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Ambiente e rischio obesità
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Nessun posto come casa: in altre parole, i fattori ambientali influenzano anche il modo in cui si affrontano alcuni problemi di salute. È la traiettoria di una serie di ricerche sui fattori di rischio metabolico correlati all’obesità e causati dall’ambiente, coordinate da Rebecca E. Hasson, professoressa presso l’Università del Michigan e direttrice del “Childhood Disparities Research Laboratory e Active Schools & Communities Initiative”, che da oltre un decennio si occupa delle cause e delle conseguenze dell’obesità pediatrica.
Studiare come fattori comportamentali possano incidere, per esempio, sul rischio di diabete di tipo 2, sulla resistenza all’insulina e sulle infiammazioni, o come stili di vita poco corretti siano determinati, o anche solo incentivati, dal contesto, significa poter progettare trattamenti più personalizzati.
La questione assume un’importanza maggiore in un periodo in cui, a causa della pandemia da Covid-19, le condizioni dell’abitare sono, sia per gli adulti sia per i più piccoli, profondamente cambiate. Le misure di sicurezza hanno limitato le possibilità che ciascun individuo ha a disposizione per affrontare e superare lo stress. È venuto meno anche il sostegno sociale, che soprattutto per i più giovani è una delle risorse principali per il superamento dello stress.
E se è vero che ogni individuo ha sperimentato almeno una volta nella vita situazioni di stress, quando questo diventa un’esperienza cronica, il problema rischia di assumere dimensioni importanti. «Il corpo - spiega Hasson - semplicemente non è stato progettato per gestire ripetutamente lo stress».
In caso di situazioni anomale, il corpo tende ad adattarsi: l’alterazione della produzione di cortisolo influisce sulla salute metabolica. Se questa condizione diventa costante può generarsi un ciclo pericoloso.
Gli studi di Hasson sono stati sviluppati soprattutto in contesti geografici dove esistono comunità o gruppi in maggiore situazione di disagio socio-economico. Durante la pandemia gli adolescenti in queste realtà sono stati particolarmente sottoposti allo stress: costretti dal lockdown in abitazioni quasi mai spaziose, senza supporto nello studio, con i genitori preoccupati dal non riuscire a pagare per servizi basilari come il riscaldamento o dal non riuscire a procurarsi il cibo. Anche la violenza nel quartiere in cui si vive può rivelarsi, soprattutto per i bambini, un fattore di stress.
«Il problema tende ad aggravarsi non solo quando l’individuo affronta uno stress cronico, ma anche quando ad affrontarlo sono le persone attorno - aggiunge Hasson - Oggi osserviamo il fattore di stress globale al vertice e ulteriori fattori di stress individuali e della comunità negli altri livelli. Non è una tempesta perfetta, è uno tsunami».
Ma se gli adulti possono attingere alle personali capacità di superamento del disagio,
La pandemia ha limitato i più piccoli nell’attività fisica: così la risposta allo stress rischia di impattare sulle abitudini e il benessere
di Sara Lorusso
non è detto che i bambini e i ragazzi riescano a trovare analoghe soluzioni. E il modo in cui i genitori rispondono a simili situazioni può influire sul loro sviluppo: il peso corporeo è spesso un importante indicatore.
In un recente articolo pubblicato sulla rivista “Psychoneuroendocrinology”, il gruppo scientifico guidato da Hasson ha identificato un’associazione trasversale tra la violenza dell’ambiente di comunità in cui si vive e la disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene negli adolescenti in sovrappeso o addirittura obesi.
«Un bambino di pochi anni non può andare a correre - aggiunge la studiosa - L’unico strumento di riduzione dello stress a disposizione è generalmente cibo ricco di zuccheri. Sappiamo che lo zucchero attiva il sistema di ricompensa del cervello e certamente i bambini tendono a stare meglio dopo aver mangiato qualcosa di dolce. Ma questo significa allenarli fin dalla più tenera età a indirizzare sul cibo la relazione con lo stress». Un pattern analogo, secondo gli studiosi, a quanto accade con socialmedia e videogiochi: un uso prolungato attiva i meccanismi della ricompensa, ma si tratta di attività sedentarie, a cui sempre più bambini si sono rivolti soprattutto con lo scoppio della pandemia, in assenza di molte possibilità di esercizio fisico. «La scuola è chiusa, la palestra è chiusa, il parco è chiuso. E se non vivi in un quartiere sicuro, non ti muovi certo all’aperto».
Per un ragazzo che attraversa la pubertà - il periodo biologico cruciale in cui i più giovani diventano più resistenti all’insulina - bassi livelli di attività fisica e scorretto consumo di cibo sono fattori di rischio metabolico molto gravi. «Ma concentrarsi su abitudini alimentari malsane - prosegue Hassen - ci consegna solo metà del quadro, metà della storia, e prestando attenzione ad altri fattori un endocrinologo può spostare la valutazione nella giusta direzione per la prevenzione e il trattamento».
Anche sulla scorta di queste riflessioni è nata l’esperienza del programma televisivo “Impact at Home”, in onda nella città di Detroit sul canale Michigan Learning Channel, una piattaforma audiovisiva con accesso gratuito e trasmessa in tv (quasi un terzo dei bambini nel Michigan non ha accesso a Internet). Il progetto, nato dalla collaborazione tra Hassen e altri specialisti, prevedeva originariamente un programma educativo da sperimentare nelle scuole, per educare i più piccoli all’attività fisica. Ma con l’arrivo della pandemia e gli studenti costretti a casa, il progetto è stato rielaborato per fornire così alle famiglie un aiuto pratico nell’affrontare lo stress dei propri figli. Il programma accompagna il pubblico giovane nell’attività fisica, suggerendo anche ai genitori di fare attività con i più piccoli.
«Molti genitori - conclude la studiosa - vedono che i loro figli sono stressati, ma non sanno davvero cosa fare al riguardo. Un suggerimento è proprio fare del movimento insieme, stare con loro».
Studiare come fattori comportamentali possano incidere sul rischio di diabete di tipo 2, sulla resistenza all’insulina e sulle infiammazioni, o come stili di vita poco corretti siano determinati dal contesto, significa poter progettare trattamenti più personalizzati.
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