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INFEZIONE BATTERICA CAUSA L’ENDOMETRIOSI?
Uno studio cerca di far luce sulla condizione che colpisce dal 10 al 15% delle donne di età fra i 15 ed i 49 anni
Il gruppo di ricercatori del Sol Levante, coordinato dal professor Yutaka Kondo e dalla dottoressa Ayako Muraoka della Scuola di Medicina dell’Università di Nagoya, in collaborazione con il National Cancer Center, ha dapprima identificato l’associazione fra Fusobacterium e malattia. Ciò è stato possibile mettendo sotto la lente di ingrandimento due gruppi di 155 donne: in questo modo gli scienziati hanno scoperto che il 64% di quelle affette da endometriosi presentava un’infezione da Fusobacterium dell’endometrio, mentre questa era presente in meno del 10% delle donne sane. Il team ha anche individuato un potenziale specifico meccanismo in grado di portare dall’infezione all’endometriosi correlato ad un’alterata risposta immunitaria. Infine, il gruppo di ricerca ha testato un comune trattamento antibiotico, dimostrando di essere in grado di prevenire l’instaurarsi dell’endometriosi o di diminuire il numero e la gravità delle lesioni caratteristiche della malattia.
Un’infezione dovuta a batteri della famiglia
Fusobacterium potrebbe essere la causa dell’endometriosi o contribuire ad aggravarla, ma un trattamento antibiotico mirato potrebbe offrire una cura alternativa alla malattia. È quanto scoperto da un gruppo di ricercatori della Scuola di Medicina e del iGCORE presso l’Università di Nagoya, in Giappone.
L’endometriosi è una malattia che colpisce dal 10 al 15% delle donne di età compresa fra i 15 ed i 49 anni, contraddistinta dalla presenza di tessuto endometriale, la mucosa che riveste la cavità uterina, al di fuori dell’utero. Per quanto riguarda l’Italia, le donne con diagnosi conclamata sono almeno tre milioni. La patologia può essere invalidante, in particolare per via del dolore ad essa associato; inoltre può diminuire o compromettere la fertilità. Nonostante possa essere trattata con terapia ormonale e interventi chirurgici, questi trattamenti possono avere dei significativi effetti collaterali, provocando recidive e impattando sulla gravidanza della paziente.
I risultati del team suggeriscono in maniera incontrovertibile che il targeting per Fusobacterium è un efficace trattamento non ormonale a base di antibiotici per l’endometriosi. Come ha affermato il professor Yutaka Kondo, «l’eradicazione di questo batterio con trattamento antibiotico potrebbe essere un approccio per trattare l’endometriosi nelle donne positive all’infezione da fusobatteri e queste donne potrebbero essere identificate con un tampone vaginale o dell’utero». Presso il Dipartimento di ostetricia e ginecologia dell’ospedale universitario di Nagoya stanno già avendo luogo studi clinici finalizzati a comprendere se il trattamento antibiotico presenti un profilo di sicurezza ed efficacia adeguato per essere somministrato regolaermente. (D. E.).
Una possibile svolta, se non addirittura una rivoluzione, potrebbe essere alle porte per 500 milioni di pazienti diabetici in tutto il mondo (3,5 milioni soltanto in Italia) grazie agli ultimi risultati conseguiti dalla ricerca. Secondo due diversi studi pubblicati su Jama e sul New England Journal of Medicine, sarebbe infatti possibile passare da 365 iniezioni di insulina l’anno a sole 52. Merito di una nuova insulina basale a somministrazione settimanale in grado di offrire la stessa efficacia di quelle somministrate quotidianamente nei pazienti con diabete di tipo 2 che non abbiano adoperato in precedenza l’insulina. La molecola in questione è indiziata di mostrare il potenziale per rendere la vita più semplice ai pazienti, non solo eliminando il disagio dell’iniezione quotidiana, ma anche incrementando l’aderenza alla terapia insulinica, come precisato da Roberto Trevisan, professore di Endocrinologia all’Università di Milano-Bicocca e direttore della Diabetologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, nonché unico ricercatore italiano ad aver preso parte alla stesura finale dello studio sul New England Journal of Medicine.
Lo stesso Trevisan riferisce come ora si attenda l’approvazione della nuova molecola da parte degli Enti regolatori del farmaco, così da renderla disponibile. Un ulteriore vantaggio della formulazione della terapia su base settimanale è rappresentato dalla possibilità di diminuire l’impegno richiesto agli operatori sanitari che si occupano di diabetici che richiedono insulina, in particolare per quelli ricoverati nelle strutture sanitarie residenziali a lungo termine.
Nei due studi in esame, i ricercatori hanno messo a confronto, in quasi 600 persone che non erano mai state trattate con insulina, l’efficacia e la sicurezza di una nuova insulina a somministrazione settimanale