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Egnazia tra Messapi e Romani

Le due antiche civiltà coesistono nelle testimonianze archeologiche che si estendono su quindici ettari a metà strada tra Bari e Brindisi e a pochi passi dal mare

di Rino Dazzo

Il sito archeologico di Egnazia ti sorprende all’improvviso tra ulivi secolari, in prossimità di un litorale che offre spiagge da sogno. Siamo a Fasano, tra Bari e Brindisi, dove su quindici ettari di parco si estendono scavi iniziati nel 1912 e ripresi più volte nei decenni successivi, restituendo testimonianze eccezionali dell’età romana e tardo-antica ma ancor prima della civiltà dei Messapi, popolo di origine illirica che si insediò nella Puglia meridionale nell’ottavo secolo prima di Cristo, fiero nemico di Taranto e dei coloni della Magna Grecia.

Attraversata dalla Via Traiana, una delle “superstrade” dell’Impero Romano, e protetta da poderose mura alte sette metri, Egnazia – anticamente Gnathia – ha analogie con quanto accaduto a Pompei. Anche qui, infatti, il tempo sembra essersi fermato. Non per un’improvvisa eruzione vulcanica, ma forse a causa del passaggio dei Goti di Totila, che nel VI secolo d.C. coprirono di cenere una cittadina i cui primi insediamenti risalgono addirittura all’età del bronzo, spingendo i sopravvissuti ad arroccarsi sulla vicina acropoli.

Porto privilegiato per l’Egeo e il Mar Nero, città di transito e dai vivaci commerci, Egnazia ha vissuto il massimo splendore tra il quarto e il terzo secolo a.C. sotto i Messapi, per poi prosperare anche in età romana. Nel bellissimo parco archeologico, il più esteso della Puglia, si possono ammirare i resti di imponenti edifici pubblici sorti lungo la Via Traiana, sul cui tracciato si scorgono ancora i segni del passaggio dei carri. Al periodo messapico risalgono le alte mura perimetrali. Propri dell’età romana sono il Foro, l’Anfiteatro, la Fornace e il Criptoportico. Alle prime fasi del periodo cristiano sono invece riconducibili la Basilica e il Battistero. La necropoli che sorge fuori le mura, scoperta nel 1971 durante la costruzione del Museo Archeologico

Nazionale dove sono esposti i reperti sfuggiti ad anni e anni di razzie e scavi clandestini, è invece databile all’ultima fase del dominio messapico. È qui che sorgono

tombe decorate con meravigliosi affreschi e corredate da eccezionali arredi funerari. Caratteristica di Egnazia è la Ceramica Egnatina, un tipo di ceramica ricoperta da vernice nera e sovradipinta in bianco, giallo e rosso.

Tre le tipologie di tombe familiari scavate nella pietra locale, il carparo, un tipo di tufo non particolarmente duro: a fossa, a camera e a semi-camera. Gli ultimi due tipi di sepoltura, a loro volta distinguibili in tombe a dromos con corridoio coperto da lastroni, e a scalinata con tanto di vestibolo e camera chiusa, sono i più caratteristici e significativi, testimoni della nascita di una classe sociale aristocratica dall’elevato tenore di vita. Gli splendidi affreschi alle pareti e sul soffitto della Tomba del Pilastro, delle Melagrane, del Banchetto o della Fiaccola sono tesori da ammirare e da preservare con attenzione, perché le insidie che minacciano la loro conservazione sono tante. «In ambienti come questi il rischio principale è legato agli attinomiceti, batteri simili ai funghi che attaccano gli ambienti umidi come quelli ipogei» spiega Matteo Montanari, membro della Commissione Permanente “Tutela dei Beni Culturali” dell’Ordine Nazionale dei Biologi e docente di Elementi di Biologia applicata al restauro all’Accademia delle Belle Arti di Bologna. «Altro rischio è legato alle infiltrazioni d’acqua. Gli attinomiceti sfruttano proprio la presenza di acqua per svilupparsi su pitture, pigmenti e leganti organiche».

Il fango di secoli, in effetti, ha rovinato molti degli affreschi di diverse sepolture. Lo stesso ingresso alle tombe, anche prima della pandemia da Covid, era stato contingentato. Le difficoltà legate alla gestione di un sito così grande e ricco di tesori sono tante, ma la dottoressa Angela Ciancio, direttore del Parco Archeologico di Egnazia e, dallo scorso febbraio, dell’intero Polo Museale della Puglia, ha le idee chiare su come affrontarle: è lei che ha curato il progetto e la direzione scientifica dell’ultimo intervento da cinque milioni di euro finanziato con fondi Pon Fesr 2014-2020, partito nel 2016 e completato lo scorso settembre.

«Abbiamo riaperto il museo “Andreassi” con una veste rinnovata, ampliando l’esposizione museale con nuovi reperti al piano interrato tra cui un’iscrizione dell’età di Traiano di recente acquisizione. L’obiettivo - dice la dottoressa Ciancio - è stato quello di dare al visitatore un’offerta articolata, capace di abbinare un parco attrezzato al contatto concreto con la storia e i con monumenti, così come la possibilità di leggere in ogni momento qualcosa in più su ciò che si sta ammirando».

Gli affreschi delle tombe sono i tesori più delicati da proteggere e l’opera dei biologi potrebbe essere preziosissima in tal senso: «Tutta la gestione del sito comporta problemi non indifferenti. La fortuna di Egnazia è quella di poter legare un museo all’aperto, il Parco archeologico vero e proprio, con il museo al coperto, che si estende su 1200 metri quadrati e dove si possono osservare più di tremila reperti. Il tutto - conclude Angela Ciancio - nel cuore di un territorio che nello spazio di pochi chilometri offre tante altre attrazioni». E tra le innovazioni più apprezzate degli ultimi anni c’è anche la possibilità di ammirare dal vivo le ricostruzioni di monumenti, edifici e affreschi dell’antica Egnazia, un piccolo grande capolavoro di realtà aumentata chiamato Drawing Egnazia, nato dalla collaborazione tra il Parco Archeologico, il Polo museale pugliese e il Cetma, Centro di Ricerche Europeo di Tecnologie Design e Materiali.

“In ambienti come questi il rischio principale è legato agli attinomiceti, batteri simili ai funghi che attaccano gli ambienti umidi come quelli ipogei” spiega il biologo Matteo Montanari. Gli affreschi delle tombe sono i tesori più delicati da proteggere e l’opera dei biologi potrebbe essere preziosissima in tal senso.

© Ba_peuceta/shutterstock.com

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