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La resistenza del fico d’India
Ecco perché potrebbe essere il cibo (e non solo) del futuro
di Giacomo Talignani
Parola d’ordine “resistenza”. È quello che gli scienziati di tutto il mondo cercano nei cibi del futuro: resistenza alle alte temperature, ad ondate di calore, ma anche a siccità, inondazioni ed eventi meteo che a causa del surriscaldamento saranno sempre più intensi. La dieta del futuro, si sa, dovrà includere sempre meno agricoltura e allevamenti intensivi, con meno carne e più verdure, frutta, cereali e legumi sul piatto. Ma soprattutto, dovrà trovare nuovi cibi e fonti energetiche (anche per i biocarburanti) che siano in grado di sopravvivere negli scenari del domani, quelli di un Pianeta più caldo e arido. Da diversi anni uno di questi super cibi dall’altissima resistenza è stato individuato nel fico d’india, pianta succulenta appartenente alla famiglia delle cactacee, che ha incredibili proprietà e caratteristiche. Nel 2017 la Fao lo aveva già promosso come una delle piante più resistenti al caldo e climi aridi, capace di assorbire alte quantità di CO2 e ottima sia per l’alimentazione umana che per la produzione di mangimi. Ora una nuova ricerca sottolinea nuovamente queste proprietà, specificando perché il fico d’India potrebbe essere in futuro una risorsa ancor più di note coltivazioni come soia e mais, che soffrono per il surriscaldamento, un cibo che potrebbe sfamare milioni di persone nelle aree più aride del mondo e al tempo stesso una pianta utilizzabile come biocarburante. La sua funzione di cibo altamente sostenibile è stata recentemente sottolineata in una ricerca pubblicata su GCB-Bioenergy da un team di esperti dell’Università del Nevada, Reno, fra cui John Cushman, professore di biochimica e biologia molecolare del College of Agriculture, Biotechnology & Natural Resources dell’Università del Nevada. Da anni biologi e biochimici del Nevada stanno lavorando proprio su quelle che nel sud Italia chiamiamo “pale”, i fichi d’India presenti sia nel Centro America, in diverse zone aride del mondo e anche nel sud del Mediterraneo, con grandi quantità per esempio in Puglia, Calabria e Sicilia. Come noto, i pochi decenni andremo incontro a temperature sempre più elevate, estati più lunghe e mancanza di risorse idriche, ecco il perchè dell’interesse specifico per una pianta capace di resistere alle alte temperature e che necessita di pochissima acqua. Una coltura che, sostengono i ricercatori, potrebbe diventare in futuro anche più importante di soia, mais o addirittura riso.
«Le aree aride diventeranno più asciutte a causa dei cambiamenti climatici - sostiene John Cushman nel raccontare la sua ricerca - e alla fine in futuro vedremo sempre di più questi problemi di siccità che interessano colture come mais e soia». È dunque necessario ricercare colture e soluzioni “più sostenibili”, come
appunto l’opuntia ficus indica. Dopo diversi test effettuati in cinque anni all’interno del Southern Nevada Field Lab della Experiment Station a Logandale in Nevada gli esperti indicano che il fico d’india ha una ottima chance di diventare sia materia bioenergetica per sostituire le fonti fossili, sia che come pianta che ha la più alta produzione di frutti utilizzando fino all’80% in meno di acqua rispetto ad altre colture tradizionali. «Il mais e la canna da zucchero sono le principali colture bioenergetiche in questo momento, ma usano da tre a sei volte più acqua del fico d’India» sostiene Cushman. «Questo studio dimostra che la produttività del fico d’India è alla pari con queste importanti colture bioenergetiche, ma utilizza meno acqua e ha una maggiore tolleranza al calore, il che rende questa coltura molto più resistente al clima». L’ottima capacità di immagazzinare CO2 in modo sostenibile e il fatto che cresca in zone siccitose permette al fico d’india di avere dunque nuove opportunità: “Con circa il 42% della superficie terrestre in tutto il mondo classificata come semi-arida o arida c’è un enorme potenziale per piantare tanti fichi d’india per il sequestro del carbonio. Possiamo iniziare a coltivare colture in aree abbandonate che sono marginali e potrebbero non essere adatte ad altre colture, espandendo così l’area utilizzata per la produzione di bioenergia” sostiene ancora Cushman.
A questo va aggiunto il fatto che offrendo un raccolto perenne il fico d’india potrebbe essere utilizzato per il foraggio come mangime per animali, oltre naturalmente, come alimento per gli esseri umani, che già lo consumano sotto varie forme, dalle marmellate alle gelatine e diversi altri piatti. Infine gli esperti sostengono che molti dei segreti del fico d’India siano nei suoi geni che potrebbero essere, se studiati e utilizzati, in grado di migliorare l’efficienza nell’uso d’acqua di altre piante. L’opuntia ha infatti la straordinaria capacità di trattenere l’acqua chiudendo i suoi pori durante il caldo del giorno per prevenire l’evaporazione e aprirli di notte per respirare: scoprendo i segreti dei suoi geni e con esperimenti specifici su DNA e RNA, gli scienziati sperano dunque di aiutare altre piante ad aumentare la tolleranza alla siccità e ad avere più “resistenza”, quella caratteristica che candida il fico d’India a preziosissima risorsa per il domani.
Pianta succulenta della famiglia delle cactacee, ha incredibili proprietà e caratteristiche