La Lettera Marzo 2019

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La lettera MARZO 2019

anno XXXIII numero 1

Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo


Orari Sante Messe Palazzago

Vortice

Sabato

Ascoltiamo la Sapienza…

ore 17.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 08.00 Montebello ore 10.30 Chiesa Parrocchiale ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 09.00 ore 16.30 ore 16.30 ore 09.00 ore 16.30

Chiesa Parrocchiale Precornelli Montebello Chiesa Parrocchiale Ca’ Rosso

Orari Sante Messe Burligo Sabato

ore 18.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00 ore 17.00

Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo

035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081

«Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. 4 Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. 5 Il giro del cielo da sola ho percorso, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. 6 Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. 3

(Siracide 24)

Le nubi a creare un trono su cui siede il Padre Eterno. Eppure qui tutto è movimento: la barba fluente e i capelli, le vesti che fanno un tutt’uno con il manto, la mano alzata nel gesto di chi indica -e fare strada è ancora movimento-. In questo vortice, solo il globo terrestre, appoggiato al grembo, sembra essere fermo, sicuro nelle mani del Padre. Piccola sfera, questo mondo, sul quale si riversa la destra, forse ad indicare un punto preciso. Fra tutti questi cercai un luogo di riposo, in quale possedimento stabilirmi. 8 Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece posare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele. 7

(Siracide 24)

Dio Padre. 1700 Marmo scolpito Altare maggiore Chiesa San Carlo Burligo

www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 19) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera

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Dal basso

[Editoriale]

«Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» (Mc 9,31). Consegnare, uccidere, risorgere: tre verbi che offrono la sequenza di una storia drammatica e paradossale, inaudita, la vicenda «pasquale» di Gesù. Ancora una volta la ripercorriamo, sapendo che c’è una conversione radicale da compiere, conversione di pensiero, di stile di vita, di desideri, di cammino. Anche la croce collocata in chiesa per la Quaresima ci affida questa provocazione: per capire la via di Gesù, per accogliere la sua parola, per seguirlo veramente bisogna mettersi in basso e non in alto, bisogna essere piccoli. Che cosa significa mettersi in basso? «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» 9,3. E’ grande non colui che si pone sull’altro, colui che vuole prevalere, colui che cerca potere o

prestigio, ma colui che diventa dono per l’altro, consegna se stesso all’altro perché possa vivere. È grande chi si fa ser-

vo, chi si fa piccolo. Come possiamo diventare piccoli? Quando il nostro cuore è abitato dalla piccolezza evangelica? «E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie

uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie [ ... ] colui che mi ha mandato”» 9,36-37. È piccolo colui che sa affidarsi teneramente nelle braccia di Dio; è piccolo colui che è libero da ogni pretesa e potere; è piccolo colui che sa accogliere nell’altro, soprattutto in chi non ha nulla da dare, il dono stesso di Dio. Viviamo la Quaresima e la Pasqua contemplando Colui che, “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. Da dove ri-partiamo? Dal basso… Auguri

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Eccomi, sono la serva del Signore In questi quaranta giorni, di settimana in settimana, vogliamo seguire da vicino il Signore, servo dell’umanità, con la docilità di Maria, serva dell’eccomi.

La Parola di Dio della domenica costituisce il filo rosso dell’intera settimana. La riflessione e la preghiera si concentrano su ciò che possiamo OFFRIRE, nella consapevolezza d’aver ricevuto TUTTO. Gli atteggiamenti da assumere sono quelli vissuti da Gesù, Servo sofferente.

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[Quarta tappa: Quaresima]


[Filippesi 2,8]

Una grande croce accompagna il cammino quaresimale, concreta risposta alla scala dell’Avvento: Dio, nel suo Figlio Gesù, non solo guarda dall’alto, quell’alto cui l’uomo anela e pone i suoi passi per poterlo anche solo sfiorare, ma si china sull’umanità fino ad abbracciarla, fino a mettersi ai suoi piedi, fino a… NON scendere dalla croce. E la ritroviamo così: arco della nuova ed eterna alleanza, cuore aperto, ponte sull’eternità. Intorno –come da molti anni ormaiabbiamo l’installazione di opere contemporanee, per non dimenticare fuori dalla chiesa, che la riflessione e la produzione artistica continuano con le categorie dell’uomo di oggi. Quest’anno abbiamo chiesto a Gregorio Cividini, di Martinengo. L’artista opera mettendo a confronto tra loro materiali diversi: legni di olmo e di ro-

Obbediente fino alla morte e alla morte di croce vere incisi e graffiati come gradoni di cava, in forza di squarci d’ascia e ruvidezze di sgorbie, legni di tuja dai riflessi violacei o tavole di acacia dalla durezza petrosa o cime di castagno dilavate da intemperie e forgiate in rastremature scanalate da colonna. Tutto questo a convivere con morbidezze imperturbabili e amorosamente tornite, incastri di legni, ferri e pietre. E proprio così ritroviamo alcune sue opere (Cristo sofferente, testa di Giovanni Battista, San Sebastiano…), con il culmine di tanto pensiero che si incarna nella umanità dei suoi Crocifissi, che, come gli alberi, raccontano la storia del tempo, abitato dal Mistero. Verso l’Eternità.

Cividini è nato a Martinengo nel 1951. Dopo il liceo artistico a Bergamo, ha frequentato a Milano l’accademia delle Belle Arti di Brera dove nel 1975 si è diplomato in scultura alla scuola di Luciano Minguzzi. Ha insegnato al liceo artistico di Bergamo e scultura a Lovere. Gregorio Cividini opera quasi sempre mettendo a confronto tra loro materiali diversi: legno con ferro o con marmo, fusioni in bronzo o in argento. La sfida di riuscire a dare corpo a un pensiero è stata, ed è, il motivo ispiratore della sua arte. La Lettera marzo ‘19

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La Riforma Pastorale della Chiesa di Bergamo In questi mesi, contrassegnati dalla riforma diocesana delle CET, voluta dal nostro Vescovo Francesco, dopo due anni di lavoro e di incontri con tutti gli organismi diocesani e vicariali, ci siamo trovati tutti di fronte a una novità, accompagnata da non poche domande, fatiche e perplessità che, comunque, a mio modesto parere, possono essere affrontate, recuperando quanto il Vescovo sta cercando di dirci e che vorrei con semplicità riprendere. Il Vescovo parte da una constatazione: il soggetto Chiesa è debole perché è debole la fede di chi dice di essere cristiano. La fede sembra non incidere più sul vissuto credente. Da questo viene riaffermata la necessità della parrocchia come il luogo decisivo per la fede perché decisiva è la dimensione comunitaria della fede, attraverso quelle che sono le relazioni quotidiane, feriali, fatte di incontri e di dialogo tra le persone che vivono nello stesso territorio. Pertanto il cammino pastorale delle nostre comunità, tutti gli sfor-

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zi posti in atto per il cammino credente, rimane necessario e indispensabile. Tuttavia la parrocchia da sola non ce la fa, non possiamo nasconderlo. Il rischio di chiudersi in se stessa, il rischio di autoreferenzialità, come ci ricorda spesso il Papa, c’è. La parrocchia da sola non ce la fa ad entrare e ad affrontare tutte le questioni delle persone e della società; ha bisogno di un sostegno e di un respiro più ampio, perché il rapporto fede e vita rimanga significativo e decisivo. Da questo ecco la proposta delle Comunità Ecclesiali Territoriali (CET), noi siamo la Comunità Ecclesiale Territoriale n.7Ponte/Valle San Martino, che non sono un’aggiunta o una sostituzione, ma, attraverso un rapporto vitale, dovrebbero diventare l’orizzonte delle nostre parrocchie, delle unità pastorali e delle diverse collaborazioni pastorali, aiutandole a promuovere, alimentare ed elaborare il rapporto con il territorio nella speranza di generare insieme al territorio

le Comunità Ecclesiali Territoriali (CET) condizioni e forme di vita autenticamente umane alla luce del Vangelo. La proposta, chiede di entrare nella vita e nelle questioni delle persone per vedere cosa può dire la fede, ma non solo; chiede anche di riconoscere la presenza di quel Regno, che è già presente in quel territorio e che lì cresce. E chi è che può fare questo se non chi tenta di vivere da cristiano dentro il mondo, che è il laico?! Da questo, gli ambiti, le cosiddette “Terre Esistenziali” (la parola “territorio” è simbolica, è rappresentativa di mondi vitali che sono le relazioni d’amore, il lavoro e la festa, la fragilità umana, la tradizione, i mondi della cittadinanza), che necessitano la presenza e la testimonianza dei laici, come del resto ha tanto auspicato il Concilio Vaticano II. Ciò che è primario è cercare di entrare in dialogo con i mondi vitali che fanno quel territorio e che sono certamente quelli istituzionali, ma anche sociali, culturali, relazionali, costituiti da ogni persona nella sua singolarità e nelle sue relazioni. A questo processo può contribuire anche chi non è credente poiché la finalità è generare forme di vita autenticamente umane, come stabiliste la finalità delle Comunità Ecclesiali Territoriali. Di particolare priorità è l’assunzione della “Mediazione Culturale” come criterio pastorale: In prima approssimazione,


possiamo affermare che il criterio della mediazione culturale della fede impegna la Chiesa, dentro il pluralismo delle visioni di uomo che la società veicola e include: a) non a consentire oasi separate e autoreferenziali, né a vivere in una condizione di persistente risentimento o di riconquista militante; b) non ad assumere acriticamente le logiche della cultura stessa (appiattimento) Per MC si intende un approccio costruttivo che tenta di porre all’interesse (e al consenso) di tutti la bontà delle implicazioni antropologiche che l’esperienza di fede veicola. Ciò impegna la Chiesa nel duplice compito: a) di sviscerare lo sguardo di fede sull’uomo attraverso l’alfabeto quotidiano (comune) della vita (gli ambiti), esaltando la capacità ispiratrice della fede sull’umano; b) di assumere il confronto con il pluralismo in una prospettiva di dialogo (Relazione di d. Paolo Carrara 9/1/’19)

È chiaro che questo lavoro non lo può fare solo qualcuno, ma necessita la collaborazione di tutti: dalle 38 parrocchie appartenenti alla nostra CET, da tutti i membri del neoeletto Consiglio Pastorale Territoriale (i nominativi li trovate di seguito), a partire dai coordinatori scelti, dai componenti delle 5 Terre Esistenziali, e non solo, come pure i “gruppi aperti di lavoro” che nasceranno cammin facendo, unitamente, necessariamente, ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi, presenti sul nostro territorio.

Tutto questo con competenza, intelligenza, sapienza, passione e fede umile e semplice, accompagnata dalla pazienza del dialogo e del confronto, anche con chi la pensa diversamente da noi, senza esagerare con “eccesso di serietà”! Un po’ di sana ironia non ci farà male … A tutti l’augurio di un cammino di riforma e di rinnovamento contrassegnato non dalla lamentela, ma dalla serenità e dalla fiducia di sentirci un po’ più Chiesa e Chiesa aperta, così come da tempo ci sprona Papa Francesco: “Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la como-

dità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc6,37). (Evangelii Gaudium, 49) don Angelo Riva

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Mercoledì 20 febbraio è stato convocato per la prima volta il Consiglio Pastorale Territoriale. Ecco i membri che lo compongono, tra cui due della nostra parrocchia: Ivan Rota e Riccardo Perico. Sabato 9 marzo, poi, al Palasettembre di Chiuduno il Vescovo Francesco ha incontrato tutti i nuovi Consigli Pastorali, più di 600 persone. Membri del Consiglio Pastorale Territoriale

Vicario Territoriale: don Angelo Riva, parroco di Carenno e Lorentino Moderatore Fraternità Ponte S. Pietro: don Giuseppe Navoni, prevosto di Palazzago Vice moderatore don Alessandro Nava, parroco di Mapello, Valtrighe e amministratore di Ambivere Moderatore Fraternità Valle S. Martino: don Roberto Gallizioli, parroco dell’Unità Pastorale di Cisano. Vice moderatore don Matteo Bartoli, curato a Calolziocorte Moioli Michele parrocchia di Vercurago, coordinatore TE Cittadinanza Cereda Laura parrocchia di Vercurago, coordinatrice TE Relazioni d’amore Cantù Ilaria parrocchia di Pontida, coordinatrice TE Fragilità Conti Maddalena parrocchia di Palazzago, coordinatrice TE Tradizione Colombi Giovanni parrocchia di Presezzo, coordinatore TE Lavoro e festa Suor Michela parrocchia di Calolzio, rappresentante delle religiose Padre Luigi parrocchia di Somasca, rappresentante dei religiosi Valsecchi Giulio parrocchia di Locate, rappresentante delle Aggregazioni Laicali Vanoncini Filippo, parrocchia di Brembate Sopra Bonaiti Stefano, parrocchia di Calolziocorte Togni Davide, parrocchia di Prezzate Autelitano Paolo, parrocchia di Calolziocorte Roveri Serena, parrocchia di San Gottardo Ravasio Raide, parrocchia di Almenno S. Bartolomeo Bonaiti Fabio, parrocchia di Carenno Rossi Ornella, parrocchia di Ponte S. Pietro Bugada Luca, parrocchia di Mapello Viola Simone, parrocchia di Cisano Tironi Roberta, parrocchia di Lorentino (Sopracornola) di Calolziocorte Ghezzi Pietro, parrocchia di Brembate Sopra Azzolari Elio, parrocchia di Prezzate.

Chiappa Elisabetta, parrocchia di Celana di Caprino Bergamasco Galloni Francesco, parrocchia Pascolo Morandi Giuseppe, parrocchia di Cisano Rigamonti Fabio, parrocchia di Pontida Beltramelli Estella, parrocchia di Palazzago Fernandez Pilar, parrocchia di Brembate Sopra Valsecchi Luca, parrocchia di Calolziocorte Rota Ivan, parrocchia di Palazzago Galli Alessandra, parrocchia di Brembate Sopra Marchetto Manuela, parrocchia di Vercurago Greppi Elio, parrocchia di Vercurago Ubiali Angelo parrocchia di Ponte S. Pietro Perico Riccardo, parrocchia di Palazzago

Il 15 marzo 2009 il Vescovo Francesco entrava nella Diocesi di Bergamo. La torta più buona per questo X anniversario è una Comunità che prega per lui. Auguri.


Santa Lucia

Appena giunta sul sagrato, con tanto di carretto trainato da un asinello, Santa Lucia ha acceso ufficialmente il grande albero, addobbato con centinaia di luci. Del resto, il nome stesso della Santa tanto attesa da grandi e piccini, porta con sé il

riferimento alla luce. Allora, la festa di Santa Lucia è un’anticipazione del senso del Natale, luce che brilla nelle tenebre e anche i regali che lei porta, ci invitano ad accogliere il regalo che è il Signore. Tantissime famiglie, con bambini e ragaz-

zi, hanno riempito la chiesa parrocchiale e, in contemporanea, anche Beita e Burligo. Del resto i Santi non hanno il dono della bilocazione? Un dono ha aperto la notte più… lunga che ci sia, in attesa di tutti gli altri, portati casa per casa. Un gran lavoro…

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Case e casa: i gruppi

...correva l’anno pastorale 2013/14 ...il Vescovo Francesco consegnava, durante l’Assemblea Diocesana di apertura dell’anno pastorale, alcune provocazioni e riflessioni. Nella lettera “Donne e uomini capaci di Vangelo” scriveva: “Cosa ci guadagno a credere? ...Emerge la necessità di una fede che si incarna in un’umanità a tutto tondo: di un uomo, di una donna credenti e proprio per questo comunicatori di fede... proprio perché la vita appare il luogo decisivo della proposta della fede, non dobbiamo immaginare che un adulto cresca nella fede semplicemente attraverso la proposta ben organizzata di trasmissione di contenuti, di conoscenze, di idee... la fede è qualcosa di vivo, mai definiLa Lettera

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tivamente compiuta o posseduta... La fede è relazione con Lui... La catechesi suppone che sia avvenuto un incontro tra Gesù e la libertà dell’uomo”. Era facile leggerci un invito rivolto alle nostre comunità a “guardarsi” e dare vita a nuove proposte che vedessero noi laici come parte attiva nel processo di approfondimento della nostra fede. Don Giuseppe raccolse la sfida e la rilanciò nel Consiglio Pastorale proponendo l’iniziativa che avrebbe preso il nome di “Gruppi nelle case” e domandando la disponibilità di alcuni laici per animare gli incontri che si sarebbero tenuti nelle case, avendo come traccia le schede proposte ogni anno dalla Diocesi sulle tematiche dei programmi pastorali.

[A cura di Antonio]

Qualche perplessità sul buon esito dell’iniziativa forse c’era... I fatti hanno dato ragione a chi ci ha creduto. Già il primo anno sono stati attivati sette gruppi sparsi nel paese, in cui sono state coinvolte un centinaio di persone. Nel 2017 uno degli animatori ebbe l’idea di dividere il percorso in due tempi: cinque incontri nelle case prima di Natale per continuare poi nella seconda parte tutti insieme nella Casa di Comunità. L’idea offrì una nuova connotazione all’iniziativa: dal “privato” delle case alla condivisione più estesa nella “Casa”, dal confronto nei “gruppi” al confronto nella “Comunità”. Nel frattempo era partito anche un gruppo a Burligo, nel Circolo San Carlo. Dalle considerazioni raccolte fra gli animatori dei gruppi, emergono, pur nella differenza delle modalità organizzative, alcuni elementi comuni ben esplicitati dalle parole degli animatori: “gli incontri nei gruppi migliorano il rapporto fra le persone: incontrandosi per strada ci si saluta in un modo diverso, con un dialogo aperto...”; “...non è facile arrivare in un gruppo e mettersi in gioco: è bello constatare che questo avviene...” “...sia le emozioni gioiose che quelle dolorose, vengono esternate senza la preoccupazione di trovarsi fra sconosciuti...” “...già conoscevo le persone che incontro nei gruppi,


oggi il rapporto con loro è più profondo...” “...molti dei partecipanti mi esprimono il loro entusiasmo per l’iniziativa...” “... nel tempo è cresciuto il coinvolgimento attivo dei partecipanti, rendendo meno centrale il ruolo dell’animatore...” “... quello che emerge durante gli incontri è sempre una novità

rispetto alle attese...” “...gli incontri sono sempre più vivaci...” “...i giovani hanno recepito che tra i vari appuntamenti è presente anche questa iniziativa...” Gli incontri nella Casa di Comunità proseguono e sono aperti a chiunque lo desideri:

i prossimi appuntamenti sono lunedì 18 febbraio e lunedì 01 aprile alle ore 20:30; poi il ritiro di Quaresima, Domenica 10 marzo. Ulteriori informazioni sulla pagina facebook “Gruppi Case Palazzago” https://www. facebook.com/gruppicase/ Ti aspettiamo, sarà un piacere averti con noi!

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Giallo, rosso, nero e bianco

[A cura dei giovani]

Come nella notte di Natale è il dialogo tra Luca e Leo a condurci alla scoperta di una grande opera di Picasso, intorno alla quale i giovani hanno preparato i quattro momenti della Veglia: “Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. Sl 84. E come nella cappella del Castello di Vallauris, quattro personaggi (giallo, rosso, nero e bianco) a rappresentare i popoli della terra, anelano alla pace, dipinta sul fondo come “paloma”. Al Gloria, nella celebrazione, è stato sovrapposto il tondo restaurato con Gesù Bambino- Redentore (1740-60) della Chiesa di Carosso: il vero volto della pace è Lui. Il sottobicchiere, il segno natalizio dato a tutte le celebrazioni in Parrocchia e nelle frazioni, riportava il francobollo ispiratosi a quest’opera e la preghiera per il pranzo di Natale: brindare alla pace è costruire cammini di comunione e fraternità.

Luca: mamma, che fatica! Quando mai ho accettato di accompagnarti, è un’ora che staremo camminando: potevamo starcene in spiaggia e invece… Leo: Guarda che abbiamo fatto due rampe di scale! Ma poi vuoi mettere? Per vedere un posto come questo…

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Luca: Ah già, cos’era? Ah, ecco la guida: “Musée National Pablo Picasso La guerre et la paix” (leggendo sbagliato). Leo: Volevi dire “Musée National Pablo Picasso La guerre et la paix” (leggendo giusto). Oh, eccoci arrivati. L’entrata dovrebbe essere da quella parte. Luca: Finalmente! Non ce la

facevo più… Allora, qui dice così: “consigliamo l’ingresso alla cappella della pace nel castello di Vallauris solo alla luce di una candela. Le forme dei dipinti di Picasso, che ricoprono le pareti, prenderanno vita al passaggio della fiamma”. Ecco. Non abbiamo la candela. Ora che si fa?


Leo: Tu mi sottovaluti: eccola! Sapevo che sarebbe servita. Aspetta un attimo che l’accendo… perfetto. Ora possiamo entrare. Leo: Uoooo… è più bella di quanto pensassi. Guarda, la parte di sinistra rappresenta la guerra, mentre quella di destra la pace. Picasso ha chiamato quest’opera “Manifesto per la pace”. Luca: La guida dice che è stata fatta nel 1959, durante la guerra fredda. Tra l’altro non è la sua prima opera contro la guerra. Leo: Uh, guarda questo: è un cavallo nero e… sembra che stia calpestando un libro! Luca: “L’ignoranza è innocua. La presunzione di conoscere distrugge gli uomini”. Leo: Già, fa più vittime chi crede di sapere che chi ammette di avere ancora molto da imparare. Sai, mi sono sempre chiesto come mai Picasso abbia messo questa forma qui, da questo lato. Luca: Ma è un sole! Se guardi ci sono tutti i colori. A me colpisce molto quel rosso, lì, proprio al centro. Leo: “Riesce ad amare chi è disponibile all’amore”. Luca: Vero. Forse Picasso, dipingendo il sole con tutti i colori uniti assieme, voleva dire che è l’amore il Sole della pace.

Leo: Certo, perché non ci ho pensato prima? E poi le spighe che escono sono i frutti di questo amore. Luca: Uh, senti qua. Ho trovato una descrizione della scena della guerra. Te la leggo: “Il cornuto signore della guerra, accompagnato da sagome nere armate, avanza su un antico carro funebre trainato da cavalli scheletrici che calpestano un libro. L’avanzata è arrestata dal guardiano della Giustizia: nudo e munito di lancia che fa da supporto ai piatti della bilancia, frappone tra sé e la guerra solo uno scudo ornato di colomba”. Leo: Ah! Ecco. Ora sì che è tutto più chiaro. Ma… questa gabbia? Cosa significa? Luca: “L’uomo deve liberarsi dalle gabbie dell’odio”. Leo: E’ vero. Spesso le vedi alcune persone, lì, chiuse in un rancore, in un broncio, in una tristezza che gli impedisce di fare davvero la pace. A proposito di pace, c’è scritto anche qualcosa su quest’altra scena? Luca: Certo! Aaallora… Ecco qua: “Su sfondo verde, in un giardino, sotto un albero carico di frutti e un sole-occhio con raggi di spighe, figure impegnate in attività vitali e creative (leggere, scrivere, allattare). Su sfondo blu, la musica, la danza, la fecondità, l forza creatrice, la vitalità e un funambolo aiutato da una civetta che regge un’asta ai cui estremi sono appesi un acquario pieno di uccelli e una gabbia piena di pesci”. Leo: Wow, per fortuna l’abbiamo presa questa guida. Di tutte queste figure, questo suonatore è quella che mi

piace di più. Leo: “La paura dell’uomo è da sempre la morte, il suo desidero è da sempre la pace, la vita”. Luca: è nella nostra natura, queste due pulsioni sono ciò che ci muovono. Ma ora? Dovremmo arrivare in fondo. Leo: Sì, hai ragione, vieni, seguimi…

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Due assaggi dei testi utilizzati da personaggi rosso e giallo -Sono un insegnante: io faccio e farò sempre politica in classe. Il punto è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i costi. Non è

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così che funziona la vera politica. La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme una polis

forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero? Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica.


-Assistenza tecnica: - “Salve, come posso aiutarla?” Cliente: - “Ho pensato di installare di nuovo l’Amore. Mi può aiutare?” - “Certamente. Se è pronto, possiamo farlo adesso.” - “Penso di sì. Da che cosa inizio?” - “Prima di tutto, apra il “Cuore”. Lo sa dove ce l’ha, il Cuore? - “Si, ma posso installare l’Amore se lì ho anche altri programmi? - “Quali programmi ha attivi?” - “Eh, ho “I vecchi rancori”. “La bassa autostima”. “La delusione e la frustrazione” - “I vecchi rancori” non sono un problema, l’Amore li sposterà gradualmente dalla memoria ma conserverà come i file temporanei. Lo stesso dicasi della “Bassa autostima”. Ma lei deve cancellare “La delusione e la frustrazione”, perché ostacolano installazione del programma.” - “Ma non so come cancellarli.” - “Allora, vada al menu Start e provi a cliccare il “Perdono”. Clicchi finché non si cancelleranno “La delusione e la frustrazione.” - “Oh, ok! Ci sono. E’ iniziato,

da solo, il download dell’Amore. E’ normale?” - “Si, ma è un programma di base, l’upgrade finale aggiunge “Altri Cuori”. - “Mi scrive “Errore. Il programma non funziona con i componenti interni.” Che significa?” - “Significa che l’Amore già funziona con i componenti interni ma non è ancora nel suo Cuore. Per farlo, deve iniziare ad amare se stesso.” - “Che devo fare?” - “Clicchi su “Auto accettazione” e poi carichi i file “Auto perdono” ed “Essere consapevoli dei propri pregi e difetti”. - “Fatto”.

- “Ora copi tutto nel “mio cuore” e il sistema provvede. Però deve cancellare a mano, da tutti i menu, “L’autocritica verbosa”, e svuotare il Cestino. Non carichi mai più “L’autocritica verbosa.” - “Ci sono! Il “Mio Cuore si sta riempiendo di nuovi file. Vedo il “Sorriso”, “L’equilibrio dell’anima”. Succede sempre così?” - “Non sempre, a volte serve più tempo. Un dettaglio solo: “L’amore” è un software gratuito. Ma per farlo funzionare deve regalarlo agli altri e loro vi regaleranno le loro versioni. (Nikolay Bulgakov)

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Napule è... “Napule è mille culure Napule è mille paure Napule è a voce de’ criature Che saglie chianu chianu E tu sai ca’ nun si sulo”

Così Pino Daniele descriveva la sua città. La Napoli che abbiamo conosciuto noi con gli adolescenti dal 27 al 30 dicembre non è stata molto diversa. Ciò che segue evidenzia le parole associate di primo acchito a questa città, la terza più popolosa d’Italia. All’inizio, certo, in tutti prevaleva il pregiudizio di una città SREGOLATA, che qualcuno definiva SCHIFOSA, e andarci sembrava quasi un RISCHIO. Nonostante tutto, però, ci siamo messi in viaggio con la consapevolezza di avere davanti un posto tutto DA SCOPRIRE, nelle sue bellezze e nelle sue fragilità. L’impatto è stato forte: vedere effettivamente il degrado di certe zone e il traffico senza regole ci ha messi subito sul chi va là. Passando però per le vie della città, abbiamo scoperto un CALORE e una VIVACITÀ che non avevamo mai visto. La Lettera

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[A cura di Leonardo, Federica e Luca]

Le persone erano disponibili, pronte sempre a una RISATA o ad aiutarti a trovare la strada migliore. Abbiamo vissuto la DIVERSITÀ di Napoli con la CURIOSITÀ di chi crede che il mondo sia bello perché vario e con la cura di chi riconosce che, in ogni caso, eravamo davanti a un popolo che aveva tanto bisogno di AIUTO. La sera tornavamo sempre stanchi, con DIEGO, il receptionist, che ci accoglieva col sorriso perché sapeva che conoscere Napoli richiedeva molte energie, nonostante fosse tanto DIVERTENTE. Prima di cenare cercavamo di condividere tra AMICI quello che avevamo vissuto durante il giorno: la visita allo STUPEFACENTE Cristo Velato di Sanmartino, la profonda testimonianza di Vincenzo, del quartiere Sanità o quella delle Suore Poverelle di Scampia, la caratteristica via dei presepi o

re di provare tutte le specialità del posto, chiudendo un occhio sulla dieta. Concludiamo la nostra vacanza con la visita al Castel dell’OVO. Saliamo in cima, sulla terrazza, da dove si ha una bella vista panoramica. Il sole è alto e scalda la città MOVIMENTATA. Dopo una foto di gruppo, alcuni si fermano ad ascoltare, ad aprire le ORECCHIE. Sentono RIDERE, sentono dei BONGHI e il DIVERTIMENTO di persone felici, che vanno oltre le loro povertà, che si ricordano che la vita è una e va vissuta così, con semplicità e genuinità. Questo è forse l’insegnamento che portiamo a casa da Napoli. Attraverso la figura di Giuseppe Diana, prete ucciso dalla mafia, quella di Vincenzo, delle Suore e di tutte le persone che abbiamo incontrato: bisogna lottare ogni giorno per cambiare le

la vivace Spaccanapoli. Ovviamente, poi, MANGIARE lì è stato parecchio INTERESSANTE: tra PIZZA e SFOGLIATELLE abbiamo avuto il piace-

cose mettendo in gioco tutti se stessi, ma ricordando che un sorriso è forse il modo più bello che abbiamo per dire “ti voglio bene”.


Scampia? Deriva da scampagnata perché prima della legge 167/62* era la campagna di Napoli cui le famiglie cittadine giungevano per rilassarsi, per vivere in tranquillità e nella natura le feste o i fine settimana. Oggi richiama molto altro e questo altro non è certo lusinghiero. Le Suore delle Poverelle che abbiamo incontrato nell’ultimo giorno del camposcuola, ci hanno invitato a dire di getto ciò che associa-

mo a Scampia: degrado, malavita, sporcizia, droga, camorra, abbandono…E ci hanno sorpreso perché in questo panorama loro sono presenti per dare speranza ai sogni, per offrire opportunità, mettendo in gioco energie, impegno, preghiera per scoprire tanta bellezza anche qui. E dai loro racconti abbiamo visto questa bellezza venire alla luce.

*La legge 18 aprile 1962, n. 167 (“Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree ... per l’edilizia economica e popolare”), introdusse in Italia i cosiddetti “Piani di Edilizia Economica Popolare” (PEEP), venne emanata con lo scopo fondamentale di fornire all’ente pubblico gli strumenti concreti per programmare gli interventi nel settore della casa e per incidere, tramite questi, sull’assetto del territorio urbano, contrastando la speculazione fondiaria e indirizzando lo sviluppo edilizio all’edilizia economica e popolare.

VIDE NAPULE se dice: “vide Napule e po’ muore”, ma chi l’ha vista, nun vo’ maie murì pecché ccà se fatica e se fa ammore e chi patisce nun ‘o fa capì. E si chillo che vene è n’ommo ‘e core nun po’ fa a meno ‘e nun se ntennerì… e quanno sente ‘o sisco d’o vapore fa o’paro e sparo e nun vò cchiù partì. E appriesso già se sape che succede: succede ca ‘e stu passo, chiano chiano, ognuno c’a sta terra mette pede se scorda d’o paese suio luntano, nnanze a o’ Vesuvio e ‘o mare cagna fede se ncanta e vo’ restà napulitano! La Lettera marzo ‘19

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Roma: quale stupore e meraviglia!?

Domenica 30 dicembre 2018: siamo in Piazza San Pietro in attesa dell’Angelus del Papa e aspettiamo con pazienza le ore 12:00 nel freddo umido della mattinata. Finalmente Papa Francesco si affaccia alla finestra del Palazzo Apostolico… che emozione! “Cari fratelli e sorelle, buongiorno!” “Oggi celebriamo la festa della Santa Famiglia e la liturgia ci invita a riflettere sull’esperienza di Maria, Giuseppe e Gesù, uniti da un amore immenso e animati da grande fiducia in Dio. L’odierno brano evangelico racconta il viaggio della famiglia di Nazareth verso Gerusalemme, per la festa di Pasqua. Ma, nel viaggio di ritorno, i genitori si accorgono che il figlio dodicenne non è nella carovana. Dopo tre giorni di ricerca e di timore, lo trovarono nel tempio, seduto tra i dottori, intento a discutere con essi. Alla vista del Figlio, Maria e Giuseppe “restarono stupiti”… Nella famiglia di Nazareth non è mai venuto meno lo stupore neanche in un momento drammatico La Lettera

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marzo ‘19

come lo smarrimento di Gesù: è la capacità di stupirsi di fronte alla graduale manifestazione del Figlio di Dio. È lo stesso stupore che colpisce anche i dottori del tempio, ammirati “per la sua intelligenza e le sue risposte”. Ma cos’è lo stupore? Cos’è stupirsi? Stupirsi e meravigliarsi è il contrario del dare tutto per scontato, è il contrario dell’interpretare la realtà che ci circonda e gli avvenimenti della storia secondo i nostri criteri. E una persona che fa questo non sa cosa sia la meraviglia, cosa sia lo stupore. Stupirsi è aprirsi agli altri, comprendere le ragioni degli altri: questo rapporto è importante per sanare i rapporti compromessi tra le persone, ed è indispensabile anche per guarire le ferite aperte nell’ambito familiare. Quando ci sono dei problemi nelle famiglie, diamo per scontato che noi abbiamo ragione e chiudiamo la porta agli altri. Invece bisogna pensare: “ma che cos’ha di buono questa persona?”, e meravigliarsi per questo buono…” Alla luce delle parole del Papa, vogliamo ricordare il nostro viaggio a Roma, un’esperienza

[A cura di Patrizia e Cresimandi]

meravigliosa che rimarrà nei nostri cuori e ci ha aiutato a crescere nel sentimento della meraviglia e dello stupore verso le cose e verso le persone. Abbiamo provato: Stupore e meraviglia davanti alle bellezze artistiche di Roma: il Mosè e la Pietà di Michelangelo, Il quadro di Caravaggio “La vocazione di Matteo”, le famose piazze di Roma: Piazza di Spagna con Trinità dei Monti, Piazza Navona, la Fontana di Trevi, la maestosità delle basiliche romane: San Paolo Fuori le Mura, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Pietro in Vincoli, Santa Maria in Trastevere, San Pietro…! Stupore e meraviglia davanti ai resti della civiltà romana: gli scavi archeologici dei Fori Imperiali, l’imponenza del Colosseo, l’Arco di Costantino, la Colonna Traiana, il Pantheon e gli attuali palazzi del potere: il Campidoglio, Palazzo Chigi, Palazzo Madama, Montecitorio e il Quirinale! Stupore e meraviglia nello scoprire la forza della testimonianza dei primi martiri cristiani: le catacombe, le tombe dei


santi Pietro e Paolo, le reliquie dei martiri dei tempi moderni nella chiesa di San Bartolomeo! Stupore e meraviglia nel vedere i segni della Passione di Gesù nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme e nel salire la Scala Santa in preghiera! Stupore e meraviglia nel contemplare i presepi presenti in ogni chiesa e in particolare il Gesù Bambino miracoloso in legno portato in processione nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli e la dolcezza e tenerezza del presepio di sabbia in Piazza San Pietro! Stupore e meraviglia nell’osservare i piccoli gesti di attenzione, di generosità e di solidarietà tra i ragazzi! Stupore e meraviglia nel vedere i genitori, i catechisti, i sacerdoti prodigarsi e darsi da fare per tutti coloro che aveva-

no bisogno di aiuto, di sostegno e di incoraggiamento! Stupore e meraviglia nel vivere bene la celebrazione quotidiana delle s. messe, nel preparare le preghiere dei fedeli, nell’ascoltare le belle omelie di don Giulivo e don Roberto, nonostante la stanchezza delle intense giornate di cammino! Stupore e meraviglia nel sentire il saluto del Papa e pronunciare il nome della nostra parrocchia! Stupore e meraviglia presenti sui volti nelle bellissime foto scattate! Stupore e la meraviglia presenti anche nel cuore dei ragazzi, espressi nei loro commenti e impressioni: - Mi ha stupito molto la Basilica di San Pietro perché è piena di statue e opere spettacolari e sempre molto illuminate, ma so-

prattutto il corpo imbalsamato di papa Giovanni XXIII e mi è piaciuta anche la Fontana di Trevi illuminata e con un’acqua pulitissima! (Lisa G.). - Mi ha stupito molto l’Altare della Patria perché me lo aspettavo molto più piccolo e poi mi ha colpito la Fontana di Trevi perché aveva l’acqua limpidissima (Giorgia). - Mi ha stupito molto la grandezza delle chiese e il Mosè (Daniel). - Secondo me è stato meraviglioso l’Arco di Trionfo, ma mi ha stupito quanta pazienza tutti hanno avuto per le chiese (Angelo). - Mi hanno impressionato molto la bellezza e la grandezza dei monumenti romani (Valentina). - ll viaggio –pellegrinaggio a Roma mi è piaciuto moltissimo, ma la cosa che mi ha stupito di più è stata la Basilica di San Pietro perché è molto decorata con La Lettera marzo ‘19

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oro e dipinti, per la Pietà di Michelangelo, ma anche per la sua grandezza (Sofia). - Questa nuova esperienza è stata molto entusiasmante, meravigliosa e in certi momenti (nelle camere) ansiosa. La cosa più bella è stata, credo sia scontato, la Basilica di San Pietro, però c’è stata una delusione: non abbiamo visitato il cupolone, ma in compenso abbiamo visto il papa, ci ha salutato e ci hanno inquadrato in televisione. In camera ho vissuto momenti paurosi, ansiosi e divertentissimi (Giorgio). - Mi ha colpito maggiormente la Basilica di San Paolo Fuori le Mura con i medaglioni dei Papi di oggi e di ieri e la sua facciata dorata illuminata dal tramonto (Andrea). - L’emozione più forte che ho provato è stata quando il Papa ha detto il nome della nostra parrocchia (Mattia). - I monumenti che mi hanno colpito di più, suscitando in me meraviglia, sono stati il Colosseo e l’Altare della Patria, mentre ho provato emozione quando ci ha salutato il Papa dicendo il nome del mio paese (Manuel). - E’ stato emozionante questo viaggio! Mi ha meravigliato vedere le basiliche: questi luoghi di culto decorati nei minimi parti-

colari. Quadri, mosaici, statue rappresentano un passato di prestigio e oggi noi possiamo ammirare la laboriosità del tempo passato. Altra emozione è stato il saluto di Papa Francesco quando ci ha nominato all’Angelus. Peccato non essere andati sulla Cupola di san Pietro… pace… vorrà dire che ci ritornerò! (Ismaele). - Mi è piaciuto molto stare con i miei amici (anche quelli di Almenno). Grazie a questa gita, ho consolidato le mie amicizie, ho visitato Roma, ma avrei voluto visitare il CUPOLONE e comprare dei souvenir (Davide). - Mi è piaciuto vedere il Colosseo che, se guardato in foto o in TV, è molto diverso (Luca B.) - A me è piaciuto essere nominato dal Papa (Stefano R.M). - Mi è piaciuto moltissimo il Colosseo perché lo pensavo molto più piccolo. Poi mi è piaciuto il Vaticano anche se non siamo saliti sul cupolone. Mi sono divertita molto con i miei compagni (Gaia). - Essere andata a Roma è una cosa che non dimenticherò mai perché oltre ad aver imparato un sacco di cose mi sono divertita tantissimo, ho socializzato e conosciuto persone davvero speciali. Volevo ringraziare tutti per aver fatto vivere

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ad ognuno di noi questa esperienza (Francesca). - Sono molto felice perché questo viaggio mi ha permesso di conoscere meglio gli altri e incontrare persone nuove (Alissa).

Al di là dello stupore e della meraviglia per la città di Roma con il suo fascino e la sua bellezza, abbiamo provato stupore e meraviglia nel camminare insieme, nel trascorrere quattro giorni in un clima di amicizia, di condivisione e di comunione fraterna tra ragazzi, catechisti, genitori e don come fossimo una grande famiglia. Stupore è aprirsi agli altri e meravigliarsi del buono che c’è in loro! Noi lo abbiamo vissuto in questo pellegrinaggio e l’augurio di noi catechiste per i nostri ragazzi cresimandi è che lo Spirito Santo li faccia sempre stupire e meravigliare del buono che si può costruire nella continua scoperta e sequela di Gesù!


Presepi mobili Una vera sorpresa i presepi portati dai ragazzi nella Festa della Sacra Famiglia, dopo che ogni tappa del cammino d’Avvento era stata abbinata alle diverse statue distribuite a tutti. Così abbiamo ammirato ambientazioni e materiali diversi: pane, scrigno, bottiglia, vaso, corteccia, lana, scarponcino, stelle, boccia, anfora, scala, lanterna, campana di vetro, conchiglia, cesto di vimini, scatola di bottiglia…Se era intenzione premiarne alcuni, alla fine ci siamo resi conto che era impossibile. La giuria ha quindi scelto due presepi per l’originalità (Mariachiara Previtali e Gaia Valesio) e per la sintonia con il tema del percorso d’Avvento (Francesco Manzoni e Caterina Centurelli). Nel giorno dell’Epifania abbiamo però dato a tutti - e anche a coloro che avevano partecipato con instagram al Presepio Post: #PalaPresepio2018 - un piccolo dono. Ma non finisce qui: l’anno prossimo continueremo con altre statue…

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Gesù Salvatore

[Restauro a Carosso]

Ha avuto bisogno di alcune attenzioni e poi l’abbiamo vista per tutto il tempo del Natale, in centro all’altare maggiore, per essere poi collocata nella sua sede abituale, nella volta dell’altare laterale destro a Carosso: è l’ovale con il Gesù Redentore, dipinto anonimo di metà settecento. Il Bambino, seduto sulle nubi, si presenta già come il Redentore di quel mondo su cui si appoggia e al quale rivela lo strumento del suo amore, la croce. La pulitura ha evidenziato anche i putti nello sfondo.

Non temere...

[Epifania]

Ogni anno il presepe vivente dell’Epifania si arricchisce di nuovi personaggi in costume. Il brano guida dell’anno pastorale con l’annunciazione, ci ha suggerito il tema degli Arcangeli che abbiamo visto entrare con tanto di ali e con i segni caratteristici del loro nome. Ai tre unanimemente conosciuti –Michele, Gabriele e Raffaele-abbiamo unito gli altri quattro che la tradizione apocrifa ci fa conoscere: Uriel, Barachiel, Jeudiel eLa Sealtiel. LetteraCosì siamo arrivati a 120 personaggi, San Carlo Borromeo compreso. E la Sacra Famiglia? marzo ‘19 interpretata da Andrea, Sara e il piccolo Francesco. In verità anche un pastorello rosso Quest’anno [22] è stata vestito si aggirava intorno a … Gesù Bambino. Era il fratello Nicola. Ma sappiamo, Gesù non aveva fratelli.


18-30enni Anche noi abbiamo cercato di entrare nel movimento del Sinodo dei Giovani per non farci scappare la provocazione che ha lanciato a tutta la Chiesa. Così, l’Equipe educativa ha proposto “In prima linea”, una serata di ascolto di storie di giovani. Da lì sono poi partiti i giorni di con-vivenza di dieci giovani nella casa di Comunità e la proposta, già attuata, di un film ogni mese. Così, per riflettere, per confrontarsi, per tracciare altre linee… Vengono qui riportate due testimonianze. Le altre, sulla prossima Lettera.

Letizia a Casa Raphael Casa Raphael è una “casafamiglia” immersa nel verde delle colline di Torre Boldone che offre assistenza a persone affette da HIV/AIDS. Per me questo è un luogo grazie al quale ho avuto la possibilità di conoscere persone fantastiche ed entrare in contatto con una realtà oggi un po’ dimenticata. La mia esperienza, inizialmente nata per un progetto di alternanza scuola-lavoro, é passata dal semplice osservare la quotidianità di queste persone, al costruire un vero e proprio rapporto con loro. Tra una partita a carte ed un’altra, abbiamo imparato a conoscerci: in maniera molto spontanea alcune di loro, giorno dopo giorno, si sono confidate con me raccontandomi alcune storie più o meno complicate della loro vita e mi sono resa conto

dell’importanza che anche solo l’ascolto può avere in determinate situazioni. Da questa esperienza ho anche capito come molte volte ci si approcci a questa malattia con pregiudizi e false certezze (purtroppo oggi molto diffusi) che creano disagi e sofferenze ingiuste nelle persone affette. Oltre agli ospiti della casa, ho avuto anche la possibilità di vedere la passione e la dedizione con cui le persone lavorano in questo ambiente, dedicandovisi in maniera più che ammirevole, nonostante le numerose difficoltà che un lavoro del genere può implicare. Spero che i sabato trascorsi insieme in questo ultimo anno e quelli futuri siano d’aiuto per le persone che ho conosciuto fino ad ora, anche solo per stappa-

re un sorriso o per trascorrere qualche attimo di spensieratezza insieme. Casa Raphael è solo una delle tante “comunità” sparse nella nostra provincia e diocesi. Per quanto certe realtà ci possano sembrare lontane dal nostro vivere, anche nel nostro piccolo territorio ci sono molte persone che hanno bisogno d’aiuto. Basterebbe semplicemente offrire loro una presenza, un punto d’ascolto, qualche attimo di distrazione. Anche se alla fine delle giornate trascorse sono gli ospiti a ringraziarmi per la visita, sono io a dover ringraziare loro per avermi accolta in maniera così cordiale e naturale nelle loro vite. La Lettera marzo ‘19

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Suor Terry alla stazione Un grazie di cuore per questo invito perché mi avete permesso di fare un tuffo nel passato e ricordare gli anni del mio volontariato in stazione. L’esperienza della stazione mi ha permesso di tenere occhi, orecchie, mente e soprattutto il cuore aperto, disponibile e accogliente. Posso dire che questi anni sono stati la mi palestra di VITA: il vangelo, la stazione, i miei poveri e la puzza: sporcarmi le mani mi ha permesso di impastare la mia vita con le tante vite fragili e ferite che hanno permesso a me, suor Terry, di diventare la donna e la suora che sono. La stazione e il camper sono state per me pagine di vangelo! La carità nasce da gesti concreti: sedersi al tavolo a mangiare con gli ospiti e nonostante l’odore sgradevole esser capace di guardarlo negli occhi e accoglierlo senza essere giudicato; in inverno al freddo e al gelo aiutarli a trovare una panchina vuota e con scatoloni e coperte preparare il tutto per la notte; imparare i loro nome di Battesimo perché è bello essere chiamati

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per con l proprio nome…. Uscire con il camper per raggiungere le giovani prostitute per offrire un bicchiere di the caldo e scambiare due parole… i poveri quando entrano nel cuore non escono più. I poveri mi hanno insegnato la gratuità e ad essere una persona vera e a sorridere alla VITA. In stazione ho vissuto davvero il VANGELO: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Ho incontrato Gesù! Uno Sposo, Gesù, che non mi lascia “seduta”. La mia vita è “relazione”, nella gioia e nella fatica perché incontrare l’altro diverso da te, è un rimettersi ogni volta in gioco in modo diverso e mi piace pensare che nei mie gesti, sorrisi, parole, abbracci ci sia sempre la SUA E SOLA PRESENZA. Io sono solo un suo strumento! Strumento felice della propria VITA.


Convivenza Convivenza s. f. [der. di convivere]: quotidiano, amicizia, vicinanza, famiglia. Collaborazione, vissuto, storie, volti. Mensa, spirito, gioco, sorrisi. Attesa, cura, attenzione, impegno. Servizio, bellezza, affetto, verità. In definitiva, vita. Da domenica 2 a giovedì 6 dicembre, io e altri giovani abbiamo invaso la Casa di Comunità per vivere l’esperienza della convivenza. In sostanza, abbiamo vissuto dei giorni assieme cercando di mantenere il più possibile i nostri impegni quotidiani. Se ci pensate, non c’è niente di troppo diverso che stare in famiglia. Daniele, uno di noi, dice: “Comunità significa fare dei piccoli sacrifici personali per poter stare bene insieme, come in una famiglia. Grazie per i bei momenti trascorsi con voi.” Scoprirsi famiglia è forse il dono più grande che ci portiamo a casa da questi giorni. Nelle nostre case, molte cose sono date per scontate: dai piatti da lavare alle pulizie da fare, dagli orari da rispettare al tempo da passare insieme. Quanto ci sentiamo davvero famiglia a casa? La convivenza ha fatto riemergere queste piccole cose, ma ci ha fatto riflettere anche su altro. Luca dice: “Di questa esperienza mi è piaciuto il fatto che ci siamo aspettati a vicenda.

Anche se a pranzo non era sempre possibile, per colazione e cena abbiamo sempre aspettato o anticipato i tempi in modo da trovarci tutti insieme all’inizio e alla fine di ogni giornata, ognuna delle quali è stata piena di impegni differenti per ciascuno di noi, ma che ha avuto un inizio e una fine in comunità.” Convivenza è stata per noi

luogo in cui ci siamo sentiti attesi, luogo di relazione e cura dell’altro. Abbiamo aperto gli occhi, scoprendo che dietro le persone che incontravamo ogni tanto in oratorio, si nascondevano degli amici, forse dei fratelli. Da rifare? Assolutamente sì. Quando? Ancora non lo sappiamo, ma una prima linea l’abbiamo tracciata.

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24 aprile 5 maggio 24Lucia aprile - 5 maggio Santa

XXXI edizione XXXI edizione

il Palio? 24 aprile - 5Partecipa maggiocon laCos’ètua contrada

Cos’è il Palio? 2 settimane, 6 contrade, tante sfide. 2 settimane, 6 contrade, tante sfide. Il “Palio” è un trofeo che la contrada Il “Palio” è un trofeo che la contrada vincitrice custodisce all’anno successivo. vincitrice custodisce finofino all’anno successivo. vince per lo tiene per sempre. Chi lo vince per 3 volte,Chi lo lotiene per3 volte, sempre.

Partecipa con la tua contrada

Perché il Palio? Alberto - 347 016 3867 Facciamo il Palio perchéPerché vogliamo divertirci. Sebastiano - 347 351 7010 il Palio? Centro, Borghetto PerGromlongo stare insieme, per sentirci un po’ più parte di questa comunità. Alberto 347 016 3867 Facciamo il Palio perché vogliamo divertirci. Per stare insieme, per sentirci Sebastiano - 347Ah, 351anche 7010per vincere, poi. Centro, Borghetto

Gromlongo

un po’ più parte di questa comunità. Ah, anche per vincere, poi.

Bello. Ma come partecipo? Al Palio partecipa chiunque. Anche i bambini. Anche i non troppo giovani. Per partecipare scopri qual è la tua contrada contatta il tuo capitano. Bello. Mae come partecipo? Tranquilli, è mai abbastanzaAlePalio ci sono sfide perIlaria tutti ii-bambini. gusti. 347 858 Paolo - non 327 si156 6763 partecipa chiunque. Anche Anche8954 i non troppo giovani.

Brocchione, XXXI edizione

Carosso, Paolo - 327 156 6763 F.lli Ripamonti Brocchione, Carosso, Partecipa con la tua contrada Partecipa conF.lli la tua contrada Ripamonti Sebastiano - 347 351 7010 Gromlongo

Paolo - 327 156 6763 Brocchione, Carosso, F.lli Ripamonti

Gianluca - 347 899 4086 Longoni

Alberto - 347 016 3867 Centro, Borghetto

Gianluca - 347 899 4086 Longoni Ilaria - 347 858 8954 Gianluca - 347 899 4086 S. Sosimo, Beita, Longoni Secchia Daniel -347 169 7256 Burligo

S. Sosimo, Beita, Ilaria - 347 858 8954 S.Secchia Sosimo, Beita, Il Calendario Secchia

Per partecipare scopri qual è la tua contrada e contatta il tuo capitano. Tranquilli, non si è mai abbastanza e ci sono sfide per tutti i gusti. Qui il calendario:

Mar 9

Mar 16

Pallavolo

Pallavolo

Dom 28 Bambini Carte

Lun 29

Ven 3

Sab 4

Calcio

Talent

Calcio

Mer 24 Gio 25 Prova Camminata culturale Corsa

Daniel -347 169 7256 Burligo Mer 1 Gio 2 Daniel -347 169 7256 Calcio Pallavolo Burligo Dom 5 Giochi Premiazioni

Sab 27 Calcio


[A cura di Ileana]

Don Michelangelo Finazzi (Direttore dell’Ufficio Pastorale Salute e Sofferenza) ha aperto l’incontro con un saluto e la preghiera. Poi ha ceduto subito la parola al Vescovo Mons. Francesco Beschi. Egli ha ringraziato i Ministri Straordinari della Comunione e i volontari che, accogliendo l’invito degli uffici diocesani, sono convenuti molto numerosi (ca 350 persone) presso l’auditorium della Casa del Giovane a Bergamo per riflettere insieme sulla vocazionalità della vita, per riscoprire la preziosità del ministero a cui essi sono stati chiamati ed esprimere insieme la propria riconoscenza al Signore. Partendo dal brano del Vangelo “di Emmaus” ha invitato a ripensare ai quattro verbi che sottendono al riconoscimento di Gesù da parte dei discepoli e che ancora sono ripetuti quotidianamente nella celebrazione dell’Eucarestia: PRESE il pane, lo BENEDISSE, lo SPEZZO’, lo DIEDE. Si è soffermato sul “diede” poiché qui il DARE assume il significato di CONSEGNARE. È il grande gesto d’amore di Dio che si CONSEGNA, si AFFIDA alla libertà dell’uomo (che ne può fare ciò che vuole); cioè nell’Eucarestia Dio dona se stesso; Egli, l’Amore, SI FA DONO, dona il Suo Amore. I MSC, continua il Vescovo,

Incontro per Ministri Straordinari della Comunione sono portatori di un Dono, aiutando nella distribuzione all’assemblea e ai fratelli impossibilitati a partecipare alla celebrazione dell’Eucarestia, ricordando sempre che “possiamo dare ciò che abbiamo guadagnato, e possiamo donare solo ciò che, a nostra volta abbiamo ricevuto in dono”. Mentre il Vescovo ci lasciava, don Michelangelo ha ripreso il tema della vocazione intesa come vita di fede che diventa risposta a Dio, quando la vita è stare con Dio, in ascolto, in relazione con Lui e con la Chiesa. Toccanti sono state le testimonianze di tre Ministri impegnati presso le cappellanie di ospedali dove, portare l’Eucarestia, significa anche incontrare realtà molto diversificate e delicate. Questo richiede impegno per curare la propria formazione e nell’improntare la propria vita a Gesù, per cui diventano fondamentali l’ascolto e la contemplazione nella preghiera. Scoprire il senso cristiano

della sofferenza diventa una sfida quotidiana per il volontario al letto del malato. Ad una volontaria che di fronte a questa chiamata così particolare esprimeva la propria perplessità ed i propri timori, mons. P. Rota Scalabrini rispose: “Il Signore vi ha scelti non perché siete bravi, ma perché ne avevate bisogno”. A conclusione Don Michelangelo ha informato che, per chi se la sentisse di accogliere questa ulteriore chiamata a portare l’Eucarestia ai malati negli ospedali, anche quest’anno partirà a Bergamo il corso di preparazione che si articolerà in 10 giornate dedicate a studio, preghiera ed esperienze dirette in corsia. Quindi, una veloce carrellata per presentare gli elementi intorno ai quali si sviluppa questo servizio e la preghiera hanno chiuso il piacevole, interessante pomeriggio. La Lettera marzo ‘19

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La carità ritornata

[San Giovanni Bosco]

Nella festa di metà anno catechistico che coincide con la festa di San Giovanni Bosco e della vita, attingiamo dalla vita del Santo dei giovani, un racconto che caratterizza la giornata e il segno che viene lasciato. Ecco quella scelta quest’anno che leggiamo dalle stesse parole di don Bosco: Era domenica e prima di partire dovetti dire la Messa per la gente di Castelnuovo. Per arrivare poi a tempo a Lavriano non andai a piedi, ma a cavallo. Avevo percorso metà strada al trotto e al galoppo. Mi trovavo nella valle di Casalborgone tra Cinzano e Bersano, quando da un campo seminato a miglio si alzò di colpo uno storno di passeri. Quel frullare rumoroso e improvviso spaventò il mio cavallo che scattò in una corsa frenetica per campi e prati. Cercai di tenermi saldamente in sella, ma ad un tratto mi accorsi che essa cedeva e scivolava di lato. Tentai di raddrizzarla, ma uno scarto improvviso mi catapultò in alto. Caddi riverso sopra un mucchio di pietre. Un uomo aveva assistito da una collina alla mia brutta avventura, e scese di corsa insieme ad un aiutante. Mi trovò svenuto. Con delicatezza mi portò in casa sua e mi distese sul letto migliore che aveva. Mi prestò tutte le cure possibili, e dopo un’ora rinvenni. Mi meravigliai di essere in una casa sconosciuta. - Non si spaventi mi disse subito quel brav’uomo - Vedrà che qui non le mancherà niente. Ho già mandato a chia-

ai piedi. Mi pulirono, mi prepararono un’ottima cena, poi mi fecero dormire in un letto morbidissimo. Prima di ripartire, il mattino dopo, volevo pagare il disturbo, come mi pareva mio dovere. Il chierico si rifiutò gentilmente dicendo: «Domani anche noi potremmo aver bisogno di lei». -A quelle parole mi sentii commosso. Quel brav’uomo si accorse che avevo gli occhi rossi e domandò: -Si sente male? – No. Questo suo racconto è bello e commovente. -Era proprio una brava famiglia, quella che incontrai quella notte. Potessi far qualcosa per loro lo farei volentieri. -Come si chiamava? - La famiglia dei Bosco, chiamati in dialetto «Boschett». Ma perché si commuove di nuovo? Conosce per caso quelle persone? Quel chierico sta bene? - Quel chierico, mio caro amico, è questo sacerdote che lei ha accolto in casa sua. Lei mi ha ricompensato mille volte per quello che ho fatto quella notte. Mi ha portato svenuto nella sua casa, mi ha messo nel suo letto. La divina Provvidenza ci ha voluto fare vedere con i fatti che chi fa del bene, trova del bene. Sì, la carità, di cui anche San Paolo faceva l’elogio nel famoso inno proclamato nella seconda lettura, è proprio come un BOOMERANG! Una volta lanciato, ritorna indietro. Ebbene, LA CARITÀ, PRIMA O POI, TORNA INDIETRO. San Giovanni Bosco riceveva dalla Provvidenza e donava ciò che riceveva. Al termine della celebrazione è stato dato a

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mare il medico, e un mio aiutante è andato a ricuperare il cavallo. Io sono solo un contadino, ma in casa mia troverà tutto il necessario. Si sente molto male? -Dio la ricompensi della sua carità, mio caro amico. Non credo di aver niente di grave. Non posso muovere una spalla, ho paura che si sia rotta. Qui dove sono? -Sulla collina di Bersano, in casa di Giovanni Calosso, soprannominato Brina. Lei non mi conosce, ma anch’io ho girato il mondo e ho avuto bisogno di altri. Sono stato un frequentatore di fiere e di mercati, e me ne sono capitate tante! -Mentre attendiamo il medico, perché non mi racconta qualche sua avventura? -Ne avrei tante da raccontare! Molti anni fa, tanto per fare un esempio, ero andato ad Asti con la mia asina. Dovevo far provviste per l’inverno. Tornando, la mia povera bestia era fin troppo carica. Mentre ero nelle valli di Moriondo, scivolò in un pantano e stramazzò nel bel mezzo della strada. I miei sforzi per rimetterla in piedi non servirono a niente. Era mezzanotte, pioveva ed era buio pesto. Non sapevo più a che santo raccomandarmi, e mi misi a gridare aiuto. Dopo alcuni minuti qualcuno mi rispose da un casolare vicino. Con delle fiaccole accese per fare un po’ di luce, vennero in mio aiuto un chierico, suo fratello e due altri uomini. Mi aiutarono a scaricare l’asina, la tirarono fuori dal fango e mi ospitarono in casa loro. Io ero mezzo morto, imbrattato di fango dalla testa


tutti i ragazzi un boomerang con la frase di don Bosco: “Coraggio, coraggio sempre. Non stanchiamoci mai di fare il bene e Dio sarà con noi”.

Lo spettacolo del pomeriggio è stato animato in modo frizzante e vivace da diversi gruppi di ragazzi che si sono cimentati con balli, giochi, varietà e canzoni,

cucite dal presentatore Luca, con sottile ironia, così sottile che non tutti afferravano. Ma questo è il bello della diretta.

La Lettera marzo ‘19

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Sacralità dell’uomo e delle cose Stefano Nava, artista e illustratore, presenta “Un uomo. 4 ottobre 1226” tra le cui pagine rivive l’esperienza di Francesco d’Assisi

Stefano Nava sta presentando il suo ultimo volume magnificamente illustrato, “Un uomo 4 ottobre 1226” (Edizioni Messaggero Padova, 60 pagine di grande formato) insieme ad alcune tavole originali. Ma prima ancora del “materiale’ porta la sua testimonianza, che ha il proprio centro gravitazionale nel personaggio, san Francesco, ritratto sulla copertina e in tanti altri disegni. E come luogo del cuore Assisi, dove durante un Triduo Pasquale presso le Suore Alcantarine ha conosciuto Caterina Villani, sua sposa dal 2010, La Lettera

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reggiana, appassionata di biodanza. Oggi vivono a Marmirolo, vicino alla chiesa, con i figli Francesco, tre anni (sua, presa alla nascita, la prima immagine in cui ci si imbatte sfogliando il nuovo libro, per “umanizzare” da subito la figura del Poverello), e Filippo, di un anno, e come famiglia provano a tenere aperta la porta della casa di campagna e lo spazio della vecchia stalla per favorire momenti di ascolto e di amicizia. Stefano è nato a Palazzago, in provincia di Bergamo, nel 1977. Fin dall’infanzia legato all’oratorio del paese, all’inizio della giovinezza ha sentito l’esigenza di approfondire la sua fede, ed ecco comparire nel suo orizzonte il mondo di Assi-

si. Dopo il Liceo artistico, dove dall’insegnante Giulio Albrigoni impara ad addomesticare la mano alla figura umana, Stefano si laurea in architettura e continua a dipingere con olio e acrilico, in uno stile piuttosto graffiato, con la guida del maestro Cesare Ravasio. “Percorso di artista e di ricerca vocazionale che vanno un po’ di pari passo”, dice, che a ventisette anni frequenta l’anno propedeutico quindi entra in seminario, dove completa il biennio filosofico prima di fermarsi (“Nel ruolo di sacerdote non mi ci vedevo”), pur continuando a orbitare su Assisi. Da lì al successivo incontro con Caterina e al matrimonio, celebrato dopo due anni di fidanzamento a Palazzago, con


trasferimento immediato nel Reggiano, il passo è stato tutto sommato breve. Oggi Nava si mantiene francescano anche nel lavoro part time che esercita come operatore sanitario all’Infermeria dei Cappuccini, mentre il pomeriggio è libero di dedicarsi all’arte e alla cultura. In provincia di Reggio Emilia ha realizzato un trittico con ultima cena, morte e risurrezione di Cristo nella chiesa di San Maurizio, mentre a Sant’Ilario d’Enza, nella cappella interna delle scuole del movimento “Familiaris Consortio” ha installato un’opera sul Crocefisso Risorto e un’altra su Maria. Altre opere si trovano nell’Aretino, presso la Fraternità di Romena - il cui responsabile, don Luigi Verdi, firma la prefazione di “Un uomo 4 ottobre 1226” e naturalmente nel paese d’origine, Palazzago, nella chiesa di San Giovanni Battista e nella Casa di Comunità. Da circa sette anni a questa parte Stefano affianca alla

produzione dei quadri la realizzazione di illustrazioni raffinate e poetiche pur nella loro precisione di tratto. La tecnica cambia, i soggetti preferiti no: “Mi piace rappresentare le cose della quotidianità, come le scarpe, i lenzuoli, il pane, la mensa ... come qualcosa di sacro”, spiega l’artista. Alcune tavole sono più narrative, altre simboliche: “Avendo affinato con il tempo la tecnica, adesso amo concentrarmi maggiormente sul concetto”, è la motivazione dell’autore, che dal libro appena pubblicato mostra la figura della perfetta letizia: quattro bastoni, di per sé segni del rifiuto patito dal santo di Assisi, che però conficcati nel terreno e uniti, formano una piccola tenda, a simboleggiare invece l’accoglienza. Così come la gabbia aperta dipinta sulla copertina di “Un uomo”, issata sul bordone del viandante che scende da La Verna sotto un cielo nuvoloso, esprime tutto il desiderio di libertà di Francesco, più di tante parole. Parole che comunque nel libro ci sono, scritte di pugno dall’autore solo dopo aver finito con i disegni, anch’esse ricercate e quasi scolpite una per una, in un esercizio di sottrazione e di essenzialità. I testi viaggiano in parallelo ma si specchiano nelle atmosfere disegnate: “Il

lavoro su Francesco - aggiunge - è molto personale; il libro che ho pubblicato non è la biografia di Francesco; certo richiamata dagli episodi rappresentati, ma è soprattutto un dialogo, vuole trasmettere ciò che il santo ha comunicato alla mia vita, al punto che qualche lettore mi ha detto che non sempre si riesce a distinguere quando parli il santo e quando io in prima persona”. Vivremo questa presentazione il 22 marzo, alle 20.30, nella chiesa parrocchiale di Palazzago. Stefano (meglio Roberto) farà partire la musica - canzoni di musica leggera, da Jovanotti a Laura Pausini - e il suo personale e vivido commento alle illustrazioni, fatto di citazioni dalla Sacra Scrittura e di pagine di Vangelo incarnate in Francesco, un uomo che ha saputo lodare Dio nei momenti in cui la vita ha detto no, e anche in questo risiedeva la sua grandezza. “Ognuno ha un modo unico di amare”, ”A farci crescere, più che la forza di volontà, è la delicatezza che i fratelli ci regalano”... sono soltanto alcuni frammenti della testimonianza di questo artista che continua la sua disponibilità a portare la sua mostra itinerante in parrocchie, conventi o circoli culturali. La Lettera marzo ‘19

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Audaci e creativi

[Convegno diocesano A cura dell’Equipe Educativa]

“Invito tutti ad essere audaci e creativi. Ciò che conta è non camminare da soli” (Papa Francesco)

L’1 dicembre una delegazione dell’equipe educativa di Palazzago ha partecipato al convegno diocesano delle equipe in cui si è raccolto il senso del lavoro fatto e da fare. 80 gruppi, più di 700 persone di cui 145 preti sono i numeri che ci riporta il presente: in poco tempo il modello dell’equipe educativa si è diffuso per tutta la bergamasca e anche Palazzago c’è. Magari vi ricordate di noi quando, l’anno scorso, abbiamo avviato la campagna #SaveThePalio, che poi il Palio l’ha salvato davvero, arrivando alla XXX edizione. Oppure a qual-

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che riunione, in cui ci siamo presentati e abbiamo spiegato in breve che cosa facciamo. Il convegno ce lo ha ricordato cos’è un’equipe educativa e lo ha fatto in pochi punti, semplici. Eccone alcuni: - Sinodalità educativa: chi cammina da solo non arriva molto lontano. Le equipe educative sono innanzitutto un luogo dove si sta insieme, dove si pensa insieme, dove di progetta insieme. Siamo un gruppo di persone di età diverse, con vite diverse e esigenze diverse, ma siamo chiamati a lavorare insieme per il bene della comunità. - Corresponsabilità laicale: l’equipe è un modo per sentirsi parte. Sempre di più ognuno di noi, non solo dell’equipe, sarà chiamato a prendere in mano la realtà dell’oratorio e a dire che ci appartiene, che se qualcosa non funziona

è anche colpa nostra, non del Don, che se ci sentiamo più vicini è anche merito nostro. - Compiti: è un’equipe attiva. Cosa è chiamata a fare un’equipe educativa? Soprattutto pensare, ragionare e progettare. Dobbiamo cercare di capire le esigenze della comunità, ascoltarla e scegliere su cosa puntare. Noi, per esempio, abbiamo scelto di dedicarci al senso di appartenenza, ancora tutto da costruire nel nostro oratorio. Infine, siamo chiamati ad essere audaci e creativi, in quello che facciamo, che pensiamo e che proponiamo. Avere coraggio e uscire dai recinti delle solite cose. Speriamo che, assieme al vostro aiuto, ce la potremo fare. Insomma, avete capito che l’oratorio è di tutti e dobbiamo prendercene cura. Per far questo vogliamo ascoltarvi, sentire quello che secondo voi non funziona, è da cambiare oppure quello che invece è bello e vorreste tenere così come è. Vi chiediamo di interessarvi, di pensare alla vostra esperienza di oratorio e di farci sapere qualcosa, promettiamo di dar retta a tutti. Mandate un messaggio, chiamateci, scrivete qualcosa, insomma, vogliamo sapere la vostra perché siete voi, e dunque noi, i protagonisti di questo spazio, di questa realtà, di questa comunità.


Casa Viva

Entrando al pianterreno della Casa di Comunità, si vede allargarsi, sulla parete destra, il “Mosaico dei grazie”, un puzzle di piastrelle in gres realizzate dai monaci di Bose dove si alternano fossili di fiori e foglie a nomi incisi. Sono i nomi di persone che, direttamente, o attraverso i loro cari che li vogliono così ricordare, hanno dato una mano alla realizzazione dell’opera parrocchiale.

FINE LAVORI impegno totale € 1.095.681 di cui 1.079.681 liquidati

È chiaro che sono tantissime le persone che lo hanno fatto e continuano a farlo. Qui ne mettiamo al16.000 cune cui va il grazie comunitario e quelle affidateci esplicitamente dai familiari anche attraverso una donazione. La parete è grande e vorrebbe continuare ad ospitare piastrelle.

Ecco l’aggiornamento relativo al pagamento dei lavori della Casa di Comunità. FINE LAVORI impegno totale € 1.095.681 di cui 1.079.681 liquidati

16.000

RINEGOZIATO NUOVO MUTUO di € 410.000 Nr.4 rate trimestrali per un importo annuo di € 51.250 XXXII RATA

XXIV RATA

XVI RATA

VIII RATA

XXXI RATA

XXIII RATA

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RINEGOZIATO NUOVO MUTUO di € 410.000 Nr.4 rate trimestrali per un importo annuo di € 51.250 XXXII RATA

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Pillole Con i ritiri dei ragazzi, anche quello degli adolescenti che ha meritato un affondo sulla Lett…Rina, tanto è stato bello. Iniziato nel salone della casa di Comunità con tre video a commento delle domande di folle, pubblicani e soldati a Giovanni Battista: “Che cosa dobbiamo fare?”, continuato con il viaggio in macchina con la condivisione di alcuni interrogativi, giunto al Patronato San Vincenzo per la cena e le parole di don Davide Rota, conclusosi in Città Alta, davanti all’Eucarestia nella chiesa del Carmine. Come diceva il titolo dell’affondo: miracoli del Natale? Diciannove coppie hanno partecipato al percorso in preparazione al matrimonio cristiano, organizzato da alcune parrocchie della Fraternità. Particolarmente belle le presentazioni che ogni coppia ha fatto della propria storia nelle diverse serate. Intenso il clima creatosi attraverso le proposte dei relatori, il confronto a piccoli gruppi, la preghiera. Cordiale la pizzata finale e profondo il momento del ritiro, davanti all’Eucarestia, con i segni che poi troveremo nel matrimonio: acqua benedetta, luce, profumo… Il riso no, ma ci sarà nel giorno del sì. Ma… con moderazione. Come ogni casa, anche le nostre chiese hanno bisogno di una cura e un’attenzione continua. Così a Burligo ci si è concentrati sul Battistero, a Palazzago sugli altari laterali, a Carosso sul restauro di un quadro. Grazie ai volontari e agli offerenti. Anche a Burligo è stato collocato il defibrillatore, a destra dell’ingresso della chiesa parrocchiale. Grazie alle Associazioni che l’hanno offerto, al Dottor Salaroli Christian e ai volontari che l’hanno posizionato. La Lettera

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Nuovo labaro per la Sezione degli Alpini di Palazzago. E’ stato benedetto al termine della celebrazione presieduta da Mons. Daniele Rota, nella quale sono stati ricordati tutti coloro che “sono andati avanti” per raggiungere il Signore delle cime… Il ritiro d’inizio Quaresima, nella forma del Bibliodramma con Manuel e Laura, ci ha fatti entrare nella Passione secondo Luca, immedesimandoci nei personaggi del testo e guardando al centro Gesù nel gesto d’amore.


Cantiere aperto alla Madonna de la Salette Anche nella chiesa della Beita è entrata la… ruspa. Con il nuovo anno sono iniziati i lavori appaltati alla Ditta Previtali e continuati secondo i piani stabiliti: rimozione della pavimentazione, scavo e realizzazione del vespaio, stonacatura delle pareti fino al cornicione, chiusura in sicurezza di aperture trovate, tracce degli impianti e due strati di nuova intonacatura per preparare l’intervento dei restauratori. Non ci sono state “sorprese” nel sottosuolo, come già si poteva ipotizzare dai risultati del geo radar. Durante i lavori è stato portato in luce il tracciato della

primissima chiesa, molto più ridotta nelle dimensioni, che ci fa rendere conto degli interventi successivi di allargamento sulla navata e sulla parte laterale sinistra. Sono stati diversi i sopralluoghi: Ditte, Architetto e Ingegnere, Addetto alla sicurezza, Restauratori, Uffici di Curia e Soprintendenza. Con loro si è giunti alla scelta di proseguire anche con il secondo lotto, riguardante il restauro delle volte, per evitare di non terminare l’opera e rimandare a chissà quando la conclusione. Ci vorranno quindi diversi mesi di lavoro, per giungere al termi-

ne, con la configurazione degli spazi liturgici: ambone, mensa, sede, tabernacolo e crocefisso. La nicchia centrale con la statua della Madonna rimarrà dove è, vista la dimensione di devozione mariana legata a questa chiesa, mentre la nicchia dell’ex battistero ritrovata sotto l’intonaco all’inizio della parete sinistra, diventerà lo spazio per l’acquasantiera all’ingresso della chiesa. In una data che ancora non possiamo definire, faremo l’inaugurazione dei restauri e la benedizione della chiesa con la presenza del nostro Vescovo Francesco. Intanto: generosi, generosi…

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Battesimi Domenica 13 gennaio Battesimo del Signore ore 10.30 Andrea Cortinovis di Mauro e Consuelo Benaglia, nato il 27 aprile 2018

Andrea

Domenica 24 febbraio 2019 ore 11.30 Gioia Felotti, di Emanuele e Avogadri Erica, nata il 16 settembre 2018 Sofia Zinesi, di Oscar e Berlendis Alessandra, nata il 9 novembre 2018 Pietro Panza, di Alex e Battaglia Rita, nato il 1 novembre 2018 Cecilia Gerosa, di Efrem e Carminati Flora, nata il 13 ottobre 2018 Mirko Hayani, di Jalal e Arrigoni Sara, nato il 3 novembre 2018 Edoardo Pellegrinelli, di Mattia e Magni Eva, nato il 19 novembre 2018

Gioia

Sofia

Pietro

Cecilia

Mirko

Edoardo

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Defunti ALESSANDRO MEDOLAGO di anni 71 deceduto a Bergamo il 19 dicembre funerato e sepolto a Palazzago il 21 dicembre 2018 Resterai sempre nel cuore di quanti ti vollero bene. Con affetto, i tuoi cari GIACOMO SCAGLIA di anni 37 deceduto a Burligo il 24 dicembre e ivi funerato e sepolto il 26 dicembre 2018. La tua famiglia ti ricorderà per sempre.

ANGELO PANZA di anni 73 deceduto a Palazzago il 26 dicembre funerato e sepolto il 28 dicembre 2018. L’esempio della tua forza, del tuo coraggio, della tua onesta bontà ci accompagnerà nel corso della vita con il tuo ricordo. Con affetto, la tua famiglia ANGELA ROTA CONTI (detta ANGIOLETTA) IN GAVAZZENI di anni 73 deceduta a Palazzago il 5 gennaio funerata il 7 gennaio 2019. Deposizione ceneri il 15 gennaio. L’amore che hai dedicato a noi, che ha permesso di rendere la nostra famiglia così unita, la tua semplicità, la tua dolcezza di moglie, mamma e nonna, ci danno la forza di continuare come tu ci hai insegnato... in punta di piedi, sempre. La tua famiglia

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SERGIO AGAZZI di anni 78 deceduto il 14 gennaio funerato a Palazzago il 16 gennaio. Deposizione ceneri il 26 gennaio 2019 Grazie per i tuoi saluti! Ogni giorno, anche se non riuscivi più a parlare, alzavi il braccio sinistro, quello che riuscivi ancora a muovere e ci salutavi sorridendo. Quando non sei più riuscito ad alzare il braccio hai continuato a salutarci sorridendo e quando non sei più riuscito a sorridere ci salutavi con occhi affettuosi. Vogliamo ricordarti così, con il braccio sinistro alzato che ci saluti e sorridi. Grazie! I tuoi cari GIUSEPPE RIPAMONTI detto NINO di anni 84 deceduto l’1 febbraio funerato a Palazzago il 2 febbraio. Deposizione ceneri il 12 febbraio 2019 Ricordatemi così... con un sorriso, con una preghiera. I tuoi cari OLIMPIO TIRONI di anni 91 deceduto a Bergamo l’1 febbraio funerato a Palazzago il 4 febbraio. Deposizione ceneri il 12 febbraio 2019 Il tempo non potrà cancellare il tuo ricordo. I tuoi cari ANTONIA SANTORO di anni 77 deceduta a Ponte San Pietro il 7 febbraio funerata e sepolta a Palazzago il 9 febbraio 2019

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Anniversari VILLA MASSIMO (2012 - 2019) Non ci scordiamo mai di te! Sei sempre nei nostri pensieri. Sei la stella che illumina il nostro percorso di vita! I tuoi cari

PELLEGRINELLI DONATO (2008 - 2019)

BENEDETTI PIETRO (1997 - 2019)

POMA ARIELE (1953 - 2019)

BENEDETTI CESARE (2010 - 2019)

Gli anni passano ma la luce dei vostri occhi ci guida sempre. I vostri figli

Il tempo passa ma il tuo ricordo è sempre vivo nei nostri cuori. Tua moglie e figli

TESTA SEBASTIANA ved. BIFERA (2013 - 2019) Il ricordo vive per sempre nei nostri cuori, sarai sempre con noi. I tuoi cari

RIPAMONTI ANGELO (2000 - 2019)

TESTA FIORINA ved. RIPAMONTI (2011 - 2019)

Niente ci separerà dal vostro ricordo, neppure il trascorrere dei giorni o degli anni. I vostri cari vi pensano con immenso amore, con infinita riconoscenza.

MAZZOLENI PIETRO (2010 - 2019) Sono passati nove anni, il ricordo di te rimane indelebile. Manchi sempre, manchi tanto, manchi ovunque. La tua famiglia

ROTA CARLO (2015 - 2019) Caro Carlo ti ricordiamo sempre con tanto amore, sei con noi nel più dolce pensiero di ogni giorno, aiutaci nel nostro cammino. Danila e figli

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PREVITALI NATALE (2005 - 2019)

CIMADORO MARIA REGINA (2003 - 2019)

Il tempo passa ma il vostro ricordo è sempre con noi. I vostri cari


Il Calice di Burligo A Burligo, nelle feste di Natale, abbiamo celebrato con un calice da poco restaurato. È in metallo fuso, dorato, con la coppa in argento dorato e pietruzze, datato 1906, in stile neogotico. Dalla base esagonale, sulla quale si stagliano tre teste di santi, si eleva il piede, a metà del quale si aprono piccole edicole: tre si esse hanno statue di Santi. La sottocoppa decorata sempre in stile, accoglie la coppa per il vino. Sulla base è incisa la scritta: Rev.mo Sacerd. Vincentio Micheletti quadrages 1906 Oratori strenuo Melenianen.

[A cura di Leonardo]

C’è sempre una festa d’addio. Quando parte un amico, quando ci si trasferisce, la notte prima di sposarsi. Sentiamo sempre il bisogno di dare un ultimo sguardo a quello che eravamo, prima di voltare pagina. Il Carnevale nasce proprio come festa d’addio. Probabilmente la parola deriva dall’espressione latina carnem levare o carnem vale, che significano rispettivamente “togliere la carne” e “addio carne”. I cristiani di allora dicono addio alla carne prima che cominci la quaresima. Da qui voglio partire, non per fare la predica sul Carnevale e sulla rinuncia, ma perché c’è una cosa che mi ha colpito quest’anno: gli adolescenti, al-

Carnem levare, Carnem vale, Carnevale cuni perlomeno. Preparando lo spettacolo di quest’anno (che, a mio parere, ha bisogno di essere un po’ rivoluzionato), ho notato come sia stato difficile per loro salire su quel palco e interpretare un qualsiasi ruolo. Abbiamo passato settimane in cui eravamo praticamente disperati, perché nessuno voleva fare nulla. Imbarazzo? Paura di dimenticarsi le battute? Di fare una brutta figura? Forse un po’ tutto assieme. Fare teatro significa togliere la carne. Non il cibo, ma la nostra. Recitare significa abbandonare se stessi per entrare nel corpo di un altro. Significa mettere da parte i nostri pensieri, il nostro parlare, la nostra

dignità, ogni tanto. Riuscire a togliere la carne è difficile, perché significa crescere. Un ragazzo cresce quando si accorge che ha un futuro davanti e che in quel futuro potrà cambiare. Un ragazzo cresce quando si accorge che non è prigioniero del presente, come molti ci vogliono far credere. Un ragazzo cresce quando riesce a togliere la carne, a mettere il muso fuori da se stesso. Che il Carnevale per qualcuno di loro sia stato anche questo? Lo spero. La Quaresima, allora, sarà il tempo per capire come voglio cambiare, verso dove, seguendo le orme di chi. Lo auguro a tutti, perché mai si smette di crescere. La Lettera marzo ‘19

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