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Terapie antitumorali. Italia, Australia e Nuova Zelanda unite nella ricerca

Antonio Musio, biologo dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del Cnr, racconta come la coesina e la via Wnt potrebbero rappresentare un bersaglio molecolare per impedire il processo neoplastico

Èuno studio che va avanti da anni e oggi sembra essere a un punto di svolta, almeno potenziale, per fornire nuovi approcci terapeutici per la cura dei tumori. Il lavoro, pubblicato sulla rivista eLife e sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, porta la firma dei ricercatori dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) che da tempo collaborano con colleghi della University of Otago in Nuova Zelanda e dell’Australian National University, e si basa sul complesso proteico della coesina. Cosa hanno scoperto? Che componenti della via biochimica controllata da Wnt, una famiglia di glicoproteine, potrebbero essere un bersaglio terapeutico di composti anti-tumorali.

Secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori raccolti in collaborazione con l’Associazione italiana di oncologia medica, si stima che in Italia, nel 2020, siano stati diagnosticati ogni giorno circa 1.030 nuovi casi di tumore e che il numero totale proiettato sull’intero anno sia di oltre 376.000. Numeri importanti, che rendono sempre più pressante l’esigenza di trovare nuove strategie di approccio. Quella che ci descrive Antonio Musio, biologo in servizio dal 2002 all’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del Cnr, potrebbe costituire una speranza concreta per tutti i tumori in cui si registrano mutazioni nei geni che codificano per il complesso proteico noto come coesina. Ma andiamo con ordine.

Dottor Musio, qual è stato il punto di partenza?

«Lavoriamo da anni su questo complesso proteico della coesina che regola molte attività del DNA: trascrizione, replicazione, riparazione. Quando non funziona correttamente, la cellula si destabilizza, cresce in maniera incontrollata e si trasforma in tumorale. Tuttavia, i molteplici ruoli del complesso proteico offrono anche l’opportunità di inibire la crescita delle cellule tumorali interferendo con le vie biochimiche che dipendono dalla funzione della coesina stessa. Con i colleghi neozelandesi e australiani ci conosciamo da molto tempo perché il nostro gruppo organizza ogni 2 anni un congresso mondiale sulla coesina. Naturalmente, quello previsto per il 2020 è stato annullato per i motivi che tutti conosciamo e posticipato al 2022. In particolare, è molto vicina al nostro lavoro la prof.ssa Julia Horsfield».

© Gorodenkoff/shutterstock.com

Chi è

Antonio Musio, pugliese di origine, si è laureato in Scienze Biologiche a Pisa e ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze Genetiche e la specializzazione in Citogenetica Umana. Dal 2002 lavora all’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del Cnr (coinvolto nello studio insieme a University of Otago e Australian National University). La sua ricerca si concentra sul ruolo del complesso proteico noto come coesina nello sviluppo di malattie rare e nei processi di tumorigenesi. In questi ambiti ha dimostrato che mutazioni nei geni della coesina sono responsabili della sindrome di Cornelia de Lange, una rara patologia dello sviluppo, e ha contribuito a svelare i meccanismi molecolari che portano una cellula normale a trasformarsi e diventare tumorale.

Come è stato diviso il lavoro tra gli istituti coinvolti?

«Ognuno, chiaramente, ha fatto la sua parte, e così continuerà ad essere anche dopo questo step appena concluso. I colleghi della Nuova Zelanda e dell’Australia si sono in particolare occupati dell’analisi di circa 3.000 composti chimici – famaci, in sostanza -, di cui 2.399 approvati dalla Food and Drug Administration, efficaci nell’inibire la crescita delle cellule tumorali con mutazioni a carico della coesina. Dallo screening sono stati selezionati 206 composti e particolarmente interessante si è rivelato il composto LY2090314».

Perché?

«Inibendo – in modo inaspettato peraltro - il gene GSK3, tale composto attiva la via biochimica di Wnt, una famiglia di glicoproteine, determinando un’efficace riduzione della crescita cellulare. All’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del Cnr abbiamo dimostrato il processo su cellule tumorali umane (cellule di tumore al colon, nello specifico). I nostri risultati suggeriscono che le mutazioni della coesina potrebbero contribuire allo sviluppo tumorale e che il targeting della via Wnt potrebbe rappresentare una nuova strategia terapeutica per i tumori mutanti della coesina. Il fine di tali studi è aprire la strada allo sviluppo di terapie: la coesina e la via Wnt potrebbero rappresentare un bersaglio molecolare per impedire il processo neoplastico».

In cosa consisterebbe l’approccio terapeutico?

«Il farmaco c’è già, è quel composto LY2090314 individuato dai colleghi, che attiva la via biochimica di Wnt, provocando a cascata l’apoptosi, la morte cellulare (delle cellule tumorali, naturalmente). Per spiegarlo con altre parole parto dal titolo dello studio, che è “Cohesin mutations are synthetic lethal with stimulation of WNT signaling”. Quella espressione “Synthetic lethal” vuole significare questo: la mutazione della coesina da sola non fa niente, l’attivazione della via Wnt neanche; ma se si verificano insieme queste due condizioni, si ha la morte cellulare».

È una scoperta che potrebbe avere risvolti utili in tutti i tumori?

«Certamente in tutti quelli che presentano quel tipo di mutazione. È proprio quello su cui stiamo lavorando adesso, oltre a voler comprendere cosa c’è tra l’attivazione della via Wtn e l’apoptosi. Una volta aggiunto questo ulteriore tassello, si può puntare a un approccio terapeutico vero e proprio». (C. D. M.)

Il lavoro, pubblicato sulla rivista eLife e sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, porta la firma dei ricercatori dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) che da tempo collaborano con colleghi della University of Otago in Nuova Zelanda e dell’Australian National University. ” 17Il Giornale dei Biologi | Marzo 2021

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