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CUORE, LA DIAGNOSI PRECOCE SALVA LE VITE COSÌ COME PER I TUMORI
I risultati del primo screening cardiologico per le patologie valvolari mai realizzato nel Paese mostrano come la prevalenza sia tre volte più alta rispetto a quella stimata finora
Lo screening per le malattie cardiovascolari potrebbe salvare migliaia di vite se fosse maggiormente diffuso, proprio come avviene già per alcuni tipi di tumori. A dare il quadro della situazione in Italia, è il primo screening cardiologico per le patologie valvolari mai realizzato nel Paese, condotto dalla Società italiana di cardiologia geriatrica (Sicge), nell’ambito dello studio Prevasc, che stima la prevalenza e la gravità di cardiopatie nella popolazione anziana e l’identificazione precoce di problemi cardiaci. Ad oggi, in Italia le patologie del cuore rappresentano la prima causa di morte, con oltre 230mila casi l’anno, e sono responsabili del 35% di tutti i decessi. Senza dimenticare poi l’impatto economico significativo, con costi sanitari diretti tra gli 11 e i 16 miliardi di euro e costi indiretti che raggiungono i 5-8 miliardi di euro.
Avviato nel maggio del 2022, lo studio Prevasc ha coinvolto circa 1200 over 65, residenti in dieci “borghi del cuore”, piccoli comuni con meno di 3mila abitanti, che sono stati sottoposti a visite cardiologiche gratuite, elettrocardiogrammi ed ecocardiogrammi per valutare lo stato di salute cardiaca. «Dai dati raccolti nell’indagine conclusa a maggio, si osserva una prevalenza di circa il 30% di patologie valvolari nelle forme lieve e moderata, tre volte più alta rispetto a quella stimata fino ad oggi del 10-12%, con un’alta percentuale di ipertesi (83%), diabetici (19%) e dislipide- mici (56%)», commenta Niccolò Marchionni, presidente della Sicge. «Tutte nuove diagnosi – prosegue - con sintomi silenti e fattori di rischio per cui gli anziani esaminati non erano in trattamento ma erano in grado di generare, negli anni successivi, patologie cardiache clinicamente rilevanti. In particolare le anomalie della valvola aortica sono risultate complessivamente presenti nel 27% e quelli della valvola mitralica nel 34% dei soggetti osservati».
Identificare precocemente le malattie cardiache vuol dire ridurre i rischi ma anche la mortalità e i notevoli costi economici e sociali correlati. Per questo, medici ed esperti richiamano l’attenzione delle istituzioni sull’importanza di garantire azioni efficaci di prevenzione nella popolazione anziana, attraverso screening cardiologici salvavita come per i tumori. L’adozione infatti di programmi strutturati di prevenzione consentirebbe, nel caso delle patologie valvolari, di evitare circa 300mila decessi, a cui va incontro chi soffre di stenosi aortica grave (130mila) o insufficienza mitralica (170mila), se trascurate o non identificate precocemente.
«La valenza davvero unica dello studio è quella di aver fatto emergere i vizi valvolari latenti che, se non diagnosticati precocemente e seguiti nel tempo, nel 10% dei casi rischiano di evolvere nell’arco di 45 anni in forme gravi che possono diventare fatale nella metà dei pazienti tutto questo a gravi conseguenze con una stima di 150mila decessi evitabili grazie all’adozione di programmi strutturati di screening salvavita come per i tumori mammario colon rettale e della cervice uterina», osserva Alessandro Boccanelli, vicepresidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe) e coordinatore dello studio Prevasc.
L’aumento delle diagnosi, dall’attuale 25% al 60%, consentirebbe di intervenire in maniera precoce e di aumentare la probabilità di sopravvivenza dei cittadini. L’invecchiamento progressivo della popolazione rende ancora più allarmante la situazione perché il rischio di sviluppare malattie cardiache cresce proporzionalmente con l’età. «L’allungamento dell’aspettativa di vita ha determinato un’evoluzione epidemiologica significativa delle cardiopatie, legata all’invecchiamento fisiologico del cuore, come la fibrillazione atriale, lo scompenso cardiaco e le malattie degenerative delle valvole», conclude il professor Furio Colivicchi, già presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e vicepresidente della federazione delle Società medico scientifiche. (E. G.)
Avviato nel maggio del 2022, lo studio Prevasc ha coinvolto circa 1200 over 65, residenti in dieci “borghi del cuore”, piccoli comuni con meno di 3mila abitanti, che sono stati sottoposti a visite cardiologiche gratuite, elettrocardiogrammi ed ecocardiogrammi per valutare lo stato di salute cardiaca.
Queste patologie soffrono pertanto di una debolezza a livello diagnostico con un importante impatto anche dal punto di vista economico, se si considera che da un recente studio sui dati Inps del Centro studi internazionali di economia (Ceis) di Tor Vergata emerge una spesa previdenziale correlata di 29 milioni di euro l’anno. Eppure per una diagnosi tempestiva basterebbe auscultare il cuore con un fonendoscopio e, nel caso di un sospetto, con successivi esami (elettrocardiogramma o ecocardiogramma).
Ese bastasse un breve sonnellino pomeridiano per aiutare il cervello a invecchiare meglio? Fosse vero, anzitutto avremmo una buona scusa per staccare il telefono e chiedere di non essere disturbati. Ma, soprattutto, ci troveremmo dinanzi a una notizia potenzialmente rivoluzionaria. E d’altronde non è meno che rivoluzionario lo studio realizzato dai ricercatori della University College di Londra e dell’Università della Repubblica in Uruguay, pubblicato sulla rivista Sleep Health. La tesi sostenuta dagli scienziati è infatti la seguente: il pisolino proteggerebbe il cervello dal restringimento che avviene in età avanzata, come fisiologica conseguenza del passare degli anni. La siesta avrebbe infatti l’effetto di contrastare la riduzione dell’organo compensando la scarsità del sonno notturno e proteggendo il cervello contro la neurodegenerazione.

Come sottolineato dai ricercatori in fase di presentazione dello studio, il cosiddetto sonnellino diurno rappresenta un comportamento universale e diffuso. La maggior parte dei bambini al di sotto dei tre anni non vi rinuncia, ma con il passare degli anni questa abitudine va scemando. Nei bambini in età scolare, ad esempio, si concede un pisolino dopo scuola soltanto il 12,7% dei piccoli di età compresa fra i sei e i 13 anni. La percentuale torna a salire leggermente negli adulti fra i 26 e i 64 anni (13,7%) e negli anziani di età superiore ai 65 anni (27%). Gli effetti benefici di un sonnellino risultano tangibili anche nel breve periodo. Una dormita tra i cinque e i 15 minuti, infatti, si ripercuote positivamente sulla salute e sulle capacità cognitive di chi se l’è concessa nell’arco di uno-tre ore.
Nel realizzare il proprio studio, gli esperti sono partiti da un presupposto, quello per cui il restringimento del cervello avviene più velocemente nelle persone con problemi cognitivi e malattie neurodegenerative. Secondo alcune ricerche svolte in passato, questo fenomeno sarebbe correlato proprio a problemi del sonno. Per andare a fondo della questione, i ricercatori hanno attinto ai dati dell’UK Biobank, database che raccoglie infor- mazioni inerenti la genetica, lo stile di vita e la salute di 500mila perone di età compresa fra i 40 e i 69 anni. Mettendo sotto la lente di ingrandimento i dati di 35.080 soggetti, l’obiettivo degli scienziati è stato fin da subito comprendere se le varianti genetiche, associate in studi precedenti alla tendenza a fare il sonnellino diurno, fossero correlate anche al volume del cervello e ad ulteriori aspetti della salute dell’organo, cercando di ridurre l’impatto sui dati di fattori esterni come il fumo o l’attività fisica. Alla fine dello studio, i ricercatori hanno riscontrato un’associazione fra la predisposizione genetica al sonnellino diurno e un volume cerebrale maggiore, quantificabili in 2,5-6,5 anni in meno di invecchiamento. Un risultato clamoroso se si pensa che, dopotutto, ciò che viene richiesto al soggetto per preservare la salute di un organo fondamentale come il cervello non è altro che ritagliarsi un po’ di tempo per... dormire.
Victoria Garfield, professoressa dell’University College di Londra, in qualità di coautrice dello studio ha sottolineato come siano tanti i fattori di rischio che possono condurre una persona alla demenza e al declino delle facoltà mentali, lasciando
© paulaphoto/shutterstock.com così intendere che un breve riposo pomeridiano non dovrebbe essere interpretato alla stregua di una panacea. Ma una cosa si può dire senza timore di essere smentiti, alla luce dei risultati registrati dallo studio: «Fare abitualmente un breve pisolino diurno potrebbe aiutare a preservare il volume del cervello e questa è una cosa positiva, potenzialmente, per la prevenzione della demenza». Su quanto questa ricerca possa risultare fondamentale in futuro concorda anche la professoressa Tara Spires-Jones della British Neuroscience Association e del Dementia Research Institute: nonostante i dati riguardino solo i cittadini del Regno Unito e potrebbero non essere accurati perché si tratta di autodichiarazioni, «questo studio è importante perché si aggiunge a
Il pisolino proteggerebbe il cervello dal restringimento che avviene in età avanzata, come fisiologica conseguenza del passare degli anni. La siesta avrebbe infatti l’effetto di contrastare la riduzione dell’organo compensando la scarsità del sonno notturno e proteggendo il cervello contro la neurodegenerazione.
© Andrus Ciprian/shutterstock.com
quelli che sostengono che il sonno è importante per la salute del cervello».
Già in passato uno studio pubblicato su General Psychiatry aveva esaminato la salute fisica e cognitiva mettendola in correlazione con i pisolini diurni. A 2.214 persone over 60 anni, residenti in grandi città della Cina, era stato chiesto di dividersi in due gruppi: 1.534 avrebbero dovuto fare regolari sonnellini pomeridiani, 680 no. Alla fine del periodo di osservazione, i ricercatori avevano potuto osservare come le persone che avevano riposato un po’ durante il pomeriggio avessero ottenuto punteggi più alti in uno specifico test cognitivo utilizzato per la valutazione della demenza senile, il Mini Mental State Exam, rispetto a coloro che non avevano fatto alcun pisolino. In particolare, lo screening di valutazione comprendeva esercizi che coinvolgevano abilità visuali e spaziali, capacità di attenzione, risoluzione dei problemi, memoria di lavoro, consapevolezza della posizione e fluidità verbale. (D. E.).