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Vaccini anche per gli animali

Dai primati sino a visoni e gatti. Si apre la frontiera dell’immunizzazione per diverse specie nel tentativo di salvare noi e loro

Non solo gli umani. Mentre in tutto il mondo è corsa contro il tempo per vaccinare più persone possibili e tentare di arginare l’avanzata della pandemia, in alcuni zoo e laboratori americani (e non solo) stanno iniziando le prime vaccinazioni contro Sars-Cov2 sugli animali. Nell’ultimo anno di pandemia da Covid-19 l’attenzione planetaria si è concentrata giustamente sull’emergenza sanitaria e poco si è tornati a parlare di come tutto è, molto probabilmente, cominciato: la zoonosi. Il salto di specie, ancora non chiaro, avvenuto si stima probabilmente da un pipistrello a un altro animale che lo avrebbe poi trasmesso all’uomo. Tra indagini, anche dell’Oms, centinaia di studi e report di scienziati, ancora non si hanno le idee chiarissime su come sia iniziato il contagio: quel che è certo è che in questa pandemia le incessanti azioni dell’uomo, come l’invasione di habitat e la conseguente perdita di biodiversità, hanno probabilmente agevolato fenomeni di zoonosi che hanno innescato l’epidemia che oggi conosciamo.

Adesso giustamente la scienza sta ponendo una maggiore attenzione al ruolo degli animali in questo complesso e storico contesto e sta spendendo più risorse non solo per studiarli e conoscerne i segreti del contagio, ma anche per proteggerli. Nello zoo di San Diego sono iniziate per esempio alcune vaccinazioni su oranghi, bonobo e gorilla, nel tentativo di proteggerli da contagi già avvenuti. Recentemente alcuni visoni sono stati invece vaccinati all’interno di laboratori americani ed europei. Ora, nuove ricerche, spingono per la futura immunizzazione anche di gatti e cani domestici. Lo sostiene per esempio un team di virologi sulla rivista Virulence specificando la necessità di vaccinare gli animali. Gli esperti di malattie infettive e genomica dell’Università dell’East Anglia, l’Earlham Institute e l’Università del Minnesota, in uno studio sostengono che la continua evoluzione del virus negli ospiti animali, come per gatti e visoni, seguita dalla possibile trasmissione in altri ospiti, rappresenti un rischio significativo a lungo termine per la salute pubblica. Non è impensabile dunque «che la vaccinazione di alcune specie animali domestiche possa essere necessaria anche per frenare la diffusione dell’infezione» scrivono i ricercatori.

Per ora intanto per la prima volta è stato vaccinato un gruppo di primati non umani contro il Covid-19. Si tratta in totale nove grandi scimmie dello zoo di San Diego, quattro oranghi e cinque bonobo, che hanno ricevuto dosi del vaccino Zoetis, marchio legato alla Pfizer. Al momento si tratta di un vaccino sperimentale e non ancora approvato ufficialmente, ma pensato per gli animali in ambito veterinario.

L’idea di vaccinarli è nata, anche in questo caso, dopo una ingerenza umana. Un custode dello zoo infatti nei mesi scorsi è risultato positivo e si crede che abbia contagiato alcuni gorilla presenti nella struttura. Essendo pochissime

centinaia i primati presenti in cattività negli zoo di tutto il mondo, i veterinari dello zoo di San Diego si sono così trovati davanti alla scelta se tentare di vaccinare, anche se con un vaccino sperimentale, gli animali presenti, oppure correre il rischio di nuovi contagi. Dopo una lunga diatriba si è scelto di vaccinarli e, dopo le prime iniezioni su oranghi e bonobo, a breve i membri dello zoo prevedono di vaccinare anche altri tre bonobo e un gorilla.

«Era una situazione che ci ha fatto capire che le nostre altre scimmie erano a rischio» ha spiegato al San Diego Union Tribune Nadine Lamberski la responsabile della conservazione del San Diego Zoo Wildlife Alliance. «Il nostro scopo è fare del nostro meglio per proteggerli da questo virus perché non sappiamo davvero che impatto avrà su di loro». Per prassi, tutti i veterinari e diversi membri dello staff sono stati vaccinati contro il coronavirus e successivamente i responsabili hanno optato per l’uso del vaccino sperimentale di Zoetis in grado di stimolare l’immunità contro il coronavirus negli animali, un vaccino che poco prima in alcuni laboratori era stato testato già su visoni, cani e gatti.

Un po’ come avvenuto per gli esseri umani, anche per i vaccini animali si è aperto il dibattito su possibili effetti collaterali del vaccino sperimentale. Da quanto riferito dai membri dello zoo di San Diego, i primati vaccinati hanno mostrato pochi sintomi collaterali, in generale “prurito nel punto dell’iniezione e alcuni si sono massaggiati ripetutamente la testa”, probabilmente a causa di un dolore poi svanito.

L’iter seguito dallo zoo di San Diego potrebbe presto ripetersi anche in altre strutture e riserve del mondo. Le vaccinazioni sperimentali, oltre allo scopo di permettere l’immunità agli animali, servono infatti agli scienziati anche per esaminare reazioni, campioni di sangue e comprendere meglio i livelli di anticorpi nella speranza che i dati raccolti aiutino a fornire una opportunità preziosa per comprendere meglio l’efficacia del vaccino sugli animali. Al momento, Zoetis prevede nuove scorte di vaccino dedicate agli animali e si è in attesa dell’approvazione ufficiale negli Stati Uniti, anche se c’è già una trattativa in corso con il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti per l’approvazione, per esempio, nel vaccino per visoni. Secondo diversi esperti, la nuova frontiera dei vaccini sugli animali, che siano esemplari in cattività o animali domestici, potrà essere utile sia per proteggere gli animali stessi sia per evitare futuri sviluppi e varianti del virus che potrebbero colpire la salute umana. (G. T.).

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