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INNOVAZIONE
TESSUTI PERFORMANTI ED ECOLOGICI
La ricerca è dei ricercatori del Politecnico di Torino e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Al centro del progetto la possibilità di utilizzare nuovi materiali, processi di fabbricazione e la modellazione computazionale
di Marco Modugno
Sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Sustainability” i risultati di una ricerca che ha visto coinvolti in una sinergia, i ricercatori del Politecnico di Torino e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Al centro del progetto la possibilità di utilizzare nuovi materiali, processi di fabbricazione e la modellazione computazionale delle microfibre, così da rendere i tessuti tecnici più performanti e, al tempo stesso, più sostenibili rispetto a quelli naturali.
Si è visto che la produzione di tessuti colorati comporta un processo molto inquinante, dove si stima che vengano utilizzati oltre 98mila miliardi di litri d’acqua annui, e che da questo processo, vengano prodotti scarti fluidi ad alta concentrazione di inquinanti, senza contare che a ciò bisogna aggiungere un costo abbastanza importante per un loro smaltimento sicuro. Come spiegano Matteo Fasano, ricercatore del Multi-Scale ModeLing Laboratory del Dipartimento Energia al Politecnico di Torino e Pietro Asinari, docente del Dipartimento Energia e direttore all’Istituto Nazionale di ricerca Metrologica, supervisori accademici del progetto, “l’impatto ambientale dei tessuti in fibre naturali è anche notevole durante il loro lavaggio, a causa della scarsa controllabilità delle caratteristiche chimiche e geometriche di queste fibre che porta a una richiesta energetica significativa sia in fase di lavaggio che di asciugatura”.
Si è visto che la struttura micro e nano-porosa delle fibre naturali permette all’acqua o al sudore di penetrare al loro interno, rendendo così molto più difficile la diffusione dell’acqua, aumentando notevolmente i tempi di asciugatura. Per avere un idea più chiara di quanto detto, basti confrontare il tempo che s’impiega ad asciugare una maglietta di cotone rispetto ad una tecnico sportivo in Nylon. Confrontando i due tessuti durante l’attiva sportiva, dove negli ultimi anni i prodotti tecnici stanno facendo da padrone, e facilmente riscontrabile che un tessuto in fibre naturali non sia in grado di trasportare in maniera efficacie il sudore lontano dalla pelle, l’evaporazione inadeguata, provoca
© nevodka/shutterstock.com
nel soggetto che la indossa una sensazione di scarso comfort dovuto proprio dal contatto tra la pelle ed il tessuto bagnato. Altra caratteristica da non sottovalutare è quella relativa allo smaltimento, infatti i tessuti naturali colorati sono molto difficili da riciclare, nella maggior parte delle volte vengono accumulati nelle discariche o addirittura bruciati, con un grande spreco di risorse.
Questa ricerca ha quindi individuato nei tessuti in polietilene una validissima alternativa, si tratta infatti di un materiale plastico che vanta i più alti volumi di produzione al mondo (oltre 149 milioni di tonnellate all’anno) si possono facilmente trovare in oggetti di uso comune, come gli imballaggi o contenitori alimentari, è spessissimo hanno la caratteristica di essere monouso. “Tacciato di essere nocivo per l’ambiente” - spiega Svetlana Boriskina, coordinatrice della ricerca presso il MIT – “a conti fatti la produzione di tessuti colorati in polietilene ha un impatto ambientale inferiore del 60% rispetto a quelli in cotone. Le fibre in polietilene hanno inoltre basso costo e sono ultraleggere, la loro struttura può essere ottimizzata con precisione per modificarne le caratteristiche meccaniche, termiche e ottiche, ottenendo così elevata resistenza a rottura e abrasione e ottima dissipazione del calore. In aggiunta, i pigmenti colorati tipici dello “sporco” aderiscono con difficoltà alla superficie delle fibre in polietilene grazie alla loro semplice struttura molecolare, risultando in proprietà antimacchia che ne semplificano il lavaggio a basse temperature. Tuttavia, questo fa anche sì che la colorazione del tessuto, debba avvenire con un processo innovativo: i pigmenti, naturali o sintetici, vengono direttamente incapsulati all’interno delle fibre durante la loro forgiatura, evitandone così il rilascio durante il lavaggio”.
Il Polietilene per molto tempo non è mai stato preso in considerazione dall’industria tessile, per quanto concerne il campo del vestiario, soprattutto a causa della sua scarsa traspirabilità e bagnabilità delle fibre che rendono questo tessuto poco confortevole. I ricercatori del Politecnico, grazie a questa ricerca, hanno potuto lavorare direttamente all’interno del polo tecnologico di Boston, nell’ambito del progetto MITOR, finalizzato a promuovere la collaborazioni tra le due istituzioni. Proprio per rispondere alle accuse mosse a questo tessuto e migliorarlo sotto l’aspetto del comfort e della vestibilità, la ricerca si è concentrata sull’ingegnerizzazione delle proprietà di trasporto dell’acqua nel tessuto, caratterizzando l’effetto di diversi intrecci e ottimizzando la geometria delle fibre di polietilene.
“Agendo sul processo di fabbricazione” - spiega Matteo Alberghini, dottorando presso il Dipartimento Energia e il CleanWaterCenter – “è così possibile modificare le caratteristiche chimiche superficiali e la forma delle fibre, controllando sia la bagnabilità che le proprietà capillari finali del tessuto, ossia la sua capacità di assorbire e trasportare un fluido al suo interno. Le ottime prestazioni raggiunte dal nuovo tessuto studiato sono dovute alla capacità delle fibre di polietilene di trascinare l’acqua sulla loro superficie pur rimanendo impermeabili, quindi impedendo al fluido di insinuarsi all’interno delle fibre stesse - cosa che invece accade di norma con quelle naturali”.
La produzione di tessuti colorati comporta un processo molto inquinante, dove si stima che vengano utilizzati oltre 98mila miliardi di litri d’acqua annui, e che da questo processo, vengano prodotti scarti fluidi ad alta concentrazione di inquinanti.
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