nutrizione funzionale
di Sara Farnetti
Un bicchiere di vino (rosso) al giorno per brindare alla salute
I
l vino ha esercitato un’influenza rilevante sulla cultura dell’uomo più che ogni altro prodotto agroalimentare, perché la fermentazione appariva un fenomeno misterioso, specie se collegato allo stato d’ebbrezza ed euforia che produceva. Inoltre, il colore del vino rosso ricordava quello del sangue, per questo gli furono attribuiti elevati valori simbolici. Considerando la ricchezza e le proprietà nutrizionali, il vino non è solo una bevanda ma alimento e medicamento. TopSalute
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Il vino rosso rappresenta, infatti, un ingrediente fondamentale di alcune preparazioni alimentari utilizzate come efficaci rimedi in determinati stati patologici. Per sfruttarne le molteplici azioni benefiche, se ne consiglia mezzo bicchiere a pasto nei soggetti sani, sempre d’ottima qualità e possibilmente di produzione artigianale, non pastorizzato e solo rosso. Il vino, infatti, esalta le proprietà terapeutiche degli altri componenti aumentandone la biodisponibilità grazie alla presenza di numerosi catalizzatori biologici, in esso contenuti, come il ferro, il rame, lo zinco. Terapeuticamente è più utile il vino rosso, per il suo maggiore contenuto in antocianidine, resveratrolo, saponine, ferro, acido gallico, composti fenolici ed altre sostanze. Infatti, la vinificazione in rosso prevede la fermentazione con parte delle vinacce, cioè bucce, raspi e vinaccioli, che contengono queste sostanze terapeutiche. La maggior parte dei vini bianchi, invece, si ottiene eliminando le vinacce, subito dopo la pigiatura del mosto. Non contengono tannini, sono dotati di meno antiossidanti naturali e metà delle saponine, perciò si prestano più facilmente a sofisticazioni industriali con sostanze tossiche, anidride solforosa e nitriti, aggiunti per migliorarne il grado di conservazione. Nelle bucce del vino rosso ritroviamo gli antociani, altri pigmenti, composti aromatici e fenolici, nei vinaccioli si concentrano i proantocianidoli, che sono le catechine e loro oligomeri (OPC) e numerosi flavonoidi. In aggiunta, i raspi presentano un’elevata
concentrazione di tannini idrolizzabili. Dalla polpa dell’uva derivano le vitamine B1, B6, B2, A e C, i sali minerali, rame, ferro, magnesio, zinco, potassio e sodio, e gli acidi organici, malico, tartarico, citrico di cui è anche ricco il vino. L’acido tartarico gli conferisce proprietà antitumorali specifiche per il tumore della prostata.
Vini top antiossidanti
Nella buccia dell’acino dell’uva rossa si concentrano, inoltre, i flavonoidi, coloranti naturali tra cui il famoso resveratrolo con accertata azione antitumorale generica. Il resveratrolo nel vino è pari a 1.5-3 mg/l e il Negramaro salentino ne è più ricco fino a 7 mg/l, complice il fatto che le uve sono poco trattate. È, infatti, l’eccessiva sanitizzazione delle uve sul campo che può determinare basse concentrazioni di questa sostanza. Nella buccia dell’uva si trovano 50 – 100 microgrammi/ gr (peso secco) di resveratrolo, ma varia da vitigno a vitigno, mentre le tecniche di macerazione influenzano in modo limitato il contenuto di tutti i polifenoli, tra cui il resveratrolo e i tannini. L’Aglianico, il Primitivo e il Negramaro ne sono naturalmente molto ricchi, il Sangiovese contiene dai 900 ai 1000 mg/Kg di polifenoli, il Montepulciano da 1200 a 1400 mg/Kg, il Nero di Troia da 2100 a 2500 mg/Kg. La funzione principale dei tannini è legata al colore: la colorazione dei vini rossi è, infatti, legata alla presenza di tannini e antociani. Altra funzione dei tannini è quella conservante, la componente tannica, infatti, influisce molto sull’invecchiamento del vino, ma anche sulla sua durata; anche le sensazioni di astringenza e di amaro
sono dovute ai tannini. In particolare gli effetti benefici sono quelli antiossidanti e normalizzanti del colesterolo perché contribuiscono a far aumentare la frazione buona, HDL. Sempre nell’uva, si concentrano altri antiossidanti, non flavonoidi, l’acido tartarico dall’azione rinfrescante, lassativa, depurativa, e l’acido gallico con azione astringente e antiemorragica.
Vizio o virtù?
Le innumerevoli proprietà del vino ne fanno un alimento utile in diverse condizioni: nelle ipercolesterolemie, nelle malattie cardiovascolari, nelle anemie microcitiche, nelle sindromi influenzali, nelle convalescenze, nel paziente oncologico, nelle sindromi ansioso-depressive, nei deficit di memoria, nel morbo d’Alzheimer. Infatti, i tannini contenuti nel vino rosso, fanno aumentare i livelli di serotonina nel cervello con effetto sedativo ed antidepressivo. Un bicchiere da 150-200 cc a pasto di vino rosso regolarizza anche il ritmo sonno-veglia perché contiene melatonina, l’ormone del sonno: i più ricchi sono il Nebbiolo, il Sangiovese, il Sauvignon, il Cabernet, il Merlot. Nonostante l’apporto calorico, il vino può essere impiegato anche in dieta dimagrante perché i coenzimi in esso contenuti, ferro e rame, sono attivatori dei processi metabolici, è diuretico. Il resveratrolo, inoltre, è in grado di rallentare i processi d’invecchiamento cutaneo, spesso accelerati durante una dieta dimagrante, che si manifestano con la comparsa di rughe o la perdita d’elasticità tissutale; per la sua attività estrogenica ed anti-osteoporotica è
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quindi utilissimo nella donna in menopausa. Le proantocianidine hanno la capacità di inibire direttamente le proteasi, che degradano il collageno, l’elastina e gli ialurionici, responsabili dell’integrità e della giovinezza della pelle, e di preservare un’antiproteasi, l’alfa 1-antitripsina, dall’inattivazione da parte dei radicali liberi. Al resveratrolo è stata recentemente attribuita anche la capacità di attivare le sirtuine, chiamate anche proteine Sir2-simili, presenti in tutti gli animali dal più semplice al più complesso, che hanno un ruolo fondamentale nei meccanismi antiinvecchiamento, come pure di mimare gli effetti biologici della restrizione calorica attivando patway enzimatici specifici. I polifenoli, tra cui i proantocianidoli ed il resveratrolo, biologicamente più attivi se il vino è invecchiato in botti di legno impregnate di acido tartarico e pigmenti, hanno azione antiaggregante piastrinica, riducono l’espressione di molecole di adesione e quindi l’attivazione dei leucociti, aumentano la contrattilità delle cellule cardiache grazie alla riduzione dell’accumulo intracellulare di calcio, fluidificano il tessuto ematico, riducendo l’attività della lipoproteina A. Inoltre, le proantocianidine hanno un’efficacia venti volte maggiore dell’alfa-tocoferolo nel proteggere le membrane cellulari dalla lipoperossidazione, intrappolando i radicali liberi e quindi proteggendo il anche il DNA, con un’azione più forte rispetto a quella delle vitamine A, E e C. Il resveratrolo possiede attività antinfiammatoria grazie all’inibizione dell’espressione e dell’attività sia della COX 1 che
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della COX 2, meccanismo alla base anche della nota azione antiaggregante piastrinica del resveratrolo, potenziata dall’effetto inibitorio sulla trasformazione dell’acido arachidonico in trombossano A2. Queste proprietà fanno del vino un alimento necessario per il paziente affetto da malattie cardiovascolari, in quanto agisce in senso anti trombo oltre a proteggere le LDL, la frazione cattiva del colesterolo, dall’ossidazione. Questa azione è particolarmente utile dopo pasto. Inoltre, il resveratrolo ed altri due flavonoidi con azione due volte superiore, l’epicatechina e la quercetina, insieme all’acido ellagico e all’acido ferulico, ridurrebbero direttamente i livelli di colesterolo plasmatici. Il vino può essere utile anche dopo un evento miocardio acuto perché le proantocianidine (riducendo la conversione dell’AT1 in AT2) hanno un effetto vaso dilatante ed anti proliferativo sulle cellule muscolari lisce dei vasi, hanno azione antiaritmica (legata alla potente azione antiradicalica nei confronti degli anioni superossido), ed antiischemica (per l’aumento della prostaciclina con attività vasoattiva). L’alcool stesso, a dosi moderate, induce un aumento dello stress ossidativo che potenzia, però, l’espressione di alcune proteine cardioprotettive, come l’HSP 70, mentre il resveratrolo media la vasodilatazione delle arterie coronarie che nutrono il cuore. Un menù indicato in un paziente affetto da cardiopatia ischemica potrebbe essere: PRANZO 130 gr di straccetti di vitella, 2 zucchine grigliate, una coppa di fragole, ½ bicchiere di vino rosso. CENA 2 patate lesse, 2 carciofi alla romana, ¼ di ananas.
Come aperitivo, stimola l’appetito e la secrezione salivare, aumenta la produzione di prostaglandine con azione protettiva sulla mucosa gastrica e ai pasti agevola la secrezione acida dello stomaco. È controindicato, infatti, nelle gastriti e nell’ulcera in cui deve essere evitata l’assunzione, soprattutto a digiuno. Assunto in dosi moderate riduce significativamente il rischio di calcoli alla colecisti. Nelle sindromi influenzali, con dolori articolari e muscolari, un’associazione proposta a cena potrebbe essere: una scodella di minestrina di pollo con pastina, 1 mela caramellata, 1 tazza di vin brulè.
Il vin brulè
Il vino, in questa preparazione, ha un suo specifico potere battericida, per determinati ceppi batterici, nonché antiparassitario, mentre su altri agisce l’eugenolo contenuto nei chiodi di garofano e su altri ancora agiscono sia la cannella che il limone. In caso di affezioni microbiche, se ne assumerà una tazza ogni 6-8 ore. Questa bevanda assunta di sera svolge anche un effetto sedativo, utile nei soggetti insonni o in stato d’eccitazione, che si gioveranno degli zuccheri, della serotonina e di tutti gli altri principi attivi, presenti nel vino e negli altri componenti. L’eliminazione della componente alcolica consente l’impiego di questo presidio terapeutico anche nei bambini e negli individui a rischi
di alcolismo, senza che il calore alteri i principi attivi contenuti nel vino che sono termostabili. Nelle anemie, il ferro contenuto nel vino, circa 1 mg /100 ml, rappresenta una riserva preziosa. Un pasto ideale sarà composto da: 140 g di filetto ai ferri, radicchio verde in insalata, 1 kiwi, ½ bicchiere di vino rosso. Ricordiamo, però, che l’abuso d’alcool è dannoso per il pancreas, i neuroni, la mucosa gastrica, ma in primis per il fegato perché anche solo 150 ml di vino impegnano il metabolismo epatico per circa 2 ore. L’invito è a bere con moderazione e ad intervalli ben precisi per permettere all’organismo di metabolizzare meglio l’etanolo.
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