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LE SETTE MERAVIGLIE DEL TOUR DE FRANCE

Il duello fra Vingegaard e Pogacar verrà ricordato da tutti gli appassionati di ciclismo, come la maglia a pois di Ciccone, le imprese dei gemelli Yates e l’empatia di Mohoric

Luglio, per gli sportivi, vuol dire Tour de France. Almeno quando l’Italia del calcio non arriva alle fasi finali di Europei o Mondiali. E malgrado non ci siano, oggi, italiani in grado di puntare al successo finale, chi ama il ciclismo può sempre entusiasmarsi di fronte a questo evento affascinante, meta dei nomi più importanti della disciplina. Lo spettacolo maggiore, anche quest’anno, lo hanno regalato il danese Jonas Vingegaard e lo sloveno Tadej Pogacar, nuovamente primo e secondo. Ma non solo. Ecco sette cartoline indimenticabili da un’edizione del Tour de France, quella del 2023, che sarà difficile da dimenticare.

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La Sfida Tra Fenomeni

In bilico per due settimane, la sfida fra i due attesi fenomeni Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar si è decisa solo fra la sedicesima e la diciassettesima di 21 tappe. Vingegaard la maglia gialla l’ha presa dopo la sesta, vinta da Pogacar a Cauterets-Cambasque. Ma il giorno prima aveva inflitto un minuto e 4 secondi al rivale sloveno, che poi ha provato a colmare a poco a poco il Gap (8” sul Puy de Dome, altrettanti sul Grand Colombier), arrivando alla cronometro da Passy a Combloux con 10 soli secondi di distacco. In quei 22,4 chilometri, però, Jonas ha inflitto a Matej un minuto e 48 secondi di distacco, volando in salita (meglio solo Giulio Ciccone: ne parliamo fra poco). Il sigillo sul Tour è arrivato il giorno dopo, quando Pogacar è andato in crisi sul Col de la Loze, scivolando a 7’35” in classifica generale. A Le Markstein, nel penultimo giorno di gara, il canto del cigno di Pogacar.

I Gemelli Yates

Hanno iniziato il Tour con una doppietta e lo hanno concluso al terzo e al quarto posto della generale. È stata Grande Boucle da protagonisti per i gemelli britannici Adam e Simon Yates, 31 anni il 7 agosto, l’uno compagno di squadra di Pogacar alla Uae Emirates e l’altro portacolori del Team Jayco AlUla. Vincitore della prima tappa a Bilbao, Adam ha migliorato il suo miglior piazzamento finale di sempre nei Grandi Giri (era stato quarto al Tour e alla Vuelta). Già terzo al Giro e vincitore di un’edizione della Vuelta, Simon ha concluso alle sue spalle ottenendo due secondi posti di tappa e indossando la maglia verde della classifica a punti nella seconda tappa.

UN ITALIANO “ROI” DELLA MONTAGNA

Un italiano in maglia a pois, 31 anni dopo Claudio Chiappucci. È stato l’abruzzese Giulio Ciccone a firmare l’impresa, completata transitando davanti a tutti nei primi 4 Gran premi della montagna della penultima tappa. Secondo nella quinta frazione a Laruns, dietro Jay Hindley, Ciccone è stato per 24 ore anche sul podio della classifica generale. Nella 15esima tappa ha sfilato la maglia di miglior scalatore al leader della classifica generale, Jonas Vingegaard, riuscendola a conservare fino a Parigi. Chapeau.

MOHORIC, MAGLIA GIALLA DI EMPATIA

Altro che frasi di circostanza. Quelle regalate da Matej Mohoric, sloveno, dopo il successo nella tappa numero 19, sono state un trattato di umiltà, empatia, sensibilità. «Soffri molto quando prepari un evento. Sacrifichi la tua vita, la tua famiglia e fai tutto il possibile per arrivare qui pronto. E poi dopo un paio di giorni ti rendi conto che tutti sono così incredibilmente forti, che a volte è difficile anche solo stare a ruota», l’incipit della risposta. Due frasi per sintetizzare la sua empatia: «E poi c’è il personale che si sveglia alle 6 del mattino e finisce di lavorare alle 11 di sera o a mezzanotte»; «Alla fine pensi quasi di aver tradito i tuoi compagni di fuga perché li hai battuti».

Hanno iniziato il Tour con una doppietta e lo hanno concluso al terzo e al quarto posto della generale. È stata Grande Boucle da protagonisti per i gemelli britannici Adam e Simon Yates, 31 anni il 7 agosto, l’uno compagno di squadra di Pogacar alla Uae Emirates e l’altro portacolori del Team Jayco AlUla.

FELIX GALL, SEGNATEVI IL NOME

Dopo il terzo posto a Laruns, il 25enne austriaco della AG2R Citroën Team si è preso il tappone alpino con partenza da Saint-Gervais Mont-Blanc a Courchevel, mettendo i brividi a Giulio Ciccone, nella corsa alla maglia a pois, fino alla penultima tappa. Poi con la squadra ha scelto di concentrarsi sulla ricerca del bis sul traguardo di Le Markstein e sulla classifica generale, che lo ha visto chiudere ottavo. Non è riuscito però a ripetersi, perché ha trovato sulla sua strada un Pogacar più determinato che mai a chiudere in bellezza.

THIBAUT PINOT E L’ADDIO IN BELLEZZA (MA SENZA GIOIA)

Premiato come combattivo di giornata nella ventesima tappa, nella quale ha provato a lasciare il segno nell’ultimo Tour de France della carriera, rimanendo fra gli “attaccanti” per oltre 65 km, parte dei quali in solitaria. Troppo forti, però, alle sue spalle i big della classifica generale che sono andati a riprenderlo contribuendo ad acuire quel velo nostalgico sul suo sguardo guascone. Merci Thibaut, lo stesso.

L’EROICO FINALE DEI FUGGITIVI A BOURG EN BRESSE

L’aggettivo eroico è abitualmente appaiato al ciclismo d’altri tempo. Ma c’è comunque qualcosa di eroico in un pugno di fuggitivi che taglia il traguardo poco prima di essere “fagocitati” dalla volata del gruppo. È successo nella 18esima tappa, da Moutiers a Bourg en Bresse, quando a vincere è stato Kasper Asgreen, già re del Giro delle Fiandre, ma parte dei meriti per la resistenza della fuga è stato di Victor Campenaerts, ex primatista dell’Ora, commovente nel sacrificarsi per il compagno Pascal Eenkhoorn, secondo alla fine.

Una medaglia storica per il suo Paese, l’Iran. La gioia per il prestigioso traguardo adombrata dalla notizia che la mascotte spetta solo ai vincitori delle gare. Il sorriso che torna, grazie alla sensibilità e all’attenzione di uno storico uomo di sport. Quando un pupazzo vale quanto una medaglia: una storia che arriva direttamente dal Mondiale Junior e U23 di canoa kayak sprint, disputato dal 4 al 9 luglio ad Auronzo di Cadore. Protagonisti Hediye Kheirabadi, terza classificata nei 5.000 metri di canoa C1 Under 23, e Pino Scarpellino, dirigente del cerimoniale nonché Stella d’oro al merito sportivo del Coni. Coprotagonista la segretaria del comitato organizzatore, Maria Banalos. A raccontare la storia è stato proprio Scarpellino, barese, classe 1954, su Facebook, dopo la premiazione di Hediye sul podio, assieme alla kazaka Rufina Iskakova e della moldava Elena Glizan.

«La guardi e pensi che potrebbe essere una qualsiasi ragazza spensierata e felice in un paese occidentale, meno oppressore della sua Repubblica islamica. Infatti, accompagnata da un’arcigna dirigente tutta coperta, nonostante il caldo, chiede che non la si tocchi al momento della consegna della medaglia, neppure con una stretta di mano» scrive Scarpellino. Immediata la riflessione sulla ribellione e la repressione di qualche mese fa, in Iran. Intanto, Hediye ha ricevuto la medaglia e un mazzo di fiori, ma non la mascotte. «Dopo la premiazione ritorna – racconta il responsabile del cerimoniale - e chiede se può avere anche il piccolo peluche, ma la risposta è negativa, perché per tutti gli altri sono in vendita al merchandising. Noti la delusione nei suoi occhi e il bellissimo sorriso spegnersi, mentre si allontana».

Dalla gioia alla tristezza, in un attimo. Per sua fortuna, Hediye aveva di fronte persone sensibili che hanno

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