biochimico tenze del Biologo, pur elencate della qualifica clinico è quello in medicina, e nella loro totalità nella descriche moltissimi biolonon fa giustizia sappiamo zione della qualifica professiogi sono specializzati in queste di uno status nale, come compare in http:// discipline! Assenti le qualifiche ec.europa.eu/growth/tools-dadi nutrizionista, di biotecnoloscambiato tabasesì, non fa giustizia del suo go, mentre appare la qualifica per “tuttologo” di dietologo/dietista riferita status perché porta il lettore a scambiare per tuttologia una però ad un percorso di studio formazione complessa nella sua totalità, ma triennale e non al Biologo, e ciò genera concertamente non trasferibile a ciascun Biolo- fusione in ambito transnazionale. go. Mancano, all’interno di essa, le qualifiche È importante porre rimedio a ciò, poiché settoriali delle competenze. È molto impor- ufficializzare con qualifiche settoriali le comtante quindi avere attenzione alla Direttiva petenze e le abilità agevola al Biologo la sua Europea 2005/36/CE come modificata dalla professione specifica sia in Italia sia in Eurodirettiva 2013/55/CE. La direttiva, servendosi pa. In questo itinerario occorrerà individuare di svariati mezzi, il cui fulcro è quello delle anche altre qualifiche settoriali che i percorsi
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© Kisov Boris/www.shutterstock.com
accademici in parte già offrono, quali quelle qualifiche professionali in essere, ma anche di Biologo ambientale, Biologo per tutela dei ad individuarne altre in considerazione delle beni culturali, Biotecnologo, Igiene, sicurezza evoluzioni professionali e delle opportunità e qualità dei luoghi di lavoro, Cosmetologia e di inserimento lavorativo. Il corso di laurea così caratterizzato dovrà poi proseguire con Green economy. L’Ordine dei Biologi proporrà nelle sedi periodi di formazione affine, ad esempio tirocompetenti Nazionali ed Europee un ag- cini curriculari post-lauream o master di segiornamento delle qualifiche professionali, condo livello, o specializzazione, o dottorati per l’ingresso nei quali la laurea ma, per fare dei Biologi una affine rapprecomunità professionale baSpecializzazioni caratterizzante senta un percorso agevolato. ricentrica nei settori sempre Altra esigenza da risolvere più strategici per la qualità insufficienti è quella delle specializzazioni della vita, l’Ordine intende per consentire numericamente insufficienti a coordinare una Commissiol’ingresso consentire al Biologo l’entrata ne permanente cui partecinel mondo del lavoro, là dove peranno rappresentanti del nel mondo esse occorrano. La facoltà di MIUR e del mondo accadedel lavoro Scienze Biologiche, come quelmico, presidi delle facoltà di la di Medicina, prepara ad una Scienze Biologiche, esperti di procedure Europee, per selezionare una professione sanitaria e non può non avere nel formazione di qualità, associandola alle espe- suo ambito corsi di specializzazione per tutti i rienze professionali dei settori specifici e campi cui il Biologo può accedere. Le specializzazioni, i masters di secondo proponendo per esse appropriate qualifiche. L’obiettivo è quello di caratterizzare il corso livello, il dottorato, in Europa, sono covalendi laurea attraverso la definizione di curricu- ti e determinano la medesima qualifica prola, adottando nelle lauree magistrali piani di fessionale, indicata col n° 8 dalla direttiva studio caratterizzanti e volti a soddisfare le 2013/55/CE. Essi, pertanto, nelle valutazioni
ai fini della conoscenza e delle abilità, sono equiparati. L’Ordine proporrà per i Biologi la medesima equiparazione anche in Italia. Si darà attenzione ai master di secondo livello e ai dottorati che, per i Biologi, se equiparati alle specializzazioni, eliminerebbero il problema delle borse di studio per le specializzazioni e consentirebbero la formazione di Biologi riconosciuti anche all’estero nell’ambito della qualifica settoriale di appartenenza. Compito della Commissione sarà anche quello di proporre in tempo reale l’aggiornamento dell’offerta formativa dei percorsi post-lauream e dei master di secondo livello in funzione delle competenze necessarie per la progettazione di iniziative finanziabili con risorse Ue anche attraverso la cooperazione internazionale con organizzazioni e imprese. Dal canto suo, l’Ordine dei Biologi in sinergia e network con le Comunità Professionali degli altri Paesi Europei e del BRIC, sarà attento all’evoluzione dei campi di investimento delle professioni, incentiverà e accompagnerà gli Associati a partecipare a progetti di start up e a progetti Europei per una formazione sempre più transnazionale. Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 11
PRIMO PIANO
Biotecnologi e Ordine Il futuro passa da qui Il ruolo dei laureati in Biotecnologie all’interno dell’ONB: il tema è stato dibattuto durante una tavola rotonda di Alberto Spanò*
S
i è svolta il 14 maggio 2018 a Roma la Tavola Rotonda dedicata alla valutazione e al ruolo dei laureati nei diversi ambiti delle Biotecnologie all’interno dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Si è trattato del primo confronto su tale tema tra le Associazioni professionali e scientifiche rappresentative, il Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi, Sen. Vincenzo D’Anna, il Consigliere delegato dr. Alberto Spanò, e rappresentanze ai massimi livelli del mondo accademico, a partire dal Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Comitato Nazionale dei Garanti per la Ricerca del MIUR, Prof. Andrea Lenzi, il Rettore dell’Università “La Sapienza” di Roma, Prof. Eugenio Gaudio, il Rettore dell’Università di “Tor Vergata”, Prof. Giuseppe Novelli, il Coordinatore del C.B.U.I., Prof. Giovanni Antonini, Presidenti di Corsi di Laurea, Direttori di Dipartimenti universitari delle aree delle Biotecnologie. Il Presidente dell’ONB nella sua introduzione ha ritenuto opportuno confermare la piena e non più discutibile posizione dei laureati negli ambiti delle biotecnologie all’interno dell’Ordine dei Biologi, e la volontà di promuovere a tutti i livelli formativi e professionali il ruolo di tali figure specialistiche nei diversi ambiti cui hanno accesso. È stato in tale ambito definitivamente chiarito
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Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
Foto di gruppo a margine della tavola rotonda.
che è fondamentale che i laureati in biotecnologie riconoscano definitivamente nell’Ordine dei Biologi la propria rappresentanza ordinistica, e che pertanto le Associazioni riconoscano nell’ONB il proprio esclusivo interlocutore, affinché solo all’interno di esso si rapportino per la piena valorizzazione del settore, lasciandosi alle spalle superate e non più proponibili richieste di autonomia ordinamentale. Il Presidente ha preannunciato anche la immediata costituzione nell’Ordine di una Commissione nazionale aperta alle Associazioni e dedicata all’analisi e alla programmazione di tutte le possibili iniziative finalizzate alla valorizzazione dei laureati in biotecnologie. Un tale modello organizzativo presuppone, come è stato chiarito, che i laureati in biotecnologie, si iscrivano in massa all’Ordine dei Biologi.
La discussione intensa e approfondita che ne è seguita ha evidenziato la possibilità di aprire, con il supporto dell’Università, una fase di revisione dei percorsi formativi triennali, magistrali e post lauream, comprese le scuole di specializzazione, finalizzata ad aggiornare, rivedere e rendere più coerente la formazione universitaria con le mutate esigenze del mondo del lavoro nei diversi settori e con lo sviluppo incessante delle conoscenze scientifiche. Al riguardo si è valutata l’opportunità di destinare alla laurea triennale un ruolo di alta formazione nei settori di base dei diversi ambiti, rendendola propedeutica per una formazione magistrale più selettiva e di alto valore professionalizzante, aggiornando inoltre la formazione ai nuovi bisogni che coinvolgono anche la formazione manageriale e tecnico-economica. La discussione ha consentito di convenire sulla opportunità di definire, anche formalmente e tramite appositi documenti programmatici, orientamenti che possano rendere possibile a breve termine una concreta collaborazione tra Ordine e Università per la riforma dei corsi di laurea, finalizzata al rilancio e al reale potenziamento della formazione. * Consigliere dell’ONB
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BIOLOGIA DEL PALAZZO
Gli innesti della politica I frutti del Rosatellum Il maggioritario aggrega le proposte di Riccardo Mazzoni
Palazzo Chigi.
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n biologia, il termine innesto indica una speciale tecnica con cui si riesce a congiungere permanentemente due animali diversi o loro parti. Ecco: col sistema proporzionale gli innesti post elettorali sono tornati prepotentemente di moda anche in politica, perché l’abbandono del maggioritario ha di fatto privato i partiti della possibilità e della necessità della vittoria immediata, la sera stessa delle elezioni. Sono i frutti - avvelenati o no dipende dai gusti - del Rosatellum, che è figlio legittimo sia della bocciatura popolare della riforma costituzionale che delle molteplici sentenze censorie uscite dalla Consulta sulle precedenti leggi elettorali. Per venti anni siamo stati abituati al bipolarismo, simboleggiato dalla competizione tra Berlusconi e Prodi, una scelta di campo tutto sommato semplificata dell’offerta politica. Questa volta invece, col proporzionale, le alternative sulla scheda erano molto, molto maggiori di due. Prima delle risposte, il maggioritario aggrega le proposte. Una volta intrapresa col proporzionale la strada della moltiplicazione delle proposte, è inevitabile che si frammentino anche
le risposte. È la soluzione del rebus diventa assai complicata, come abbiamo visto in questi mesi di totale paralisi politica. Dal punto di vista della governabilità, insomma, il nostro regime proporzionale è simile nelle procedure di selezione di un governo e del suo capo a quello partitico della cosiddetta Prima Repubblica. Alla faccia del nuovo che avanza! Ma non ci si può scandalizzare: in un sistema tripolare, senza una legge che preveda un congruo premio di maggioranza e il ballottaggio – e questa, ampiamente proporzionale, non lo fa – le maggioranze e i governi nascono non nelle urne, ma in Parlamento. Ed era chiaro che il nuovo governo italiano sarebbe dovuto nascere da un negoziato politico in Parlamento determinato, certo, dal peso dei voti popolari, ma anche dalla capacità di coalizzare una maggioranza intorno a un nome, a una formula e a un programma. Ebbene: dopo il 4 marzo c’è stata una lunga fase di irresponsabilità di chi si è comportato da vincitore senza aver vinto e chi invece si è proclamato sconfitto senza considerare che in un sistema proporzionale, se nessuno raggiunge la maggioranza dei seggi
in Parlamento, tutti concorrono in una competizione quasi alla pari. Basti ricordare il ruolo politico cruciale esercitato nella Prima Repubblica soprattutto da Craxi col 1015 per cento dei voti, ma anche da Spadolini che col 5 per cento arrivò a Palazzo Chigi. Certo, erano tempi in cui gli innesti erano più semplici di oggi: il mondo era diviso in due, c’era la Guerra Fredda, i partiti fungevano da cinghia di trasmissione insostituibile tra la società e la politica e l’antipolitica era ai margini del sistema. Ora c’è un’altra grande divisione, quella tra politica tradizionale e populismo, tra società aperta e chiusa, tra sovranisti ed europeisti, la confusione è sempre più alta e gli innesti più complicati. Come quello tra Lega e Cinque Stelle, nemici acerrimi in campagna elettorale e alleati di governo tre mesi dopo. È la regola del proporzionale. Così è se vi pare. Con qualche ipocrisia di troppo: se qualcuno prendeva i voti di Berlusconi e li portava a Letta o a Renzi era un voltagabbana. Se Salvini prende i voti insieme a Berlusconi e li porta a Di Maio, allora è un governo storico votato dal popolo. Amen. Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 13
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BIOLOGIA DEL PALAZZO
“Avanti Savona” Ma indietro tutta
Era impossibile il mix tra reddito di cittadinanza e flat tax
Luigi Di Maio.
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a storia recente insegna che quando i movimenti populisti arrivano al governo, spesso si trasformano da barricaderi a moderati nel giro di una legislatura (Syriza in Grecia), oppure gettano il cuore oltre l’ostacolo come Trump, che sta portando avanti come un caterpillar le sue promesse elettorali. Ma Trump ha vinto da solo le presidenziali americane, mentre Di Maio e Salvini, non avendo prevalso con le proprie forze, erano stati costretti a far conciliare due programmi che divergevano palesemente in diversi punti cruciali. Però, come diceva il vecchio Bossi, alla fine la quadra era stata trovata, ma con molte inevitabili contraddizioni e incognite, la prima delle quali grande come una casa - incombeva su tutto il progetto sotto il nome di “Piano b”. Ma andiamo con ordine. La Lega nazionale di Salvini è ormai un partito che non ha paura a definirsi di estrema destra, mentre i Cinque Stelle combinano politiche sociali di sinistra con posizioni popolari anche tra i partiti di destra. Il loro comune denominatore è la guerra alle istituzioni internazionali, contro l’economia globalizzata, contro l’immigrazione e contro l’interdipendenza tra le nazioni. Tutto questo ha posto un problema a suo modo storico, perché per la prima volta una maggioranza di Governo in Italia stava mettendo in discussione l’Unione Europea e soprattutto i vincoli che essa impone ai Paesi membri, fino a sconfinare in un “non detto” che le antenne dei mercati hanno però percepito, nelle ultime settimane, comportandosi di conseguenza: l’uscita
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dell’Italia dalla moneta unica europea. Un costosa era sicuramente obiettivo a cui avrebbe puntato soprattut- la flat tax, che si aggirato la Lega, ma condiviso anche dai Cinque va sui 50 miliardi di euro, Stelle. Non a caso Grillo, malgrado le ras- a cui si aggiungevano i 17 sicurazioni di Di Maio, aveva recentemen- miliardi del reddito e delle pente riesumato il referendum anti-euro che è sioni di cittadinanza, i 2 miliardi per sempre stato un suo cavallo il potenziamento dei centri di battaglia. Il conto dei costi per l’impiego, i 12,5 miliardi Ma riannodiamo il naper la sterilizzazione dell’Iva, stro partendo dai mantra del patto siglato 6 miliardi per l’eliminazione programmatici e speculari da M5S e Lega delle accise sulla benzina. di Cinque Stelle e Lega: da Una spesa, insomma, che una parte il reddito di cit- variava dai 108,7 per essere adeguatamente tadinanza, dall’altra la flat ai 125,7 miliardi finanziata si sarebbe dovutax. Due misure definite intoa eliminare l’intera sanità di euro compatibili dalla maggior pubblica. parte degli economisti, in La scommessa del nuogrado entrambe di destabilizzare i con- vo Governo era sufficientemente chiara: ti dello Stato, almeno secondo le stime le politiche di austerity hanno impoverito fatte dall’Osservatorio sui conti pubblici i cittadini con il paradosso che, a fronte guidato dall’ex commissario alla spending dei tanti sacrifici, nel frattempo il nostro review Cottarelli, ora incaricato di forma- debito pubblico ha continuato a crescere, re il nuovo governo che porterà il Paese e quindi per invertire la tendenza è nealle elezioni. Dunque: il conto dei costi del cessario fare nuovo deficit per stimolare contratto di governo M5S-Lega variava dai la crescita, finanziandolo con un forte au108,7 ai 125,7 miliardi, a fronte soltanto mento del prodotto interno lordo. Una ridi 550 milioni di coperture. La misura più cetta keynesiana, insomma, ma che avreb-
BIOLOGIA DEL PALAZZO
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Matteo Salvini.
be richiesto una crescita le quali si può dire tutto il male possibile, dell’economia italiana a ma ignorarle sarebbe da irresponsabili, livello cinese. Più che una perché - volenti o nolenti - sono le spie scommessa, insomma, un au- rosse che contribuiscono a condizionare i mercati finnziari. Fitch e Moody’s avevano tentico azzardo. Per quanto riguarda la proposta già sentenziato che le misure proposte per di introduzione della flat tax va subito pre- aumentare il gettito del bilancio pubblico cisato che, essendo le aliquonon avrebbero coperto gli La prossima te più di una, parlare di “flat impegni di spesa e che il protax” diventava improprio. Il gramma del nuovo governo campagna sistema proposto comportaitaliano era del tutto incoeva un minor gettito Irpef pari elettorale vedrà rente con l’obiettivo di ridurre il debito. A queste parole a 52 miliardi, a patto di abolicontrapposti dell’agenzia di rating, il cui re tutte le deduzioni e le desovranisti compito è valutare la capacitrazioni esistenti, comprese tà di un governo o di un’imle deduzioni per l’esenzione ed europeisti presa di ripagare i propri dedel reddito figurativo della prima casa e quelle per i contributi pre- biti, ha reagito (ovviamente male) anche videnziali obbligatori. Due deduzioni che la Borsa, che per diversi giorni è risultata era francamente inaccettabile potessero la peggiore d’Europa. L’allarme rosso sui mercati, che ha portato il presidente Matvenire eliminate. Dovrebbe far riflettere, ora che il go- tarella a bloccare la nascita del bicolore verno giallo-verde non nascerà, il fatto che Cinque Stelle-Lega, non è scattato semplila sola enunciazione del programma abbia cemente per il nome del professor Savona immediatamente fatto salire lo spread tra nella casella del Ministero dell’Economia, i nostri titoli di Stato e i bund tedeschi e ma a causa di una serie di annunci fatti messo in allarme le agenzie di rating. Del- da esponenti della nuova maggioranza (la
proposta di cancellazione di 250 miliardi del nostro debito pubblico da parte della Banca centrale europea, il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione con i mini-Bot, l’impatto spropositato del contratto di governo sulla tenuta dei conti pubblici, l’intenzione di disdettare molti trattati europei) che portavano di fatto l’Italia fuori dall’euro. Per questo, e solo per questo, ossia per tutelare i risparmi degli italiani, il presidente Mattarella si è avvalso delle prerogative previste dall’articolo 92 della Costituzione per la nomina dei ministri chiedendo di sostituire il nome di Savona con quello del capogruppo della Lega alla Camera, il politico ed economista Giorgetti. Proposta rifiutata da Salvini, il quale sul nome di Savona giocherà tutta la prossima campagna elettorale. Una campagna che non avrà sottintesi: da una parte i sovranisti, che si presenteranno come paladini dell’autodeterminazione del popolo italiano contro la Germania e i poteri forti europei che ci avrebbero impoverito con l’austerity; dall’altra il fronte europeista che denuncerà l’avventurismo di chi vuole uscire dall’euro sfasciando i conti pubblici. Sarà una scelta drammatica, una scelta di campo simile a quella del ’48. Allora l’alternativa era tra Occidente e Unione Sovietica, oggi tra Unione Europea e isolazionismo. Auguri, Italia. Stavolta per decidere bisognerebbe non farsi guidare dalla pancia, ma usare il microscopio per esaminare punto per punto i programmi elettorali, anche se mascherati da “contratti”. Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 15
L’INTERVISTA
La Biologa Capriotti tra le vincitrici della Sky Ocean Rescue Premiato il suo progetto per salvare gli oceani dalla plastica di Carmine Gazzanni
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artina Capriotti è una forza della natura. Esattamente come il mare. Che difende con la sua appassionata ricerca. «È un amore – racconta – che nasce ancor prima dell’università». E che ora potrà nutrirsi di un importante e innovativo progetto scientifico. La dottoressa Capriotti dell’Università di Camerino è, infatti, una delle tre vincitrici di «Sky Ocean Rescue», la nuova campagna di Sky, in partnership con National Geographic, per
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sensibilizzare il pubblico sul problema della plastica. Lo scorso 16 aprile, nel corso del Festival delle Scienze, sono state assegnate tre borse di studio ad altrettante giovani ricercatrici, che hanno presentato progetti innovativi sul monitoraggio e la salvaguardia degli oceani. Tra queste, appunto, anche la sambenedettese Martina Capriotti. Ci dica la verità: se l’aspettava? «Assolutamente no: è stato un fulmine a ciel sereno. Ho partecipato alla call
su progetti applicati all’ambiente marino e sui fattori impattanti come la plastica o la pesca. Sono stata selezionata tra i primi dieci e poi valutata ulteriormente da Sky a Londra. E ora eccomi qui, tra i primi tre». Un progetto «innovativo», è stato definito. In che senso? «Sulle microplastiche c’è una grande attenzione rivolta soprattutto alla composizione chimica per valutarne gli effetti. Il mio approccio è un po’ diverso: nel mare abbiamo vari gruppi di inquinanti chimi-
L’INTERVISTA
L’aspetto negativo è che tali materiali purtroppo sono pericolosi e inquinanti, quello positivo è che lo sappiamo
Martina Capriotti.
ci che sono “idrofobici”, cioè repellenti all’acqua. Tendono dunque ad aderire alle superfici oppure, se entrano negli organismi, ad accumularsi all’interno dei tessuti lipidici degli stessi. Quello che studio è la presenza di questi inquinanti sulla superficie delle microplastiche». Qual è il fine del suo progetto? «È importante questo tipo di approccio perché in questo modo, poiché la microplastica entra nella catena alimentare, analizziamo il “vettore” di questi inquinan-
ti, ciò che fa sì che le microplastiche si accumulino e aderiscano ai tessuti». Una ricerca interessante che si sposa con il suo amore per il mare. «Assolutamente sì, un amore che nasce già quando avevo 15 anni. A quell’età sono entrata nel mondo del salvamento e nella Fisa (Federazione Italiana Salvamento Acquatico, ndr), poi sono diventata maestra di salvamento e tuttora collaboro con la Federazione. Come se non bastasse, ho cominciato a fare subacquea e da lì è scoppiata una passione incondizionata». Che ha trovato la sua massima espressione nella ricerca. È facile oggi fare ricerca in Italia? «(Ride) È sicuro che vuole farmi questa domanda?». Oramai l’abbiamo fatta. «Chi vuole intraprendere la carriera della ricerca in Italia, si trova davanti ad una montagna insormontabile. In altri Paesi ci sono più opportunità. Conosco diverse colleghe che lavorano all’estero e hanno davanti a sé tante occasioni che valorizzano competenze e ricerca». Qual è la ragione, a suo dire? «Mancano i fondi. Chi si vuole approcciare alla ricerca, comincia il dottorato che non sempre prevede borsa di studio e magari molti decidono di non accettare. E, anche quando è prevista una borsa di studio, comunque si è “sottopagati”. Prendi sempre la metà o comunque molto meno rispetto ad altri colleghi dottorandi dei Paesi europei ed extraeuropei. Le faccio un esempio». Ci dica. «Una collega con cui ho fatto l’Erasmus, ha poi fatto il dottorato all’estero: prendeva quattro volte più di quello che prendevo io. C’è un gap evidente». Lei però ha deciso di tornare in Italia. Pentita? «Assolutamente no. Per ora non rim-
piango la decisione di esser tornata». Come mai? «Penso che se tutti andassero via, in Italia non resterebbe più nessuno. Proviamoci, mi sono detta. Buonissima parte della ricerca estera è portata avanti da italiani. È un peccato che tutti vadano via». Ha mai pensato, però, che un giorno sarà costretta ad andare via? «È un pensiero ricorrente. Il punto è che quando finisci il dottorato, finché hai borse di studio e professori che si spendono per te in attesa di un posto da ricercatore, cerchi di resistere. Ma è sempre una carriera che vacilla: da un momento all’altro potresti ritrovarti senza contratto. Ho tanti colleghi che, finito il dottorato, oggi fanno tutt’altro. Per ora resistiamo». E lei ci sta riuscendo, considerando la borsa di studio che ha appena vinto. Sta già ragionando su altro? «Il progetto dura un anno tra lavori di campo, analisi, report, divulgazione. Io l’ho scritto per il Mare Adriatico. L’idea mia, però, è di espanderlo ulteriormente guardando ad esempio agli altri Paesi che si affacciano sull’Adriatico come la Grecia, l’Albania, la Croazia». Come sarà l’ambiente marino tra vent’anni? «Molto dipenderà dall’uomo: se non si rispettano strettamente le regole di smaltimento delle sostanze tossiche e dei rifiuti, è ovvio che il mare ne risenterà. L’attenzione deve partire dall’uomo». Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? «(Attimo di silenzio) Le rispondo prendendo in prestito le parole di Silvia Earle: “Il fatto che il mare sia pieno di microplastiche ha un fattore positivo e uno negativo. Quello negativo è che quelle plastiche purtroppo sono pericolose e inquinanti; quello positivo è che noi lo sappiamo”». Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 17
L’INTERVISTA
Parliamo di una patologia autoimmune che si manifesta a livello gastrointestinale in soggetti con predisposizione genetica ed è dovuta a un’intolleranza alimentare permanente al glutine
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a da poche settimane vinto il premio Fondazione Celiachia, ma è subito tornata ad immergersi nel suo lavoro all’Istituto di Scienze dell’Alimentazione-CNR di Avellino. La dottoressa Vera Rotondi Aufiero è una stakanovista della scienza perché, come lei stessa ci dice, «spero di avere sempre nuovi stimoli e soddisfazioni che possano sostenere costantemente la mia crescita». Intanto si gode l’importante traguardo raggiunto nel campo dell’immunologia. Ci può parlare del suo studio? «L’obiettivo è migliorare la conoscenza dei fattori che regolano la funzione immunomodulatoria di particolari linfociti, i linfociti T di classe γδ. E prevede due step: il primo in vivo, in cui queste cellule verranno isolate e analizzate nella mucosa intestinale dei pazienti; e un secondo step in vitro, in cui le stesse cellule saranno isolate e analizzate utilizzando il modello sperimentale delle colture d’organo di biopsie intestinali di pazienti celiaci in remissione».
Un progetto importante considerando che celiachia è la più frequente intolleranza alimentare a livello globale. «Parliamo di una malattia autoimmune che si manifesta a livello gastrointestinale in soggetti con predisposizione genetica ed è dovuta a un’intolleranza alimentare permanente al glutine, che si trova nel grano, nell’orzo, nella segale e in altri cereali e derivati e in tutti i cibi che lo contengono anche in piccolissime tracce. Tenga conto che in Italia e in Europa in generale, la frequenza media di celiachia si aggira attorno all’1 per cento della popolazione». Come potrebbe incidere il suo studio? L’obiettivo è mettere in luce il potenziale dei linfociti T di classe γδ, cercando di fornire un possibile aiuto nell’identificazione di strategie terapeutiche per i pazienti affetti da patologia celiaca». Secondo lei, dunque, è possibile immaginare una strada alternativa
alla dieta senza glutine? «Attualmente l’unica terapia realmente efficace per la celiachia rimane quella del controllo dietetico che, tuttavia, implica un forte sacrificio ed impegno da parte del celiaco. Ma la comunità scientifica si
Il Bando Fellowship per cinque borse di studio
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el 2017 la Fondazione Celiachia ha lanciato il secondo Bando Fellowships per il finanziamento di cinque borse di studio triennali su celiachia e dermatite erpetiforme, per uno stanziamento complessivo di 425mila Euro. Vi hanno partecipato Laureati e Dottorati, che hanno conseguito dopo il 31 Dicembre 2010 una Laurea a Ciclo Lungo (5-6 anni) o Laurea Magistrale in discipline scientifiche. Gli obiettivi sono quelli di fornire ai giovani uno strumento per iniziare la carriera scientifica sulla celiachia.
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Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
Il Grant (finanziamento) eroga un totale di 85mila Euro a progetto comprensivi di: 1) 75mila Euro in 3 anni per il salario del borsista; 2) 10mila Euro come contributo una tantum da usarsi durante il programma triennale per reagenti e consumabili. I principali criteri di valutazione scientifica dei progetti sono: alta priorità scientifica, chiarezza degli obiettivi del progetto, progresso nella comprensione della patologia (dal punto di vista biologico o clinico) e/o del suo trattamento/ terapia, innovazione e originalità.
L’INTERVISTA
Alla ricercatrice Rotondi Aufiero il premio della Fondazione Celiachia Finanziato uno studio sulla malattia autoimmune
sta impegnando assiduamente nel cercare di definire terapie alternative alla dieta senza glutine, terapie che rendano sicura l’ingestione di glutine da parte degli individui celiaci». Lei è la testimonianza concreta che non è detto che non si possa “fare scienza” nel nostro Paese. Come giudica il livello di ricerca in Italia? «Questo è un punto fondamentale: checché se ne dica, l’Italia è da inserire tra i Paesi che vantano una ricerca di eccellenza. Il dato, d’altronde, emerge se si va a considerare la produzione scientifica, perfettamente in media rispetto a quella di altri Paesi europei». E allora cosa manca, dal suo punto di vista, in Italia? «Le risorse economiche certamente limitano lo svolgimento delle attività. Sono relativamente numerosi gli enti pubblici e privati che si impegnano a finanziare la ricerca italiana. Tuttavia, considerando il
Vera Rotondi Aufiero.
periodo di forte crisi economica in cui ci troviamo, tali finanziamenti sono limitati dalla scarsità delle risorse». Ha mai pensato di andare all’estero o di essere costretta per continuare a fare ricerca?
«Di sicuro la crisi economica che ha colpito l’Italia in questi anni ha spinto molti giovani laureati a espatriare alla ricerca di una retribuzione mediamente superiore e di contratti a tempo indeterminato. Le dico la verità: ci sono stati momenti in cui ho pensato di andar via…». E alla fine? «Alla fine sono sempre rimasta. E non me ne sono pentita». Come si immagina la ricerca italiana tra vent’anni? «Come me la immagino? Spero che quanto prima l’Italia possa finalmente uscire da questo periodo di crisi che dura ormai da diversi anni e che la ripresa economica possa contribuire in maniera determinante a dare il giusto impulso alla ricerca scientifica che, attualmente, penso sia indietro rispetto ad altri Paesi solo per la limitatezza delle risorse economiche, ma non per quel che riguarda il potenziale umano». (C. G.) Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 19
INNOVAZIONE
Metanizzazione biologica Start-up di Monaco svela le potenzialità degli archeobatteri
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ono capaci di vivere in condizioni ambientali estreme e producono una “zuppa verde” aiutati da un bioreattore di dieci litri. Loro sono gli archea, uno dei tre grandi domini in cui sono divisi gli esseri viventi. Si tratta di organismi unicellulari appartenenti al regno degli archeobatteri che sono pure metanoproduttori. La “Electrochaea”, una startup di Planegg, nel distretto di Monaco, ne ha studiato le potenzialità con un gruppo di lavoro composto da biologi, ingegneri e chimici e ora vuole offrire una tecnologia che consenta la conservazione dell’energia elettrica. Che cosa succede, allora, in quella “zuppa verde”? «Gli Archea - afferma Doris Hafenbradl, microbiologa e direttrice tecnica della start-up - sono biocatalizzatori specializzati nella formazione di metano: non appena li alimenti, idrogeno e CO2, non fanno altro per tutto il giorno». Il vantaggio degli archea rispetto ai catalizzatori chimici è che sono resistenti e abituati a soffrire un po’ di “fame”. Il sistema messo a punto potrebbe cambiare il settore energetico: converte l’elettricità in gas, rendendola immagazzinabile e trasportabile. Lo scorso anno in Germania sono stati prodotti 654 miliardi di chilowattora di elettricità, un terzo da energie rinnovabili: energia eolica e idroelettrica, biomassa, energia solare da fotovoltaico. Per il 2050
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la quota di consumo dovrebbe essere del 60 per cento. Il vento, l’acqua e il sole, però, non possono essere controllati, se necessario. Nel caso in cui più energia venga immessa nella rete rispetto a quella recuperata, l’elettricità dovrebbe poter essere conservata. Se piove o nevica e viene prodotta poca energia, gli operatori di rete dovrebbero far ricorso all’energia immagazzinata precedentemente. «Noi non costruiamo alcuna batteria, ma offriamo - dice Markus Forstmeier, responsabile dello sviluppo del business di “Electrochaea” - una tecnologia che consente lo stoccaggio. Abbiamo bisogno di elettricità e anidride carbonica nel luogo di produzione. In Germania ci sono molte fonti, praticamente ovunque, quindi potremmo costruire i nostri bioreattori Power-to-Gas in ogni regione». Magari anche in quei comuni amici dell’ambiente come Pfaffenhofen. La città dell’Alta Baviera genera già il 70 per cento della sua energia elettrica da fonti rinnovabili e vuole ridurre le sue emissioni. Per ora è la prima in Germania ad avere un proprio impianto di produzione di gas
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di Gianpaolo Palazzo
Metano naturale da “Electrochaea”. L’elettricità proviene dai parchi eolici e solari della cooperativa energetica dei cittadini, la CO2 come prodotto di scarto esce dall’impianto locale di trattamento delle acque reflue. Con il biometano Pfaffenhofen può alimentare tutti i suoi autobus urbani o 250 auto a gas portando avanti una rivoluzione davvero green.
Contro ictus e parkinson interviene la tecnologia
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INNOVAZIONE
Robotica, un aiuto per il trattamento delle disabilità neurologiche di Marco Modugno
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tudi recenti hanno evidenziato come la tecnologia e la robotica si dimostrino estremamente efficaci per la riabilitazione e l’assistenza di persone affette da disabilità a seguito di danni neurologici. I dispositivi realizzati negli ultimi 20 anni hanno consentito trattamenti sicuri, intensivi e ripetibili, permettendo la registrazione dei dati relativi ai movimenti effettuati e alla forza esercitata dal paziente. Stefano Mazzoleni, Ricercatore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Ricercatore del Laboratorio di BioIngegneria della Riabilitazione, spiega la necessità di «uno sforzo congiunto che abbia l’obiettivo di finalizzare trial clinici multicentrici randomizzati controllati (RCT) per evidenziare gli effetti dei trattamenti robotici con massimo rigore metodologico».
In quest’ottica sono stati avviati due studi RCT multicentrici a livello nazionale che vedono coinvolte oltre 20 strutture ospedaliere e centri di ricerca. Uno riguarda la riabilitazione dell’arto superiore, l’altro è incentrato sulla riabilitazione del cammino, su pazienti post-ictus in fase subacuta e cronica. Abbinare vari trattamenti riabilitativi tecnologicamente innovativi potrebbe incrementare i vantaggi rispetto alla somministrazione di singole terapie. Ma i fattori da tenere sott’occhio sono molteplici e devono essere analizzati con un approccio metodologico solido. Mazzoleni evidenzia come «l’utilizzo combinato di scale cliniche di valutazione e metodi quantitativi basati su parametri cinematici registrati da robot durante le sessioni riabilitative, forniscano un quadro complessivo sugli esiti dei trattamenti in corso».
Al fine di garantire una continuità anche dopo le dimissioni, un ruolo importante lo rivestono i sensori indossabili o i dispositivi robotici portatili, che oltre a permettere la somministrazione dei trattamenti a domicilio, assicurano un monitoraggio da remoto delle attività svolte. In alcune Regioni sono stati avviati programmi sperimentali di riabilitazione a distanza. L’obiettivo è di portare il tutto su vasta scala per permettere un incremento della qualità di vita a persone colpite da disabilità, dovendo tener conto di fattori di natura legale oltre che etici. La robotica e l’intelligenza artificiale possono rivelarsi fondamentali per garantire un’adeguata assistenza. Ne è un esempio concreto la carrozzina robotica RISE che grazie alle sue caratteristiche tecnico-funzionali contribuisce al reinserimento socio-lavorativo, oltre ad assistere le persone nella vita quotidiana. Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 21
SALUTE
A 55 anni dal vaccino anti-poliomielite
Franklin Delano Roosevelt, 32° presidente Usa, contrasse la poliomielite che gli causò la paralisi degli arti inferiori.
Sviluppato nel 1953, fu autorizzato in Italia dieci anni dopo
di Rino Dazzo
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ino ai primi anni Sessanta era considerata la peste dei tempi moderni, una piaga che colpiva indifferentemente paesi ricchi e poveri, sviluppati e non. Solo nel 1952 negli Stati Uniti la poliomielite aveva colpito 58mila persone, con oltre tremila morti e 21mila casi di paralisi. Anche nell’Italia del boom e del miracolo economico le epidemie di poliomielite provocavano in media tremila casi di grave invalidità l’anno. Il picco nel 1958, quando furono ottomilacinquecento le persone contagiate, in massima parte bambini. La malattia, un’infezione virale determinata dall’assunzione di alimenti contaminati, colpisce la sostanza grigia del midollo spinale e può provocare conseguenze terribili come la paralisi completa degli arti superiori e inferiori o addirittura la morte. Poi è arrivata la zolletta di zucchero, il vaccino
a somministrazione orale sviluppato da Albert Sabin: un rimedio dolcissimo, in tutti i sensi. In Italia la zolletta imbevuta con le gocce del vaccino contenente virus vivente attenuato, messo a punto nel 1953 dal medico polacco naturalizzato statunitense, è stata autorizzata nel 1963, è entrata nelle scuole l’anno successivo ed è diventata obbligatoria nel 1966. A marzo 1964 a tutti i bimbi dai 6 mesi ai 14 anni è stato somministrato per la prima volta il vaccino contro il virus Polio 1, ad aprile contro il virus Polio 3, a maggio contro il virus Polio 2. E nel giro di pochi anni la polio è regredita rapidamente. L’ultimo caso accertato in Italia è del 1982. Vent’anni dopo, nel 2002, l’OMS ha dichiarato la malattia ufficialmente eradicata dal Vecchio Continente. Qualche anno prima del vaccino Sabin, nome in codice OPV (Oral Polio Vaccine), Jonas Salk aveva sviluppato un vaccino a
somministrazione intramuscolare (IPV, Inactivated Polio Vaccine), basato su ceppi di virus inattivati: un vaccino capace di impedire le complicanze neurologiche della malattia, ma non di eradicare il virus. A quello ci ha pensato il vaccino di Sabin. Che però, a differenza del metodo Salk, può portare in rari casi a encefaliti aspecifiche e ad altre complicanze neurologiche anche letali. Anche per questo motivo, oggi in tutti i paesi in cui la malattia è considerata debellata si utilizza il vaccino IPV. L’OPV di Sabin è invece ancora il metodo più efficace di contrasto alla malattia nei paesi in cui resiste a livello endemico: Pakistan e Afghanistan su tutti. Curiosità: Sabin, che è morto nel 1993, rinunciò a brevettare la sua scoperta, da cui non ricavò mai alcun beneficio economico. Disse che il suo era un regalo a tutti i bimbi del mondo.
SALUTE
Vaccini: sottosoglia ma in crescita Aumentano le coperture, pur con disuguaglianze tra regioni. Solo il Lazio supera il tetto del 95% delle immunizzazioni contro il morbillo di Daniele Ruscitti
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a copertura vaccinale nel nostro paese fa registrare risultati in crescita: la maggior parte delle regioni (11 su 21) raggiunge l’obiettivo di immunizzare almeno il 95% dei nuovi nati con il vaccino esavalente, cioè quello che protegge contro malattie gravis come polio, difterite e tetano. E poi crescono ancora di più le vaccinazioni contro il morbillo, di oltre il 4%. Ma solo una regione, il Lazio, supera il 95% di bimbi immunizzati. Una “fotografia”, aggiornata al mese di dicembre dello scorso anno, che permette al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha rivestito questa carica dal 2013 al 2018, di definire “ottimo” il bilancio. «I dati sono straordinari perchè c’è stato un incremento delle coperture vaccinali e voglio ricordare che stiamo parlando soltanto dei primi mesi dall’entrata in vigore della norma che li rende obbligatori. Quindi posso dire che la stragrande maggioranza dei genitori ha capito il rischio a cui sono sottoposti loro e i loro figli», ha spiegato Lorenzin. Il decreto, approvato a luglio 2017, ha aumentato il numero delle vaccinazioni obbligatorie da 4 a 10 legandole alla possibilità di frequentare la scuola.
A sinistra, Beatrice Lorenzin, ministro della Salute dal 2013 al 2018.
«I dati - ha aggiunto il ministro della Salute - sono veramente positivi. Registriamo un incremento notevolissimo dell’1,21% rispetto alla famosa esavalente, oltre che un +4,42% di aumento di coperture sul morbillo. Inoltre, quasi tutte le regioni hanno innalzato fortemente i tassi vaccinali, tranne cinque, dove ci sono dei punti di criticità. Ed è su queste che bisogna lavorare in particolare». Una crescita generale delle coperture vaccinali anche se resta l’attenzione sulle disuguaglianze tra una regione e l’altra. Per quanto riguarda la polio si registra una crescita non altissima ma con 11 regioni che superano il 95% (la soglia di sicurezza): Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basi-
licata, Calabria e Sardegna. Ben 10 sono al di sotto: Lombardia (94,8%), Emilia Romagna (94,7%), Puglia (94,4%) e Val d’Aosta (93,6), Provincia Autonoma di Trento (93,9%), Veneto (93,5%), Marche (93%), Sicilia (91,3%), Friuli Venezia Giulia (90,4%) e la peggiore la Provincia Autonoma di Bolzano (85,8%). Per il morbillo, la copertura nazionale relativa ai bambini di 2 anni vede un aumento del +4,4% rispetto al 2016. Ma solo una regione, il Lazio, supera la soglia di sicurezza del 95%, mentre complessivamente l’Italia si attesta al 91,7%. A trainarla in basso sono Bolzano, con solo il 71,8% di bimbi di questa fascia di età immunizzati, ma anche Marche (88,2%), Sicilia (85,6%), Friuli Venezia Giulia (86,5%) e Abruzzo (89,2%). Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 23
Donne: meno sport degli uomini ma lo stile di vita è più sano
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SALUTE
Il report della terza Giornata nazionale della salute al femminile
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anno abitudini alimentari più sane, fumano poco, rinunciano agli eccessi del binge drinking e, anche se fanno meno attività fisica degli uomini, si presentano complessivamente più in salute. Il check up sul “pianeta donna” è venuto fuori in occasione della Giornata nazionale della salute della donna, organizzata, lo scorso 21 aprile, dal Ministero della Salute con la Fondazione Atena Onlus e celebrata in tutta Italia con iniziative di sensibilizzazione e prevenzione organizzate da associazioni e società scientifiche. «Per lungo tempo le indagini condotte in ambito clinico e farmacologico - ha spiegato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - sono state compiute senza tenere conto della specificità della biologia femminile che può influenzare, talvolta in modo determinante, l’insor-
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Logo della terza Giornata nazionale della salute della donna.
genza e l’evoluzione delle malattie. La ricerca consente di aprire nuovi orizzonti, orientando la medicina verso una crescente personalizzazione delle cure e stimolando lo studio delle principali patologie che colpiscono il mondo femminile». Dai dati emerge che il 15,1% delle donne non riesce ancora a rinunciare al fumo, anche se c’è una flessione del
12,2% rispetto al 2002. I comportamenti più a rischio, come il binge drinking (bere compulsivo fino a ubriacarsi) riguardano il 23,2% degli uomini e il 9,1% delle donne. A fare una colazione sana sono più le donne (84,6%) che gli uomini (78,6%) e contrariamente alla media europea, in Italia l’eccesso di peso è maggiore fra gli uomini (40,2% sovrappeso e 11,2% obesi) rispetto alle donne, fra le quali il 23,8% sovrappeso e il 9,9% è obese, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. Tutto ciò nonostante più di quattro donne su 10 (il 43,4%) non faccia attività fisica. Quest’anno la Giornata ha previsto due focus in particolare, che impattano sulla salute fisica e psichica delle donne: la violenza e i disturbi dell’’alimentazione. Due tematiche che interessano, purtroppo, milioni di donne e che sono state affrontate in tavoli di lavoro interdisciplinari composti da esperti del settore. (D. R.)
SALUTE
Il primo embrione generato dalle staminali L’esperimento è stato condotto su un topo nell’Istituto di Medicina rigenerativa di Maastricht I dati della ricerca pubblicati su “Nature” di Carmen Paradiso
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l primo embrione artificiale è realtà. Si tratta di un topo generato non dall’unione di un ovocita e di uno spermatozoo, ma da cellule staminali. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Nature”, è stato condotto in Olanda, nell’Istituto di Medicina rigenerativa dell’Università di Maastricht, dal gruppo guidato da Nicolas Rivron. L’obiettivo della ricerca è quello di studiare le primissime fasi della vita, ossia quelle che vanno dalla formazione della placenta fino all’impianto dell’embrione nell’utero. Per generare “blastoide”, questo il nome dell’embrione artificiale, i ricercatori sono partiti da due famiglie di cellule staminali prese da una blastocisti di topo: quelle da cui ha origine la placenta, che sono le cellule del trofoblasto, e quelle dalle quali si forma tutto l’organismo. È emerso che le due famiglie cellulari, una volta in provetta, hanno iniziato a comunicare generando una struttura (sfera di cellule) molto simile a quella di una blastocisti nei primi giorni dello sviluppo. Poiché la struttura ottenuta aveva le caratteristiche di una blastocisti di 3 giorni e mezzo, pronta per essere impianta, è stato effettuato l’impianto nell’utero della femmina di topo. «È un bellissimo risultato per i biologi» commenta il genetista Edoardo Boncinelli.
L’esperimento, spiega il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'università di Roma “Tor Vergata”, «per la prima volta studia da vicino un organo straordinariamente importante della riproduzione, ossia la placenta. «Si tratta di un grosso passo avanti - ha aggiunto - che permette di comprendere i meccanismi dell'infertilità che nasce da un
difetto nell'impianto dell'embrione». Secondo il direttore del laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell'Università di Pavia, Carlo Alberto Redi, ricerche del genere sono importanti per «andare a capire i geni che regolano lo sviluppo e permettono di avere una visione di quali relazioni, componenti e sinfonie di geni devono entrare in gioco nello sviluppo embrionale».
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Le chiome si rigenerano con l’autofagia
di Francesca Cicatelli
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ulla si distrugge, tutto si rigenera. Una specie di perpetuo uroboro, il simbolo del drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine. L’energia che divora e rigenera se stessa, la natura ciclica delle cose. Un po’ questo è l’autofagia, la scoperta del Nobel giapponese Yoshinori Ohsumi del 2016 ora trova applicazione per i capelli che, a quanto pare, si rinnovano “metabolizzando” gli scarti tossici. L’immagine fa venire subito alla mente la gorgone Medusa, avvolta in una chioma di ser-
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SALUTE
penti animati, ma nulla ha a che vedere con i rettili né con un’autonomia di pensiero dei capelli, anche se il meccanismo del cibarsi di parti di sé ricorda una pratica del regno animale. L’Heterodon nasicus in alcuni casi si autocannibalizza. A farlo anche il grillo dalla coda corta che, ad un certo punto della vita, mangia le sue ali. Altri animali, cibandosi di sé, attuano una metamorfosi verso una nuova fase dell’esistenza. Lo fanno le ascidie marine, per esempio, che sono solite ingerire parti del proprio tessuto nervoso, una sorta di cervelletto, prima di diventare organismi stazionari simili alle anemoni: il piccolo organo diventa infatti totalmente inutile e viene utilizzato solo per coordinare il movimento.
SALUTE
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Ora si è capito che anche i capelli riescono a far fuori parti tossiche che li riguardano attraverso l’autofagia. È uno studio quasi tutto italiano, del gruppo di Benedetto Grimaldi dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova, in collaborazione con l’Università di Manchester e condotto grazie al sostegno dell’associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). Potrà avere importanti risvolti anche nella lotta ai tumori e all’invecchiamento, per rallentare la calvizie e gli effetti della chemioterapia. L’autofagia controlla molte funzioni fisiologiche basilari dell’organismo come l’adattamento alla fame, dopo un’infezione elimina i batteri e i virus, fornisce nutrimento alla cellula e ne permette la rigenerazione. È pertanto fondamentale nella risposta alla mancanza di alimenti e altri tipi di stress. Negli embrioni contribuisce alla differenziazione cellulare e a eliminare le proteine e gli organelli danneggiati. Si è anche notato che il malfunzionamento dell’autofagia è collegato al parkinson, al diabete di tipo 2 e ad altre patologie senili. Ma come avviene il meccanismo dell’autofagia? Le cellule riescono a disfarsi di tutte quelle sostanze di scarto o tossiche come dopo l’assunzione di farmaci, o dopo l’esposizione di agenti chimici e inquinanti ambientali, andandole a depositare in una specie di apparato digerente cellulare chiamato lisosoma, che è in grado di degradarle e quindi espellerle dall’organismo. Una volta intrappolato, il materiale tossico viene trasformato in non tossico e adoperato come fonte di sostentamento. Un buon esempio di riciclo. Stimolare questo processo a livello della testa prolunga la fase di vita del capello e potrebbe dunque rallentare la calvizie. Del meccanismo si parlava già negli anni
La scoperta dal Nobel giapponese Yoshinori Ohsumi del 2016, ora trova applicazione per i capelli che si rinnovano con gli scarti tossici Sessanta, ma soltanto durante gli anni Novanta, grazie agli esperimenti condotti da Yoshinori Ohsumi, è stato possibile giungere ad evidenze scientifiche utilizzando come modello sperimentale il lievito per il pane. Si è scoperto così che questa sorta di autocannibalismo ha un effetto protettivo nei confronti di diverse malattie (cardiovascolari, neurodegenerative e oncologiche).
L’autofagia potrebbe essere implicata in uno dei meccanismi della longevità: aumenta vistosamente durante un regime calorico restrittivo. Ciò significa che, sfruttando sostanze che stimolano l’autofagia, potremmo assistere a una miglior crescita dei capelli e, probabilmente, ad un rallentamento dell’invecchiamento e dunque alla prevenzione di molti tumori.
Il Biologo di Fukuoka
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l vincitore del premio Nobel per la Medicina del 2016 è il biologo giapponese Yoshinori Ohsumi, premiato per gli studi condotti sull’autofagia, un processo con cui le cellule si liberano delle sostanze di scarto per permettere la degradazione e il riciclo delle loro componenti. Ohsumi ha dedicato gran parte delle sua vita professionale a studiare le caratteristiche delle cellule viventi, in particolar modo quelle degli eucarioti. Le scoperte a cui è giunto nel corso della sua carriera hanno permesso di approfondire il modo in cui gli organismi rispondono alle infezioni, consentendo lo sviluppo di nuove terapie per trattare diverse patologie, come i tumori e i disturbi neurologici. Yoshinori Ohsumi è nato 1945 a Fukuoka, in Giappone. Ha conseguito un dottorato di ricerca all’Università di Tokyo nel 1974. Dopo aver trascorso tre anni alla Rockefeller University, a New York, è tornato all’Università di Tokyo, dove ha creato il suo gruppo di ricerca nel 1988. Dal 2009 è professore al Tokyo Institute of Technology.
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SALUTE
Originario dell’Africa il vegetale contrasta l’asma, l’ittero e le malattie epatiche
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riginario del Continente Nero, il Desmodium Adscendens è da poco noto anche in territorio europeo per le sue molteplici proprietà benefiche; difatti esso si è dimostrato svolgere un’importante azione di sostegno e di rigenerazione epatica, funzionando anche nei confronti di agenti tossici e patogeni supportando così le funzioni del sistema immunitario e respiratorio. Il desmodio, rimedio naturale impiegato soprattutto nel suo territorio d’origine, l’Africa occidentale, è comunemente utilizzato per contrastare l’asma, l’ittero, le malattie epatiche, digestive, così come nelle reazioni convulsive legate all’epilessia, dissenteria ed infezioni genito-urinarie. Il vegetale si presenta con una struttura molto simile a quello di un comune trifoglio ed è una pianta perenne di cui vengono utilizzate, a scopo fitoterapico, le parti aeree, gli steli e le foglie. I principi attivi presenti sono gli alcaloidi indolici, i flavonoidi, gli acidi grassi, i saponosidi, gli antocianosidi. In riferimento all’utilizzo del desmodio in ambito terapeutico, sono stati condotti numerosi studi scientifici che lo vedono impiegato come supporto integrativo nel trattamento di svariate patologie. È stato dimostrato che nei topi eliminava la fase tonica delle convulsioni derivate da crisi epilettiche, inoltre questo vegetale stimola e accelera la rigenerazione degli epatociti, ripristinandone la piena funzionalità, inibisce l’azione dell’enzima monossigenasi, bloccando così la formazione di radicali liberi che vengono liberati maggiormente in segui-
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Le proprietà benefiche del Desmodium Adscendens di Rosa Funaro
to a una eccessiva assunzione di alcool, getti con epatite C non autoimmunitaria metalli pesanti e terapie farmacologiche, e, secondo studi ancora allo stato spesvolgendo quindi una efficace azione an- rimentale, sembrerebbe avere un ruolo tiossidante. nella normalizzazione delle transaminasi Non di minore rilevane delle gamma GT. za è la riscontrata riduzioIl desmodio esplica la Pianta perenne, ne delle reazioni allergisua azione a livello delle gli steli, le foglie monossigenasi epatiche che per le sue proprietà antianafilattiche; il suo con conseguente dimie le parti aeree effetto è evidente nella dinuzione dell’ossidazione sono utilizzate minuzione della presenza dell’acido arachidonico e di istamina polmonare che a scopo fitoterapico della produzione di comrisulta dose-dipendente posti ad azione infiamcon conseguente riduzione della quantità matoria, diminuendo così la contrazione di spasmogeni rilasciati anafilatticamente delle vie aeree, modulando la sintesi dei e nella contrazione indotta da anafilassi leucotrieni bronco costrittori. Sulla base del muscolo ileale. È utilizzato nei sog- delle molteplici azioni del desmodio, è
SALUTE
Supporta anche le funzioni del sistema immunitario e respiratorio
programma di chemioterapia antiblastica di II° o III° linea nel paziente affetto da neoplasia del distretto testa e collo senza evidenze significative di tossicità correlate all’assunzione del preparato erbale in studio, né alterazione del profilo cinetico dei farmaci utilizzati. È stato dimostrato il controllo sulla elevazione della proteina C reattiva, quale indice di uno stato pro-infiammatorio frequentemente associato all’evoluzione della neoplasia. In futuro la sperimentazione sarà ancora più puntuale e precisa.
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stato condotto uno studio finalizzato successivamente. Inoltre non sono state ad indagare le potenzialità in termini di evidenziate tossicità né ulteriori eventi supporto terapeutico in associazione al avversi. Lithotame (alga marina calcificata conDal gennaio 2013 all’agosto 2017 sono tenete carbonati di calstati inseriti nello studio cio, di magnesio e diversi I principi attivi sono 12 pazienti con conferoligoelementi come ferro, istologica o citologica gli alcaloidi indolici, ma zinco fluoro, magnesio, di tumore testa e collo in cobalto, iodio) e vitami- i flavonoidi, gli acidi fase metastatica o localna C, nel trattamento con grassi, i saponosidi mente recidivata, già prechemioterapici in pazienti cedentemente sottoposti e gli antocianosidi ad una linea di chemiotecon neoplasia testa e collo. Le conclusioni dello rapia per la fase avanzastudio hanno riportato, in alcuni casi, un ta, attualmente in terapia integrata con iniziale trend di diminuzione dei valori di chemioterapico e integratore a base di PCR, in particolare nelle prime settimane desmodio e lithotame: tale terapia si è di trattamento, per poi rimanere stabile mostrata attuabile in associazione a un
NOTE: Studio effettuato presso la struttura ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord (Dott. L. Imperatori, D. Giardini, G. Latini, G. Migliori, C. Blasi, F. Bunkheila, C. Breschi, R. Mattioli) con il supporto dell’azienda Phytoterapica Phytoitalia che ha fornito il preparato erbale preso in esame. Dizionario Il Desmodium Adscendens è una pianta erbacea che cresce nelle zone umide, avvolgendosi alla base del tronco di alberi come la palma e il cacao. Può raggiungere anche un metro di altezza. Ha piccole foglie alterne, composte da tre foglioline ovali. Il nome deriva dal greco “desmos”, “legame” o “fascio”, con riferimento agli stami riuniti a fascio. Il nome della specie, adscendens, si riferisce invece allo stelo ascendente, rampicante della pianta.
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SALUTE
Il ruolo della Citometria
a flusso nelle procedure aferetiche di cellule staminali ematopoietiche Questa procedura medica è largamente impiegata nel trattamento di patologie ematologiche, neoplastiche e non neoplastiche di Vincenzo Cosimato*
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l trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) è una procedura medica largamente impiegata al giorno d’oggi nel trattamento di molte patologie ematologiche, sia neoplastiche che non neoplastiche. Le due principali tipologie di trapianto vengono definite “allogenico” ed “autologo”, a seconda che le cellule staminali emopoietiche, reinfuse dopo opportune terapie di condizionamento, derivino rispettivamente da un donatore sano o dal paziente stesso. Nell’ultimo decennio l’infusione di cellule staminali raccolte dal sangue periferico mediante aferesi si è largamente diffusa, affiancandosi, ed in alcuni casi sostituendosi all’utilizzo del midollo osseo come fonte cellulare per la ricostituzione dell’attività emopoietica nei pazienti sottoposti a trapianto autologo ed allogenico. Il principio del trapianto di cellule ematopoietiche si basa sulla distruzione delle cellule maligne con chemioterapia e/o radioterapia seguita dalla reintegrazione di cellule staminali attraverso il trapianto autologo o allogenico. Le cellule ematiche, differenti per dimensioni e per peso specifico, vanno soggette a stratificazione se sottoposte ad un campo gravitazionale o ancora più
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Fig.1. Colorazione May Grunwald-Giemsa di CSE.
marcatamente se sottoposte ad una forza centrifuga centinaia di volte superiore al campo gravitazionale terrestre. Questo principio viene sfruttato dai Separatori Cellulari usati nelle procedure di aferesi. Il successo crescente dell’impiego del prodotto cellulare aferetico nei trapianti
è legato a diversi fattori: la relativa facilità di raccolta ( non richiede l’anestesia totale e l’utilizzo della sala operatoria), la maggior velocità di ricostituzione ematologica nel paziente con riduzione dei giorni di citopenia e della terapia di supporto trasfusionale e, la riduzione dei giorni
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Fig. 2. In verde sono evidenziate le cellule CD34+ CD45 dim in una mobilizzazione aferetica.
Nell’ultimo decennio si è diffusa l’infusione di cellule staminali raccolte dal sangue periferico mediante aferesi di ospedalizzazione.Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, oltre al progredire delle esperienze cliniche, due eventi fondamentali contribuirono a creare una nuova dinamica dell’attività di raccolta aferetica delle cellule staminali: 1) la scoperta della possibilità di aumentare il numero dei progenitori emopoietici circolanti promuovendo la dismissione midollare (“mobilizzazione”) attraverso l’utilizzo dei fattori di crescita (G-CSF); 2) la caratterizzazione delle cellule staminali come cellule CD34+ mediante citometria a flusso che ha consentito in tempi rapidi il monitoraggio sia del livello di queste cellule circolanti durante il periodo di mobilizzazione, sia il dosaggio delle cellule ottenute nel prodotto aferetico al termine della procedura di raccolta. I Biologi spesso sono chiamati a monitorare, nel corso di somministrazione
di fattori di crescita, la percentuale ed il numero di cellule CD34+ (Fig.2) attraverso la citometria a flusso. Infatti, il numero delle cellule CD34+ presenti nel sangue periferico pre-aferesi è considerato il miglior indice per stabilire il momento di inizio (“timing”) delle procedure di raccolta, soprattutto nel paziente sottoposto a mobilizzazione con l’associazione chemioterapia-fattore di crescita.E’ necessario un livello di CD34+ nel sangue periferico di almeno 20-40 cellule/µl per ottenere in ogni singola aferesi una quantità di CD34+ >2.0x106/Kg, che è considerata la dose minima da infondere nel paziente sottoposto a terapia mieloablativa per garantire una ricostituzione ematologica stabile. Per garantire una accurata analisi della conta delle CD34 diversi laboratori di citometria si attengono alle linee guida ISHAGE per il rilevamento delle cellule CD34 + che si basano su un metodo a quattro parametri (CD34/CD45, SSC e FSC). Con il protocollo ISHAGE a due piattaforme, viene generato un conteggio assoluto di CD34+ incorporando il conteggio dei leucociti di un contaglobuli. Il metodo ISHAGE a singola-piattaforma include l’utilizzo di fluoro-sfere a concentrazione nota all’interno del tubo utilizzato per la caratterizzazione delle CD34. Definita la conta totale di cellule staminali raccolte il lavoro del Biologo specializzato continua nei laboratori di criomanipo-
Il successo crescente dell’impiego del prodotto cellulare aferetico nei trapianti è legato a diversi fattori lazione dei Servizi Immunotrasfusionali dove, applicando le norme della Good manufacturing practice (GMP), attuerà le delicate procedure di criopreservazione delle CSE. In virtù della continua innovazione scientifica e diagnostica, l’ematologia necessita di un percorso integrato e multidisciplinare basato sulle raccomandazioni ed evidenze disponibili per l’uso razionale ed appropriato delle risorse. L’attuale esigenza di ottenere informazioni biologiche specifiche rende il percorso ancora più articolato e complesso. In questo contesto, il Biologo è la figura professionale cardine del processo multidisciplinare. * Biologo Specialista in Patologia Clinica, AOU “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, Salerno.
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SALUTE
È importante prendere precauzioni prima di esporsi al sole per evitare problemi di scottature, pelle secca e capelli aridi
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rriva l’estate e con essa la voglia di mettersi al sole, le giornate si allungano e sono più calde. Finalmente ci si rilassa dopo un anno di lavoro e stress accumulato, ed è proprio ora che il nostro corpo ha l’opportunità di rigenerarsi. Non dimentichiamo però che proprio la cute, essendo un apparato organico complesso e dinamico, mette in relazione il nostro organismo con il mondo esterno. Tra le tante funzioni esplica anche quella di protezione contro gli agenti radianti rappresentati per lo più dai raggi ultravioletti del sole, attraverso la produzione di melanina, secondo il processo di melanogenesi svolto dai melanociti. La melanina conferisce alla pelle una pigmentazione cutanea e quindi l’abbronzatura, ed è influenzata da alcuni ormoni: a-MSH secreto dall’adenoipofisi, ACTH, BFGF, estrogeni e testosterone. A tal fine concorrono anche l’integrità dello strato corneo, che disperde e riflette le radiazioni, e infine la presenza nell’epidermide di una particolare sostanza di origine amminoacidica detta Acido Urocanico, che assorbe gli UV. Gran parte dei raggi UV vengono riflessi dallo strato corneo e solo una piccola parte arriva negli strati cutanei più profondi. Tutti gli individui sono esposti quotidianamente a una certa dose di radiazioni ultraviolette (UV) e la loro capacità di penetrare attraverso la cute dipende dalla loro lunghezza d’onda. È importante prendere semplici precauzioni prima di esporsi al sole, così
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L’estate è alle porte Vademecum per l’abbronzatura senza rischi di Carla Cimmino
possiamo evitare problemi come l’eritema, che è il risultato dato dall’eccessiva esposizione ai raggi UV, pelle secca, fotoinvecchiamento dato dalla graduale perdita di elasticità della pelle e anche questa è causa di una eccessiva esposizione agli UV, capelli aridi. Cerchiamo quindi di tener presente qualche buon consiglio, per affrontare al meglio la “bella stagione”. Preparate la pelle Utilizzate uno detergente granuloso (scrub) per il viso e uno per il corpo, in modo da eliminare tutte le cellule morte e le tossine accumulate durante l’inverno. Se riuscite ad avere l’impegno di farlo almeno due volte a settimana, è possibile
ottenere un buon risultato. Gli scrub si possono fare velocemente anche in casa, mescolando yogurt/zucchero/olio d’oliva, oppure yogurt/zucchero/succo di limone; la pelle risulterà morbida, pulita e rinnovata. Bevete molto Bevete molta acqua durante il giorno. Quando si avvicina l’estate deve aumentare la quantità di acqua da assumere, per evitare pelle disidratata, capelli opachi e abbronzatura “effetto matto”. Fate attività fisica Non sottovalutate l’idea di svolgere attività fisica, almeno 30 minuti al giorno. Anche solo una passeggiata darà alla pelle la giusta ossigenazione di cui ha bisogno.
SALUTE
COME PROTEGGERE LA PELLE
EVITARE LE ORE CALDE
INDOSSARE GLI OCCHIALI DA SOLE
MODIFICARE L’ALIMENTAZIONE
RIPARARSI DAI RAGGI DIRETTI
USARE CREME SOLARI
EVITARE LE SCOTTATURE
BERE MOLTA ACQUA
FAI ATTIVITÀ FISICA
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Modificate l’alimentazione Scegliete cibi sani aiutate il corpo a prepararsi per l’esposizione ai raggi solari, riuscirete così ad avere un’abbronzatura invidiabile senza rischiare di scottarvi. È preferibile consumare cibi leggeri, ricchi di vitamine e sali minerali, che aiutino a stimolare la sintesi di melanina, ad avere un’abbronzatura omogenea e luminosa e a combattere l’invecchiamento cutaneo (carote, verdure, pesce, cereali, frutta). Evitate le scottature L’esposizione al sole dovrebbe essere graduale, iniziate un poco per volta e aumentate pian piano la durata. Bisognerebbe evitare gli orari più caldi, utilizzate
creme solari contenenti filtri di protezione da scegliere in base al vostro fototipo cutaneo, perché le melanine sono di colore diverso, o giallo-bruno o bruno-nero, distinguiamo Eumelanina (pigmento scuro), Feomelanina (colori meno forti), Tricrocromo (capelli rossicci dell’uomo). Va applicata una quantità abbondante di crema su tutto il corpo, più volte durante le ore di esposizione, questo vale anche per le creme resistenti all’acqua. Dopo l’esposizione dovete idratare la pelle con creme nutrienti e lenitive. Limitate la comparsa di rughe e macchie solari Indossate sempre occhiali da sole sia al mare che in città. Prima di uscire di
casa la mattina utilizzate una crema idratante per il viso, che contenga un fattore di protezione all’interno. Proteggete i capelli Sole, cloro, salsedine e vento danneggiano i capelli, rendendoli aridi e spenti. Indossate un copricapo prima di esporvi per ore al sole, oppure utilizzate oli protettivi. Dopo il bagno al mare o in piscina, lavare i capelli con acqua tiepida e utilizzare maschere nutrienti (anche quelle fatte in casa vanno bene: yogurt e un po’ d’olio d’oliva oppure olio d’oliva, miele, tuorlo d’uovo). Se riuscite a seguire questi pochi e utili consigli, potreste trarre numerosi vantaggi, abbronzanodovi in sicurezza. Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 33
AMBIENTE
Stiamo perdendo il Lago Vittoria di Giacomo Talignani
L’
enorme polmone blu dell’Africa sta pian piano morendo. È una fine lenta, graduale, raccontata dalle centinaia di specie che lo abitano e da milioni di persone che dipendono da lui, il Lago Vittoria, il più importante bacino del continente nero e il secondo lago più grande del mondo. La sua, quello di questo fondamentale specchio che lambisce Tanzania, Uganda, Kenya, Ruanda e Burundi è una storia travagliata.
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Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
Per anni è stato il simbolo della vita nelle aride regioni della Savana, il luogo di sopravvivenza di migliaia di tribù, il rifugio di perseguitati (come gli albini sull’isola di Ukerewe), l’oggetto di sfortunati esperimenti, come quando negli anni Cinquanta introdussero il persico del Nilo che devastò l’ecosistema, sino ad oggi quando la sempre più fragile dipendenza dal lago, fatta di pesca e costruzioni, potrebbe mettere in ginocchio milioni di persone che gravitano intorno a questo bacino.
AMBIENTE
Tre quarti delle specie endemiche di questo specchio d’acqua dolce sono oggi a rischio estinzione Il problema, racconta una nuova ricerca dal titolo “Freshwater biodiversity in the Lake Victoria Basin” sostenuta dalla Red List dell’Iucn (Unione internazionale per la Conservazione della natura), e finanziata dalla MacArthur Foundation è dettato da una biodiversità decimata negli anni: ad oggi il 76 per cento delle specie endemiche del lago è infatti a rischio estinzione. Si tratta di tre quarti delle specie nate e cresciute nell’intero bacino, un dato devastante se si pensa che l’uomo, attraverso l’overfishing e il cambiamento climatico sta accelerando l’estinzione con tassi rapidissimi. La diversità delle specie di acqua dolce del Lago Vittoria un tempo era conclamata dai biologi internazionali per l’enorme numero di animali presenti. Ad oggi però una gran parte tra le 651 specie di pesci, granchi, molluschi, libellule, crostacei, alghe e piante acquatiche valutate dalla ricerca rischia seriamente di scomparire per sempre: vanno verso l’estinzione oltre il 20 per cento di quelle di tutto il lago, autoctone o meno. «Il bacino del Lago Vittoria è incredibilmente ricco di specie uniche che non si trovano da nessun’altra parte sulla Terra, tuttavia la sua biodiversità viene decimata. Gli effetti sulle comunità che dipendono dal lago per il loro sostentamento potrebbero essere disastrosi. Speriamo che questo rapporto porti a una gestione più sostenibile del ter-
ritorio e dell’acqua nel bacino del Lago Vittoria, informando i responsabili politici e i programmi di conservazione» ha dichiarato preoccupato Will Darwall, tra i principali autori e sostenitori dello studio, che spera che un impegno internazionale possa invertire la rotta. A minacciare la fauna e la flora sono la pesca, l’inquinamento, la deforestazione e il sovrasfruttamento delle risorse, oltre che le specie invasive. Poi ci sono le azioni costanti e logoranti delle comunità che abitano il lago, che ad esempio pescano senza sosta i lungfish africani, dipnoi utilizzati nella medicina tradizionale africana (ad esempio per curare l’alcolismo). Oppure la presenza di specie come il giacinto d’acqua, pianta acquatica introdotta negli anni Ottanta, che riducendo la disponibilità di ossigeno e nutrienti danneggia la biodiversità endemica del lago: un problema al quale si sta cercando di far fronte trasformando la pianta, numerosissima, in una sorta di combustibile per produrre energia. Catherine Sayer, coautrice del rapporto, spera come tutti che si possa ancora porre rimedio al disastro in corso. Ma bisogna agire ora: sono infatti centinaia le specie presenti nel lago che devono ancora essere scoperte, classificate e descritte e «il numero di specie ad alto rischio di estinzione potrebbe dunque essere ancora maggiore di quanto pensiamo».
Il bacino tropicale più grande
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l Lago Vittoria è uno dei grandi laghi del continente africano. I suoi 68.870 chilometri quadrati di superficie, con una linea di costa di 4.828 chilometri, ne fanno il lago tropicale più grande del Pianeta. Nella classifica dei laghi d’acqua dolce, è secondo solo al lago Superiore in Canada, che ha una superficie di 84.131 chilometri quadrati. Quanto al volume, il Lago Vittoria ha una capacità di 2.760 chilometri cubici d’acqua, con una profondità massima di circa 80 metri. Ricade nei territori di Tanzania (per il 49 per cento della sua superficie), Uganda (45 per cento) e Kenya (6 per cento). Il più grande immissario è il fiume Kagera. Il suo unico emissario è il Nilo Bianco, affluente del Nilo.
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AMBIENTE
L’economia balneare e le Bandiere Blu
Il turismo del mare e dei laghi vale 30 miliardi di euro di Nico Falco
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entotto miliardi di euro nel 2016, uno e mezzo in più nel 2017 e, quest’anno, si potrebbe anche toccare la quota dei 30 miliardi, cifra tonda. Tanto vale per l’economia italiana il turismo balneare, tra laghi, mare e l’enorme indotto. Tra giugno, luglio e agosto del 2017, secondo i dati di CNA Balneatori, negli stabilimenti le presenze sono aumentate dai 75,6 milioni ai 90 milioni (+16% totali e +5% di stranieri rispetto al 2016) ed è stato registrato un incremento generalizzato nelle regioni costiere, specialmente in Emilia Romagna (+25%), Puglia (+23%) e Sicilia (+22%). In questo scenario si collocano le Bandiere Blu, certificato di eccellenza per aree da turismo balneare e tra i punti di riferimento per chi cerca un turismo che tenga conto anche della tutela dell’ambiente. Il riconoscimento viene conferito dalla FEE (Foundation for Enviromental Education) alle località costiere che soddisfano determinati criteri di qualità relativi sia ai parametri delle acque sia ai servizi offerti. Istituito nel 1987, nell’Anno europeo dell’Ambiente, oggi viene assegnato in 48 paesi nel mondo in Europa,
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Sudafrica, Nuova Zelanda, Canada e nei Caraibi. Possono candidarsi le località le cui acque sono risultate eccellenti agli esami di laboratorio e tra i criteri ci sono anche la depurazione delle acque reflue, la gestione dei rifiuti, la regolamentazione del traffico veicolare e la sicurezza ed i servizi in spiaggia. È, insomma, una sorta di bollino di qualità, che certifica non solo una “salute” dell’ambiente ma anche una gestione
adatta del patrimonio naturale e una adeguata attenzione al visitatore. Quest’anno l’Italia si è aggiudicata 368 bandiere blu divise per 175 Comuni, circa il 10% di quelle distribuite su scala mondiale. La classifica nostrana vede sul podio Liguria (27 località), Toscana (19) e Campania (18), seguono Marche (16), Puglia (14), Sardegna (13), Abruzzo e Calabria (9), Veneto e Lazio (8), Emilia Romagna (7), Sicilia (6), Basilicata (4), Friuli Venezia
Il riconoscimento della Fee
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l programma Bandiera Blu, Eco-label Internazionale per la certificazione della qualità ambientale delle località rivierasche si è affermato ed è attualmente riconosciuto in tutto il mondo, sia dai turisti sia dagli operatori turistici, come un valido marchio di qualità ecologica relativamente al turismo sostenibile in località turistiche marine e lacustri. Il programma Bandiera Blu è condotto dall’organizzazione non-governativa e no-profit “Foundation for Environmental Education” (FEE). È operativo in Europa dal 1987 e, successivamente, è stato esteso ad altri 49 Paesi in tutto il mondo. L’obiettivo principale è quello di promuovere, nelle località turistiche marine e lacustri, una conduzione sostenibile del territorio attraverso una serie di indica-
AMBIENTE
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Giulia (2), Molise (1); le località lacustri raccolgono invece 16 bandiere, 10 delle quali vanno al Trentino-Alto Adige. Ma questo riconoscimento, a prescindere dal prestigio e dalla certificazione che rappresenta, quanto vale in termini economici per le località che lo raggiungono? Per Antonio Gentile, sindaco di Sapri, è «un indice che aiuta i turisti a scegliere e quindi indirizza verso le località che possono fregiarsi di questo marchio».
La località campana è una new entry del 2017, confermata quest’anno, anche se in realtà il riconoscimento è stato una costante per due decenni. «Sapri – continua il Sindaco – aveva perso la bandiera nel 2016 per una problematica relativa a una spiaggia, ma abbiamo recuperato l’anno successivo». È un riconoscimento che garantisce non soltanto la qualità delle acque ma premia un intero sistema e il risultato si
zioni che mettano alla base delle scelte politiche, l’attenzione e la cura per l’ambiente. I criteri del programma vengono aggiornati periodicamente in modo tale da spingere le amministrazioni locali partecipanti a impegnarsi per risolvere, e migliorare nel tempo, le problematiche relative alla gestione del territorio al fine di una attenta salvaguardia dell’ambiente. La valutazione delle auto-candidature, inviate ogni anno compilando uno specifico questionario e allegando idonea documentazione a supporto, avviene attraverso i lavori di una commissione di giuria, all’interno della quale fanno parte rappresentanti di enti istituzionali. Già da alcuni anni, per la valutazione delle candidature, è stato introdotto l’iter procedurale certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001-2000. Nel corso della stagione estiva, tutte le località insignite della Bandiera Blu, sono oggetto di visite di controllo, al fine di verificare la conformità ai criteri stabiliti dal programma. (Fonte: bandierablu.org)
Nella pagina accanto, il comune di Camogli. Sopra, il mare di Sapri. Nel riquadro a sinistra, il lago di Lavarone. Le tre località hanno ottenuto la Bandiera Blu nel 2018.
vede in special modo negli ultimi cinque anni, perché da qualche tempo il turista è anche molto attento alla tutela dell’ambiente e quindi ricerca questa certificazione. Anche Camogli, cinquemila abitanti in provincia di Genova, ha raggiunto la bandiera l’anno scorso ed è riuscita a tenersela stretta. «Per noi è un valore aggiunto – dice il sindaco, Francesco Olivari – rappresenta la garanzia della tutela dell’ambiente e delle aree protette e fa da volano a un tipo di turismo interessato al patrimonio ambientale, gli effetti si vedono anche su tutte le altre attività legate alla spiaggia». Anche Lavarone è al suo secondo anno di bandiera blu, ma per la categoria laghi. E anche in questo caso l’impatto positivo c’è stato. «Innanzitutto in termini di visibilità – dice Isacco Corradi, sindaco della località trentina – e nell’ultimo anno abbiamo registrato un maggiore afflusso turistico, dovuto anche al meteo favorevole. La bandiera blu può essere considerata un punto di partenza per gli operatori del settore. Bisogna saper sfruttare l’occasione e costruirci intorno servizi a misura di turista». Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 37
(CC0) H Lee/www.unsplash.com
AMBIENTE
Acqua pura grazie al muschio La specie di Warnstofia fluitans riesce a purificare fino all’80 per cento delle contaminazioni da arsenico
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afael Adolfo Téllez scriveva che bastavano un po’ di muschio e un po’ di luce a guidare i passi. La scienza lo ha preso in parola e si è lasciata condurre. Se è la dose a fare il veleno, è ora infatti il muschio ad annientarlo. Perché in natura c’è tutto, anche i rimedi agli errori umani. Lo chef René Redzepi lo mette addirittura nei piatti, come elemento essenziale della sua cucina.
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Una passione, quella degli scandinavi per il muschio, al punto da trovare loro un senso come filtro antiarsenico dell’acqua. La scoperta, pubblicata sulla rivista Environmental Pollution, è dell’Università di Stoccolma. Nel Nord Europa è forte il senso ecologico e l’arte del riciclo, così si punta a restituire nuova vita ai corsi d’acqua contaminati, “riabilitandoli” e rendendoli potabili in poco meno di un’ora. Il muschio Warnstofia fluitans, scoperto lungo i tor-
renti nel Nord della Svezia, riesce a purificare fino all’80 per cento dell’acqua contaminata dall’arsenico, “attraendolo” in superficie grazie a un processo chiamato adsorbimento. Il suo ambiente naturale sono le rive dei torrenti che scorrono in una regione ricca di miniere e nota per essere contaminata. In Svezia l’uso di composti a base di arsenico era stato bandito nel 2004, ma questa sostanza pericolosa continua a raggiungere i corsi d’acqua a causa delle
AMBIENTE
attività di estrazione mineraria. In alcune zone del Paese, infatti, le rocce sono particolarmente ricche di elementi chimici che contaminano i corsi d’acqua, finendo nella catena alimentare. Grazie al muschio si potrebbe filtrare il semimetallo prima che l’acqua arrivi sulla tavola o venga usata per irrigare i campi. Si sfrutta la capillarità delle briofite, che sono piante prive di tessuti vascolari lignificati: l’assorbimento e il trasporto dell’acqua e dei soluti necessari interessa tutta la superficie della pianta. In alcune specie sono presenti dei cordoni di cellule con funzione conduttrice. Il muschio è solo una delle piante antinquinamento. Ci sono ad esempio i pioppi, che con le radici riescono a degradare i Pcb (policlorobifenili), composti a base di cloro utilizzati da anni nelle apparecchiature elettriche; il vetiver riesce a catturare cromo, rame, piombo e zinco; la canapa può liberare il suolo da piombo, zinco e ferro, così come girasole selvatico e senape indiana sono nemici dei metalli pesanti. L’America dal canto suo risponde alla Svezia grazie alla scoperta dell’enzima “mangia-plastica” che è in grado di digerire la Pet. I ricercatori dell’Università di Portsmouth e del Laboratorio nazionale per l’Energia rinnovabile del Dipartimento per l’energia americano dichiarano guer-
ra all’inquinamento degli oceani grazie enzima che riesce a digerire la plastica a una proteina ottenuta per caso com’e- Pet (Polietilene tereftalato) e durante ra accaduto con il bruco lo studio l’hanno inavvertita“mangia-plastica” scoper- “Anche pioppi e mente modificato, scoprendo to da una ricercatrice itache la versione artificiale era liana, Federica Bertocchi- canapa sono utili molto più efficiente di quella ni, che dopo aver messo esistente in natura. a contrastare i vermi in una busta si è Per studiare la struttul’inquinamento” ra dell’enzima, accorta che la stessa era i ricercatori piena di buchi proprio hanno collaborato con il Diamond Light Source del Regno Unito, un perché gli animali l’avevano mangiata. Anche la scoperta degli scienziati super-microscopio che usa un fascio di americani deriva da un errore: stavano raggi X 10 miliardi di volte più luminoso analizzando la struttura molecolare di un del sole. (F. C.)
La pianta acquatica che “digerisce” il veleno
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a Warnstorfia fluitans è un muschio acquatico appartenente alla famiglia delle Calliergonaceae. Molto diffuso nei paesi del Nord Europa (particolarmente in Svezia), questo tipo di vegetale che può raggiungere anche i 30 centimetri di lunghezza, è balzato all’attenzione delle cronache grazie alle sue capacità, scoperte dai ricercatori dell’Università di Stoccolma, di “digerire” l’arsenico, eliminandolo dalle acque contaminate. Di colore verde con venature tendenti al brunastro e al giallo, la Fluitans è dotata di steli ramificati e irregolari. Le foglie sono strette, di forma ellittica con l’estremità a punta lunga, dritta quasi a forma di falce, non rugose, con i margini delicatamente dentati. La Warnstorfia fluitans è una specie autochetica (antheridia e archegonia sono presenti su diversi rami della stessa pianta). Molto variabile, una forma con foglie a forma di mezzaluna e bordi segati è nota con il nome di “Falcata”.
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SPORT
Lo sport d’estate con la corretta alimentazione di Antonino Palumbo
© Oleksandr Osipov/www.shutterstock.com
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è chi lo fa per la prova costume. Chi per motivi di salute. E chi per non perdere l’abitudine. L’arrivo della bella stagione esalta la voglia di sport degli habitué e risveglia dal torpore chi, in inverno, per pigrizia o per timore del freddo, è rimasto rintanato in casa. Tutti, indistintamente, devono far capo a poche, elementari ma importanti regole sul fronte dell’alimentazione, legate all’idratazione, al carico energetico e ai
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tempi digestivi. Perché praticare sport è importante, ma alimentarsi male rischia di vanificare ogni rinnovato guizzo della volontà e della vitalità. «Ci sono alcune regole base valide per tutti - spiega Gianni Zocchi, biologo nutrizionista, guida di numerosi atleti professionisti - come l’attenzione ai tempi digestivi, combinazioni ideali ed equilibri tra i macronutrienti, l’idratazione e l’attenzione alla barriera antiossidante. Se intercorre poco tempo tra il pasto e
l’attività fisica dovremo stare attenti alle proteine e ai grassi e favorire carboidrati complessi e a volte anche semplici, cercando soprattutto un carico di energia con una colazione leggera, di mattina, oppure una combinazione di carboidrati e proteine all’ora della merenda, se si pratica sport nel tardo pomeriggio». Che sia running, palestra o calcetto, la colazione è trasversale per tutti gli sportivi: tè, pane o fette biscottate con marmellata, un centrifugato di frutta al-
SPORT
Omega 3, gli acidi “buoni”
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li “Omega 3” sono molecole che appartengono al gruppo nutrizionale dei Lipidi. Si tratta, dunque, di acidi grassi e sono considerati “essenziali”, vale a dire indispensabili per il il metabolismo umano con un ruolo chiave nel funzionamento delle cellule, in particolare dei neuroni. Questi acidi “buoni” sono contenuti prevalentemente nel pesce (in particolare salmone e pesce azzurro) ma anche negli oli vegetali contenenti acido alfa-linolenico. Non possono essere sintetizzati dalle cellule umane. In soldoni, non possono essere prodotti dal nostro corpo. Di conseguenza vanno assunti attraverso l’alimentazione oppure con l’integrazione. Una curiosità: il termine “Omega 3” si riferisce alla posizione del primo doppio legame rispetto alla porzione metilica (terminale) della molecola; non è quindi un caso che nella loro nomenclatura rientri la sigla “omega” che, nell’alfabeto greco, rappresenta l’ultima lettera. Negli Omega 3 il primo doppio legame è tra il terzo e il quarto carbonio, sempre a partire dall’estremità metilica.
comune per i runner della domenica o stagionali, di praticare attività fisica a digiuno. Prima dell’attività aerobica potrebbe tornare comodo mangiare almeno una fetta biscottata con marmellata, anche mezz’ora prima di affrettare il passo. E dopo? Chi ha l’obiettivo di aumentare la massa muscolare in due o tre mesi, «presterà molta attenzione alle proteine – illustra Zocchi - senza andare meno un’ora prima di mettersi © Maridav/www.shutterstock.com in moto, latte o yogurt se si può contare di un tempo digestivo più lungo, superiore alle due ore e mezza. Chi invece può dedicarsi all’attività sportiva solo nel tardo pomeriggio o di sera, potrà contare sul provvidenziale panino col prosciutto tre ore prima oppure su un pasto a base di yogurt e cereali. L’importante è non commettere l’errore, piuttosto
oltre quelli che sono i riferimenti previsti dalle varie tabelle. Chi va in palestra e fa pesi, ha necessità di mettere a disposizione dell’organismo una base di amminoacidi. Per questo, dopo l’attività, si concederà un po’ più di carne, pesce, uova e legumi». Chi deve perdere peso, conterrà i carboidrati, scegliendo farine integrali e preferendo alimenti integri in chicco come il farro, il kamut, l’orzo, alla pasta prodotta con farina bianca raffinata. A proposito di pesce, quello azzurro è un must per tutti gli sportivi, per il suo apporto di Omega 3. E per tutti è fondamentale l’attenzione alla barriera ossidante e l’assunzione di alimenti di qualità come frutta e verdura di stagione, a giusta maturazione, anche se fuori dai pasti, oltre a frutta secca e insalate con semi. E non dimenticate di bere, assai: due bicchieri d’acqua nell’ora precedente l’attività sportiva, fra i 600 e gli 800 millilitri durante, a seconda delle esigenze. I colpi di calore non perdonano e possono costare molto caro.
I consigli del nutrizionista Gianni Zocchi per chi vuol fare attività sportiva con la bella stagione
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STORIA E RICERCA © Rost9/www.shutterstock.com
Da Hooke a Virchow la storia delle “piccole camere” Nel 1665, in un pezzetto di sughero osservato al microscopio, la scoperta delle “cellule” di Gabriele Scarpa
“C
osa sono queste cavità? Sono separate da pareti… sembrano le celle di un monastero”. Siamo nel 1665. Il naturalista inglese Robert Hooke (1635-1703) ha appena terminato di analizzare una sottile fettina di sughero: l’attenzione dello scienziato britannico è calamitata dalla presenza, all’interno del midollo di sambuco, di alcune strane “stanzette”. La forma, appunto, sembra richiamare quella delle
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camere di un convento. Le analizza con accuratezza, utilizzando un microscopio di sua invenzione. Lo strumento è dotato di due lenti: la prima, l’obiettivo, fornisce una prima immagine ingrandita, l’altra, l’oculare, la esalta ancor di più. Quanto basta, insomma, per esplorare quegli strani “spazi” chiusi. Hooke, però, è anche un biologo. Nonché fisico, matematico e astronomo. Non si accontenta. E allora estende la sua ricerca pure ad altri tessuti vegetali e
scopre, con sua sorpresa, le stesse identiche “cavità” già avvistate in precedenza nel pezzetto di sughero: “le chiamerò caselle o pori” dice. O forse no, meglio “piccole stanze, cellette” si corregge successivamente. “Cellette”, appunto, dall’inglese “cells”, le nostre “cellule”, un termine destinato ad entrare, ben presto, nel lessico della moderna Biologia, a designare la più piccola struttura classificata come “vivente” in un organismo.
STORIA E RICERCA
Tutte le funzioni vitali che sono alla base di un organismo si svolgono nelle cellule
Le “stanzette” osservate da Hooke (e poi descritte nel suo libro “Micrographia”), avevano, tuttavia, una peculiarità: erano vuote e morte. Il termine “cellula” per come lo intendiamo noi oggi, ha assunto infatti il suo attuale significato soltanto molti anni dopo. Ora, non è certo questa la sede per riepilogare la “storia” della cellula. Come è stata scoperta, come è stata “sezionata” e poi analizzata mano a mano che la scienza è andata avanti. Alcuni dati, però, meritano di essere menzionati, non fosse altro per l’importanza che il primo “avvistamento” dello studioso britannico ha poi avuto, successivamente, nel campo delle scienze. Nel 1805, la “scoperta” di Hooke fu supportata dalle ricerche del naturalista, biologo e filosofo tedesco Lorenz Oken (1779 - 1851) il quale, nel suo saggio “Die Zeugung” (la riproduzione), arrivò a suggerire che tutti gli organismi fossero formati da unità biologiche elementari. Si era in qualche modo vicini all’affermazione della “cellula” intesa come entità biologica indipendente e a sé stante. Nel 1831, il botanico scozzese Robert Brown (1773 – 1858), analizzando un campione vegetale, andò ancora più in profondità descrivendo il primo “organulo”. Era l’antesignano del nucleo, il “cuore” delle cellule, l’anima stessa, se vogliamo, del più piccolo microrganismo vivente. Lo studioso britannico, tuttavia, ipotizzò che tale nucleo fosse presente solo nelle cellule delle “Monocotiledoni”, un gruppo di piante appartenente alla divisione delle Magnoliophyta (o angiosperme). Ovviamente si sbagliava. Ma non poteva saperlo. Pochi anni dopo, infatti (correva il 1838), il botanico tedesco Matthias J. Schleiden (1804-1881), giunse alla conclusione che tutti i tessuti vegetali fossero co-
Robert Hooke.
Rudolf Virchow.
stituiti da insiemi “organizzati” di cellule. A distanza di qualche mese, lo zoologo Theodor Schwann (1810-1882), anche lui tedesco, arrivò a dargli man forte estendendo le osservazioni di Schleiden anche ai frammenti animali, fino a notare in essi la presenza di nuclei circondati da una sostanza gelatinosa, a sua volta racchiusa in una sottile pellicola: era la conferma che tutti gli organismi viventi e non solo, dunque le piante, fossero costituiti da queste singole “unità” di base. Schleiden e Schwann furono dunque i primi a gettare le basi di quella che poi è passata alla storia come “teoria cellulare”, un assunto in base al quale la cellula è l’unità di base della materia vivente. In soldoni: gli organismi sono composti da (una o più) cellule. Vent’anni più tardi tale “idea” assunse un significato ancora più ampio e specifico. Accadde quando l’anatomopatologo (e antropologo) tedesco Rudolf Virchow (1821-1902) affermò che le cellule possono essere originate solo da altre cellu-
le preesistenti. “Omnis cellula ex cellula” spiegò lo studioso. In sostanza ogni cellula deriva da un’altra cellula, proprio come un animale nasce solo da un animale e una pianta si origina da un’altra pianta. Secondo tale teoria, tutte le funzioni vitali che sono alla base di un organismo, si svolgono all’interno delle cellule, dove le informazioni genetiche necessarie per regolarne le funzioni sono custodite e poi trasmesse alla generazione successiva. Era la nascita della patologia cellulare che mosse i primi passi proprio dagli studi di Virchow. Da allora la ricerca sulle “stanzette” di Hooke non si è più fermata. Lo sviluppo delle moderne tecnologie ha consentito agli scienziati di esplorare ancora più minuziosamente queste “microstrutture”, entità chiuse e autosufficienti, sondandone gli spazi nascosti ed entrando nell’infinitamente piccolo. Un mondo che allora, come oggi, non ha mai smesso di regalare emozioni. Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 43
SCIENZE
Le malattie mitocondriali Possono essere causate sia da alterazioni presenti nel Dna, sia da mutazioni di geni contenuti nel nucleo della cellula Diagnosi basata su processo integrato e multidisciplinare di Alessandra Ferramosca e Vincenzo Zara* Introduzione
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Cervello:
Occhi:
Ritardo, demenza, epilessia, ischemia Calo della vista, cecità, alterazioni oculo-motorie e malattie mitocondriali, Udito: conosciute anche come Ipoacusia, sordità mitocondriopatie, sono un gruppo eterogeneo di Cuore: patologie ereditarie che, pur preCardiomiopatia Muscolo: sentando una notevole variabilità Debolezza, ipotonia, incoordinazione motoria clinica relativamente all’età di inFegato: sorgenza, il tipo di evoluzione ed Ipoglicemia, insufficienza epatica Tratto digestivo: i tessuti coinvolti, sono caratterizReflusso, vomito, diarrea, ostruzioni intestinali zate dalla presenza di alterazioni nel funzionamento dei mitocondri (Shapira, 2006; Zeviani e CarelReni: Nefropatia tubolare (CC0) Toa Heftiba/www.unsplash.com li, 2007; Di Donato 2009). Poiché e perdita di metaboliti essenziali nelle urine Pancreas: questi organelli sono presenti in Diabete tutti i tessuti, le malattie mitocondriali possono interessare qualsiasi organo dell’organismo (Figura 1). L’alterato funzionamento dei mitocondri determina, nei tessuti interessati, la comparsa di un defi- Fig. 1. Manifestazioni cliniche associate a malattie mitocondriali. cit energetico, in quanto questi organelli sono responsabili della sintesi di ATP mediante il processo zioni presenti sul DNA mitocondriale, sia da mutazioni di geni della fosforilazione ossidativa (OXPHOS). Ad essere maggiorcontenuti nel nucleo della cellula e codificanti per proteine che mente colpiti sono quindi i tessuti che presentano una maggiore partecipano ai processi di produzione di energia (Lightowlers et richiesta energetica, come il muscolo ed il cervello. Per questo al., 2015). Il DNA mitocondriale viene ereditato per via materna motivo, le malattie mitocondriali sono spesso definite “encefaloattraverso il citoplasma della cellula uovo, ma molti dei difetti miopatie”. I mitocondri sono organelli dotati di un proprio DNA, il DNA mitocondriale (mtDNA) e, pertanto, sono sotto il controllo di due *Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche genomi, quello mitocondriale e quello nucleare. Ciò significa che ed Ambientali, Università del Salento, Lecce. le malattie mitocondriali possono essere causate sia da altera-
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SCIENZE ereditari appartengono al genoma nucleare, poiché la gran parte delle proteine mitocondriali è importata dal citosol. Infatti, il DNA mitocondriale umano contiene 37 geni, 13 dei quali codificano per proteine appartenenti ai complessi della catena respiratoria e al complesso dell’ATP-sintasi. La maggior parte delle proteine mitocondriali (almeno un migliaio di proteine differenti) è invece codificata dal DNA nucleare, sintetizzata dai ribosomi citoplasmatici e poi importata nei mitocondri. Classificazione delle malattie mitocondriali
Prodotti proteici
Difetti
Manifestazione clinica
Componenti strutturali della catena respiratoria
Complesso I NDUFS1 NDUFS4 NDUFS7 NDUFS8 NDUFS2 NDUFV1 NDUFV2
Sindrome di Leigh Sindrome di Leigh Sindrome di Leigh Sindrome di Leigh Cardiomiopatia, encefalopatia Sindrome di Leigh, epilessia mioclonica Cardiomiopatia ipertrofica, encefalopatia
Complesso II SDHA SDHB SDHC SDHD
Cardiomiopatia ipertrofica e dilatativa Sindrome di Leigh Atassia, paraganglioma, feocromocitoma Cardiomiopatia ipertrofica e dilatativa
Fattori che controllano OXPHOS e metabolismo del mtDNA
SURF1 SCO1 SCO2 COX10 COX15 BCS1
Sindrome di Leigh Encefalopatia infantile Cardiomiopatia infantile Encefalopatia infantile Cardiomiopatia Ipertrofica Fetale Sindrome di Leigh, di Björnstad, tubulopatia prossimale, acidosi metabolica e coinvolgimento epatico e neurologico Oftalmoplegia esterna progressiva dominante Sindrome da deplezione di mtDNA, forma miopatica Oftalmoplegia esterna progressiva dominante Oftalmoplegia esterna progressiva dominante Encefalomiopatia mitocondriale neuro-gastro-intestinale
ANT1 Usando una base genetica, le dGK e TK2 patologie mitocondriali possono Elicasi Twinkle DNA polimerasi γ essere distinte in due categorie: TP malattie causate da mutazioni nel genoma mitocondriale e malattie causate da mutazioni in Paraplegia spastica Paraplegina geni nucleari che codificano per Proteine indirettamente Atassia di Friedreich Fratassina correlate ad OXPHOS proteine residenti nel mitoconSindrome di Mohr-Tranebjaerg DDP1 drio. Solitamente, mutazioni del DNA mitocondriale causano sin- Tab. 1. Malattie causate da mutazioni del DNA nucleare. dromi multi-sistemiche, estremamente eterogenee e trasmesse per via materna. Tali mutazioni I prodotti proteici codificati da questi geni possono essere ragpossono interessare tutte le copie del DNA mitocondriale pregruppati in tre categorie: componenti strutturali della catena resenti nell’individuo (omoplasmia) o solo alcune copie (eteroplaspiratoria, proteine che controllano la OXPHOS o il metabolismo smia). In quest’ultimo caso, le manifestazioni cliniche iniziano a del DNA mitocondriale, proteine indirettamente correlate alla diventare evidenti quando il numero di molecole di DNA mutate OXPHOS (Tabella 1). supera una certa soglia. I difetti nei componenti strutturali della catena respiratoria Le alterazioni dei geni mitocondriali sono dovute a riarransono caratterizzati da mutazioni che si manifestano solitamente giamenti (delezioni o duplicazioni) e mutazioni puntiformi o innel periodo neonatale o nella prima infanzia. Abbastanza frequenserzioni. Le patologie che ne derivano, caratterizzate da un tipo te risulta essere il deficit del complesso I (NADH deidrogenasi) di eredità matrilineare (per via materna), causano la comparsa (Triepels et al., 2001; Petruzzella e Papa, 2002), sebbene anche di quadri clinici ormai piuttosto ben definiti: la neuropatia ottica il complesso II può essere sede di mutazioni (Rustin et al., 2002). ereditaria di Leber (LHON), la sindrome caratterizzata da neuLa malattia più nota e frequente nell’ambito del gruppo dei disorropatia, atassia e retinite pigmentosa (NARP), l’encefalomiopadini nucleari che riguardano i componenti strutturali della catena tia mitocondriale con acidosi lattica ed episodi ictus-simili (MErespiratoria è la sindrome di Leigh, una malattia neurodegeneraLAS), l’epilessia mioclonica associata con fibre rosse sfilacciate tiva progressiva ad insorgenza precoce con una neuropatologia (MERRF), la sindrome di Kearns-Sayre (KSS) e la sindrome di caratterizzata da degenerazione del sistema nervoso centrale. Pearson. La seconda categoria di difetti, quella relativa ai fattori che Sebbene la maggior parte delle proteine mitocondriali, tra cui controllano il corretto funzionamento della OXPHOS e il metaanche quelle costituenti i complessi implicati nel processo della bolismo del DNA mitocondriale, è per lo più associata a deficit di OXPHOS, sia codificata dal DNA nucleare, il numero di sindromi proteine coinvolte nella biogenesi, nell’assemblaggio e nella stacausate da mutazioni in geni nucleari associati alla catena respibilità dei complessi respiratori. ratoria è relativamente piccolo rispetto al numero elevato di sinNumerose alterazioni sono state identificate nei geni nucledromi causate da mutazioni nel DNA mitocondriale. ari che codificano per proteine coinvolte nell’assemblaggio e nel Tuttavia, sempre più numerose sono le malattie degenerative mantenimento della stabilità del complesso IV (citocromo c osereditarie, soprattutto di tipo neurologico, che risultano essere sidasi, COX). Mutazioni nel “gene assemblatore” SURF-1 sono la associate a mutazioni in geni nucleari codificanti per proteine causa più frequente di sindrome di Leigh (Tiranti et al., 1998; mitocondriali, più o meno direttamente correlate alla OXPHOS. Shoubridge, 2001), mentre fenotipi clinici profondamente diver-
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SCIENZE si (encefalopatia e cardiomiopatia) sono stati riscontrati in presenza di mutazioni nei geni SCO1 e SCO2, che codificano per proteine probabilmente coinvolte nell’incorporazione degli atomi di rame nel sito catalitico durante la biogenesi del complesso IV (Sacconi et al., 2003; Shoubridge, 2001). Altre proteine implicate nell’assemblaggio e nella stabilità dei complessi respiratori sono quelle codificate da COX10 e COX15 e coinvolte nella sintesi del gruppo eme A (Shoubridge, 2001); il gene BCS1L, codifica invece per una proteina chaperone della membrana mitocondriale interna coinvolta nell’assemblaggio del complesso III (Visapää et al., 2002; De Meirleir et al., 2003; Fernandez-Vizarra et al., 2007). Tra le proteine la cui funzione è strettamente associata ad un corretto funzionamento della OXPHOS c’è il carrier ADP/ATP, una proteina di trasporto localizzata nella membrana mitocondriale interna, la cui funzione è quella di collegare il citosol e i mitocondri catalizzando il passaggio di ADP ed ATP attraverso la membrana interna degli organelli. Tra le sindromi dovute a difetti nei carrier mitocondriali di metaboliti compare quella legata ad alterazioni nel gene ANT1, che codifica per la forma muscolo-cardiaca del traslocatore ADP/ATP, implicata anche nel mantenimento della stabilità del DNA mitocondriale (Hirano et al., 2001). Altri difetti noti sono quelli a carico di proteine essenziali per il mantenimento, la stabilità e la replicazione del DNA mitocondriale, come DNA polimerasi, endonucleasi, fattori di trascrizione e di riparazione, fattori per la fosforilazione e per il mantenimento del pool dei nucleotidi. Tra queste, compaiono dGK (deossiguanosina chinasi) e TK2 (timidina chinasi) (Hirano et al., 2001), l’elicasi mitocondriale Twinkle (Hirano et al., 2001), la DNA polimerasi gamma (Schulte et al., 2009) e la timidina fosforilasi (TP) (Spinazzola et al., 2002). L’effetto finale è l’alterazione dei meccanismi replicativi, la formazione di delezioni multiple o la deplezione del DNA mitocondriale. Proteine indirettamente correlata al corretto funzionamento della OXPHOS sono infine la paraplegina, una metalloproteasi mitocondriale con attività sia proteolitica che chaperone-like, localizzata a livello della membrana mitocondriale interna (Rugarli e Langer, 2006), e la fratassina, implicata nella omeostasi del ferro necessario per la sintesi dei centri ferro-zolfo (Pandolfo e Pastore, 2009). Rare sono infine le malattie mitocondriali causate da difetti nel macchinario mitocondriale dell’import, come la sindrome di Mohr-Tranebjaerg, caratterizzata da sordità, ritardo mentale, cecità e distonia, causata da mutazioni nella proteina chaperone denominata DDP1 (Kim et al., 2007) e omologa a Tim8 di lievito, una delle piccole proteine Tim localizzate Mitocondri in 3D. nello spazio intermembrana.
Diagnosi Il sospetto di malattia mitocondriale viene avanzato in pazienti che presentino sintomi a livello di vari organi, spesso non correlati tra di loro, con prevalente compromissione neuromuscolare. La diagnosi di malattia mitocondriale si basa su un processo integrato e multidisciplinare, articolato in tappe successive, a cui contribuiscono la valutazione clinico-anamnestica e indagini metaboliche, biochimiche e genetico-molecolari piuttosto complesse. Lo screening metabolico si avvale di esami su sangue o urina del paziente, che possono orientare lo specialista nella diagnosi. Ad esempio, la valutazione del rapporto tra lattato e piruvato nel siero può essere molto utile nel determinare a quale livello della via metabolica è presente il difetto genetico, così come una aciduria generalizzata può indicare la presenza di una malattia mitocondriale. Talvolta può risultare utile ripetere gli esami in particolari situazioni caratterizzate da una condizione di stress energetico, come una crisi metabolica spontanea, digiuno prolungato o carichi dietetici. Spesso è necessario eseguire una biopsia muscolare; la biopsia del muscolo cardiaco, essendo un esame abbastanza invasivo, viene eseguita solo in pazienti con un rapido decorso della patologia. La biopsia muscolare consente di effettuare indagini istologiche in microscopia, al fine di rivelare una quota di fibre “rosse sfilacciate” tipiche di molte miopatie mitocondriali. Permette, inoltre, di eseguire indagini istochimiche per valutare la presenza di alcuni enzimi mitocondriali, indagini biochimiche e molecolari per misurare l’attività di specifici enzimi mitocondriali e indagini genetiche sia sul DNA nucleare che mitocondriale. La funzionalità mitocondriale può essere anche valutata utilizzando strumenti di nuova generazione, come il Seahorse, che consentono di determinare contemporaneamente l’efficienza della glicolisi e della respirazione mitocondriale.
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SCIENZE Terapia Non esistono terapie risolutive per il trattamento delle malattie mitocondriali. Allo stato attuale, esse consentono solo di migliorare i sintomi, riducendo l’intolleranza allo sforzo e l’affaticamento, e di rallentare la progressione della patologia. In genere il trattamento deve essere poi personalizzato dal medico sulla base delle caratteristiche e dei bisogni del paziente e l’efficacia della terapia dipende dal quadro clinico del soggetto e dalla sua gravità. La difficoltà di valutare l’efficacia degli interventi è pertanto conseguenza della variabilità clinica di ciascuna patologia, oltre che della rarità di ciascuna sindrome presa singolarmente. Gli specialisti che seguono il paziente possono anche raccomandare di seguire diete particolari, oltre che di svolgere esercizi fisici. La fisioterapia, infatti, valutata sempre sui singoli individui, può essere un valido supporto, dal momento che i dolori muscolari e la debolezza sono uno dei sintomi più invalidanti nell’adulto. Stili di vita errati, come fumo e assunzione di alcol, sono invece da evitare, poiché favoriscono la progressione di alcune patologie. Spesso, è anche consigliata la somministrazione di vitamine e cofattori; si tratta di molecole in grado di attenuare gli effetti dovuti all’azione dei ROS (specie reattive dell’ossigeno) e di stimolare la OXPHOS. Una delle molecole più adoperate è il Coenzima Q, un trasportatore mobile di elettroni tra i complessi della catena respiratoria, dotato di una potente azione antiossidante. Sebbene la somministrazione di Coenzima Q in soggetti con neuropatie periferiche abbia mostrato risultati incoraggianti, il ruolo esercitato da questa molecola sul miglioramento della respirazione muscolare in vivo in soggetti affetti da patologie mitocondriali è ancora controverso (Di Mauro e Mancuso, 2007). Incoraggianti sono anche i risultati derivanti da studi condotti in pazienti con encefalomiopatie mitocondriali in cui sono stati utilizzati vari cocktail di metaboliti e cofattori, in grado di stimolare enzimi scarsamente funzionanti nei processi di produzione di energia, fornire substrati energetici alternativi o consentire un bypass a livello di alcuni blocchi biochimici della catena respiratoria. Tuttavia, rimane pur sempre difficile predire il successo di una determinata terapia, a causa della estrema variabilità delle alterazioni molecolari presenti nelle malattie mitocondriali, soprattutto quando il quadro clinico implica alterazioni a livello di vari tessuti ed organi. Attualmente, la strategia più promettente nella terapia di patologie legate a mutazioni nel DNA mitocondriale sembra essere il “gene shifting”, che consiste nella riduzione della quantità di DNA mutato, a vantaggio di quella del DNA normale. Sono però ancora necessari studi approfonditi, prima che i pazienti con mitocondriopatie possano beneficiare di questo approccio terapeutico.
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SCIENZE
La qualità analitica nel laboratorio clinico Negli ultimi anni, grazie a vari fattori, le procedure di controllo statistico hanno consentito il monitoraggio dell’errore casuale e sistematico
Mario Plebani*
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elle ultime decadi, grazie a vari fattori, il laboratorio clinico ha migliorato in modo significativo la qualità analitica. In particolare, le procedure di controllo statistico della qualità hanno permesso il controllo dell’errore casuale e sistematico. Tuttavia, il monitoraggio statistico si applica su un campione che è rappresentativo dell’insieme ma non individua errori individuali e definiti “irregolari” proprio perché non controllabili con le regole statistiche. L’errore irregolare è dovuto a varie problematiche riconducibili essenzialmente a interferenze, particolarità della matrice o anomalie che interessano il singolo campione biologico. Attualmente l’errore analitico “irregolare” è frutto di descrizioni anedottiche, ma non se ne conosce la frequenza, né viene adeguatamente documentato e monitorato. In questo lavoro viene fornita una definizione dell’”errore analitico irregolare”, ne vengono identificate le principali cause e viene proposta l’adozione di uno specifico indicatore di qualità che ne documenti e monitori frequenza e pericolosità.
Introduzione Nelle ultime decadi è stata raccolta una notevole mole di dati a dimostrare che le fasi extra-analitiche (pre e post analitica) sono più vulnerabili al rischio di errore rispetto alla fase intra-analitica. * Dipartimento Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera, Università di Padova
In effetti, la qualità analitica è migliorata in modo impressionante ed i lavori della letteratura dimostrano che negli ultimi 50 anni la percentuale di errori analitici è diminuita di un fattore superiore alle 100 volte (1). I motivi di questo successo sono numerosi: introduzione e sviluppo dell’automazione, miglioramento delle strumentazioni, ottimizzazione e standardizzazione dei metodi, miglior formazione del personale. Certamente, però, grande merito va attribuito alla definizione di procedure di controllo statistico ed assicurazione della qualità (1). All’inizio del 1950, Levey e Jennings introdussero nei laboratori clinici i principi del controllo statistico della qualità, e le carte di controllo per monitorare giornalmente la qualità delle determinazioni effettuate. Nacque così il controllo interno di qualità (CIQ) che, con la disponibilità di computers e software per la gestione dei programmi, si è evoluto grazie all’utilizzo di regole rigorose, conosciute con il nome di uno dei massimi esperti, Westgard (2). Il CIQ è perciò uno strumento essenziale per controllare l’errore sistematico e, in parte, l’errore casuale (random). Nel 1947, Belk e Sunderman aprirono la via ad una metodologia capace di completare e di integrare il CIQ, ossia la valutazione esterna di qualità (VEQ), basata sul confronto dei risultati ottenuti da vari laboratori su campioni a concentrazione ignota, e capace quindi di valutare il grado di inesattezza (bias) del singolo laboratorio in rapporto al valore “vero” o alla media di consenso. Benché vi sia un continuo miglioramento e raffinamento delle metodologie utilizzate per il controllo statistico della qualità, con introduzione di regole sempre più rigorose, definizione della serie analitica per stabilire le tempistiche della ripetizione dei materiali di controllo e nuove applicazioni informatiche, il controllo Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
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SCIENZE statistico della qualità si applica su un campione, pur se rappresentativo, delle analisi eseguite da un laboratorio clinico e non può certamente assicurare la qualità di ogni singolo campione biologico esaminato. Un lavoro recentemente pubblicato da parte di Vogeser e Seger riapre il dibattito sulla qualità analitica e sulla necessità di una tipologia di controllo della qualità orientata al singolo paziente che integri le procedure del controllo statistico di qualità (CSQ) (3).
Il concetto di errore analitico individuale “irregolare” Nel loro lavoro, gli autori introducono il concetto di una nuova tipologia di errore “l’errore analitico irregolare”, ossia un risultato che non rientra nell’intervallo di incertezza di misura e quindi è superiore “all’errore analitico tollerabile” rispetto al valore atteso in una procedura di determinazione di riferimento (RMP). In buona sostanza, si tratta di un risultato analitico che è superiore all’incertezza di misura stimata sulla base dell’imprecisione e dell’inesattezza metodologica del metodo di misura. Questa tipologia di errore non è rilevabile dalle procedure di controllo statistico della qualità perché è legata a problemi del singolo campione biologico di uno specifico paziente. La Tabella 1 riassume le principali cause di errori irregolari in rapporto alla
natura del problema e alla tipologia dei metodi interessati. Come si può osservare, anche in base ai dati della letteratura, i problemi più frequenti sono le interferenze che affliggono gli immunodosaggi con errori dovuti alla presenza di anticorpi anti-reagente, anti-misurando e altre problematiche dovute alla matrice del campione. Tuttavia, anche metodi più raffinati come la cromatografia liquida-spettrometria di massa (LC-MS) non sono esenti da errori “irregolari”, anche se di diversa natura.
Standardizzazione e commutabilità Il problema di fondo che il lavoro di Vogeser e Seger mette in luce è che nel laboratorio clinico i concetti di standardizzazione analitica e commutabilità sono “relativi”. In particolare, la commutabilità, ossia la necessità di utilizzare calibratori e materiali di controllo con caratteristiche sovrapponibili a quelle dei campioni biologici dei pazienti, è un requisito fondamentale per assicurare l’affidabilità dei risultati. Tuttavia, la commutabilità può essere ottenuta considerando la maggior parte dei campioni biologici, ma non è assicurata in alcuni gruppi di pazienti (ad esempio nei pazienti con malattia renale avanzata esistono significative differenze nella matrice proteica e non-proteica rispetto ai soggetti di riferimento) e in alcuni singoli casi (ad esempio nei casi di presenza di anticorpi eterofili o anti-rutenio). Purtroppo, sono queste situazioni che portano ad errori analitici che si traducono in errori diagnostici e terapeutici, come riportato nella letteratura.
Dall’anedottica alla documentazione
Tab. 1. Principali cause di errore irregolare, tipologia dei metodi ed esemplificazioni. Abbreviazioni. P = preparazione del campione; A = analisi del campione; I = Interpretazione dei risultati; Tipologia dei metodi. ALL = tutti; MAN = manuali; IA = immunodosaggi; MS = Spettrometria di massa; LC = Cromatografia liquida; EN= Enzimatici.
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L’importanza del lavoro si Vogeser e Seger va vista non nella scoperta di una tipologia di errore già conosciuto dagli esperti del settore, ma nella proposta di passare dall’anedottica alla documentazione della sua frequenza e, conseguentemente, all’identificazione di appropriate azioni correttive. Infatti, questa tipologia di errore è descritta nella letteratura e rappresenta una delle maggiori fonti di errori di laboratorio con ricadute negative sulla diagnosi e cura del paziente. Finora, si è ritenuto che questi casi di errore analitico “irregolare” siano infrequenti, di scarso rilievo nell’ottica delle problematiche generali della qualità del laboratorio clinico e, pertanto , non degne di particolare interesse.
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Viceversa, se vogliamo superare e integrare le metodologie del controllo statistico per passare ad un controllo orientato al singolo paziente ed alla qualità del singolo campione biologico, l’errore analitico irregolare deve essere inserito fra gli indicatori di qualità da documentare e monitorare (4, 5). Solo in questo modo sarà possibile identificare la sua frequenza, l’associazione con particolari tipologie di metodi e sistemi diagnostici, e la reale pericolosità per la sicurezza dei pazienti.
Identificare per rimediare L’errore analitico irregolare, almeno per ora, non può essere totalmente eliminato per le ragioni esposte in precedenza e per l’impossibilità di rilevare prima che inizi la fase analitica possibili cause di interferenza e particolari tipologie di matrice. La reale possibilità per minimizzare la pericolosità di questa tipologia di errore è migliorare la cultura sia del personale di laboratorio che dei clinici sul l’esistenza di questi errori, specialmente quelli dovuti a problemi di interferenza. E ancora di più, è necessario ribadire che solamente l’interpretazione dei risultati di laboratorio nel contesto clinico e dsingolo paziente è in grado di mettere in evidenza questa tipologia di errore e far scattare appropriate misure correttive. La segnalazione da parte dei clinici di risultati “inattesi e clinicamente improbabili” può far scattare, di volta in volta, la ricerca di anticorpi eterofili, di interferenze da elevati livelli di biotina, o immunocomplessi. Una volta segnalato il problema, infatti, il professionista di laboratorio sulla base della tipologia del metodo in uso può e deve implementare delle procedure (ad esempio, eliminare gli anticorpi eterofili, utilizzare metodi alternativi con diverso sistema di rilevazione del segnale, etc) che non solo eliminano l’errore, ma portano a riconoscerne le cause. Nella struttura nella quale opero, ad esempio, abbiamo documentato e classificato una serie di pazienti con presenza di anti-
corpi eterofili ed in questi casi, quando vengono richiesti nuovi esami, questo avviene dopo aver rimossi questi interferenti o utilizzando metodi alternativi che non risentono dello stesso tipo di interferenza. Tutto questo, mette in luce l’esigenza di ripensare al laboratorio come pura “fabbrica di risultati standardizzati” e riconoscere l’esigenza che solo l’appropriata richiesta e interpretazione dei risultati può qualificare gli sforzi che ogni giorno vengono fatti per migliorare la qualità analitica. Senza appropriatezza pre- e post-analitica, il continuo affinamento della qualità analitica diviene spreco di risorse intellettuali ed economiche.
Bibliografia 1) Plebani M. Quality in laboratory medicine: 50 years on. Clin Biochem 2017; 50: 1012-4. 2) Vogeser M, Seger C. Irregular analytical errors in diagnostic testing – a novel concept Clin Chem Lab Med (in press) 3) Westgard JO. Perspectives on quality control, risk management, and analytical quality management. Clin Lab Med 2013; 33: 1-14. 4) Plebani M, Astion ML, Barth JH, Chen W, de Oliveira Galoro CA, Escuer MI, et al. Harmonization of quality indicators in laboratory medicine. A preliminary consensus. Clin Chem Lab Med. 2014;52:951-958. 5) Sciacovelli L, Lippi G, Sumarac Z, West J, Garcia Del Pino Castro I, Furtado Viera C et al. Working Group “Laboratory Errors and Patient Safety” of the?? International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (IFCC). Quality Indicators in Laboratory Medicine: the status of the progress of IFCC Working Group "Laboratory Errors and Patient Safety" project. Clin Chem Lab Med. 2017;55:348-357.
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Biotecnologie e sviluppo sostenibile Il riciclo dei materiali può generare, da quelli che erroneamente chiamiamo rifiuti, prodotti ad altissimo valore aggiunto di Stefano Dumontet*
getiche. Far fronte a questi cambiamenti richiede grande capacità di innovazione tecnologica e organizzativa. Da un lato è necessario puntare su processi produttivi di elevata qualità ed elevato valore aggiunto, da un altro è sempre più evidente la necessità di valorizzare le risorse locali, la vocazione produttiva di un dato territorio e infine la risorsa umana, intendendo con ciò formazione, creatività e innovazione. Sempre più il baricentro delle attività produttive e del benessere sociale si sposta dalla tradizionale concezione “lineare” (elevato consumo di materie prime per unità di prodotto e generazione di rifiuti inutilizzati) verso una concezione “circolare”, dove ogni ciclo si chiude utilizzando i rifiuti di un processo come materia prima per altre catene produttive. In quest’ultima ottica, il know-how scientifico e tecnologico e la capacità di innovazione assumono un ruolo sempre più rilevante. Le biotecnologie possono giocare un ruolo capitale in questo senso. Bisogna, comunque, sottolineare che il termine “biotecnologia” va assumendo un significato sempre più connotato verso le tecnologie del DNA ricombinante, trascurando e oscurando un retroterra culturale e tecnologico di enorme valore. Tale retroterra si avvale di competenze biotecnologiche che permettono di rendere più sostenibili le nostre scelte economiche e produttive. Mi riferisco, per esempio, a tutte quelle tecnologie di carattere biologico che per* Università degli Studi di Napoli “Parthenope”.
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mettono di ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti diminuendo, nel contempo, la dissipazione di materie prime. Il riciclo dei materiali non si limita solo ad ottenere oggetti di uso comune dalle bottiglie di plastica, come oggi è ampiamente propagandato, ma è in grado di estrarre prodotti ad altissimo valore aggiunto da quelli che erroneamente chiamiamo rifiuti. Fertilizzanti, cellulosa, additivi alimentari, colle, inchiostri, prodotti di chimica fine e prodotti chimici di base sono solo alcuni dei prodotti che possono essere ricavati dagli scarti grazie alle potenzialità delle tecniche biotecnologiche.
(CC0) Markus Spiske/www.unsplash.com
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e dinamiche dell’economia mondiale sono profondamente cambiate negli ultimi anni sotto la spinta congiunta della pressione demografica, dei processi di globalizzazione e della competizione per l’accesso alle risorse materiali ed ener-
SCIENZE In quest’ottica, le discipline scientifiche tradizionali a cui il biologo è introdotto nelle nostre Università (biologia, chimica, fisica, matematica, ecologia, microbiologia, informatica) e quelle più specifiche della professione (chimica degli alimenti; tecnologie delle preparazioni industriali, animali e vegetali; chimica delle fermentazioni; biologia molecolare etc.) dovrebbero essere integrate in una cultura di sviluppo territoriale (creazione di nuove opportunità produttive e occupazionali) e di salvaguardia ambientale (rispetto dei vincoli naturali e delle norme internazionali (CC0) zbynek-burival/www.unsplash.com di tutela dell’ambiente). Il “nuovo” biotecnologo, che in- Pale eoliche. terpreta la sua disciplina nel senso delle scelte sostenibili, opera per la massima valorizzazione delle riuna radicale capacità di ripensare e riprogettare le nostre filiere di sorse, con particolare attenzione a quelle di origine rinnovabile, imiproduzione e trasformazione. Non più catene lineari con un solo tando i cicli naturali, in cui ogni cosa ha un suo possibile utilizzo e il prodotto e tanti rifiuti, rese possibili fino ad ora dalla disponibilità concetto stesso di rifiuto perde di significato. di materie prime ed energia a basso costo, ma sistemi produttivi In tale atteggiamento produttivo il rapporto con l’ambiente lointegrati (i cosiddetti sistemi a emissioni zero), in cui i processi cale (territorio, operatori locali) assume una particolare rilevanza, scambiano tra loro le risorse eccedenti o di scarto, così da minimizriducendo la dipendenza da fonti energetiche e di materiali esterne, zare i costi economici e ambientali, ottimizzando la resa in termini mettendo in evidenza le potenzialità produttive di un territorio, ridi prodotto e guadagno. spettandone le dinamiche ambientali, facendo emergere simbiosi e Benefici per il consumatore sinergie. Di questa figura professionale da tempo si sente l’esigenza a livello territoriale. Ed è proprio il suo radicamento nel territorio, Esiste una pressante domanda di prodotti eco-compatibili da la formazione multidisciplinare, e la crescente domanda dei consuparte dei consumatori. Con tale neologismo vengono individuati matori per una maggiore qualità dei prodotti e dell’ambiente, che quei materiali e beni di consumo la cui produzione avviene nel riaprono serie e concrete prospettive occupazionali. spetto dell’ambiente, il cui smaltimento non va a pesare sui già miIn particolare, la sopravvivenza economica dell’industria agro-anacciati equilibri ecologici e il cui uso non genera danno alla salute limentare meridionale, rispetto al mercato globale europeo e interdel consumatore. Per rispondere a questa richiesta di mercato è nazionale, si baserà sempre di più sulla disponibilità di specialisti in necessario possedere competenze multidisciplinari che permettagrado di innestare tecnologie innovative su una cultura industriale no di coniugare consumo e tutela ambientale. che fatica a tenere il passo con la concorrenza internazionale. Si tratIl biotecnologo così connotato è attento alle opportunità offerta di valorizzare la capacità di innovazione tecnologica e l’originalità te dalla valorizzazione delle biomasse, dei residui delle lavorazioni del prodotto, anche per rispondere alle sfide imposte dalla globalizagricole e industriali, dalla trasformazione dei rifiuti, dall’aumento zazione dei mercati. Tento qui di seguito di elencare alcune buone dell’efficienza energetica dei processi, ai fini del risparmio enerragioni, che si leggono in termini di benefici, che rafforzano il punto getico e della generazione di energia rinnovabile. Ciò contribuisce di vista delle biotecnologie sostenibili. all’ottimizzazione del bilancio energetico ed economico di una azienda e al rispetto degli accordi internazionali per la riduzione Benefici per l’economia locale delle emissioni capaci di alterare il clima, nel rispetto del protocollo di Kyoto. Una notevole parte della economia italiana è basata sulla proCome si vede, l’ambito di applicazione delle tecnologie biologiduzione e trasformazione di prodotti agricoli di elevata qualità. Le che, nel senso di una gestione più razionale delle filiere produttive biotecnologie possono fornire le competenze per valorizzare tale e dei prodotti secondari da queste generate, di una più razionale catena produttiva, garantendo la salubrità dei prodotti, i loro valori gestione energetica, della possibilità di ottenere materiali di largo nutrizionali, la loro tipicità, nel rispetto dell’ambiente, grazie a cicli consumo da fonti diverse dal petrolio eccede di gran lunga il solo di lavorazione e tecnologie innovative e alla realizzazione di “filiere ambito della biologia molecolare e delle tecniche del DNA ricomcorte” ad alto valore aggiunto. binante. A mio avviso è necessario un sforzo di carattere culturale che Benefici per l’ambiente permetta alle biotecnologie di “emergere” con più chiarezza, soprattutto nei confronti del grande pubblico, in funzione del grande La tutela dell’ambiente non passa più attraverso piccoli aggiuvalore sociale ed ambientale che queste possono esprimere. stamenti di processi già ampiamente noti e sfruttati, bensì attraverso Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018 53
TERRA DEI FUOCHI la linea di partenza
Cancro, sopravvivenza, qualità di vita, guarigione: attualità tra oncologia medica istituzionale e medicina integrata PROGRAMMA Ore 8:30
Registrazione dei partecipanti Welcome coffee Ore 9:30
Sen. Dr. Vincenzo D’Anna Presidente dell'Ordine dei Biologi
Il Fenomeno “Terra dei Fuochi”. Benvenuto delle Autorità Ore 10:00
Ore 13:00 - Pausa pranzo Ore 14:30
Dr. Massimiliano Berretta
Alimentazione, cancro e Medicina Complementare ed Alternativa (CAM), quale nesso clinico? Ore 15:00
Prof. Paola Rossi
Collegamento tra la mortalità del Cancro e le anomalie congenite con l’esposizione dei rifiuti in Campania
B-glucans from Grifola frondosa and Ganoderma lucidum in Breast Cancer: an example of Complementary and Integrative Medicine
Ore 10:30
Ore 15:30
Exposure to environmental contamination hair trace metals analysis
Interactions between environment and toxic metals in cardiovascular diseases
Prof. Giulio Tarro
Prof.ssa Stefania Papa
Prof. Dr. Gervasio A. Lamas
Ore 11:00
Ore 16:00
Effetti citotossici delle singole n-TiO2 in combinazione con EDC sui gameti umani
Precision medicine, a possible way out
Prof.ssa Bruna de Felice/Dr. Andrea Del Buono Ore 11:30
Prof. Eugenio Luigi Iorio
Metalli pesanti e stress elettrofilo, ovvero come ci si ammala nella Terra dei Fuochi: quale prevenzione? Ore 12:00
Prof. Luigi Montano
Dott. Giovanni Abbadessa Ore 16:30
Dr. Andrea Del Buono, Dott. R. Di Francia, Dott. L. Iodice
Presentazione progetto pilota di screening, di educazione alla popolazione e terapia detox sulla popolazione esposta in aree ad alto rischio da metalli tossici ambientali
Il “Seme Sentinella” del progetto EcoFoodFertility: Dal modello di valutazione di impatto ambientale alle nuove strategie di detossificazione da inquinanti ambientali per la tutela della salute delle attuali e future generazioni nelle “terre dei fuochi”
Ore 17:00 - Conclusione dei lavori
Ore 12:30
CASERTA 7 LUGLIO 2018
Dr. Armando D’Orta
Relationship between diet and heavy metals in high risk of the environmental toxicity areas. implication for cancer prevention in cardiovascular diseases
Sen. Dr. Vincenzo D’Anna, Prof. Giulio Tarro Direttore scientifico: Dott. Raffaele di Francia
Agriturismo Borgorosa Via Bottacce, Francolise (CE)
Sarà messo a disposizione dei partecipanti il servizio navetta da-per l’aeroporto e la stazione di Napoli
CONTATTI
Informazioni per gli iscritti Si informano gli iscritti che gli uffici dell’Ordine Nazionale dei Biologi forniranno informazioni telefoniche di carattere generale nei seguenti orari: dal lunedì al giovedì dalle ore 10:00 alle ore 12:00 e dalle ore 15:00 alle ore 17:00, il venerdì dalle ore 10:00 alle ore 12:00. Tutte le comunicazioni dovranno pervenire tramite posta (presso Ordine Nazionale dei Biologi, via Icilio 7, 00153 Roma) o tramite posta elettronica, all’indirizzo protocollo@peconb.it, indicando nell’oggetto l’ufficio a cui la comunicazione è destinata. È possibile recarsi presso gli uffici dell’ONB per richiedere documenti o informazioni. Gli uffici della sede di rappresentanza, in via Icilio 7, forniscono esclusivamente i certificati di iscrizione. Per tutte le altre richieste, quali domande di cancellazione o iscrizione, passaggi albo/elenco e informazioni sullo stato dei propri pagamenti, è necessario rivolgersi agli uffici della sede operativa, in via della Piramide Cestia 1/C. Per avere risposte a quesiti più complessi o che richiedano la consultazione dei fascicoli personali degli iscritti, le richieste dovranno essere inoltrate esclusivamente a pezzo lettera o posta elettronica.
UFFICIO TELEFONO Centralino 06 57090 200 Area riservata 06 57090 224 - 06 57090 241 Ufficio ragioneria 06 57090 220 - 06 57090 222 Ufficio iscrizioni 06 57090 210 - 06 57090 223 Ufficio certificati 06 57090 203 - 06 57090 285 Ufficio quote annuali 06 57090 216 - 06 57090 217 Ufficio eventi e assicurazioni 06 57090 202 Ufficio stampa 06 57090 205 - 06 57090 225 Ufficio Pec 06 57090 214 Ufficio anagrafe 06 57090 218 Ufficio legale 06 57090 226 Ufficio consulenza fiscale 06 57090 221 consulenzafiscale@onb.it Ufficio consulenza del lavoro consulenzalavoro@onb.it Ufficio CED 06 57090 230 - 06 57090 231 Presidenza e Segreteria Organi collegiali 06 57090 211 - 06 57090 229
CONSIGLIO DELL’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI Vincenzo D’Anna – Presidente E-mail: presidenza@peconb.it Pietro Miraglia – Vicepresidente E-mail: analisidelta@gmail.com Pietro Sapia – Consigliere Tesoriere E-mail: p.sapia@onb.it Duilio Lamberti – Consigliere Segretario E-mail: d.lamberti@onb.it Gennaro Breglia E-mail: g.breglia@onb.it Claudia Dello Iacovo E-mail: c.delloiacovo@onb.it Stefania Papa E-mail: s.papa@onb.it Franco Scicchitano E-mail: f.scicchitano@onb.it Alberto Spanò E-mail: a.spano@onb.it CONSIGLIO NAZIONALE DEI BIOLOGI Erminio Torresani – Presidente Maurizio Durini – Vicepresidente Raffaele Aiello – Consigliere Tesoriere Immacolata Di Biase – Consigliere Segretario Sara Botti Laurie Lynn Carelli Vincenzo Cosimato Giuseppe Crescente Paolo Francesco Davassi Luigi Grillo Stefania Inguscio Andrea Iuliano Federico Li Causi Andrea Morello Marco Rufolo Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
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POSTA Per quesiti di carattere generale scrivi a ufficiostampa@onb.it
Lettere al Presidente di Vincenzo D’Anna Borsa di studio, dottorato o professione? Mi vorrei iscrivere all’Ordine e volevo sapere se, in caso vinca una borsa di studio o un dottorato presso un ente pubblico, devo richiedere l’autorizzazione al suddetto ente per esercitare la professione. F. D. Gentile Dottoressa, se è dipendente oppure ha sottoscritto un contratto part time con clausola di esclusività, deve chiedere l’autorizzazione all’ente pubblico. Per le borse di studio non è prevista tale circostanza. Nutrizione nelle aree ludiche Sono una biologa nutrizionista e vi scrivo perché ho bisogno di alcuni chiarimenti in merito alla mia figura professionale. Ho da poco effettuato un colloquio di lavoro presso una struttura termale, la quale è suddivisa in due aree, con figure professionali differenti. La prima è un’area ludica, costituita dal centro termale, area beauty e area fitness. Mentre la seconda è un’area prettamente medica dove ci sono diversi studi medici specialistici ed è accreditata con il Sistema Sanitario Nazionale. La mia domanda è: come biologa nutrizionista, posso lavorare all’interno dell’area fitness oppure posso lavorare esclusivamente nell’area medica in quanto anche quella del biologo è una professione sanitaria? V. A. Gentile Dottoressa, il biologo può esercitare ovunque la propria attività professionale, alla condizione espressa che i luoghi ove esercita la professione siano regolar-
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Il Giornale dei Biologi | Maggio 2018
mente autorizzati secondo la normativa regionale vigente in materia di strutture socio-sanitarie e/o ricreative. Parimenti vincolante è l’esercizio delle attività consentite al biologo e indicate nell’articolo 3 della legge istitutiva 396/67.
sercizio dell’attività professionale, ivi comprese le scuole pubbliche e private. Per svolgere tale attività non ha bisogno di null’altro, se non l’iscrizione all’albo professionale. Aprire un laboratorio di seminologia
Convenzioni con le assicurazioni Vorrei capire cosa si deve fare per entrare nelle convenzioni con le assicurazioni. Molti colleghi medici, infatti, vi lavorano abitualmente. B. L. Gentile Dottoressa, per quanto è possibile dedurre dalla Sua richiesta, sono a precisare che eventuali convenzioni tra biologi liberi professionisti e assicurazioni sanitarie sono disciplinate da procedure e contratti di natura privatistica, peculiari per ciascun istituto assicurativo, e quindi materia del tutto estranea alle competenze dello scrivente Ordine.
Si richiedono informazioni su una eventuale apertura di un laboratorio di seminologia. P. F. P. Egregio Dottore, l’apertura di una struttura socio sanitaria è subordinata al rilascio dell’Autorizzazione all’esercizio e al funzionamento rilasciato secondo le procedure, i requisiti e le modalità previste dalla vigente normativa regionale in materia di autorizzazioni sanitarie. Nella fattispecie si tratterebbe dell’apertura di un laboratorio specializzato così come indicato nelle schede tecniche nella normativa su indicata. Sostituzioni per ferie
Docenze per la formazione Volevo sapere se il biologo nutrizionista che svolge attività di libero professionista può svolgere corsi, dietro e/o senza compenso, di educazione alimentare nelle scuole pubbliche e private e nelle aziende senza fare capo ad associazioni. C. G. Gentile Dottoressa, il biologo nutrizionista può svolgere la sua attività ovunque sia richiesto l’e-
Dopo essere stata autorizzata dalla direzione sanitaria ad usufruire delle ferie estive, è competenza del direttore sanitario interessarsi della mia sostituzione? R. Q. Gentile Dottoressa, rientra nei compiti della struttura sanitaria provvedere a sostituire il personale mancante con altro personale in possesso dei requisiti previsti dalla legge.
Concorsi pubblici per Biologi Scopri le possibilitĂ lavorative per i Biologi negli enti pubblici. Resta aggiornato sui bandi della Gazzetta Ufficiale consultando la sezione concorsi del sito internet www.onb.it.
Mettiti in Ordine Per svolgere la professione di Biologo, la legge impone l’iscrizione all’ONB. Se non l’hai ancora fatto, entra nella famiglia dei Biologi per dare sempre più forza alla categoria.