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I grassi fanno da scudo al cancro
Il cancro può eludere l’attacco da parte del sistema immunitario, grazie all’aiuto delle cellule T regolatorie immunosoppressive, che dipendono da un percorso di produzione di lipidi nell’ambiente tumorale. Averlo individuato apre la strada alla messa a punto di nuovi trattamenti mirati a rompere questa alleanza
Le cellule immunitarie chiamate cellule T regolatorie (cellule T reg) sono un sottoinsieme di cellule T che hanno la funzione di attenuare selettivamente le risposte immunitarie [1]. Questo loro compito viene effettuato sopprimendo l’attivazione delle cellule T che promuovono invece l’infiammazione e che secernano fattori antinfiammatori [2]. Tale attenuazione delle risposte immunitarie [3] è molto preziosa perché impedisce al sistema immunitario di scatenare una forte reazione infiammatoria nell’organismo di una persona. Evenienza, quest’ultima, che può essere considerata come un tipo di malfunzionamento che si verifica nelle malattie autoimmuni. Quella delle cellule T reg è quindi una funzione fondamentale che consente quindi di prevenire reazioni infiammatorie eccessive, che possono rivelarsi anche letali. Tuttavia, ci sono casi in cui le cellule T reg possono invece rivelarsi un “nemico”, lasciando esposto il nostro organismo a minacce importanti, come quella legata a un tumore. Le cellule T reg, infatti, possono essere di grande aiuto per i tumori che, proprio grazie a esse, possono proliferare e diffondersi indisturbatamente in altre parti dell’organismo rispetto al sito di origine. Le cellule T reg, infatti, possono sopprimere le cellule immunitarie deputate ad attaccare le cellule cancerose, come le cellule T CD8 (note anche come cellule T killer). In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature [4], un gruppo di ricercatori del St Jude Children’s Research Hospital, Memphis (Usa) - Seon Ah Lim, Jun Wei, Thanh-Long M. Nguyen, Hao Shi, Wei Su, Gustavo Palacios, Yogesh Dhungana, Nicole M. Chapman, Lingyun Long, Jordy Saravia, Peter Vogel & Hongbo Chi - hanno identificato una dipendenza metabolica delle cellule T reg nel microambiente tumorale. Si tratta di una scoperta che rivela in che modo le cellule operano nel e attorno al sito del tumore.
La conoscenza del meccanismo attraverso cui le cellule T reg “aiutano” il tumore a sfuggire all’attacco delle cellule T killer del sistema immunitario, ha dato una grande spinta allo sviluppo dell’immunoncologia. Oggi, infatti, l’immunoterapia viene utilizzata in clinica per contrastare il meccanismo di evasione da parte di un tumore dall’attacco dei linfociti T killer. Questo approccio può includere, infatti, trattamenti che prevedono la somministrazione di anticorpi mirati alle cellule T reg [5]. Sebbene tale terapia aumenti le risposte immunitarie contro il tumore, può però avere un effetto negativo sulle cellule T reg in altre parti dell’organismo dove svolgono l’importante funzione di mantenimento del sistema immunitario in equilibrio. Di conseguenza, le persone che ricevono tali trattamenti spesso sviluppano una malattia autoimmune [6]. Bloccando infatti l’azione delle cellule T reg che consente al tumore di eludere l’attacco dei “soldati” del sistema immunitario, si blocca anche l’azione antinfiammatoria fondamentale di queste cellule in altre parti dell’organismo.
Un grande bisogno insoddisfatto è quello quindi di disporre di un tipo di immunoterapia che ha come target da bersagliare solo le cellule T reg “cattive” che si trovano nelle vicinanze del tumore, lasciando intatte e operative le cellule T reg “buone” che si trovano in altre parti dell’organismo e il cui lavoro è appunto essenziale.
Per trovare un modo per individuare le cellule T reg indesiderate, Lim e i colleghi hanno utilizzato topi che avevano un tipo di tumore chiamato melanoma. Gli studiosi hanno confrontato i profili di espressione genica delle cellule T reg prelevate in un’area vicina al tumore dei topi con quelli prelevati da altre parti dell’organismo dell’animale. Solo le cellule T reg associate al tumore esprimono geni la cui espressione è controllata da un gruppo di fattori di trascrizione chiamati Steroli regolamentazione proteine elemento legante (SREBPs). Queste proteine guidano l’espressione di geni che codificano per enzimi che producono lipidi [7], come acidi grassi e colesterolo [8], necessari per processi che includono la segnalazione cellulare e la costruzione delle membrane cellulari.
Per verificare se questa firma trascrizionale che produ-
ce lipidi è funzionalmente importante, Lim e il suo team di ricerca hanno utilizzato topi geneticamente modificati in cui il percorso di espressione genica mediato da SREBP [9] è stato disattivato specificamente nelle cellule T reg. Gli autori dello studio hanno monitorato la crescita delle cellule tumorali - melanoma e anche adenocarcinoma del colon - trapiantate sotto la pelle degli animali e hanno scoperto che questa interruzione di SREBP ha portato a risposte immunitarie antitumorali molto più efficaci nelle due forme di cancro rispetto a quelle che si sono verificate negli animali che avevano SREBP funzionanti. La buona notizia è che i topi che non hanno ricevuto trapianti di tumore, ma che sono stati privati lo stesso dell’espressione genica mediata da SREBP, non hanno mostrato segni di malattia autoimmune. Ciò indica che le cellule T reg esterne all’ambiente tumorale funzionavano normalmente senza quindi aver bisogno dell’espressione genica mediata da SREBP. Anche quando questi animali sono stati manipolati per sviluppare una malattia del cervello autoimmune, simile alla sclerosi multipla umana, avevano lo stesso livello di gravità della malattia così come i topi con cellule T reg normali. Si tratta di un’ulteriore conferma di quanto l’approccio mirato a SREBP possa essere promettente per contrastare il tumore senza causare effetti indesiderati. Il risultato dello studio americano, infatti, dimostra che l’espressione genica mediata da SREBP è necessaria per le cellule T reg nell’ambiente tumorale, ma può essere superflua per altre cellule T reg. Il blocco del percorso SREBP ha anche scatenato una potente risposta antitumorale nei topi con melanoma trattati con un tipo di immunoterapia chiamata anti-PD-1. In questi casi il trattamento anti-PD-1 da solo sarebbe stato altrimenti inefficace negli animali. Le ricadute cliniche di questa scoperta potrebbero essere importantissime. La terapia anti-PD-1 attualmente funziona solo in circa il 20 per cento dei malati di cancro. Nei casi in cui funziona, la risposta è molto importante e soprattutto durevole nel tempo. Ma ci sono molti altri casi, ad esempio tumori pediatrici, che non rispondono al trattamento anti-PD-1. Ora però gli esperimenti condotti nello studio americano hanno dimostrato che il blocco di una specifica via lipidica ha avuto un effetto notevole nel sensibilizzare i topi alla terapia. Secondo gli studiosi, anche se si ha davanti ancora un lungo percorso di ricerca, i loro risultati suggeriscono che se è possibile sviluppare farmaci per controllare questo specifico percorso delle cellule T regolatorie “cattive” nei pazienti affetti da cancro, allora è possibile renderli ancora più reattivi alle terapie anti-PD-1.
Nel corso dello studio i ricercatori americani si sono anche chiesti perché la produzione di lipidi mediata da SREBP è necessaria per le cellule T reg associate al cancro. Secondo gli autori dello studio, i tumori estraggono i lipidi dall’ambiente circostante e usano queste molecole per poter disporre dell’energia necessaria e per alimentare la loro crescita [10] . In teoria, la scarsità di lipidi intorno ai tumori potrebbe significare che le cellule T reg associate al tumore devono produrre i propri lipidi. Ma secondo i ricercatori del St Jude Children’s Research Hospital c’è
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di più della sola necessità per gli SREBP di favorire la proliferazione cellulare e il fabbisogno energetico delle cellule T reg. Lim e e il suo team di ricerca hanno identificato due ruoli chiave di SREBP. In primo luogo, gli studiosi hanno mostrato che le cellule T reg del tumore hanno bisogno di SREBP per generare l’acido grasso sintasi, un enzima coinvolto nella sintesi di acidi grassi. Se questo enzima non è presente, le cellule T reg del tumore non diventano completamente mature e perdono in questo modo d’efficacia. Inoltre, con SREPB non funzionante le cellule mostrano una ridotta capacità di attenuare la risposta immunitaria rispetto alle cellule T reg che hanno questo enzima.
In secondo luogo, Lim e i suoi colleghi hanno dimostrato che, affinché le cellule T reg svolgano il loro solito ruolo antinfiammatorio nell’ambiente tumorale, esse devono fare affidamento su quella che viene chiamata via del mevalonato. Questo percorso dipendente da SREBP produce colesterolo, così come altre molecole, tra cui geranilgeranil pirofosfato (GGPP). GGPP si lega alle proteineattraverso un processo chiamato prenilazione [11]. L’aggiunta di GGPP modifica le proprietà chimiche della proteina bersaglio, più o meno allo stesso modo in cui altri tipi di modifica delle proteine, come la fosforilazione e l’acetilazione, alterano la proteina modificata.
I ricercatori del St Jude Children’s Research Hospital hanno anche fornito evidenze che collegano la produzione di GGPP attraverso il percorso del mevalonato all’espressione di un gene che codifica per una proteina immunosoppressiva chiamata PD-1. La proteina prenilata presumibilmente richiesta per l’espressione di PD-1 è sconosciuta; tuttavia, gli autori dimostrano che, senza GGPP, le cellule T reg del tumore non sovraregolano il gene codificante PD-1. Essi mostrano che PD-1 è necessaria per “stabilizzare” le cellule T reg del tumore: il trattamento dei topi con tumore con un anticorpo che blocca la funzione di PD-1 conduce all’espressione di geni normalmente non associati alle cellule T reg, come un gene che codifica per la proteina pro-infiammatoria interferone-γ [12]. Le cellule T reg che producono interferone-γ non possono proteggere un tumore dall’attacco del sistema immunitario [13].
Il fatto che una popolazione di cellule T reg trovata nel contesto del cancro sia metabolicamente vulnerabile è una rivelazione che ha implicazioni molto profonde. Potrebbe indicare, ad esempio, la strada verso lo sviluppo di immunoterapie meno tossiche in grado di bersagliare selettivamente le cellule T reg “danneggiate”, risparmiando quindi quelle necessarie per i buon funzionamento dell’organismo. Con centinaia di studi clinici attualmente in corso che stanno esaminando come si potrebbero potenziare le risposte immunitarie contro il tumore, i tentativi di destabilizzare le cellule T reg del tumore attraverso i pathway evidenziati da Lim e i suoi colleghi saranno senza dubbio di interesse.
Attualmente farmaci che inibiscono specificamente la via del mevalonato sono già in uso clinico per combattere una serie di disturbi cardiovascolari. Ad esempio, le statine sono una classe di farmaci in grado di abbassare il colesterolo che viene utilizzata da milioni di persone già dagli anni ‘80. Non a caso ci sono dati che indicano che la mortalità è inferiore nelle persone con tumori che assumono statine. Questo dato è stato osservato in molte forme di neoplasie, tra cui il mieloma multiplo [14], il cancro esofageo [15] e il cancro del pancreas [16]. L’idea di interrompere la via del mevalonato come modo di trattare il cancro sta ottenendo sempre più consensi perché è stato osservato che, rispetto alle cellule normali, alcune cellule tumorali hanno una maggior bisogno di molecole generate a valle di questa via [17]. Secondo i ricercatori americani, è affascinante ipotizzare che le cellule T reg cellule potrebbero aver contribuito a queste prime osservazioni cliniche. Forse gli inibitori della via del mevalonato o gli inibitori della prenilazione mediata da GGPP giocheranno un ruolo nelle future terapie antitumorali.
Il ruolo chiave dell’acido grasso sintasi nella funzione delle cellule T reg del tumore è una scoperta interessante, secondo gli autori dello studio, dato che altre ricerche [18] indicano che l’inibizione dell’enzima acetil-CoA carbossilasi 1 (che funziona a monte dell’acido grasso sintasi nella stessa pathway) aumenta la formazione e la funzione delle cellule T reg nello stesso modello murino di malattia cerebrale autoimmune utilizzato da Lim e dal suo team di ricerca. Questi risultati suggeriscono che gli effetti dell’inibizione della funzione delle cellule T reg, attraverso l’interruzione dell’acido grasso sintasi dipendente da SREBP, dipendono dal contesto. Al di fuori dell’ambiente tumorale, l’interruzione dell’acido grasso sintasi non ha avuto alcun
effetto, mentre l’inibizione dell’acetil-CoA carbossilasi 1 ha effettivamente conferito benefici alle cellule T reg [18].
Lo studio di Lim e colleghi ha implicazioni che vanno ben oltre il trattamento del cancro. Una rara malattia autoinfiammatoria chiamata deficit di mevalonato chinasi (MKD) è causata da una mutazione nel gene, appunto MKD, che codifica per l’enzima mevalonato chinasi, che agisce nella via del mevalonato. Nei pazienti, entrambe le copie del gene MVK sono danneggiate, comportando un’insufficienza dell’attività dell’enzima mevalonato chinasi. Ciò causa un accumulo di acido mevalonico che compare nelle urine durante gli attacchi di febbre. Da un punto di vista clinico, il risultato è febbre ricorrente. Peggiore è la mutazione del gene MK, più grave, tende a essere la malattia. Le persone gravemente colpite possono quindi sviluppare attacchi di febbre anche molto gravi, ritardo nello sviluppo, riduzione della vista e danni ai reni. In molte persone colpite, un componente del sangue, l’immunoglobulina D (IgD), è elevato, dando origine al nome alternativo di “sindrome da iper IgD e febbre periodica”. Si ritiene che la malattia sia causata da una prenilazione proteica difettosa, ma la mancanza di una chiara comprensione meccanicistica della causa sottostante a essa ha ostacolato gli sforzi per sviluppare un trattamento efficace [19]. Le scoperte di Lim e del suo team di ricerca sollevano anche la questione se PD-1 o le cellule T reg possano essere collegate a questa malattia. Questa possibilità giustifica, secondo gli autori dello studio, ulteriori indagini.
La ricerca di Lim e dei suoi colleghi, inoltre, rafforza la necessità di comprendere la relazione tra i pathway metabolici e la regolazione della funzione del sistema immunitario. Come mostra questo lavoro, tali intuizioni potrebbero essere fondamentali negli attuali sforzi per curare il cancro. (V. A.).
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