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NANOMATERIALI DA FONTI RINNOVABILI

Pubblicata su Nanoscale Horizons una ricerca che apre una prospettiva di utilizzo di nanomateriali in ambito biomedico

Un gruppo di ricercatori composto da italiani ed europei guidati da Barbara Richichi del Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff” dell’Università di Firenze e da Fabrizio Chiodo, ricercatore presso l’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pozzuoli (Napoli), ha utilizzato fonti rinnovabili e di scarto per preparare un nanomateriale innovativo, il cui componente principale è la cellulosa nanocristallina, particolarmente idoneo nel ruolo di vettore capace di trasportare molecole bioattive in grado di attivare il sistema immunitario. La ricerca, che apre un’ulteriore prospettiva sull’utilizzo di nanomateriali in ambito biomedico, è stata pubblicata su Nanoscale Horizons.

Il materiale, che ha rappresentato l’oggetto dello studio, è stato ottenuto sulla base di un innovativo processo che ha reso possibile la combinazione della cellulosa nanocristallina con piccole nanoparticelle di oro. Il risultato è un nanomateriale ibrido, che può essere modificato in modo puntuale con molecole bioattive di diversa struttura e composizione. I ricercatori hanno osservato l’interazio - ne tra le molecole bioattive caricate sul nanomateriale e alcuni recettori denominati lectine, che rivestono un ruolo chiave nell’attivazione delle cellule sentinella del sistema immunitario. Ricordiamo, che le lectine sono una famiglia di proteine altamente specifiche per determinati zuccheri. Esse svolgono un importante ruolo biologico nel processo di riconoscimento dei polisaccaridi presenti sulle membrane cellulari. Per esempio, alcuni virus utilizzano le lectine per riconoscere e legarsi alle strutture di carboidrati delle memebrane cellulari dell’organismo ospite nel processo infettivo. Sebbene siano state scoperte solo alla fine dell’Ottocentonelle piante, in seguito è stato osservato che le lectine sono strutture ubiquitarie e presenti in molti organismi. Negli animali le lectine sembrano ricoprire diversi ruoli, dalla regolazione delle cellule adesive alla sintesi delle glicoproteine. La funzione nel mondo vegetale è ancora incerta e non ben definita; si sa che svolgono una parte importante nell’attivazione del sistema di complemento. A questo scopo è stata utilizzata, per la prima volta per lo studio di queste specifiche lectine, la microspia crioelettronica, un tipo di microspia elettronica a trasmissione in cui il campione viene studiato a temperature estremamente basse. Il lavoro è stato realizzato grazie all’accesso alla strumentazione TransmissionElectron cryo-Microscope del Florence Center for Electron Nanoscopy del Dipartimento fiorentino di Chimica. La strumentazione è stata acquisita grazie al finanziamento del Ministero dell’Università e della Ricerca per i Dipartimenti eccellenti 2018-2022.

Barbara Richichi dell’Università di Firenze ha dichiarato: «I dati ottenuti sono molto promettenti: questo nanomateriale, infatti, si propone come piattaforma nanostrutturata innovativa per lo sviluppo di una nuova generazione di candidati vaccinali».

Un team di ricerca e di spessore internazionale coordinato dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-Ifn), al quale hanno partecipato ricercatori del Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano, della Columbia University di New York e della californiana Stanford University, ha sviluppato un innovativo microscopio ottico in grado di produrre, in modo più efficace rispetto ai sistemi attualmente in uso, immagini dettagliate della composizione chimica di un campione.

Il coordinatore della ricerca, Cristian Manzoni del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha affermato: «Lo strumento realizzato rappresenta davvero un importante passo in avanti nel campo della microscopia e della spettroscopia, aprendo di fatto nuove prospettive per la ricerca nelle scienze dei materiali e nelle scienze della vita; sarà in grado, infatti, di contribuire allo studio di materiali bidimensionali innovativi e alla rivelazione e caratterizzazione di microplastiche rinvenute nell’ambiente e all’interno di tessuti animali».

I benefici offerti dal microscopio derivano dall’inedita combinazione di due tecniche: la spettroscopia Raman e la spettroscopia a trasformata di Fourier.

L’effetto Raman è un fenomeno fisico sfruttato da decenni per ottenere informazioni sulla composizione di un campione senza perturbarlo: permette, infatti, di ottenere mappe bidimensionali delle proprietà di un materiale o di un tessuto biologico.

Nel lavoro, che è stato pubblicato sulla rivista Optica, i ricercatori dimostrano, attraverso la spettroscopia a trasformata di Fourier, di aver ridotto il tempo necessario per acquisire un’immagine dettagliata del campione rispetto a quello più lungo impiegato con i microscopi Raman, dovuto al fatto che essi misurano uno spettro per ogni punto mediante una scansione

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