IL BIOLOGO
E LA GENETICA MEDICA Una relazione che si declina in molti ambiti professionali in continua evoluzione
Milano - 5 novembre 2019 www.onb.it
Sommario EDITORIALE 3
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Allargare gli orizzonti di Vincenzo D’Anna
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PRIMO PIANO
Piante marine per dare ossigeno ai mari caldi di Carmine Gazzanni
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La nutrizione negli anni duemila
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Inaugurata la sede dell’Ordine in Calabria
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Forum sulla Salute a Firenze
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Orientamento per biologi a Bologna
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Il trattamento del malato oncologico
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“Mare Futuro”. In Puglia per l’ambiente
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Giuliani: «Alluminio per sostituire la plastica? No, meglio l’acciaio» di Chiara Di Martino
SALUTE 30
di Stefania Papa
Fertilità, in un anno 78mila coppie si sono rivolte alla pma di Daniele Ruscitti
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Sclerosi multipla, la mappa genetica dettagliata di Nico Falco
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I danni da fumo rivelati da 7 geni
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Terapia genica: sfide per cure rivoluzionarie entro il 2030
di Chiara Di Martino
di Domenico Esposito
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Tumori al pancreas, in 5 anni aumentati del 6% i casi non operabili di Marco Modugno
30 BIOLOGIA DEL PALAZZO 20
Il taglio dei parlamentari apre il dominio delle riforme
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Immunoterapia: la chiave è nel microbioma
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Tris. 2 per le lezioni agli studenti malati
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Possibile chiave per antibiotici più efficienti
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Malattie delle valvole cardiache ignorate
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L’albumina glicata come biomarcatore diabetico
di Riccardo Mazzoni
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La manovra “salvo intese” alla prova del Parlamento di Riccardo Mazzoni
INTERVISTE 24
Un microchip per combattere l’osteoartrosi di Carmine Gazzanni
di Carmen Paradiso
di Pasquale Santilio di Daniele Ruscitti di Daniele Ruscitti
di Marcello Ciaccio
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L’obesità infantile e le sue sfumature di Francesca Finelli e Vincenzo Cosimato Attualità
Scienze
Contatti
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Le formulazioni cosmetiche con Bakuchiol
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“Morti moventi”, dopo il decesso i nostri corpi si muovono a lungo
di Carla Cimmino
di Giacomo Talignani
52 54 57
Embriogenesi del follicolo pilifero di Biancamaria Mancini
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La rinascita affidata alla scienza di Stefania Inguscio
BENI CULTURALI
Il pentagramma che fa bene al cuore
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di Ludovica Vollaro
AMBIENTE 58
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Canova. Eterna bellezza di Pietro Sapia
SPORT
Verso un mondo che brucia. Dove sono i grandi?
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Chiaroscuro azzurro ai mondiali di atletica
di Giacomo Talignani
di Antonino Palumbo
Il laboratorio che salva i rinoceronti
BREVI
di Giacomo Talignani
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Sviluppo sostenibile senza sprechi alimentari
La biologia in breve
di Rino Dazzo
LAVORO
di Felicia Frisi
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Concorsi pubblici per Biologi SCIENZE
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Rifiuti plastici e problemi ambientali
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Inquinamento globale e salute pubblica
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L’ambiente come fattore di rischio per l’ipertensione arteriosa
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Stato dell’arte di ricerca e innovazione di Felicia Frisi
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Una “bilancia” per pesare le balene
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Optoceutica, nuova arma della scienza rigenerativa
di Giada Fedri
di Sara Lorusso
INNOVAZIONE 63
di Maria Oliviero e Simona Schiavo
ECM 92
Piastrine e terapia antiaggregante
di Stefano Conte, Grazia Pellegrino, Andrea Morello, Giovanni Cimmino, Plinio Cirillo
di Pasquale Santilio
di Marco Modugno
CONTATTI 103 Informazioni per gli iscritti Attualità
Scienze
Contatti
EDITORIALE
Allargare gli orizzonti di Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi
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i quel che ha fatto, in questi trizionisti o non si fossero inseriti due anni, la nuova dirigenza nelle graduatorie e nei concorsi per dell’Ordine, abbiamo già det- l’insegnamento. Strade certo più to. Ed abbiamo già visto, nel comode e praticabili rispetto alle concreto, quali progetti ed eventi tante altre ancora semi sconosciute pubblici di qualità scientifica ele- offerte dalle scienze biologiche. vata (e di assoluta gratuità), siano È da questa semplice evidenza stati organizzati, in questo lasso di statistica che viene allora l’indicatempo. Stesso discorso va fatto per zione per il futuro e per le azioni che i corsi professionalizzanti, gli stage l’ONB deve porre in essere: allargae i master svolti presso istituzioni re le strade ancora anguste di tanti di prestigio come il CNR, le stazioni segmenti di attività nei quali i Biozoologiche, l’ISPRA, gli logi sono scarsamente istituti zooprofilattici e inseriti e che possono l’Arpa. ancora accogliere proIn questi due anni, Un caleidoscopio di fessionisti adeguatainiziative che hanno spamente preparati. le attività formative ziato tra una miriade di Occorre quindi redell’ONB hanno argomenti e di interessi stringere, per l’anno professionali, essendo prossimo, l’ampiezza spaziato tra molti oltre trenta le diverse dei temi trattati per la argomenti, essendo attività svolte dai Biolopreparazione profesgi grazie alla legge istisionale rivolgendola ai oltre 30 le diverse tutiva della nostra pronuovi campi di interesfessione. se e di maggiore ricetattività dei biologi Una molteplicità di intività. Due, in tal senso, dirizzi e di opportunità le direttive principali che però non ha estinto la disoccu- individuate dal Consiglio dell’Ordipazione giovanile. Sembra un non ne, che saranno oggetto degli evensenso quello di avere tante diver- ti per il 2020: la sfera Ambientale e se opportunità di inserimento pro- quella della Sicurezza Agro-Alimenfessionale per poi dover constatare tare. come la piaga del “lavoro che non Due direttrici che possono e debc’è” incida ancora profondamente bono vivificare la presenza quansui destini dei Biologi italiani. Una titativa e qualitativa della nostra piaga che sarebbe stata ancora più categoria professionale nel mentre estesa se moltissimi non avesse- oggi la figura del Biologo è ancora ro intrapreso la professione di Nu- marginale in quelle sfere di attività. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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EDITORIALE
L’Ambiente, in particolare, inteso in za che abbiano perfezionato l’iscritutte le sue sottospecie, è un mon- zione all’Ordine dei Biologi, ovvedo che si apre sempre più a nuove ro in costanza di un abuso di legge esigenze professionali che abbiano che viene punito pesantemente con le caratteristiche e le competenze multa fino a 50mila euro e tre anni dei Biologi. di carcere. Lo faremo Pensiamo solo per un non per perseguire le istante all’eco-tossicolopersone ma per tutelare Quello dell’ambiente gia ed alle scienze omiuna categoria che essenche (proteomica, genodo divenuta professione è un mondo che si mica, metabolomica), sanitaria pone obblighi apre sempre più pensiamo ai danni tossiindifferibili. ci e nocivi che la salute Le procedure adottaa nuove esigenze dell’uomo subisce a caute saranno prima quella professionali, sa dell’inquinamento. dell’invito ad ottempeEbbene, figure come rare, poi quella dell’inche richiedono la i genetisti, i tossicologi, timazione e infine, ultii laboratoristi, i bio-emo step, si passerà alla presenza dei biologi conomisti, i valutatori denuncia vera e propria. dell’impatto ambientale Chiariamo. e sanitario, i nutrizionisti detossiNon amiamo vestire i panni dei ficatori, i biodiagnosti microscopi- poliziotti ma non possiamo tollerare sti (per individuare danni da nano che centinaia di furbastri esercitino particelle) e i valutatori dello sta- fuori legge e tra l’altro si riservino to dell’ecosistema (come botanici pure di contestare l’Ordine a mezzo e zoologi), sarebbero preziosissimi social con i più meschini pretesti. per poter operare in ambiti del geOvviamente, torniamo a ribadirlo, nere. non trascureremo nessun altro arAncora, lo studio delle culture gomento di formazione ed informaalimentari, la parassitologia, la ge- zione. In questa attività confidiamo netica agraria per il miglioramento anzi di dare una mano con le deledelle specie, i fitofarmaci, il con- gazioni regionali che andiamo, via trollo dei residui tossici, la verifica via, inaugurando sui territori. Dopo delle filiere agro alimentari e zoo- Napoli e Catanzaro, sono pronte, tecniche, offriranno migliaia di po- infatti, ad aprire i battenti anche sti di lavoro nei prossimi anni. Palermo, Roma e Milano con tutto Occorre però che l’ONB pensi a il peso della loro rappresentanza di garantire formazione professiona- iscritti. lizzante ed esperienze sul campo Chi più di coloro che vivono il in tutti questi settori. Ecco allora territorio e ne conoscono i probleche si partirà con ademi possono essere in guati corsi ECM, Master grado di individuare le di II livello, eventi conrisposte in termini di atgressuali di caratura intività ordinistica e forIl settore agroternazionale con ospiti mativa? Si comincia così alimentare, nei illustri, laboratori di ria compiere il decentracerca presso l’IRCCS e mento funzionale che prossimi anni, l’Università che trattino ci porterà nel 2020 alla rappresenterà un degli argomenti interesautonomia regionale desati. Il tutto in un quagli Ordini ed alla Fedeimportante sbocco dro di gratuità che ben razione Nazionale degli professionale per la compensi il pagamento stessi. della pur dovuta tassa di Sembrava un traguarnostra categoria iscrizione annuale. do irraggiungibile, inveA tal proposito, è ce anche questo è ormai bene sottolineare che a portata di mano, come l’anno prossimo si aprirà la “caccia tutte le cose che si affrontano con agli abusivi”, ovvero a quei colleghi onestà di intenti e di comportameninseriti in attività professionali sen- ti, e lucidità di visione. 4
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Anno II - N. 10 ottobre 2019 Edizione mensile di AgONB (Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi) Testata registrata al n. 52/2016 del Tribunale di Roma Diffusione: www.onb.it
Direttore responsabile: Claudia Tancioni In redazione: Luca Mennuni e Gabriele Scarpa Hanno collaborato: Marcello Ciaccio, Carla Cimmino, Giovanni Cimmino, Plinio Cirillo, Stefano Conte, Vincenzo Cosimato, Rino Dazzo, Chiara Di Martino, Domenico Esposito, Nico Falco, Giada Fedri, Francesca Finelli, Felicia Frisi, Carmine Gazzanni, Stefania Inguscio, Sara Lorusso, Biancamaria Mancini, Riccardo Mazzoni, Marco Modugno, Andrea Morello, Maria Oliviero, Antonino Palumbo, Stefania Papa, Carmen Paradiso, Grazia Pellegrino, Daniele Ruscitti, Pietro Sapia, Pasquale Santilio, Simona Schiavo, Giacomo Talignani, Ludovica Vollaro. Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa dell’ONB. Questo magazine digitale è scaricabile on-line dal sito internet www.onb.it edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi. Questo numero de “Il Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione lunedì 28 ottobre 2019. Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, ufficiostampa@onb.it. Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@peconb.it. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la redazione.
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PRIMO PIANO
LA NUTRIZIONE NEGLI ANNI DUEMILA
Lectio magistralis di Valter Longo e Barry Sears, con 500 iscritti
ROMA
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a nutrizione negli anni Duemila. Questo è il tema del congresso internazionale dell’ordine nazionale dei Biologi organizzato il 4 il 5 ottobre all’Hotel Sheraton Parco de’ Medici di Roma all’evento hanno preso parte oltre 500 Biologi. Ad aprire la prima giornata congressuale è stato Vincenzo D’Anna presidente dell’Onb: «La nutrizione interessa circa un terzo dei Biologi iscritti all’Ordine e quindi ogni anno si celebrerà questo evento con la partecipazione degli scienziati e delle personalità del mondo della scienza dell’alimentazione che illustreranno gli studi che stanno portando avanti». Il congresso è stato coordinato da Alberto Spanò, consigliere dell’Ordine, e Gianni Zocchi delegato nazionale alla Nutrizione. «Questo congresso – ha detto Spanò – rappresenta un evento di grande rilievo nella attività che l’Ordine svolge Per proporre formazione, informazione e
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aggiornamento ai propri iscritti, ma rap- California che ha spiegato quali siano le presenta anche la prima attività della de- regole alla base di una sana alimentaziolegazione del Lazio e dell’Abruzzo che è ne. «La nutrizione negli anni Duemila il prodromo del nuovo Ordine di queste – ha detto – deve essere focalizzata sui due regioni che stiamo cominciando ad cinque pilastri della longevità sana: studi epidemiologici, studi di ricerca di base, avviare». «Il congresso – ha spiegato Zocchi – studi sui centenari, studi clinici e studi è stato organizzato per cercare di met- sui sistemi complessi. Una volta che abbiamo tutta questa tere insieme tutte conoscenza, e già quelle che sono le molta ce l’abbiamo, impostazioni o perD’Anna: “La nutrizione possiamo sviluppare lomeno una parte delle impostazioni interessa numerosi Biologi, le diete». Longo ha poi dietologiche tra le quindi ogni anno descritto la dieta più utilizzate. Questo consente anche si celebrerà questo evento” ideale, disponibile in versione integrale avere un confronto sul canale YouTube fra le varie metodiche. Poi abbiamo analizzato altri aspetti dell’Onb: «Bisogna consumare un po’ di scientifici legati alla nutrizione dal punto pesce, tante verdure, tanti legumi in un di vista della genetica, della biochimica o arco di tempo di 12 ore al giorno. Bisogna fare solo due passi principali al giorno, della nutraceutica». Tra i relatori, era presente il biologo se una persona è in sovrappeso. Mentre Valter Longo, direttore dell’Istituto sul- vanno bene tre pasti, se una persona ha la longevità alla University of Southern un peso nella norma. Infine, tre o quattro
PRIMO PIANO
volte all’anno, è consigliabile seguire una stigio. Credo che i numeri parlino da soli. Abbiamo avuto oltre 500 partecipanti, dieta mima-digiuno». Dopo Longo, è intervenuto Barry Se- abbiamo ammesso anche uditori e abbiaars, il biochimico statunitense ideatore mo attivato la diretta streaming per chi della dieta zona: «Il futuro della medicina non è potuto venire a Roma. Le relazioni – ha dichiarato – sarà quello di aiutarci a scientifiche che abbiamo potuto ascolvivere meglio e a guarire. Questo accadrà tare – ha aggiunto D’Anna – sono serviattraverso una adeguata risposta di riso- te a far intendere a tutti che la scienza luzione dell’infiamdella nutrizione non mazione, tramite ciò serve solamente a che mangiamo». problemi di Longo: “L’alimentazione del risolvere obesità o questioni Per l’Ordine Nanostro tempo deve essere estetiche, ma ha il zionale dei Biologi, erano anche presen- focalizzata sui pilastri della compito di interagire nel rapporto tra le ti il vicepresidente longevità sana” persone e l’ambienPietro Miraglia il sete, attraverso il pogretario Duilio Lamtere disintossicante berti, i consiglieri Claudia Dello Iacovo, Stefania Papa, degli alimenti di una dieta corretta». Delle politiche formative, ha parlato Franco Scicchitano e il direttore Pasquala consigliera delegata Claudia Dello Iale Piscopo. Durante la seconda giornata, «abbia- covo: «Sono orgogliosissima – ha detto – mo potuto ascoltare – ha detto il presi- che i miei colleghi si stiano occupando di dente D’Anna – gli interventi scientifici di una scienza così importante e che ormai esponenti internazionali di enorme pre- è rientrata nella vita di tutti quanti citta-
dini. Ricordo che siamo quello che mangiamo e quindi che i biologi occupano un posto importante in questa disciplina scientifica». Tra i coordinatori scientifici dell’evento, Renato Fani presidente del Corso di laurea in Scienze biologiche dell’Università di Firenze: «È stato un convegno molto interessante – ha commentato – dove sono state messe a confronto molte esperienze, molte culture e molte anche professionalità diverse che hanno dato l’impressione anche di una forte sinergia volta a trovare soluzioni a problemi abbastanza complessi». A portare i saluti dell’Enpab, la Cassa di previdenza dei Biologi, la presidente Tiziana Stallone: «Una giornata di grande interesse. I miei complimenti all’Ordine Nazionale dei Biologi, al presidente D’Anna, al comitato scientifico e al delegato della Nutrizione, Zocchi, per questo evento di grande qualità. C’è molta confusione nella nutrizione. Qui, invece, c’è stata chiarezza». Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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PRIMO PIANO
Vincenzo D’Anna, presidente dell’Onb.
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Valter Longo.
PRIMO PIANO
Barry Sears.
Pietro Miraglia.
Duilio Lamberti.
Stefania Papa.
Tiziana Stallone.
Vincenzo D’Anna e Gianni Zocchi.
Claudia Dello Iacovo.
Pasquale Piscopo e Franco Scicchitano.
Alberto Spanò, delegato dell’Onb per le regioni Lazio e Abruzzo.
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PRIMO PIANO
Da sinistra, Giuseppe Passarino, Vincenzo D’Anna, Francesca Ferrandino, Franco Scicchitano e Pietro Sapia.
Inaugurata la sede dell’Ordine in Calabria D’Anna (Onb): “Prosegue il percorso della regionalizzazione” CATANZARO
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naugurata la sede regionale dell’Ordine Nazionale dei Biologi della Calabria, i cui uffici si trovano a Catanzaro Lido in via Melito Porto Salvo. Alla cerimonia del 18 ottobre è intervenuto il presidente Vincenzo D’Anna che ha spiegato l’importanza della dislocazione territoriale dell’Onb per la categoria. «La regionalizzazione - ha detto D’Anna – sarà effettiva dalla prossima consiliatura. Ma con l’apertura delle delegazioni, questo percorso ha inizio. Le aree territoriali cominceranno a concentrarsi sulle proprie specifiche esigenze, naturalmente con la supervisione l’aiuto dell’Ordine nazionale». In rappresentanza del Consiglio dell’Ordine erano anche presenti il consigliere Franco Scicchitano, delegato regionale per la Calabria, e il tesoriere Pietro Sapia. «Questa – ha detto Scicchitano – è la casa dei biologi calabresi. Abbiamo già iniziato una serie di incontri con le varie istituzioni per predisporre dei protocolli di intesa finalizzati alla formazione. Abbiamo chiuso l’accordo con l’Arpa della Calabria e, nel mese di novembre, faremo con loro un convegno sulle specie aliene. Abbiamo anche fatto una convenzione con le università di Catanzaro e di Cosenza di biologia con
Vincenzo D’Anna, presidente Onb, e Francesca Ferrandino, Prefetto di Catanzaro.
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cui quindi collaboreremo per fare corsi di alta formazione. Infine, collaboreremo con le Camere di commercio». All’inaugurazione ha preso parte il Prefetto di Catanzaro, Francesca Ferrandino, e Arturo Bova, presidente della commissione speciale contro la ’Ndrangheta della Regione Calabria e Giuseppe Passarino, docente dell’Università di Cosenza. «Questa inaugurazione – ha commentato il Prefetto – svela un mondo che può essere un volano importante di scambio di idee interistituzionali per il bene di un territorio». Durante l’evento è stata consegnata la borsa di studio che l’Ordine ha dedicato alla memoria di Matteo Vinci, biologo calabrese ucciso nel 2018 dalla ’Ndrangheta con un’autobomba nel Vibonese. Per l’occasione, erano presenti i suoi genitori. Vincitrice della borsa, la biologa Giovanna Basile con un progetto che mira a valutare la concentrazione dei metalli pesanti nei soggetti residenti a Crotone. All’inaugurazione hanno anche partecipato Eduardo Lamberti Castronuovo, commissario dell’Onb per la Calabria, e Santo Altomari componente del Cda dell’Enpab, la cassa di previdenza dei biologi.
PRIMO PIANO
Franco Scicchitano, Vincenzo D’Anna e Laurie Lynn Carelli.
Franco Scicchitano, delegato dell’Onb per la regione Calabria.
Foto di gruppo con i genitori di Matteo Vinci.
Arturo Bova.
Vincenzo D’Anna.
Giovanna Basile.
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PRIMO PIANO
Forum Sistema Salute alla Leopolda di Firenze.
Forum sulla Salute a Firenze Papa (Onb): “Biologi in prima linea per la prevenzione oncologica” FIRENZE
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uturo e innovazione per la lotta al cancro. Si è parlato di questo nel corso del Forum sulla Salute organizzato dalla società Koncept all’interno della Stazione Leopolda di Firenze, il 10 e 11 ottobre scorsi. Un incontro con esperti e cittadini, spiegano i coordinatori dell’evento, per garantire una corretta informazione ai malati, ma anche e soprattutto per adeguare l’organizzazione del servizio sanitario alla reale fruibilità di nuove opportunità. Nel corso della prima sessione scientifica dal titolo “Cracking cancer. Cosa c’è dietro l’angolo”, è intervenuta Stefania Papa, consigliere dell’Ordine Nazionale dei Biologi e delegato regionale per la Toscana e l’Umbria. «Come delegazione della regione Toscana e per volontà dell’intero Consiglio – ha spiegato – abbiamo pensato di portare il contributo dei biologi all’interno delle professioni sanitarie, dove siamo entrati a pieno titolo da due anni. I biologi si sentono parte attiva della prevenzione nell’ambito oncologico, ma soprattutto parte integrante e importante nell’ambito della ricerca e sviluppo che genera tutta una serie di passaggi determinanti perché, oltre a porre l’attenzione sulla
cura della malattia oncologica, si tenga conto anche dello stile di vita dei malati e delle loro famiglie». All’evento ha preso parte Edy Virgili, biologa nutrizionista portavoce di un progetto di integrazione territoriale composto da biologi nutrizionisti, medici oncologi, psicologi e biologi esperti in tossicologia ambientale. Nelle due giornate fiorentine si è parlato di benessere dei cittadini, di nuove frontiere della medicina e di sfide che il sistema sanitario nazionale è chiamato ad affrontare con un approccio attento all’innovazione e alla sostenibilità. Tra workshop, dibattiti e il forum c’è stato un susseguirsi di circa 40 eventi ai quali hanno preso parte oltre 500 esperti in campo sanitario, tra cui biologi, medici, ricercatori, oltre che studenti e associazioni di settore. «La categoria dei Biologi rientra a pieno titolo tra le professioni sanitarie - ha commentato il presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi, Vincenzo D’Anna –. Eventi come questo servono a definire un quadro di confronto che poggia le sue basi sulla multidisciplinarietà che è il valore aggiunto di un sistema sanitario virtuoso e che vede i Biologi giocare un ruolo di primo piano».
Stefania Papa con Fiorella Belpoggi, di cui è stata proiettata l’intervista a Firenze.
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PRIMO PIANO
Stefania Papa, delegata dell’Onb per le regioni Toscana e Umbria.
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PRIMO PIANO
Organizzatori e docenti.
Orientamento per biologi a Bologna Sapia (Onb): “I giovani si avvicinino alla professione consapevolmente” BOLOGNA di Stefania Papa*
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i è svolto il 10 ottobre scorso a Bologna, nella sede di Botanica del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche ed ambientali dell’Università Alma Mater Studiorum, il seminario di orientamento alla professione di biologo organizzato dall’Ordine Nazionale dei Biologi. All’incontro hanno preso parte numerosi neolaureati in Biologia e prossimi all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione. «Sono oltre 30 ai settori in cui Biologi possono operare - ha spiegato Vincenzo D’Anna - presidente dell’Ordine. Pertanto, è fondamentale che i ragazzi conoscano i possibili sbocchi lavorativi offerti dalla nostra professione». Per l’Onb è intervenuto il consigliere tesoriere Pietro Sapia, delegato regionale per l’Emilia-Romagna e Marche: «Come delegato regionale – ha detto – sono felice di avere dato inizio a questa a questa kermesse e ci adopereremo per organizzarne altre in futuro. È un momento importante per avviare l’orientamento alla professione post-universitaria. I giovani hanno
Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche ed ambientali dell’Università di Bologna.
Consigliere dell’Onb, delegata nazionale per l’igiene, la sicurezza e qualità degli alimenti, delegata per le regioni Toscana e Umbria.
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bisogno di sapersi organizzare e guardarsi intorno, sapendo che dopo l’esame di Stato bisogna avviarsi alla professione puntando su preparazione e formazione». Sull’importanza dell’orientamento professionale per gli studenti e sul ruolo attivo dell’Ordine nell’ateneo bolognese hanno parlato Stefano Del Duca, presidente del Corso di laurea in Scienze biologiche, e Piera Versura docente della scuola di Medicina. «Gli studenti – ha detto Del Duca – devono capire e orientarsi per le scelte consapevoli. Avere a fianco dei docenti universitari e anche l’Ordine professionale che effettivamente si spende sul campo della professione del biologo, può dare un’idea delle varie possibilità della professione a cui i biologi possono guardare nel proprio futuro». Piera Versura ha spiegato che «il corso è stato strutturato in modo che in ogni sessione ci fosse un docente a spiegare come si diventare un professionista in un determinato settore, perché è importante capire come trasformare le conoscenze teoriche acquisite in ambito universitario in attività pratica”. Tra i docenti che hanno partecipato all’evento, Stefania Papa, consigliere dell’Onb e delegata nazionale all’Igiene, sicurezza e qialità degli alimenti, Luigi Lanni, biologo dell’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, Matteo Montanari, biologo esperto di biotutela dei beni culturali, ed Elena Pilli, biologa antropologa molecolare.
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Stefano Del Duca.
Pietro Sapia, delegato dell’Onb per le regioni Emilia-Romagna e Marche.
Elena Pilli.
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Il trattamento del malato oncologico Scicchitano (Onb): “Evento inaugurale dell’Onb della Calabria” CATANZARO
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importanza di un approccio multidisciplinare nel trattamento del malato oncologico. È il tema del convegno organizzato il 19 ottobre scorso all’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro dall’Ordine Nazionale dei Biologi in collaborazione con la scuola di specializzazione Scienze dell’alimentazione dello stesso ateneo e l’Associazione scientifica Biologi calabresi. Promotore dell’evento è stato Franco Scicchitano, consigliere dell’Onb e delegato regionale per la Calabria: «Per questo convegno inaugurale della sede calabrese dell’Onb – ha detto Scicchitano – abbiamo voluto invitare, oltre ai biologi, medici e psicologi perché riteniamo che per alcune patologie, tipo quella oncologica, sia necessario un approccio multidisciplinare per promuovere la ricerca e le cure». Alla realizzazione del convegno hanno collaborato la biologa Francesca Casadonte ed Ennio Avolio, presidente dell’Associazione Biologi calabresi. «Il mio intervento – ha detto Casadonte – si è focalizzato principalmente sull’illustrazione delle conoscenze nutrizionali ben conclamate in letteratura e sulla illustrazione di diverse ricerche scientifiche in vitro e in vivo che riguardano la restri-
Università di Catanzaro.
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zione calorica, il digiuno intermittente o la dieta chetogenica». Ennio Avolio ha spiegato che «questo è nato dall’esigenza dei Biologi nutrizionisti di conoscere quelli che sono i meccanismi sia biologici sia biochimici nel trattamento di un malato oncologico». Oltre 100 i partecipanti giornata tra biologi e medici. Degli approcci innovativi nel settore dell’oncoematologia, ha parlato Marco Rossi medico e docente dell’Ateneo di Catanzaro. «la terapia oncologica ed ematologica – ha detto Rossi – ha subito un radicale cambiamento negli ultimi anni, perché stiamo progressivamente andando da un trattamento classico di chemioterapie verso un trattamento mirato, secondo le nuove conoscenze biologiche verso un trattamento mirato, secondo le nuove conoscenze biologiche». Tra i relatori della giornata erano presenti i docenti dell’Università di Catanzaro Arturo Pujia (“la malnutrizione è una regola nei pazienti affetti da tumore”) e Ludovico Abenavoli (“il microbiota incide sia da un punto di vista metabolico sia da un punto di vista oncologico). Con loro sono intervenuti il biologo Claudio Pecorella e la psico-oncologa Maria Domenica Iuvaro.
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Arturo Pujia.
Franco Scicchitano, delegato dell’Onb per la regione Calabria.
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PRIMO PIANO
“Mare Futuro”. In Puglia per l’ambiente Dello Iacovo: “Diamo il via alla delegazione di questa regione” BARI
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ostenibilità ambientale ed ecosistema delle nostre acque. Questo l’argomento al centro del convegno “Mare futuro, conservazione sostenibilità e nuove risorse” organizzato lo scorso 26 ottobre all’interno dell’Hotel Excelsior di Bari dall’Ordine Nazionale dei Biologi in collaborazione con le Arpa di Puglia e Basilicata. «In un ambiente malato – ha spiegato Vincenzo D’Anna presidente dell’Onb – non c’è salute per gli individui. Esiste una osmosi continua tra l’ambiente è l’uomo. Ma l’uomo ha ritenuto di poter aggredire la natura e di poterla sfruttare senza limiti. Di conseguenza, il mare è infestato da sostanze chimiche e microplastiche e le terre dei fuochi sono intossicate da metalli pesanti, diossina e polveri sottili». L’evento è stato coordinato da Franco Scicchitano, consigliere dell’Ordine, e da Maurizio Durini. biologo e componente del Consiglio Nazionale dell’Onb. «Abbiamo voluto organizzare questa iniziativa – ha commentato Durini – sulla difesa del mare, sulla sua conservazione, sulle opportunità che il mare ci può offrire se ben curato e se tenuto conservato in uno stato di salute, perché vogliamo offrire alle nuove generazioni un messaggio di speranza. Il tito-
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lo che abbiamo scelto per il convegno indica proprio questo». Con loro era presente Claudia Dello Iacovo, consigliere dell’Onb delegata per le regioni Puglia e Basilicata. «Siamo qui – ha detto – per il primo evento organizzato nella regione Puglia. In qualità di delegata di questa regione, che si distingue per le sue coste, sono felice del fatto che abbiamo avviato le nostre attività formative proprio con un convegno dedicato al mare. Dunque, è importante che l’Ordine si occupi di quello che è il ruolo del biologo nell’ambito delle Arpa e della tutela delle acque». Tra i relatori, era presente Antonella Leone dell’Istituto di Scienze per le produzioni alimentari del Cnr di Lecce. «Ci stiamo occupando in questi ultimi tempi – ha detto – di utilizzazione di meduse per uso alimentare o per l’estrazione di composti bioattivi. Nell’ambito di un progetto europeo, l’Italia si occupa proprio di sviluppare dei sistemi di utilizzazione di queste risorse in termini di sviluppo di nuovi processi alimentari». Oltre 150 i partecipanti al convegno tra cui Biologi docenti universitari ingegneri ed esperti di tematiche ambientali. Per l’Onb era presente anche il direttore Pasquale Piscopo.
PRIMO PIANO
Maurizio Durini.
Franco Scicchitano.
Vincenzo D’Anna, presidente dell’Onb.
Amedeo Postiglione, direttore Fondazione Icef.
Claudia Dello Iacovo, delegata dell’Onb per le regioni Puglia e Basilicata.
Vito Bruno, direttore generale Arpa Puglia.
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BIOLOGIA DEL PALAZZO
IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI APRE IL DOMINIO DELLE RIFORME Ma se la legislatura arriverà al 2023, il nuovo presidente della Repubblica sarà eletto da Camere “superate” di Riccardo Mazzoni
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l voto definitivo sul taglio dei parlamentari dovrebbe aprire un effetto domino impressionante di riforme, di cui tre costituzionali: Senato non più eletto su base regionale ma circoscrizionale (come la Camera), elettorato attivo e passivo delle due Camere uniformato (18 e 25 anni) e diminuzione del numero di delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica. C’è poi da completare l’iter del referendum propositivo, e sullo sfondo resta anche la proposta di introdurre l’istituto della sfiducia costruttiva. Ma poi bisognerà modificare – per via ordinaria - la legge elettorale allo scopo di minimizzare gli effetti del taglio dei parlamentari sulla rappresentanza: con 400 deputati e 200 senatori, infatti, il rapporto tra popolazione ed eletti diventerà più basso rispetto a Francia,
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Germania e Gran Bretagna, e se restas- istituzionale, ma come un mosaico abse in vigore il Rosatellum ognuno degli borracciato di tasselli messi insieme alla appena 67 senatori eletti col sistema rinfusa. La prima obiezione è scontata: maggioritario rappresenterebbe da solo l’unica riforma in grado di sveltire il proben 800mila elettori, numero destinato cesso legislativo, anche senza rafforzare a crescere se prenderà corpo anche la i poteri del governo, sarebbe la cancelbrillantissima idea lazione del bicamedel voto ai sedicenralismo perfetto, ni. Non basta: alla La riforma che sveltirebbe che gli italiani hanfine di questo fatino però bocciato il processo legislativo coso percorso docol referendum del sarebbe la cancellazione 2016. vranno forzatamente essere modificati del bicameralismo perfetto Ora invece si anche i regolamenti va nella direzione di Camera e Senato. esattamente oppoSembra incredibile, ma se andas- sta visto che, unificando gli elettorati sero davvero in porto tutte queste ri- di Camera e Senato, il bicameralismo forme ci troveremmo davanti a una le- da perfetto diventerà più che perfetto, gislatura costituente a sua insaputa, la bypassando così, con un colpo di spuCostituente più scalcinata, improvvisata gna, tutte le problematiche emerse nel e improvvida della storia, in cui il dise- dibattito alla Costituente, che si pose la gno riformatore non nasce con una sa- questione se fosse opportuno o no, una piente visione della nuova architettura volta scartato il monocameralismo, tra-
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Sopra, Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica. Sotto, il Palazzo del Quirinale a Roma, sede del Capo della Stato.
sformare il Senato in un mero doppio- parlamentari non saranno mai più riene della Camera. L’idea dei Costituenti letti, e prima di rinunciare al seggio voera quella di un bicameralismo perfetto terebbero qualsiasi governo e qualsiasi ma con una Camera - quella Alta - più combinazione politica, come in effetti è matura e quindi in grado di correggere già avvenuto. Per lo stesso motivo la moeventuali storture, forzature o errori, e difica della legge elettorale, che doveva in certi casi in effetessere contestuale ti la tanto deprecaal taglio dei parlaL’attuale maggioranza ta navetta è servita mentari, è stata inanche a trovare sovece rinviata sine deve arrivare almeno luzioni legislative die, per non mettere fino al 2022 per eleggere una pistola carica a più corrette. Ora invece avremo due il nuovo capo della Stato chi volesse andare copie perfettamenanticipatamente al te uguali, sperando voto e per non deleche non siano brutte copie. gittimare un Parlamento eletto con una Ma, come accade spesso nella vita, legge diversa. il veleno sta nella coda. Sappiamo tutti Ma se il discorso vale per il camche tra le nobili ragioni alla base del ta- bio della legge elettorale, deve valere a glio dei parlamentari ce n’è stata anche maggior ragione per una riforma costituuna lievemente più prosaica: blindare zionale che incide in profondità nel rapper cinque anni la legislatura contando porto tra eletti ed elettori. Con un’agsulla certezza che più della metà dei gravante di non poco conto: una delle
ragioni sociali dell’attuale maggioranza è quella di arrivare almeno al 2022, ossia all’elezione del nuovo presidente della Repubblica, per sottrarre ancora una volta questa chance al centrodestra. Ma un capo dello Stato eletto da una platea di grandi elettori diversa da quella prevista dalla nuova Costituzione, e da un Parlamento a sua volta eletto prima del taglio dei parlamentari e della nuova legge elettorale, non rischierà di nascere se non delegittimato, quantomeno “imperfetto”? Non un’anatra zoppa, ma quasi. Il settennato al Quirinale fu previsto per mantenere il garante delle istituzioni al di sopra delle contingenze politiche - nessuno mise in discussione la legittimità di Napolitano quando due anni dopo la sua elezione vinse il centrodestra - ma il caso che si profila è di natura diversa, perché legato a una modifica costituzionale a cui il nuovo presidente resterebbe estraneo. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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Piccole-medie imprese e autonomi possono subire 122 controlli l’anno
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e piccole e medie imprese italiane posso potenzialmente subire 122 controlli all’anno da parte di 19 diversi enti pubblici. Mentre i contribuenti “avvicinati” dal fisco sono stati quasi tre milioni e nella stragrande maggioranza dei casi questi soggetti erano titolari di una partita Iva (imprese, artigiani, commercianti o liberi professionisti). Sono i dati diffusi dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha aggiornato la periodica elaborazione sui possibili controlli che una Pmi può incorrere durante l’anno. A intervenire possono essere Inps, Inail, Ispettorato Nazionale del Lavoro, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Guardia di Finanza, Aziende/ Unità sanitarie locali, Vigili del Fuoco, Camere di Commercio, Autorità garante della Privacy, Carabinieri forestali, Nas, Noe, Siae e altre. L’area più “a rischio” è quella che riguarda ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro, visto che è interessata da 60 possibili controlli che possono essere effettuati da 11 enti ed istituti diversi. Per il fisco, invece, il numero dei controlli è pari a 30 e sono 6 le agenzie e gli enti coinvolti. Per la contrattualistica: nell’area lavoro il numero dei possibili controlli si attesta invece a 21, e il settore amministrativo registra 11 controlli che sono ad appannaggio di 7 diversi enti ed istituti. Il problema è che le piccole e medie imprese sono oberate da un’autentica valanga di adempimenti dovuti a una giungla di norme spesso incomprensibili e in molti casi in contraddizione fra loro. Pertanto, l’ipotesi di un controllo viene vissuta dal titolare dell’attività come un incubo che rischia di gettare nel panico chiunque. Per superare questa situazione è auspicabile la riduzione del quadro normativo generale, rendendo più semplici e comprensibili le leggi, i decreti, le ordinanze, le circolari e i regolamenti attuativi. Altrimenti, la forte discrezionalità di cui beneficiano coloro che sono chiamati ad eseguire le attività ispettive non verrà mai meno.
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a manovra economica approvata “salvo intese” dal consiglio dei ministri e spedita a Bruxelles – che chiederà chiarimenti – viene già messa in discussione dalla maggioranza e nessuno ancora può sapere con quante modifiche uscirà dal Parlamento. Ma intanto è sicuro che ci sono nuove tasse per 10,6 miliardi e che le riduzioni di imposta sono soltanto 2,7 miliardi per la riduzione del cuneo fiscale, che dovrebbe portare una quarantina di euro in più al mese per ogni lavoratore. Il governo si è trovato a operare con margini strettissimi, dovuti all’impegno di disinnescare le clausole Iva, e quindi era difficile aspettarsi che venisse applicata l’equazione della riduzione delle spese e dell’aumento della crescita che ovunque applicata ha dato risultati straordinari e che consiste in meno tasse sulle famiglie, sulle imprese e sul lavoro per produrre più consumi, più produzione, più posti di lavoro e anche maggiori aumenti nelle
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LA MANOVRA “SALVO INTESE” ALLA PROVA DEL PARLAMENTO Disinnescate le clausole Iva, ma mancano stimoli alla crescita e la spesa pubblica continuerà ad aumentare
casse dello Stato. Una maggioranza come questa, tutta sbilanciata a sinistra, non poteva percorrere questa strada. Il problema vero di questa manovra, però, è che perpetua il circolo vizioso in cui le spese di ieri vengono coperte col debito di domani. Dei 23 miliardi di clausole Iva per il 2020, 19 sono eredità dei governi Renzi-Gentiloni e 4 del primo esecutivo Conte, quello gialloverde, Questa somma, unitamente al nuovo debito creato, è servita per lo più a finanziare spesa corrente come gli 80 euro di Renzi, quota 100 e reddito di cittadinanza, provvedimenti che hanno avuto un impatto minimo sull’economia: su 10 miliardi di spesa per il bonus Renzi l’incremento dei consumi è stato infatti di 2 miliardi, mentre le altre hanno un impatto sul Pil dello 0,2 per cento. Ebbene: nessuna di queste misure è stata cancellata, modificata o migliorata. Insomma: il modo per disinnescare le clausole è sempre quello abusato del ricorso a maggior deficit, che infatti aumen-
ta con questa manovra di ben 14 miliardi, e le clausole Iva per il 2021sono ancora tutte da disinnescare. Ma vediamo cosa ci riserva questa manovra di fine anno. Tasse e spesa pubblica – Si calcola una stangata fiscale di oltre 75 miliardi di euro da ora al 2022, e uscite del bilancio statale in crescita per quasi 55 miliardi. Tasse e contributi previdenziali cresceranno di 75,3 miliardi. L’incremento sul costo del lavoro per le imprese sarà di oltre 20 miliardi. Le imprese avrebbero bisogno di pagare meno tasse e invece ne pagheranno sempre di più.
Disinnescate le clausole Iva, mancano stimoli alla crescita e la spesa pubblica continuerà ad aumentare
Spread – Grazie al calo dello spread lo Stato risparmierà 8,4 miliardi dovuto ai minori esborsi sul fronte della spesa per interessi, ma nonostante questo le uscite dal bilancio pubblico continueranno a crescere per l’assoluta mancanza della spending review. Pressione fiscale – Dal 41,8% del 2018, si passerà al 41,9% nel 2019, al 42,6% nel 2020 e nel 2021 e al 42,3% nel 2022”. Questo mentre il Pil – secondo le stime di Confcommercio salirà solo dello 0,1% quest’anno e appena dello 0,3% nel 2020. Meno, insomma, del previsto. Iva – Per quest’anno l’Iva non aumenterà, ma nel 2020 verrà probabilmente “rimodulata”, e questo significa che allora qualche aumento ci sarà. Secondo Unimpresa, si nasconde una stangata da 5 miliardi di euro per i contribuenti. Cuneo fiscale - Il prospettato taglio sarà lievissimo, più o meno 40 euro al mese in media per busta paga, e solo a partire da luglio 2020. (R. M.). Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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UN MICROCHIP PER COMBATTERE L’OSTEOARTROSI di Carmine Gazzanni
Il professor Rasponi: “La bioingegneria determinante, ma servono più fondi”
n sofisticato chip delle dimensioni di una moneta in cui è possibile coltivare cartilagine e sottoporla successivamente a stimoli meccanici capaci di generare gli effetti dell’osteoartrosi (OA). Questo è lo straordinario risultato ottenuto nel laboratorio MiMic (“Microfluidic and Biomimetic Microsystems”) del Politecnico di Milano da Marco Rasponi, coordinatore della ricerca assieme ad Andrea Barbero dell’Ospedale Universitario di Basilea. «L’auspicio – spiega lo stesso Rasponi – è che avere ora a disposizione un modello in vitro maggiormente rappresentativo dell’OA possa rendere più efficaci le fasi pre-cliniche dello sviluppo dei farmaci: individuando precocemente il comportamento che una molecola avrà nell’uomo, riducendo l’utilizzo di modelli animali, e contribuendo finalmente alla scoperta di farmaci in grado di invertire gli effetti della patologia». Partiamo però dall’inizio, professore. Com’è nata l’idea di occuparsi dell’osteoartrosi con un chip? «L’idea è nata nel contesto di una collaborazione con il “Tissue Engineering Group” dell’Ospedale Universitario di Basilea guidato dal professor Ivan Martin. Nel 2015 al Politecnico di Milano avevamo sviluppato una nuova tecnologia in grado di fornire una stimolazione meccanica estremamente controllata a microcostrutti cellulari tridimensionali in coltura, dimostrandone l’efficacia tramite un innovativo dispositivo heart-onchip: un semplice “allenamento” dei cardiomiociti tramite una stimolazione ciclica e uniassiale, permetteva la generazione di micro-costrutti cardiaci funzionali in tempi estremamente ridotti. In quello stesso periodo Martin stava conducendo sperimentazioni cliniche per il trattamento di lesioni articolari di tipo non degenerativo. Sedendoci a un tavolo abbiamo pensato a un modo di combinare le nostre esperienze per provare ad affrontare l’osteoartrosi (OA)».
Lascia sempre riflettere come un l’induzione di uno stato infiammatorio o oggetto grande come una moneta pos- l’assunzione di un fenotipo ipertrofico) non sa avere effetti incredibili sulla salute avviene attraverso la somministrazione di umana... cocktail di citochine, ma è scatenata da uno «La miniaturizzazione sta entrando dei fattori di rischio della patologia stessa, sempre più in vari ambiti della nostra vita. ovvero l’alterazione della meccanica artiBasti pensare a dispositivi indossabili ormai colare. L’auspicio è che avere ora a dispodi utilizzo comune, quali smartwatch, che sizione un modello in vitro maggiormente contengono molteplici sensori in grado di rappresentativo dell’OA possa contribuitr fifunzionare molto meglio degli equivalenti su nalmente alla scoperta di farmaci in grado di macroscala. La miniaturizzazione comporta invertire gli effetti della patologia. Purtropun cambio degli effetti che i fenomeni fisici po, infatti, ad oggi non è disponibile alcun hanno rispetto a una scala dimensionale a trattamento farmacologico davvero efficace, cui siamo abituati nella quotidianità. Utiliz- e la protesizzazione rimane l’unica alternatizando in maniera appropriata questi “nuovi va per i casi di OA avanzata». effetti” è possibile ottenere enormi benefiOra è stato finanziato un progetto ci. La riduzione di scala è ormai un dato di in risposta alla call «Ricerca Biomedica fatto anche in ambito biomedicale: si pensi sulle malattie legate all’invecchiamenad esempio a sensori monouso per il moni- to 2018». Crede sia possibile “sconfigtoraggio del glucosio o ai test di gravidanza. gere” l’invecchiamento? Più di recente sta prendendo piede anche «L’innalzamento dell’età media della nell’ambito della biologia cellulare». popolazione sta incrementando l’incidenza La miniaturizzazione e il vostro delle patologie legate all’invecchiamento. studio hanno permesso di avere anche Fortunatamente i Paesi economicamente un chip capace di ricreare tramite sti- più avanzati si stanno prendendo carico della moli meccanici la patologia dell’osteo- ricerca in questo ambito, sia tramite finanartrosi. Quali potranno essere i bene- ziamenti pubblici, sia grazie al contributo di fici? enti filantropici privati. «Il nostro chip Non sappiamo se sia Realizzato nel laboratorio possibile “sconfiggere” permette di generare micro-costrutti cartil’invecchiamento, di “Microfluidic and laginei sani a partire certo possiamo tentada condrociti primari, Biomimetic Microsystems” re di comprenderne prelevati da pazienti. del Politecnico di Milano meglio i meccanismi Abbiamo dimostrato e, così facendo, procome la stimolazione vare a contrastarne i meccanica, a seconda della sua intensità, principali attori. L’utilizzo di dispositivi come possa mantenerne un fenotipo sano oppure gli organi su chip ci permette di scomporre portare a una degenerazione verso uno sta- il problema nelle singole variabili: di isolare to osteoartrosico». un parametro, comprenderne l’effetto e poi Qual è la differenza con il passato? reintrodurlo in un ambiente più comples«Rispetto ad altri modelli sta nel fatto so ma altamente controllato. La speranza è che l’attivazione di pathways (i passaggi, quindi quella di riuscire a compiere piccoli ndr) tipici della patologia (quali ad esem- passi, ma significativi, grazie al sempre mipio l’accentuazione dei processi catabolici, gliore controllo sperimentale, in modo da
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Chi è
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«La ricerca in Italia è di notevole spessopoter rallentare la progressione dell’invecre, in particolare se si raffronta l’investimento chiamento». Visti questi sviluppi, quanto è fon- pubblico nel settore con quello dei principali damentale, oggi, la ricerca in bioinge- Paesi europei e non. Purtroppo, la scarsità di investimenti si fa sentire più forte proprio in gneria nel campo medico e non solo? «La sinergia tra medici e ingegneri ha quegli ambiti ad alto tenore di innovazione, contribuito a sviluppi importanti nell’ambito come la bioingegneria, che richiedono strudella salute. La bioingegneria è nata proprio mentazioni e infrastrutture sempre al passo con l’intento di rafforzare questa sinergia, coi tempi. Se l’onere di questi upgrade viene favorendo la creazione lasciato ai singoli istidi un linguaggio cotuti o, ancor peggio, L’idea è nata da una ai singoli gruppi di rimune tra questi due cerca, la conseguenambiti e lo sviluppo di collaborazione con il za è che la tecnologia nuovi strumenti abilitanti per l’avanzamen- “Tissue Engineering Group” venga abbandonata. Dal punto di vista to della ricerca medidell’Ospedale di Basilea della ricerca, tale feca. Come bioingegnere nomeno può essere avverto molto forte la richiesta di tecnologie avanzate da parte di mitigato dall’instaurarsi di collaborazioni con centri, spesso stranieri, all’avanguardia; tutcollaboratori medici e biologi». Sappiamo bene che in Italia la ri- tavia l’arretratezza costituisce un freno alla cerca non gode spesso di particolare tanto agognata attrattività internazionale, stima, specie quando si parla di ambiti che non può essere promossa solo tramite innovativi come, appunto, la bioinge- incentivi di tipo economico per i singoli rigneria. Ci sono, però, secondo lei spi- cercatori, bensì offrendo la garanzia di poter ragli di luce a riguardo oppure bisogna lavorare in contesti in grado di competere a livello internazionale». ancora lavorare tanto?
arco Rasponi è ricercatore principale nel laboratorio di microfluidica e biomimetica dei microsistemi (MiMic Lab) al Politecnico di mIlano. Ha conseguito allo stesso Politecnico un Master in Ingegneria biomedica (2002) e poi un dottorato di ricerca in Ingegneria Meccanica nel 2006 sulla progettazione di dispositivi della nanotecnologia finalizzati all’uso biomedico. Nel 2006 gli è stata assegnata la borsa di studio della Fondazione Rocca e da gennaio 2007 a maggio 2008 ha lavorato come borsista presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica del MIT. Dal 2015 è professore associato presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. La sua principale attività di ricerca riguarda la progettazione di dispositivi microfluidici per applicazioni biologiche. È autore di oltre 40 articoli scientifici su riviste internazionali peer-reviewed, 5 capitoli di libri, inventore di 6 domande di brevetto e co-fondatore di BiomimX , spin-off Company del Politecnico di Milano.
Marco Rasponi.
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PIANTE MARINE PER DARE OSSIGENO AI MARI CALDI
l riscaldamento globale incide, e tanto, anche sull’ambiente marino. Con l’aumento delle temperature negli oceani, infatti, ai pesci serve più ossigeno disciolto in acqua per sostenere il proprio metabolismo accelerato dal calore. Ma – ecco la novità – sono le piante a garantire la vita anche in acqua, come dimostrato da uno studio svolto nel Mar Rosso in una collaborazione fra la King Abdullah University of Science and Technology (Kaust) dell’Arabia Saudita e l’Università di Padova. Una scoperta fon- progredire del cambiamento climatico e damentale perché, come spiega il professor l’aumentare delle emissioni di nutrienti di Alberto Barausse del dipartimento di Bio- origine umana dalle zone costiere. La delogia dell’ateneo padovano, tra le altre cose ossigenazione degli oceani avrà un impatto «l’ossigeno è meno solubile in acqua calda non solamente sulla biodiversità marina, ma e inoltre temperature più alte accelerano la sul funzionamento stesso degli ecosistemi respirazione delle comunità marine e quindi e quindi sulla loro fornitura di servizi ecoil loro consumo dell’ossigeno disponibile». sistemici - e cioè di benefici concreti - alle Ciò dipende anche dall’attività società del nostro pianeta». umana? In concreto questo cosa vuol dire? «Anche. La concentrazione di ossigeno «Le faccio un esempio. La deossigenanegli ecosistemi acquatici è determinata da zione dei mari può diminuire l’abbondanza processi naturali e poi, appunto, dall’im- e diversità delle risorse ittiche così imporpatto delle attività umane. L’ossigeno, ad tanti per diverse economie costiere e - ad esempio, oscilla naturalmente passando dal esempio nei paesi in via di sviluppo - per la giorno alla notte perché la sua produzione sicurezza alimentare». da parte degli organiDa qui lo studio smi foto-sintetizzatori portato avanti con Con l’aumento delle avviene in presenza di il Kaust. Perché è luce. D’altra parte, ditemperature negli oceani stato scelto il mar verse attività umane Rosso come “locapossono causare una ai pesci serve più ossigeno tion” della vostra diminuzione dell’osricerca? disciolto in acqua sigeno disciolto negli «Il Mar Rosso è ecosistemi acquatici, uno dei mari più calspecialmente nelle acque interne e costiere: di della terra e inoltre si sta scaldando più si pensi ai carichi di nutrienti generati da at- velocemente della media globale degli oceatività industriali, zootecniche, agricole o di ni: rappresenta quindi un laboratorio ideale acquacoltura. Infine anche il riscaldamento per studiare la relazione fra riscaldamento degli oceani, connesso al cambiamento cli- dell’acqua e ossigenazione». matico globale, ha un ruolo nella diminuzioCos’è stato dimostrato? ne dell’ossigeno in ambiente marino». «Abbiamo dimostrato due cose. La priIn futuro cosa potrebbe accadere? ma è che - in ambienti costieri dove vi sono «La situazione dovrebbe peggiorare col importanti produttori primari come nelle
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Parla il professor Barausse dell’Università di Padova Lo studio condotto nel Mar Rosso
foreste di mangrovie, nelle lagune ricoperte da praterie di fanerogame marine o nelle barriere coralline costiere – la concentrazione di ossigeno disciolto è fortemente correlata alla temperatura, ma non con una correlazione negativa come ci aspetterebbe. Quello che abbiamo osservato è, infatti, che l’andamento giornaliero della temperatura è seguito fedelmente dall’ossigeno: quando l’acqua è più calda, durante le ore centrali della giornata, l’ossigeno disciolto può anche essere pari al 200-250% della concentrazione di saturazione, un valore enorme». Il secondo risultato, invece? «Abbiamo dimostrato che questa iperossia incrementa nettamente la tolleranza degli organismi al calore. La presenza di organismi foto-sintetizzatori può infatti soddisfare la domanda di ossigeno degli altri organismi che compongono le comunità marine e che risulta maggiore in acque calde, sia per il fatto che l’ossigeno è meno solubile che per il fatto che il calore accelera il metabolismo. Come abbiamo fatto a scoprirlo? Ricreando, tramite esperimenti in acquario in laboratorio, condizioni ambientali di acqua calda e con diversi gradi di ossigenazione, e testandone l’effetto sulla fisiologia di granchi, cetrioli di mare, stelle marine, bivalvi e pesci. Il risultato degli esperimenti è stato sorprendente: gli animali esposti ad acqua ricca di ossigeno durante il giorno sono decisamente più resistenti allo stress termico e per esempio
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contrario, il nostro studio lancia un messaggio sull’urgenza di azioni di conservazione: è prioritario proteggere e ripristinare ambienti costieri in pericolo come le praterie di fanerogame, le foreste di mangrovie e le barriere coralline, la cui flora acquatica è fondamentale per proteggere gli altri organismi marini dal riscaldamento globale». Riguardo al riscaldamento globale, © timsimages.uk/www.shutterstock.com secondo lei le istituzioni, nazionali e non, sono realmente consapevoli del sono in grado di sopravvivere a ondate di rischio che a lungo andare potremmo calore con temperature fino a 4°C maggiori correre? - un’enormità dal punto di vista biologico «Credo che non vi sia ancora abbastanrispetto ad animali in acqua contenente il za consapevolezza, anche se il vento sta livello di ossigeno che si avrebbe in assenza cambiando: gli esseri umani, e a maggior radi fotosintesi». gione i politici che sono influenzati nel loro In pratica si può dire quasi che le agire dalla necessità di ottenere risultati enpiante aiutano il mondo acquatico più tro la fine di mandati politici relativamente di quanto non faccia l’uomo... brevi, fanno fatica a ragionare su scale tem«Da questo studio emerge chiaramen- porali così lunghe e su problemi così globali te che gli organismi foto-sintetizzatori sono come nel caso del cambiamento climatico. fondamentali per il funzionamento degli Tutto questo ovviamente senza consideraecosistemi marini non soltanto dal punto re gli interessi economici che vanno messi di vista energetico, ma sono fondamentali in discussione se si vuole realmente impleper la persistenza delle comunità marine mentare azioni di contrasto al cambiamento anche dal punto di vista chimico. Gli organi- climatico globale. Proprio per la complessità smi foto-sintetizzatori della problematica del sono infatti in grado cambiamento globale, di influenzare l’ossi- «Abbiamo dimostrato che che è connessa a quegenazione dell’acqua stioni ambientali, sol’iperossia incrementa in modo così netto da ciali ed economiche, nettamente la tolleranza è fondamentale che permettere agli altri organismi di sopravvi- degli organismi al calore» la politica da un lato e vere ad acque davvel’attivismo ambientale ro calde». dall’altro si appoggiCome può influire questa scoperta no con rispetto all’imprescindibile lavoro di sul gravoso problema del riscaldamen- scienziati e ricercatori per identificare azioto globale? ni concrete di mitigazione e adattamento, «Il messaggio che emerge dal nostro il che vuol dire sia non adottare posizioni lavoro, per quanto riguarda il ruolo dell’uo- anti-scientifiche che non generare strumo, non è ovviamente che dobbiamo pre- mentali allarmismi che potrebbero portare occuparci meno del cambiamento climatico ad un’improduttiva interruzione del fondavisto che ci sono piante e altri organismi mentale dialogo tra istituzioni e società sul foto-sintetizzatori ad ossigenare l’acqua. Al tema». (C. G.)
Alberto Barausse.
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lberto Barausse oggi è ricercatore al dipartimento di Biologia all’Università di Padova, anche se nasce come modellista ecologico. «Ma forse proprio per questo la mia prospettiva è oggettiva: io credo che il ruolo della biologia nella ricerca marina e ambientale sia fondamentale, sia per quanto riguarda gli esperimenti in laboratorio che per quanto riguarda gli studi sul campo». La sua ricerca mira a comprendere l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi e in che modo i conseguenti cambiamenti ecologici a loro volta influenzano la società, per supportare la definizione di strategie di gestione sostenibile. Svolge ricerche su argomenti che vanno dall’ecologia teorica e applicata alla valutazione dell’impatto ambientale, fino allo studio di sistemi socio-ecologici e di conservazione della natura, specialmente nei corpi idrici.
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di Chiara Di Martino
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ltre la metà di tutta la plastica prodotta sul pianeta è progettata per essere usata una sola volta e poi gettata via. Si sono però accesi, finalmente, i riflettori sull’inquinamento ambientale derivante dall’utilizzo, divenuto ormai smodato, di questo materiale. Qualcuno lo chiama “effetto Greta”, ma, quale che ne sia l’origine, la sensibilità ambientale è nettamente in crescita. Persino in Italia, dove ogni anno vengono prodotti circa 210 chili di rifiuti da imballaggi pro capite, regalando al Belpaese il non meritorio terzo posto in Europa. Medaglia di bronzo, dunque, quanto a consumo di materiali non sostenibili: è pur vero che non tutti i prodotti in plastica possono essere facilmente sostituiti, quanto meno non nell’immediato, anche perché una vera rivoluzione richiede tempo e impegno da parte di una quantità enorme di soggetti, a partire dai produttori. Ma la nuova coscienza “green” passa attraverso i comportamenti dei singoli, ma anche attraverso politiche dirette per l’assunzione di una mentalità che comporti, un passo alla volta, l’adozione di abitudini eco-sostenibili. Ne è prova la diffusione, sempre crescente, di alternative alla plastica, la cui dispersione nell’ambiente causa problemi all’habitat di fauna e flora, con un conseguente inquinamento di aria, suolo, fiumi, laghi e oceani. Una delle possibilità più gettonate, al momento, è quella dell’alluminio: tante sono le iniziative, a livello nazionale e locale, a favore di questo metallo il cui riciclo, secondo i dati del Cial (il Consorzio Imballaggi alluminio, che si occupa di avviare al recupero e al riciclo gli imballaggi in alluminio raccolti, tramite raccolta differenziata, sul territorio italiano dai Comuni o dalle Società da questi delegate) si attesta, nel nostro
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paese, intorno all’80,2%. Nel 2018, infat- che hanno portato l’inquinamento amti, con 54.300 tonnellate riciclate (delle bientale da plastica a essere considerato 67.700 immesse sul mercato), l’Italia ha dagli studiosi come indicatore geologico saputo ritagliarsi una posizione di eccel- dell’avanzamento dell’era dell’Antropolenza a livello europeo per la quantità di cene (quella, cioè, attuale)? Per Livio alluminio riciclato prodotto. Giuliani, matematico e fisico, dirigente Il “terreno” del cambiamento sem- di ricerca del Servizio sanitario nazionabra essere pronto all’avvio: sempre più le e storico collaboratore del Codacons, Comuni e scuole ci sarebbe una solustanno optando per zione migliore. In Italia, i dati sul riciclio il metallo. Fioccano, Professore infatti, le donazioni Giuliani, dunque dell’alluminio si attestano di borracce in alluneanche l’allumiminio riutilizzabili attorno all’80 per cento, pari nio è la soluzione che possano sostia circa 54mila tonnellate ideale? tuire le bottiglie di «Non sono solplastica. Il target è tanto io a dirlo. Esipresto detto: i giovani, attualmente i più stono molti studi, tra cui quelli di Yehuda sensibili ai temi ambientali e veri fautori Shoenfeld, professore all’Università di di un cambio di rotta. Tel Aviv e indicato come il “padre dell’auLeggero, versatile, largamente utiliz- toimmunologia”, tanto per citarne uno zato nei prodotti da consumo dall’elet- tra i più autorevoli, che riconoscono la tronica al settore domestico: l’alluminio tossicità di questo metallo, considerato è ad oggi considerato una valida alterna- responsabile in maggior percentuale deltiva. Ma è davvero il materiale migliore la esponenziale crescita delle patologie per poterci buttare alle spalle gli eccessi immunitarie. Non è un caso che la Fda,
INTERVISTE
GIULIANI: «ALLUMINIO PER SOSTITUIRE LA PLASTICA? MEGLIO L’ACCIAIO» Le alternative eco-sostenibili agli imballaggi alimentari in poliuretano © H_Ko/www.shutterstock.com
la Food&Drugs Administration degli Sta- racce, ci sono sostanze in grado, più ti Uniti, ne abbia indicato il limite - per di altre, di accrescere la dispersione l’assunzione tramite alimentazione - a di alluminio nell’organismo? «In realtà no, si tratta di un fenomeno 0,85 milligrammi. Il suo utilizzo nell’industria alimentare è infatti piuttosto ampio naturale. Alcuni liquidi sono certamente ed è inevitabile entrarne in contatto, ma più aggressivi, ma non al punto da favoquando l’assunzione supera certi margini rirne il rilascio più di altri». si parla di tossicità per cellule, tessuti e E quale può essere l’alternativa? organi». «L’acciaio. SenIl problema za nulla togliere alla «Quando l’assunzione insorge anche in buona fede di chi oggi inizia a diffoncaso di assunzione supera certi margini dere la cultura delle di liquidi rimasti a si parla di tossicità per borracce in allumicontatto con l’alluminio? cellule, tessuti e organi» nio, se dobbiamo proporre un’opzione «Naturalmente che ci accompagni in questo caso siamo lontanissimi da quelle soglie prima citate, verso l’addio alla plastica è meglio guarma tutti i metalli tendono ad accumularsi dare a quest’altro materiale: l’acciaio nell’organismo, per questo la cosa va vista inossidabile, si disperde molto meno ed è in una prospettiva più ampia. Già le sue molto meno attaccabile da acidi e reagenfonti di assunzione sono tante, non mi ti. Se finora non ha preso piede è perché sembra un’idea felice accrescerne il nu- è più costoso dell’alluminio. Ma bisogna mero. Se lo chiede a me, in sintesi, scon- iniziare a parlarne, perché fa molti meno danni e a lungo andare se ne pagherà cosiglio l’utilizzo di borracce in alluminio». Tra quelle contenute nelle bor- munque il prezzo».
Chi è?
L
ivio Giuliani, decano biomatematico e fisico, è stato dirigente di ricerca dell’Ispesl (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) del Ministero della Salute. È nel panel scientifico dell’ECERI (Environmental Cancer European Research Institute) di Bruxelles e segretario scientifico dell’ICEMS (International Commission for ElectroMagnetic Safety, ovvero Commissione Internazionale per la Sicurezza dei Campi Elettromagnetici) di Venezia. Fondamentale il suo ruolo nello studio dell’interazione tra campi elettromagnetici e il sistema umano, nel 1998 ha monitorato le antenne RF e le emissioni delle linee ad alta potenza e, come membro del gruppo di lavoro interministeriale, ha dato il suo contributo alle norme adottate dal Governo italiano, ove ha proposto ed ottenuto per le esposizioni RF / MW il limite massimo di 6 V / m (decreto 1988/381). È il responsabile scientifico del Codacons.
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SALUTE
di Daniele Ruscitti
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on trascurare le infezioni, tenere sotto controllo il peso, fare sport, evitare fumo e droghe. Sono alcuni dei consigli per proteggere la fertilità contenuti nel decalogo curato dagli esperti del Registro nazionale procreazione assistita dell’Istituto superiore di Sanità, in occasione della giornata nazionale della fertilità, celebrata lo scorso 22 settembre. Secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della Sanità l’infertilità è una patologia che si manifesta con assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti. Si stima che in Italia le coppie che soffrono di infertilità siano il 15%. Tra coloro che in Italia hanno fatto ricorso a tecniche di procreazione assistita, secondo i dati del Registro, risulta che nel 2017 più di 78mila coppie infertili si sono rivolte a centri di Pma per avere un bambino. Nel 41% dei casi con una diagnosi di infertilità femminile, nel 23,6% a causa di un’infertilità maschile, nel 18,9% per un’infertilità sia maschile che femminile. Mentre per il restante 16,6% delle coppie la causa dell’infertilità è rimasta inspiegata. Il ministero della Salute ha promosso il progetto “Studio nazionale fertilità” con l’obiettivo generale di raccogliere informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva per orientare e sostenere la programmazione di interventi a sostegno della fertilità in Italia. Il coordinamento dello studio è stato affidato all’Istituto superiore di sanità e hanno partecipato come unità operative l’Università “Sapienza” di Roma, l’Ospedale evangelico internazionale di Genova e l’Università di Bologna. Il progetto si è concluso a fine 2018. Sono state realizzate indagini rivolte sia alla popolazione potenzialmente fertile (adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile), sia ai professionisti sa-
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FERTILITÀ, IN UN ANNO 78MILA COPPIE SI SONO RIVOLTE ALLA PMA I consigli dell’Istituto superiore di sanità che aiutano a mantenerla
nitari (pediatri di libera scelta, medici di proprio futuro con figli, tuttavia tale permedicina generale, ginecologi, andrologi, centuale diminuisce notevolmente tra gli endocrinologi, urologi, ostetriche). Dallo adulti. Infatti quasi la metà degli adulti studio è emerso che la maggior parte dei intervistati (44%) dichiara di non essere ragazzi e degli studenti universitari cerca intenzionato ad avere figli e le motivazioni le informazioni in ambito sessuale e ripro- sono legate principalmente a fattori ecoduttivo su internet (solo 1 su 4 in fami- nomici e lavorativi e all’assenza di sosteglia), ma quasi tutti (94%) ritengono che gno alle famiglie con figli, e alla sfera perla scuola dovrebbe sonale e della vita di garantire l’informacoppia. Secondo l’Oms c’è zione su sessualità e I professionisti riproduzione. sanitari, in geneinfertilità con assenza La conoscenza rale, hanno buone dei fattori di rischio di concepimento dopo 12/24 conoscenze (3 su per la salute ripro- mesi di rapporti non protetti 4 hanno risposto duttiva non sempre è correttamente neladeguata e evidenzia la maggioranza dei un gradiente di conoscenze che peggiora casi). Tuttavia, si evidenziano bisogni dal Nord al Sud su diversi aspetti indaga- formativi su alcune aree e sulla relativa ti. Anche se l’uso della contraccezione tra comunicazione agli assistiti. È generai giovani è abbastanza diffuso, principal- lizzata, sia nella popolazione che tra i mente il preservativo, l’accesso ai consul- professionisti, una sovrastima sulle postori familiari da parte dei giovani è basso. sibilità delle tecniche di Pma di risolvere Riguardo la volontà di avere dei fi- sempre i casi di infertilità. Tra gli adulti gli, quasi l’80% dei ragazzi immagina un non c’è piena consapevolezza del ruolo
SALUTE
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10 consigli
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giocato dall’età nella fertilità biologica munque quasi un il 30% di chi non ha figli femminile e ancor più nella capacità ri- (il 31%) dichiara di non volerne neppure produttiva maschile, come emerso anche in futuro o di non averci pensato. Le motinella popolazione più giovane. Infatti, vazioni per rinunciare o rinviare la nascita solo il 5% del campione è consapevole di un figlio, escludendo dalla stima le perche le possibilità biologiche per una don- sone senza un partner o che riferiscono na di avere figli iniziano a ridursi già dopo problemi di fertilità, sono legate princii 30 anni; una buona parte, il 27%, pen- palmente a fattori economici e lavorativi sa che questo accae all’assenza di sosteda intorno ai 40-44 gno alle famiglie con Nella popolazione italiana figli (41%), seguiti da anni, 28% oltre questa età e il 14% con è bassa la consapevolezza quelli collegati alla vita di coppia (26%) la menopausa. E lo scenario peggiora del ruolo dell’età femminile o alla sfera personale (19%); infine ci sono quando si parla di e maschile sulla fertilità problemi di salute fertilità biologica (17%) o legati alla maschile: nove persone su dieci (87%) forniscono una ri- gestione della famiglia (12%). In generale nella popolazione italiana sposta inadeguata (oltre i 45 anni o mai) è bassa la consapevolezza del ruolo gioo non sanno dare alcuna indicazione. Per quanto riguarda la propensione cato dall’età femminile e maschile sulla alla procreazione, un po’ meno della metà fertilità: ignorano che l’orologio biologico dichiara di non essere intenzionato ad scatti molto prima di quanto non credano avere figli; il 4% è incerto ma pensa di no e così continuano a pensare di poter fare e il 7% non ci ha ancora pensato. E co- figli anche in età molto avanzate.
cco i dieci consigli: 1) La fertilità va mantenuta con cura; 2) Non trascurare mai una banale infezione, può portare a conseguenze irreversibili; 3) Un eccesso o forte diminuzione del peso corporeo possono compromettere la fertilità 4) Nel programmare una gravidanza considera che dopo i 30 anni per la donna e dopo i 40 per l’uomo peggiora la qualità genetica di ovociti e spermatozoi. 5) Proteggiti dalle malattie sessualmente trasmissibili. 6) Se fai molto sport e vuoi sviluppare la tua massa muscolare, fallo solo allenandoti; gli anabolizzanti possono danneggiare per sempre la fertilità. 7) Fumare tabacco, oltre ad aumentare il rischio di avere durante la vita una patologia al cuore o ai polmoni, riduce la fertilità. 8) L’uso anche saltuario di alcune droghe può interferire con la normale produzione di ormoni e nuocere alla fertilità. 9) Fai sempre ogni giorno almeno trenta minuti di attività fisica all’aria aperta 10) Per essere sicura che tutto sia “in ordine” non aspettare, fai un controllo in un consultorio o da uno specialista.
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SALUTE
di Nico Falco
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ricercatori hanno individuato più di 200 siti o loci, esaminando il sistema immunitario di oltre 100mila persone: il risultato è la mappa genetica della Sclerosi multipla più completa ottenuta fino ad ora, che raddoppia le nostre conoscenze. E, per la prima volta, sono stati esaminati non i sintomi della malattia quando è già conclamata, ma i processi che portano all’insorgenza della patologia con nuove speranze terapeutiche: quei meccanismi possono diventare oggetto di terapie specifiche, agendo sui primi sintomi per bloccarli, e non più intervenendo con trattamenti che cerchino di arrestare il processo degenerativo già in atto. La ricerca, condotta in ambito internazionale, è stata illustrata su Science il 27 settembre scorso e descrive l’implicazione funzionale dei geni nelle cellule del sistema immunitario coinvolte nella malattia. Lo studio è stato realizzato dal gruppo internazionale IMSGC, International Multiple Sclerosis Genetic Consortium, che raccoglie più di 80 centri dislocati in tutto il mondo. La ricerca, denominata Multiple sclerosis genomic map implicates peripheral immune cells and microglia in susceptibility, ha evidenziato che la Sclerosi Multipla non è causata da un singolo tipo di cellula immunitaria, ma da una ampia disfunzione del sistema immunitario: sono state identificate 233 regioni del genoma umano che influenzano numerose cellule immunitarie diverse; lo studio è stato condotto esaminando il materiale genetico di 115.803 persone, tra le quali 68.374 individui sani e 47.429 pazienti affetti da Sclerosi multipla. Il dottor Philip De Jager, dirigente del Centro di Sclerosi Multipla e del Centro di neuroimmunologia traslazionale e computazionale presso il Columbia Uni-
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versity Irving Medical Center di New rosi Multipla, individuando i processi York City, e autore corrispondente dello che portano all’insorgere della malattia studio, ha spiegato che i risultati vanno e che adesso possono essere oggetto di nella stessa direzione di quelli ottenuti terapie specifiche farmacologiche, agenin studi precedenti, li confermano e li do sui primi eventi e non sulla patologia ampliano, «offrendo una nuova prospet- ormai conclamata; i risultati potranno tiva sugli eventi molecolari che portano essere il punto di partenza per un nuovo alcuni individui allo approccio nella presviluppo della mavenzione e nei tratLo studio è del gruppo lattia: sembra che la tamenti alle persone disfunzione di molti che sono a rischio di internazionale IMSGC, sviluppare la Sclerodiversi tipi di celluInternational Multiple si multipla. le immunitarie, sia La malattia, nel sangue periferi- Sclerosis Genetic Consortium come hanno dimoco che nel cervello, strato i precedenti contribuisca a innescare una cascata di eventi che alla fine studi, è caratterizzata da una fase inportano all’infiammazione cerebrale e fiammatoria iniziale e da una componente neurodegenerativa secondaria; per alla neurodegenerazione». Lo studio internazionale assume una questo motivo i ricercatori si sono convalenza ancora più significativa se si evi- centrati sulle cellule cerebrali e sui loro denzia che, al contrario dei trattamenti cambiamenti alla ricerca di possibili colora disponibili, che mirano tutti a ferma- legamenti tra le mutazioni e l’insorgenza re l’infiammazione già in corso, si con- della Sclerosi Multipla. I risultati confercentra sulla genesi genetica della Scle- mano il ruolo critico delle cellule immu-
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SCLEROSI MULTIPLA, LA MAPPA GENETICA DETTAGLIATA
SALUTE
Esaminati i primi sintomi quando ancora la malattia non è conclamata
In Italia 122mila pazienti
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nitarie trovate nel sangue e provenienti Patsopoulos - spiega circa metà dell’edal midollo osseo, ma individuano un reditarietà della Sclerosi Multipla, stacollegamento anche nella microglia, cioè bilendo che questa è una delle malattie le cellule immunitarie che si trovano nel complesse meglio caratterizzate in tercervello umano; resta invece ancora da mini di architettura genetica. La ricerca chiarire il ruolo di cellule cerebrali come evidenzia la complessità del contributo i neuroni, il cui collegamento con l’insor- genetico alla suscettibilità alla Sclerosi genza della Sclerosi Multipla identificanMultipla non è ando diverse regioni Esaminate 115.803 cora definitivamente del genoma con moldimostrato. teplici varianti genepersone, tra cui 68.374 tiche che svolgono La ricerca ha individui sani e 47.429 un piccolo ruolo. raddoppiato le coInoltre, segnaliamo noscenze disponibili pazienti affetti da SM la prima associaziosu questa malattia e ne in assoluto di vaha permesso di metterla in relazione, per la prima volta, con riante genetica nel cromosoma X con la una variante genetica del cromosoma X. Sclerosi Multipla, una malattia che colLo ha spiegato il dottor Nikolaos Patso- pisce principalmente le giovani donne. poulos, direttore del programma di bio- Questo studio ha più che raddoppiato logia dei sistemi e scienze computazio- la nostra conoscenza genetica su questa nali presso il Centro Ann Romney per le malattia, tuttavia i nostri risultati suggemalattie neurologiche del Brigham & Wo- riscono che c’è ancora molto lavoro da men’s Hospital e della Harvard Medical fare per comprendere appieno come il School di Boston. «Il nostro studio - dice genoma umano sia coinvolto».
a Sclerosi multipla è stata per molti anni considerata una malattia della sostanza bianca del sistema nervoso centrale, ma negli ultimi tempi gli studi più recenti hanno dimostrato che è coinvolta anche la sostanza grigia. Il processo degenerativo avviene in conseguenza della perdita di mielina in diverse aree del sistema nervoso centrale. Alla base della patologia c’è una reazione del sistema immunitario che attacca la mielina generando un processo infiammatorio. Le aree demielinizzate, dette anche “placche”, possono trovarsi in qualsiasi parte degli emisferi cerebrali ma si formano più di frequente nel midollo spinale, nell’area del cervelletto e nei nervi ottici. Nel mondo i pazienti sono 2,3 milioni, di cui 600mila in Europa e 122mila in Italia; la Sclerosi multipla insorge per lo più tra i 20 e i 40 anni e l’incidenza nelle donne è doppia. Le zone di maggiore diffusione sono quelle progressivamente più lontane dall’Equatore, con picchi nel Nord Europa, negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda e Australia del Sud. I trattamenti oggi disponibili consentono di paragonare l’aspettativa di vita dei pazienti a quella della popolazione generale.
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SALUTE
I DANNI DA FUMO RIVELATI DA 7 GENI L’Istituto dei Tumori di Milano trova nell’alterazione genica la chiave per scoprire le patologie polmonari
di Chiara Di Martino
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ono i geni del nucleo della cellula la parte più danneggiata dal fumo: è questo, in sintesi, il fulcro di una recente ricerca condotta dall’Unità di Epidemiologia genetica e Farmacogenomica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, pubblicata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, che potrebbe contribuire a individuare le alterazioni derivanti da questa cattiva abitudine. Nello specifico, i ricercatori hanno identificato sette geni la cui espressione – l’insieme cioè dei processi che permettono ai geni di trasmettere le proprie informazioni alla “macchina” che produce le proteine – è influenzata in modo significativo proprio dal fumo. Per dirlo in altre parole, mentre i geni sono “pura informazione”, le proteine sono il braccio operativo, necessario alla sopravvivenza e al funzionamento delle cellule. Il punto da cui sono partiti i ricer-
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catori dell’Istituto milanese era la volontà altri studi simili: la comparazione ha così di chiarire la patogenesi degli effetti tos- ampliato il numero dei soggetti coinvolti sici sul tessuto polmonare e contribuire a 1000 pazienti, appartenenti a sei casial panorama scientifico chiarendo le rela- stiche indipendenti. L’incrocio dei dati ha consentito di zioni tra danno da fumo nelle cellule del tessuto polmonare e parametri clinici dei scoprire che 7 di quei 357 geni funzionavano in modo differente in presenza o in pazienti. Lo studio, sostenuto da Fondazione assenza dell’abitudine al fumo. «I risultati rappresentano AIRC per la Ricerun passo importante ca sul Cancro, ha verso l’individuaziocoinvolto 176 paLo studio ha coinvolto ne di un profilo di zienti con adenocar176 pazienti espressione ricorcinoma, di cui 118 rente che permette fumatori e 58 non con adenocarcinoma, di definire le altefumatori. Per tutti di cui 118 erano fumatori razioni causate dal i partecipanti si è fumo di sigaretta nel proceduto alla mitessuto polmonare surazione, tramite strumenti di biologia molecolare, di oltre afferma Francesca Colombo, ricercatrice 17mila geni espressi nel tessuto polmo- dell’Unità di Epidemiologia Genetica e nare non tumorale. Ed è così che si sono Farmacogenomica e coordinatrice dello accesi i riflettori su 357 geni e la loro studio -. Il profilo genico identificato podiversa espressione tra fumatori e non trebbe diventare un biomarcatore degli fumatori. I risultati ottenuti sono stati effetti tossici del fumo e di conseguenconfrontati, tramite analisi statistica, con za dell’aumento di rischio di sviluppare
SALUTE
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Gli autori dello studio
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re i nomi principali ai quali si può ricondurre lo studio che ha portato alla definizione delle alterazioni causate dal fumo di sigaretta nel tessuto polmonare: Tommaso Dragani, responsabile del progetto Airc che ha reso possibile lo studio, i cui studi nel campo dell’epidemiologia genetica hanno messo in luce alcuni meccanismi molecolari associati alla modulazione del rischio di cancro da parte di polimorfismi genetici. Con lui nel team la coordinatrice dello studio Francesca Colombo, ricercatrice nell’Unità di Epidemiologia genetica e Farmacogenetica della Fondazione Ircss Istituto Nazionale dei Tumori dal 2006, da sempre impegnata nello studio delle basi molecolari e della genetica del tumore del polmone e, da qualche anno, anche di studi di farmacogenomica, e Giulia Pintarelli, laureata in Biologia molecolare e cellulare e specializzata in Genetica Medica presso l’Università degli Studi di Milano, che si è unita al gruppo del dott. Dragani dopo l’esperienza al Max Planck Institute for Molecular Genetics di Berlino.
patologie polmonari correlate al fumo. mo autore dell’articolo -. Ulteriori studi È interessante sottolineare che nelle sei dovranno essere condotti per verificare casistiche esaminate erano presenti an- se la riduzione dello stato infiammatorio che pazienti non affetti da cancro pol- possa limitare il danno indotto dal fumo monare – prosegue -. L’alterazione dei 7 e di conseguenza il rischio di sviluppare geni osservata anche in questi indica che una patologia respiratoria». il profilo di espressione genica è dovuto Che il fumo faccia male è stato scienunicamente all’effetto del fumo, indi- tificamente provato da anni - i primi studi pendentemente dal sui danni da tabactipo di patologia». co furono realizzati L’effetto tossico del all’inizio degli anni Il profilo genico Cinquanta - ma quefumo di sigaretta identificato sarebbe sto nuovo studio agcausa un aumengiunge un importanto dell’espressione un biomarcatore degli te sviluppo che avrà di tutti e 7 i geni e effetti tossici del fumo impatto soprattutto un’alterazione – che sulla prevenzione. ha conseguenze sui «È sempre più processi biologici che riguardano l’immunità, l’infiamma- necessario e urgente condurre un’ampia zione e la morte cellulare - dei meccani- campagna di informazione sui rischi per smi di protezione del tessuto polmonare. la salute associati all’abitudine al fumo di «Questa osservazione è in linea con sigaretta – conclude Tommaso A. Dragaaltri studi che riportano un’elevata in- ni, già Responsabile della S.S.D. Epidefiammazione nel tessuto polmonare dei miologia Genetica e Farmacogenomica fumatori – aggiunge Giulia Pintarelli, pri- dell’Istituto, il cui gruppo di ricerca con-
duce studi volti ad identificare fattori genetici associati con il rischio e la prognosi individuale di cancro -. È importante trovare i sistemi più efficaci per favorire la cessazione di tale abitudine e valutare i rischi associati ai nuovi sistemi di assunzione della nicotina, ovvero le sigarette elettroniche e quelle a tabacco riscaldato». Lo studio, peraltro, conferma l’impegno dell’Istituto nella ricerca oncologica, come testimoniato anche da un altro recente studio (denominato bioMILD) e pronto a rivoluzionare le conoscenze in tema di carcinoma polmonare, scardinando l’idea che una diagnosi precoce non sia possibile e consentendo addirittura di prevedere chi, tra i forti fumatori, abbia maggiori probabilità di sviluppare la patologia, attraverso la combinazione di due esami: tac spirale del torace a basso dosaggio di radiazioni e un test micro-Rna sul sangue. Purché, e questo resta il principale alleato, si abbandoni definitivamente questa dannosa abitudine. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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di Domenico Esposito
TERAPIA GENICA: U SFIDE PER CURE RIVOLUZIONARIE ENTRO IL 2030 Un modello per assicurare l’accesso ai nuovi trattamenti e tutelare la sostenibilità della sanità pubblica
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na vera e propria sfida, che potrebbe aprire a una rivoluzione senza precedenti in tema di salute: entro il 2030, infatti, potrebbero essere promosse ben 60 nuove terapie cellulari e genetiche. Una sfida che andrà combattuta, come spesso accade, su un doppio binario: quello della ricerca e quello della copertura economica. I sistemi sanitari dovranno creare nuovi modelli di pagamento, ed eventualmente di finanziamento, affinché l’accesso a queste nuove terapie venga garantito a tutti i pazienti. E, allo stesso tempo, riuscire a sostenere la spesa pubblica per questi trattamenti. Il tema è stato oggetto di un convegno tenutosi a Roma, intitolato “Terapia genica: una sfida per il Servizio Sanitario Nazionale, un’opportunità per i pazienti”. Durante l’incontro è stata presentata l’analisi effettuata dall’Altems (Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari), organo dell’università Cattolica del Sacro Cuore, sul modello di pagamento cosiddetto value-based. Secondo questo modello, il prezzo di un oggetto o di una prestazione viene valutato in base al valore dell’oggetto o del servizio che viene percepito, e non in base al costo del prodotto o del prezzo storico. Una strategia, questa, che può essere in grado di prevedere l’impatto a lungo termine che queste nuove terapie avranno nel cambiare in maniera definitiva la vita dei pazienti. L’evento che si è svolto nella Capitale e che è stato organizzato anche con la preziosa collaborazione dello studio legale Ls
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SALUTE
SALUTE
L’idea è quella di proporre, nei prossimi dieci anni, ben 60 nuove terapie avanzate, sia cellulari sia genetiche Cube e grazie all’eccellente contributo di modo valore a una terapia che corrisponda Bluebird Bio (azienda biotech che concen- a quei bisogni di salute che non sono stati tra la sua ricerca sulla terapia genica per ancora soddisfatti e che, al tempo stesso, la scoperta di nuovi trattamenti per gravi riescano a garantire la riallocazione di rimalattie genetiche rare), ha posto al centro sorse economiche da investire in altri amdel suo dibattito una previsione ottimistica biti sanitari. e, fortunatamente, realistica al tempo stesNel caso specifico di questa patologia, so. Nei prossimi dieci anni, infatti, è pre- Altems – come spiegato dal direttore Amevisto un proliferare di rico Cicchetti - ha terapie avanzate, cirprevisto due diffeca 60, che potranno scenari. Il primo Il progetto andrà elaborato renti essere in grado di cuè quello in cui il costo rare la considerevole sia sul piano della ricerca totale della terapia cifra di cinquantamila genica viene sosteche su quello pazienti l’anno, per nuto nella sua totalidei finanziamenti un totale di 350mila tà al momento della pazienti. L’altra facsomministrazione al cia della medaglia, paziente. Il secondo è come sempre succede, è quella economi- quello in cui il pagamento viene diviso su ca. Da questo punto di vista, l’introduzione un piano rateizzabile di cinque anni, legadi queste nuove cure dovrà andare di pari to tra l’altro all’efficacia del trattamento. passo con una rimodulazione dell’intero Un’opportunità estremamente favorevole sistema salute. L’obiettivo imprescindibile per i pazienti e una sfida importante per il sarà quello di fare in modo che queste in- Sistema Sanitario Nazionale, che deve fare novazioni siano concretamente praticabili in modo di garantire a tutti i cittadini italiada tutti i pazienti. ni l’accesso a questi trattamenti. «Si tratTornando al discorso relativo al “Va- ta del modello più idoneo ad assicurare il lue based pricing”, Altems porta l’esempio giusto equilibrio tra l’accesso per i pazienti della terapia genica per i pazienti affetti da alle cure più innovative e la sostenibilità β-talassemia. L’obiettivo è quello di creare del Ssn» ha dichiarato Cicchetti. uno schema di pagaMa che cos’è la mento della cura per terapia genica? È una i pazienti affetti da Il progresso scientifico sarà cura nella quale viequesta patologia, che tale, secondo gli esperti, ne utilizzato il Dna al garantisca da un lato posto di un farmaco. quando tutti potranno un accesso al farmaco Non è in grado di inquanto più semplice ventare nuovi geni, accedere alle cure possibile e, al tempo ma di aggiustare stesso, la sua sosteniquelli che non funziobilità da parte del Sistema Sanitario Nazio- nano, aumentare l’efficacia di alcuni di essi nale, seguendo il modello che caratterizza e di rendere silenziosi quelli che possono da sempre il sistema italiano: il principio di essere dannosi. salute universale. L’idea è quella di basare La persona malata, sostanzialmente, il rimborso della terapia su un orizzonte di cura se stessa con il suo Dna, dopo che tempo lungo, pluriennale, dando in questo quest’ultimo è stato rimesso a posto grazie
all’intervento di una medicina precisissima e personalizzata per ogni paziente. Un sistema innovativo, dunque; e per questo, l’aspetto economico, seppur importante, non deve rappresentare un ostacolo per le persone potenzialmente interessate alla cura. La terapia genica è una nuova frontiera, una nuova speranza e non solo per quei pazienti che combattono quotidianamente con malattie rare, ma per tutti i pazienti. Una sorta di medicina personalizzata: un orizzonte che, fino a qualche tempo fa, sembrava inesplorabile. E che, invece, sta diventando finalmente realtà. Ma il progresso è tale, quando è per tutti: per questo motivo la possibilità di accesso alla cura genica deve essere previsto per tutti, grazie a un nuovo modello che dovrà ispirare le prossime scelte del Servizio Sanitario Nazionale.
«Terapia genica un capolavoro, ma deve essere per tutti» Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di oncoematologia e terapia cellulare e genica dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, ha tratteggiato le caratteristiche delle nuove cure che verranno introdotte entro il 2030: «Le terapie geniche instaureranno una sorta di rivoluzione, una svolta epocale in medicina. Potranno cambiare la storia di tantissimi pazienti che soffrono per malattie tumorali benigne e maligne, li aiuteranno a migliorare in maniera significativa sia la prospettiva che la qualità di vita. E per questo si tratta di una sfida per il Ssn: bisognerà dare accesso a tutti a queste cure». A queste parole si aggiunge l’ottimismo di Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo parlamentare per le malattie rare: «La terapia genica è un capolavoro in cui vengono equilibrati l’aspetto naturale e quello culturale. L’obbligo sociale ci impone di trovare una soluzione economica che apra la cura a tutti». Rossana Boldi, vice presidente Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, conclude così: «La medicina ‘personalizzata’, non è più il futuro, ma sta diventando il presente e rappresenta la vera sfida per la sostenibilità del Ssn».
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SALUTE
di Marco Modugno
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a ricerca negli ultimi anni non ha prodotto risultati molto incoraggianti per quanto riguarda i rimedi per la cura del tumore al Pancreas. Questo purtroppo rimane tra quelli storicamente più difficili da trattare, basti pensare che è considerato tra le prime 5 cause di morte in soggetti di età compresa tra i 50 e 70 anni, e particolarmente insidioso. È una malattia subdola, infatti dati alla mano, nel 40 per cento dei casi viene scoperto troppo tardivamente, quando ormai ha già prodotto metastasi. Secondo le indagini che sono state condotte, solo negli ultimi cinque anni, in Italia, si è stimato un aumento, pari al 6 per cento, di nuovi casi di pazienti ai quali e stato diagnosticato il cancro al pancreas non resecabile, cioè suscettibile di eliminazione chirurgica. Nel 2014 erano 12.700 i pazienti colpiti da questa terribile patologia, nel 2019 il numero è nuovamente aumentato di ulteriori 3.500 unità. Nel 30 per cento dei casi, come detto la malattia viene individuata solamente in fase localmente ormai avanzata, senza la presenza di metastasi, ma comunque resta non praticabile l’operazione. Ad oggi, tutte le opzioni di trattamento che sono state adottate per questo tipo di patologia, hanno purtroppo prodotto risultati decisamente insoddisfacenti. Sulla base di queste percentuali, senza ombra di dubbio poco confortanti, per la prima volta uno studio italiano il (GAP), presentato al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) che si è tenuto di recente a Barcellona, è stato in grado di indicare una linea guida da seguire per il trattamento di pazienti affetti dal tumore al pancreas. Nello specifico si tratta di un particolare regime chemioterapico,
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che si basa sulla combinazione di diversi siamo definire “mix” riduce il rischio di trattamenti terapeutici che sono com- metastasi del 25 per cento. Questo è un dato, oltre che incoragposti dal farmaco nab-paclitaxel: e dalla gemcitabina. «Grazie a questo studio, giante, sicuramente molto importante, siamo stati in grado di realizzare quello perché apre uno spiraglio in più per una che possiamo definire uno standard te- gran parte di questi pazienti, infatti dopo rapeutico» commenta il Dottor Stefano il trattamento sperimentale, potranno Cascinu, ordinario essere successivadi Oncologia Medimente curati con È tra le neoplasie più ca all’università Vicicli di radioterapia, ta-Salute San Raffa- difficili da trattare e tra le che contribuirà al controllo generale ele di Milano. Lo studio, che prime 5 cause di morte nei della malattia. «La combinaper il suo sviluppo soggetti tra i 50 e i 70 anni zione di queste due ha visto coinvolgere terapie – aggiunge 20 centri specializzati, ha messo a confronto due tipologie l’esperto - aumenta in maniera piuttodi trattamento. Una è la combinazione sto concreta il tasso di risposte obietattualmente in uso che è quella compo- tive che così raggiunge il 28 per cento, sta dalla sola chemioterapia a base di determinando una riduzione del tumore gemcitabina, l’altra invece è quella spe- primitivo. Per quanto riguarda quel 6 rimentata da noi, che si basa sul “mix” per cento circa di pazienti, che era aftra la gemcitabina e il nab-paclitaxel. fetto da un cancro non resecabile, alla Ebbene, si è scoperto che al termine del luce di questi risultati, per loro si potrà trattamento, la chemioterapia che pos- rendere possibile affrontare l’intervento
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TUMORI AL PANCREAS IN 5 ANNI AUMENTATI DEL 6% I CASI NON OPERABILI Con un “mix” di chemioterapie, ridotto del 25 per cento il rischio di metastasi
SALUTE
In questo modo la dose che si può somministrare è molto più elevata di quella tradizionale, aumentando così l’efficacia e riducendo gli effetti collaterali. Il Nab –paclitaxel sostanzialmente agisce come un cavallo di Troia che utilizza ed inganna i processi vitali delle cellule tumorali. Conclude Cascinu: «Così facendo non solo si rallenta per prima cosa la proliferazione della malattia, ma in alcuni casi, si può addirittura riuscire a fermarne la crescita stessa».
L’organo pancreatico
I chirurgico senza alcun tipo di problema. carcinoma del pancreas avanzato non Non solo, oltre a questo abbiamo inoltre resecabile». «Questo è un ulteriore passo in riscontrato che con la combinazione di chemioterapia, si allunga anche il tem- avanti, in quanto fino ad oggi i soggetti po per la progressione della malattia con questa particolare patologia, erano stessa e miglioriamo in maniera decisa lasciati in una sorta di “terra di nessula sopravvivenza dell’individuo: la ridu- no” dal punto di vista delle indicazioni zione del rischio di terapeutiche – agmorte infatti è stata giunge il dottor Cacalcolata in una per- Si considera una patologia scinu – Il Nab-paclicentuale del 35 per taxel è l’elemento subdola, poiché nel 40 fondamentale per cento». per cento dei casi viene questa nostra ricerLo studio ha vica, perché presenta sto coinvolte 124 scoperto tardivamente un meccanismo di persone ed è stato trasporto innovativo condotto dal Gruppo italiano per lo studio dei carcinomi che sfrutta le nanotecnologie». Questa dell’apparato digerente e dall’Istituto particolare tecnica infatti viene definita nazionale tumori Fondazione “Pascale” chemioterapia intelligente, poiché sfrutdi Napoli. «Alla luce dei risultati che tando queste particelle di dimensioni siamo riusciti ad ottenere – prosegue nanometriche, combinate con l’albumiStefano Cascinu – la combinazione tra na, una proteina già presente nell’organab-paclitaxel e gemcitabina potreb- nismo umano, sono capaci di aggirare la be senza ombra di dubbio diventare lo barriera stromale che circonda il cancro, standard di cura per i pazienti affetti da arrivando fino alla radice del tumore.
l pancreas è una ghiandola annessa all’apparato digerente. Esso è formato da una parte esocrina e una endocrina e ha la funzione di produrre succo pancreatico, insulina e glucagone. Il succo pancreatico serve a digerire alcune sostanze nell’intestino tenue, mentre l’insulina e il glucagone controllano la concentrazione di glucosio nel sangue. Ha forma simile a una lingua e misura circa 12–15 cm dalla testa alla coda in età adulta ed è largo 4 cm e spesso 2. È di colore rosa salmone, con una consistenza piuttosto dura e mostra una superficie lobulata. È suddiviso in quattro parti che prendono il nome di testa, collo, corpo e coda, cui si deve aggiungere il processo uncinato, che ha una differente origine embriologica rispetto alle altre porzioni. Il pancreas è mantenuto stabile nella sua posizione dal duodeno, che ne accoglie la testa, dal peritoneo parietale posteriore, che lo riveste, e dal legamento pacreaticolienale, che ne fissa la coda all’ilo della milza.
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Immunoterapia: la chiave è nel microbioma I batteri intestinali influenzano la risposta ai chemioterapici le feci ha evidenziato che la presenza, in alcuni pazienti, di un batterio, l’Akkermansia muciniphila, possa terminare una maggiore percentuale di esiti migliori dell’immunoterapia. In totale è sempre stata la convinzione che la mancata effica35 sono stati i batteri rilevati dai ricercatori, divisi fra responcia dell’immunoterapia su tutti i pazienti fosse legata der e non responder. I dati di questa ricerca non sono ancoalla tipologia di tumore o alle cellule immunitarie. Ma ra stati pubblicati, ma come spiega Derosa «anche altri gruppi l’ultima frontiera della terapia oncologica ci dice che di ricerca nel mondo confermano la presenza nei responders è nel nostro microbioma la chiave per una immunoterapia effidell’Akkermansia. Dunque-aggiunge - già oggi, il microbioma cace. I batteri presenti nell’intestino potrebbero influenzare la aiuta a definire chi risponderà meglio all’immunoterapia. Sono risposta all’immunoterapia. A rivelarlo è Lisa Derosa del Gustain corso – conclude - studi omici per caratterizzare composiziove Roussy Cancer Campus, presso l’università di Parigi Saclay, ne più utile». Ed è il progetto Oncobiome, frutto di un consorzio guidato dal Gustave Roussy, che sta focalizzando l’attenzione specializzata in ricerca sulla flora batterica intestinale, nel corso del Congresso Esmo (Europan Society for Medical Oncolosull’analisi delle feci con le scienze omiche al fine di individuare gy) tenutosi a Barcellona. Una sessione del quelle che sono le caratteristiche che caratcongresso è stata interamente dedicata agli terizzano i “responders” fra i pazienti con Lo studio ha esaminato studi di quelli che sono i batteri buoni che tumori solidi. abitano nel tratto intestinale. Ed è proprio pazienti con tumori solidi «Le feci possono dirci molto» spiega nel nostro intestino la chiave dell’efficacia la giovane ricercatrice. Si potranno aprire sottoposti ad antibiotico- nuovi approcci per comprendere come il dell’immunoterapia contro il cancro. La dimostrazione arriva da studi conterapia e immunoterapia microbioma influenzi le risposte immunidotti su pazienti con tumori solidi che sono tarie e come poterlo, eventualmente, mostati sottoposti ad una antibiotico-terapia e dificare per poter consentire una risposta immunoterapia. Lo studio ha evidenziato che i pazienti trattati positiva all’immunoterapia ad un numero sempre maggiore di con antibiotico hanno avuto esiti diversi, addirittura peggiori pazienti. Segreti che potranno portare a nuovi approcci per rispetto ai pazienti trattati senza antibiotici. È stato evidenziato analizzare i pazienti e curarli con l’immunoterapia giusta, ma che il fattore tempo sia di fondamentale importanza, in quananche aiutarli con dieta, trapianto di microbatteri fecali, somto l’utilizzo dell’antibiotico 30 giorni prima dell’immunoterapia ministrazione batteri “buoni”. Oggi le tecniche a disposizione sia la causa degli effetti negativi che la terapia ha. Nel corso sono: il trapianto fecale, la somministrazione di antibiotici per del congresso sono stati presentati anche dei dati non ancora distruggere selettivamente alcuni tipi di batteri o l’impiego di pre e probiotici per aumentare la presenza di alcuni batteri pubblicati. E come ha spiegato Lisa Derosa «Abbiamo visto che nell’intestino. Bisognerà scoprire quali sono i meccanismi che l’antibiotico modifica il microbioma e riduce l’effetto dell’immunoterapia». Il gruppo di ricercatori ha focalizzato l’attenzione consentono al microbiota intestinale di potenziare le risposte sulle feci dei pazienti con tumore a polmoni o reni. L’analisi delimmunitarie anti-tumorali e sistemiche.
di Carmen Paradiso
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Tris. 2 per le lezioni agli studenti malati Una piattaforma digitale per alunni con patologie croniche
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stato denominato “Tris.2” il nuovo portale dedicato alla corso interattivo, certificato con rilascio di crediti e corredato formazione dei docenti per la gestione di una classe ibrida di tutoring da parte dei ricercatori del Cnr-Itd. Interviste, storie, inclusiva, presentato dall’Istituto delle Tecnologie Didattimateriali multimedia e hypervideo sono gli elementi a disposiche di Genova e Anp, l’Associazione nazionale dei dirigenzione del fruitore dell’I- Mooc attraverso i quali sarà possibile ti pubblici e delle alte professionalità della scuola. Si tratta della esplorare, in modo libero, tutte le componenti che sono comprima piattaforma I-Mooc (Interactive Massive Online Open prese nel modello Tris, personalizzando la propria modalità di Course) attraverso cui gli studenti, che sono impossibilitati a navigazione dei contenuti. recarsi fisicamente a scuola perché affetti da gravi problemi di Sul piano tecno- metodologico, l’I- MOOC di TRIS.2 si casalute, possono regolarmente frequentare le lezioni. ratterizza per un’architettura innovativa di CMS (Course MaIl portale mette a disposizione di tutti i docenti italiani un nagement System) multipiattaforma e tra circa un anno sarà metodo che garantisce il diritto allo studio agli studenti che, gracorredato di un agente automatico di risposta (Chatbot) che, vati da patologie invalidanti non coperte dal servizio di Istruzioacquisendo e processando tutte le domande sollevate in fase ne Domiciliare, non possono osservare una normale frequenza di test e in questo primo anno di avvio, permetterà l’erogazione scolastica, consentendo loro un coinvolgidel corso con il tutoring di una intelligenza mento attivo e partecipato alle attività della artificiale. In occasione della presentazione Si tratta di un modello propria classe. La sperimentazione del medi questa piattaforma digitale, è stato altresì todo TRIS (Tecnologie di Rete e Inclusione firmato un accordo tra Fondazione Tim e il finalizzato alla piena socio-educativa) è stata avviata attraverso Miur, che offrirà sostegno nel suo ruolo istiil coinvolgimento di 4 studenti homebound, inclusione socio-educativa tuzionale e supporto per monitorare l’an10 classi, con oltre 150 alunni e 112 docenti dello studente nella scuola damento dei risultati del progetto Tris, per dando così vita ad una nuova forma di parfavorire la collaborazione delle scuole per la tecipazione scolastica. Tale può definirsi, realizzazione del censimento dei casi target poiché si fonda su metodi di didattica innovativa, i quali prein forma anonima e la mappatura delle pratiche didattiche atvedono un utilizzo regolare delle risorse cloud mirate all’inseritualmente in uso e diffondere il modello derivante dal progetto mento dell’alunno a distanza, a tutti gli effetti nel gruppo della Tris come possibile soluzione per gli studenti impossibilitati a classe, attraverso tecnologie e strumenti hardware e software frequentare la scuola per motivi di salute. (pc con videocamera, smartphone, linea internet) ampiamente TRIS può definirsi un modello di processo inclusivo modudiffusi, sia a scuola che a casa, in una logica di sostenibilità ed labile in ragione della durata del periodo di assenza da scuola accessibilità per tutti. L’I-MOOC TRIS.2, testato da 60 docenti che conduce, per passi successivi, ad una piena inclusione soselezionati tra i 700 che hanno risposto al bando aperto da ANP cio-educativa dello studente non frequentante. È, inoltre, un per far parte di questa importante sperimentazione, è una piatmodello organizzativo per la gestione, da parte dell’insegnante, taforma aperta e gratuita accessibile a tutti gli insegnanti delle di una classe ibrida inclusiva; ed è un modello formativo per i scuole di ogni ordine e grado, che potranno così usufruire di un docenti. (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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Possibile chiave per antibiotici più efficienti Meccanismo consente a farmaci di entrare nei batteri più resistenti
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è un nuovo e significativo passo in avanti nella «La difficoltà non è identificare le molecole capaci di battaglia contro l’antibiotico-resistenza di uno uccidere i batteri, quanto quella di renderle capaci di ragdei quattro batteri più pericolosi del mondo, segiungerli, penetrandone la membrana esterna, un problema condo la classifica dell’Organizzazione mondiale che risulta evidente quando si passa dagli esperimenti in della sanità (Oms). È stato infatti svelato il meccanismo laboratorio a quelli in vivo. La membrana di alcuni batteri molecolare con il quale i farmaci possono entrare nei batteè particolarmente spessa e affinché l’antibiotico raggiunga ri più resistenti e attaccarli con efficacia. Ciò può avvenire il batterio è necessario trovare dei varchi», spiega Matteo attraverso una porta di accesso nella spessa membrana che Ceccarelli, del Cnr-Iom. Una possibile via di ingresso è stata protegge i batteri, che serve a far passare il ferro. svelata nei suoi aspetti molecolari dal nuovo studio. Con un piccolo inganno però, attraverso questa por«Si immagini la spessa membrana che protegge il batterio ta possono passare anche i nostri farmaci. Un’intuizione come un muro con una serie di porte e finestre: sono chiuse, scientifica di primissimo livello che può alterare gli equilibri ma esiste una chiave per aprirle.In questo caso la porta è un all’interno di questa sfida. recettore dal nome PfeA e la chiave si chiama Enterobactin», Il lavoro è stato pubblicato sulla riviprosegue Ceccarelli, «il trucco sta nel sta Nature Communications ed è frutto legare a questa molecola anche il nostro Secondo l’Oms, di una qualificata collaborazione internaantibiotico, cosicché i recettori PfeA venzionale tra l’Istituto officina dei materiagano ingannati e lascino passare anche il l’atibioticoresistenza li del Consiglio nazionale delle ricerche framaco attraverso la membrana». (Cnr-Iom), le università di Cagliari e di uccide ogni anno 700mila La potenziale via di accesso per far Oxford e il Centre national de la recherpenetrare gli antibiotici è stata studiapersone nel mondo che scientifique francese (Cnrs) di Strata in Pseudomonas aeuroginosa uno dei sburgo. quattro batteri considerati dall’Oms i più L’antibiotico resistenza, che secondo l’Oms uccide pericolosi del mondo, responsabile di molte gravi infezioni 700mila persone l’anno, è un problema rilevante per le case fra le quali la polmonite nei pazienti affetti da fibrosi cistifarmaceutiche, che faticano a sintetizzare nuovi prodotti. ca. «Ma se ne possono trovare di molto simili in altri batteri: Gli antibiotici già esistenti non funzionano più, perché i batEscherichia coli, per esempio, ne ha uno (FepA) che funzioteri hanno imparato a riconoscerli e per sconfiggerli bisona nella stessa maniera», conclude il ricercatore Cnr-Iom. gnerebbe usare dosi tossiche per l’uomo. Il consorzio pubOgni partner della ricerca ha avuto un ruolo differente: blico di ricercatori scienziati dell’Imi, un’iniziativa dell’Ue l’Università di Oxford si è occupata della produzione e criche si occupa di medicina innovativa, ha avviato una ricerca stallizzazione del recettore, il Cnrs di Strasburgo ha sintenell’ambito di un più ampio progetto europeo per affiancare tizzato la molecola Eterobactin, il Cnr-Iom con l’Università le case farmaceutiche nella soluzione di problemi di questo di Cagliari si sono occupati di studiare e modellizzare l’integenere. razione tra Enterobactin e il recettore PfeA. (D. R.)
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Malattie delle valvole cardiache ignorate Non le conosce il 95% degli over 60. Coinvolti 1 milione di pazienti
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e malattie delle valvole cardiache colpiscono oggi oltre 1 «Questo dato è forse il più allarmante. Oltre a non conomilione di italiani soprattutto tra gli over 60, ma di loro scere queste malattie e i loro sintomi, le persone non sembrano si parla poco. Arrivano all’attenzione del grande pubblico neanche esserne particolarmente interessate o preoccupate, solo quando sotto i riflettori ci sono personaggi famosi, nonostante le forme più gravi possano portare a morte nel giro come è stato per Mick Jagger colpito da stenosi aortica. Fordi 2-3 anni», commenta Gennaro Santoro, primario cardiologo se anche per questo motivo solo 5 italiani su 100 conoscono interventista, docente alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa. questa malattia valvolare, una delle forme più comuni che cau«Senza creare però allarmismi, è necessario sottolineare sa un restringimento della valvola aortica. Il dato emerge da che, se diagnosticate tempestivamente, le malattie delle valun’indagine internazionale commissionata all’istituto di ricervole cardiache possono essere curate e, con le cure adeguate, ca britannico Opinion Matters. si può riacquistare un’ottima qualità di vita». «Purtroppo, le malattie valvolari cardiache sono quasi del A seconda della gravità, i trattamenti variano da queltutto ignorate dalla popolazione. Forse accade perché colpilo farmacologico alla cardiochirurgia. «Una valvola cardiaca scono persone soprattutto anziane, che tuttavia sono ancora danneggiata può essere riparata oppure sostituita con un innel pieno dell’attività e la cui qualità di vita tervento cardiochirurgico, la cui tecnica è viene gravemente compromessa da queandata via via migliorando negli anni con A seconda della gravità, la messa a punto di procedure minimaste malattie che potrebbero essere individuate, diagnosticate e curate facilmente. mente invasive, sino alla più recente Tavi, i trattamenti variano Perciò è importante promuovere iniziatiun intervento per sostituire la valvola aorda quello farmacologico tica senza aprire il cuore consentendo di ve di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza sia della cittadinanza sia trattare anche persone non indicate per la alla cardiochirurgia delle istituzioni», spiega Roberto Messina, cardiochirurgia» continua Pierluigi Stefapresidente Cuore Italia.Le malattie delle no, direttore Cardiochirurgia al “Careggi”. valvole cardiache, manifestandosi in genere dopo i 65 anni di La tempestività è fondamentale per poter curare le maetà, «saranno sempre più diffuse con conseguenti risvolti sulla lattie delle valvole cardiache. Stenosi e insufficienza valvolari spesa sanitaria», dichiara Alessandro Boccanelli, presidente possono compromettere la funzionalità del muscolo cardiaco, della Società italiana di cardiologia geriatrica. portando a grave scompenso cardiaco. Una volta riconosciuti Un altro dato che emerge dalla ricerca è che, sia in Italia i sintomi la diagnosi è semplice. La prima cosa da fare, hansia in Europa, le persone non ritengono che ci sia da preoccuno spiegato, è rivolgersi subito al proprio medico di famiglia parsi di queste malattie. Infatti, se tumori e morbo di Alzheiche con il semplice impiego dello stetoscopio può rilevare un mer sono gli spauracchi, indicate come le malattie più temute eventuale soffio cardiaco, che costituisce il primo indicatore nel 28 per cento e il 26 per cento dei casi rispettivamente, solo di queste malattie. Successivamente, per avere conferma, si 2 persone su 100 pensano che le malattie delle valvole cardiaprocede con ulteriori esami, quali un elettrocardiogramma, che siano malattie di cui preoccuparsi. un’ecocardiografia e un consulto specialistico. (D. R.) Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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SALUTE
di Marcello Ciaccio*
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l Diabete Mellito (DM) è una malattia cronica eterogenea, caratterizzata da un alterato metabolismo del glucosio e di altri substrati energetici. I primi accenni su questa malattia sono stati ritrovati su un papiro egizio, ma furono i greci a descriverla dettagliatamente. Il termine diabete deriva, infatti, dal greco διαβήτης (passare attraverso) che allude al fluire dell’acqua, poiché il sintomo più appariscente della malattia è la poliuria. Il termine mellito deriva, invece, dal latino mel (miele) ed allude al sapore dolciastro del sangue e delle urine dei pazienti affetti dal Diabete, caratteristica già conosciuta dagli antichi egizi, greci ed indiani. Oggi, il termine Diabete si riferisce ad un gruppo di condizioni metaboliche caratterizzate da un’incrementata concentrazione di glucosio circolante (iperglicemia). Nel corso degli anni sono state proposte numerose classificazioni. Attualmente, le Società Scientifiche diabetologiche, SID e AMD, e l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) hanno proposto una classificazione del Diabete in quattro categorie: i) Diabete tipo 1, caratterizzato dalla distruzione delle cellule beta del pancreas responsabili della sintesi di insulina su base autoimmune; ii) Diabete di tipo 2, caratterizzato da un deficit parziale di secrezione di insulinica associato ad una resistenza dei tessuti periferici all’azione dell’insulina (insulino-resistenza); iii) Diabete gestazionale, che si manifesta in gravidanza e caratterizzato da alterazioni funzionali analoghe a quelle del diabete di tipo 2; iv) altri tipi di Diabete, che includono forme monogeniche (MODY), forme indotte da farmaci o infezioni o altre condizioni patologiche. L’iperglicemia cronica è una caratteristica comune a tutti sottotipi di questa pato-
Ordinario di biochimica clinica e medicina di laboratorio, scuola di medicina e chirurgia, Università degli studi di Palermo. Direttore del dipartimento di medicina di laboratorio, AOUP “P. Giaccone”, Palermo.
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logia ed è associata a danni a lungo termine, che provocano disfunzione di diversi organi ed un incrementata morbilità e mortalità. Il Diabete mellito rappresenta una delle tre emergenze sanitarie identificate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e dall’OMS, con una prevalenza in continua crescita. La International Diabetes Federation ha stimato che il tasso di prevalenza globale aumenterà dal 6,4% del 2010 al 7,7% nel 2030. Il Laboratorio Clinico gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi e nel monitoraggio del Diabete mellito. Attualmente, l’emoglobina glicata (HbA1C) e la glicemia, valutata in condizioni basali o dopo stimolo (Oral Glucose Tolerance Test, OGTT), rappresentano i biomarcatori raccomandati dalle linee guida nazionali per la diagnosi di DM. I due biomarcatori riflettono due ca- un ruolo fondamentale nel mantenimento ratteristiche patogenetiche differenti della dell’omeostasi del nostro organismo, essenmalattia e non sempre correlano tra di loro. do coinvolta nel controllo della pressione Non è raro, infatti, che un paziente pre- oncotica e nel traposto di numerose molesenti contemporaneamente un parametro cole, sia endogene che esogene. L’Albumialterato e l’altro no. L’HbA1C rappresenta, na, così come tutte le proteine, è suscettiinoltre, il biomarcatore raccomandato per il bile alla glicazione da parte di carboidrati, monitoraggio della malattia perché riflette che determina la formazione dell’albumina la glicemia dei 35-45 giorni precedenti ed è glicata. La glicazione è una reazione non enfortemente correlato alle complicanze a lun- zimatica tra uno zucchero, quale il glucosio go termine del DM. Essa presenta, tuttavia, e il fruttosio, ed una proteina o un lipide. dei limiti legati alla sua natura. In particola- A causa della sua elevata concentrazione re, essendo contenuta in circolo (35-45 g/l), nei globuli rossi (GB), il tasso di glicazione il dosaggio dell’HbA1C dell’albumina è diretRappresenta una delle risulta poco affidabile tamente proporzionaemergenze sanitarie in in tutte le condizioni le alla concentrazione cliniche caratterizzate zuccheri in circolo, continua crescita, come di da un’alterata omeed in particolare di dichiarato dall’Onu ostasi dei GR, quali glucosio che è quello gravidanza, anemie, presente a concentramalattia renale cronizioni maggiori. La AG ca, o caratterizzate da un’alterazione delle è molto sensibile alla glicazione anche a caucaratteristiche chimico-fisiche o strutturali sa del suo elevato contenuto in amminoacidi dell’emoglobina, quali le talassemie. Inol- (lisina e arginina) coinvolti nel processo di tre, l’HbA1C non può essere utilizzata per glicazione. Inoltre, rispetto ad altre proteiil monitoraggio a breve termine. Negli ultimi ne circolanti, la AG ha un’emivita piuttosto anni un nuovo biomarcatore, l’albumina gli- lunga (circa 20 giorni) e, di conseguenza, è cata (AG), ha mostrato risultati promettenti esposta al glucosio per un periodo di tempo sia per la diagnosi che per il monitoraggio superiore. In condizioni fisiologiche l’AG è del DM. L’albumina rappresenta la più ab- presente in una percentuale compresa tra bondante proteina plasmatica che svolge l’1 e il 10%, che aumenta notevolmente in
SALUTE
L’ALBUMINA GLICATA COME BIOMARCATORE DIABETICO Una proteina plasmatica importante, ma ancora poco usata nella pratica clinica
un paziente con DM, a causa dell’elevata te, studi su pazienti con DM di tipo 1 e di concentrazione di glucosio in circolo. tipo 2 hanno riportato un’associazione di Numerosi studi eseguiti in popolazioni AG con le complicanze croniche della madi diverse razze hanno dimostrato che AG lattia. In particolare, i risultati dello studio presenta una buona accuratezza diagnosti- ARIC hanno dimostrato una significativa ca per DM (glicemia e HbA1C). Il dosaggio associazione tra i livelli di AG ed il rischio di AG non richiede il digiuno per la sua mi- di sviluppare malattia coronarica, ictus surazione e rappresenta un indicatore affi- ischemico, insufficienza cardiaca ed indabile dello stato glicemico a breve termine crementata mortalità. Inoltre, dallo studio a causa dell’emivita dell’albumina, che è di DCCT/EDIC è emerso che la AG è associacirca 3 settimane. Rispetto ad HbA1C, AG ta con complicanze microvascolari, quali non è influenzata dalla presenza di proces- la retinopatia e la nefropatia. Pertanto, si emolitici e di consulla base delle evidizioni patologiche denze di letteratura, caratterizzate da altel’AG sembrerebbe I primi cenni su questa rate forme di emogloessere un affidabile bina. Inoltre, in con- patologia furono trovati su biomarcatore prodizioni quali anemia, un papiro egizio, ma i Greci gnostico. gravidanza, ipergliI primi metocemia postprandiale la descrissero nel dettaglio di per il dosaggio e pazienti con DM in dell’AG sono stati terapia con insulina, sviluppati negli anni AG sembra essere un marcatore glicemico 80’ ma presentavano numerosi svantaggi a migliore rispetto HbA1C; è anche partico- causa della complessità delle tecniche utilarmente indicato per i pazienti diabetici in lizzate, degli alti costi e della scarsa preciemodialisi. sione analitica. Oggi, il dosaggio può esseLa valutazione di AG risulta particolar- re eseguito facilmente mediante metodo mente utile nel monitoraggio a breve ter- enzimatico automatizzato, caratterizzato mine del paziente con diabete, soprattutto da un’elevata accuratezza e riproducibiliimmediatamente dopo l’inizio o modifica tà. Inoltre, il metodo può essere facilmendella terapia, fornendo una misura preco- te implementato nelle piattaforme anace del compenso glicemico. Recentemen- litiche ed essere, quindi, integrato nella
routine di laboratorio. Sebbene la maggior parte degli studi sia stata eseguita sulla popolazione asiatica, ed in particolare giapponese, l’introduzione del metodo di dosaggio enzimatico ne ha favorito la diffusione anche a livello europeo. Recentemente, sono stati definiti i valori di riferimento di AG nella popolazione caucasica, che devono essere distinti in base all’età, essendo più elevati nei soggetti anziani. È, comunque, importante sottolineare che il dosaggio dell’AG potrebbe risultare poco affidabile in alcune condizioni cliniche, quali quelle caratterizzate da alterazioni del metabolismo dell’albumina, tra cui ricordiamo l’infiammazione cronica, la sindrome nefrosica, le tireopatie, le patologie epatiche e l’obesità. Sebbene complessivamente i risultati della letteratura siano promettenti, l’AG è ancora scarsamente utilizzata nella pratica clinica. Infatti, malgrado la conoscenza della sua distribuzione nella popolazione generale e dei suoi determinati biologici consente la corretta interpretazione dei risultati, ulteriori studi sono necessari per validarne l’uso clinico. Un approccio razionale all’introduzione dell’AG nella pratica clinica consiste nel considerarla un biomarcatore complementare ai tradizionali indicatori dello status glicemico, come l’HbA1c, che riflette diversi aspetti dell’omeostasi del glucosio. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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di Francesca Finelli* e Vincenzo Cosimato**
«L’
obesità è la disperata ricerca di un’esistenza la cui forma è mancante: l’obesità è una forma mancante di esistenza. Per un obeso l’abbraccio è impossibile: le braccia di un altro non potranno mai cingerti, è un’armatura che ti protegge mentre ti soffoca, è l’ illusione di non sentire il “tuo” peso. (S. Sorrentino)». Mi piace ricordare questi pochi versi che esprimono realmente cosa significa “vivere” una obesità. L’obesità infantile, infatti, rappresenta, soprattutto per i Paesi industrializzati, un’emergenza sanitaria e purtroppo l’Italia continua a detenere il primato negativo europeo di bambini e adolescenti con un peso eccessivo. Lo scenario fotografato da due studi, presentati nel corso dello European Congress on Obesity, svolti nel mese di Aprile a Glasgow (Regno Unito), effettuati con i dati della Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell’OMS, insieme ai dati di Okkio alla SALUTE rappresentando l’Italia, ha delineato una triste verità. Il primo studio ha rilevato tra i 21 paesi partecipanti (637 mila bimbi circa monitorati in tre raccolte dati) la presenza tra l’1% in Svezia e Moldavia e il 5,5% a Malta di bambini con obesità grave, cioè ad alto rischio di complicanze per la salute. La prevalenza di obesità severa, maggiore tra i maschi, varia significativamente da paese a paese e tocca le punte più alte nel Sud Europa.
Biologa Nutrizionista, associata Società Italiana Stili di Vita e Benessere (SISBe). ** Biologo Specialista in Patologia Clinica, componente del Consiglio Nazionale dei Biologi. *
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L’OBESITÀ INFANTILE E LE SUE SFUMATURE
Nella patria della “dieta mediterranea” troppi bambini e adolescenti in sovrappeso In Italia, adottando le classificazio- hanno raggiunto quota 20,9% e quelli ni OMS, la percentuale è pari a 4,3%, obesi 9,8%. da un’indagine di Altroconcon una tendenza alla diminuzione negli sumo su ventimila famiglie italiane con anni. Il secondo studio mostra che tra i figli al di sotto dei dieci anno, a battere i bambini allattati al seno per almeno sei record sono le regioni del Sud del Cenmesi ci sono meno obesi rispetto ai pic- tro, con il 37% di ragazzi di 8-9 anni in coli che sono stati allattati al seno per sovrappeso o obesi. Questo eccesso di meno di sei mesi e peso, oltre a problerispetto a quelli che mi di tipo medico, non lo sono stati Nei Paesi industrializzati, può determinare nel affatto. In media il bambino e nell’adol’obesità infantile lescente anche gratasso di obesità tra rappresenta una vera vi problematiche dal i bimbi non allattapunto di vista fisico ti al seno è pari al emergenza sanitaria e psicologico. 16,8%, tra quelli alA livello monlattati per meno di 6 mesi è del 13,2% e tra coloro che invece diale la Campania è seconda sola agli hanno preso il latte della mamma più a Stati Uniti. In Italia, nel 2014, più di un terzo della popolazione adulta è in solungo diminuisce a 9,3%. Il fenomeno è stato osservato in 22 vrappeso, mentre poco più di una persopaesi che hanno partecipato alla quarta na su dieci è obesa, complessivamente, raccolta dati del COSI svoltasi tra il 2015 quasi la metà dei soggetti di età 18 anni e il 2017 coinvolgendo più di 100mila è in eccesso ponderale. Per i soggetto bambini. Invece, in base alle statistiche in sovrappeso, la Campania registra il italiane i bambini italiani in sovrappeso valore più alto (41,5%) a fronte di un
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INDICE DI MASSA CORPOREA
SOTTOPESO
NORMALE
SOVRAPPESO
valore nazionale di 36,2%. Infine secon- del peso corporeo nel rispetto del cordo l’indagine, le regioni che registrano redo genetico individuale e della situala più bassa quota di praticanti sportivi zione ambientale in cui si trova. Il ruolo sono la Campania (17,9%), la Basilicata dell’ambiente metabolico materno-feta(21,7%), la Calabria (23,3%), e la Sici- le è determinante perché i geni si esprilia (23,4%) con un corollario di record mano o meno, contribuendo così a monegativi. La complessità dei fattori che dulare il funzionamento delle strutture intervengono nello di regolazione nel sviluppo dell’obesità lungo periodo. In Italia, quasi il 21% in età pediatrica, asQuesta sorta di sociata alle compli“imprinting” contidei bambini è in nua anche nei primi canze già presenti sovrappeso, mentre circa due anni di vita. Di in questa fase della qui l’importanza devita, pongono la neil 10% è obeso terminante di una cessità di occuparsi adeguato intervento del problema il più precocemente possibile e a livelli mul- di prevenzione. Fondamentale l’alimentazione al seno o, in caso di sua impostidisciplinare. Sono tre le fasi della vita a maggiore sibilità, l’uso di latti adattati evitando il rischio che i genitori dovrebbero tenere latte vaccino sino ai 12 mesi compiuti. d’occhio: la gravidanza, i primi due anni Importante anche procedere con uno di vita e la pubertà. Durante la gravi- svezzamento equilibrato secondo le racdanza il feto acquista progressivamente comandazioni nutrizionali. È stato rilematurità anatomica e funzionale delle vato da molti studi clinici che l’obesità strutture di regolazione metabolica e nei bambini trova la sua origine in alcu-
OBESO
GRAVEMENTE OBESO
ne dinamiche familiari che spesso mantengono la patologia fino all’età adolescenziale. Tra le dinamiche familiari più frequenti si riscontrano sia i comportamenti alimentari sia gli atteggiamenti culturali che i genitori trasmettono nel contesto familiare ed educativo, sia le problematiche di comunicazione e interazione tra genitori e figli. Il cibo è il primo canale comunicativo tra genitore e figlio e, di conseguenza, rappresenta la prima modalità del bambino di poter entrare in relazione con i propri genitori. Alcuni genitori, spesso, inconsciamente, tendono a sostituire il ruolo del cibo a quello della relazione, stimolando il bambino a nutrirsi in modo eccessivo e sregolato. La nutrizione acquista quindi un valore emotivo e si configura come un ulteriore mezzo per esprimere il proprio affetto o alle volte per sopperire a qualche senso di colpa. Quando questi comportamenti iniziano ad essere sempre più frequenIl Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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SALUTE
ti nel tempo, diventano un modo del bambino stesso di sopperire a cure e attenzioni: “mangio perché mi annoio, perché mi sento solo, perché non so con chi comunicare…”. Gli studi sui disturbi alimentari dell’età evolutiva evidenziano, inoltre, come all’interno delle relazioni familiari sia assente una corrispondenza tra gli stili autoregolativi e di comportamento del bambino e le aspettative dei genitori, i quali adottano stili educativi, alimentari e modelli di pensiero ereditati dalle proprie famiglie di origine. È dunque fondamentale essere consapevoli di come un disagio fisico, quale l’obesità, nasconda in realtà un disagio più profondo relazionale e psicologico. Nutrirsi quindi non è visto come un semplicemente un momento di soddisfazione di un bisogno fisiologico, ma è un’attività a cui l’individuo attribuisce molteplici significati. Nel neonato l’alimentazione assume forti connotazioni comunicative e simboliche: la relazione madre-bambino, che si sviluppa nel momento dell’alimentazione, è centrale sia per la formazione del legame di attaccamento sia per la strutturazione dei rapporti di reciprocità, base del futuro sviluppo della comunicazione intenzionale e dell’articolarsi della conoscenza di sé e del mondo.
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Il bambino obeso cresce solitamente in un ambiente ipercontrollato e restrittivo, in cui il cibo diviene il mezzo per esprimere l’affetto e per placare ansia e sensi di colpa. Quindi, approfondendo il significato che l’assunzione del cibo ha nella patologia dell’obesità, la complessità delle dinamiche familiari e i profondi conflitti psichici che il soggetto obeso deve affrontare, entrando in quel delicatissimo periodo evolutivo che è l’adolescenza, si
sottolinea come un approccio integrato divenga fondamentale in ottica sia preventiva sia terapeutica. la diagnosi e la cura dei disturbi in età evolutiva necessitano del coinvolgimento dei familiari del paziente sia per una adeguata comprensione dei disturbi stessi, sia per allestire programmi di intervento mirati, in cui l’alleanza terapeutica con il genitore svolge un ruolo essenziale. Alla luce di quanto esposto, la realizzazione del Progetto “Implementare un ambulatorio per diabete- obesità e disturbi dell’alimentazione”, svolto presso l’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino promosso dal Direttore dell’U.O. di Pediatria Dott. Antonio Vitale e patrocinato dalla Regione Campania ha avuto lo scopo di approfondire la conoscenza del diabete, delle patologie correlate ai disturbi alimentari e lo studio della casistica sempre più emergente e in modo particolare riguardo all’obesità infantile in Campania, promuovendo un reale e consapevole cambiamento culturale nella prevenzione e nella terapia delle patologie pediatriche legate al diabete, obesità e anoressia. La corretta alimentazione è uno dei capisaldi della terapia del diabete e del problema legato all’eccesso ponderale. Per di più, la complessità dei fattori che intervengono nel determinismo dell’obesità in età pediatrica, associata alle complicanze già presenti in questa fase della vita, ha posto la necessità di occuparsi del problema il più precocemente possibile e a livelli multidisciplinari.
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Le formulazioni cosmetiche con Bakuchiol Caratteristiche e proprietà di un nuovo fenolo meroterpenico di Carla Cimmino
gli altri, da evidenziare soprattutto che non hanno avuto i soliti effetti collaterali dell’utilizzo del retinolo, come irritazione e pelle onostante sia stato isolato per la prima volta nel 1966, il secca e desquamata. Uno studio del 2018 pubblicato presso la BriBakuchiol comincia ad essere presente nelle formulazioni tish Academy of Dermatology, ha confrontato bakuchiol e retinolo cosmetiche solo da qualche anno, perché è un ingrediente l’uno contro l’altro in uno studio clinico di 12 settimane su 44 parnuovo e non c’è molta ricerca clinica su efficacia ed effettecipanti, di cui una parte ha applicato un prodotto a base di bati collaterali. Si tratta di un fenolo meroterpenico, che deriva dal kuchiol allo 0,5% due volte al giorno, e un’altra parte un prodotto seme di Babchi (Psoralea corylifolia), erba classica usata nella meal retinolo allo 0,5% una volta al giorno, i loro progressi sono stati dicina cinese e anche in quella ayurvedica. Questa antica pianta valutati da un dermatologo, che non sapeva quali fossero i soggetti è stata utilizzata per molti secoli perché riduceva visibilmente intrattati con l’uno o con l’altro prodotto.In entrambi i gruppi si sono fiammazioni come psoriasi, leucoderma e vitiligine, eczema e pervisti miglioramenti nell’iperpigmentazione, rughe e arrossamenti, sino lebbra. Recentemente è diventato un ingrediente sempre più e non si è avuta alcuna differenza statisticamente significativa tra presente nei prodotti destinati alla cura della pelle. È infatti comi loro risultati, il che suggerisce che l’uso di bakuchiol due volte al mercializzato come ingrediente nelle formugiorno è efficace quanto l’uso di retinolo una lazioni destinate alla cura di acne, melasma, volta al giorno. Inoltre, il gruppo bakuchiol ha È utilizzato per la cura fotoinvecchiamento e iperpigmentazione. riportato meno desquamazione della pelle riDue studi recenti hanno fornito dati prometspetto al gruppo retinolo. di acne, melasma, tenti sugli effetti anti-invecchiamento di baDai dati si evince che la potenza di bakufotoinvecchiamento e kuchiol, sia da solo che rispetto al retinolo. chiol è vicina a quella del retinolo, quindi un Nel primo, pubblicato sull’International siero di bakuchiol potrebbe funzionare così iperpigmentazione Journal of Cosmetic Science nel 2014, alcuni come un retinolo, perché sia i retinoidi che il ricercatori hanno utilizzato colture sintetiche bakuchiol inducono nella pelle un’espressiodi cellule di pelle e collagene per testare gli effetti anti-invecchiane genica simile e migliorano l’aspetto cutaneo. Il bakuchiol, utilizmento del bakuchiol. Dai loro risultati è stato dimostrato che bakuzato per la cura della pelle, come dimostra la letteratura scientifica, chiol presentava proprietà di espressione genica e regolazione del riduce l’aspetto di linee e rughe, minimizza l’aspetto dei pori, rende collagene simili al retinolo, almeno nella pelle finta e nelle cellule l’aspetto della pelle più sodo, conferendole un aspetto luminoso, disincarnate. Per poter immaginare nell’utilizzo quotidiano come radioso, riduce il rossore e l’infiammazione dopo l’esposizione al si presenta il bakuchiol, sono stati selezionati alcuni pazienti che sole, riduce persino la gravità dell’acne, agisce anche sulle discrohanno applicato 16 prodotti allo 0,5% di bakuchiol due volte al mie, funge infatti da regolatore di melanina. Lo sviluppo e la comgiorno per 12 settimane. mercializzazione di analoghi dei retinoidi più tollerati anche dalle Il risultato evidente è stato notare miglioramenti in ogni capelli sensibili, consentirebbe un uso più ampio e più conforme a tegoria (rispetto alla loro linea di base, non un trattamento plaquelle che sono le esigenze, e proprio il bakuchiol potrebbe essere cebo): linee sottili e rughe, rugosità, secchezza ed elasticità, tra un ottimo punto di partenza.
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SALUTE
“MORTI MOVENTI” DOPO IL DECESSO I NOSTRI CORPI SI MUOVONO A LUNGO...
Uno studio austrialiano che coinvolge biologi, patologi e medici potrà aiutare il progresso della scienza forense
C’
è movimento dopo la morte. Anche per un anno. Più che “morti viventi”, si potrebbe parlare di morti “moventi”. A rivelarcelo è un approfondito studio, che mischia competenze di biologia, patologia, medicina e che potrebbe avere sviluppi anche nella criminologia, portato avanti da una ricercatrice australiana, Alyson Wilson. È una scienziata che lavora per l’“Australian Facility for Taphonomic Experimental Research”, noto come AFTER, e considerato una “fattoria” sperimentale, un luogo in cui si conducono ricerche pionieristiche sul comportamento del nostro corpo post mortem. Come questo esistono altri luoghi, spesso soggetti a critiche dal punto di vista etico, anche negli Stati Uniti: spesso vengono tenuti segreti per far fronte alle polemiche. Per 17 mesi Wilson ha analizzato il comportamento dei cadaveri attraverso alcune telecamere a infrarossi sfruttando un sistema di time-lapse e facendo riprese nella località segreta di Sydney dove ha
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luogo AFTER. Qui, nella “fattoria dei cor- controllare con costanza “i progressi” dei pi”, filmando per centinai di ore i cadaveri cadaveri. «Sono movimenti legati alla deanalizzati a scopo scientifico è riuscita a composizione e ai legamenti che possono costatare che i corpi dopo la morte con- far spostare concretamente alcune parti tinuano a muoversi ancora per un anno e del corpo. Dobbiamo continuare a indagain alcuni casi le braccia cambiano perfino re per comprendere meglio questi moviposizione passando da conserte a spostate menti, ma crediamo che gli studi possano lungo il fianco. Dunque, quando moriamo avere sviluppi interessanti» ha detto. Uno di questi potrebbe non riposiamo esatessere per esempio tamente “in pace”, all’ambito delma continuiamo a La decomposizione umana legato la criminologia. Le muoverci a causa porta i corpi a compiere scoperte potrebbechiaramente del proro infatti aiutare la cesso di decomposidei movimenti anche polizia e i patologi a zione, che include la dopo il decesso stimare con più premummificazione del cisione l’esatto orario corpo e il processo del decesso riducencon cui si seccano i do i margini di errore e facilitando anche legamenti. Nei laboratori di AFTER la Wilson ha l’identificazione di corpi di persone ad esaminato i 70 corpi destinati alla scien- esempio scomparse da molti anni. Questo za. Ha dovuto prendere ogni mese un volo in sostanza aiuterebbe ad una «corretta di tre ore da Cairns sulla costa nord-o- interpretazione di una scena del crimine» rientale, dove è ricercatrice alla Central davanti a un copro magari rinvenuto dopo Queensland University, fino a Sydney, per diverso tempo.
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più ma non sono riuscita a trovare da nessuna parte nel mondo dei dati scientifici che cerchino di quantificare il movimento. Quindi ho pensato, lo farò io». L’osservazione, avvenuta per un anno e mezzo, era costante e continua, ad intervalli di 30 minuti. Dalle telecamere «abbiamo scoperto che in alcuni casi le braccia si muovevano in modo significativo, scendevano letteralmente accanto al corpo» ha detto Wilson in una intervista all’Australian Broadcasting Corporation (ABC). Altri studiosi hanno ricordato i vari passaggi, dal rigor mortis iniziale che include una forte rigidità fino al momento in cui il corpo appare più rilassato. Per l’antropologo forense Lori Baker della Baylor University «si attraversano varie fasi, dal gonfiore che si verifica a causa dei gas intestinali sino al processo di in decomNelle sue scoperte recentemente posizione», tutti fattori che potrebbero pubblicate (ma devono essere ancora «contribuire ai movimenti post mortem». confermate) sulla rivista Forensic Science In particolare, ora gli scienziati si concenInternational Synergy, si evince come la treranno nell’osservare ciò che accade comprensione del movimento post mor- quando il sangue si raggruppa e come si tem potrebbe aiutare anche a ridurre la “muovono” le cellule, passando per gli efstima di «cause errate di morte e a map- fetti legati a microbi, batteri e funghi che pare una scena del crimine, mappare la iniziano a scomporre i tessuti attraverso il processo di putreposizione del corpo fazione. della vittima e ogni Adesso, il sucprova fisica trovata: La scoperta potrebbe cessivo passaggio così potranno aiutare a capire così la causa aiutare polizia e patologi a dell’indagine portata della morte». stimare con più precisione avanti dalla ricercatrice australiana, che La ricercatrice l’orario della morte è stata supervisionaha raccontato di aveta dall’antropologo re iniziato il suo proforense e criminologetto, decisamente unico, dopo un viaggio in Messico in cui go Xanthe Mallett, professore all’Universiè stata coinvolta nel classificare i resti tà di Newcastle in Australia, sarà quello di scheletrici del periodo dei Maya. «Vole- approfondire appunto la parte “biologica” vo capire di più su ciò che accade dopo collegata alla fase post mortem per poterla nostra morte. Una volta ho osservato ci raccontare di più su come i nostri corun movimento in uno studio precedente pi cambiano e si muovono ancora dopo la e ho iniziato a ricercare per saperne di fine della vita. (G. T.).
Nei maiali funzioni neuronali ripristinate a poche ore dalla morte
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n un recente esperimento un cervello di un maiale morto, ottenuto da un impianto per il confezionamento delle carni, è stato isolato e trattato con una soluzione chimica progettata per osservare molte funzioni cellulari di base ed è stato riscontrato che “il cervello intatto di un grande mammifero conserva la capacità, precedentemente sottovalutata, di riattivare la circolazione e alcune attività molecolari e cellulari, a diverse ore di distanza dall’arresto circolatorio”, spiega Nenad Sestan, professore di Neuroscienze, medicina comparata, genetica a Yale. L’esperimento è stato portato avanti da un gruppo di ricercatori di università statunitensi nel quadro della NIH Brain Initiativ e illustrata sulla rivista “Nature”. Al cervello “riattivato” in laboratorio mancavano, va detto, i segnali elettrici associati alla normale funzione cerebrale. «In nessun momento abbiamo osservato il tipo di attività elettrica organizzata associata a percezione, consapevolezza o coscienza - hanno precisato i ricercatori -. Dal punto di vista clinico questo non è un cervello vivente, ma è un cervello attivo a livello cellulare».
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di Biancamaria Mancini
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uante volte, guardando un neonato, commentiamo divertiti la sua capigliatura: è senza neanche un capello! Oppure al contrario, è nato con tanti capelli e già lunghi! I capelli sono sicuramente una caratteristica distintiva dell’individuo da subito. Questi, nascono infatti dai follicoli piliferi che sono presenti già in tutti i mammiferi prima della nascita, e in numero geneticamente determinato che non cambierà più nel corso dell’intera vita. I follicoli piliferi sono presenti su tutto il corpo ad eccezione del palmo delle mani, delle piante dei piedi e di alcune superfici mucose. Tutti i follicoli del corpo presentano un’embriogenesi simile, ma alcuni di questi avranno una diversa evoluzione. Alcuni follicoli infatti, saranno influenzati a livello ormonale e diventeranno caratteri sessuali secondari (i peli del pube, delle ascelle e della barba), altri ancora, come quelli presenti sul cuoio capelluto, diventeranno capelli. Il ruolo di questi annessi cutanei è funzionale, infatti partecipano alla termoregolazione, sono una protezione fisica della pelle e, non ultimo, sono un mezzo di comunicazione nelle interazioni sociali e sessuali. Tutto lo sviluppo dei follicoli piliferi nel feto nasce dalle interazioni tra ectoderma e mesoderma, due dei tre foglietti germinativi da cui deriva tutto l’organismo. Dall’ectoderma infatti, il più esterno dei tre foglietti embrionali, derivano sia l’epidermide che il sistema nervoso, dal mesoderma derivano il derma, il sistema osseo, muscolare e circolatorio e, dall’endoderma, si sviluppano i visceri e i loro annessi. A partire dalla ottava settimana dalla fecondazione, si possono osservare già i primi abbozzi epidermici del follicolo sotto forma di addensamenti di cellule epiteliali con elevata e particolare attività proliferativa. Tali agglomerati epidermici, prolifera-
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no verso il mesenchima sottostante come suo allungamento verso l’esterno. Le zone se subissero una sorta di attrazione verso che per prime si riempiono di questi abbozdi esso, a differenza delle cellule basali che zi sono le sopracciglia, il labro superiore e il invece proliferano verso l’alto costruendo i mento. Tra la tredicesima e sedicesima setvari strati epidermici. Verosimilmente tale timana di gravidanza, si costituisce una laattrazione è causata da un fattore di cre- nugine su tutto il corpo (vello fetale), ed è scita della famiglia dell’Epidermal Growth a questo punto che appaiono due rigonfiaFactor (EGF) che si menti sul bordo podefinisce Hair Growth steriore dei follicoli: il I follicoli hanno diversa rigonfiamento supeFactor (HrGF) prodotto dai cherariore che costituisce evoluzione. Solo alcuni l’abbozzo della futura tinociti stessi. Le di tutti questi ghiandola sebacea, cellule epidermiche e quello inferiore in quindi, si addentrediventaranno capelli cui si accumulano le ranno obliquamente cellule mesenchimali nel derma e si amplieranno nella parte più profonda fino ad che origineranno il muscolo pilo erettore. assumere una forma clavata (bulbo). L’e- Inoltre, all’altezza del rigonfiamento infestremità clavata dell’abbozzo diviene con- riore, si localizza anche un pool di cellule cava e includerà presto la papilla dermica, staminali (zona del bulge) responsabile di zona sempre più ricca di capillari sanguigni ogni riavvio del ciclo vitale del capello per e fonte necessaria per il nutrimento e ossi- tutta la vita dell’individuo. E’ proprio dalla genazione dell’organulo. È proprio a livello zona del bulge, in seguito a precisi segnali della papilla dermica che è presente l’atti- biochimici che, le cellule staminali, scenvità mitotica del pelo da cui si determina il deranno verso la papilla dermica per dare
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SALUTE terrotto, solo in seguito a condizioni parafisiologiche che comporteranno una pausa sempre più lunga (kenogen) tra la caduta del capello vecchio (telogen) e la nascita del nuovo (anagen), innescando un processo degenerativo di miniaturizzazione che porterà alla distruzione del follicolo e alla perdita definitiva dell’unità pilare.
L’approfondimento
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EMBRIOGENESI DEL FOLLICOLO PILIFERO Il ruolo degli annessi cutanei nella termoregolazione degli individui
origine alla nuova crescita. Solo in deter- ghiandole sebacee si riducono e, contemminate zone del corpo si genera un terzo poraneamente, diminuisce moltissimo rigonfiamento, da cui prenderà forma la anche la secrezione di sebo. La quiescenghiandola apocrina, disposta al di sopra za sebacea durerà fino alla pubertà, pedella ghiandola sebacea. riodo in cui riprenderà l’attività ghiandoÈ interessante osservare come un or- lare e la maggiore produzione di sebo. gano così piccolo e apparentemente insiContemporaneamente alla genesi del gnificante, sia tanto follicolo, si perfeziona complesso e distribututta la struttura che È proprio a livello ito in grande numero lo circonda: le guaine su tutta la superficie interna ed esterna della papilla dermica della radice, la guaina corporea. che è presente l’attività vitrea e la guaina conProprio la genettivale che separa nesi della ghiandola mitotica del pelo l’organo follicolare sebacea annessa al dal resto del derma. follicolo, che rimarrà Gran parte di queste fasi embrionarie ben sviluppata fino alla fine dell’età fetale, rappresenta il primo prodotto ghian- descritte, si continueranno a ripetere quasi dolare prodotto nel corpo umano. La se- identiche ad ogni nuovo ciclo del pelo (o crezione sebacea attiva fino alla nascita, capello), durante tutta la vita dell’indiviè responsabile della vernice caseosa del duo. Nel naturale ciclo vitale del capello, bimbo, quel rivestimento ceroso che ri- alla caduta deve sempre corrispondere veste il feto come una camicia. Subito la contemporanea crescita di una nuova dopo la nascita, col cessare dell’influenza struttura all’interno dello stesso follicolo. Il ormonale materna, le dimensioni delle ciclo vitale pilare sarà invece alterato, o in-
i dice che quando una donna in attesa ha acidità di stomaco, i capelli del feto stanno crescendo. Tale affermazione è stata spesso ritenuta una credenza popolare. In relatà, un articolo pubblicato sulla rivista Birth issues in perinatal care nel 2006, ha cercato di approfondire la correlazione tra acidità di stomaco e capelli del feto in uno studio su un gruppo di 65 gestanti. È stata così rilevata una relazione statisticamente significativa proprio fra bruciori di stomaco delle mamme in attesa e i molti capelli sul capo del neonato. La spiegazione sarebbe da attribuire ad alcuni ormoni presenti in gravidanza con un duplice ruolo: questi infatti indurrebbero il rilassamento dello sfintere esofageo inferiore e, allo stesso tempo, modulerebbero la crescita dei capelli fetali. Il rilassamento dei muscoli dell’esofago della mamma potrebbe essere quindi la causa scatenante del bruciore allo stomaco, proprio in presenza dell’incremento ormonale della chioma neonatale.
Riferimenti Schneider MR1, Schmidt-Ullrich R, Paus R. “The hair follicle as a dynamic miniorgan.” Curr Biol. 2009 Feb 10;19(3):R132-42. Montagna W. “The structure and Function of skin”, Academie press 1956. https://www.sanders.it/capelli-dei-neonati/. Kathleen A et al. “Pregnancy Folklore Revisited: The Case of Heartburn and Hair” Birth issues in perinatal care 27 November 2006.
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SALUTE
LA RINASCITA AFFIDATA ALLA SCIENZA “RESILIENZA: LA RICERCA XYLELLA PARLA AL PUBBLICO Resoconto del convegno della società agricola ACLI organizzato a Racale (Lecce) nel mese di settembre scorso
di Stefania Inguscio*
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rande interesse e partecipazione, al convegno organizzato a Racale (Le), nella splendida cornice della sede della Società Agricola cooperativa ACLI Racale il 19 e 20 settembre dal titolo “Resilienza la ricerca Xylella parla al pubblico” dallo sportello tecnico della società, nell’ambito del progetto UE Horizon 2020 POnTe (PEstOrgaNismThreating Europe) in qualità di partner dello stesso. La scelta del luogo non è casuale, come sottolineato dal Direttore scientifico dott. Daniele Cormano, si tratta infatti di un ex frantoio tecnologicamente all’avanguardia, come dimostrato dalla presenza di nuovi e
Componente del Consiglio Nazionale dei Biologi.
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moderni macchinari tristemente accanto- da: «Per i salentini, è l’ulivo da salvare intenati ai margini della sala, costretto ad in- so come patrimonio culturale e paesaggistiterrompere la sua attività produttiva per la co? Oppure una pianta da salvare? Oppure ancora l’ulivo inteso come un’economia totale mancanza di materia prima. Ambizioso l’obiettivo: contrastare la da salvare». Ha esposto una panoramica sfiducia delle parti sociali, degli olivicol- di eventi che si sono susseguiti dal 2013, tori nonché di tutti i soggetti economici a quando nel territorio europeo si è insediato questi connessi, nei confronti del mondo un batterio tra i più temuti al mondo ovvescientifico. La scienro Xylella fastidiosa, za dal 2013 in poi ha un patogeno da quadato la sensazione di La Comunità L’evento salentino rientra rantena. essere scollegata da Scientifica non era nell’ambito del progetto ancora a conoscenavvenimenti causati za dell’ulivo come da Xylella fastidiosa, dell’unione europea probabile ospite di batterio colpevole Horizon 2020 queste piante sino a di aver provocato siquando i primi camgnificative ricadute pionamenti nel 2014 di natura sociale, paesaggistiche ed economiche nel Salento. hanno associato il fenomeno del disseccaLo scenario è stato ampiamente descritto mento degli olivi, all’infezione. Gli interesdalla ricercatrice francese Fiona Panziera si internazionali, però, sin da subito non dell’Institut National della Ricerche Agro- coincidono con quelli degli addetti ai lavonomique dal titolo evocativo: «L’equivoco ri, nascono quindi gruppi di contestazione pugliese sulla natura dell’olivo da salvare». caratterizzati da circoli privati e di settore, La dottoressa Panziera si è posta la doman- contrari alle autorità e in disaccordo tra di
SALUTE
Il tavolo dei relatori.
Nelle foto di sopra, le immagini della sala con i partecipanti e i relatori della giornata.
loro (tra questi la ricercatrice francese cita vite e di agrumi, al fine di impedire il diffon“Il popolo degli ulivi”, “La voce dell’ulivo”). dersi della malattia e di recente, il batterio Alcuni esponenti di questi dissidenti, attri- è stato spostato dalla lista A1 a quella A2 buiscono il fenomeno all’abbandono delle da quarantena. Così spiega la ricercatrice tradizionali pratiche agricole, il fenomeno Flavia Occhibove del Center of Ecology viene interpretato come “il grido dell’ab- E Hydrology, Willingford che ha curato la bandono della pianta”. Appare chiaro in relazione di apertura riguardante natura e questo scenario, la necessità di dialogo tra provenienza del batterio, modalità di traComunità scientifica smissione ed infezioe opinione pubblica. ne degli alberi colpiti, Dopo i primi cammettendo in luce le Nel corso delle due difficoltà di gestione pionamenti effettuati giornate si è parlato di questa malattia nelle aree infette, gli che ha riguardato le studi condotti nelle del famoso patogeno cultivar di ulivi del Università italiane, pericoloso per gli ulivi Salento. prendono spunto da La dottoressa quelli sviluppati in Occhibove ha parlato precedenza in America dove il batterio della Xylella fastidiosa del patogeno Xylella fastidiosa, spiegandofu scoperto nel 1800 in seguito all’infezione ne le caratteristiche che lo rendono così che colpì la vite in California. Più di recente difficile da trattare e altrettanto difficile da nel sud America, una gravissima epidemia curare, descrivendolo come “un patogeno ha causato il disseccamento di intere pian- atipico” poiché in possesso di caratteristitagioni di agrumi. Per tali motivi esiste il di- che biologiche e molecolari diverse da altri vieto di introdurre in Europa esemplari di batteri, in quanto ha capacità ricombinanti
tali da produrre una elevata diversità genica. La Commissione Europea ha perciò legiferato in merito agli interventi necessari, descrivendo azioni mirate su ogni focolaio presente sulle piante ospiti ritrovate infette per ciascuna sub specie. Attualmente le aree maggiormente monitorate sono Italia (Puglia, Toscana), Francia, Spagna e Portogallo, dove sono presenti focolai con ceppi geneticamente nuovi (EFSA ha contato 560 specie), mai tipizzati negli studi condotti in America, il devastante gruppo ritrovato in Salento è classificato come Xylella fastidiosa sub. pauca (di seguito Xfp). Le misure preventive che tutti gli Stati membri devono mettere in atto, sono essenzialmente tre e riguardano: il monitoraggio obbligatorio e costante delle zone a rischio, l’eradicazione su focolai di piccola estensione e la limitazione dei trasferimenti di piante dalle zone infette. Sempre la ricercatrice Occhibove, spiega che al genere Xylella appartengono specie che colonizzano i vasi xilematici (che trasportano linfa grezza dalle radici Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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SALUTE alle foglie) ostruendoli. In seguito la pianta subisce uno stress idrico e manifesta sintomi forvianti nel determinare la presenza della malattia in quanto facilmente associati al disseccamento, motivo per cui la diagnosi deve essere supportata da indagini di laboratorio. Il batterio (Gram negativo, parassita obbligato) pur non possedendo flagelli, attraverso particolari contrazioni del corpo cellulare, riesce a muoversi controcorrente, trasferendosi così dalla parte apicale dove avviene l’inoculo, alla parte bassa della pianta, rendendo di fatto vane le semplici azioni di potatura volte a contrastare la malattia. Dopo 5 anni dal primo simposio al quale si registrava solo partecipazione di scienziati americani, ora la ricerca italiana è ben rappresentata, ma ancora lontana dall’individuare cure efficaci. Altrettanto difficile inoltre, risulta trasferire in contesti ambientali totalmente differenti, tutte le metodologie e strategie di controllo utilizzate in America. Emerge dagli studi presentati nel corso della prima giornata, che tra le cultivar di olivo presenti in territorio salentino, Ogliarola, Cellina e Leccina, solo quest’ultima manifesta resistenza. Capire i meccanismi della lenta progressione della malattia rispetto alle altre varietà, è obiettivo e sfida per i ricercatori di Università e CNR pugliesi. Si sono compiute a tale scopo, ricerche di trascrittomica, volatolomica, ionomica, microscopia, associate ad analisi statistiche. Tutti approcci tesi a rilevare, quantificare e comparare sostanze presenti nelle varie cultivar in risposta all’infezione (esempi tra questi i composti fenolici, l’acido azelaico), ma anche sostanze prodotte dal batterio, come alcuni acidi grassi cis-2 saturi, diffusi dall’ospite per favorire la motilità dell’intera colonia. Gli studi condotti con tecniche di metabarcoding sulle differenze di specie che caratterizzano il microbiota endofitico delle varietà, Cellina, Ogliarola e Leccina, hanno rivelato significative differenze di colonizzazione tra piante infette resistenti e quelle infette malate. Questa interessante ricerca apre quindi un varco alla conoscenza di uno dei probabili meccanismi su cui si basa la capacità di resistenza a Xfp delle cultivar di Leccino, rispetto a quelle di Ogliarola e Cellina di Nardò Un approccio ecosostenibile alternativo all’uso di sostanze chimiche, deriva dal lavoro del Dipartimento di Scienza del suolo delle piante e degli alimenti dell’Univer-
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sità e CNR di Bari, relativo all’impiego di diverse specie di batteri endofiti del genere Methylobacterium spp, (Paraburkholderia PsJN) come biocontrollo. Nel corso della giornata di venerdì 20 settembre, si sono susseguite relazioni di ricercatori provenienti anche da sedi universitarie situate nel nord e centro Italia. Gli argomenti trattati hanno preso in considerazione la biologia degli insetti vettori di Xf. Gli argomenti sono indispensabili per comprendere l’epidemiologia del disseccamento rapido. Si sono esposti studi riguardanti il ciclo vitale degli insetti vettori ovvero Cicaline, Sputacchine e Cicale appartenenti all’ordine degli Hemiptera. La specie Philaenus spumaris, Locandina dell’evento. però, è quella a cui si attribuisce maggiore responsabilità dell’infezione in quanto la sua presenza sul territorio risulta più significativa. Questi insetti succhiatori, si nutrono di linfa xilematica, povera di nutrienti e senza zuccheri, il che comporta polifagia e introduzione di grandi quantità di cibo. Le specie in esame sono univoltine, cioè si riproducono una volta l’anno (questo di certo risulta un vantaggio), nei loro stadi giovanili si presentano come neanidi e ninfe, le quali vivono sugli strati erbosi per tutto lo stadio giovanile, dove avviene l’ovodeposizione. Nella fase adulta l’insetto sfarfalla su zone apicali di alberi e arbusti, quindi di ulivi. Nell’insetto l’infezione si localizza nello Stomoideo (apparato succhiatore) che essendo di origine ectodermica si perde con la muta nei soggetti giovani, di conseguenza non risultano più infetti. Gli adulti di contro, restano pericolosi per tutta la durata della vita, per cui oltre sei mesi. Bizzarri alcuni studi come quello descritto dal direttore scientifico dott. Daniele Cormano secondo cui collegando Philaenus spumaris ad un circuito elettrico ed un rilevatore, si monitorizzano le fasi della suzione xilematica e quindi della modalità di infezione del vettore dalla pianta.
Dal Trentino giunge la ricerca sui segnali vibrazionali prodotti dalle cicaline, a scopo difensivo, di comunicazione e richiamo del partner. L’intento da parte degli studiosi è quello di riprodurli per creare trappole fuorvianti. Il dipartimento di scienze del suolo dell’Università di Bari, evidenzia interessanti prospettive basate sullo studio del germoplasma olivicolo pugliese al fine di migliorarne il patrimonio genico e creare una specie autoctona in laboratorio resistente a Xf. incrociando arbusti selvatici di olivastro con la varietà Leccina. Dall’Università del Molise provengono invece, studi di lotta al vettore Philenus spumaris, si pensa all’inoculo di funghi entomopatogeni sul vettore, con la prospettiva di usare tale tecnica per limitarne la popolazione. In conclusione, tutti gli argomenti trattati aprono ciascuno un ventaglio di possibili strade da percorrere. La scienza dunque ha bisogno dei suoi tempi, per contro, il Salento ha la necessità di riavviare al più presto una nuova economia cui dovrà, necessariamente, corrispondere un paesaggio rigoglioso senza dubbio più bello di quello ormai inesistente. Questo il significato di “Resilienza”.
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Il pentagramma che fa bene al cuore La musica regala dopamina, il neurotrasmettitore del benessere di Ludovica Vollaro
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utta la magia... bio del pentagramma nascosta in un accordo. Che la musica sia tra le arti maggiormente evocative, è cosa nota. Costantemente presente nelle nostre giornate, influenza, più o meno scientemente, la percezione del mondo che ci circonda, generando una serie di emozioni, sensazioni e stati d’animo che influenzano il modo di comportarci fino ad indurre l’organismo a delle vere e proprie “relazioni fisiche”. Quante volte abbiamo associato fatti ed episodi della nostra esistenza a quel determinato brano o a quel motivetto che ci è rimasto impresso nella mente? La risposta del cervello all’ascolto delle “sette note” è la produzione di dopamina, il neurotrasmettitore che ci regala un senso di appagamento e benessere. Questo ci aiuta a sopportare meglio la fatica fisica ed a rilassarci nei momenti di particolare carico emotivo o di stress (pensiamo, solo a mo’ di esempio, a quanti fanno jogging e ascoltano musica con le cuffiette nelle orecchie). Non a caso la musicoterapia viene impiegata, con ottimi risultati, anche in ambito sanitario, per il trattamento delle persone affette da disabilità psicomotorie, da Alzheimer o in patologie neurodegenerative. C’è un intervallo in musica, tuttavia, che, in quest’ottica, sembra avere un particolare successo: è l’intervallo di sesta definito dal musicologo e semiologo Gino Stefani, “intervallo
del cuore” (Musica con coscienza, 1989). Moltissimi brani famosi, dal tema di “Love Story” alla “Canzone Italiana” di Sergio Endrigo, da “Buonanotte Fiorellino” di De Gregori ai più famosi spot televisivi, contengono un intervallo di sesta e tutti risultano essere particolarmente gradevoli e rassicuranti all’ascolto, perché corrispondono al suono di una voce dolce e profonda. In chi ascolta sovente, l’impressione è quella di librarsi in volo oppure di lasciarsi cullare da un sogno. È ancora più interessante notare che qualsiasi intervallo di sesta, sia esso maggiore, minore, ascendente o discendente, risulta essere cantabile, piacevole, emotivo, gratificante. Insomma: un generatore di dolcezza e tenerezza. O, per dirla con un’altra frase: la “sesta” appare come l’intervallo caratteristico della melodia. Un’ulteriore particolarità consiste nel fatto che l’intervallo di sesta è considerato “grande”, ma senza eccedere, ampio più di quelli “medi” o “giusti” di quarta o quinta, quindi in qualche modo anomalo, difficile da realizzare, impegnativo da cantare. Eppure, a fronte di ciò, risulta il più melodioso, capace di stimolare il cervello a quelle reazioni biochimiche che ci rassicurano come fossimo avvolti da un caldo e confortevole abbraccio. La biosemiotica, che indaga i fenomeni del linguaggio, sia in termini culturali che in quelli naturali, magari un giorno chiarirà la rispondenza tra l’intervallo del cuore e le reazioni fisiche del nostro cervello. Nel frattempo, godiamocelo tutto! Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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di Giacomo Talignani
Ginevra, palazzo delle Nazioni Unite.
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ove sono i grandi? È la domanda indicazioni. Tanto che le manifestazioni che ci si potrebbe porre davanti dei Fridays For Future che si sono svolall’urgenza di salvare un Pianeta te poco dopo sono state fra le più grandi e la sua biodiversità da una crisi e rumorose della storia: come se i giovaclimatica che, tra crescita delle emissio- ni volessero mandare l’ennesimo segnale ni di CO2, innalzamento dei livelli dei che bisogna fare «molto di più contro la mari, acidificazione dell’oceano e un uso crisi climatica». Circa una settantina di costante dei combustibili fossili, è sem- Paesi al summit si sono impegnati nel ripre più malato. durre, da qui al 2050, le emissioni: in dieci I “grandi”, per come la vedono i milioni anni dimezzarle (45 per cento) e poi arridi ragazzi scesi in piazza a protestare per vare a zero emissioni di CO2. Una volontà il clima, sono sia gli adulti, colpevoli come a parole, spesso priva però di leggi e piani dice Greta Thunberg di negare «il futuro concreti per attuarle. Fra questi Paesi c’ea noi giovani», ma ra anche l’Italia, che sono soprattutto le per esempio nonoLe potenze economiche grandi superpotenze stante l’impegno areconomica, dagli Usa ranca nell’attuazione mondiali sembrano alla Cina passando del suo green deal ed non attuare strategie per è ancora lontana da per gli Emirati Arabi, che appaiono troppo arrivare alle zero emissioni un addio ai comburiluttanti ad attuare stibili fossili. strategie concrete Di buono sono per arrivare alle famose zero emissioni. arrivati alcuni contributi dal mondo ecoMentre l’onda verde dei giovani chie- nomico, dalle aziende, che aiuteranno il de risposte, per capire dove sta andando la percorso verso emissioni zero nel 2050, e nostra Terra e quali cure verranno messe un aumento nelle casse del Green Fund, in atto per salvarla, bisogna partire dall’ul- il fondo destinato ad aiutare le nazioni in timo summit dell’Onu di fine settembre. via di sviluppo nelle questioni climatiche Non era un vertice con decisioni vincolan- (Svezia, Danimarca, Norvegia e Svizzera, ti, ma una riunione, su invito del segreta- hanno raddoppiato il proprio contributo). rio generale delle Nazioni Unite Antonio Di negativo invece, oltre allo scetticiGuterres, in cui si smo degli Stati Uniti sperava in un impe- guidato in primis Dall’ultimo summit gno concreto da pardal presidente Dote di diversi governi a nald Trump – c’è il sul clima, infatti, sono ridurre le emissioni e fatto che le nazioemerse poche e deludenti ni più ricche, fra le rispettare gli Accordi di Parigi del 2015. In quali appunto Usa, indicazioni sul futuro sostanza, una sorta India, Brasile, Cina di prova generale di e Turchia, non hanquello che sarà il Cop 25 in Cile fissato no indicato alcun piano fattivo per la riper dicembre, l’appuntamento in cui i po- duzione delle emissioni e, al contrario, tenti del mondo dovranno ratificare i pro- continuano a puntare sull’espansione di pri impegni. Di fatto, dall’ultimo summit centrali a carbone. Ad esempio, Narendra sul Clima, sono uscite poche e deludenti Modi, premier indiano, ha sì ricordato che
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l’India si impegnerà nell’aumento delle rinnovabili, ma non ha accennato alla diminuzione della dipendenza da fossili. La Cina non ha fissato alti obiettivi, in attesa anche di capire gli sviluppi legati ai dazi con gli Stati Uniti. Per ora i 66 Paesi le 102 città e le 93 imprese invitate al summit si sono limitate fondamentalmente a dichiarare lo sforzo di raggiungere zero emissioni entro il 2050. Interessante, se non resterà soltanto un annuncio, anche l’impegno della Russia - fra i Paesi che inquinano di più al mondo- che ha deciso di attuare ancora l’accordo di Parigi dopo mesi di dubbi. Questo scenario di incertezza uscito dal summit di New York non fa che aumentare le preoccupazioni, soprattutto dei ragazzi, per il futuro. I dati dimostrano che gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi mai registrati, con un più 0,2 gradi rispetto al 2011-2015. La temperatura media globale è già aumentata di 1,1 gradi dal periodo preindustriale. Nonostante le promesse, le emissioni globali di CO2 sono cresciute lo scorso anno dell’1,7 per cento. Come ha detto Greta, parlando davanti ai potenti del mondo, «avete rubato
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VERSO UN MONDO CHE BRUCIA. DOVE SONO I GRANDI?
Il ruolo dell’uomo e degli Stati nella crisi che vive il nostro Pianeta i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote. La scienza da trent’anni è chiara ma voi distogliete lo sguardo, come osate?». La necessità di correre ai ripari verso un problema serissimo, che porterà a milioni di rifugiati climatici, che amplierà i divari fra i ricchi e poveri del mondo e che aumenterà in maniera esponenziale la perdita di biodiversità e habitat, è infatti in primo luogo suggerita dalla scienza. Soltanto due giorni dopo la fine del Summit, l’Ipcc, il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, ha ancora una volta avvertito tutti di ciò che sta accadendo e accadrà a partire dai nostri preziosissimi oceani: «Gli eventi meteorologici saranno sempre più intensi ed estremi, come tempeste e uragani, e ci saranno ondate di calore anomale. Si sta verificando lo scioglimento dei ghiacci ai Poli e sulle catene montuose, stiamo perdendo i ghiacciai, i mari si innalzano e si acidificano» e se non riusciremo a invertire la rotta «entro la fine del secolo la temperatura media globale sarà di 3 °C superiore rispetto al secolo scorso, con un danno enorme per il futuro dell’umanità». Ancora una volta, siamo stati avvertiti.
«Come osate?». Il discorso di Greta
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e sue parole hanno scosso il mondo. Milioni di giovani sono scesi in piazza per chiedere un futuro. Con un discorso pronunciato all’Onu, parlando davanti ai potenti, Greta Thunberg si è espressa con gli occhi umidi di lacrime perché, ha detto, «avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote. La scienza da trent’anni è chiara ma voi distogliete lo sguardo, come osate? Siamo all’inizio di un’estinzione di massa e tutto quello di cui siete capaci di parlare è il denaro e favole di un’eterna crescita economica. Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, © Liv Oeian/www.shutterstock.com gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai». E ancora «le persone soffrono, le persone stanno morendo e i nostri ecosistemi stanno collassando. Voi dite di ascoltarci e di capire l’urgenza, ma non importa quanto io sia triste e arrabbiata, io non vi credo, perché se voi aveste capito effettivamente la situazione, continuando a fallire nell’agire, allora sareste da considerare come dei malvagi. E mi rifiuto di crederlo».
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IL LABORATORIO CHE SALVA I RINOCERONTI Un team internazionale di scienziati tenta la fecondazione per tutelare la specie
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nche nella scienza ci vorrebbe un miracolo. Quale? Che saltasse fuori da qualche parte in Africa, cosa assai improbabile, una femmina fertile di rinoceronte bianco settentrionale. Se accadesse, la soluzione inventata dagli scienziati per rimediare ai danni creati dall’umanità, avrebbe un enorme scopo: grazie ad embrioni conservati in stato liquido da trapiantare si potrebbe infatti recuperare una specie di rinoceronte oggi ormai perduta. Sono mesi che nel mondo, e anche da noi in Italia nei laboratori di Cremona, un gruppo di ricercatori sta cercando di trovare un modo per salvare il rinoceronte bianco: non il meridionale, del quale ancora esistono poche migliaia di esemplari minacciatissimi e predati per l’avorio, ma il settentrionale. Questa specie, il rinoceronte bianco del nord, è estinta in natura: l’ultimo esemplare maschio, Sudan, 45 anni, è morto nel 2018. Quando è deceduto è stato uno shock: per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento gli scienziati l’avevano perfino iscritto a Tinder, pur di far accoppiare lui e altri due rinoceronti. Ci avevano provato con due femmine, Najin e Fatu, prelevate da uno zoo in Repubblica Ceca e portate in Kenya. Niente da fare, non sono arrivati eredi. Nel frattempo, però, con non poche difficoltà visto il peso e l’impeto di questi animali, gli scienziati hanno lavorato a
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Il rinoceronte bianco settentrionale è arrivato a un punto di non ritorno. Fecondazione in vitro e staminali sono l’unica via di salvezza lungo per ottenere gli embrioni per “pre- ato embrioni vitali che ora saranno conservare” la specie. Il pool di specialisti in- servati per poi essere impiantati in una fatti, guidato dal Leibniz-Institute for Zoo madre surrogata. Ma la madre surrogata and Wildlife Research, ha annunciato di non sarà un rinoceronte bianco settenessere riuscito a creare i primi embrioni trionale, ma un “meridionale”, dando vita in vitro con la cosiddetta ICSI (Intra-Cyto- a una prole che probabilmente avrà una plasm Sperm Injection), la tecnica di fe- significativa scarsa varietà genetica. Ecco condazione molto simile a quella umana perché sarebbe straordinario riuscire a come meccanismo trovare una femmina quando per esempio fertile di rinoceronte ci si trova nella condel nord. Gli esperti hanno utilizzato bianco dizione di un uomo Dei dieci oociti la tecnica ICSI, con spermatozoi imprelevati dalle femmobili che vengono iniettando gli spermatozoi mine in Kenya solo iniettati direttamensette sono giunti a direttamente nell’ovocita maturazione e hante nell’ovocito. Una tecnica complessa, no potuto essere fese si considera che è condati e due questi, operata sui rinoceronti. quelli della giovane Fatu, si sono sviluppaA raccontarla ai media è Cesare Gal- ti in embrioni. li, veterinario e fondatore dei laboratori «Najin e Fatu, le due femmine sopravAvantea di Cremona dove è avvenuta la vissute, non sono fertili e non potranno fecondazione. «Il primo problema è che mai essere le riceventi dell’embrione» questa tecnica non è mai stata applica- spiega Galli. «Nei prossimi anni, l’obiettita sulla specie ed era dunque necessario vo è usare questi embrioni per mettere a stabilire i protocolli necessari per la rac- punto la tecnica di trapianto; solo quando colta degli oociti e capire i tempi di ma- saremo sicuri che tutto funziona, la tecturazione dei gameti e le necessità degli nica sarà applicata sugli embrioni della embrioni» ha detto il professore. «Bisogna specie settentrionale» chiosa il professopoi considerare la complessità di lavora- re. La tecnica probabilmente non garanre su un animale di tirà il ripopolamento venti quintali, per il della specie, motivo Al momento ci sono quale è necessario per cui gli scienoperare in anestesia embrioni vitali che saranno ziati di BioRescue generale». Lo spervalutano anche la conservati e impiantati ma congelato degli possibilità di otteneultimi maschi rimasti in una madre surrogata re cellule staminali inoltre, aveva sperindotte a partire da matozoi scarsi e poco fibroblasti prelevati mobili. «Per questa ragione, abbiamo im- dai campioni di pelle degli individui decepiegato la stessa tecnica usata nell’essere duti. Forse grazie a questi sarà possibile umano in caso d’infertilità maschile, l’ICSI, ottenere nuovi gameti da impiegare per la in cui gli spermatozoi sono immobilizzati e fecondazione in vitro. «Tuttavia, il rinocequindi iniettati direttamente nell’ovocita» ronte bianco settentrionale è arrivato a un dice Galli. Gli oociti fecondati hanno cre- punto di non ritorno, per cui fecondazione
in vitro e impiego delle staminali rappresentano l’unica possibile via di salvezza» conclude lo scienziato. In termini di tempistiche, bisognerà aspettare ancora qualche mese, prosegue Galli, perché i due embrioni di rinoceronte bianco settentrionale siano trasferiti in una madre surrogata, sperando di avere una gravidanza e dar luce a un piccolo. Nel frattempo, i ricercatori del progetto continuano a lavorare per affinare le tecniche di impianto e al tempo stesso vogliono creare una riserva di embrioni, prelevando altri ovociti dagli ultimi due esemplari femmina rimasti. «Non abbiamo ancora un’idea precisa dei tempi, ci vorrà qualche mese per l’impianto, visto che sulla tecnica per farlo non ci abbiamo lavorato molto, dal momento che fino all’anno scorso non avevano embrioni» chiosa Galli. (G. T.).
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Una riserva di embrioni
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inché non saremo sicuri della tecnica non ci sarà impianto. Intanto continuiamo a lavorare sull’altro fronte, quello di creare una riserva di embrioni» dicono i ricercatori del progetto rinoceronti. Lo scopo è dunque creare una riserva di embrioni per poter, tentativo dopo tentativo, riuscire a salvare il rinoceronte del nord. Una riserva che sarebbe la prima del suo genere. Per farlo i ricercatori hanno in mente di tornare 3-4 volte l’anno in Kenya, dove ci sono Najin e Fatu, le due femmine da cui sono stati ricavati gli embrioni, per prelevare altri ovociti, prima che sia troppo tardi. Al momento Fatu ha 19 anni, mentre Najin, la madre, ne ha 35. In media questa specie di rinoceronte vive sui 40 anni. «Tutti gli embrioni che saranno ricavati - dicono gli scienziati saranno trasferiti in madri surrogate, della specie di rinoceronte bianco del sud. Abbiamo ancora qualche anno di lavoro che ci aspetta ma crediamo di poterci riuscire».
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Sviluppo sostenibile senza sprechi alimentari Rapporto della Fao sullo “Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura”
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o spreco è il nemico principale dello sviluppo. In questo caso durre le perdite e gli sprechi alimentari, ma i nostri sforzi possono parliamo di sviluppo sostenibile e di sprechi alimentari deessere realmente efficaci solo se sostenuti da una profonda comscritti nel rapporto 2019 sullo “Stato dell’alimentazione e prensione del problema. Come possiamo consentire che il cibo dell’agricoltura 2019” realizzato dalla Fao, l’Organizzazione venga gettato via mentre ogni giorno nel mondo oltre 820 milioni delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura. di persone continuano a soffrire la fame?». Il documento offre approfondimenti sulle quantità e sulle cauI dati presentati nel rapporto mostrano un’ampia gamma di se delle perdite alimentari nelle diverse fasi della filiera alimentapercentuali su perdite e sprechi, suddivisi per materie prime, fasi re, sollecitando scelte consapevoli per la loro effettiva riduzione e della filiera di approvvigionamento e regioni, il che indicherebbe segnalando nuove metodologie per monitorarne i progressi. un notevole potenziale di riduzione laddove le percentuali sono La Fao fa sapere, nel comunicato che accompagna il Rappiù alte. porto, che a livello globale circa il 14% degli alimenti va perso o In Asia orientale e sudorientale le perdite e gli sprechi sono sprecato dopo il raccolto ancor prima di arrivare alla vendita al generalmente più elevati per la frutta e la verdura rispetto ai ceredettaglio, nel corso delle operazioni svolte nelle aziende agricole, ali e ai legumi in tutte le fasi della filiera alimentare, ad eccezione in fase di stoccaggio e durante il trasporto. Va delle perdite produttive delle aziende agricotenuto conto, però, che le perdite alimentari le e in fase di trasporto. variano notevolmente da una regione all’altra Circa il 14% degli alimenti Nei paesi a basso reddito, le perdite di tra i medesimi gruppi di materie prime e le va perso o sprecato dopo il frutta e verdura fresca sono attribuite prinmedesime fasi delle filiere di approvvigionacipalmente a infrastrutture carenti rispetto raccolto ancor prima mento. ai paesi industrializzati. Molti paesi a basso Dunque, se è vero che un settimo del reddito perdono infatti notevoli quantità di di arrivare alla vendita cibo svanisce in questa maniera, c’è la necesalimenti durante la fase di stoccaggio, spessità, sottolinea la Fao, di monitorare attentaso a causa di strutture inadeguate, magazzini mente le perdite in ogni fase della filiera alimentare, proponendo frigoriferi compresi. una nuova metodologia affinché sia possibile individuare i punti Nella maggior parte dei paesi ad alto reddito sono disponibili critici in cui raggiungono il picco massimo, con i peggiori effetti adeguate strutture di stoccaggio e magazzini frigoriferi, tuttavia le sulla sicurezza alimentare e le maggiori dimensioni economiche: è perdite avvengono proprio durante lo stoccaggio, generalmente a qui che vanno prese misure adeguate per ridurle. causa di guasti tecnici, errata gestione delle temperature, dell’uMa non solo. C’è anche bisogno di ridurre gli sprechi nelle fasi midità o di un eccesso di scorte. di vendita al dettaglio e di consumo, a causa dalle date di scadenIl Rapporto ha l’obiettivo di aiutare i governi ad analizzare i liza ravvicinate e del comportamento dei consumatori. Inoltre, gli miti e i compromessi per interventi più efficaci, per esempio sensiinviti a non sprecare vengono considerati sporadici. bilizzando fornitori e consumatori sui vantaggi della riduzione del«Facciamo il possibile – afferma il Direttore Generale della le perdite e degli sprechi alimentari e influenzando il loro processo FAO Qu Dongyu nella prefazione del Rapporto – per cercare di ridecisionale attraverso vari tipi di interventi o politiche. (F. F.)
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Stato dell’arte di ricerca e innovazione Per il Cnr, la situazione migliora ma troppo lentamente di Felicia Frisi
72.000 delle imprese, ma nell’università il numero complessivo è pressoché stazionario nel tempo. Anche gli Enti pubblici di ricerca hanno registrato una crescita sensibile nel corso degli l Cnr ha presentato pochi giorni fa, alla presenza del presidenultimi 10 anni, giungendo a circa 29.000 ricercatori, oltre il 15% te del Consiglio Giuseppe Conte, la Relazione sulla ricerca e del totale. Molto rilevante la quota di assegnisti: sono più del l’innovazione in Italia nel 2019. Si tratta di uno strumento che 20% dei ricercatori nelle università, e addirittura il 25% negli il Consiglio Nazionale delle Ricerche mette a disposizione del Enti. Governo, del Parlamento e dell’opinione pubblica per dare un Confrontando l’età dei ricercatori, la Relazione evidenzia contributo alla comprensione dei dati legati alla politica della come nell’università italiana gli over 50 superano la metà dei scienza e della tecnologia. docenti, mentre nel Regno Unito e in Francia sono, rispettivaIn Italia, spiega il Cnr, la spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S) mente, il 40% e il 37%. L’età media dei docenti italiani è di quasi 49 anni e quella dei ricercatori negli Epr è di 46. I ricercatori in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil) è in lieve ripresa, passando dall’1,0% del 2000 a circa l’1,4% del 2016, grazie annelle imprese private hanno un’età inferiore, pari a 43 anni. Il che all’interruzione del trend di diminuziofenomeno è correlato al generale invecchiane degli stanziamenti pubblici. Tuttavia, il mento della popolazione italiana, ma testiBel Paese resta posizionato in fondo alla La spesa in rapporto al Pil monia anche la difficoltà di effettuare nel classifica dei Paesi europei, dove il rapporto (Pil) è in ripresa, passando settore pubblico un reclutamento ordinario tra investimenti in R&S e Pil è quasi del 2%. basato su una programmazione di lungo pedall’1,0% del 2000 Dopo la flessione del biennio 2014-15, sono riodo. Secondo le proiezioni, in assenza di in ripresa anche gli stanziamenti del Miur politiche strategiche di lungo periodo, l’età all’1,4% del 2016 agli Enti pubblici di ricerca (Epr), passati media dei ricercatori continuerà ad aumenda 1.572 milioni nel 2016 a 1.670 milioni nel tare in tutti i comparti. 2018: il Cnr, in particolare, ha ottenuto nel biennio un increPer quanto riguarda la produzione scientifica, si conferma mento da 555 milioni a 602 milioni. il quadro positivo della precedente Relazione: la comunità dei La quota dei ricercatori in rapporto alla forza lavoro, pur ricercatori italiani produce una quantità di pubblicazioni signirimanendo ben al di sotto di quella degli altri Paesi europei e ficativa e in crescita, sia come quota mondiale (quasi il 5% nel distanziandosi ancora di più dalla media Ue, è costantemente 2018) sia per qualità, attestata dalle citazioni medie ricevute cresciuta nell’ultimo decennio. Dal 2005 al 2016 i ricercatori per pubblicazione, che nel biennio 2017-18 sfiorano l’1,4. Una sono aumentati di circa 60.000 unità. Tra i settori istituzionali, produzione scientifica analoga a quella della Francia, la quale però conta su un numero di ricercatori più elevato rispetto al la crescita più rilevante si è registrata nelle imprese private: nostro paese. La Relazione presenta anche una metodologia per i dati più recenti mostrano una tendenza in atto che avvicina questo settore per numero di ricercatori all’università: quest’ulidentificare i punti di forza e di debolezza dei diversi settori deltima rimane ancora l’area maggiore, con 78.000 addetti contro i la Ricerca accademica.
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INNOVAZIONE AMBIENTE
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Una “bilancia” per pesare le balene Dai droni arrivano preziose informazioni su questi mammiferi Il team ha inoltre testato il metodo su un gruppo di otto balene del Nord Pacifico morte, sulle quali erano già state effettuate misurazioni esatte, per confrontare gli esiti. «La capacità di prevedere la esare una balena, come è facile immaginare, è piuttosto massa corporea da balene libere ci offre l’opportunità di guardare complicato. Ad oggi, l’unico modo è farlo quando sono morte gli animali nel tempo e vedere come cambiano e crescono» ha afo incagliate. Tuttavia, il problema potrebbe presto avere una fermato Christiansen ribadendo come gli studi effettuati attraversoluzione. Un gruppo di ricercatori guidati da Fredrik Chriso i droni potrebbero aiutare nella conservazione monitorando la stiansen, dell’Aarhus Institute of Advanced Studies in Danimarca, salute delle diverse popolazioni di balene negli oceani. L’utilizzo ha sviluppato un modello in grado di calcolare il volume e la massa dei droni, che spiano le balene per carpirne i segreti, ha carattedelle balene selvagge meridionali a partire dalle foto aeree scattate rizzato e qualificato anche la spedizione di sette settimane di 28 con i droni. scienziati dell’Australian Antarctic Division a bordo della nave di ricerca RV Investigator. I ricercatori hanno focalizzato l’attenzione I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Methods in Ecology and Evolution. Le immagini riprese dai droni vengono inserite in sulla balenottera azzurra, una specie in pericolo che, con oltre 33 un modello computerizzato che misura la lunmetri di lunghezza e 180 tonnellate di peso ghezza, la larghezza e l’altezza (dalla sua pinè, in termini di massa, il più grande animale La loro massa na dorsale alle pinne ventrali) di una balena e conosciuto mai vissuto sulla Terra. Mike Doucalcola accuratamente la sua massa. La massa è importante per capire il ble, capo della spedizione ha dichiarato che «I corporea rappresenta un fattore chiave per la droni sono stati usati non solo per monitorare consumo di energia sopravvivenza delle balene in gruppo, poiché le balene, ma anche per misurare i cetacei e consente di determinare il loro consumo di e il fabbigno alimentare per prelevare campioni d’acqua. energia, il fabbisogno alimentare e i tassi di Abbiamo potuto raccogliere dei filmati crescita. Michael Moore, coautore del rapporspettacolari. È una prospettiva che non aveto pubblicato e ricercatore senior presso il Woods Hole Oceanovamo mai avuto prima». In particolare è stata studiata la relazione graphic Institute, ha dichiarato che «Le misurazioni del peso delle dei cetacei dell’Antartide con il krill, la fonte di nutrimento per balene vive in mare ci daranno la possibilità di misurare il modo eccellenza delle balene e di moltissime forme di vita antartiche. in cui i fattori di stress cronico influenzano la loro sopravvivenza Grazie agli ecoscandagli è stato possibile costruire immagini tridie fecondità, oltre a consentire un accurato dosaggio sedativo di mensionali dei banchi di krill, alcuni dei quali si estendevano per animali impigliati in attrezzi da pesca». Nel corso dello studio, i un chilometro di lunghezza e centinaia di metri di diametro, conricercatori hanno scattato foto di 86 balene franche australi (48 tenendo milioni di krill. La squadra di ricerca ha anche usato più di 250 dispositivi di ascolto subacquei per monitorare i richiami cuccioli, 7 esemplari giovani e 31 femmine adulte) al largo della potenti ma di bassissima frequenza dei grandi cetacei. La popocosta di Penisola Valdès, in Argentina. Hanno, quindi, inserito le immagini in un modello computerizzato che utilizzava misurazioni lazione delle balenottere azzurre arrivava fino a 360mila, ma si è esistenti per calcolare la massa dei mammiferi e la forma del corpo. ridotta drammaticamente a causa della caccia industriale.
di Pasquale Santilio
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INNOVAZIONE
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Optoceutica, nuova arma della scienza rigenerativa La luce servirà a promuovere il rinnovamento di cellule e tessuti
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razie ad un recente studio portato avanti dal gruppo po di ricerca guidato dalla dottoressa Maria Rosa Antognazza, di ricerca della dottoressa Maria Rosa Antognazza, si responsabile dell’OptoCell Lab di IIT, in collaborazione con è potuti giungere alla conclusione che nell’ambito dell’Università di Pavia ed il Policlinico San Matteo di Pavia. L’ola medicina rigenerativa, è da ora possibile avvalersi biettivo dell’Optoceutica è quindi quello di andare a riparare, di una nuova arma messa a disposizione dei ricercatori e che rigenerare, sostituire cellule, tessuti ed organi. prende il nome di: “Optoceutica” dal suo elemento principale È la stessa dottoressa a parlarne e spiegare i vantaggi di che la caratterizza, la luce appunto. tale trattamento: «Si tratta, come già detto più volte, di una Si tratta a tutti gli effetti di una tecnica del tutto innovatecnica completamente nuova, che potrebbe portare a sviluptiva, mai sperimentata prima in Italia, che è basata sull’utipi e traguardi veramente importanti nel campo dell’ingegnelizzo della luce visibile, combinata con materiali fotosensibili ria tissutale - sottolinea la dottoressa Antognazza -. L’utilizzo e biocompatibili, capaci in questo maniera di promuovere il della luce come mezzo di stimolazione è molto più flessibile e rinnovamento dei tessuti, andando nel concreto a stimolare le meno invasivo rispetto all’uso degli attuali elettrodi. Essa ha cellule progenitrici. È una tecnica caratterizzata da un’altissiun ulteriore vantaggio, quello di essere molto versatile, infatti ma precisione e da trattamenti mini-invapuò essere direzionata in modo molto più sivi. Nei primi test che sono stati condotti, specifico su distinte popolazioni di cellule Questa nuova tecnica il suo campo di applicazione ha avuto un oggetto del trattamento. Lo scopo finale è grande successo su vasi sanguigni coltivati quello di riuscire a creare una nuova area fa a meno di sostanze in provetta, così da favorirne la formaziodi indagine, l’Optoceutica appunto, che si chimiche, farmaci ne. Questa nuova tecnica applicativa, apre possa affiancare alle attuali tecnologie farcosì a scenari molto importanti per quanto maceutiche e a quelle elettroceutiche, ma e stimoli fisici concerne la medicina rigenerativa, poiché con l’enorme vantaggio di avere un campo fa a meno dell’utilizzo di sostanze chimidi applicazione potenzialmente molto più che, farmaci e stimoli fisici, elementi fondamentali invece vasto rispetto agli altri». In un quadro di questo genere, inper le tecniche in uso attualmente. Questo risultato ottenuto sieme al dottor Francesco Lodola, fisiologo cardiovascolare e nell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) a Milano, è stato poi primo autore dello studio, il gruppo di ricerca della dottoressuccessivamente pubblicato sulla rivista scientifica “Science sa Antognazza, è stato in grado di dimostrare che è possibile Advances”. riuscire a rigenerare i tessuti dei vasi sanguigni, applicando L’Optoceutica si va in questo modo ad inserire all’interno questo nuovo metodo a cellule progenitrici del tessuto endodi uno studio di ricerca molto importante e rientra nell’ambiteliale in vitro. Coltivando le cellule sopra nanomateriali che si to di altri due ambiziosi progetti finanziati sempre dall’Unione attivano con la luce, stimolate con brevi impulsi di luce visibiEuropea, che sono rispettivamente di (Lince e Lion-Hearted) le. I ricercatori di fatto sono riusciti a stimolare efficacemente sempre inerenti la medicina rigenerativa. Come già anticipato, la formazione di vasi sanguigni, con implicazioni interessanti la sua realizzazione è stata condotta con successo dal grupper la cura delle malattie cardiovascolari. (M. M.). Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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BENI CULTURALI
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Canova. Eterna bellezza In mostra a Roma le opere del maestro del Neoclassicismo po di Apollo e Dafne di Bernini, visto a Villa Borghese, e riportate nei suoi Quaderni di viaggio. La presentazione di disegni, bozzetti, modellini e gessi, anche ntonio Canova è stato uno dei massimi esempi del virdi grande formato, permette di approfondire il lavoro dell’artista tuosismo artistico attraverso le sue sculture irripetibili per i grandi Monumenti funerari di Clemente XIV e di Clemente e i suoi dipinti. Maestro del Neoclassicismo, così dice di XIII, e per il Monumento agli ultimi Stuart; spicca tra essi, per la lui Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Canova grande qualità esecutiva, il marmo del Genio funerario Rezzonico di Possagno, luogo dove lo scultore è nato nel 1757: «Maestro concesso in prestito dall’Ermitage di San Pietroburgo e il modeldell’idea di una bellezza senza tempo e senza limite, un artista lino del Monumento Stuart della Gypsotheca di Possagno. dell’armonia, della misura perfetta e di un mondo perduto». La mostra affronta anche il rapporto tra lo scultore e la letBellezza senza tempo che viene parafrasata nel titolo della teratura del suo tempo. Fieramente antigiacobino, Canova abbandonò Roma all’epoca della Repubblica alla fine del Settecento mostra “Canova. Eterna bellezza” inaugurata il 9 ottobre al Museo di Roma di Palazzo Braschi, che rimarrà aperta fino al 15 per rifugiarsi nella natia Possagno. Dipinti, sculture, disegni e marzo 2020. Con la Città eterna, Canova ebbe incisioni documentano in mostra quel moun legame speciale. Fra Sette e Ottocento fu mento che vide la fine provvisoria del potere Maestro della bellezza questa la fucina del suo genio e inesauribile temporale del papato con l’esilio di Pio VI fonte di ispirazione. L’allestimento della mo- senza tempo e senza limite, Braschi. stra conta oltre 170 opere di Canova e di alcuCanova fu incaricato di scolpire la staun artista dell’armonia, tua di Pio VI, da collocare inizialmente sotto ni artisti a lui coevi. L’esposizione racconta in 13 sezioni l’arte canoviana e il contesto che lo l’altare della Confessione nella Basilica Vatidella misura perfetta” scultore trovò giungendo nell’Urbe nel 1779. cana, quindi spostata nelle Grotte Vaticane: A definire la trama del racconto, spiegain mostra - all’interno del palazzo edificato a no gli organizzatori, i prestiti provenienti, fra l’altro, dall’Ermifine Settecento proprio per i nipoti di Papa Braschi - è possibile tage di San Pietroburgo, i Musei Vaticani, la Gypsotheca e Muammirare un modellino per il monumento. Nell’ultima sala della seo Antonio Canova di Possagno, il Museo Civico di Bassano del mostra, uno dei marmi più straordinari di Canova: la Danzatrice Grappa, i Musei Capitolini, il Museo Correr di Venezia, il Museo con le mani sui fianchi, proveniente da San Pietroburgo. Archeologico Nazionale di Napoli, le Accademie di Belle Arti di La mostra “Canova. Eterna bellezza”, è promossa dall’AssesBologna, di carrara e di Ravenna, l’Accademia Nazionale di San sorato alla Crescita culturale di Roma Capitale, prodotta dalla Luca, il Musée des Augustins di Tolosa, i Musei di Strada NuoSovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia, è organizzata con Zètema Progetto Cultura ed è è curata da Giuseppe va-Palazzo Tursi di Genova, il Museo Civico di Asolo. Pavanello. La mostra è realizzata in collaborazione con l’AccadeIn mostra si ripercorrono gli itinerari compiuti dallo scultore alla scoperta di Roma, sin dal suo primo soggiorno. Sorprendenti, mia Nazionale di San Luca e con Gypsotheca e Museo Antonio ad esempio, le sue parole di ammirazione nei confronti del grupCanova di Possagno.
di Pietro Sapia
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SPORT
di Antonino Palumbo
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inali esaltanti, azzurro agrodolce e immancabili polemiche legate agli spalti semivuoti e alle gare disputate in condizioni climatiche estreme. Gli “strani” Mondiali di atletica leggera di Doha hanno, come sempre, regalato emozioni e record agli amanti della disciplina, in un contesto ambientale che aveva però già iniziato a far discutere prima della cerimonia inaugurale. Chi si aspettava un numero limitato di spettatori è stato profeta efficace. Il contrasto con l’edizione di due anni fa, a Londra, dove lo stadio si riempiva sin dalle batterie mattutine, è stato impietoso: il Khalifa stadium non si è riempito neanche per la finale dei 100 metri maschili, la più attesa di tutte le gare. E malgrado la capienza sia stata ridotta, per l’evento, da 50mila e 35mila persone, almeno un terzo dell’impianto è rimasto sempre vuoto. Anche perché, essendo destinati spesso ad allenatori, dirigenti, atleti non in gara e familiari o fan molto stretti dei partecipanti, i relativi posti sono stati occupati il “giusto” necessario. Nello stadio, poi, non si stava né si gareggiava poi tanto male, visto il perfetto funzionamento del sistema dell’aria condizionata. Tutta invidia per quanti hanno affrontato autentiche via crucis sull’illuminata Corniche, il lungomare cittadino. Pur programmate in orari notturni, la maratona maschile e femminile (28 ritirate e due ricoverate su 68 partecipanti) sono state massacranti, così come le 50 km e le 20 km di marcia, disputate con temperature di circa 30 gradi e umidità del 70 per cento. “Vedi qualcuno a terra lungo il percorso, ed è spaventoso, pensi che potresti essere tu nei successivi 500 metri” ha commentato la maratoneta canadese Lyndsay Tessier, poche ore dopo la gara. Intendiamoci, non è mancato lo spettacolo, con gare di altissimo livello tecnico.
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CHIAROSCURO AZZURRO AI MONDIALI DI ATLETICA Il bronzo di Giorgi nella 50km femminile di marcia è l’unica medaglia
Come la finale femminile di salto in alto, finale da Parigi 2003. Alla keniana Beatricon otto atlete capaci di superare il metro ce Chepkoech, invece, il record assoluto e 96 centimetri, in sei oltre 1.98, quattro a dei campionati nei 3mila siepi in 8’57”84. Tra le fotografie indimenticabili di 2.02, due oltre i 2.04: una gara da sballo. L’ha vinta Mariya Lasitskene, al terzo ti- Doha 2019 c’è la corsa abbracciata del tolo iridato di fila, ma quanti applausi per “samaritano” Braima Sunclar Dabó, atleta la 18enne ucraina Yadella Guinea Bissau, roslava Mahuchikh, che porta al traguarSpalti semivuoti a Doha. do un disidratato e argento, neoprimatista mondiale under Il Khalifa stadium non si poco lucido Jona20. Lo statunitense than Busby, mezzoJoe Kovacs ha vinto è riempito neanche per la fondista di Aruba, crollato poco dopo il la più grande gara di finale dei 100 metri suono della campana sempre del getto del dell’ultimo giro. Ma peso, scagliandolo a 22.91 (terza misura di sempre) e batten- anche il surreale ultimo cambio tra le cido per un solo centimetro il connaziona- nesi Kong e Ge, nella 4x100 femminile, tra le Ryan Crouser e il neozelandese Tomas corsa all’indietro e un confuso “vado io, no Walsh, in una girandola di colpi di scena. vai tu”. E le strepitose rimonte di Davide Basti pensare che il quarto classificato, il Re, mancato finalista dei 400 metri e finabrasiliano Darlan Romani, con la misura di lista con la 4x400 azzurra. Gli statunitensi Christian Coleman e 22.53 avrebbe vinto qualsiasi edizione di Mondiali e Olimpiadi. Trionfo etiope nel- il predestinato Noah Lyles si sono presi la finale dei 5mila metri, vinta da Muktar i titoli dei 100 e 200 metri, i “soliti noti” Edris in 12’58”85, miglior tempo per una Steven Gardiner e Christian Taylor (al
SPORT
La squalifica per doping
L quarto oro mondiale) hanno vinto rispet- diverse delusioni, a partire dall’ottavo potivamente i 400 metri e il salto triplo. Kar- sto di Gianmarco Tamberi nell’alto e dal sten Warholm ha dominato i 400 ostacoli e tredicesimo di Massimo Stano, fermato per 2’ mentre era con i migliori nella 20 lavora per minare il record mondiale. Tra le donne, copertina per Dali- km di marcia. Note positive, comunque, lah Muhammad, che ha abbassato il suo non sono mancate. Davide Re è fra i Top precedente prima10 al mondo dei 400 to mondale nei 400 metri e ha spinto al ostacoli, ottenuto a Pur programmate in orari sesto posto la stafluglio, scendendo a notturni, a causa del caldo, fetta 4x400 azzurra. 52”16. Senza dimenClaudio Stecchi ha le maratone sono state chiuso ottavo nel ticare, ovviamente, salto con l’asta, discila bahreinita Salwa massacranti plina che da tempo Eid Naser (nigeriaattendeva un azzurna di nascita), regina dei 400 metri davanti a campionesse del ro ai vertici. Stesso piazzamento per il calibro di Shaunae Miller-Uibo (olimpioni- 23enne trentino d’Etiopia, Yeman Crippa, ca a Rio) e Shericka Jackson. La materni- che dopo trent’anni ha migliorato il record tà ha tutt’altro che frenato la giamaicana italiano dei 10mila metri, che apparteneva Shelly-Ann Fraser Pryce, dominatrice dei a Totò Antibo: 27’10”76. E poi c’è Filippo Tortu, settimo nella finale dei 100 metri, 100 metri. E l’Italia? Porta a casa una sola me- appena un mese dopo il rientro da un indaglia, quella di Eleonora Giorgi nella fortunio. Ha appena 21 anni e “accende” sfiancante 50 km femminile di marcia (la un movimento che cerca, con fatica, di stessa milanese si è fermata più volte), e tornare a brillare.
a notizia è arrivata nel bel mezzo dei Mondiali e scosso non poco la rassegna iridata, dove erano presenti diversi atleti seguiti da Alberto Salazar. L’Usada, agenzia antidoping statunitense, ha squalificato per 4 anni il tecnico statunitense d’origine cubana per “organizzazione e istigazione al doping” e traffico di testosterone. Due volte vincitore della maratona di New York, allenatore di successo (tra gli atleti da lui preparati anche gli olimpionici Mo Farah, Galen Rupp e altri top runner), Salazar è stato sanzionato al termine di un’indagine di quattro anni, avviata dalle rivelazioni della BBC sulle pratiche svolte al Nike Oregon Project. Insieme al 61enne Salazar, è stato squalificato anche Jeffrey Brown, consulente del centro. Meno di due settimane dopo la squalifica, Nike ha chiuso il centro di Beaverton pur specificando tramite il CEO Mark Parker che non ci sono prove dell’uso di farmaci per migliorare le prestazioni sugli atleti dell’Oregon Project.
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LA BIOLOGIA IN BREVE Novità e anticipazioni dal mondo scientifico a cura di Rino Dazzo
RICERCA L’ambiente induce cambiamenti nel genoma
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no studio del dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin dell’Università “La Sapienza” di Roma, pubblicato sulla rivista Pnas, promette di riscrivere la formulazione darwiniana classica sul ruolo dell’ambiente nell’evoluzione delle specie. Il lavoro dei ricercatori ha dimostrato come il genoma sia in grado di adattarsi alle variazioni dell’ambiente e come lo stesso ambiente svolga un ruolo di induttore di variabilità genetica, favorendo l’attivazione di elementi trasponibili. Lo studio, in particolare, spiega i meccanismi con cui si attivano i trasposoni, elementi genetici mobili in grado di spostarsi autonomamente nel genoma e di riprogrammarlo, adattandolo a nuove condizioni. Particolari stress ambientali fanno entrare in funzione la proteina HSP70, che attiva gli elementi trasponibili per poi agire su di essi selezionando i genomi più adatti.
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INNOVAZIONE Il gas del futuro lo produce una foglia sintetica
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er produrre il gas del futuro non servirà più il petrolio, ma le foglie sintetiche che, ispirandosi alla fotosintesi, sono in grado di trasformare la luce solare, l’anidride carbonica e l’acqua in monossido di carbonio e idrogeno. A realizzare questo dispostitivo è stato un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, guidato da Erwin Reiser, che ha pubblicato il suo studio sulla rivista Nature Materials. Come nel processo di fotosintesi clorofilliana, la foglia artificiale attinge energia dalla luce solare anche in condizioni di cielo nuvoloso e trasforma acqua e anidride carbonica in gas di sintesi, il syngas, costituito da idrogeno e monossido di carbonio. Un gas prodotto completamente in maniera ecosostenibile e senza ripercussioni sull’ambiente. Lo stesso processo, potenzialmente, potrebbe servire a realizzare altri tipi di combustibile liquido.
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GENETICA Arriva il correttore che “cerca e sostituisce”
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l linguaggio è quello dei comuni programmi di scrittura, MA si tratta di una scoperta potenzialmente epocale: se prima per corregge le mutazioni del Dna si utilizzava la tecnica del “taglia e incolla”, i ricercatori del Broad Institute di Harvard e Mit a Cambridge hanno messo a punto un sistema di riscrittura basata sul “cerca e sostituisci”. Il nuovo metodo, applicabile nella ricerca, nell’agricoltura e nella stessa medicina, si è rivelato più preciso e capace di correggere l’89% delle varianti genetiche responsabili di malattie umane, senza effettuare tagli alla doppia elica del Dna. Ma come ci sono riusciti i ricercatori statunitensi? Con il “prime editing”, che sfrutta una macchina molecolare formata da due componenti, l’enzima Cas9 che agisce da forbice e l’enzima trascrittasi inversa che invece sostituisce le informazioni genetiche sbagliate con quelle corrette.
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AMBIENTE Scatta la campagna per il Cinema “Plastic free”
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ALIMENTAZIONE
ia la plastica dall’industria cinematografica: la ong ambientalista Marevivo, la deputata pentastellata Paola Deiana e l’organizzatore di eventi Gianni Chimenti, lanciano la campagna “Humans Save the Sea”, che intende sollecitare l’industria cinematografica e lo stesso pubblico a eliminare la plastica usa e getta dalla filiera del cinema. La campagna, presentata a Roma in occasione della festa del Cinema, propone anche un concorso fra studenti per la realizzazione di uno spot dedicato alla salvaguardia del mare e ha incassato il sostegno del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e del presidente dell’Anica (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali) Francesco Rutelli. Si arriverà davvero a un cinema plastic free? I promotori dell’iniziativa sono certi di di coinvolgere un numero sempre più alto di addetti ai lavori. © Christoph Burgstedt/www.shutterstock.com
Il cioccolato all’olio per i diabetici
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er chi soffre di diabete di tipo 2 e non è insulino-dipendente è in arrivo una splendida notizia: non dovrà più rinunciare – senza eccessi – a un po’ di gustoso cioccolato. Con un’accortezza, però: deve essere cioccolato all’olio extravergine d’oliva. I ricercatori dell’università “La Sapienza”, infatti, hanno accertato che un particolare principio bioattivo contenuto nell’olio evo, l’oleuropeina, ha la capacità di tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue post-prandiale. Il gruppo coadiuvato dal professor Francesco Violi ha somministrato a 25 soggetti diabetici 40 grammi di cioccolato all’olio e ad altri 20 un analogo quantitativo di cioccolato comune. Se nei primi il picco glicemico è aumentato di pochissimo (5 mg/dl), nei secondi è schizzato a circa 30 mg/dl. Via libera dunque al cioccolato anche col diabete, ma solo a quello con olio evo. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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LAVORO
Concorsi pubblici per Biologi Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Neuroscienze di Cagliari Scadenza, 31 ottobre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Medicina e Biologia” da usufruirsi presso l’Istituto di Neuroscienze del Cnr, sede secondaria di Cagliari. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto Officina dei Materiali di Trieste Scadenza, 2 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze fisiche - matematiche” da usufruirsi presso l’Istituto Iom del Cnr di Trieste Sissa. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Neuroscienze di Pisa Scadenza, 31 ottobre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Neuroscienze” da usufruirsi presso l’Istituto di Neuroscienze del Cnr sede di Pisa. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca sulle Acque di Bari Scadenza, 4 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo delle “Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr sede secondaria di Bari. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Biostrutture e Bioimmagini di Torino Scadenza, 31 ottobre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto di Biostrutture e bioimmagini del Cnr sede secondaria di Torino. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare di Cefalù (PA) Scadenza, 4 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del programma di ricerca “LARAMED - Design and development of novel radioparmaceuticals for targeted guided imaging and therapy in oncology”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Biologia e Patologia Molecolari di Roma Scadenza, 31 ottobre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del programma di ricerca “Origine, presenza, persistenza della vita nello spazio, dalle molecole agli estremofili”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Sesto Fiorentino (FI) Scadenza, 4 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno - tipologia: a) “assegni professionalizzanti” per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del progetto di ricerca “A multidisciplinary approach to gain su-
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stainable improvement of rice productivity through the co-cultivation with the fern azolla and its cyanobacterial symbiont”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Biofisica di Genova Scadenza, 4 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del progetto “Leveraging basic knowledge of ion channel network in cancer for innovative therapeutic strategis (Lioness)”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto sull’Inquinamento atmosferico di Roma Scadenza, 8 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del contratto con HERAmbiente S.p.A. n. 1870100892 del 29/03/2018 per “Esecuzione delle attività di monitoraggio della qualità dell’aria previste nel Protocollo di monitoraggio immissioni approvato da Provincia di Ferrara, ARPA, Comune e AUSL di Ferrara”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione sostenibile delle piante di Torino Scadenza, 8 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del programma di ricerca “Life mycorestore: innovative use of mycological resources for resilient & productive mediterranean forests threatened by climate change”. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi).
LAVORO Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Scienze Marine di Venezia Scadenza, 10 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di uno assegno di tipologia b, “post-dottorale” per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito dei progetti Margnet, Venezia 2021, soundscape, enduruns. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Portici (NA) Scadenza, 11 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del programma di ricerca “Biotecnologie per la produzione sostenibile di bio-materiali e prodotti specialistici utilizzando colture cellulari di cardo come bioraffineria (Bobcat)”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Genetica Molecolare di Pavia Scadenza, 11 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività inerenti l’area Scientifica “Medicina e Biologia” nell’ambito del progetto “Exploiting synergy in molecular targeted anticancer chemotherapy”. Per informazioni, www.cnr. it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca sulle Acque di Bari Scadenza, 11 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo delle “Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr sede secondaria di Bari. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze agrarie” da usufruirsi presso l’istituto di protezione sostenibile delle piante del Cnr, sede secondaria di Legnaro (PD). Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Biologia e Patologia Molecolari di Roma Scadenza, 15 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del programma di ricerca “Molecular characterization of enzymes involved in vitamin B1- and B6-dependent epilepsies”. Per informazioni, www.cnr. it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine di Lesina (FG) Scadenza, 18 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr di Lesina (FG). Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine di Ancona Scadenza, 18 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo delle “Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr sede secondaria di Ancona. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” di Napoli Scadenza, 11 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso del Cnr di Napoli. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Bari Scadenza, 18 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito del programma di ricerca “Diagnosi, identificazione e controllo delle infezioni causate da Xylella fastidiosa”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Legnaro (PD) Scadenza, 14 novembre 2019
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Bioscienze e biorisorse di Napoli Scadenza, 25 novembre 2019
Pubblica selezione per il conferimento di 2 borse di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze biologiche” da usufruirsi presso l’Istituto di Bioscienze e biorisorse del Cnr di Napoli. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca sulle Acque di Verbania Scadenza, 29 novembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di due assegni post dottorali per lo svolgimento di attività di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca Idrolife life, “Indagini sulle sostanze pericolose nell’ecosistema del Lago Maggiore”, “Indagini Limnologiche del Lago Maggiore”, “Indagini Ittiofauna Lago Maggiore”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Sintesi organica e la fotoreattività di Bologna Scadenza, 16 dicembre 2019 Pubblica selezione per il conferimento di una borsa di studio per laureati per ricerche nel campo dell’area scientifica “Scienze chimiche-materiali per la salute e scienze della vita” da usufruirsi presso l’Istituto per la Sintesi organica e fotoreattività del Cnr di Bologna. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Biofisica di Palermo Scadenza, 14 novembre 2019 Selezione per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato”, per l’assunzione, ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Ricercatore III livello, presso l’Istituto di Biofisica – Sede Secondaria di Biofisica. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Neuroscienze di Milano Scadenza, 18 novembre 2019 Selezione per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato”, per l’assunzione, ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto ―Istruzione e Ricerc 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Tecnologo - III livello, Full-Time presso Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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LAVORO l’Istituto di Neuroscienze CNR sede di Milano. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” Scadenza, 21 novembre 2019 Selezione per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato”, per l’assunzione, ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Ricercatore III livello part-time 70%, presso l’Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” di Napoli. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Tecnologie Biomediche di Milano Scadenza, 25 novembre 2019 Selezione per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato”, per l’assunzione, ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Ricercatore III livello, presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche (ITB) del Dipartimento di Scienze Biomediche (DSB). Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Scadenza, 31 ottobre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente, profilo biologo, disciplina di patologia clinica, laboratorio di analisi chimico cliniche e microbiologia, per le attività della UOSD programmazione medicalmente assistita. Gazzetta Ufficiale n. 78 del 01-10-2019. Università “La Sapienza” di Roma Scadenza, 3 novembre 2019 Procedura di selezione per la chiamata di un professore di prima fascia, settore concorsuale 05/B1, per il Dipartimento di biologia e biotecnologie Charles Darwin. Gazzetta Ufficiale n. 79 del 04-10-2019. Azienda Sanitaria Locale Roma 3 di Roma Scadenza, 3 novembre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di due posti di dirigente biologo, disciplina di patologia clinica e bio-
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chimica clinica, a tempo pieno e indeterminato, presso il P.O.U. G.B. Grassi - C.P.O. Gazzetta Ufficiale n. 79 del 04-10-2019.
nutrizione, per la direzione della S.C. igiene degli alimenti e della nutrizione. Gazzetta Ufficiale n. 81 dell’11-10-2019.
Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Saverio De Bellis” di Castellana Grotte Scadenza, 3 novembre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente biologo, disciplina di igiene degli alimenti e della nutrizione. Gazzetta Ufficiale n. 79 del 04-10-2019.
Università del Molise in Campobasso Scadenza, 14 novembre 2019 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato, settore concorsuale 05/A1 - Botanica, per il Dipartimento di bioscienze e territorio. Gazzetta Ufficiale n. 82 del 15-10-2019.
Università di Napoli Federico II Scadenza, 7 novembre 2019 Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di categoria D, area tecnica, tecnico-scientifica ed elaborazione dati, per il Dipartimento di scienze biomediche avanzate. Gazzetta Ufficiale n. 80 del 08-10-2019. Estar Toscana Scadenza, 7 novembre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di dodici posti di dirigente biologo, disciplina di patologia clinica, per la SC Laboratorio regionale di prevenzione oncologica di ISPRO, di cui sei posti riservati agli aventi diritto al reclutamento speciale di cui all’art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017. Gazzetta Ufficiale n. 80 del 08-10-2019. Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli Scadenza, novembre 2019 Concorsi per varie posizioni presso l’Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine. Gazzetta Ufficiale n. 81 dell’11-10-2019. Università di Firenze Scadenza, 11 novembre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di categoria D, a tempo indeterminato e pieno, dell’area tecnica, tecnico-scientifica e elaborazione dati, per il laboratorio di biologia e microscopia, da assegnare al Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali. Gazzetta Ufficiale n. 81 dell’11-102019. Azienda Socio-Sanitaria Ligure 2 di Savona Scadenza, 10 novembre 2019 Conferimento dell’incarico quinquennale di dirigente medico o dirigente biologo o dirigente chimico di struttura complessa, disciplina di igiene degli alimenti e della
Università “La Sapienza” di Roma Scadenza, 14 novembre 2019 Procedura di valutazione, per titoli e colloquio, per la copertura di un posto di ricercatore, a tempo determinato tre anni e pieno, settore concorsuale 06/A2, per il Dipartimento di scienze e biotecnologie medico-chirurgiche. Gazzetta Ufficiale n. 82 del 15-10-2019. Università di Verona Scadenza, 14 novembre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di categoria D, area tecnica, tecnico-scientifica ed elaborazione dati, a tempo indeterminato, per il Dipartimento di neuroscienze biomedicina e movimento. Gazzetta Ufficiale n. 82 del 15-10-2019. Azienda Sanitaria Locale Asti Scadenza, 14 novembre 2019 Conferimento dell’incarico quinquennale di dirigente medico/biologo/chimico, direttore della struttura complessa laboratorio analisi. Gazzetta Ufficiale n. 82 del 1510-2019. Az. Ospedaliera “S. Camillo - Forlanini” di Roma Scadenza, 21 novembre 2019 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di tre posti di dirigente biologo, specializzato in patologia clinica o biochimica clinica, a tempo indeterminato e pieno, riservato agli aventi diritto di cui all’art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017. Gazzetta Ufficiale n.84 del 2210-2019. Università “La Sapienza” di Roma Scadenza, 24 novembre 2019) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato e definito, settore concorsuale 05/A1, per il Dipartimento di biologia ambientale. Gazzetta Ufficiale n. 85 del 25-10-2019.
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Rifiuti plastici e problemi ambientali Caratteristiche di uno dei prodotti più utilizzati sia in ambito industriale che nella vita di ogni giorno, ma dal problematico smaltimento
di Maria Oliviero* e Simona Schiavo*
L
a plastica è un materiale relativamente recente, la cui produzione industriale ha avuto inizio solo nel 1907 (Pretting e Boote, 2010). Le caratteristiche intrinseche della plastica, ovvero resistenza nel tempo, leggerezza e costi contenuti, l’hanno resa uno dei prodotti più utilizzati sia nell’ambito industriale che nella vita di ogni singolo cittadino. Di contro, sia il massiccio impiego, che le caratteristiche stesse di questo materiale, ne rendono problematico lo smaltimento (BIOIS, 2011). La produzione mondiale di plastica dal 1950 al 2012 è cresciuta da 1,5 milioni di tonnellate (Mt) a 288 Mt, e nella sola Europa, sempre nel 2012, si è registrata una produzione di 57 Mt (Fig. 1) (Plastics Europe, 2013). Stime recenti mostrano che la Cina è il principale produttore mondiale di materie plastiche con il 23,9% della produzione totale, e il resto dell’Asia, incluso il Giappone, rappresenta un ulteriore 20,7%. La produzione europea (EU-27 +2 - Unione Europea con 27 Stati Membri più Svizzera e Norvegia) rappresenta il 20,4% del totale mondiale; USA, Canada e Messico (NAFTA - North American Free Trade Agreement) contribuiscono con il 19,9% ed il restante 5,1% è suddiviso tra i paesi africani, l’America latina ed i paesi appartenenti all’ex Unione Sovietica (CIS
Università Parthenope di Napoli, Dipartimento di Scienze e Tecnologie.
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- Commonwealth of Independent States) (Fig. 2). Nel 2012, la domanda in Europa è diminuita del 2,5% anche se con differenze significative tra i mercati dell’Europa occidentale e centrale. Ci sono anche forti differenze in termini di produzione tra i singoli stati; la Germania, infat- Figura 1. Produzione mondiale di materie plastiche dal 1950 al ti, assorbe circa il 2012 (dati in milioni di tonnellate). 25% del mercato Fonte: PlasticsEurope Market Research Group (PEMRG) europeo e, insieme con Italia, Francia, Regno Unito, Spagna e Benelux, costituisce quasi il 75% della domanda totale nella UE, mentre i paesi dell’Europa centrale rappresentano circa il 14% della domanda di materie plastiche dell’UE (Fig. 3). La domanda di materie plastiche dei trasformatori europei è stata di 45,9 milioni di tonnellate nel 2012. La dimensione dei settori di impiego è abbastanza stabile e il primato spetta
SCIENZE al packaging che rimane il settore principale con il 39,4% della domanda complessiva. Il settore del packaging è seguito dal settore del building & construction (20,3%), dell’auto (8,2%), dell’elettrico ed elettronico (5,5%) e dell’agricolo (4,2%). Le altre applicazioni Figura 2. Produzione mondiale di materie plastiche nel (22,4%) includono set2012. (NAFTA = North American Free Trade Agreemen; tori vari quali elettrodoCIS = Commonwealth of Independent States). mestici, mobili, sport, Fonte: PlasticsEurope (PEMRG) / Consultic. salute e sicurezza (Fig. 4). Con “materie plastiche” si indica una grande varietà di polimeri, ognuno con proprie caratteristiche, sviluppate per soddisfare specifiche necessità, richieste da ciascun settore di applicazione. In base alle normative DIN 7728 e 16780, nonché la ISO 1043/1, ad ogni materia plastica è associata una sigla che la identifica univocamente. I 6 principali tipi di plastica che si distinguono per quote di mercato sono: • polietilene – a bassa densità (PE-LD), lineare a bassa densità (PE-LLD) e ad alta densità (PE-HD); • polipropilene (PP); • polivinilcloruro (PVC); • polistirolo (PS compatto e PS espandibile); • polietilentereftalato (PET); • poliuretano (PUR). Insieme, tutte queste plastiche rappresentano circa l’80% della domanda complessiva di materie plastiche in Europa. I primi 3 tipi di resine, per quota di mercato sono: il Polietilene (29,5%), il Polipropilene (18,8%) e il Polivinilcloruro (10,7%). La domanda dei 6 principali polimeri ha avuto un incremento compreso tra l’ 1,0% e il 5,6% negli ultimi anni. Polistirene e Poliuretano, usati principalmente nell’edilizia e nell’isolamento, già dal 2011, hanno mostrato una crescita significativa (Fig. 5). L’incremento maggiore delle materie plastiche si è avuto nell’ultimo decennio con una quantità che ha eguagliato la produzione dell’intero ventesimo secolo (KPMG International, 2010). Si stima, sulla base dello status quo, che nel 2020 saranno immessi nel mercato dell’Unione Europea (EU) 66,5 Mt di plastica (BIOIS, 2011) e che entro il 2050 la Figura 3. Domanda di materie plastiche in Europa, per Paese produzione mon(k ton/anno). diale potrebbe triFonte: PlasticsEurope (PEMRG) / Consultic / ECEBD. plicarsi (Wurpel et
Figura 4. Domanda di materie plastiche in Europa per settore di applicazione nel 2012. Source: PlasticsEurope (PEMRG) / Consultic / ECEBD.
al, 2011). Si è visto che la produzione della plastica cresce al crescere del Prodotto interno lordo (PIL) (BIOIS, 2011), per tanto la sua produzione mondiale è destinata ad aumentare in maniera ancora più significativa considerando le economie in rapida crescita di molti Paesi come India, Brasile, Cina ed Indonesia. A ciò bisogna aggiungere le previsioni dell’aumento demografico mondiale che indicano una crescita di 790 milioni di persone per ogni 10 anni e la possibilità di oltrepassare i 9 miliardi entro il 2050, con 2 miliardi di persone appartenenti ad un ceto me© CI Photos/www.shutterstock.com dio (WBCSD, 2010); tali numeri faranno, con molta probabilità, aumentare la domanda di plastica. Uno dei problemi connessi all’alto utilizzo delle materie plastiche ed al continuo aumento della produzione è, come già accennato in precedenza, il loro smaltimento. Si stima che l’aumento mondiale del volume di rifiuti plastici tra 2008 e il 2015 sia stato pari a 5,7 Mt (23%) e che tale evoluzione è riconducibile soprattutto a un aumento nel settore degli imballaggi (BIOIS, 2011).
L’impatto ambientale dei rifiuti plastici Una scarsa gestione dei rifiuti sulla terra ferma, tradotta, in particolare, in tassi di recupero di rifiuti di plastica molto limitati, aggrava il problema dell’inquinamento marino da plastica, che costituisce una delle maggiori problematiche emergenti per l’ambiente a livello globale (UNEP, 2011; GESAMP, 2010). Infatti, Secondo le stime degli esperti in materia, l’80% dei rifiuti di plastica nell’ambiente marino proviene dalla terra ferma (UNEP, 2009). Si stima che le principali fonti di rifiuti di plastica nell’ambiente marino di origine terrestre siano: fognature per le acque meteoriche, reti fognarie, rifiuti legati al turismo, discariche abusive (Liffman e Boogaerts, 1997), attività industriali, trasporti inadeguati, prodotti cosmetici, prodotti sintetici per la sabbiatura o fibre di poliestere e acriliche provenienti dal lavaggio di indumenti (Browne et al, 2011). Una volta dispersi nell’ambiente, soprattutto quello marino, i rifiuti di plastica possono rimanere intatti per centinaia di anni (Wurpel et al, 2011). Ogni anno circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti plastici danneggiano l’ambiente costiero e marino e le forme di vita acquatiche, riversandosi negli oceani e nei mari. Si stima che gli agglomerati di rifiuti nell’oceano Atlantico e Pacifico siano nell’ordine dei 100 Mt (di cui l’80% è plastica). La Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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Figura 5. Domanda di materie plastiche in Europa per tipo di resina nel 2012. Fonte: PlasticsEurope (PEMRG) / Consultic / ECEBD.
plastica non è un materiale inerte, infatti le plastiche convenzionali contengono, talvolta in grandi quantità, diversi additivi chimici come perturbatori endocrini, sostanze cancerogene o sostanze che provocano altre reazioni tossiche. Tali additivi1 possono, seppur in piccole quantità, essere liberati nell’ambiente. Inquinanti organici persistenti, ad esempio pesticidi come il DDT e PCB2 (Mato et al, 2001) presenti nelle acque possono aderire ai frammenti di plastica e arrecare danni (Rios et al, 2007) entrando nella catena alimentare tramite la fauna marina (effetto cavallo di troia) (Rios et al, 2010). Questi inquinanti organici persistenti non si decompongono molto facilmente, ma si accumulano nei tessuti epidermici con effetti potenzialmente cancerogeni, mutageni e altre conseguenze dannose per la salute degli organismi stessi (BIOIS, 2011). Una volta in ambiente, dopo diverse decadi di fotodegradazione e abrasione meccanica si creano particelle fini di piccole dimensioni (le cosiddette microplastiche) in grado di diffondersi ampiamente a causa dei meccanismi di trasporto globale (venti, correnti oceaniche, ecc.) e della loro alta stabilità (BIOIS, 2011). Esse, inoltre, implicano un rischio elevato di contaminazione della catena alimentare.
La regolamentazione dei rifiuti plastici Normativa sui rifiuti
si sul mercato nei paesi membri della Comunità Europea e a tutti i rifiuti di imballaggio. Pertanto gli Stati membri devono verificare che gli imballaggi immessi sul mercato rispettino i requisiti essenziali dell’(allegato II): • limitare il peso e il volume dell’imballaggio al minimo per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità per il consumatore; • ridurre al minimo la presenza di sostanze e materiali pericolosi nel materiale di imballaggio o nei suoi componenti; • concepire un imballaggio riutilizzabile o recuperabile. La direttiva è stata recepita correttamente da tutti gli Stati membri e il livello di attuazione è globalmente soddisfacente. In particolare tale normativa è stata recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo 152/2006, testo unico “Norme in materia Ambientale”. A livello comunitario, la direttiva ha consentito di raggiungere tassi stabili di riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, generando effetti positivi sull’ambiente. Un’ulteriore norma che disciplina la gestione dei rifiuti plastici è la direttiva quadro sui rifiuti, ossia la direttiva 2008/98/ CE, recepita dall’Italia attraverso il Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205. In tale norma, si stabilisce un obiettivo di riciclaggio generale per i rifiuti domestici che si applica, quindi anche ai rifiuti di plastica. La presente direttiva stabilisce misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: • senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o
Nonostante il crescente impatto ambientale, i rifiuti di plastica non sono trattati in maniera specifica dalla normativa comunitaria. Solo la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi ha stabilito un obiettivo di riciclaggio specifico per gli imballaggi di plastica; lo scopo di tale direttiva è armonizzare le misure nazionali in materia di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente degli Stati membri e dei paesi terzi, assicurando così un elevato livello di tutela dell’ambiente. Essa si applica a tutti gli imballaggi immesNote 1 La maggior parte degli additivi sono filler e rinforzanti, plastificanti, coloranti, stabilizzanti, ritardatori di fiamma, perossidi e antistatici; ciascuno di essi rappresenta una famiglia intera di prodotti chimici. 2
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Diclorodifeniltricloroetano e Policlorobifenili.
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Figura 6. Raggruppamento delle materie plastiche in relazione al loro tasso di biodegradazione e al tipo di origine. Fonte: European Bioplastics, 2014.
SCIENZE la fauna; • senza causare inconvenienti da rumori od odori; • senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse. La direttiva quadro sui rifiuti è importante anche per altri versi. Ad esempio, questa direttiva sancisce il principio della responsabilità estesa del produttore nella gestione dei rifiuti. Essa stabilisce inoltre una gerarchia nella gestione dei rifiuti, dando priorità alla prevenzione, al riutilizzo e al riciclaggio rispetto al recupero, incluso il recupero energetico, e allo smaltimento. Rimane, ad ogni modo, un grande divario tra gli obblighi normativi e le attuali pratiche nella gestione dei rifiuti.
Normativa sulle sostanze chimiche Il regolamento n. 1907/2006/CE (regolamento REACH) ha una certa rilevanza per il riciclaggio della plastica. Il regolamento contiene disposizioni specifiche che semplificano l’immissione nel mercato di materiali riciclati, ma in alcuni casi l’uso di additivi nelle plastiche può rendere più complesso il rispetto delle prescrizioni REACH. Alcuni processi REACH sono rilevanti anche per migliorare l’efficienza di riciclaggio e i mitigare i rischi che comporta la plastica per l’ambiente. In particolare, le restrizioni rimangono i principali strumenti per limitare i rischi associati a determinate plastiche. Grazie al regolamento n. 1272/2008/CE relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio (regolamento CLP) è possibile individuare le sostanze chimiche pericolose e informare gli utenti con simboli e frasi riportate sulle etichette degli imballaggi e predisponendo schede di sicurezza. I rischi costituiti dai rifiuti di plastica nell’ambiente sarebbero nettamente inferiori se l’attuale normativa europea in materia fosse attuata correttamente. In molti Stati membri si è ricorso a lungo e prevalentemente alle discariche per smaltire i rifiuti di plastica (BIOIS, 2011) senza prevedere un piano di raccolta differenziata. Inoltre, il problema dello smaltimento abusivo non è stato ad oggi del tutto risolto e diverse discariche sono illegali o mal gestite.
La dimensione internazionale Come affermato in precedenza la plastica è una delle principali fonti di inquinamento marino. I rifiuti di plastica si diffondono oltre le frontiere nazionali e per affrontare in maniera efficace il problema dell’inquinamento marino da plastica sarebbe necessario intervenire sul piano internazionale. Questa esigenza è stata riconosciuta alla Conferenza delle Nazioni unite sullo sviluppo sostenibile (Rio+20) nel giugno 2012. Le risoluzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), gli accordi globali sull’ambiente e le decisioni delle agenzie internazionali più recenti hanno attirato l’attenzione sul problema a livello internazionale. La 5a conferenza internazionale sui rifiuti marini di Honolulu, organizzata congiuntamente dall’UNEP (United Nations Environment Programme) e dal NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e tenutasi nel marzo 2011, ha rappresentato un primo passo verso una strategia globale e verso piani d’azione sull’inquinamento marino da plastica. Nel corso della conferenza si è convenuto sul fatto che sistemi di gestione dei rifiuti poco sviluppati in molti paesi al mondo costituiscano uno dei problemi principali poiché rappresentano il primo fattore che incide sul trasferi-
Figura 7. Rappresentazione schematica della cascata oxo-degradativa di poliidrocarburi (PH) tipo PE e PP. Fonte: E. Chiellini, 2011.
mento dei rifiuti di plastica dalla terra ferma all’ambiente marino. Le convenzioni di natura regionale possono svolgere anch’esse un ruolo di rilievo nella lotta contro i rifiuti marini. Ad esempio, la Conferenza delle parti della Convenzione di Barcellona nel 2012 ha adottato un documento orientativo e un relativo quadro strategico per la gestione dei rifiuti marini. Gli interventi promossi nel quadro degli accordi marini regionali aiuterebbero inoltre gli Stati membri a rispettare gli obblighi stabiliti nella direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino volti a raggiungere o mantenere un buono stato ambientale dei mari entro il 2020.
Sviluppo di nuovi materiali plastici Il 99% del mercato è dominato dalle plastiche a base di petrolio (EUROPEN, 2011); attualmente per produrre questo materiale si impiega circa il 7-8% del petrolio presente sul mercato mondiale, di cui il 4% sotto forma di materia prima e il 3-4% nell’ambito dei processi di produzione (Hopewell et al., 2009). Le plastiche di origine fossile rappresentano un importante problema ambientale sia a monte della loro produzione che a valle del loro fine vita; esse infatti, per la loro produzione richiedono un’importante consumo di risorse non rinnovabili, e, se disperse nell’ambiente incautamente, non essendo biodegradabili, possono comportare gravi rischi per l’uomo e per l’ambiente. Nella maggior parte degli oceani sono stati rinvenuti pellet di plastica, anche in zone non industrializzate come il Pacifico sud-occidentale (Derraik, 2002) che causano certamente gravi danni a pesci, uccelli e mammiferi marini. La produzione di materiale plastico, e quindi di rifiuti plastici, è destinata a crescere, e per tale motivo, lo sviluppo di nuovi materiali eco sostenibili, risulta indispensabile, ma non prima di essersi opposti alla “cultura usa e getta” ed aver sottolineato la necessità di un consumo più sostenibile che passa attraverso tre concetti chiavi: Ridurre, Riutilizzare e Riciclare. Affinché si possa iniziare ad avere una riduzione nel consumo del bene Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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SCIENZE in questione è necessario attribuirgli il giusto valore. Tutte le plastiche sono materiali altamente tecnologici e complessi a cui i consumatori dovrebbero attribuire valore per incentivarne il riutilizzo e il riciclaggio. Tuttavia, lì dove il riutilizzo e il riciclo non siano possibili o non siano osservati deve affermarsi il concetto di biodegradazione delle materie plastiche. Ed è in questa direzione che le nuove tecnologie muovono i loro passi. Di recente si è avuto un importante sviluppo delle bioplastiche: esse rappresentano un mercato emergente e in espansione (BIOIS, 2011). Attualmente le bioplastiche sono principalmente prodotte con amido estratto da mais, riso, canna di zucchero o patate. La produzione di piante alimentari destinate non al sostentamento dell’uomo ma alla produzione di beni ambientalmente più sostenibili come le bioplastiche, ha acceso dibattiti alquanto controversi, proprio come è avvenuto per la produzione di biocarburanti. Infatti, un aumento significativo della produzione delle bioplastiche a un livello paragonabile a quello delle plastiche convenzionali potrebbe avere un impatto negativo sulla produzione delle colture per alimenti con risvolti alquanto negativi sulle economie in via di sviluppo e sulle economie in fase di transizione. Negli Stati Uniti è stato documentato un nesso tra l’aumento dei prezzi del grano in seguito all’espansione della produzione di etanolo nel 2008 (Fortenbery e Park, 2008). Un’altra soluzione al problema dei rifiuti plastici è stata suggerita dai produttori di additivi pro-degradanti, capaci di rendere biodegradabili i convenzionali materiali plastici con la produzione di plastiche oxo-biodegradabili. La biodegradazione dei materiali plastici realizzati con questa nuova tecnologia permette la trasformazione del prodotto plastico in elementi naturali quali anidride carbonica, acqua e biomassa. I produttori di questi additivi partono dal presupposto che la biodegradazione dei polimeri avviene naturalmente ma in tempi molto lunghi. Quindi l’aggiunta di additivi pro-degradanti accelererebbe la naturale biodegradazione dei materiali polimerici.
Le Bioplastiche Con il termine bioplastiche non si indica un singolo materiale ma si fa riferimento ad un’intera famiglia di materiali con differenti proprietà e applicazioni. In accordo con l’European Bioplastics, un materiale è definito come bioplastico se deriva da fonti rinnovabili (materia organica, plastica detta “biobased”) o è biodegradabile o ancora dispone di entrambe le proprietà (European Bioplastics, 2014). Con il termine “biobased” si indica un materiale o prodotto derivato (anche parzialmente) da biomassa (mais e barbabietola da zucchero canna da zucchero). Con il termine biodegradabile si indica un materiale che mediante un processo chimico ad opera di microrganismi disponibili nell’ambiente può essere convertito in sostanze naturali quali acqua, anidride carbonica e compost senza l’ausilio di additivi artificiali. Le condizioni affinché un materiale possa essere definito biodegradabile sono descritte nella norma EN 13432. Il processo di biodegradazione dipenderà sempre dalle condizioni ambientali (es. temperatura, pressione), dal materiale e dai microrganismi deputati alla biodegradazione. La biodegradabilità è una proprietà che non dipende dalla natura del materiale stesso, ovvero se deriva o meno da fonti rinnovabili, bensì è legata alla chimica della sua struttura. In altre parole un
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materiale composto interamente da fonti rinnovabili può non essere biodegradabile, analogamente un prodotto proveniente interamente da fonti non rinnovabili (petrolio) può essere biodegradabile e quindi decomporsi. Le bioplastiche si possono dividere in tre gruppi (European Bioplastics, 2014) (Fig. 6): 1. Plastiche interamente o parzialmente “biobased” ma che non sono biodegradabili come Polietilene (PE) Polipropilene (PP) e Polietilene (PET), derivanti generalmente da bioetanolo; 2. Plastiche che sono sia “biobased” che biodegradabili come Polilattato (PLA), Poliidrossialcanoati (PHA) e Polibutilene succinato (PBS), derivati da materiale celluloso; 3. Plastiche che derivano da risorse fossili ma che sono biodegradabili come Polibutilene adipato tereftalato (PBAT).
Le Plastiche Oxo-biodegradabili Le plastiche oxo-biodegradabili sono plastiche a cui è aggiunto un additivo capace di innescare un processo di degradazione ossidativa per tali materiali e manufatti organici, altrimenti recalcitranti alla biodegradazione (Verdu, 2012). Gli additivi prodegradanti sono generalmente incorporati in resine tradizionale quali PE, PP, PS e talvolta PVC al momento della loro conversione nei prodotti finali (European Bioplastics, 2009). Questi additivi sono dei catalizzatori chimici contenenti metalli che causano la frammentazione in seguito all’ossidazione chimica delle catene polimeriche dei materiali plastici innescata da radiazioni UV o da una fonte di calore. In aggiunta agli additivi che innescano il processo di frammentazione, le plastiche oxo-biodegradabili contengono anche degli stabilizzanti che vengono aggiunti per non avere effetti indesiderati come la frammentazione delle catene polimeriche quando la plastica è ancora in uso dal consumatore. Tuttavia l’effetto stabilizzante è limitato in quanto questi materiali plastici possono perdere le proprietà meccaniche piuttosto velocemente, soprattutto se esposti alla luce solare (Koutny et al, 2006). La produzione e l’immissione sul mercato di questi nuovi materiali plastici hanno suscitato pareri discordanti e controversi. L’European Bioplastics, una delle più accreditate agenzie internazionali che operano nel settore delle bioplastiche, ritiene che l’effetto principale, di tali additivi, è una frammentazione in piccole particelle e non la biodegradazione. Anche le associazioni dei riciclatori hanno affermato di vedere in questi additivi un serio pericolo allo sviluppo della filiera del riciclo degli imballaggi in plastica, vista la loro potenzialità di innescare la degradazione termica delle plastiche non additivate (Europeans Bioplastics, 2009). Lo studio effettuato dai ricercatori del Centre de Recherche Industrielle Quèbec (Brunet et al) e quello più recente, effettuato da Roediger Agencies (2012), invece affermano l’idoneità al riciclo dei manufatti plastici oxo-biodegradabili. Secondo Narayan (2009) i frammenti delle plastiche oxo-biodegradabili restano nell’ambiente rendendo così il processo di frammentazione non una soluzione al problema dei rifiuti, ma piuttosto la conversione di contaminanti visibili (i rifiuti di plastica) in contaminanti invisibili (i frammenti). Koutny et al (2006) affermano che se le plastiche oxo-frammentabili sono disseminate nell’ambiente, per effetto degli additivi inizieranno a disintegrarsi e non essendo stata ancora dimostrata la biodegradabilità di questi frammenti vi è un rischio di accumulo di
SCIENZE sostanze persistenti nell’ambiente. Vento o precipitazioni possono spargere questi frammenti di plastica in habitat acquatici o marini dove colpiscono gli organismi comportando il rischio di processi di bioaccumulo. Inoltre studi da parte del NOAA, hanno dimostrato che queste plastiche degradabili possono adsorbire sostanze chimiche tossiche come PCB, DDE e altre sostanze presenti nell’ambiente e agire come mezzo di trasporto fino ad arrivare in mare (Moore, 2008) dove possono avere effetti negativi sulle risorse marine (Mato et al, 2001) . L’European Bioplastics (2009) considera il termine oxo-biodegradabile “un termine di marketing, accattivante e molto fuorviante senza nessun riferimento a norme esistenti e come tale non verificabile”; e ancora “i termini biodegradabile/compostabile godono di un’altra credibilità in quanto esistono norme riconosciute a livello internazionale che indicano i tempi entro i quali un prodotto può essere classificato come biodegradabile/compostabile”. Secondo la norma ISO 17088, la biodegradazione totale deve avvenire in meno di 6 mesi, e tutte le biodegradazioni che non rientrano in tale lasso di tempo devono essere dimostrate mediante prove scientificamente valide. Negli USA la Federal TradeCommission, per esempio, considera un prodotto biodegradabile solo se il loro prodotto può decomporsi completamente in tempi ragionevolmente brevi (Federal Trade Commission, 2009). Sempre negli USA la National Advertising Division raccomanda di non utilizzare “100% oxo-biodegradabile” in quanto messaggio erroneo (National Advertising Division, 2009). È opinione piuttosto conclamata nel mondo scientifico che i frammenti derivati dalla degradazione ossidativa di poli-idrocarburi, accelerata grazie alla presenza di additivi pro-degradanti/pro-ossidanti, permangano nell’ambiente anche se non più visibili a occhio nudo con delle conseguenze ancora non molto chiare per l’ambiente in cui questi materiali sono rilasciate. Tale opinione è contrastata da altrettanti studi presenti in letteratura. Si legge che il destino di questi frammenti funzionali ossidati, di peso molecolare relativamente basso (1000-5000 Da), a causa delle loro spiccate caratteristiche di bagnabilità, legate alla presenza di gruppi funzionali ossigenati, risultano appetibili ai microorganismi presenti in vari compartimenti ambientali (suolo, compost, acque di superficie e reflui urbani) con conversione ad anidride carbonica, acqua e biomassa cellulare non facilmente visibile a occhio nudo, ma scientificamente misurabile e quantizzabile per un bilancio del carbonio sia da fonti fossili che rinnovabili (Chiellini et al, 2007; Jakubowicz et al, 2011). In accordo con gli studi effettuati da Chiellini et al (2011), la reingegnerizzazione dei materiali polimerici di massa a catena poli-idrocarburica mediante l’addizione di additivi pro-degradanti/pro-ossidanti verdi (sali di acidi grassi di metalli di transizione) permette di innescare la cascata di reazioni radicaliche con conseguente degradazione ossidativa dei materiali polimerici e relativi manufatti plastici in condizioni aerobiche (Fig. 7). Poiché la plastica oxo-biodegradabile presenta un “periodo di latenza” di 18-24 mesi, durante il quale non si ha biodegradazione,per valutare i materiali ei manufatti oxo-biodegradabili, le norme dovrebbero prevedere, prima della biodegradazione, un invecchiamento accelerato, per simulare appunto il “periodo di latenza” (Chiellini et al, 2011). Un altro aspetto che crea divisioni nel mondo scientifico è l’origine degli additivi pro-degradanti. Diversi studi riportano
che gli additivi contengano metalli pesanti e che quindi debbono essere ritenuti responsabili di effetti tossici su flora e fauna (Koutny et al, 2006).
Conclusioni Per concludere, nell’ottica dell’impossibilità di trovare la soluzione perfetta al problema della plastica come rifiuto, è auspicabile una azione concomitante in diverse direzioni: la riduzione della produzione e dell’utilizzo delle materie plastiche; la produzione e l’utilizzo di plastiche “degradabili” come bioplastiche prodotte solo dagli scarti agricoli, e materiale plastico oxo-biodegradabile prodotto per soddisfare la restante domanda di plastica; un corretto riciclo dei materiali plastici prodotti.
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SCIENZE
Inquinamento globale e salute pubblica Analisi di quello considerato un nemico della salute, dell’ambiente e dell’economia
di Giada Fedri
L
a lotta all’inquinamento atmosferico è ad oggi una priorità per tutti i paesi industrializzati: il surriscaldamento globale, i danni ambientali correlati e gli effetti nocivi sulla salute di bambini e adulti sono oramai al centro di dibattiti nazionali e internazionali. Sotto i riflettori è posto soprattutto il particolato, l’insieme di polveri aeree composto da particelle respirabili con un diametro inferiore a dieci micrometri (PM10) in grado di penetrare nel tratto superiore dell’apparato respiratorio, polveri sottili PM2.5 (con diametro inferiore a 2,5 micrometri) e ultrasottili che raggiungono anche organi e sistemi periferici. Quest’ultime sono considerate l’inquinante più dannoso per la salute e sono composte da svariate sostanze tossiche come solfati, nitrati e metalli, originati per la quasi totalità dai processi di combustione (gas di scarico dei veicoli, processi industriali, produzione di energia elettrica, riscaldamento domestico). Complici le piccole dimensioni, le polveri ultrasottili possono rimanere sospese nell’aria per lunghi periodi, percorrere ampie distanze e penetrare negli ambienti chiusi, procurando effetti nocivi sia a breve termine (aggravamento di sintomi respiratori e cardiaci, infezioni respiratorie, asma bronchiale e disturbi circolatori) che disturbi cronici (tosse e catarro, diminuzione della capacità polmonare, bronchite cronica, bronco-pneumopatia cronica ostruttiva, cancro1) e morti premature. L’inquinamento “indoor” e “outdoor”, secondo le stime dell’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
provoca nel mondo sette milioni di decessi annui, dimostrandosi una vera e propria emergenza sanitaria globale. Alla tragedia umanitaria, si aggiunge l’impatto economico: l’inquinamento atmosferico genera costi di miliardi di dollari/anno (5.100 miliardi secondo le stime dell’OCSE del 2017) solo considerando l’effetto del PM2.5-10 e dell’ozono, cui si aggiungono i considerevoli costi di ospedalizzazioni, ricoveri e gestione della morbilità dovuti a malattie del sistema respiratorio e cardio-circolatorio. Nonostante le politiche strutturali e di lungo periodo si mostrino come le più efficaci e con il maggior potenziale di abbat-
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SCIENZE
timento dei i costi globali legati all’inquinamento atmosferico, non sono da sottovalutare le azioni a breve e medio termine; un esempio lampante è mostrato dai giochi olimpici di Pechino del 2008. Hou et al. hanno osservato come durante il periodo dei giochi, l’applicazione delle misure di controllo del traffico e dell’inquinamento e il mantenimento della concentrazione aerea di particolato sotto il limite di 100 mg/m3, abbia apportato una riduzione del 38% dei costi sanitari rispetto ai periodi precedenti e successivi ai giochi2. Allo stesso modo, la buona qualità dell’aria nei luoghi di lavoro ha un ruolo centrale sia nella tutela della salute dei lavoratori, che dell’economia delle aziende in termini di riduzione dei giorni di malattia, spese sanitarie e perfino maggiore produttività. Ebbene sì, un ambiente lavorativo controllato, frutto di un’accurata verifica della ventilazione e della qualità dei filtri aerei, di un attenta selezione dei materiali di costruzione, d’arredamento e delle attrezzature per gli uffici3, ottimizza le prestazioni dei dipendenti a prescindere dalle ore effettivamente lavorate, l’ora del giorno o il periodo dell’anno. Già nel 1996, si dimostrava come nelle scuole norvegesi livelli elevati di CO2 dati della scarsa ventilazione, fossero associati non solo alla prevalenza dei sintomi della “Sick Building Syndrome” (SBS), ma anche a prestazioni significativamente ridotte con conseguenze negative nei test di abilità mentale; ristabilite con la sola regolazione della ventilazione e le giuste percentuali di anidride carbonica4. Vent’anni dopo, un ulteriore studio condotto su adolescenti israeliani ha documentato prestazioni peggiori negli studenti che affrontavano gli esami nei giorni con livelli di PM ambientale più alti5. Gli edifici rappresentano il più grande investimento di capitale prodotto da qualsiasi società, in ag-giunta all’energia utilizzata per consentire la trasformazione del clima esterno in uno interno controllato, il mantenimento della temperatura e della ventilazione, il controllo della qualità dell’aria e la riduzione degli inquinanti aerei. D’altra parte, i costi per garantire un
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ambiente idoneo vanno messi in relazione con i benefici ottenuti da lavoratori sani, motivati e produttivi. Eppure, sempre più aziende moderne scelgono di localizzare gli uffici in edifici al centro delle città o in aree industriali, aumen-tando così l’esposizione dei lavoratori alle fonti di inquinamento. Le dimensioni ridotte del PM sottile ed ultrasottile consentono la facile penetrazione all’interno delle strutture6, dove l’ambiente chiuso e climatizzato impone ai dipendenti un’esposizione cronica e prolungata agli inquinanti. Ciò può com-promettere la produttività non solo alterando il funzionamento cardiovascolare e polmonare (irrita-zione dell’orecchio, del naso, gola e polmoni) ma anche riducendo le prestazioni cognitive7, con de-cremento delle prestazioni lavorative intensive fino al 10%8. Questo risultato dipende dall’impatto negativo che l’inquinamento “indoor” ha sullo svolgimento dei compiti d’ufficio, sulla concentrazione e sull’ ottimizzazione del tempo e delle energie, essenziali per un pensiero lucido e critico. Capire come e quanto l’inquinamento comprometta la produttività, sia in professioni con competenze meno specializzate che in quelle che richiedono un impegno cognitivo concreto, è una questione di enorme importanza economica. In uno studio trasversale effettuato su 1.764 adulti negli Stati Uniti, i livelli crescenti di ozono nelle contee domestiche dei partecipanti sono stati associati a prestazioni inferiori nei test neuro-comportamentali9; in un altro, è stata correlata l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico a punteggi più bassi di Mini-Mental State Examination (MMSE) e a funzioni cognitive globali inferiori7. Nel “Nurses Health Study”, oltre alla comprova della relazione tra l’esposizione a lungo termine alle particelle inquinanti e la scarsa resa ai test cognitivi di base10 e il declino cognitivo più rapido; è stato calcolato l’aumento di 10 μg/m3 di particolato (sia PM 2,5 che PM 2,5-10) come equivalente all’invecchiamento celebrale di circa 2 anni. Alte concentrazioni di biossido di azoto (NO2 ) e monossido di carbonio (CO) sono associati anche ad un maggior rischio di demenza11. I risultati di due grandi studi condotti su adulti negli Stati Uniti hanno suggerito associazioni tra il particolato fine (PM 2.5 ) e le funzioni intellettive, principalmente in termini di memoria episodica12 e tassi di errore più alti nelle valutazioni cognitive. In uno studio comparabile13, l’analisi dell’attività di infermieri specializzati che forniscono consulenze mediche telefoniche in un call center in California, ha rivelato che il tempo medio delle conversazioni telefoniche, il numero di telefonate gestite per turno e i minuti di accesso al sistema informatico cresceva con l’aumento della velocità di ventilazione, e tali variazioni avvenivano in modo “dose-dipendente” degli inquinanti presenti nell’aria14. I componenti grezzi del PM10, del PM2.5 e il carbonio nero, sono i principali responsabili della peggiore funzione cognitiva. Questi risultati indicano che l’effetto dell’inquinamento atmosferico sulla produttività è costante nel mondo lavorativo, influenzando ugualmente sia la bassa che l’alta red-
SCIENZE ditività, indipendentemente dai compiti da svolgere, dal ruolo aziendale o dal livello di responsabilità. Ma qual è la relazione biologica e quali i meccanismi molecolari che legano l’inquinamento atmosferico agli effetti sulla produttività? L’impatto più immediato e significativo, com’è facile immaginare, è quello a carico del sistema respiratorio. La mucosa tracheobronchiale e alveolare cattura i composti tossici presenti nell’aria respirata, le sostanze ossidanti e pro-ossidanti degli inquinanti si legano all’epitelio respiratorio e formano radicali liberi di ossigeno e azoto, responsabili dello stato ossidativo delle vie aeree. L’aumento dei radicali liberi innesca la risposta immunitaria, con conseguente rilascio di citochine e chemochine che avviano uno stato infiammatorio diffuso. Irritazione agli occhi, al naso, alla gola e alla pelle, ipersensibilità, concomitanza di malattie infettive e sensazione alterata di odori e sapori, sono la causa dell’aumento del tempo dedicato alle singole attività lavorative e del calo della lucidità nei comportamenti quotidiani. Si ipotizza addirittura una via di traslocazione delle particelle per via inalatoria, per cui dai siti interstiziali del tratto respiratorio raggiungano il circolo sanguigno e organi extra-polmonari come il fegato entro 4-24 ore dopo l’esposizione. Recentemente è stato dimostrato che tali particelle sarebbero in grado di raggiungere anche il sistema nervoso centrale tramite la via neuronale olfattiva15: un volta inalato, il particolato ultrasottile si deposita sulla mucosa delle regioni nasali, e lungo gli assoni del nervo olfattivo trasloca nel sistema nervoso centrale e nel cervello aggirando la barriera emato-encefalica, causando infiammazione del SNC, stress corticale e danno cerebrovascolare16. Gli studi sugli animali e sull’uomo hanno trovato un’associazione tra l’esposizione ad alte concentrazioni di inquinamento atmosferico da PM e l’aumento dell’infiammazione cerebrale, oltre ad accumuli di β-amiloide, un marker di disfunzione neuronale17,18. Le persone che manifestano fenomeni infiammatori e neuro-degenerativi indotti dagli inquinanti atmosferici hanno maggior probabilità di soffrire di deficit cognitivi19 e un rischio più alto di sviluppare malattie neurodegenerative progressive come il morbo di Alzheimer. Dall’autopsia del cervello di residenti deceduti in aree metropolitane con elevato inquinamento atmosferico di particolato e ozono, è stato individuato l’enzima cicloossigenasi-2 come mediatore infiammatorio maggiormente espresso nella corteccia frontale e nell’ippocampo; in associazione a un maggiore accumulo neuronale e astrocitico di aggregati proteici. Ancora più sorprendente è che l’iper-fosforilazione della proteina Tau e la presenza di placche Aβ diffuse, tipiche della senilità, sono state trovate in età più giovane in metà delle aree urbane esposte, ma in nessuna delle aree urbane non esposte20. Inoltre, la presenza di inquinanti aerei è notoriamente correlata all’insorgenza di arterio-
sclerosi, anomalie nella pressione sanguigna, infarto, aritmie e ischemie; così come all’invecchiamento cerebrale per via della riduzione della velocità del flusso cerebrovascolare anche a riposo21. L’”American Heart Association” spiega come gli inquinanti, velocizzando l’accumulo delle placche nelle arterie, siano la causa scatenante delle disfunzioni cardiache, infatti, il numero delle ospedalizzazioni e delle morti legate ad attacchi cardiaci, infiammazione pericardica e disturbi cardiovascolari cronici, è nettamente superiore nelle aree metropolitane particolarmente inquinante12. Respirare aria contaminata è nocivo anche per il sistema metabolico: l’analisi di un gruppo di studenti cinesi ha mostrato che i residenti in aree più inquinate avevano livelli di cortisolo, cortisone, epinefrina e noradrenalina più alti, ma anche maggiori concentrazioni di zuccheri, amminoacidi, acidi grassi e lipidi nel sangue22. La pressione sanguigna aumentava significativamente, così come i bio-marcatori di stress ossidativo, l’infiammazione cronica e la probabilità di insulino-resistenza. Le alterazioni metaboliche sono state correlate all’attivazione degli assi ipotalamo-ipofisi-surrene e sistema simpatico-surrenale-midollare, aggiungendo potenziali meccanismi molecolari da analizzare al fine di limitare gli effetti avversi del PM sullo stato di salute. All’inquinamento globale si deve anche l’aumento della fatica, dello stress ed addirittura di disturbi psico-patologici. Secondo gli psichiatri del “King’s College di Londra”, c’è un’associazione diretta tra l’esposizione ad alte concentrazioni di inquinanti atmosferici ed episodi psicotici tra gli adolescenti: allucinazioni, deliri e pensieri paranoici sono significativamente più comuni tra gli adolescenti maggiormente esposti a biossido di azoto, monossido di carbonio e PM 2.523. Sebbene le prove attuali siano ancora limitate, anche l’esposizione al rumore cronico è identificata come possibile causa di declino cognitivo più rapido. Oltre all’ipoacusia, il rumore cronico comporta l’iper-fosforilazione della proteina tau, produzione accelerata di Aβ e induzione di input uditivi anormali nel
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SCIENZE cervello, con conseguenti alterazioni aberranti dell’ippocampo e della corteccia celebrale24–26. Inoltre, numerosi studi hanno riscontrato un aumento dei livelli di stress ossidativo neuronale in risposta al rumore ed implicazioni nella salute cardiovascolare27, ipertensione cronica ed ictus28. Comprendere la portata dell’applicabilità di questi i risultati nelle singole realtà aziendali è un’area importante per la ricerca futura tuttavia, il dibattito scientifico e politico tende ad affrontare questi due temi come separati. Adottare un approccio integrato consentirebbe di concentrarsi su policy ottimizzate al risparmio dei singoli costi a beneficio delle misure di implementazione nel settore della lotta all’inquinamento atmosferico. Considerando la dimensione del settore dei servizi e la costante crescita produttiva a livello mondiale, i benefici concreti ottenuti dalla salvaguardia della salute e delle singole produttività in questo contesto, sono potenzialmente enormi.
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L’ambiente come fattore di rischio per l’ipertensione arteriosa Lo studio di Agne Braziene et al., intreccia numerosi dati fisiologici e diversificate informazioni del contesto locale di vita
di Sara Lorusso
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he l’ambiente in cui viviamo sia strettamente correlato alla salute di ciascuno non è più un dato in discussione. È ormai diffusa, non solo a livello scientifico, la consapevolezza che fattori specifici del contesto in cui siamo immersi (inquinamento atmosferico, dieta alimentare, abitudini e condizioni lavorative) abbiano un’incidenza notevole e diretta sulla salute. Ciò che merita approfondimento è, invece, il procedere di studi e sperimentazioni che tendono a contemplare fattori fisici di rischio o specifici parametri del vivere comune, per verificare - almeno, segnalare - correlazioni tra l’ambiente di vita e l’insorgenza di patologie specifiche. Tra gli studi più recenti su questo fronte, quello sviluppato da un’equipe di ricerca basata in Lituania è riuscito a sottolineare l’associazione tra l’ambiente in cui si vive e il rischio di ipertensione arteriosa (AH) e altri componenti della sindrome metabolica (SM). La ricerca è stata sviluppata da Agne Braziene, Abdonas Tamsiunas, Dalia Luksiene, Ricardas Radisauskas (del Dipartimento di Studio delle Popolazioni, Istituto di cardiologia “Lithuanian University of Health Sciences”), Sandra Andrusaityte, Audrius Dedele e Jone Vencloviene (del Dipartimento di Scienze Ambientali, Facoltà di Scienze Naturali, “Vytautas Magnus University”), e ha analizzato un campione composto da 1.354 persone scelte a caso tra i residenti di Kaunas City, lungo tre fasi di indagine. Gli intervistati sono stati selezionati in modo che nel campione ci fossero almeno 200 donne e uomini sottoposti a
screening in ciascuno dei gruppi di età individuati (35-44 anni, 45-54 anni, 55-64 anni). Inoltre, le persone oggetto dello studio non hanno cambiato la propria residenza per almeno dieci anni. A tutti i partecipanti sono stati somministrati questionari in cui era necessario fornire risposte su dati clinici relativi al rischio di ipertensione arteriosa e dell’insorgenza della sindro-
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me metabolica, ma anche su abitudini, terapie adottate e stile di vita: consumo di alcool e sigarette, attività fisica, trattamento antipertensivo, terapia ipoglicemizzante, trattamento ipolipemizzante, e così via. Inoltre, per la valutazione dell’ambiente di vita degli intervistati, sono stati esaminati sia parametri qualitativi sia parametri quantitativi: tipologia dell’abitazione (uno stabile multipiano oppure una casa privata e più isolata), distanza dell’abitazione da un’area verde e da una via principale altamente trafficata. Sono stati rilevati, naturalmente, anche parametri fisici individuali quali il peso, l’altezza, la circonferenza della vita, la pressione arteriosa, la concentrazione lipidica sierica e la concentrazione di glucosio nel sangue capillare. Studi precedenti hanno già, nel tempo, messo in evidenza la relazione tra la frequentazione di spazi verdi nei pressi dell’abitazione con la diminuzione della pressione sanguigna arteriosa , così come l’apporto positivo di ambienti meno urbanizzati alla diminuzione dei fattori fisiologici di risposta allo stress . Anche il contesto abitativo è una condizione storicamente analizzata nelle indagini previsionali dei rischi di insorgenza di patologie specifiche; in particolare uno studio svedese ha dimostrato che la vita in abitazioni immerse in un ambiente fortemente urbanizzato è associato a una maggiore frequenza di malattie. Analoghe ricerche hanno, inoltre, rilevato che dover gestire un’abitazione privata e più isolata significa spesso trascorrere meno tempo da seduti. L’inquinamento atmosferico - in particolare una lunga esposizione al PM2,5 - può predisporre all’insorgenza di malattie vascolari e disordini metabolici. Appare acquisita la consapevolezza che qualità e conformazione delle abitazioni abbiano un impatto notevole sui rapporti sociali dell’individuo. Nel 2008 Virginia A. Rauh, Philip J. Landrigan e Luz Claudio firmarono una ricerca , pubblicata negli annali della New York Academy
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of Sciences e citata dalla Braziene, sulla relazione tra il livello di povertà del contesto socio-economico e la possibilità di esposizione all’inquinamento ambientale (fumo, emissioni di apparecchiature non funzionanti, scarsa possibilità di ricambio di aria, polveri), concludendo con un capitolo dedicato al ruolo dell’edilizia abitativa come potenziale agente di cambiamento e via praticabile per la riduzione degli effetti dannosi degli agenti inquinanti ambientali. Il lavoro di ricerca del gruppo lituano ha messo in relazione tutti questi fattori, sia ambientali sia fisici, spesso collegati separatamente al rischio di ipertensione arteriosa e sindrome metabolica. Lo studio ha, quindi, correlato l’associazione tra l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico, la tipologia di abitazione, la relativa distanza dagli spazi verdi (con tre categorie: meno di 300 metri, tra 300 e 1.000 metri, più di 1.000 metri) e dalle strade principali (con tre categorie: meno di 100 metri, tra 100 e 199 metri, più di 200 metri), con lo sviluppo di ipertensione arteriosa e di alcuni componenti della SM, quali l’obesità addominale, l’aumento della pressione sanguigna arteriosa, la dislipidemia, i livelli di glicemia a digiuno e dei trigliceridi, e la riduzione delle lipoproteine ad alta densità. Per la stima coerente dei livelli di inquinamento a cui i partecipanti allo studio erano sottoposti nei diversi punti di residenza della città di Kaunas, e in particolare per la rilevazione della concentrazione di PM10, PM2.5 e NO2, il team di ricerca ha fatto riferimento ai modelli LUR (Land Use Regression) e alla procedura ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Air Pollution Effects), che stabilisce il modello standard LUR in 36 distretti europei. Le prime due fasi della ricerca state sviluppate a partire dai dati raccolti e analizzati nell’ambito di MONICA (Multinational Monitoring of Trends and Determinants in Cardiovascular Disease Program), il programma istituito nei primi anni ’80 in
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molti centri del mondo per la misurazione delle tendenze delle malattie cardiovascolari. La prima fase è stata portata avanti sulla scorta dell’analisi condotta da MONICA nel 1992-93, la seconda rispetto all’analisi del 2001-02. La terza indagine risale al periodo 2006-08: si è trattato di un follow-up basato sugli stessi parametri relativi allo stato di salute analizzati nei due monitoraggi precedenti. I partecipanti sono stati seguiti su tutte e tre le fasi: i dati raccolti e analizzati sono complessivamente relativi, dunque, a un arco temporale di circa sedici anni. A livello metodologico, la valutazione dell’incidenza di AH è stata associata all’autodichiarazione dei farmaci prescritti per l’ipertensione durante le due settimane precedenti alla raccolta dati, e la valutazione dell’insorgenza di SM è stata effettuata seguendo le indicazioni del Terzo rapporto del National Cholesterol Education Program (NCEP-ATP III) , che attesta l’esistenza della SM in caso di copresenza almeno tre delle cinque componenti correlate alle malattie cardiovascolari. Infine, l’associazione tra l’incidenza di AH e SM e le varabili ambientali è stata analizzata secondo la regressione di Poisson. I modelli includevano le varianti di sesso, età, indice di massa corporea (BMI), presenza di cardiopatia ischemica, fumo, livello di istruzione e tempo di follow-up. Per la valutazione dell’incidenza di AH sono stati rilevati anche i dati della pressione sistolica e diastolica, il consumo di cibo salato, i livelli di glicemia a digiuno e dei trigliceridi, e la riduzione delle lipoproteine ad alta densità. Il campione analizzato nella sua composizione di partenza contemplava 226 residenti in abitazioni del tipo casa privata e più isolata (contro i 1.128 inquilini di stabili multipiano), una netta preponderanza di persone che non erano mai state fumatrici (a seguire, fumatori ed ex fumatori), un 41,4% residente a meno di 200 metri da una strada trafficata, un 26,4% residente a meno di 300 metri da un’area verde, un’incidenza di pazienti
in cura per ipertensione arteriosa pari al 45,3% e un 26,3% con obesità addominale. Un’indicazione di contesto importante riguarda lo status sociale ed economico di quanti, nel campione, abitavano in case private: generalmente si trattava degli stessi proprietari della casa che potevano, probabilmente, godere di un reddito maggiore, e mostravano un livello di istruzione più alto. Tuttavia, gli autori dello studio spiegano come quest’ultima informazione vada considerata nel contesto culturale della ricerca: se generalmente siamo abituati a collegare la scelta del luogo di residenza in una qualsiasi città con lo status sociale e le possibilità economiche, in Lituania e in altri paesi post-sovietici questo fenomeno non si verifica in modo naturale. Per quanto riguarda l’ambiente, la concentrazione media di NO2 nei luoghi residenziali risultava di 15,7 μg / m3, quella di PM10 28,9 μg / m3 e quella di PM2,5 20,7 μg / m3. La percentuale più alta di soggetti esposti a livelli di NO2 sopra la mediana viveva in stabili multipiano a meno di 200 metri da una strada trafficata. Tra i punti emersi dallo studio di Braziene, va osservato quanto il rischio di incidenza di AH sia risultato più alto per le persone che vivevano a meno di 200 metri da una strada principale e oltre 300 metri da un parco verde. L’esposizione al PM10 oltre la quantità media è stata associata alla tendenza alla riduzione delle lipoproteine ad alta densità; l’esposizione a un livello di NO2 superiore alla mediana è stata associata a un rischio più elevato di trigliceridi alti. Il progetto di ricerca lituano ha, inoltre, riscontrato una maggiore influenza degli inquinanti atmosferici del traffico sull’incidenza di ipertensione arteriosa per i soggetti che vivevano in strutture residenziali multipiano. Vivere in case private, anche se esposte a PM10 e PM2,5 non corrisponde a un aumento dell’incidenza AH e trigliceridi alti. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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Per i soggetti sottoposti allo studio che vivevano in stabili multipiano e zone urbanizzate, a una distanza inferiore a 200 metri da una strada principale e con un’esposizione ai livelli di PM10 superiore alla mediana, è stato evidenziato un rischio più elevato di riduzione delle lipoproteine ad alta densità. I risultati ottenuti dal gruppo guidato dalla Braziene confermano quanto l’ambiente e il contesto in cui insiste la casa siano determinanti rispetto alla qualità della vita e, nello specifico, siano correlati ai rischi di insorgenza di ipertensione arteriosa. Il rischio di incidenza di ipertensione arteriosa è risultato più elevato per le persone che vivevano a una distanza di oltre 300 metri da un parco verde e per gli abitanti di stabili urbani esposti a livelli di PM10 e PM2,5 sopra la mediana. Il rischio più elevato di riduzione delle lipoproteine ad alta densità è risultato correlato alla vicinanza a una strada principale molto trafficata. Una differenza evidente tra abitazioni singole o multipiano, è la relativa esposizione all’inquinamento atmosferico e acustico del traffico, già ampiamente dimostrati quali fattori di incidenza nel rischio di AH. Uno studio indiano del 2014 , citato anche dal team lituano, aveva indagato l’associazione tra rumore del traffico stradale e prevalenza dell’ipertensione in una popolazione adulta urbana, lavorando su più di 900 cittadini di Asansol, residenti in prossimità delle strade cittadine, evidenziandone la correlazione. Esiste, inoltre, il tema della percezione degli ambienti, che viene influenzata da fattori individuali e sociali e potrebbe non corrispondere alla realtà oggettiva. Katherine Baldock, in uno studio citato da Braziene segnalava come la sindrome metabolica fosse risultata associata negativamente a una compresenza di parametri quali un’estetica positiva e una maggiore infrastruttura per camminare, e associata positivamente a un maggiore crimine percepito. Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato quanto la vicinanza di una grande area verde, con la connessa possibilità di trascorrere del tempo all’aperto e fare attività fisica, influisca sul benessere dell’individuo. Contemporaneamente, un’alta densità residenziale e la presenza di strade trafficate negli spazi della quotidianità incidono sulle relazioni interpersonali dell’individuo. Gli spazi verdi urbani – emergeva nel 2015 in uno studio
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di D.F. Shanahan – offrono scenari «per una vasta gamma di benefici per la salute fisica e mentale e una politica sanitaria pionieristica sta riconoscendo la natura come uno strumento economico per la pianificazione di città sane. Vi è dunque la necessità di una nuova audace agenda di ricerca fondata sul test della causalità che trascende i confini disciplinari tra ecologia e salute». Agne Braziene e gli altri autori dello studio sull’associazione tra l’ambiente in cui si vive e il rischio di ipertensione arteriosa e altri componenti della sindrome metabolica concludono segnalando la necessità di sviluppare ulteriormente la loro ricerca, che è basata su modelli fortemente specifici e oggettivi: il passo necessario è implementare questi modelli con informazioni relative alla situazione socio-economica dei partecipanti e ai tempi esatti dello sviluppo di AH e dei fattori relativi alla SM, per una prospettiva più completa sul contesto in cui quotidianamente ci muoviamo come individui.
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Piastrine e terapia antiaggregante Ruolo dei test di funzionalità piastrinica nella scelta della terapia antiaggregante per i pazienti con sindromi coronariche acute
di Stefano Conte*, Grazia Pellegrino**, Andrea Morello**, Giovanni Cimmino*, Plinio Cirillo**
I
n condizioni fisiologiche le piastrine o trombociti sono coinvolte nell’emostasi essendo responsabili della formazione del cosiddetto trombo bianco, evitando in tal modo che una lesione vascolare esiti in emorragia. La soluzione di continuità a carico di un vaso sanguigno, ed in particolare a carico dell’endotelio, determina l’esposizione di recettori subendoteliali responsabili della cosiddetta adesione piastrinica. Le piastrine, che, se non stimolate, hanno forma discoidale1, una volta attivate, cambiano forma, e, attraverso un complesso riarrangiamento del citoscheletro, emettono pseudopodi che ne facilitano il legame reciproco. Le modifiche citoscheletriche facilitano la migrazione degli alpha-granuli verso la superficie, dove esocitano sostanze ad azione pro aggregante come la serotonina (5HT) e l’adenosina difosfato (ADP), amplificando il processo di aggregazione piastrinica. Infine, la formazione del network piastrinico viene facilitata dall’ esposizione sulla superfice piastrinica di specifiche glicoproteine di membrana come la IIb/ IIIa, che funzionano come recettori del fibrinogeno facilitando l’aggregazione. Accanto al processo di aggregazione piastrinica si osserva l’attivazione della cascata della coagulazione che esiDipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli. ** Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate (divisione di Cardiologia), Università di Napoli “Federico II”, Napoli. *
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ta nella formazione della trombina, mediatore chimico che da un lato facilita la formazione della fibrina e del trombo rosso ed, al contempo, amplifica l’attivazione piastrinica 2, 3. L’ azione sinergica delle piastrine e della cascata della coagulazione impedisce i fenomeni emorragici. Questa funzione “fisiologica” delle piastrine si riscontra, con conseguenze ben diverse nel sito di rottura della placca aterosclerotica o nel punto di erosione delle cellule endoteliali nel circolo coronarico o periferico. Il fenomeno dell’attivazione piastrinica in tali distretti anatomici si associa alla formazione del trombo intravascolare responsabile di trombosi acute piastrino-mediate che si manifestano clinicamente come sindromi coronariche acute (SCA), ictus ischemico e ischemica acuta da arteriopatia periferica 4-6. Pertanto, risulta intuitivo che un adeguato protocollo terapeutico per tali pazienti non può prescindere dalla corretta terapia anti piastrinica al fine di ridurre nuovi eventi cardiovascolari. Nonostante questo approccio terapeutico ottimale, è stata rilevata la possibilità che in alcuni pazienti persista un’elevata reattività piastrinica residua. Il risvolto clinico importante consiste nell’ aumentato rischio di infarto miocardico non fatale (IM), trombosi dello stent definita/probabile e mortalità cardiovascolare, osservata in questi pazienti. In tale contesto fisiopatologico estrema importanza ha lo studio della funzione piastrinica utilizzando metodiche affidabili e riproducibili finalizzate all’ identificazione dei pazienti ad alto rischio di trombosi o che non rispondono alle strategie
ECM antipiastriniche in corso
Il ruolo delle piastrine nella fisiopatologia delle SCA Le manifestazioni cliniche di una SCA sono principalmente correlate alla complicazione di una placca aterosclerotica preesistente seguita dalla formazione di un trombo ricco di piastrine. La combinazione di questi eventi porta ad un’occlusione parziale o totale dei vasi coronarici; l’entità e la durata di questo evento determinano il grado di ischemia miocardica e, quindi, la manifestazione clinica della malattia6. L’attivazione piastrinica, l’aggregazione e la formazione di trombi intravascolari svolgono un ruolo essenziale e fondamentale in questo processo. Oltre alla formazione di trombi, le piastrine sembrano favorire altri fenomeni biologici come la micro embolizzazione, la vasocostrizione, la progressione della placca e la risposta infiammatoria locale e sistemica. Inoltre, favorirebbero i fenomeni trombotici interagendo anche con altre cellule ematiche come i leucociti7. Nel loro insieme, questi meccanismi piastrino mediati sembrano influenzare la prognosi della SCA8. In condizioni fisiologiche, le cellule endoteliali appartenenti alla tonaca intima sono all’ interfaccia tra i fattori della coagulazione veicolati dal sangue e le cellule ematiche incluse le piastrine, impedendone il contatto con gli strati subendoteliali sede di molecole in grado di attivare sia la coagulazione che l’ aggregazione piastrinica4. Nello specifico, la perdita della continuità endoteliale a livelli dell’ intima favorisce l’ esposizione di diversi componenti degli strati subendoteliali ai fattori della coagulazione ed alla piastrine veicolate nel sangue circolante. In particolare, si assiste inizialmente all’ adesione piastrinica che prevede il coinvolgimento del Fattore di von Willebrand (vWF) e del complesso recettoriale piastrinico GPIb-IX-V2. Poiché l’interazione tra vWF e GPIb è relativamente debole, un solido attacco piastrinico nel sito della lesione del vaso richiede interazioni adesive aggiuntive mediate dalle molecole di adesione della famiglia delle integrine9. In particolare, l’integrina α2β1 si lega al collagene e αIIbβ3 si lega al vWF e ad altri ligandi9. In questo contesto biochimico si assiste all’ attivazione del recettore del collagene GPVI, dei recettori piastrinici ATP e ADP ed del signalling a valle del complesso GPIb-IX-V. Inoltre, il danno endoteliale determina l’esposizione di altre proteine in grado di legare e attivare le piastrine, come la laminina, la trombospondina, la fibronectina e la vitronectina3. Queste proteine interagiscono principalmente con le integrine piastriniche αIIbβ3 e α2β1 ma sono anche in grado di legare le integrine β1 e β33. Tuttavia, il ruolo relativo di ciascuno di questi componenti della matrice subendoteliale nell’emostasi e nella trombosi non è ad oggi completamente chiarito. Viceversa, è stato abbondantemente descritto che la interazione del complesso recettoriale GPIb-IX-V, determina l’attivazione delle piastrine e promuove: a) il rilascio degli agonisti solubili immagazzinati in granuli densi e alfa, b) l’attivazione della fosfolipasi A2 (PLA2), e c) la formazione e il rilascio di trombossano A2 (TxA2)6. Gli agonisti solubili, a loro volta, si legano ad altri recettori piastrinici che sono accoppiati alle proteine G. I recettori accoppiati con le proteine G attivano la fosfolipasi Cβ e γ, provocando la produzione di diacilglicerol (DAG) e inositolo trisfosfato (IP3) che agiscono come secondi messaggeri10. Il DAG promuove l’afflusso di calcio mentre l’IP3 rilascia calcio dalle
Figura 1. visione schematica dei recettori piastrinici e dei principali antagonisti / inibitori utilizzati nella pratica clinica.
riserve intracellulari, con conseguente aumento delle concentrazioni di piastrine prive di calcio: tale condizione induce cambiamenti strutturali e funzionali della forma delle piastrine che cambiano radicalmente da una forma discoidale ad una sferica con pseudopodi11. Alla fine di questi complessi meccanismi, i granuli rilasciano altri mediatori solubili, portando infine ad un’ulteriore attivazione piastrinica ed al reclutamento di altre piastrine che formano altri aggregati (come mostrato in Fig. 1).
I mediatori solubili coinvolti nell’ aggregazione piastrinica Adenosina difosfato (ADP) L’ADP si lega a due importanti recettori piastrinici, il P2Y1 ed il P2Y12. Il recettore P2Y1 è accoppiato al pathway delle Gq protein mentre il recettore P2Y12 è accoppiato al pathway delle Gi12. Quest’ultimo, inibendo l’adenilato ciclasi, determina la diminuzione dei livelli c-AMP nelle piastrine, favorendone l’aggregazione. Pertanto, la stimolazione del recettore P2Y12 ad opera dell’ADP, facilita l’attivazione piastrinica. Inoltre, accanto a questo meccanismo primario, si assiste anche all’attivazione delle integrine αIIbβ3 e al processo di degranulazione che termina amplificando il meccanismo dell’aggregazione. Particolarmente interessante dal punto di vista fisiopatologico è l’osservazione che legame dell’ADP al P2Y12 potenzia l’attivazione piastrinica in risposta a concentrazioni submassimali di trombina o trombossano A2 (TxA2)10.
Trombossano A2 (TxA2) Il TxA2 è un altro mediatore solubile immagazzinato nei granuli piastrinici. Viene rilasciato dalle piastrine attivate, amplificando gli altri meccanismi di attivazione piastrinica. Il TxA2 viene generato ad opera della cicloossigenasi-1 piastrinica (COX-1). Esso lega i recettori TPα e β espressi sulla superficie di altre piastrine e attiva una pathway intracellulare mediato dalle Gq che, aumentando la concentrazione di calcio citosolico, porta infine all’attivazione di αIIbβ3 e al rilascio di mediatori solubili da altri granuli10. Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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ECM Trombina La trombina, rappresenta il prodotto terminale della cascata della coagulazione. Essa attiva le piastrine attraverso due specifici recettori: il recettore 1 (PAR1), attivato da bassa concentrazione di trombina, e il recettore 4 (PAR4), che richiede concentrazioni più elevate. I recettori PAR-1 e PAR-4 sono accoppiati alle vie del segnale intracellulare dipendente dalle Gq che causano un aumento della concentrazione di calcio citosolico piastrinico e quindi all’ attivazione dell’integrina αIIbβ3 come descritto precedentemente.
Altri agonisti solubili La serotonina (5HT), l’epinefrina e la noradrenalina sono altri agonisti solubili in grado di amplificare l’attivazione piastrinica legando i loro recettori sulla superficie piastrinica (recettore 5HT2A e alpha2a)13. Tutti i mediatori solubili descritti determinano l’attivazione di diverse vie intracellulari che convergono up-regolando l’espressione dell’integrina αIIbβ bota anche come glicoproteina IIb/IIIa (GP IIb/IIIa) abbondantemente espresse sulla membrana delle piastrine attivate11 .
I farmaci antiaggreganti ed i loro meccanismo di azione La terapia antipiastrinica rappresenta una pietra miliare nell’approccio terapeutico delle malattie cardiovascolari, in particolare nelle SCA14. Sono disponibili diversi farmaci, che possono essere somministrati per via orale o endovenosa, per inibire l’attivazione/aggregazione piastrinica interferendo con i diversi pathways coinvolti nella modulazione di questo fenomeno. La terapia antiaggregante può essere somministrata per via orale e/o endovenosa
Terapia antiaggregante orale L’aspirina è il farmaco antipiastrinico più popolare, ampiamente usato nella prevenzione primaria e secondaria per le malattie cardiovascolari. Inibisce l’aggregazione piastrinica mediante acetilazione irreversibile di un residuo serinico delle cicloossigenasi 1 e 2 bloccando così la sintesi di entrambe le prostaglandine G2 (PGG2) e H2 (PGH2) e di conseguenza la produzione di TXA2 13. La ticlopidina, il clopidogrel ed il prasugrel sono altri farmaci appartenenti alla famiglia delle tienopiridine in grado di inibire l’aggregazione piastrinica dopo somministrazione orale. Essi legano il recettore dell’ADP sulla superficie piastrinica, prevenendo l’aggregazione indotta dall’ADP. Queste tienopiridine sono profarmaci che, dopo somministrazione orale, necessitano di metabolizzazione nel fegato ad opera del citocromo CYP450 per generare metaboliti attivi. Questi metaboliti si legano irreversibilmente al recettore P2Y12 durante l’intera vita piastrinica, inibendo l’aggregazione piastrinica mediata dall’ADP15. La ticlopidina non è raccomandata dalle attuali linee guida perchè ha molti effetti collaterali14. Al contrario, il clopidogrel in associazione con aspirina (DAPT - doppia terapia antipiastrinica) è prescritto a pazienti con malattia coronarica stabile a seguito di intervento coronarico percutaneo elettivo (PCI) ed in pazienti con malattia aterosclerotica periferica trattati con angioplastica
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ed impianto di stent 16, 17.La DAPT con il prasugrel, è indicata nei pazienti con SCA sottoposti a PCI14. Il ticagrelor è un altro derivato tienopiridinico che, a differenza del clopidogrel e del prasugrel, non essendo un profarmaco, non richiede attivazione epatica e pertanto la sua attività farmacologica non è influenzata dalle varianti genetiche CYP450. Analogamente alle tienopiridine prasugrel, clopidogrel e ticlopidina, il ticagrelor blocca i recettori P2Y12 impedendone il legame e l’ attivazione mediate dall’ ADP. Di contro, diversamente dalle tienopiridine il ticagrelor ha un sito di legame diverso per il recettore diverso da quello cui si lega l’ADP, e presenta capacità di legame reversibile. Ticagrelor è approvato in associazione con aspirina per i pazienti con SCA trattati con PCI o in modo conservativo con terapia medica14,15.
Terapia antiaggregante endovenosa I farmaci antiaggreganti somministrabili per via endovenosa possono agire legandosi al recettore P2Y12 per l’ ADP come descritto predentemente o ai recettori GPIIb / IIIa per il fibrinogeno. Il cangrelor è un nuovo farmaco antiaggregante che si lega selettivamente al recettore P2Y12. Il farmaco presenta una particolare ed unica farmacocinetica caratterizzata dalla rapida inibizione dell’ aggregazione (entro 3-5 minuti), molto più veloce rispetto ad altri inibitori di P2Y12 somministrati per via orale ed dall’ altrettanto rapida eliminazione dal sangue che consente di ottenere piastrine aggreganti in circa 30 minuti 13, 15. Il cangrelor è approvato per i pazienti con SCA sottoposti a PCI, “ naïve” al trattamento con inibitori P2Y1214. Gli antagonisti della GPIIb/IIIa sono l’ abciximab, l’ eptifibatide ed il tirofiban. Il primo è un frammento Fab dell’anticorpo monoclonale chimerico umano-murino diretto contro la IIb/IIIa; l’ eptifibatide è un piccolo eptapeptide ciclico, modellato sulla sequenza Lys-Gly-Asp della proteina attiva (barbourin) nel veleno del serpente a sonagli pigmeo, Sistrurus barbouri. L’eptifibatide si trova nella tasca di legame tra i bracci IIb e IIIa della glicoproteina IIb / IIIa, impedendo così il legame del fibrinogeno e la formazione del trombo. Il tirofiban, un derivato della tirosina, è una molecola non peptidica. La sequenza peptidica ArgGly-Asp nel fibrinogeno e il fattore di von Willebrand riconosciuta da diverse integrine è stata il punto di partenza per il suo design. Oltre ad avere queste differenze strutturali, gli inibitori della GpIIb/IIIa si caratterizzano per la differente farmacocinetica.. L’ abciximab, essendo un anticorpo monoclonale, ha un ingombro sterico maggiore e si lega con un legame covalente al recettore piastrinico GP IIb/IIIa. L’ eptifibatide ed il tirofiban sono molecole più piccole con un minore grado di affinità per il recettore GP IIb/IIIa e, soprattutto, determinano un’inibizione del recettore reversibile, dipendenet dalle concentrazioni ematiche del farmaco 18. Gli antagonisti della GpIIb/IIIa sono indicati unicamente in bailout in pazienti con elevato burden trombotico durante PCI in pazienti con SCA. Pertanto, non ci sono evidenze forti per raccomandare l’uso routinario degli inibitori GP IIb/IIIa in corso di PCI primaria14.
I test di funzione piastrinica Come descritto precedentemente, la terapia anti-piastrinica nei pazienti SCA contempla necessariamente la somministrazione di almeno due farmaci ad azione antiaggregante, rap-
ECM presentati solitamente dall’ acido acetilsalicilico (aspirina) ed un inibitore del recettore cui si lega l’ Adenosindifosfato (ADP) noto come recettore P2Y12. Nonostante questo approccio terapeutico ottimale, è stata rilevata la possibilità che in alcuni pazienti persista un’elevata reattività piastrinica residua, soprattutto nei pazienti in terapia con clopidogrel per i quali sono stati descritti casi di resistenza al farmaco nel 30% dei pazienti, verosimilmente legata a polimorfismi dei citocromi necessari per la trasformazione da profarmaco in farmaco funzionalmente attivo. Il risvolto clinico importante legato alla farmacoresistenza consiste nell’ aumentato rischio di sviluppare infarto miocardico non fatale (IM), trombosi dello stent definita/probabile e mortalità cardiovascolare, osservata in questi pazienti. Pertanto, la valutazione della funzione piastrinica con test di funzionalità piastrinica affidabili e riproducibili potrebbe essere cruciale per identificare tali pazienti, evitando loro eventi trombotici e per prescrivere una terapia antiaggregante ottimale. Dal momento che le piastrine presentano una moltitudine di funzioni, diverse metodologie sono state adottate per studiarle, ma solo alcuni metodiche permettono di testare contemporaneamente diverse vie di attivazione piastrinica. Le diverse modalità di funzionamento dei dispositivi possono basarsi sulla valutazione dell’adesione e dell’ aggregazione piastrinica, sulla presentazione di piastrine in conformazioni particolari, sull’analisi delle proprietà fisiche del coagulo e sulla misurazione dei mediatori piastrinici rilasciati dopo la loro attivazione .
Aggregometria piastrinica a luce trasmessa (LTA) La LTA è ancora oggi considerata il gold standard per la valutazione della funzionalità piastrinica ed è ancora ampiamente utilizzata19. Questo test si basa sulla misurazione della luce trasmessa attraverso un campione otticamente denso di plasma ricco di piastrine (PRP) in cui l’aggregazione piastrinica può essere studiata in risposta ad agonisti piastrinici, come collagene, ADP, trombina, ristocetina, epinefrina e acido arachidonico. Questo test è standardizzato per ogni soggetto perché lo strumento misura il rapporto tra il PRP del paziente (in cui le piastrine causano l’opacità del campione) e il plasma povero di piastrine, PPP, (campione trasparente) mediante un fotometro. In breve, l’aggiunta dell’agonista al PRP provoca la precipitazione di aggregati piastrinici che, a loro volta, determinano variazioni della luce trasmessa, convertite automaticamente in una curva grafica espressione a sua volta del grado di aggregazione piastrinica. L’analisi della curva consente di ottenere informazioni sulla velocità di aggregazione (pendenza della curva), l’estensione massima dell’aggregazione (%) e il tempo di latenza (fase di latenza). Sebbene l’LTA sia ampiamente utilizzato da laboratori specializzati ed è ancora considerato il gold standard per la valutazione della funzionalità piastrinica perché consente di valutare diversi agonisti21-23, questo test ha diverse limitazioni: 1) le piastrine sono separate da altre cellule del sangue; pertanto, l’aggregazione viene valutata in condizioni che non riproducono ciò che accade in vivo in condizioni reali, 2) per indagare su molti agonisti, sono necessari maggiori volumi di sangue dal paziente, 3) occorrono operatori esperti, istruiti per eseguire il test e per ottenere risultati riproducibili, 4) alcune condizioni pre-analitiche (es. tipo di anticoagulante, emolisi o bassa conta piastrinica) e procedurali (es. preparazione del PRP, uso di diverse concentrazioni di agonisti) potrebbero in-
fluenzare i risultati (Tabella 2). In linea generale, quando si devono studiare sanguinamenti dovuti a disturbi piastrinici e la risposta alla terapia antipiastrinica si utilizza LTA24. In pazienti con sospetta alterazione piastrinica, LTA valuta il legame del fibrinogeno alle GpIIb/IIIa e il legame del vWF al complesso glicoproteico Ib/IX/V. Gli agonisti comunemente usati per studiare il legame del fibrinogeno alle GpIIb/IIIa comprendono ADP, collagene, acido arachidonico, analoghi del trombossano ed epinefrina25. L’LTA con l’antibiotico ristocetina aiuta a studiare il legame del VWF al complesso glicoproteico Ib/IX/V. L’aggregazione piastrinica indotta da ristocetina è un test in grado di rilevare sia la malattia di von Willebrand (utile nel monitoraggio del suo trattamento) sia alcune disfunzioni piastriniche, come la sindrome di Bernard-Soulier 26. La risposta alla terapia antipiastrinica ed, in particolare, agli inibitori del recettore P2Y12 rappresenta un’altra utile applicazione clinica dell’LTA finalizzata a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) in pazienti ad alto rischio cardiovascolare. In particolare, l’LTA è utile per identificare quei pazienti che mostrano un’elevata reattività piastrinica persistente in risposta all’ADP nonostante la terapia antipiastrinica e che sono ad alto rischio ischemico, al fine di personalizzare la terapia antipiastrinica27,28.
Aggregometria su sangue intero Questo test misura l’aggregazione piastrinica valutando il cambiamento di impedenza su 2 elettrodi immersi in una soluzione di sangue intero. Le piastrine attivate da stimoli come l’ ADP o il peptide analogo della trombina (TRAP) si legano mediante i loro recettori di superficie ai 2 elettrodi posti nel campione di sangue intero. L’ incremento del numero di piastrine adeso agli elettrodi determina la riduzione dell’intensità della corrente, con aumento dell’impedenza che viene espressa in Ohm 29. L’aggregometria su sangue intero riproduce condizioni più fisiologiche rispetto al LTA presentando, inoltre, il vantaggio di richiedere volumi di sangue inferiori rispetto all’LTA e non richiedendo la necessità di manipolare le piastrine con centrifugazioni ripetute necessarie per ottenere il PRP nella LTA. Tuttavia, diversi fattori, come l’ematocrito, la conta piastrinica, la presenza di terapia anticoagulante ed il ritardo che intercorre tra la raccolta del campione ematico ed ed il test di funzionalità piastrinica potrebbero interferire con i risultati finali 31. L’aggregometria su sangue intero può essere eseguita utilizzando l’aggregometro con elettrodi multipli (MEA) 32 o il Multiplate analyzer (Dynabyte - Roche Diagnostics, Mannheim, Germania)33. Quest’ultimo è uno strumento computerizzato a cinque canali in cui l’aggregazione piastrinica viene simultaneamente misurata in duplicato utilizzando diversi sensori contemporaneamente ed esprimendo i risultati come area sotto la curva (AUC). L’ analisi della reattività piastrinica su sangue intero viene effettuata utilizzando diversi agonisti consentendo di ottenere informazioni utili sia per la diagnosi di diatesi emorragica che per il monitoraggio delle terapie antipiastriniche individuando i paienti in cui residua un’elevata reattività piastrinica. È importante sottolineare che questi strumenti hanno permesso sia di identificare i pazienti con problematiche cardiovascolari che non rispondono agli agenti antipiastrinici e a rischio di MACE, sia di distinguere quei pazienti sottoposti ad un’elevata inibizione della funzione piastrinica e a rischio di sanguinamento. QueIl Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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ECM sti strumenti sono molto facili da usare poiché dispongono di cuvette monouso, di 2 unità sensore indipendenti, di pipettaggio automatizzato e di agonisti e diluenti pronti all’uso. Pertanto possono consentire una rapida valutazione della funzionalità piastrinica senza la necessità di un laboratorio specializzato, bensì bastano conoscenze tecniche e una formazione minima per eseguirli accuratamente31.
Verify Now Questo strumento misura l’aggregazione piastrinica su sangue intero mediante un rilevamento ottico a base turbidimetrica e utilizzando una cartuccia precaricata contenente microsfere rivestite con fibrinogeno e agonisti piastrinici. Esso si basa sul principio secondo cui le piastrine attivate legano il fibrinogeno. In particolare, sfere di polistirene rivestite con fibrinogeno vengono aggiunte a campioni di sangue intero insieme ad agonisti come acido arachidonico, ADP, prostaglandina E1 o peptide attivante il recettore della trombina (TRAP). Gli agonisti attivano le piastrine che, a loro volta, esprimono in superficie molecole di GpIIb/IIIa che legano il fibrinogeno presente sulle sfere ed infine formano aggregati. Il segnale ottico nel sangue intero aumenta quando le piastrine attivate si aggregano al fibrinogeno che riveste le sfere34. Il VerifyNow è vantaggioso rispetto ad altri test in quanto non richiede manipolazione del sangue e utilizza cartucce precaricate con i singoli ragenti. In origine il VerifyNow è stato utilizzato per verificare l’effetto inibitorio degli antagonisti piastrinici delle GPIIb/IIIa nei pazienti trattati con PCI. Oggi, questo strumento può essere utilizzato per valutare la resistenza all’aspirina o agli inibitori P2Y12 35, 36. Per studiare la resistenza all’aspirina, viene utilizzato come agonista l’acido arachidonico e i risultati sono espressi come unità di reazione all’aspirina (ARU); per studiare, invece, la resistenza agli inibitori P2Y12 si utilizza ADP come agonista, PGE1 come inibitore dei livelli di calcio libero intracellulare al fine di evitare l’influenza non specifica del legame ADP con P2Y1 e i risultati sono espressi come unità di reazione P2Y12 (PRU). Ad oggi, il sistema VerifyNow è ampiamente utilizzato nei pazienti in terapia antipiastrinica con l’intento di prevedere un’emorragia post-operatoria ed è raccomandato dai documenti di consenso come strumento per i clinici per prevedere eventi trombotici e/o sanguinamenti nei pazienti sottoposti a DAPT 37.
PFA-100 e PFA-200 Questi due test studiano la funzionalità piastrinica basandosi sul principio che lo “shear stress” ha un ruolo nel favorire il processo di aggregazione piastrinica. Essi valutano la funzione piastrinica su campioni di sangue intero usando cartucce pre-preparate con diversi agonisti: 1) cartucce di collagene e ADP (C-ADP),
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2) collagene più epinefrina (C-EPI) e, 3) cartucce di ADP e PGE1 integrate con calcio (C-INNOVANCE). In breve, il sangue intero prelevato in citrato viene aspirato, simulando una condizione di elevato shear stress, attraverso un capillare (la cartuccia) che termina con una membrana rivestita di collagene, sulla quale è presente un’apertura microscopica del diametro di 147 μm, riempita con ADP o EPI. Si verifica quindi una condizione caratterizzata da elevato shear-stress associato ad uno stimolo biochimico in cui l’aggregazione piastrinica viene favorita. Il tempo necessario ad ottenere la chiusura dell’apertura di ogni singola cartuccia viene definito “tempo di chiusura (TC)” e misura l’emostasi piastrinica complessiva. Questo test è molto semplice e rapido da eseguire e richiede piccoli volumi di sangue in citrato38.Inoltre, l’uso di diverse cartucce consente di identificare difetti intrinseci piastrinici, come mutazioni del vWF, la sindrome di Bernard-Soulier o la tromboastenia di Glanzmann, che sono indicati da un TC prolungato valutato con cartucce C-ADP o C-EPI mentre per valutare gli effetti dovuti alla terapia antipiastrinica con ASA, viene utilizzata la cartuccia C-EPI. Al contrario, le cartucce INNOVANCE sembrano essere utili per valutare i difetti congeniti di P2Y12 e per monitorare la terapia antipiastrinica con gli inibitori del P2Y12. Nonostante queste caratteristiche favorevoli, tale test presenta alcune limitazioni in quanto potrebbe essere influenzato da diverse variabili, quali: un basso numero di piastrine, un basso valore dell’ematocrito che sono spesso osservabili in pazienti con disturbi piastrinici e che prolungano il TC. Al contrario, livelli elevati di fibrinogeno, di vWF o di globuli rossi accorciano il TC. Diversi studi hanno valutato il ruolo di PFA-100 nel monitoraggio della terapia antipiastrinica con aspirina, concludendo che è ancora prematuro utilizzare questo test per valutare un paziente come aspirina- responder, non reattivo o resistente. Tuttavia, nei pazienti con infarto del miocardio sottoposti a PCI, un TC accorciato sembra possa prevedere il rischio di sviluppare un futuro evento cardiovascolare39 (Tabella 1)
ECM un coagulo di fibrina aggiungendo reptilase e il fattore XIIIa. Per valutare il ruolo svolto dall’aggregazione piastrinica nella formazione del coagulo, vengono aggiunti alla reazione ADP o Acido Arachidonico. Pertanto, l’effetto della terapia con aspirina o tienopiridine viene valutato confrontando la curva del test attivata da caolino rispetto alla curva ottenuta utilizzando come stimoli acido arachidonico o ADP42,43.
Misurazione dei metaboliti del TXA2
Citofluorimetria In questa metodica le piastrine sono marcate con anticorpi monoclonali fluorescenti in grado di legare antigeni specifici espressi sulla superficie piastrinica. In breve, un campione di sangue intero con contenente piastrine marcate viene analizzato utilizzando una camera di flusso in cui un raggio laser focalizzato attiva l’anticorpo monoclonale fluorescente convertendolo ad uno stato di energia superiore. Quando il fluorocromo ritorna ad uno stato di riposo, con un livello di energia inferiore, emette energia luminosa con una lunghezza d’onda specifica che viene rilevata dallo strumento. Questa tecnica ha il vantaggio di utilizzare come campioni, piccoli volumi di sangue intero, ma richiede operatori specializzati e strumenti costosi9,40,41. Solitamente l’aggregazione piastrinica viene valutata misurando i livelli di espressione di P-selectina indice del processo di degranulazione delle piastrine, oppure misurando la formazione degli aggregati leucocitario-piastrinici e l’attivazione della GpIIb/IIIa. La citometria a flusso può essere utilizzata, inoltre, per studiare la terapia antipiastrinica con tienopiridine perché consente di misurare i livelli di fosforilazione della fosfoproteina nota come VASP. In condizioni fisiologiche, infatti, il legame della PGE1 sulla superficie piastrinica attiva una via intracellulare che aumentando i livelli di AMP ciclico e della proteina chinasi A, provoca la fosforilazione di VASP inibendo l’aggregazione piastrinica. L’ADP, attraverso il legame con il suo recettore P2Y12, attiva una proteina inibitoria che contrasta l’effetto della fosforilazione VASP indotta da PGE1. Pertanto, i livelli intracellulari della forma fosforilata di VASP potrebbero essere considerati un indicatore dell’inibizione del P2Y12 da parte della tienopiridina9.
Tromboelastografia (TEG) La tromboelasografia è stata a lungo utilizzata per studiare i meccanismi dell’emostasi, inclusa la funzione delle piastrine. Questa metodica valuta inizialmente l’attività emostatica massima utilizzando come stimolo il caolino. Quindi, viene prodotto
La misurazione dei metaboliti del TXA2 nel siero e nelle urine fornisce informazioni sull’attivazione delle piastrine. Quando viene attivata la piastrina, il TXA2 viene prodotto dall’acido arachidonico attraverso la fosfolipasi A2, l’endoperidasi e la cicloossigenasi-1. Il TXA2 induce l’attivazione piastrinica, la vasocostrizione e accelera il processo di emostasi. Quindi il TXA2 viene convertito spontaneamente in TXB2, un prodotto biologicamente inattivo che viene escreto, in piccola quantità, nelle urine; la maggior parte viene convertita in due principali metaboliti: 2,3-dinor-TXB2 e in 11-deidro-TXB2 mediante β-ossidazione e disidratazione, rispettivamente che circolano nel plasma e vengono escreti nelle urine 9,44. Poiché l’aspirina inibisce la COX-1, induce una produzione inferiore di metaboliti del TXA2. Pertanto, i livelli dei metaboliti del TXA2 nel plasma riflettono il grado di attivazione piastrinica e possono essere valutati con diversi metodi, quali: i test radioimmunologici (RIA), i test immunoradiometrici (IRMA), i test immunoenzimatici (ELISA) che sono, oggi, i saggi più comunemente utilizzati 4547. È stato proposto che questo test potrebbe essere utile per valutare quei pazienti caratterizzati da bassa risposta” o “resistenti all’ASA”, al fine di prevedere il rischio di MACE dopo un SCA48.
Volume piastrinico medio (MPV) L’MPV riflette la dimensione media delle piastrine nel sangue. Le piastrine attivate, così come le piastrine più giovani e più attive, hanno un MPV maggiore49. Pertanto, il MPV rappresenta un modo semplice per misurare l’attivazione piastrinica e potrebbe essere considerato un indicatore del rischio di eventi trombotici futuri 50. Diversi studi, includendo anche pazienti in DAPT con clopidogrel, hanno studiato la relazione tra resistenza a clopidogrel e MPV, indicando che le dimensioni medie delle piastrine potrebbero essere utili nell’identificazione di quei pazienti con resistenza a clopidogrel e ad alto rischio di sviluppare eventi cardiovascolari 51-53. I valori di MPV sono, generalmente, forniti come parte dell’emocromo completo e sono derivati dalla divisione del piastrinocrito dalla conta piastrinica totale. Tuttavia, il MPV può essere influenzato da diversi fattori come il sesso e l’età: valori più alti di MPV sono stati dimostrati nelle donne, mentre il MPV diminuisce negli anziani. Inoltre, come altre variabili potenziali54 sono stati descritti fattori analitici Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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ECM come il tipo di anticoagulante utilizzato, il tempo che intercorre tra l’ottenimento di un campione di sangue e la sua analisi e il tipo di analizzatore utilizzato.
I test di funzionalità piastrinica e la pratica clinica E’ stato ipotizzato che i test di funzionalità piastrinica potessero essere utili nell’impostare una corretta ed efficace terapia antipiastrinica, focalizzandosi soprattutto su quei pazienti con elevata reattività piastrinica residua. Tuttavia, la maggiore parte degli studi finalizzati a valutare l’impatto di tali test sugli Tabella 1. Vantaggi e svantaggi dei metodi attualmente in outcomes clinici non uso per studiare la funzione piastrinica. sono riusciti a dimostrare alcun significativo beneficio clinico sull’utilizzo routinario di tali test nel monitoraggio della terapia antipiastrinica soprattutto nei pazienti trattati con rivascolarizzazione miocardica mediante impianto di stent 55-58. Lo studio GRAVITAS (Gauging Responsiveness with a VerifyNow Assay-Impact on Thrombosis and Safety) è stato uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, in cui la funzionalità piastrinica è stata valutata utilizzando il test VerifyNow 12-24 h dopo PCI. I pazienti per i quali VerifyNow ha mostrato elevata reattività piastrinica residua durante il trattamento sono stati assegnati in modo casuale, con un rapporto 1:1, ad un regime di dose elevata (bolo 600 mg e 150 mg al giorno) o dose standard (dose di carico da 300 mg e 75 mg al giorno) di clopidogrel. Sebbene i pazienti che, nonostante terapia, avessero ancora un’elevata reattività piastrinica (identificata da VerifyNow) siano stati trattati con clopidogrel ad alte dosi per 6 mesi, non sono state riscontrate differenze significative in termini di endpoint primari (composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale e trombosi dello stent) e di sanguinamento moderato / grave rispetto ai pazienti trattati con clopidogrel a dose standard55. Lo studio TRIGGER-PCI (Testing Platelet Reactivity In Patients Undergoing Elective Stent Placement on Clopidogrel to Guide Alternative Therapy With Prasugrel) ha studiato l’efficacia, la sicurezza e l’effetto antipiastrinico di prasugrel rispetto a clopidogrel in pazienti con angina stabile e alta reattività piastrinica residua durante il trattamento dopo PCI d’elezione. In questo studio, tutti i pazienti sono stati trattati con clopidogrel 600 mg seguito da 75 mg / die. La funzione piastrinica
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è stata valutata da VerifyNow e i pazienti con elevata reattività piastrinica durante il trattamento sono stati assegnati in modo casuale a prasugrel o clopidogrel. Sono state programmate visite cliniche di follow-up dopo 90 e 180 giorni; durante tali visite sono state eseguite le valutazioni della reattività piastrinica. Sebbene il passaggio da clopidogrel a prasugrel abbia ridotto significativamente l’aggregazione piastrinica, l’utilità clinica di questa strategia non è stata dimostrata principalmente a causa del basso tasso di eventi avversi dopo PCI elettiva, in pazienti stabili56. Nello studio ARCTIC (The Assessment by a Double Randomization of a ConTabella 2. Panoramica sui principali studi clinici condotti ventional Anticon test per valutare la funzionalità piastrinica. platelet Strategy versus a Monitoring-guided Strategy for Drug-Eluting Stent Implantation and of Treatment Interruption versus Continuation One Year after Stenting), 2440 pazienti programmati per l’impianto di stent coronarico sono stati valutati mediante VerifyNow per osservare, sotto trattamento, la reattività piastrinica residua in seguito alla terapia standard con clopidogrel. I soggetti con elevata reattività piastrinica hanno ricevuto un bolo aggiuntivo di clopidogrel o prasugrel. Tuttavia, non è stata osservata una differenza significativa tra i 2 gruppi in termini di qualsiasi causa di morte, infarto del miocardio, trombosi dello stent, ictus e necessità di rivascolarizzazione urgente entro 1 anno57. Lo studio ANTARTIC (Assessment of a Normal Versus Tailored Dose of Prasugrel After Stenting in Patients Aged >75 Years to Reduce the Composite of Bleeding, Stent Thrombosis and Ischemic Complications) ha mostrato che
ECM il monitoraggio della funzione piastrinica e l’individuazione della terapia antipiastrinica non migliorano i risultati per gli anziani affetti da SCA e per i pazienti sottoposti a PCI58. Sebbene le linee guida europee e americane non raccomandino l’uso routinario dei test di funzionalità piastrinica per valutare la terapia antipiastrinica, viene data una raccomandazione di classe IIb per situazioni potenzialmente ad alto rischio, come la de-escalation del trattamento con inibitori del P2Y12 (passare da prasugrel o ticagrelor a clopidogrel ), in particolare per i pazienti con SCA, ritenuti inadatti per una potente inibizione piastrinica di 12 mesi e guidando la decisione sulla tempistica della cardiochirurgia in pazienti che hanno recentemente assunto inibitori di P2Y1259-61. In questo contesto clinico, lo studio TROPICAL-ACS (The Testing Responsivity to Inhibition Platelet On Chronic Antiplatelet Treatment For Acute Coronary Syndromes), uno studio randomizzato in open, ha studiato la terapia antiaggregante con de-escalation guidata nei pazienti con SCA trattati con PCI. La funzionalità piastrinica è stata valutata mediante aggregometria ad elettrodi multipli in pazienti trattati con prasugrel e passati a clopidogrel. I pazienti con elevata reattività piastrinica residua nonostante il trattamento sono stati riportati al prasugrel mentre coloro i quali non avevano elevata reattività piastrinica hanno continuato con clopidogrel. Lo studio ha evidenziato che la riduzione del trattamento antipiastrinico mediante test di funzionalità piastrinica non è inferiore al trattamento standard con prasugrel ad 1 anno dopo PCI, in termini di beneficio clinico netto62. Pertanto, la de-escalation guidata della DAPT potrebbe essere considerata una strategia alternativa nei pazienti con SCA ritenuti inadatti per una potente inibizione piastrinica sostenuta, per qualsiasi motivo medico o di altro tipo. In conclusione, la biologia piastrinica e il ruolo fisiopatologico delle piastrine nelle SCA e nella trombosi dello stent sono stati ampiamente descritti. Pertanto, sono stati studiati diversi farmaci in grado di inibire l’aggregazione piastrinica con impatto significativamente positivo sulla storia clinica dei pazienti SCA o dei pazienti stabili trattati con PCI. Tuttavia, questi risultati positivi sono stati resi vani in quei pazienti in cui è stata osservata una persistente elevata reattività piastrinica specialmente nei pazienti in terapia con aspirina più clopidogrel. Questi pazienti hanno presentato un aumentato rischio di infarto miocardico non fatale, trombosi dello stent e mortalità cardiovascolare. Di conseguenza, la valutazione della funzione piastrinica con test di funzionalità piastrinica affidabili e riproducibili potrebbe essere cruciale per identificare tali pazienti ed evitare eventi trombotici prescrivendo una terapia antipiastrinica ottimale. Sfortunatamente, il test perfetto per valutare la funzionalità piastrinica è ancora “in costruzione”. L’aggregazione piastrinica in vivo è un fenomeno complesso che coinvolge diversi fattori. Pertanto, la riproduzione ex vivo della funzione piastrinica sembra essere quasi impossibile. Ad oggi, i test disponibili possono aiutare ad esplorare l’aggregazione piastrinica da diversi aspetti, aiutando la decisione del clinico nello scegliere la migliore terapia emostatica per il paziente selezionato. Si rendono comunque necessari ulteriori studi ed ulteriori test fisiologici per realizzare uno strumento tale da poter essere utile nella pratica clinica.
Elenco delle abbreviazioni
5HT = Serotonina AA = acido arachidonico ACS = Sindromi coronariche acute ADP = Adenosina Di-fosfato ANTARTIC = Valutazione di una normale dose di Prasugrel rispetto ad una dose su misura, dopo l’impianto di stent, in pazienti di età > 75 per ridurre eventi di sanguinamento, Trombosi dello stent e complicazione ischemiche ARCTIC = Doppia randomizzazione del monitoraggio di un trattamento antipiastrinico adattato rispetto ad un trattamento antipiastrinico standard per impianto DES e Interruzione rispetto alla continuazione della doppia terapia antipiastrinica ARU = Unità di reazione all’aspirina AUC = Area sotto curva CADP = Collagene e ADP cAMP = Adenosina Monofosfato Ciclica CEPI = Collagen + Epinefrina COX-1 = Cicloossigenasi-1 CT = tempo di chiusura CYP450 = Citocromo P450 DAG = diacilglicerolo DAPT = Terapia antipiastrinica doppia ELISA = immunodosaggi enzimatici GP = Glicoproteina GRAVITAS = Guaging Responsiveness with a VerifyNow Assay-Impact on Trombosis and Safety IP3 = trisfosfato di inositolo IRMA = Saggi immunoradiometrici LTA = Aggregometria piastrinica a luce trasmessa MACE = principali eventi cardiovascolari MEA = Aggregometria a elettrodi multipli MI = infarto del miocardio MPV = volume piastrinico medio OPCABG = Off-pump Coronary Artery Bypass Graft P-VASP = Vasodilatatore fosforilato- Fosfoproteina stimolata PAR = Recettore attivato dalla proteasi 1 PCI = intervento coronarico percutaneo PG = Prostaglandine PLA2 = Fosfolipasi A2 PLCβ = fosfolipasi Cβ PLCγ = fosfolipasi Cγ PPP = Plasma povero di piastrine PRP = plasma ricco di piastrine PRU = Unità di reazione di P2Y12 RIA = dosaggio radioimmunologico TEG = Tromboelastografia TF = tissue Factor TRAP = Recettore della trombina attivatore del peptide TRIGGER-PCI = Testing Platelet Reactivity In Patients Undergoing Elective Stent Placement on Clopidogrel to Guide Alternative Therapy With Prasugrel TROPICAL-ACS = The Testing Responsiveness To Platelet Inhibition On Chronic Antiplatelet Treatment For Acute Coronary Syndromes TxA2 = Trombossano A2 TxB2 = Trombossano B2 VASP = vasodilatatore – fosfoproteina stimolati vWf = fattore di Willebrand Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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CONTATTI
Informazioni per gli iscritti Si informano gli iscritti che gli uffici dell’Ordine Nazionale dei Biologi forniranno informazioni telefoniche di carattere generale nei seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle ore 13:30 e dal lunedì al giovedì dalle ore 14:30 alle ore 17:00. Saranno invece aperti al pubblico dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle ore 13:30. Tutte le comunicazioni dovranno pervenire tramite posta (presso Ordine Nazionale dei Biologi, via Icilio 7, 00153 Roma) o tramite posta elettronica, all’indirizzo protocollo@peconb.it, indicando nell’oggetto l’ufficio a cui la comunicazione è destinata. È possibile recarsi presso gli uffici dell’ONB per richiedere documenti o informazioni. Per tutte le richieste, quali certificati di iscrizione, domande di cancellazione o iscrizione, passaggi albo/elenco e informazioni sullo stato dei propri pagamenti è necessario rivolgersi agli uffici della Sede Operativa, in via della Piramide Cestia 1/c.
CONSIGLIO DELL’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI Vincenzo D’Anna – Presidente E-mail: presidenza@peconb.it Pietro Miraglia – Vicepresidente E-mail: analisidelta@gmail.com Pietro Sapia – Consigliere Tesoriere E-mail: p.sapia@onb.it Duilio Lamberti – Consigliere Segretario E-mail: d.lamberti@onb.it Gennaro Breglia E-mail: g.breglia@onb.it Claudia Dello Iacovo E-mail: c.delloiacovo@onb.it Stefania Papa E-mail: s.papa@onb.it
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Franco Scicchitano E-mail: f.scicchitano@onb.it Alberto Spanò E-mail: a.spano@onb.it CONSIGLIO NAZIONALE DEI BIOLOGI Erminio Torresani – Presidente Maurizio Durini – Vicepresidente Raffaele Aiello – Consigliere Tesoriere Immacolata Di Biase – Consigliere Segretario Sara Botti Laurie Lynn Carelli Vincenzo Cosimato Giuseppe Crescente Paolo Francesco Davassi Luigi Grillo Stefania Inguscio Andrea Iuliano Federico Li Causi Andrea Morello Marco Rufolo Il Giornale dei Biologi | Ottobre 2019
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LA VALUTAZIONE AMBIENTALE:
INTRODUZIONE A PROCEDURE E STRUMENTI
Roma, 13 dicembre 2019 Centro di formazione dell’Onb viale della Piramide Cestia
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