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TUMORE ALLA MAMMELLA NEGLI UOMINI, ANCORA DEI TABÙ DA INFRANGERE
Scarsi gli studi e la ricerca, ma la rarità della neoplasia non deve far sottovalutare i rischi delle diagnosi tardive e l’impatto che le terapie hanno sulla qualità della vita
Un gender gap al contrario. Sul tumore alla mammella negli uomini gli studi in letteratura sono ancora molto pochi. Complice è sicuramente la bassissima incidenza del tumore, pari a circa l’1% sulla totalità dei casi nel mondo, ma a giocare un ruolo è anche la scarsa sensibilità al tema nella popolazione e nella comunità scientifica. Negli ultimi anni, sono stati raccolti alcuni dati prospettici sulla neoplasia nei maschi, ma la maggior parte proviene da analisi retrospettive e, in nessun caso, da studi randomizzati.
Anche per questo, le strategie di trattamento sono state tratte finora dall’esperienza acquisita nella ricerca e nella clinica focalizzate sulle donne. In base ai dati a disposizione, oggi il tumore al seno nei maschi giunge nella terza età, nella fascia fra i 60-75 anni, e la diagnosi arriva nel 42% dei casi tardivamente, cioè quando il tumore è allo stadio terzo o quarto. Ciò comporta maggiori comorbidità e una minore aspettativa di vita. Ma non solo. È ancora molto limitata l’attenzione verso tutti gli aspetti della vita del paziente, che viene sconvolta dalla diagnosi oncologica. I lavori sulle conseguenze delle cure farmacologiche, che vanno ad impattare sulla qualità e sul benessere delle persone, come ad esempio gli effetti negativi della terapia endocrina sul funzionamento sessuale, sono poco frequenti nelle donne e per lo più rari nel caso degli uomini.
L’articolo più recente è del 2021, pubblicato sulla rivista Jama oncology. Si tratta di un lavoro importante, poiché è uno dei primissimi studi prospettici, randomizzati e multicentrici di fase 2 riguardo all’efficacia della terapia endocrina per il trattamento del tipo di tumore nella popolazione maschile. Condotto da un team tedesco, fra i quali i ricercatori dell’Università di Berlino, lo studio ha valutato 56 pazienti di sesso maschile con carcinoma mammario positivo al recettore ormonale. I pazienti hanno ricevuto il trattamento farmacologico a base di tamoxifene da solo oppure in aggiunta all’analogo dell’ormone per il rilascio delle gonadotropine (GnRHa) o infine l’inibitore dell’aromatasi insieme a GnRHa, per sei mesi.
I risultati hanno rilevato che il trattamento con il solo tamoxifene fosse quello con minore impatto sull’attività sessuale e qualità della vita dei pazienti. «Dallo studio, emerge che il tamoxifene somministrato in monoterapia, essendo un agonista/agonista del recettore degli estrogeni, non impatta sui livelli di testosterone ed estradiolo, ma non ha conseguenze sul benessere sessuale e sulla qualità di vita dei pazienti. L’associazione del GnRHa sia con tamoxifene e in maggior misura con inibitori dell’aromatasi, determina invece una significativa riduzione dell’estradiolo e testosterone, impattando tuttavia significativamente sull’attività sessuale e sulla qualità della vita dei pazienti», commenta il dottor Armando Orlandi, onco- logo dell’unità di Oncologia Medica presso la Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” Irccs di Roma.
«Nel setting adiuvante, dunque, lo studio conferma che la monoterapia ormonale con tamoxifene, già nota per essere la terapia d’elezione per efficacia, è anche la terapia con migliore profilo di tolleranza – continua Ordlandi –. Nel setting metastatico, ovvero quando la malattia è presente in altre sedi oltre alla ghiandola mammaria, in caso di malattia luminale (ormono-positiva/HER2 negativa) si può far riferimento, per impostare il trattamento sistemico di prima linea, principalmente ai dati prospettici nella popolazione femminile ed a piccole esperienze di real-word nell’uomo. La somministrazione di farmaci inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti (CDK 4/6i) associati a terapia ormonale con inibitori dell’aromatasi associati a GnRHa rappresentano la scelta d’elezione».
Lo scorso anno, nelle linee guida europee oncologiche è emersa l’importanza di integrare la pratica clinica con i Patient-Reported Outcome (PRO), cioè questionari sulla qualità della vita del paziente. «In particolare – continua – l’impatto delle terapie oncologiche sistemiche sulla sessualità dell’uomo non è mai stata adeguatamente valutata in modo prospettico. Molto andrebbe fatto, invece, nella nostra pratica clinica per questa classe di pazienti che vive lo stigma di un tumore generalmente femminile e riceve poca attenzione da parte della ricerca e della comunità scientifica. Oggi abbiamo strumenti agevoli, come i questionari sulla disfunzione erettile (International index of erectile function).
In base ai dati a disposizione, oggi il tumore al seno nei maschi giunge nella terza età, nella fascia fra i 60-75 anni, e la diagnosi arriva nel 42% dei casi tardivamente, cioè quando il tumore è allo stadio terzo o quarto. Ciò comporta maggiori comorbidità e una minore aspettativa di vita.
L’utilizzo di strumenti indiscutibilmente utili come i PROs è tuttavia spesso limitato dalla necessità di tempo per acquisirne l’esito che ne ostacola l’utilizzo capillare nei nostri ambulatori. Alla luce della necessità di prendersi cura della qualità di vita dei nostri pazienti andrebbero rivisti i percorsi terapeutici nei centri oncologici, integrandoli con l’innovazione e l’evoluzione informatica che consentirebbe di rendere più utilizzabili i PROs. Solo l’organizzazione informatica del nuovo flusso di informazioni consentirebbe di integrare ulteriori informazioni, senza ridurre il tempo da dedicare al supporto clinico».
Lo studio ha consentito di definire in modo molto dettagliato i diversi tipi di cellule e stati cellulari presenti nelle diverse aree del seno grazie a varie tecnologie impiegate. Uno strumento che potrà essere estremamente utile per tutti coloro che studiano il cancro al seno e altre malattie, come la mastite, nonché per comprendere lo sviluppo del seno e l’incapacità di allattare.
Èstato completato il più grande atlante delle cellule della mammella. Un progetto durato sette anni. Lo studio si basa sull’analisi di oltre 700mila cellule provenienti da 126 donne e fornisce una panoramica dettagliata del tessuto mammario sano, mettendo in luce le differenze legate all’etnia, al peso corporeo, all’età, alla gravidanza e alla menopausa. La pubblicazione di questa ricerca, di fondamentale importanza nello studio delle malattie che colpiscono il seno, compresi i tumori, è stata pubblicata sulla rivista Nature e realizzata grazie alla collaborazione tra l’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, l’Università della California a Irvine e il Baylor College of Medicine di Houston.
Lo studio ha consentito di definire in modo molto dettagliato i diversi tipi di cellule e stati cellulari presenti nelle diverse aree del seno grazie a varie tecnologie impiegate. Uno strumento che potrà essere estremamente utile per tutti coloro che studiano il cancro al seno e altre malattie, come la mastite, nonché per comprendere lo sviluppo del seno e l’incapacità di allattare.
Sono state identificate 12 principali cluster di cellule, tra cui tre tipi di cellule epiteliali, cellule linfatiche e vascolari, linfociti B e T natural killer (NK), cellule mieloidi, adipociti e fibroblasti. Un risultato stupefacente emerso dalla ricerca è che il 17% delle cellule presenti nel tessuto mammario sano è di tipo immunitario. Inoltre, i ricercatori hanno notato una significativa presenza di cellule perivascolari (7,4%), comprese i periciti, che svolgono una funzione contrattile e regolano il flusso di sangue dai capillari ai tessuti, e le cellule muscolari lisce dei vasi, che regolano la contrazione delle arterie. L’anatomia e l’istopatologia del seno umano sono state oggetto di studio per molti decenni, fornendo approfondimenti sullo sviluppo, l’allattamento e le malattie associate. Più recentemente, i tessuti mammari normali sono stati analizzati utilizzando metodi molecolari e genomici, concentrandosi principalmente sulle cellule epiteliali. Tuttavia, fino ad oggi, è mancata un’analisi completa e imparziale di tutti i tipi di cellule e dei loro sottotipi biologici.
Nel contesto del progetto Human Breast Cell Atlas (HBCA), è stato condotto uno studio mirato a creare un riferimento completo dei tipi di cellule e degli stati cellulari presenti nei tessuti del seno umano adulto, utilizzando tecniche genomiche a singola cellula e spaziali, che ha permesso di esaminare l’RNA e la composizione proteica dei campioni, permettendo di capire dove risiedono i diversi tipi di cellule. Sono state identificati oltre 60 stati cellulari biologici. Questi tipi e stati cellulari sono organizzati in quattro principali aree della mammella: duttale, lobulare, adiposa e connettivale.
L’analisi condotta ha rivelato la presenza di numerose popolazioni di periciti, cellule endoteliali e cellule immunitarie nel seno normale, nonché una notevole diversità di stati cellulari epiteliali luminali. È stato scoperto un ecosistema ricco di cellule immunitarie residenti nei dotti e nei lobuli, oltre a evidenziare differenze distinte negli stati cellulari epiteliali tra le regioni duttali che trasportano il latte e le lobulari, produttrici di latte. Un dato importante emerso è che le donne afroamericane vengono colpite da sottotipi aggressivi di carcinoma mammario, come il triplo negativo e il carcinoma mammario infiammatorio. Studio futuri potrebbero evidenziare potenziali marcatori utili per predire l’eventuale insorgenza di una neoplasia. L’insieme di questi dati fornisce un punto di riferimento senza precedenti per lo studio della biologia mammaria e delle condizioni patologiche. Tutti i dati a livello di singola cellula e spaziali, ottenuti da questo progetto, sono accessibili tramite i portali di dati appositamente creati in modalità open access. Inoltre, sono stati sviluppati protocolli ottimizzati per la dissociazione dei tessuti e codici di analisi dei dati che possono essere scaricati gratuitamente.
La ricerca HBCA (Human Breast Cell Atlas) fa parte di un progetto più ampio: Human Cell Atlas (HCA), finanziato da Chan-Zuckerberg, il National Cancer Institute. Oltre al progetto HBCA, sono in corso numerosi altri progetti che si concentrano sull’atlante del seno umano, ognuno dei quali si concentra su diverse aree di ricerca. I ricercatori coinvolti in questi progetti sono fieri di contribuire a questa iniziativa che mira a migliorare la comprensione delle cellule umane e delle loro interazioni in diversi contesti. L’obiettivo dell’HCA è quello di creare una mappa completa di tutte le cellule umane, consentendo una migliore comprensione della biologia cellulare, aprendo nuove opportunità per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento di malattie.
Secondo gli autori, è necessario condurre ulteriori studi per ampliare le conoscenze e poter predire il rischio di sviluppare neoplasie mammarie.