La lettera DICEMBRE 2017 anno XXXI numero 4
Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo
Orari Sante Messe Palazzago Sabato
ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica ore ore ore ore
08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali lunedì Martedì Mercoledì Giovedì venerdì
ore 16.30 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30
Brocchione Precornelli Beita Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso
Orari Sante Messe Burligo Sabato
ore 18.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica
ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali lunedì Martedì Mercoledì Giovedì venerdì
ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00
Chiesa Parrocchiale acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale
Insolito materiale –olio su rame- per questo quadretto. Delizioso: per colore, movimento, composizione, ma tragico per il racconto. E’ la strage degli innocenti, memoria natalizia che fa risuonare la Scrittura: «Una voce si ode a Rama, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata per i suoi figli, perché non sono più» (Ger 31,15). In ogni strage di innocente si perpetua la strage dell’Innocente perché tutti i bambini sono il Gesù Bambino. Sempre tanti i soldati, troppi quelli che “alzano le mani”, immensi i soldi per gli armamenti… lo spavento, l’urlo, la disperazione delle madri è il grido universale contro il male. non si può restare indifferenti di fronte al male. Men che meno a natale…
Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo
035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081
www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it
Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 19) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera
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[Editoriale]
Zappa e non scettro
nel verde della casa di Comunità c’è, evidente, l’orto, voluto proprio lì, non in un angolo o nascosto, ma in bella vista perché dice molto di ciò che è una Parrocchia. Cosa si fa nell’orto? Si vanga, si concima, si semina, si pianta, si bagna, si cura, si attende, si raccoglie… non sempre, certo. a volte le attese sono esaudite, altre no, ma il lavoro stesso è già un frutto. Ecco: in una comunità si fa lo “la strage degli innocenti”, olio su rame, fine 700. stesso, sapendo Museo Parrocchiale di Palazzago bene che non c’è nulla di automatico e dopo un po’ ti dicono: ”è lui non lo scettro”. o scontato. che rifornisce la roba a tanti”. Sì, l’orto è segno di un essere, Capita a volte di seminare Quella ragazza sembra essere di un servizio, di una attesa, molto e di raccogliere poco. Un così sveglia e capace e la ritrovi ben sapendo che “uno pianta e anno va bene con i pomodori più “fuori” delle altre. Sempre uno irriga, ma è il Signore che ma non con le zucchine. Basta servito all’altare e adesso fa crescere” (1Cor 3,7) Siamo che arrivi un parassita e infesta non va più neppure a messa. infatti collaboratori di Dio e voi tutto. Una grandinata o una Promesse e novene per una siete il campo di Dio, edificio di gelata primaverile ed è tutto grazia e adesso bestemmie a Dio” (1 Cor 3,9) da rifare. tutto andare. tanta cura per la allora, armiamoci di zappa, non C’è un’annata di ragazzi festa dei sacramenti e adesso per brandirla contro qualcuno, proprio bella e un’altra che c’è solo calcio, cellulare e fumo. ma per continuare a lavorare sembra non portare da Siamo partiti dall’orto e siamo la terra. nessuna parte. ti attendi arrivati alle “cose” di casa. Ma, “Maestro, dove dimori?” là tanto da un percorso pensato appunto, questa è la sfida dove si lavora la terra, dove si e proposto con passione e dell’orto e della Parrocchia coltiva il cuore, dove ci si apre invece non funziona. tieni che può essere raccolta in una al Mistero. delle aspettative per quel frase di San Bernardo:” Sappi ragazzo che ti pare “bravo” che ti è necessaria la zappa, La Lettera dicembre ‘17
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Maestro, dove dimori?
In questo avvento, desideriamo interrogare il Signore con la stessa domanda che i discepoli di Giovanni Battista hanno rivolto a Gesù per conoscerlo meglio, per poter stare con lui. non è più sufficiente la testimonianza del loro maestro: ora hanno incontrato il Maestro! Fin da subito però, Gesù ha interpellato la loro libertà.
È stato lui per primo ad interrogarli: “che cosa cercate?”, come a voler ascoltare i loro desideri, i loro pensieri e turbamenti. E a dire che tutto parte necessariamente anche da ciascuno di noi. Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, ha scelto di farsi vicino nella complessità della quotidianità: ma i nostri occhi sono capaci di riconoscerlo e di intravedere i segni buoni della Sua presenza in mezzo a noi? Per questi giorni che ci separano dal natale, il desiderio è quello di uscire dal buio delle “notti esistenziali” per riuscire ad intravedere, con lo sguardo della Fede, la luce della speranza che è capace di illuminare e già abita ogni uomo e ‘ogni
[Cammino Avvento-Natale]
storia. Di domenica in domenica, il cammino sarà segnato da un progressivo aumento di luce e di colore: la notte di attesa lascerà spazio al profeta, alla sentinella capace di resistere fino all’aurora per poi incontrare, sotto il sole cocente del deserto, un uomo che indica il sole con la certezza di chi è testimone della luce fino a che la luce prenderà casa grazie al sì di una donna: il natale sarà allora l’esplosione di luce sull’ordinarietà di una città addormentata, risvegliata dal canto glorioso degli angeli e dal rumore dei passi indecisi dei pastori verso la fonte di tanto chiarore. Da questo giorno in poi, la notte non sarà mai più la stessa: ciascuno sarà chiamato a diventare custode e segno di quella luce che ha incontrato.
PRoPoStE Materiale a disposizione per la Famiglia: • un libretto • un sottocandela • una candelina profumata per accompagnare la preghiera quotidiana. Materiale a disposizione per Bambini-Ragazzi: • 6 schede per la preghiera (4 settimane di avvento + natale ed Epifania + progetto Caritas) • una lanterna da completare di settimana in settimana. • • • • • •
“venite adoremus”: ora di adorazione quotidiana Gruppi nelle case Bibliodramma Raccolta pro Istituto Effata Betlemme Concorso presepi Presepio vivente il 6 gennaio
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… nella Parola La Parola di Dio della domenica costituirà il filo rosso dell’intera settimana nella quale lasciar risuonare la domanda-guida del cammino e provare a rintracciare una possibile risposta. Risposta che non è cercata in termini definitivi o direttivi, ma provocatori di una riflessione e di un allenamento dello sguardo capace di guardare all’uomo e alla storia come luogo abitato dalla presenza del Signore, oggi e in ogni giorno. Di seguito, uno schema riassuntivo: Maestro, dove dimori? (Gv 1, 38)
Prima Domenica Marco 13, 33-37
Seconda Domenica Marco 1, 1-8
Terza Domenica Giovanni 1, 6-8.19-28 NELLE PAROLE DI GIOVANNI BATTISTA
NELL’ATTESA DELL’UOMO
NELLA PROFEZIA DI ISAIA
Quarta Domenica Luca 1, 26-38
Natale Giovanni 1, 1-14
Epifania Matteo 2, 1-12
NEL SI’ DI MARIA
IN MEZZO A NOI
NEL VIAGGIO DEI MAGI
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A tutti chiedo capacità di Vangelo, di Eucarestia e di carità La comunità “in ascolto” e una “Chiesa in uscita” che si prepara al Sinodo sui giovani Approfittiamo dell’intervista fatta al nostro Vescovo Francesco da Marco Roncalli per avere un bel quadro della nostra diocesi.
Francesco Beschi, sessantasei anni, lasciate alle spalle diverse esperienze nella “sua” Brescia (dal ‘’Villaggio Sereno” alla parrocchia della cattedrale, da direttore dell’‘’Ufficio famiglia” a quello del “Centro pastorale Paolo VI”, da vicario episcopale per i laici a vescovo ausiliare nel 2003), guida la diocesi di Bergamo da otto anni. Studi teologici, ma anche di violino al conservatorio, questo presule dalla forte impronta pastorale e missionaria (attualmente presidente della Commissione episcopale per La Lettera
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l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese), è approdato con una certa naturalezza dalla terra natale di Montini a quella di Roncalli. Tanto che lo hanno definito “il vescovo dei due Papi”: «Un grande dono», spiegava tempo fa, «che mi lega ancor più alla sorgente ispirativa e viva della nostra fede e azione pastorale: il Concilio», nella consapevolezza di «un evento che deve ancora dispiegare a pieno le sue potenzialità». Entrato in diocesi in punta di piedi, trascorso un intenso periodo nel segno dell’ascolto - facilitato come bresciano da una certa conoscenza del lessico e degli stili dei “cugini” bergamaschi - ha saputo raccogliere l’eredità dei predecessori, pur dovendo affrontare un quadro caratterizzato dall’affacciarsi di sfide inedite che non risparmiano i bergamaschi, in tempi di crisi economica, di valori, di prospettive. Crisi che esige nuovi approcci in una terra di fede radicata, ma che sta cambiando il suo volto. Innanzi a questo Beschi continua a chiedere a tutti di essere uomini e donne capaci di Vangelo, eucarestia, carità ... come titolano alcune sue lettere pastorali.
È così, monsignor Beschi? «Il cammino fatto con la diocesi, per essere donne e uomini capaci di Vangelo, di eucaristia e carità, mi ha portato a visitare cinque volte ogni vicariato, incontrando i laici protagonisti di questi ambiti. Seguendo la sollecitazione di papa Francesco a una Chiesa in uscita, nell’orizzonte del Sinodo sui giovani, con lo spirito di trovare in Cristo un nuovo umanesimo, iniziamo un percorso titolato “Un cuore che ascolta”. La comunità cristiana si mette in ascolto dei giovani non come un mondo a sé stante o un’urgenza a cui trovare una soluzione. Pensare con i giovani e per i giovani coinvolge inevitabilmente i rapporti tra le diverse età della vita e tra le terre esistenziali, anche con le loro periferie. La comunità diocesana viene in questo interpellata nel suo modo di vivere e testimoniare la bellezza del Vangelo» . Quali sono i tratti peculiari della diocesi affidatale? E come continua, oggi, la lunga storia della Chiesa bergamasca? «La nostra Chiesa ha una storia molto ricca, che diventa in qualche caso anche un pro-
blema. Una Chiesa giovane si può modificare facilmente. Una storia di ventuno secoli meno. A Bergamo viene dato alla Chiesa un credito impressionante che ci consegna una grande responsabilità. La risposta è la vicinanza alla gente. Gli oratori sono ancora il fulcro delle comunità’ attorno a cui spesso gravita tutto il paese, perché l’attenzione ai ragazzi smuove le famiglie in un volano di iniziative. La sapienza del cortile crea integrazione tra i ragazzi di diverse etnie e nazionalità, nella spontaneità dei rapporti e col sorriso». Come in altre diocesi, concorda sul fatto che tanti steccati fra cattolici e laici anche qui sono caduti? In quali settori c’è maggiore collaborazione? «Monsìgnor Spada, per cinquant’anni direttore de L’Eco di Bergamo, disse in merito a questo rapporto: “Non esistono per noi amici e nemici, noi abbiamo amici e amicissimi”. Nella tipica praticità operativa bergamasca, i valori comuni fanno da calamita e diventano collaborazione effettiva e affettiva».
Un vescovo lavora meglio con una squadra affiatata: lei ce l’ha? E qual è il rapporto con il clero? «Un principio chiave per me è la “corresponsabilità”. Dal confronto settimanale con il Consiglio episcopale nascono le indicazioni per gli uffici di curia o per gli enti diocesani. Quando a una persona viene affidata una responsabilità, considero questo come una delega del vescovo, quindi rispetto le specifiche competenze come investimento in fiducia. Lo stesso principio lo vivo col presbiterio: sono molto presente nella vita delle comunità, mi confronto con i sacerdoti nei vicariati e facilito il loro contatto con le persone che possano aiutarli nel modo migliore secondo le specifiche esigenze». Per entrare in aspetti pratici, come sono state recepite alcune sue indicazioni, ad esempio nella recente Lettera sul rilancio della riforma dei vicariati o delle fraternità presbiteriali? «La riforma degli attuali vicariati locali vede la formazione di aree che entrino in dialogo col territorio secondo gli ambiti della vita dell’uomo e di fraternità sacerdotali che plasmano dinamiche di condivisione. Il principio è il movimento del cuore di sistole e diastole: ci si arricchisce in fraternità, per essere Chiesa in uscita che irrora nei capillari dove già i cristiani sono presenti. Una riforma che ha un percorso di attuazione di tre anni, preparato nei singoli consigli presbiterali vicariali e in quelli pastorali parrocchiali. Quanto è emerso ha permesso di far maturare le
decisioni». (A pag 10 e 11 approfondiamo questa risposta con uno sguardo alla configurazione della riforma) .
LA DIOCESI IN NUMERI 220 Comuni 1.109.933 Abitanti
E il suo rappor2.450 km/q to con il laicato? Superficie Che peso ha in diocesi, in qua390 li spazi opera? Parrocchie Cosa resta del movimento cat722 tolico bergamaSacerdoti sco all’alba del secolari ‘900? «Una poesia dia184 lettale descrive Sacerdoti il temperamenregolari to bergamasco come “la brace 10 sotto la cenere”. Diaconi Sono convinpermanenti to che la stessa brace è stata tenuta accesa sotto l’apparenza della cenere. I bergamaschi non parlano tanto, ma fanno i fatti dentro una fede radicata nel quotidiano che li rende “credenti credibili”, e soprattutto “creduti” per quello che i gesti testimoniano. Ringrazio ogni giorno il Signore per la testimonianza di passione all’uomo e alla società che il laicato bergamasco mi consegna». Tornando al clero, anzi al seminario, la contrazione delle vocazioni persiste? Il “modello formativo” del seminario tiene? «La diocesi di Bergamo ha la fortuna di avere ancora il seminario minore, sia delle medie che delle superiori con un centinaio di presenze, anche La Lettera dicembre ‘17
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gno anche di famiglie della nostra gente. L’apertura per noi è evangelica e, quindi, sempre ragionata, attenta, premurosa. Giovanni XXIII ci ha insegnato che non basta fare il bene, ma bisogna farlo bene».
se quelli che poi passano in teologia sono pochi. Ciò indica la serietà con cui si accompagna la scelta, attraverso una formazione integrale, umana e spirituale. La contrazione del numero è significativa e questo ci invita a nuove prospettive vocazionali da coltivare». La Chiesa di Bergamo si distingue per il suo impegno nell’accoglienza e nel sociale. Non le mancano a intermittenza contestazioni per le aperture ai migranti. Cosa risponde? «La diocesi ospita al momento più di 1.500 richiedenti asilo. Si dice che vengono privilegiati, ma noi aiutiamo tutti. Da quando sono arrivato, i due fondi “Famiglia casa” e “Famiglia lavoro” hanno dato risposte considerevoli. In questo ambito la diocesi ha investito alcuni milioni di euro a soste-
La solidarietà della diocesi si vede anche nel lavoro dei suoi missionari, religiosi, fidei donum. Perché la missio ad gentes è ancora importante? «Sono una trentina i sacerdoti bergamaschi fidei donum. Un altro dato significativo riguarda i sacerdoti religiosi bergamaschi delle diverse congregazioni o ordini: su 7.000 missionari italiani al mondo, 700 sono bergamaschi. La motivazione è il cuore bergamasco che si mette al lavoro, anche nel regno di Dio». Qual è la salute complessiva delle parrocchie e delle unità pastorali? Anche alla luce del 37° Sinodo quali novità o sperimentazioni in corso? «Le circa 400 parrocchie hanno una vitalità che spesso mi emoziona. Il percorso delle unità pastorali sta maturando. La definizione non viene decisa per tappare buchi, ma ciascuna è diversa dall’altra e giunge sempre e solo dopo almeno due o tre anni di confronto e discussione tra le diverse anime e i molteplici soggetti delle parrocchie che la comporranno». Parliamo di ecumenismo e dialogo interreligioso a Bergamo... «Il centenario luterano è l’ultimo esempio di un sereno dialogo. Con il pastore è stato significativo lo scambio di pul-
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pito: io ho proposto una meditazione nella loro celebrazione e il pastore lo ha fatto nella nostra cattedrale. Lo stesso è avvenuto anche in alcune parrocchie della diocesi. Con l’islam, ad esempio, quest’anno ho vissuto con questi fratelli in una parrocchia la conclusione del Ramadan». Lei ha inaugurato il Museo della cattedrale per valorizzarne opere d’arte e oggetti liturgici. Ma a Bergamo ci sono fondazioni importanti sotto il profilo culturale, la Bemareggi, la Giovanni XXIII, ecc. Come coniugano cultura e fede? «L’immenso patrimonio artistico della diocesi è un impegno: vi investiamo molto in risorse economiche e culturali. Non lo ritengo un arcipelago ma un organismo, dove ogni parte aiuta il tutto. La cura del passato illumina il presente e alimenta il futuro». Chiese, parrocchie, oratori, fondazioni, scuole cattoliche, il quotidiano L’Eco di Bergamo, la Caritas, il Patronato San Vincenzo, i fondi per le famiglie, l’aiuto alle missioni: una diocesi che può permettersi tanti interventi perché è ancora ricca nonostante l’erosione di un patrimonio per la perdita del valore dei suoi pacchetti azionari e delle sue proprietà immobiliari? «Lo accennavo prima: la nostra diocesi ha un patrimonio consistente che ci è stato consegnato e che chiede di essere amministrato con la logica evangelica dei talenti. Tale mare è alimentato continuamente da piccoli rivoli che sono
Titolo Titolo Titolo dati dalla generosità goccia per goccia delle membra vive della nostra Chiesa. Spesso si grida alla paura della siccità, ma il principio che mi preoccupa è sempre e solo la pastoralità. La fatica del mantenimento è per dare linfa a quanto di bene possiamo far fruttare sul territorio. Un obiettivo direi non assicurativo di un capitale, ma generativo di speranza e di premura concreta». La diocesi è costellata di luoghi di devozione legati al culto mariano, ma anche alla santità bergamasca. Come Sotto il Monte, forse il primo “santuario postconciliare”... «La memoria del santo papa Giovanni XXIII è scia di quella nuova Pentecoste che è stata il concilio Vaticano II. La Chiesa di Bergamo ha vissuto negli ultimi anni diverse beatificazioni, ultima quella di un sacerdote dio cesano, don Sandro Dordi, dichiarato martire da papa Francesco, ucciso in Perù nel 1992. Poco prima di lui Tommaso da Olera, primo beato proclamato nella nostra cattedrale, che fu il primo mistico della Divina misericordia ed è a lui che persino santa Faustina Kowalska si rifà in alcune sue riflessioni. E non dimentico certo i diversi luoghi di fede mariana. Papa Giovanni è un frutto splendido di questa linfa. Incontrando un gruppo di conterranei, li esortò “a progredire sempre nella bontà, nella virtù, nella generosità, affinché i bergamaschi siano sempre degni di Bergamo”». Nel 2018 accoglierete il corpo di san Giovanni XXIII: come si prepara la diocesi?
«Papa Francesco ci ha concesso questa grazia. Per la nostra diocesi non sarà un evento, ma un’avventura. L’evento si prepara, si celebra e poi si chiude. L’avventura apre un cammino e chiede un coinvolgimento personale. Stiamo studiando come vivere al meglio questi giorni da fine maggio ai primi di giugno. Il criterio è quello di privilegiare la preghiera personale. Ovviamente, ci saranno celebrazioni significative, ma complessivamente è come se la nostra diocesi volesse permettersi di restituire a papa Giovanni quella carezza che lui ha dato al mondo». Un bilancio della sua esperienza: per usare parole roncalliane, più le anxietates o le consolationes? «A queste parole rispondo con lo stesso motto dello stemma di Giovanni XXIII: “Obbedienza e pace”. Vedo in queste parole le linee del bilancio di quanto sto vivendo come pastore di questa Chiesa. Alle anxietates rispondo con l’obbedienza, nel senso originario del termine, come ob audientia, ascolto profondo. Cerco di imparare giorno per giorno la filosofia di papa Giovanni della fiducia nella provvidenza. Da lui ho appreso un cambio di prospet-
tiva: dal dire al Signore quanto sono grandi i miei problemi, il suo esempio di santità mi ha dato la saggezza del cominciare a dire ai problemi quanto è grande Dio. Da qui sgorga la seconda parola, “pace”, che mi permette di vivere le consolationes riconoscente al Signore per le grazie con cui costella il cielo della nostra terra, la vita delle persone che incontro». La Lettera dicembre ‘17
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Comunità ecclesiali territoriali Già da un po’ di tempo in Diocesi e nelle diverse Comunità si sta parlando della riforma dei Vicariati con un’attenzione particolare al territorio. Infatti, a partire dal Concilio, la fisionomia del Vicariato assume sempre più i connotati dell’impegno pastorale in rapporto al “territorio” con quattro priorità: 1. promuovere e alimentare il rapporto con il “territorio”, assumendo come riferimento i cinque ambiti indicati dal Convegno ecclesiale di Verona: amore e relazioni; lavoro e festa; fragilità umane; tradizione ed educazione; cittadinanza e politica. 2. Suscitare e riconoscere la corresponsabilità dei laici a partire dalle loro competenze negli ambiti ricordati; 3. sostenere una formazione qualificata degli operatori pastorali; 4. delineare alcune forme di intesa pastorale nell’ambito del Vicariato. L’incontro con i sacerdoti nei singoli vicariati, l’ampia riflessione nel Consiglio Presbiterale Diocesano, nel Consiglio Pastorale Diocesano e nei nostri Consigli parrocchiali, l’accoglienza dei suggerimenti circa le opportunità e le criticità a seguito della “ipotesi di lavoro” presentata in una apposita scheda ha portato il Vescovo Francesco a ridelineare i confini delle Comunità Ecclesiali Territoriali (C.E.T.) e delle La Lettera
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Fraternità Presbiterali. Anche il cambio del nome (non più Vicariati ma C.E.T.) dice di una rielaborazione della proposta iniziale fino all’attuale. Dai 28 vicariati attuali si passerà, con l’anno pastorale 2018-2019 a 13 Comunità Ecclesiali Territoriali. Noi andremo a costituire la n° 7, come indicato sotto. COMUNITÀ ECCLESIALE TERRITORIALE 7 VALLE SAN MARTINO PONTE SAN PIETRO 40 parrocchie 81.100 abitanti 1ª fraternità: VAL SAN MARTINO (22 preti) Calolzio, Caprino, Carenno, Celana, Cisano, Erve, Foppenico, Lorentino, Monte Marenzo, Pascolo, Rossino, Sala di Calolzio, San Gottardo, San Gregorio, San Marco di Torre de’ Busi, Sant’Antonio d’Adda, Somasca, Torre de’ Busi, Vercurago, Villasola 2ª fraternità: PONTE/MAPELLO (34 preti) Albenza, Almenno san Bartolomeo, Ambivere, Barzana, Brembate Sopra, Burligo, Ghiaie di Bonate, Gromlongo, Locate, Mapello, Ossanesga, Palazzago, Ponte San Pietro, Pontida, Presezzo, Prezzate, Roncallo Gaggio, Scano, Valtrighe, Villaggio Santa Maria
L’allargamento quantitativo del Vicariato e le sue nuove competenze pongono in modo nuovo la questione della figura e della missione del presbitero e particolarmente del presbiterio nella sua forma locale. Ogni presbitero ordinato entra in un legame particolare con il Vescovo e con gli altri presbiteri. Il Concilio ha evidenziato in maniera forte questa appartenenza e nei decenni trascorsi abbiamo cercato di manifestarla concretamente in modi diversi. Ora, in occasione di questa riforma, si tratta di rilanciarla attraverso una figura relativamente nuova: quella della “fraternità presbiterale”. Si tratta innanzitutto di uno stile di vita che caratterizza l’intera comunità cristiana e che Papa Francesco ha ultimamente indicato come la risposta cristiana alla frammentazione, alle divisioni, alle ostilità e alle guerre del nostro tempo. I Vescovi italiani, riflettendo sulla vita del presbitero e sul discernimento della vocazione a questo ministero, hanno recentemente sottolineato come decisiva la dimensione della fraternità, indicandola come necessaria modalità del ministero pastorale e non semplicemente come “oasi” di rigenerazione spirituale per alcuni. Si tratta di prospettare condizioni favorevoli ad un rilancio ecclesiale della “fraterni-
tà presbiterale” come stile di vita. Ma questa espressione non indica soltanto uno stile: nell’ambito della riforma dei vicariati, essa diventa indicativa di un concreto modo di s t a b i l i re i rapporti tra preti che vivono sullo stesso territorio. la “fraternità presbiterale” la forma di un gruppo di presbiteri che vivendo rapporti significativi tra loro, diventano segno e testimonianza di una fraternità più vasta che abbraccia l’intera comunità: non si tratta dunque di una fraternità chiusa ed esclusiva, piuttosto di un segno e di un fermento che alimenti le relazioni dell’intera comunità. la “fraternità presbiterale” consiste in relazioni impegnative tra un numero limitato di presbiteri (una ventina), che vivono e lavorano
in parrocchie contigue e si alimenta ad una serie di impegni condivisi che vengono definiti da loro stessi, dal presbiterio diocesano nel suo insieme e dal vescovo. Particolarmente, la “fraternità presbiterale” si propone di favorire l’alimentazione della fede del presbitero e delle sue competenze pastorali, l’e-
Gli organismi della C.E.t. saranno: * Il Consiglio Vicariale composto da: • Il Vicario Territoriale • Un rappresentante laico per parrocchia • Un rappresentante presbitero per ogni Fraternità • Un rappresentante della Consulta Diocesana delle aggregazioni laicali • Un rappresentante della Vita Consacrata • Un segretario part-time *la Giunta Presbiterale composta dal vicario territoriale e i moderatori delle Fraternità P re s b i t e rali
sperienza della Grazia del ministero, uno stile di vita in cui gli aspetti comunitari possano emergere in maniera significativa, la condivisione dell’impegno pastorale.
*Il Vicario Te r r i toriale, rappresentante del vescovo nella C.E.t. (i 13 nuovi vicari saranno indicati dal vescovo nel gennaio 2018 per poter condurre i lavori di preparazione della riforma).
Mercoledì 7 febbraio 2018, ore 20.30, presso il Cinema di Mapello, il Vescovo Francesco incontra tutti i Consigli Pastorali delle Parrocchie che entrano nella C.E.t vII
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Titolo Titolo TitoloTitolo Titolo Titolo Titolo Fuoco e luce,Titolo Madonna del Rosario Titolo Titoloe anniversari Titolo Titolo
La festa della Madonna del Rosario nella prima Domenica di ottobre, è stata l’occasione per festeggiare anche alcuni anniversari: 50 anni di professione religiosa di Suor Costantina, 55 anni di ordinazione sacerdotale di don Paolo e i 60 di don Vittorio. Nella concelebrazione che ha preceduto la processione, abbiamo ascoltato don Giampaolo che, partendo dal Vangelo con la parabola dei due figli che si sentono dire dal padre di andare a lavorare nella vigna, rispondendo a voce e coi fatti in modo diverso, ha poi fatto alcune digressioni su rimorso e pentimento. Eccone alcuni stralci. Quando si arriva a una certa età,- 50 anni ce li ho io, anzi 51 o anche prima o più in là- il pericolo grande è quello di vivere di rimpianti. Ah se non avessi fatto quella cosa lì… ah se non avessi detto quella cosa là… ma l’ho fatto e l’ho detto e adesso? Lo ridico, lo rifaccio?! Che cos’è che dice che il pentimento è diverso dal rimorso e dal rimpianto? Nel pentimento vero non c’è il rimorso e il rimLa Lettera
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pianto, ma c’è la speranza. La vittoria sul senso di colpa che ci portiamo dietro nella vita è proprio la speranza, un pentimento che è fatto di speranza. Speranza su che cosa? Speranza su quel Dio che davvero è capace di perdonarci, è davvero misericordioso. Gesù con la parabola di questa mattina voleva dirci questo: guarda che Dio è capace di perdonarti. Se ti penti scopri una delle cose più belle anzi, la cosa più bella dell’esperienza cristiana: essere un peccatore perdonato. Allora puoi arrivare ad un certo punto nella vita, anche molto in là e non sei più vinto dai sensi di colpa, dai rimpianti, ma assumi un altro atteggiamento. Ecco, noi che oggi ricordiamo i 50 anni di professione religiosa di Suor Costantina, i 55 anni di ordinazione sacerdotale di Don Paolo e i 60 di Don Vittorio, vogliamo pregare insieme con loro perché, appunto, la loro età in questo traguardo non faccia rinascere rimpianti, ma sia un traguardo di gratitudine nel senso più profondo di essere peccatori perdonati. Papa Francesco ama tantissimo questa espressione e dice spesso: “Io di me so per certo che sono un peccatore perdonato”. Lo dice il Papa, ed è bellissima questa cosa. Perché
appunto quando si dice così abbiamo superato i rimorsi, i sensi di colpa, i rimpianti. Il senso di colpa serve, ma per quel momento poi ci vuole appunto il pentimento, la speranza del pentimento. Poi una seconda cosa: “E’ passato Giovanni, vi ha annunciato una parola di conversione e voi non siete cambiati” dice Gesù. Però i pubblicani e le prostitute sì. Grandioso! Ci sono delle persone a cui non daresti davvero un soldo bucato e invece le vedi cambiare, le vedi trasformarsi. Vedi davvero che, perché hanno scoperto di essere amate, si sono pentite nella speranza e sono cambiate…hanno ritrovato il posto giusto da dare a Dio e alle cose. Questa è una grande grazia per chi decide di vivere la sua vita sulla strada della scelta religiosa, sulla scelta del sacerdozio. A volte
ci è capitato in confessionale. A me una volta è capitato che dopo un po’ di anni dopo che ero andato via da Verdello, mi è arrivata una telefonata che mi dice “Ciao Don, sono An-
drea (chiamiamolo così) si ricorda di me?” “Certo che mi ricordo di te, eri uno dei più disperati dell’oratorio” “Ecco, ma se il figliol prodigo torna alla casa del padre, cosa fa il padre?” “Grazie che mi tratti da padre, ma sicuramente il padre gli spalanca la porta”. Andrea adesso è frate Cappuccino. E davvero era uno dei disperati, ma disperati! Perché? Perché il Vangelo è capace di cambiare la vita e questa è una grazia grande che abbiamo nella vocazione nostra. C’è un’ultima cosa che voglio dire a proposito del tempo che passa, a proposito del rimpianto da vincere, del rimorso… Ho trovato una citazione di uno scrittore francese Victor Hugo che dice “Negli occhi dei giovani vedi il fuoco, negli occhi degli anziani dovresti vedere la luce”. E’ bellissimo. Perché nella giovinezza ti dai tanto da fare, c’è un fuoco, una passione, hai anche le forze. Ma è bello trovare degli anziani che magari non hanno più le forze di prima, c’è qualche acciacco, lo slancio di prima non c’è più per ovvi motivi, ma hanno dentro la luce. La luce che non viene più dal fuoco delle tante cose da fare, ma la luce che viene appunto da una purificazione che è quel fuoco, quella passione per gli altri che ha caratterizzato la loro vita, ha portato la luce. Trovare degli anziani che trasmettono luce. Luce perché si sono riconciliati con
la loro vita. Luce perché sono stati contenti di vivere e sono ancora contenti di essere a questo mondo. Luce perché c’è una sapienza nelle cose che sa valutare, sa pesare le cose. A proposito di questo mi
Dopo la concelebrazione abbiamo camminato sulle vie del paese in compagnia di Maria, portata dagli Alpini nella statua che la rappresenta con il bambino in mano e avvolta in un manto che tutti raccoglie. Alcuni gruppi
è venuta in mente anche una frase di Paolo VI che pensando alla sua morte diceva: “Terminando mi piacerebbe essere nella luce. La luce di vedere i miei peccati, ma soprattutto la luce della sapienza e vorrei avere un concetto riassuntivo di tutta la vita” e penso che questo concetto riassuntivo sia la riconoscenza. Ecco, questo penso di poter augurare a Suor Costantina, a don Vittorio e a don Paolo: arrivare con questa luce, la luce della riconoscenza. Dopo tanto fuoco, dopo tanta passione, tanto lavoro generoso, faticoso, arrivare adesso, dopo un bel po’ di anni, con questa luce dentro. Non per non far più niente, ma per fare quello che è giusto fare con questa pace interiore. Per cui il Signore regali anche a noi di poter sentire il fuoco del Vangelo, di questa Parola che è capace di cambiarci e di arrivare finalmente quando sarà il momento, quando saremo grandi, a questa luce che trasmetteremo agli altri.
hanno portato anche i cinque teli con le rispettive tappe dell’anno pastorale che ci aiutano a vivere il vangelo di riferimento. Ai festeggiati abbiamo regalato un cuscino (questo è l’anno, come per la prima Comunione e gli anniversari di matrimonio) con foto dei primi tempi e la data anniversaria. Poi ci siamo trasferiti all’area festa preparata con gusto. E con gusto abbiamo pranzato insieme, anche a conclusione del primo tempo del nuovo anno pastorale, introdotto dalla Festa di Comunità.
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Titolo Titolo Titolo Titolo Tumbas
Con il 2 novembre è iniziato un percorso di riflessione e preghiera sul tema della morte e del morire dal punto di vista che la nostra fede ci offre. Il titolo è singolare (preso da un libro che è uscito nelle librerie qualche mese fa): tumbas. È una parola spagnola che significa tombe. Il libro che ha questo titolo, presenta alcune tombe di persone che hanno lasciato un segno nella nostra storia e la tomba come un segno, come lo spazio e il luogo del loro ultimo messaggio, il loro congedo dalla vita di questa terra. la tomba, dunque, non solo come spazio in cui racLa Lettera
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[Ottavario dei defunti]
cogliere i resti di una persona ma come parola definitiva sulla vita, sull’esistenza. Certamente ci sono tombe che riflettono una fede esplicita nel Signore Gesù, altre forse no, ma ci provocano in quanto cristiani e magari ci aiutano a rinnovare, proprio partendo dalla provocazione che ci offrono, la nostra fede. Partiamo da una riflessione che, prima di guardare alla tomba come a un messaggio che il defunto lascia a chi viene dopo di lui, prova a guardare il senso del gesto di fare una tomba, di seppellire i morti. Si tratta di un gesto denso di significato che nella tradizione di noi cristiani è definita come opera di misericordia. Parallelamente, in chiesa parrocchiale, abbiamo esposto opere a china di Gianni Bolis, un artista di Calolziocorte: una raccolta di letti e cimiteri. tumbas, appunto. le righe tracciate dalla china di Bolis illuminano le notti, mettono in evidenza le domande, svelano i sentimenti e danno vita a stati d’animo contrastanti, inizialmente timidi e velati e, pian piano, sempre più audaci. Che domandano pietà. Che chiedono giustizia. Che ricordano al mondo che solo la pace dei popoli dona luce agli sguardi, tenerezza ai sentimenti, profondità all’anima dell’uomo. E un senso vero all’esistenza. non è facile, forse, certo!, non è facile ascoltare i sussurri dell’anima vigile di un pittore che ci racconta frammenti di dolore ed esperienze di vita. Ci vuole coraggio e sensibilità per lasciarsi conquistare e catturare da una bellezza che nasce da un contrasto, più che da un’armonia. Perché la promessa di comunione, che sembra ormai perduta, si fa strada, invece, proprio in questi apparenti conflitti, volutamente accentuati, tra il nero e il bianco, tra il dolore di un’esperienza e il sogno di una luce nuova per l’umanità. E l’artista, inaspettatamente, canta la vita, laddove la morte sembra avere avuto la vittoria. Basta affacciarsi timidamente sul bordo di questi fogli per ascoltare i gemiti nascosti, le ferite dimenticate, le lacrime forse mai svelate di uomini e donne che ci parlano non più solo
di una guerra, di “quel” determinato avvenimento storico, di una realtà ben precisa, ma di noi! Delle nostre ferite. Delle nostre paure. Dei nostri sensi di colpa. Della nostra mal augurata capacità di operare il male. E della nostra chiamata a diventare amore. Un’opera d’arte alla Biennale di Venezia del 2015: Ashes (a cura di don Giampaolo) Parto da un’esperienza che ho vissuto e che mi è rimasta particolarmente viva nella memoria: la visita alla Biennale d’arte di venezia di due anni fa. Il titolo di questa grande esposizione di opere d’arte contemporanea era molto intrigante: all world’s futures, cioè tutti i futuri del mondo. Già: ci si chiedeva come immaginare il futuro del mondo e dell’umanità. Il punto di partenza era un acquarello di Paul Klee, angelus novus che provocava a pensare sul tema della speranza, la virtù del futuro. Proprio la speranza è la virtù che in questi giorni chiediamo in dono nella preghiera: la speranza che va oltre la morte e che ci fa vivere non legati, incatenati a questa terra; che ci porta a pensare che chi è morto non è finito ma, come dice il prefazio I della messa dei
defunti, è passato dalla morte alla vita. Proprio nel percorrere le sale di questa grande esposizione mi sono imbattuto in un’opera di Steve Mcqueen, non il famoso attore americano degli anni settanta ma un regista britannico, pure famoso, che è anche artista. Questo regista, oggi 48enne, ha presentato un’opera dal titolo ashes, cioè Ceneri. non pensate immediatamente a qualcosa di penitenziale: ashes era il soprannome di un giovane che Steve Mcqueen ha conosciuto nella sua giovinezza quando fece un viaggio nelle isole Grenadine, che si trovano nei Caraibi, terra di origine di suo padre che poi si trasferì a londra, città dove è nato l’autore. In questo viaggio nel quale ritrovare le sue origini, il giovane Steve incontrò questo altro giovane che si presentò a lui come ashes, così come tutti lo chiamavano. l’impatto con questa opera è stato per me un’esperienza singolare: sono entrato in questa sala avvolta di tende nere dove, al centro c’era uno schermo. Sullo schermo veniva proiettato un filmato che evidentemente era stato realizzato con mezzi di qualche tempo fa - vista la ‘sgranatura’ tipica delle super8 - il cui protagonista era proprio ashes, un giovane dai capelli biondo-cenere (ecco il
motivo di quel soprannome!) pieno di vita e dispensatore di sorrisi, che stava sulla sua piccola barca in mezzo a un mare azzurrissimo. Il rumore di sottofondo che sentivo era il rumore delle onde che si frangevano sullo scafo, le risa dei giovani e ciò che si vedeva era appunto ashes, dal corpo atletico e asciutto, che pescava e che si tuffava nel mare. Una scena piena di vita e di serenità. Ma, mentre guardavo, mi accorgevo che c’erano altri rumori, più bassi, che si sovrapponevano a quelli di ciò che stavo vedendo. attratto da questi altri rumori mi spostai al di là dello schermo e lì mi accorsi che veniva proiettato un altro filmato: prima due mu-
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ratori con una carriola e una specie di rettangolo in legno di dimensioni notevoli, ben più di un grosso armadio, che si avvicinavano a un tumulo di terra sul quale ponevano quella specie di armadio-cassone, preparavano del cemento che facevano colare proprio dentro di questo. Dopo un poco, cominciavano a lavorare con la frattazza e lisciavano il cemento e, infine, lo coloravano di bianco, lo decoravano con una semplice greca e vi apponevano una croce. Dopo i due muratori si vedeva un uomo, uno scalpellino, che sceglieva con cura una lapide di marmo su cui scalpellava poche parole e due date. al termine del suo lavoro si poteva leggere: ashes, 1980-2002, a boy - ashes, 1980-2002, un La Lettera
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ragazzo. Pian piano si fece chiara in me la storia che l’artista ha voluto raccontare: la storia di un giovane a cui è stato tolto il futuro. ashes, poco dopo aver conosciuto Steve Mcqueen, in realtà, fu ucciso da una banda di spacciatori di droga perché casualmente aveva scoperto il loro nascondiglio. l’autore seppe molti anni dopo di questa tragedia quando tornò per un nuovo viaggio ai Caraibi: vedendo che di ashes non era rimasto che un tumulo di terra, infestata da erbacce perché non era per niente ricco e nemmeno poteva permettersi una tomba, decise di farla predisporre lui e pagarla con i suoi soldi. Dunque l’opera d’arte è la presentazione di questo giovane uomo che non ha potuto avere un futuro ma per il quale il regista/artista ha voluto una tomba. Una tomba: perché? Perché la tomba per ashes? ormai la sua vicenda era passata e lontana nel tempo. tanti come lui non hanno avuto una tomba... a me è venuto da pensare che nell’artista sia nata proprio questa determinazione: non è giusto che un uomo, un essere umano non possa avere una tomba, un luogo dove venga raccolto ciò che di lui rimane e dove possa essere ricordato, onorato. È proprio questo il senso di una tomba, di seppellire i
morti: la persona che è vissuta non può essere totalmente dimenticata, lasciata all’oblio. ogni persona ha una dignità che proibisce di poter lasciare il suo corpo ormai cadavere in una situazione dove non ci sia qualcosa, un segno di cura su di lui. Potremmo dire così: non siamo fatti per l’oblio! Siamo invece fatti per la cura, per essere oggetto di cura! Io non so se Steve Mcqueen sia credente ma questa opera è davvero commovente. Rimaniamo a pensare ancora un momento: perché una tomba? Il corpo morto di una persona non è più una persona, non è più un essere vivente. È diventato un oggetto. Prima era un soggetto: una persona che non solo respirava ed emanava calore ma parlava e comunicava; costruiva legami di affetto, esprimeva una ricerca di senso... ma ora? Eppure il corpo morto di una persona è ancora lei. C’è una continuità che noi fatichiamo a non considerare tra la persona che ha vissuto e il suo corpo dopo la sua morte! Proprio questa continuità tra l’uomo vivente e il suo corpo è qualcosa che riguarda l’umano, la dignità umana. anche Gesù è stato sepolto e già la sua sepoltura ha qualcosa di paradossale: infatti è morto come l’ultimo degli ultimi; come un disgraziato, nel senso letterale del termine e cioè uno fuori da ogni grazia, né quella degli uomini, né quella di Dio; come un maledetto. Ma è stato sepolto come un re, un principe. In Gv 19,38-42 si racconta di questa sepoltura solennissima: Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di
Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo - quello che in precedenza era andato da lui di notte - e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù. trenta chili di olio profumato, teli ed aromi! Per di più in un giardino, eco del giardino della creazione, l’Eden ed eco del giardino/oasi in cui finalmente nel Cantico dei Cantici l’innamorata incontra finalmente il suo innamorato! nella mestizia e nell’anonimato Giuseppe d’arimatea, nicodemo, le Marie - quelle poche persone - hanno onorato e riconosciuto a Gesù un’altissima dignità. E lo hanno fatto a rischio della loro vita! anche per loro Gesù non poteva essere lasciato all’oblio, esposto alla vergogna. Seppellire i morti, opera di misericordia la tomba è l’ultima casa che si riserva su questa terra a una persona. Per noi cristiani, la vera casa, la vera patria è oltre, è la Gerusalemme del cielo che è nostra madre, come abbiamo pregato nella festa
di ognissanti. Come la prima casa, anche la tomba non è fatta da chi la “abiterà”, se così si può dire. È qualcun altro che la prepara e la allestisce per chi è morto. la tomba è ciò che gli altri fanno a te quando tu non puoi più niente su di te. Quando non puoi più gestire nulla di te, quando sei nell’impotenza più assoluta qualcuno si prende cura di te - del tuo corpo, di ciò che di te rimane sulla terra - e ti tratta con grande delicatezza e affetto. la tomba è il segno che quando tu sarai nella più profonda passività, sarai di qualcuno/Qualcuno. non sarai destinato all’oblio! Mani ti prenderanno e ti adageranno in un luogo preparato apposta per te. Per noi che crediamo in Gesù, il risorto dalla morte e dal sepolcro, queste mani saranno il segno di altre mani, quelle di Dio, che ti accoglieranno in un abbraccio eterno d’amore. C’è poi da considerare che questo non accadrà a qualche uomo sulla terra e a qualche altro toccherà solo seppellire. Cioè: non saremo solo attivi nel costruire le tombe per gli altri che muoiono prima di noi; giungerà invece il giorno anche per noi in cui saremo passivi. Proprio perché noi seppelliamo i nostri morti potremo sperare che ci sarà qualcuno che ci preparerà la tomba e non ci lascerà, cosa tra le cose, abbandonati ed espo-
sti in qualche luogo sperduto. Si tratta di un’opera di misericordia perché è accogliere chi non può più nulla e fare per lui ciò che si vorrebbe anche per noi. È un’opera di misericordia perché chiede una reciprocità che non può essere imposta e nemmeno controllata da chi la richiede; una reciprocità a cui ci si può solo affidare. La rimozione della morte oh, noi sappiamo che non è però sempre così: ci sono persone che non ricevono una sepoltura. Ma proprio questo ci fa dire che l’umanità dimen-
tica di essere umana, rimuove volentieri l’idea della morte! E questo in due modi: c’è la rimozione della morte del povero, dell’emarginato che è realtà La Lettera dicembre ‘17
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che disturba: la morte di ashes e di tanti giovani come lui è una morte di questo genere. Simi-
le a questa morte è la morte, per esempio, di tanti profughi che hanno trovato la loro tomba nel mare Mediterraneo il quale, evidentemente, non è una tomba. E, se mai il mare è per loro tomba, lo è divenuto senza che nessuno ricordasse le loro singole persone, i loro singoli e irripetibili nomi con le storie ad essi legate. E poi c’è un’altro modo di operare la rimozione della morte: il non accettarla, il ritenerla fuori dalla vita, il pensare che solo la vita vale, la vita intesa nella sua dimensione più materiale, direi biologica. Questa rimozione della morte è spesso invece dei ricchi. Un esempio? Provate a pensare: in Italia c’è un paese, Porto Cervo, in Sardegna, dove non c’è il cimitero. non è prevista nessuna sepoltura. viene da chiedersi: è possibile fingere che la morte non ci La Lettera
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sia? È possibile che tutto sia da considerare solo nell’orizzonte terreno? È davvero umana questa prospettiva? noi non lo crediamo. anzi, noi cristiani siamo chiamati ad essere umani di un’umanità tutta particolare che ci porta a pensare che il seppellire i morti significa qualcosa di più bello e grande di ciò che finora abbiamo detto: significa preparare la penultima - e non l’ultima! - dimora che sia già orientata al futuro, a quel Futuro che è Dio stesso, è quella realtà che siamo stati abituati a chiamare fin da piccoli la casa del Padre! Tumbas e cioè: da qui ancora parlo... la solidarietà tra gli uomini fa sì che dunque chi sa di dover morire e prevede la sua morte può preparare la sua tomba e farla diventare spazio di comunicazione, congedo definitivo, segno che ancora indica un senso o, perlomeno, una speranza. È ciò che faremo in questi giorni, vedendo alcune tombe. Ma fermiamoci a pensare cosa significa essere davvero umani;
cosa è essere passivi e come è possibile per noi fidarsi di chi ci sta intorno quando sperimentiamo la passività e saremo posti nella passività definitiva. E ancora: domandiamoci che tipo di mondo contribuiamo a costruire, che tipo di comunità umana; se una comunità umana che conosce una solidarietà tra le generazioni che porta a seppellire con dignità e rispetto i propri morti, tutti gli uomini che muoiono oppure che si lascia tentare dalla suggestione della rimozione della morte...
Titolo Titolo Titolo San Carlo con il Vescovo Carlo [Festa a Burligo]
che, ripercorrendo la vicenda di San Carlo, ci ha affidato tre realtà preziose. • l’amore al crocefisso, nel quale il Santo avvertiva tutta la potenza dell’amore di Dio, con la necessità di conformare la vita a lui; • la partecipazione viva all’Eucarestia, sacrificio di Cristo, che ci permette di diventare lo stesso suo corpo; • il cammino di penitenza che aiuta a custodire e disciplinare il cuore.
Da pochi mesi il vescovo Carlo Mazza, nativo di Entratico, è tornato nella terra di Bergamo, dopo aver concluso il suo servizio alla Chiesa di Fidenza, alla quale era stato nominato il 1º ottobre 2007 da papa Benedetto XvI. l’abbiamo invitato per la festa patronale di San Carlo Borromeo, a Burligo, unendo così anche gli auguri per il suo onomastico e per il decimo anniversario di ordinazione episcopale, avvenuta il 1º dicembre 2017, nella cattedrale di San Donnino a Fidenza. nella chiesa addobbata a festa, con la partecipazione di tanti fedeli, sono riecheggiate le parole del vescovo Carlo
San Carlo ha attraversato molte tempeste, ma con il desiderio di essere con Cristo crocefisso, fortificato dall’Eucarestia e spezzandosi per il bene della chiesa. Ha vissuto il suo “cupio dissolvi” (Filippesi 1, 23-24), un desiderio di spendersi per Dio e per i fratelli. la concelebrazione, con la partecipazione di don Giampaolo, don Giuseppe e don Paolo, è proseguita con la processione nella quale, tra invocazioni, canti e musica della Banda, abbiamo pregato con le parole di un altro Carlo, il Cardinal Martini, nella sua lettera a San Carlo. Dopo la benedizione ci
attendeva un ricco buffet accompagnato dalle caldarroste, il taglio della torta da parte del festeggiato e il brindisi. la collaborazione di tante persone –per la chiesa, la sagrestia, il canto, gli addobbi, i lumini, il rinfresco e anche per i lavori che hanno preceduto la festa (altari laterali, banchi, crocefisso, pulizia arenaria…)hanno reso bello e sentito l’appuntamento del patrono. anche la decisione del Consiglio Pastorale di mantenere il sabato 4 novembre, il giorno esatto della memoria liturgica, per le celebrazioni, s’è dimostrata azzeccata: il giorno dopo, Domenica, infatti, pioveva a dirotto. acqua benedetta, certo, poiché da troppo tempo non pioveva. Ma la processione non avremmo potuto farla.
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Mi presento So che la mia facciata è un po’ particolare, con la parte superiore quasi mozzata, ma è bella così. Anzi, la struttura sembra dare ancor più risalto al vero gioiello che si impone in essa: il portale, in arenaria e marmo bianco di Zandobbio. Pensa che sembra arrivi
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[Chiesa della Visitazione in Brocchione]
addirittura dall’epoca romana quando faceva da ingresso a un bel palazzo che venne successivamente smantellato e, come per tanti reperti antichi –le grandi città ne sanno qualcosa- venne poi addossato alla facciata, rendendola così solenne e bella. Due medaglioni scolpiti con il profilo degli imperatori Nerone e Adriano, sono la firma di un’epoca antica e pagana che si apre al mistero di Dio fattosi carne. Entrando, ti trovi in un’aula accogliente, bella, luminosa, con volta a botte e con i tratti tipici di una chiesa del 6-700. L’occhio è subito attirato dall’altare dove troneggia il maggiore di colore nero, in scagliola, con motivi ornamentali di colori diversi e la mensa per la liturgia post-conciliare. Anche i due laterali, dedicati alla Madonna Immacolata e a Sant’Antonio, sono dello stesso stile, ma con meno tonalità di colore. Nel catino absidale trovi la pala centrale, raffigurante la visita
di Maria a Santa Elisabetta, dipinta nel 1642 da Dolfino Giacomo. Nel cartiglio che chiude la decorazione della cornice si legge il versetto biblico: “Quale onore che la madre del mio Signore venga a me”, parole pronunciate dall’anziana Elisabetta alla giovane cugina Maria. E’ questa scena a dare il titolo alla chiesa di Brocchione, detta appunto della Visitazione ed è sempre bello vedere questo mio spazio gremito di fedeli per la festa, alla fine di maggio, occasione di gratitudine anche per la conclusione dei cammini di catechesi. L’altro appuntamento importante che attendo con ansia è la solennità dell’immacolata, l’8 dicembre. In questa occasione alcuni anni fa è stato presentato il restauro di una tela del ‘600 con la donna dell’Apocalisse, “vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”, comunemente indicata come Immacolata, appesa all’ingresso. Ma, come capita per altre chiese a Palazzago, alla intitolazione ufficiale si affianca
Titolo Titolo Titolo la devozione popolare per un altro Santo: Antonio, raffigurato nella statua di un altare laterale e in un quadro della controfacciata, con il bambino Gesù su di un libro e il giglio nell’altra mano, i classici segni che lo rendono riconoscibile. Ai lati della pala centrale ci sono due altri quadri con la adorazione dei Magi e i Santi Gioacchino ed Anna al cospetto di Dio Padre e della Immacolata, i cui recenti restauri hanno restituito i colori originari. Non posso non ricordarvi di dare uno sguardo alla cantoria con l’organo e al pulpito con baldacchino, opere singolari del 1720, in legno intagliato e dipinto su fondo chiaro che si inseriscono bene
nel contesto, dando ancor più eleganza a tutta la chiesa. Puoi concludere la mia conoscenza giungendo in sagrestia, occupata in gran parte da armadi in noce intagliato in radica e, nell’angolo, da un bel lavabo in arenaria scolpita. Uscendo ti renderai ancor più conto della serenità che respiri nel mio spazio, nell’alternanza di tinte chiare e lesene di finto marmo. Ma di finto c’è solo il marmo: il resto è tutto frutto di una vera devozione e di un gusto fine che anche oggi la frazione e i fedeli portano avanti, orgogliosi di avere dal passato una così preziosa eredità.
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Il ricordo “sprint” di Caterina Tubacher Un messaggio al cellulare ed un passaparola che ha lasciato tutti a bocca aperta e sgomenti: è ciò che è avvenuto in quel lunedì pomeriggio 18 settembre 2017 nella nostra comunità di Valmaggiore.
Caterina Tubacher, sorella del nostro parroco don Romualdo Tubacher, è in grave condizioni, forse non ce la farà. “Ma come è possibile? L’abbiamo vista sabato sera…” questa è stata la frase che ha unito tutte le generazioni al ricordo di quel sabato 15 setLa Lettera
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tembre 2017 che ha coinvolto la nostra comunità in un torneo alla memoria di don Aldo Tubacher nella ricorrenza del 20^ anno dalla sua morte. Un torneo che è stato voluto dalla parrocchia in collaborazione con i giovani dell’A.S.D. “Lago di Endine” che, dopo diversi anni, hanno fatto rivivere il campo sportivo dell’oratorio. Il pensiero è stato subito di avere come madrina proprio Caterina, la quale con entusiasmo e grinta ha voluto presenziare a questo appuntamento, preceduto nel pomeriggio dall’intitolazione della via proprio a suo fratello don Romualdo. Questo desiderio atteso per 20 anni lo ha commossa ed ha coinvolto tutti i parenti e la gente presenti in un emozionante ricordo per quello che lei stessa ha vissuto nei numerosi anni in cui è stata presente affianco a suo fratello nella casa parrocchiale di Valmaggiore, un tempo lungo che l’ha inserita come “una della nostra comunità”. Aneddoti, ricordi, raccomandazioni del fratello a Rina quando partì alla volta della sua prima destinazione (mi raccomando Rina, fai la brava!!!) hanno fatto da cornice alla cena insieme al parroco ed al sindaco, fautore e realizzatore del desiderio della comunità e di Caterina nel lasciare un segno concreto del ricordo di suo fratello nella toponomastica della frazione Valmaggiore di Endine Gaiano. Rina non ha perso un solo istante della finale del qua-
[di don Andrea Lorenzi, parroco di Valmaggiore]
drangolare dove hanno partecipato le squadre di calcio delle parrocchie in cui don Aldo ha prestato servizio e della sua parrocchia di origine (nello specifico Castro, Palazzago, la Polisportiva di Endine Gaiano e la l’A.S.D. lago di Endine che lei stessa l’ha chiamata “la squadra di Valmaggiore!!!”), dove proprio l’A.S.D. ed il Palazzago hanno disputato la finale e dove lei stessa ha esultato nel vedere che il Valmaggiore ha vinto (“hanno vinto loro… mi dispiace per il Palazzago ma lo hanno meritato loro!!!”); ha atteso in mezzo ai giovani la premiazione, ascoltando chi era lì per quel momento di ricordo e di festa, appassionandosi alle storie proprio di quei ragazzi e giovani che l’hanno invitata e che le hanno voluto bene da subito. Rina, come madrina, ha premiato i vincitori ed ha potuto ricevere lei stessa una targa a nome dell’A.S.D. e della parrocchia per la sua partecipazione, proprio a ricordo di don Aldo. Noi la vogliamo ricordare nel suo sorriso, nella sua felicità e gratitudine, nelle sue lacrime di commozione, nell’abbraccio della “sua gente di Valmaggiore”, quando stanca ma grata a Dio per quella giornata, è ripartita per Palazzago sulla macchina dei suoi parenti. Rina ha mostrato che si può essere giovani anche alla sua età!!! Grazie Rina a nome della comunità di Valmaggiore, grazie per aver vissuto in modo “sprint” tutta la tua vita!!!
La morte di Caterina Tubacher, avvenuta solo pochi giorni dopo l’intitotalzione della via al fratello don Aldo ci ha fatto pensare all’espressione di Simeone: “ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola...” Forse era proprio ciò che aspettava nel XX anniversario della morte di don Aldo (7 ottobre 1997). Durante l’omelia del funerale di Caterina, don Giuseppe ha ripreso parte del testamento di don Aldo, rintracciando in queste parole anche una sintesi della vita della sorella. ...dal testamento spirituale: “Credo in Dio Padre, in Gesù crocifisso e risorto, prova concreta dell’amore del Padre per noi, credo nello Spirito Santo amore che mi ha dato la grazia grande della vocazione sacerdotale e mi ha chiesto con i suoi doni di lasciarmi amare e lasciarmi perdonare dei miei peccati. Ringrazio i genitori che mi hanno trasmesso questa fede viva, semplice, che non è mai venuta meno in me. Ringrazio il Seminario per avermi dato una formazione spirituale e preparato all’apostolato. Ringrazio i miei Vescovi che mi hanno sempre amato tanto: sua Ecc. Mons. Bernareggi che mi ha imposto le mani nella consacrazione del 19.05.1951 e i suoi successori. Ringrazio le anime che il Signore mi ha affidato nella mia missione: Sabbio la mia prima destinazione a 23 anni, novello sacerdote, pieno di entusiasmo e forse di inesperienza. Palazzago dal 1954 al 1966, anni del Concilio, anni per me di forza e vitalità giovanile, Valmaggiore nel pieno della maturità. Ho cercato di trasmettere (per quanto mi è stato possibile) il nucleo centrale dell’essere cristiano: Dio ci ama, Dio non è nient’altro che amore (S. Giovanni) e la nostra risposta è la carità = amore per i fratelli. Se per caso ho offeso qualcuno e ho amato qualcuno non come Cristo ci ha amato, chiedo a tutti perdono, ma confido soprattutto nella sua Bontà e Misericordia. La mamma di Gesù (penso la mia vocazione sia nata nella chiesetta della Natività di Castro) interceda per me”. I familiari hanno donato alla parrocchia un ritratto di don Aldo del pittore Bonfanti che è stato posto nel museo, alcune icone e un pannello con foto relative agli anni del suo servizio a Palazzago. Al centro sportivo a lui intitolato è stato portato un altro ritratto del pittore Capelli.
Ecco l’aggiornamento della situazione economica riguardante la Casa di Comunità. troviamo il primo grafico dei lavori che pensavamo andasse verso l’estinzione, ma, con gli arredi, ha visto un incremento. Il secondo riguarda il mutuo (scadenza nel 2023). Intanto è giunta anche l’altra metà del finanziamento Cei (ottoXmille) di 75.000 €. lo stavamo attendendo ansiosamente e, puntuale è arrivato. Grazie di cuore e grazie anche a tutti coloro che in modi diversi stanno sostenendo quest’opera. avanti, forza e coraggio
Titolo Titolo Titolo Titolo
FINE LAVORI FINE LAVORI IMPEGNO € 918.000 di cui 841.000 LIQUIDATI IMPEGNO TOTALETOTALE € 1.095.681 (iva inclusa) di cui € 1.018.000 LIQUIDATI
77.000
FINANZIAMENTO DI € 564.960 - NR.8 RATE ANNUE DI € 70.620
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Work in progress L’idea e l’attenzione c’erano da molto tempo, i progetti da un po’. Appena arrivate le autorizzazioni (Curia, Comune, Paesaggistica…) e dopo il gran fermento per la Casa di Comunità, ecco realizzato il primo lotto per l’abbattimento delle barriere architettoniche in Oratorio. Carrozzine e passeggini possono arrivare al bar, alla
sala, ai giochi e alle toilette attraverso la rampa che ha conferito all’ingresso dell’Oratorio anche un tocco più bello, con aiuola, muro rivestito in pietra e illuminazione. Un grande grazie all’offerente che ha coperto la spesa dell’intero intervento. Ora ci attende l’altro lotto, più impegnativo dal punto di vista economico. Sarà una passe-
rella che, garantendo la pendenza necessaria, salirà verso l’ingresso del teatro e delle aule, affiancando il giardino che chiude la piazza don Todeschini. Grazie alla Proloco che ha già dato per quest’opera il ricavato della serata pro-solidale all’area feste. Poi, all’interno del teatro ci attende la rimozione… Insomma non è mai finita.
Collepedrino Un anno Sacro Cuore, un anno Maria. Il 2017, per Collepedrino è stato con la Madonna cui Mons. Ubaldo Nava nella riflessione ha fatto ampio riferimento, anche con il racconto di alcune testimonianze prese dal
suo ministero. Lungo il percorso della processione lo sguardo era attirato da una parte dal panorama della vallata illuminata dal sole settembrino che di lì a poco avrebbe lasciato il posto ad un temporale coi fioc-
chi e dall’altra dalla croce che apriva il cammino. A chiudere, la statua di Maria portata a spalla sul trono. Così era il suo sguardo a sospingerci, come chiediamo per tutto l’anno che abbiamo iniziato.
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L’evento più bello... Titolo Titolo Titolo Titolo
[A cura di don Roberto]
L’evento più importante della Beita, è la festa della Madonna della Salette che si svolge nel mese di settembre. Per diverse sere, la frazione si anima con proposte sia religiose sia ricreative. Diverse persone si sono impegnate per la riuscita della sagra e la loro dedizione ricorda una dimensione importante della festa: l’esaltazione della gratuità. A tutti loro va sicuramente il nostro ringraziamento perché grazie a loro abbiamo trovato momenti per sostare in preghiera nella chiesetta e per condividere momenti di festa, di amicizia, di condivisione e di buona cucina. Da sempre gli uomini sentono il bisogno di staccar-
un grande messaggio” con il vangelo della chiamata a tutte le ore del Signore per lavorare nella sua vigna, abbiamo riflettuto sull’importanza di saper guardare le cose, i rapporti, la vita, non con gli occhi dell’invidia, dell’esclusione, dell’apparire, ma con gli occhi della fiducia, dell’accoglienza, tenendo presente che tutto quello che abbiamo è dono per tutti gli uomini. Ciò che ci fa escludere gli altri, non è perché gli altri hanno commesso degli errori, ma perché siamo invidiosi della felicità altrui. Vivere insieme una festa è desiderare che nessuno si perda la sua felicità o che qualcuno gliela strappi.
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si dalla quotidianità con momenti di festa. Si fa festa per ringraziare, per accogliere, per ritrovarsi, per ritrovare la speranza. Festeggiare è da un lato celebrare la dimensione del sacro e dei valori di riferimento; dall’altro lato, è introdurre nella quotidianità gli aspetti del divertimento, dell’amicizia, della solidarietà e della partecipazione. La Festa della Beita, ha queste caratteristiche. Espressiva è stata anche la celebrazione eucaristica celebrata all’aperto e la processione con la statua della Madonna. Collegando il messaggio della Madonna: “Avvicinatevi, figli miei, non abbiate timore, sono qui per annunciarvi
Titolo Titolo Titolo Madonna de la Salette: si parte! [I lavori di ristrutturazione]
Dopo anni in cui alla festa della Beita è risuonata la voce di angelo Colleoni “generosi, generosi…” è arrivato il momento di partire veramente. Con lo Studio di architettura associato Dott. arch. Stefania locatelli, Dott. arch. Carlo Bono di Brembate Sopra (lo stesso che aveva diretto i lavori per la sistemazione esterna di tetti e facciate), la Curia, la Soprintendenza e la rappresentanza della frazione, siamo giunti a definire il piano di intervento, nelle fasi che seguono. a queste alleghiamo alcune immagini della piantina e del modello in scala realizzato per meglio capire il progetto di manutenzione straordinaria e restauro conservativo della Chiesa della B.v. Maria de la Salette, in località Beita di Palazzago - Interni ed aspetto liturgico, lotto 1: - Indagini geo-radar (già eseguite). - Indagini stratigrafiche ed eventuali analisi di laboratorio. - Rimozioni elementi decorativi, altari, quadri ecc.. - Rimozione zoccolo perimetrale inferiore interno.
- Rimozione pavimentazioni interne e relativi sottofondi. - lavori di scavo interni a macchina e a mano, operazioni di indagine post-scavo per eventuali ritrovamenti di carattere storico – archeologico fatto salvo le preverifiche effettuate con l’indagine geo-radar. - verifica infiltrazioni acqua e umidità ascendente e realizzazione eventuali sistemi di raccolta e smaltimento acque da infiltrazione. - Rimozione porzione degli intonaci interni intaccati dall’umidità e dalla presenza di sali sino alla quota occorrente. - verifiche e operazioni di consolidamento fondazionale delle murature che evidenziano fessurazioni e fratturazioni. - Realizzazione vespaio aerato con muricci e tavelloni con relativo getto di completamento, con collegamento al vespaio esterno già realizzato nel precedente lotto relativo alle opere esterne. - Realizzazione canalizzazioni per impianto di riscaldamento ad aria. - Realizzazione nuovi isolamenti e sottofondi. adeguamento impianto idro-termo sanitario con conversione della caldaia da gasolio a gas metano. - Bonifica cisterna gasolio interrata. - Messa a norma impianti elettrici e d’illuminazione e nuove predisposizioni per impianto audio, impianto antintrusione.
- Ripristino di intonaci precedentemente demoliti con nuovo intonaco macroporoso. - Realizzazione nuove pavimentazioni a disegno in graniglia e cls. - Realizzazione nuovo zoccolo perimetrale inferiore interno in graniglia e cls in attinenza con le nuove pavimentazioni. - Parziale pulitura / ritinteggiatura tinteggiature interne in corrispondenza del solo rispristino della porzione di intonaci rifatti. - Realizzazione dei nuovi luoghi liturgici temporanei – altare-mensa / ambone / sede / sedute presbiterio, nell’ottica dell’adeguamento liturgico. vorremmo partire con i lavori appena possibile per “inaugurare” l’opera nella festa della Madonna de la Salette. nel frattempo dovremo trovare una soluzione provvisoria per la celebrazione della messa delle 17.00 del sabato, mentre le altre (Domenica mattina e mercoledì) verranno sospese. nel frattempo non dimentichiamo il motto colleonesco…
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Equipe educat(t)iva
[A cura di Leonardo]
Mi scuso fin da subito per il gioco di parole che potrebbe già avervi fatto cambiare pagina, ma ora ne scoprirete il perché. Cos’hanno in comune Don Giuseppe, Gigi, Katia, Luca Allevi, Luca Cefis, Daniele Previtali, Vanessa, Federica Gotti e Leo (cioè io)? Apparentemente nulla, eccetto che tutti fan parte della nostra comunità. Bene, da martedì 12 settembre fan parte di un nuovo gruppo, l’equipe educativa. Al giorno d’oggi c’è un equipe per tutto e se ci pensate è proprio così: al lavoro c’è sempre un gruppo che valuta, che dirige, che prende delle scelte; a scuola ci sono i consigli di classe, quelli d’istituto, la consulta, ecc… Anche in oratorio abbiamo iniziato ad aggiungerne un po’ alla volta. Negli ultimi anni si è scoperto che il lavoro di equipe (o di gruppo, se non apprezzate il francesismo) è molto più produttivo di quello in solitario: quando un gruppo si ritrova
sione utile e spendibile. Ebbene, per noi non sarà così (o almeno ci proviamo): il nostro scopo non si limita ad osservare, capire, progettare e rielaborare, non siamo fini a noi stessi, ma siamo chiamati a tradurre le parole in azioni. Allora se decideremo che il bibliodramma è una tecnica utile che riesce davvero a trasmettere il senso profondo della Scrittura a chi la mette in pratica, lo riproporremo l’anno prossimo. Se capiremo che ci sono delle attività sterili, le ripenseremo e se penseremo che il nostro oratorio abbia un estremo bisogno di ritornare ad essere casa per tutti e in ogni momento, cercheremo di tenerlo aperto il più possibile e così via… Insomma, vogliamo essere un gruppo utile e fecondo perché la responsabilità che abbiamo è davvero molta e non vogliamo deludere nessuno. In ogni caso se avete delle proposte, delle osservazioni o delle riflessioni da proporci, sapete dove trovarci.
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con uno scopo comune, con un problema da risolvere, ha a disposizione più punti di vista, più menti pensanti di quando è il singolo che agisce. Certo, magari è più faticoso e richiede più tempo, ma spesso si prendono davvero delle scelte migliori se si è insieme ad altri. L’educazione è l’ambito in cui, forse più di tutti, c’è bisogno di lavoro di equipe: quando si tratta di capire di cosa ha bisogno davvero qualcuno, di leggere e interpretare una realtà grande e sfaccettata come una comunità intera, di creare un progetto da seguire, una mente non basta proprio. Dunque ci siamo imbarcati in quest’avventura e speriamo di far bene, nonostante non siamo tutti psicologi pluri-laureati. Mi piace pensare al nostro gruppo come un’equipe attiva: spesso il cristiano cattolico medio crede che dove c’è un gruppo che pensa, non si realizzerà mai nulla, non si giungerà mai ad una conclu-
Anche se abbiamo già fatto quattro incontri, con l’accompagnamento di Corrado, uno dei quattro facilitatori che l’UPEE ha assegnato alle diverse Parrocchie, riportiamo il lavoro del terzo, che è stato caratterizzato da due momenti. 1) La restituzione della lettura del capitolo sesto del sussidio “L’Oratorio oggi” nel quale si è posto l’accento su una domanda comune a tutti i membri del gruppo: sono in grado di far parte di un’equipe educativa? Le perplessità sono state inizialmente forti, ma si sono mitigate grazie a due interventi, uno di Vanessa che ha osservato che sarebbe stato più facile giudicare una volta che l’equipe avrebbe davvero cominciato a lavorare sistematicamente, e uno di Leonardo che ha invece constatato che, nonostante le fatiche di ciascuno, il confronto delle idee avrebbe portato ad un buon lavoro d’insieme. Importante è stata poi la ripresa di Corrado che ha sottolineato come tutti noi siamo educatori degli altri e che quindi non necessitiamo di particolari titoli per far parte di un’equipe educativa. 2) Il secondo momento ha avuto come scopo la compilazione personale di una tabella in cui indicare cosa funziona in oratorio e cosa si può migliorare, mentre sulla terza colonna era richiesta una breve suggestione su come si vorrebbe che sia l’oratorio fra dieci anni. Vediamo cosa è uscito. Cosa funziona: - La “forza aggregativa” dell’oratorio che si declina in svariate iniziative (CRE, via crucis, festa di comunità, ecc…) che chiamano in campo la colla-
borazione di diversi volontari (animatori, raviolaie, baristi, ecc…) e che rendono la parrocchia una parrocchia viva; - Alcuni settori della catechesi (ragazzi e adulti); - La varietà della proposta che copre tutte le fasce d’età; - Gli spazi rinnovati che si prestano anche ad altri servizi (es. compleanni, feste, riunioni…); - La figura molto carismatica ed intraprendente di don Giuseppe (tanto che si è arrivati a distinguere ironicamente in riunione tra un periodo a.G. e uno d.G.). Cosa si può migliorare: - Alcuni settori della catechesi (adolescenti, con particolare attenzione ai percorsi di spiritualità, giovani e medie); - Il senso di appartenenza all’oratorio che non deve vivere di eventi, ma di una quotidianità più semplice e naturale; - La partecipazione delle persone, in particolare le famiglie giovani, alla vita dell’oratorio; - Alcuni spazi da migliorare (aree verdi, campo da gioco, teatro); - Il frazionamento del territorio, che ostacola la vita unitaria della parrocchia; - La corresponsabilità di tutti che non deve dipendere solo ed esclusivamente dal parroco. Suggestioni: Le suggestioni condivise sono state quelle di oratorio come casa/famiglia/luogo accogliente, come palestra di vita, per enfatizzarne il carattere educativo, come sguardo di
bambino, per dire dello stupore, della meraviglia e dell’entusiasmo con cui deve essere vissuto l’oratorio. Prima della condivisione delle suggestioni, Corrado ha tentato di riassumere i punti precedenti mettendo in evidenza che abbiamo tra le mani un grande patrimonio che dobbiamo custodire e tramandare. Inoltre, ha ripreso i temi della corresponsabilità, del senso di appartenenza e di coinvolgimento che dev’essere qualitativo piuttosto che quantitativo (metafora dello lievito e della farina). Ha poi chiesto di pensare alle priorità sulle quali l’equipe avrebbe lavorato negli incontri successivi. Il gruppo ha individuato come priorità assoluta la creazione di un forte senso di appartenenza che leghi ciascuno alla vita dell’oratorio e della parrocchia, questione che riguarda principalmente i temi della partecipazione, della corresponsabilità e del miglioramento dei mezzi di comunicazione di cui l’oratorio si serve. Alla luce di tutto ciò si è richiesta la presenza di almeno un rappresentante dell’equipe all’incontro dei responsabili del Palio delle contrade per sottolineare la necessità di un sostegno alla riformulazione del Palio, esperienza decisamente preziosa del nostro territorio. Nell’incontro successivo prenderemo in esame maggiormente il senso di appartenenza. La Lettera dicembre ‘17
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Seminario Giovanni XXIII Sono passati quattro secoli e mezzo dalla fondazione del Seminario a Bergamo e cinquanta dalla inaugurazione della sede attuale in Città Alta. Per questa occasione è stata preparata una giornata di festa e altre iniziative che permettono di entrare nella storia di questa istituzione e di conoscerla più da vicino: una mostra, visite guidate, laboratori. Il Seminario – uno dei primi aperti in Italia dopo il Concilio di Trento – è, ovviamente, in primo luogo la comunità dove si formano i sacerdoti. Allo stesso tempo, però, è molto di più:
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un posto dove si studia, si ricerca, si custodisce e si ricorda a tutti il valore della vocazione, non soltanto di quella sacerdotale. E’ una comunità di giovani che sperimentano tutti i giorni – con l’accompagnamento di insegnanti ed educatori – la vita secondo il Vangelo. “La festa – sottolinea il rettore don Gustavo Bergamelli – si inserisce bene nel percorso di tre anni, appena avviato, che la nostra diocesi dedica in modo particolare all’attenzione ai giovani. E’ un’occasione per esprimere un senso di gratitudine per il passato, per riflettere sul presente, con le sue criticità e le sue gioie e gratificazioni, e per ragionare sul futuro”. Il Seminario da qualche anno è una scuola aperta anche ad allievi esterni, con due indirizzi: il liceo classico e quello di scienze umane a indirizzo economico. In questo momento non è una comunità molto nutrita: 55 ragazzi al liceo, 45 in teologia, una quarantina al Seminario minore. Un dato sul quale pesano diversi fattori, compreso il calo demografico. “Nella storia, però – ricorda don Bergamelli – ci sono stati altri momenti in cui i numeri erano simili a quelli di oggi. Ci sono state fasi di espansione e altri di contrazione della comunità del Seminario. Il calo degli allievi di questo periodo ci fa riflettere, anche se non è l’unico dato di cui tenere conto. Ci spinge a ripensare la pastorale vocazionale”. Proprio per ridare slancio a
[festa per i 50 anni dell’inaugurazione e i 450 anni di fondazione]
questo aspetto il Seminario nei prossimi mesi incontrerà tutti i vicariati della diocesi, per allargare al territorio la riflessione su questi temi e ascoltare suggerimenti, proposte, idee. Non è facile in alcun ambito parlare ai giovani di vocazione: “La società è frammentata, c’è un forte senso di precarietà, sono in pochi a fare scelte per tutta la vita, non solo il sacerdozio o la vita religiosa, ma anche il matrimonio. E’ in discussione la stessa figura del sacerdote, la sua incisività: fa ancora presa sui giovani di oggi, costituisce un modello a cui aspirare? La nostra stessa vita di prete è cambiata negli anni. Ci chiediamo anche se è bene mantenere questa forma collegiale, forse ci sono aspetti che dobbiamo calibrare in modo diverso per far sì che il cammino dei ragazzi possa incidere profondamente nella loro vita come discernimento e scelta vocazionale. Ci sono questioni aperte anche nell’accompagnamento delle famiglie dei ragazzi, diverse da quelle del passato”. Lo sguardo resta proiettato sul futuro, con il desiderio di coinvolgere il più possibile tutta la comunità diocesana: “E’ importante che il Seminario – sottolinea don Gustavo – sia sempre più legato alla vita delle comunità e delle parrocchie, che si radichi sempre di più e che venga avvertito come una realtà viva e che appartiene a tutti, e di cui quindi tutti devono prendersi cura.
[Sinodo giovani]
I giovani raccontano le storie dei loro coetanei dopo averli ascoltati e incontrati faccia a faccia. E’ questo il modus operandi del progetto della Diocesi di Bergamo rivolto al mondo giovanile e chiamato “Young’s”. “l’iniziativa nasce dal desiderio di alcuni giovani della nostra Diocesi di contattare i loro coetanei per far emergere il bello che c’è nella loro generazione – ha sottolineato don Emanuele Poletti, direttore dell’Ufficio per la pastorale dell’età evolutiva, che ha seguito l’evento – spesso i media e le indagini tradizionali parlano dei giovani attraverso notizie poco edificanti, con la cronaca nera che prende il sopravvento: secondo un antico proverbio, infatti, fa più rumore un albero che cade che una foreste che cresce. Il bello c’è e quindi si avverte il desiderio di avere prova e conferma della crescita di questa foresta, raccontandolo al mondo. Si tratta dunque di un’operazione di incontro e di avvicinamento, che vede i giovani protagonisti in ogni fase”. Il primo appuntamento ha già avuto un ottimo riscontro. nel pomeriggio di domenica 12 novembre, nell’area della Chiesa di San Michele ad alzano lombardo, sono stati tantissimi i ragazzi e le ragazze tra i 20 e i 30 anni che hanno accettato di essere intervistati su vari temi che riguardano la loro quotidianità: dalla casa al lavoro, dalle relazioni al tempo libero, fino ai valori e alla fede. Il tutto avvie-
Il camper di Young’s ne a bordo di un coloratissimo camper, in cui i giovani sono invitati a salire e a sedersi: il momento di confronto prevede due fasi, una ludica (in cui ai giovani vengono sottoposti degli oggetti per raccogliere le loro emozioni a prima vista) e una scientifica, attraverso un’intervista qualitativa che costituirà la base per un’analisi scientifica condotta in collaborazione con l’Università degli studi di Bergamo. Siamo andati anche noi a “tastare il polso” di questo esperimento itinerante, che prevede diverse tappe in tutta la provincia di Bergamo e, in
po’ come il motore del camper, magari all’inizio fa un po’ fatica, ma poi carbura senza problemi. l’approccio che abbiamo scelto è stato quello vincente: non vogliamo raccogliere numeri, ma storie, coinvolgendo i giovani in un progetto pensato e realizzato da loro coetanei. Chi fosse interessato può partecipare agli eventi sul territorio, ma anche restare aggiornato attraverso il nostro sito www.beyoungs.it e i nostri canali social su Facebook e Instagram, dove è possibile lasciare la propria testimonianza”. Martedì 14 novembre il camper sarà all’Università in
particolare, nei luoghi più frequentati dai giovani. al debutto nel paese della val Seriana, appuntamento che si inseriva nella cornice della festa di San Martino, attorno al camper il via-vai era pressoché continuo. “all’inizio tra i ragazzi c’era un po’ di scetticismo, ma una volta spiegato l’obiettivo e i contenuti del progetto si sono dimostrati entusiasti- ha spiegato Silvia Premoli, 21 anni, che fa parte dell’equipe di Young’s- è un
Sant’agostino e nel pomeriggio vicino alla sede di via Pignolo, mentre venerdì 17 farà tappa all’Edoné a Redona, mercoledì 22 all’Università in via dei Caniana e giovedì 30 a Dalmine nella sede universitaria e al Cus (Centro Universitario Sportivo). Un’operazione di ascolto e di incontro per andare al di là degli stereotipi e delle negatività che spesso condizionano le notizie veicolate dai mass media e dalle indagini di tipo tradizionale. La Lettera dicembre ‘17
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Pillole Molto partecipata la Domenica del mandato agli operatori pastorali con il pranzo fraterno in Oratorio, l’incontro con i genitori dei ragazzi della catechesi e la castagnata preparata dai Fanti. Novità di quest’anno il Ludobus: un vagone di giochi che ha coinvolto grandi e piccini, gustando caldarroste e torte.
Promessa d’impegno per un gruppo di ragazzi della ex 3 media. Questo rito che è slittato dalla settimana patronale (perché “i sa tiraa mia insema”) verrà per i prossimi anni collocato all’inizio del nuovo anno pastorale, come passaggio ai gruppi adolescenti. Il testo di accompagnamento è sempre quello di don Primo Mazzolari “Ci impegniamo noi…” Nei mesi di ottobre e novembre è ritornata la formazione dei catechisti a livello vicariale, preparata dalla Commissione Vicariale Catechesi guidata da don Alex. L’auditorium dell’Oratorio di Brembate si riempiva per la preghiera iniziale; da lì partivano poi i sette gruppi per i corsi (morale, Bibbia, Bibliodramma, arte…). Ultima tappa l’aperinotte… Anche noi abbiamo partecipato volentieri e con frutto. Al termine abbiamo consolato don Alex perché la sua parrocchia (e quella di Mozzo) nel prossimo anno pastorale non saranno più nel nostro vicariato. “La musica di Dio”, edizione 2017, ci ha tenuto con gli occhi rivolti verso l’alto, nella direzione della cantoria per il concerto di Ognissanti, guardando e ascoltando Gianluca Maver all’organo Serassi e il Baritono Giuseppe Capoferri. Grazie all’Assessorato alla Cultura del Comune per questa immersione nella musica. La Lettera
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Sono ripartiti i “gruppi nelle case” e nel Circolo San Carlo a Burligo. Sono occasione di catechesi, riflessione, confronto e preghiera. Dopo la prima tappa di ottobre-dicembre, vivremo la seconda come “incontri nella casa”, dove la casa è quella di Comunità. Ogni volta saranno gli animatori di un gruppo a proporre la serata a tutti gli altri. Una bella sfida che si è raccolta. • 15 gennaio (Ivan e Riccardo); • 18 febbraio (ritiro Quaresima); • 9 aprile (Luigi, Patrizia e Franco); • 23 aprile (Ileana e Lucia) Si sta rivelando buona la proposta di affidare l’animazione del pomeriggio domenicale ai diversi gruppi di catechesi. Il gruppo assicura una proposta, aprendo a tutti coloro che vogliono partecipare. Continueremo anche nel prossimo anno con questo calendario: • 14 gennaio: 2 elementare • 21 gennaio: 3 elementare • 28 gennaio S. G. Bosco: tutti i gruppi per spettacolo • 4 febbraio: 2 media • 11 febbraio Carnevale: tutti i gruppi per sfilata • 18 febbraio: 4 elementare • 11 febbraio: 1 media • 18 marzo: 5 elementare Don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo, ha introdotto il percorso sul Bene comune che viene proposto dalle Parrocchie della Zona Pastorale, occasione per riflettere su tematiche che riguardano la cura e il sevizio alla casa comune. Ecco l’itinerario: • 23 gennaio 2018: Economia e bene comune con Sergio Anesa • 30 gennaio: Impegno politico e bene comune con Damiano Amaglio • 6 febbraio: La terra: il bene comune più grande con Alex Borlini Gli incontri si terranno all’Auditorium S. Alberto di Pontida alle 20.30. E’ opportuno iscriversi presso la Parrocchia di Pontida (pontidaiocesibg.it).
Prima giornata dei poveri, voluta da papa Francesco al termine dell’anno della misericordia. Il papa ha invitato centinaia di poveri in Vaticano per il pranzo. Sappiamo che questa non è un’attenzione sporadica, bensì una caratteristica del suo pontificato. Noi non abbiamo fatto molto. Insieme alla preghiera abbiamo fatto la raccolta viveri porta a porta e i sacchi della Caritas. Vuoi l’open day, vuoi il giorno di sabato, vuoi la non voglia e tutto il resto, non ci si è certo fatti in quattro. Non dimentichiamo che saranno i poveri a giudicarci…
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Battesimi
9 settembre 2017 ore 11.30 Nicolò Gavazzeni di Gabriele e Francesca Tironi, nato il 7 gennaio 2017
17 settembre ore 11.30 Sofia-Giulia Benigni di Francesco e Jessica Cortinovis, nata il 23 giugno 2017 Federico Erba di Stefano e Noemi Villa, nato il 24 aprile 2017 Daniele Alborghetti di Claudio e Katrin Capelli, nato il 1 febbraio 2017 Mattia Bifera di Massimiliano e Eliana Carlessi, nato il 23 febbraio 2017 Angelica Perico di Alessio e Stefania Folci, nata il 15 maggio 2017 Nicolò Panza di Moris e Virginia Mazzoleni Ferracini, nato il 17 giugno 2017
Sofia-Giulia
Beatrice Pozzoni di Matteo e Nadia Mauri, nata il 27 gennaio 2017 Mattia Panza di Mirko e Jessica Butta, nato il 19 maggio 2017 Leonardo Riva di Edi Valentino e Monica Jessica Locatelli, nato il 21 agosto 2016 Sveva Corbetta di Omar e Francesca Buratti, nata il 31 marzo 2017 Chiara Bonalumi di Dimitri e Lisa Ripamonti, nata il 21 aprile 2017 Federico
Leonardo
Daniele
Angelica
Sveva
Mattia
Mattia
Chiara
Beatrice
Nicolò
Martina
22 ottobre 2017 ore 10.30
Anna
Martina Rota di Giovanni e Elena Riceputi, nata il 24 febbraio 2017 Anna Rota Bulò di Alessandro e Lorena Mazzoleni, nata il 4 luglio 2017
29 ottobre 2017 ore 18.00 Roby Chukwuma di Desmond e Maureen Obioma, nato il 23 maggio 2017
Roby
Matrimoni
Simone Erba e Giada Riva Madonna del Castello, Ambivere, 1 settembre 2017
Massimo Micheletti e Sara Bugada Madonna della Castagna, 22 settembre 2017
Matrimonio di Gabriele Gavazzeni e Francesca Tironi e Battesimo di Nicolò Chiesa Parrocchiale, 9 settembre 2017
Alen Beloli e Ylenia Vitali Santuario Caderizzi, Pontida, 8 settembre 2017
Riccardo Morlotti e Shu-Han Chang Chiesa Parrocchiale, 10 settembre 2017
Francesco Pace e Laura Cisana Prada di Mapello, 23 settembre 2017
Marco Rotini e Stefania Alborghetti Chiesa Parrocchiale, 15 settembre 2017
Defunti
CATERINA TUBACHER di anni 87, deceduta il 18 settembre 2017 funerata e sepolta a Palazzago il 20 settembre 2017
ROTA CONTI ANACLETO di anni 91, deceduto il 25 settembre 2017 funerato e sepolto a Palazzago il 27 settembre 2017 Il Cleto. Il suo carattere: voglia di vivere, mai mollare. La sua passione: il ciclismo per i ragazzi. Ti ricordiamo così!
Ci conforta la speranza di rivederti in cielo.
I tuoi cari
ERIKA BOFFETTI di anni 40, deceduta il 23 ottobre 2017 funerata e sepolta a Strozza il 25 ottobre 2017
I tuoi cari
Il ricordo del tuo sorriso e della tua allegria ci danno sollievo. Il ricordo della tua forza e caparbietà nella malattia ci danno coraggio. Ci manchi, I tuoi cari
VINCENZA RICOTTA in D’ONOFRIO di anni 66, deceduta il 17 ottobre funerata il 20 ottobre 2017 e sepolta a Gromlongo
ANNATERESA CRIPPA in NAVA di anni 68, deceduta il 24 ottobre 2017 funerata e sepolta a Palazzago il 6 novembre 2017
GIANCARLO GAVAZZENI di anni 73, deceduto il 23 novembre funerato il 25 novembre 2017
Nella vita non è importante quanti passi fai e quale scarpe porti, è importante l’impronta che lasci. I tuoi cari
Il tuo sorriso ci accompagnerà in ogni attimo della nostra vita. I tuoi cari
Anniversari
NAVA TARCISIO (2005 – 2017)
NAVA MASSIMO (2009 – 2017)
NAVA DIEGO (2016 - 2017)
Battista
Marco Emilio
NAVA MASSIMO (1970 – 2017)
Il tempo non lenisce il dolore del vuoto incolmabile che avete lasciato, ma il vostro dolce ricordo continua a vivere nel nostro cuore con l’amore di sempre. I vostri cari
... dal 1969
SERVIZI FUNEBRI
LAMBRUCCHI ALBINA (1946 – 2017)
S
A S
ARTICOLI CIMITERIALI
Marco - 348 7109987 Emilio - 348 7109985 Battista - 348 7109984
Servizi funebri • Addobbi • Trasporti nazionali e internazionali Disbrigo pratiche • Cremazioni • Articoli cimiteriali • Lapidi e Monumenti ALMENNO S. BARTOLOMEO (BG) - Via P. Borsellino, 1 - Tel. 035 548180 ALMENNO S. SALVATORE (BG) - Via G. Buttinoni, 15 - Tel. 035 642579 SERIATE (BG) - Via C. Battisti, 86 - Tel. 035 294528 marcorota74@gmail.com Valter Magri- Fax 035 6315083 Luca Mangili
ONORANZE FUNEBRI DELL’ISOLA s.r.l. Serviziodiurno, diurno, notturno notturno ee festivo festivo •• Trasporti tutta Servizio Trasporti in tutta inItalia Italia Vestizione salme • Disbrigo pratiche Addobbi funerari • Cremazioni 24030 BREMBATE DI SOPRA (BG) - Via XXV Aprile 32 - Tel. 035.620916 - Fax 035.6220326 Cell. Valter 335 6923809 - Cell. Luca 335 6904124
Anniversari ROTA GEROLI LUCIA (2016 – 2017) Sentiamo la tua mancanza. I tuoi cari ed i vicini di casa.
TESINI GIOVANNI (1990 – 2017)
GALANTE ELIDE VED. TESINI (2012 – 2017)
Il tempo passa ma il vostro ricordo vive sempre nei nostri cuori. Con affetto, i vostri cari
ROTA MARTIR FELICITA (1915 – 1994)
DENTELLA RODOLFO (1912 – 1993)
Siete sempre con noi. I vostri insegnamenti, i vostri esempi ci guidano nel nostro cammino. I vostri cari MALVESTITI LUIGI (2009 – 2017) Il tempo passa… Ricordi e rimpianti restano sempre. Con affetto, i tuoi cari
NAVA SILVANO (1997 – 2017) “Credo nel Signore”Chi ti ha conosciuto ha conosciuto la tua bontà, chi ti ama non ti dimentica. I tuoi cari
CASTELLI SANTINA (2008 – 2017)
BUTTA ELIA (2012 – 2017)
BUTTA CARLO (2012 – 2017)
Il ricordo unisce ciò che la vita separa e la memoria del cuore. Vi fa continuare a vivere in noi. I vostri cari
GHISLANDI CAMILLA Ved. Zanchi (2002 – 2017)
ZANCHI GIOVANNI (1987 – 2017)
GHISLANDI COCHIS GIUDITTA (2008 – 2017)
Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. I vostri cari
PANZA CARLO (2014 – 2017) Sei sempre presente nei nostri pensieri, e vivi nei nostri cuori. Ti ricordiamo con tanto amore e affetto. I tuoi cari
ROTINI FIORENTINO (2014 – 2017)
LOMBONI TERESA VED. ROTINI (2016 – 2017)
Ogni giorno c’è un momento, un luogo, un ricordo che parlano di voi. Siete stati la nostra guida, la nostra forza. I figli con le rispettive famiglie. Ricordiamo con immutato affetto gli amati genitori. BENEDETTI CATERINA IN MAZZOLENI (4 dicembre 1999 – 4 dicembre 2017) Chi ha saputo farsi amare nella vita vive per sempre, e tu sei sempre Viva e presente in mezzo a noi. I tuoi cari CASTAGNETO EMANUELLA IN MAZZOLENI (19 dicembre 2013 – 19 dicembre 2017) Tu vivi tutti i giorni nei nostri cuori. Il modo migliore di ricordarti è seguire il tuo esempio. Grazie di tutto… La tua famiglia
Grande successo della 9° Festa di Comunità allestita nel campo dell’oratorio. E’ sempre un’occasione di coinvolgimento, ritrovo, animazione e amicizia al termine delle vacanze e all’inizio del nuovo anno pastorale. anche per questa edizione abbiamo trovato la formulazione per i tre passaggi che caratterizzano questa proposta: data, cordata, accordata. Il successo è sempre frutto di tante persone che fanno “squadra”, dei referenti, dei volontari e di chi partecipa. Grazie a tutti. E poi la sfilata. Grazie ai ragazzi, adolescenti e giovani per i balli, a leonardo (Squitti) e agli elementi: Simona, Federica, omar, Sara, tarcisio e tiziana; alle raviolaie; a Giuliana, alida, Danila, Marinella, Chicco, Piombino e nicola. al Comune e alla Banda per gli spazi.