La lettera GIUGNO 2018
anno XXXII numero 2
Bollettino della parrocchia prepositurale di san Giovanni Battista in Palazzago e di san Carlo in Burligo
Orari Sante Messe Palazzago
“Quem genuit adoravit ”
Sabato
L’opera reca in una finta cornice a terra la scritta “quem genuit adoravit”, una frase che troviamo nella sua formula completa nell’Adorazione dei pastori di Domenico Ghirlandaio, (1485) conservato nella basilica di Santa Trinità a Firenze: “Ipsum quem genuit adoravit Maria” che tradotta significa “Maria adorava colui che aveva generato”. In effetti questa è la scena che Cavagna realizza, collocata in un ambiente esterno con al centro Maria, seduta sulla roccia, che adora il Bambino posato su un cuscino di velluto rosso, quasi interamente coperto da un tessuto bianco. A destra, nello stesso gesto di adorazione, ma in ginocchio, San Carlo Borromeo, il Santo cui è dedicata la chiesa. A sinistra, sempre in ginocchio, con il bastone a forma di croce e il cartiglio recante la scritta “ecce agnus Dei” e con l’immancabile indice puntato verso Gesù, troviamo Giovanni Battista. Nell’insieme il precursore appare almeno strano: bambino, ma già adulto, proprio come spesso accadeva nella pittura antica, anticipando il suo ruolo di voce che grida nel deserto per preparare la strada al Messia. Non poteva mancare il placet del cielo che si apre per far entrare nella scena una luce che a cascata scende sul Bambino, illuminando anche la natura alle spalle. Nell’atteggiamento dei due angeli troviamo l’invito a porci davanti al Mistero: aprirci alla meraviglia e tuffarsi in esso.
ore 18.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica ore ore ore ore
08.00 Montebello 09.00 Beita 10.30 Chiesa Parrocchiale 18.00 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì
ore 20.00 ore 20.00 ore 20.00 ore 20.00 ore 20.00
Brocchione (Cappella) Precornelli Beita Cimitero Ca’ Rosso
Orari Sante Messe Burligo Sabato
ore 18.00 Chiesa Parrocchiale
Domenica
ore 09.00 Collepedrino ore 10.30 Chiesa Parrocchiale
Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì
ore 18.00 ore 18.00 ore 18.00 ore 20.00 ore 18.00
Chiesa Parrocchiale Acqua Chiesa Parrocchiale Cimitero Chiesa Parrocchiale
Recapiti Don Giuseppe Don Roberto Don Giampaolo Don Paolo
035.550336-347.1133405 035.540059-348.3824454 338.1107970 035.550081
www.oratoriopalazzago.it parrocchia@oratoriopalazzago.it segreteria@oratoriopalazzago.it palazzago@diocesibg.it
Cavagna Giovan Paolo Madonna con Gesù Bambino, San Giovannino e San Carlo Borromeo 1612 Chiesa San Carlo Borromeo, Burligo
Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 19) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,... La Lettera
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[Editoriale]
A volte qualcuno ti chiede: “Se tu non fossi diventato prete cosa avresti fatto?” E forse a tanti è venuto di pensare: “Cosa sarebbe stata la mia vita se non mi fossi sposato, o se lo avessi fatto, o se quel giorno il treno non fosse arrivato in ritardo, o se avessi superato quel colloquio di lavoro, o se fossi nato in un altro paese?” E così, via. Quasi pensando ad una vita di scorta che avremmo potuto avere. E se Giuda non avesse tradito Gesù, sarebbe finito sulla croce ugualmente? Tempo fa ho letto “La parte dell’altro”, un libro di Eric-Emmanuel Schmitt che è giocato su una domanda simile: quale sarebbe stato il corso della storia se l’8 ottobre del 1908 Adolf Hitler fosse stato ammesso all’Accademia di Belle Arti? Lo scrittore duplica la figura del triste Cancelliere, gioca sull’artificio di due vite distinte che corrono in parallelo e getta una luce straniante e violenta sul retroscena affettivo e caratteriale di un eccezionale egolatra che cerca di incarnare l’eroe nietzschiano. Sull’altro binario scorre la vita del pittore Adolf H., disgustato dalla Grande Guerra, il quale, trasferitosi a Parigi, frequenta gli artisti di avanguardia di Montparnasse, sposa un’e-
Pietra di scarto, vite di scorta brea americana e muore poi nel pacifico oblio di Santa Monica... Sembra che queste vite di scorta, che sono quelle strade in cui ci saremmo potuti incamminare e non lo abbiamo fatto, per scelta o per le circostanze della vita, convivano con noi comunque, nella
fantasia, sia a livello conscio che inconscio. E a volte questo mondo del “cosa sarebbe stato di me se… “diventa un rifugio, soprattutto nel tempo in cui le cose vanno male e i nostri progetti, per cui ci siamo profondamente spesi, non si sono realizzati, oppure sono falliti”. Ma sappiamo bene che la vita è una sola. Non ce ne sono altre. Coltivare la nostalgia delle altre vite, può divenire insa-
no, e perfino rischioso. Non si tratta di ritirarsi in un mondo di fantasie, ma di coltivare la speranza. Quella per la quale sappiamo che “non è ancora manifestato quel che saremo”, come scrive l’apostolo Giovanni. La speranza per la quale abbiamo piena fiducia in Dio che opera nella nostra vita e, malgrado ogni insuccesso, ogni ostacolo, ogni frustrazione, ci aiuta a vivere questa esistenza in attesa della pienezza promessa da lui. Non è forse questo il significato della risurrezione che abbiamo ancora una volta contemplato nella Pasqua? Non con una vita di scorta, ma con una pietra di scarto, scartata dagli uomini, Dio fece la pietra angolare dell’edificio della nuova creazione: Gesù crocifisso è stato risuscitato per la salvezza del mondo, in Lui e per la sua grazia possiamo ritrovare noi stessi, specchiandoci in lui sapremo anche come sarà l’opera che Dio compirà in noi. Nel frattempo non domandiamoci “Cosa sarebbe stato di me se…” ma “Cosa sarei io se lui non avesse donato la vita per me?”
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“Fratello, non sei troppo cattivo da non poter entrare… ma non sei neppure troppo buono da non dover entrare. Vieni, Dio e i fratelli ti accolgono…” Questa frase, citata da Dietrich Bonhoeffer, (teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo, ucciso il 9 aprile 1945, nel campo di concentramento di Flossenbürg, Germania), ci ha accolti alla messa in coena Domini. Bonhoeffer scrive di averla letta sulla porta di una chiesa di montagna. Noi l’abbiamo pensata sulla porta del Cenacolo, letta dai diversi apostoli che varcano la soglia; l’abbiamo scritta sulle porte della chiesa di Palazzago e proposta nella riflessione di Pasqua a Burligo; l’abbiamo pensata scritta sull’imboccatura del nostro cuore, sentendoci tutti, ma proprio tutti dentro questo invito.
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Titolo Titolo Titolo [Via Crucis Venerdì Santo]
Io conosco il cielo
È possibile vivere nella gioia e nella gratitudine, nonostante la scoperta di una difficile malattia? È possibile continuare a credere e ad avere speranza? Samuele Bonetti, che a 19 ha conosciuto il mistero del dolore, ci testimonia una speranza che va al di là della morte. E dona anche a noi attimi di eternità. Attimi che annunciano come sia sufficiente un istante - se pieno - perché Dio abiti la storia e il tempo. E valga la pena vivere. Attraverso la Via Crucis del Venerdì Santo, nell’anno del Sinodo dei giovani, abbiamo ripercorso la storia di questo giovane, Samuele, che si incrocia con la storia di Gesù di Nazaret. L’abbiamo fatto a partire dalle domande di Gesù che scandiscono la sua passione. Grazie ai Gruppi e alle Associazioni che hanno animato le diverse stazioni, ai giovani per la preparazione e la regia e ai volontari che nel giro di poche ore hanno permesso di svolgere all’interno della chiesa, ciò che era stato previsto all’esterno, nella frazione Burligo. Grazie anche ai familiari di Samuele che hanno pregato con noi e portato la loro testimonianza. Per chi non ha conosciuto Samuele, chiamato da tutti “Sam” Samuele Bonetti nasce il 28 gennaio 1985 a Trescore Balneario (Bergamo), in quell’inverno nevoso che tutti ricordano. Risiede con la sua famiglia a Luzzana. È un bambino sveglio, curioso, vivace. Cresce sano e forte, come tanti bambini della sua età. Frequenta la scuola elementare a Luzzana, la scuola media a Borgo di Terzo, poi la scuola per geometri a Seriate. Prima della malattia, è un ragazzo come ce ne sono altri: generoso, disponibile, deciso, simpatico, “un bel fusto”, come dicono le sue amiche, ma anche introverso, caparbio sulle sue opinioni, non sempre disponibile al dialogo ... qualche piccola incomprensione, anche se mai problemi seri. Ama vestirsi bene, gli piace uscire con gli amici, dei quali è un po’ un leader, più per i suoi modi di fare che per le sue parole, ha preferenze per la musica dance che ascolta ad alto volume, e per questo non disdegna la discoteca. Soprattutto ama il calcio, dove si impegna al massimo, senza mai perdere una allenamento, una partita, nonostante un certo disinteresse di noi genitori per questa sua passione, che ci sembra lo coinvolga eccessivamente. A scuola ha buoni risultati, ma “potrebbe impegnarsi di più”: un classico per i genitori. Frequenta la scuola “I Piccoli Musici” di Casazza dalla prima elementare e suona il clarinetto dalla quarta elementare: non è la sua passione principale, ma è costante nell’impegno e suona nell’orchestra. Frequenta la La Lettera giugno ‘18
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parrocchia: è chierichetto dall’età di quattro anni, e, man mano cresce, si impegna a trasformare il discorso “fede”, che gli deriva dalla tradizione familiare, in qualcosa di più convinto, personale e originale; rispetto alle varie proposte di impegno sociale, ha spirito d’iniziativa e creatività: riesce a coinvolgere gli amici e, con caparbietà e non senza sacrificio, a portare avanti le diverse iniziative. Ama moltissimo la montagna: è felice quando, dopo aver camminato, può arrivare a una meta, e non si arrende finché l’ha raggiunta, in ciò aiutato da una grande determinazione e da un fisico piuttosto forte. Ci vuole molto bene, e ciò non lo dimostra a parole, anche se soffre di non riuscire ad esprimere i suoi sentimenti, ma nel suo modo di essere: ci ringrazia per ogni cosa che gli diamo, persino ogni volta che si alza da tavola; non vuole che spendiamo soldi per lui, e per questo lavora d’estate, appassionandosi al lavoro di falegname; è contento quando siamo tutti insieme, anche con i parenti e le famiglie degli amici, per una festa, una gita, una vacanza. Poi, nel novembre 2002, arriva la malattia: inaspettata, e incredibilmente aggressiva: un sarcoma alla coscia sinistra. E mentre pian piano lei prende possesso di lui, succede il miracolo: le sue buone qualità si amplificano, si ingigantiscono, e di negativo rimane solo lei, che non perdona. Accetta l’handicap derivato dalla pesante demolizione sul suo fisico dopo l’intervento chirurgico, che significa soprattutto non giocare più a calcio, la sua grande passione. Dimostra la sua gratitudine a tutti coloro che si prodigano per lui: a noi per primi, ma anche ai parenti, agli amici, ai medici. Riesce, nonostante tutto, a sorridere e a farei sorridere, ironizzando anche sulla sua malattia. Mai si lamenta della sofferenza fisica e psicologica che si porta appresso, e nemmeno quando la cosa è evidente, dice di star male, quasi a voler risparmiare noi del dolore di vederlo soffrire. Continua a fare ogni cosa con lo stesso spirito di prima, prodigandosi per realizzare le varie iniziative e continuando ad essere il leader, al punto che i suoi amici non si renderanno conto fino alla fine di quale incredibile battaglia lui stia combattendo; a scuola ci andrà fino all’ultima settimana di vita, pur trascinandosi a fatica. E ancora più intensamente si appassiona ai suoi sogni: una famiglia, un lavoro da geometra o da falegname, manuale e creativo, un passatempo da deejay, per stare insieme agli amici in allegria, e una casa in montagna. Dirà, due giorni prima di perdere coscienza, all’amico sacerdote: “Voglio guarire ... ho tante cose da fare: finire la scuola, trovarmi un lavoro, prendere una casa in montagna ... “ Ci lascia il 18 febbraio 2004.
TESTIMONIANZA GENITORI DI SAMUELE Giulia. Venendo stasera dal nostro paesino della Val Cavallina e percorrendo un’ora di strada, non avremmo mai pensato di trovarci in una situazione così intensa e profonda e perciò questo è il nostro grazie perché con l’impegno, la serietà e l’intensità con cui avete reso i momenti della Passione e della Morte di Gesù ci avete anche aiutato a sentire vicino e vivo il nostro Samuele, quindi grazie di questo regalo. Come ha ben detto il ragazzo che ha dato voce a Samuele, lui era un ragazzo dai bei tratti con delle buone qualità, delle buone passioni, però fondamentalmente un ragazzo feriale, quotidiano, non un santo; però amava intensamente la vita. Però è successa una cosa straordinaria che a distanza di anni ancora non ci spieghiamo se non nella fede e cioè che nella malattia le cose buone di Samuele si sono amplificate e quelle negative si sono davvero attenuate. Seguendo le immagini sul telo mi ha fatto pensare alla croce: come la croce trasformava e ingrandiva e illuminava le immagini sotto. È successo un po’ questo nella malattia di Samuele che, nella vicinanza di Dio, anziché arrabbiarsi e disperarsi -cosa legittima per i suoi 18 annisi è addolcito, si è abbandonato e ha fatto di tutto per proteggerci e soprattutto proteggere me, la sua mamma, da questa malattia e da questa sofferenza. Questo è stato davvero un grande miracolo. E anche gli ultimi suoi giorni non sono stati di disperazione, ma di fede profonda e di abbandono al Signore. Gianni. Tanto è vero che negli ultimi giorni era ricoverato a Clusone, tre giorni prima che ci salutasse, io ero solito fermarmi con lui la notte e prima di addormentarci recitavamo le preghiere. Quella sera, dopo aver incontrato don Giorgio, quando mi chiese: “Ma papà, cosa aveva di strano don Giorgio?” e io “Non lo so, perché?” e Samuele mi chiese: “Tu mi hai detto tutto della mia malattia?” mi ha preso così alla sprovvista che gli ho risposto “Sì, ti abbiamo detto tutto. Ti abbiamo solo nascosto l’ultima parte quando hai cominciato la terapia del dolore. A te abbiam detto che era una nuova chemioterapia, però era questa che, invece, sarebbe servita per accompagnarti, per non farti sentire dolore”. Dopo io sono uscito dalla stanza perché non ce la facevo più e mi sono un po’ sfogato con delle infermiere che avevo trovato fuori. Poi sono rientrato e lui aveva visto ovviamente il mio sguardo, non avevo quasi neanche il coraggio di guardarlo in faccia, ma mi sono seduto vicino a lui. Ovviamente aveva pochissimo respiro, mi sono messo lì in silenzio e lui con amore e con tenerezza mi disse: “Papà non le recitiamo questa sera le preghiere?” Veramente non avevo
molta voglia di pregare in quel momento lì, ma vedendo il suo coraggio l’ha dato anche a me e l’ho accompagnato per l’ultima volta con questo pensiero legato al Signore. Ringrazio voi, don Giuseppe e tutta la vostra comunità per la testimonianza che ci avete dato questa sera Samuele ci ha lasciato così, abbandonandosi al Signore senza disperare e noi con la consolazione di averlo accompagnato. Certo, il dopo non è stato facile, qualsiasi genitore può immaginare cosa vuol dire perdere il passato, il presente e il futuro. Però non potevamo abbandonarci alla disperazione perché lui ci aveva lasciato il suo sguardo, i suoi occhi per guardare il mondo, il suo cuore, i suoi desideri, le sue passioni e tutto il bene che aveva dentro e non poteva finire così. Così sempre pensiamo: con l’aiuto del Signore che si è fatto presente attraverso i nostri cari, i nostri amici e la nostra comunità, siamo riusciti a prendere in mano i sogni di Samuele, amplificarli, trasformarli e sono diventati tanti bei progetti che danno un po’ il senso al nostro vivere oggi. Non stiamo a raccontarli, ma sicuramente sono cose buone che ci aiutano davvero a credere che Samuele non ci ha lasciati nel senso di abbandonati, ma ci ha davvero regalato il buono che aveva dentro perché noi diventassimo persone migliori e perché guardassimo anche noi la vita con occhi pieni di luce e di speranza
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[Croci per Carisma]
Sei + Sei
Periodicamente facciamo visita ad alcune persone di Palazzago e Burligo ospiti di Case di riposo o altre strutture. Così, entrando a dicembre in quella di Bergamo, Santa Maria Ausiliatrice (per intenderci al Gleno) avevamo visto una mostra particolare, dal titolo SEI+SEI CROCI PER CARISMA. Guardando, siamo venuti a conoscenza del progetto, nato dalla richiesta della Fondazione di “arredare” ogni spazio, ogni camera con una croce, come da tradizione, e di rispondere a quella necessità che rivelano gli ospiti di poter rivolgere lo sguardo al simbolo radicato nella nostra storia. Enrico Baleri ha pensato di trovare un’idea, la più semplice, ma anche la più proiettata avanti per un crocefisso, e ha quindi invitato sei artisti, Giovanni Anceschi, Cinzia Benigni, Pierluigi Cerri, Rada Koželj, Andrea Mastrovito, Jasmine Pignatelli, affiancati da sei giovani allievi dell’Accademia Carrara di Belle Arti: Laura Baffi, Andrea Baleri, Valentina Goretti, Umberto Meroni, Anna Pezzoli e Pietro Vitali. Il risultato sono dodici opere oggetto della Mostra, finalizzate a essere collocate in modo permanente nelle stanze degli ospiti, ma anche negli spazi comuni e negli uffici operativi. Andando di nuovo in primavera, abbiamo visto che la mostra era stata smontata e raggruppata in un angolo della hall, pronta per essere trasferita. Ci siamo subito interessati, riuscendo a portare tre “campanili” nella chiesa di Palazzago per la Settimana Santa, guardando con sorpresa come l’uomo contemporaneo rilegge il segno della salvezza. Ci hanno accompagnato passo passo nei diversi appuntamenti: l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, le confessioni vicariali degli adolescenti, l’adorazione del giovedì santo all’altare della reposizione, la morte di Gesù e la Pasqua di risurrezione. Proponiamo l’interpretazione di Andrea Mastrovito. 19,30 La mia croce è un tentativo, fallito in partenza, di rendere comprensibile e razionale il Divino, una metafora dell’antropologia teologica in cui l’uomo è misura di se stesso, così come i righelli che, prima ancora che strumenti di misura delle cose, misurano essenzialmente già se stessi (ma se si limitassero a quello risulterebbero del tutto inutili). Pertanto: i due righelli misurano rispettivamente 19 cm (Traversa Orizzontale) e 30 cm (Asse Verticale). 19,30 è il titolo dell’opera e corrisponde al passo del Vangelo di Giovanni in cui si narra della morte in croce del Cristo. I righelli si incastrano l’un l’altro all’altezza dei 6 cm dell’Asse Verticale. Il 6° giorno della Settimana (ebraica) è il giorno in cui il Cristo venne crocifisso. Inoltre, i righelli hanno una doppia numerazione, in centimetri ed in pollici, per ricordare l’universalità del messaggio di resurrezione non solo attraverso le due più comuni forme di misurazione ma, anche in questo caso, attraverso la simbologia dei numeri; in pollici, le due assi misurano 7 e 12, 7 è il numero del Divino, 12 è il numero degli apostoli, delle tribù, dell’umanità intera, a cui il Divino si manifesta. I due righelli seguono, nella materia, le indicazioni simboliche della Leggenda della Vera Croce, in cui il palo era di cipresso, la traversa di cedro: il cipresso simboleggia la morte e il cedro la vita eterna, così come l’incrocio di tutte le combinazioni numeriche. La Lettera giugno ‘18
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La via crucis dell’amico
[Honio Teatro]
Non so cosa pensare… Era meglio per lei restare lontana da qui, e non vedere cosa fanno patire a suo figlio. O no, è giusto così, che nello sguardo di lei lui tiri un respiro, sia un giglio sulle piaghe…
Immaginando di essere con l’apostolo Pietro e di guardare con lui ciò che sta accadendo, stazione dopo stazione, abbiamo vissuto uno dei venerdì di Quaresima con la Via Crucis dell’amico, presentata dagli attori di Honio Teatro. Le parole ascoltate sono quelle immaginate dette da Pietro, scritte da un poeta, Davide Rondoni, proposte anche con quadri plastici ispirati alle tele della Via Crucis realizzate dal pittore Ottavio Mazzonis e custodite nella chiesa del Guercino a Cento. La poesia ha cercato il punto di vista, il tono chiaro e segreto, la forza per tendere a dire quel che non si riesce e che pur si deve ripetere sempre. In onore del Dio che conosce la croce. E dell’uomo che conosce la croce. È un itinerario che ricorda il cammino di Cristo verso la sua morte e sepoltura; è la strada che ci ha portati, sul monte dell’Osservanza, alla visione dell’amore di Dio verso l’uomo, come risplende nel dono che Cristo fa di se stesso. Con la IV stazione, Gesù incontra la Madre, rileggiamo anche la festa dell’Addolorata, vissuta per il secondo anno in m modo unitario, Burligo e Palazzago, con la concelebrazione e processione presiedute da don Adriano Locatelli. La Lettera
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Io non so cosa pensare… Come fa il cuore di lei a sopportare, a vedere ora apertamente quel che in segreto custodiva, la spada, il lupo che la feriva. Teatro così violento. Io non so come può fare una madre a essere madre fino in fondo, di fronte alla morte del figlio a questa fine del mondo… Ma lei ha fatto bene a venire così lui per un attimo può riposare lo sguardo, riposare il cuore. Perché lui sente la croce e lei sente la spada. Perché lui muore e lei sente di morire. Perché in lui c’è la certezza della Resurrezione ma ora che sta così male se lo vuole sentir dire da sua Madre. Perché sono insieme come ogni madre e ogni figlio. E come nessuna madre e nessun figlio. Io non so cosa pensare… Cosa si sono potuti mormorare, in quella impossibile consolazione, in quella definitiva, segreta consolazione Invocazione Dacci i Tuoi occhi Maria per guardare il dolore di tuo Figlio, i tuoi occhi tutti dolenti i tuoi occhi tutti splendenti.
[Convegno missionario diocesano]
Il Convegno Missionario Diocesano è l’appuntamento importante per le annate che nella nostra Comunità non hanno i sacramenti (IV, V elementare e I media). Quest’anno eravamo numerosi e siamo partiti con tanto entusiasmo nonostante il cielo grigio, la pioggia e il freddo pungente. È stata una giornata impegnativa, ma vissuta con tanta intensità e allegria. Durante la mattinata si sono succedute le testimonianze di alcune persone, giovani e adulti, che hanno raccontato le loro esperienze di vita alla luce degli insegnamenti di Gesù. Ognuno di loro rappresentava un colore, un aspetto colorato della vita tutto da scoprire: Un papà ha raccontato di aver provato un’immensa gioia quando sono nati i suoi figli, di aver fatto tanti sacrifici per loro, di essersi divertito a giocare con loro e di avere insegnato loro anche delle regole da rispettare per crescere. Il suo colore era l’azzurro, che indica serenità e il suo simbolo era un cartoncino che raffigurava una cravatta. Un allenatore di calcio ha spiegato l’importanza del suo compito: individuare le doti di ciascun giocatore e fare in modo che ognuno esprima al meglio le sue capacità. Proprio per questa varietà di caratteristiche personali, il suo simbolo sono state delle stringhe multicolori. Gesù è stato il primo allenatore perché i 12 aposto-
Di tutti i colori
li sono diventati una grande squadra. Un giovane missionario laico ha parlato della sua missione di diffondere il vangelo alle popolazioni in Bolivia, una terra non facile dove le persone vivono in povertà e hanno tanti problemi di sopravvivenza; nonostante ciò portare la Parola di Dio è un dono prezioso e diventa una grande speranza. Il suo colore era il rosa e il suo simbolo, un cartoncino con l’immagine della Bibbia. Il bellissimo cielo boliviano gli dà la forza di continuare ogni giorno la sua missione. Una mamma ha parlato del suo amore per la famiglia e in particolare per i suoi figli, a cui cerca di far conoscere Gesù. Per essere ascoltata, cerca di trovare sempre modi nuovi di comunicare il messaggio cristiano. Il suo colore era il rosso e il suo simbolo un cuore. Una maestra in pensione ha raccontato che fa del volonta-
riato a scuola, segue gli alunni stranieri che stanno imparando la lingua italiana e per lei è un servizio importante perché aiuta questi ragazzi ad integrarsi, a comunicare, a stringere amicizie. Il suo simbolo era una matita verde. Un gruppo di giovani musicisti ha raccontato come è nata la loro passione per la musica e il canto e ci hanno coinvolto con dei canti animati, descrivendo il movimento che suscita la musica. Il loro colore era l’arancione che dà energia ed emozioni e il loro simbolo un cartoncino raffigurante una lampadina. Una giovane operatrice socio-sanitaria ha descritto il suo lavoro in una casa di riposo, dove si occupa della cura della persona, non solo in senso fisico, ma anche spirituale. Il suo colore era il giallo che dà vivacità e il suo simbolo un cartoncino con una croce gialla. Al termine delle testimonianLa Lettera giugno ‘18
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ze, ci siamo avviati in corteo alla Chiesa di Sant’Alessandro in Colonna per la messa con il vescovo. Lungo il percorso si è creato un clima festoso e i bambini e ragazzi che sventolavano le loro bandane colorate in segno di gioia hanno attirato l’attenzione e la curiosità di molti passanti. La chiesa era stracolma di gente, ci siamo seduti in mezzo alla navata e abbiamo partecipato alla celebrazione liturgica con tanta emozione. I canti animati ci hanno coinvolto e molto bello è stato vedere degli ampi nastri colorati ( simboli dei cinque continenti) srotolarsi sopra le teste dei ragazzi seduti per terra dal centro della chiesa fino all’altare. Era come portare simbolicamente tutti i continenti del mondo alla mensa eucaristica! Al termine
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della messa gli animatori hanno distribuito a tutti i ragazzi uno strumento musicale, una specie di armonica realizzata con delle piccole canne di bambù, il cui suono riecheggiava poi nelle vie della città. Il vescovo ha risposto alla domanda di un papà preoccupato perché i suoi figli adolescenti sono in un’età difficile in cui entra in crisi anche la fede trasmessa in famiglia, come fare quindi per evitare che si allontanino dalla chiesa? Il vescovo ha raccomandato agli adulti di essere testimoni credibili perché i ragazzi ci guardano e comprendono se crediamo veramente e sul serio al vangelo, inoltre ha detto di non smettere mai di sperare anche quando cala la notte: incontriamo delle difficoltà, nascono dei problemi, non vediamo risultati, cadiamo… non dobbiamo mostrarci perfetti davanti alle nuove generazioni, ma persone che hanno la forza di ricominciare con spirito nuovo grazie a Gesù che ci risolleva e ci dà la forza di riprendere il cammino; infine in noi
adulti deve trasparire sempre la gioia di essere cristiani, mai un sentimento di tristezza o di noia. In seguito ci sono state le promesse: ci stai ad impegnarti nella preghiera e nell’ascolto di Gesù? Ci stai a raccontare la vita di Gesù? Ci stai ad essere missionario di Gesù ogni giorno? E tutti hanno urlato:” Ci sto”. Il vescovo, a sua volta, ha concluso soddisfatto: “Con le vostre urla mi avete convinto”. Nel pomeriggio, a tutti i ragazzi è stato chiesto di colorare un volto che racchiudeva i cinque continenti e di attaccare i cartoncini ricevuti al mattino: la testimonianza del vangelo deve giungere a tutte le terre del mondo! Sono risultati dei disegni bellissimi! I ragazzi si sono veramente impegnati a rendere il mondo Di tutti i colori!! L’augurio è che ciascuno di noi possa essere missionario così:… portare un po’ di colore nella vita grigia di tante persone …
IMPRESSIONI DEI RAGAZZI… • Il 25 febbraio abbiamo partecipato al convegno missionario, il tema era “Di tutti i colori”. Il tutto è stato interessante: dalle testimonianze di alcune persone, alle messa presieduta dal vescovo, animata da noi con dei fazzoletti colorati. Nel pomeriggio abbiamo svolto attività di laboratorio, colorando, con i gessi o con il sale, l’immagine della terra sullo sfondo del volto di Gesù per testimoniare il vangelo nel mondo! (Sofia, 1 media) • Sono rimasta colpita dalla personalità dei missionari, uomini e donne speciali, che vivono veramente i valori dell’accoglienza e della condivisione e anche questa domenica del convegno, invece di pensare a sé stessi, si sono alzati presto per trasmetterci la loro passione e l’amore verso gli altri e l’Altro… (Valentina, 1 media) • Era una giornata fredda, ma con i miei amici ho condiviso momenti di allegria. Mi sono impegnato a colorare il mondo con i gessetti: è uscito un capolavoro! (Ismaele, 1 media) • Non è la prima volta che partecipo al convegno missionario e ogni anno mi è piaciuto sempre di più…ritrovarsi insieme a tanti ragazzi di altri paesi, ma la cosa più emozionante è fare la passeggiata e stare in chiesa con il vescovo. Grazie per averci accompagnato (Manuel, 1 media) • A me è piaciuto molto perché ho conosciuto nuove persone e perché gli argomenti trattati mi hanno fatto riflettere (Giorgio, 1 media) • È stata una giornata emozionante e piena di colori vivaci! È stata un’esperienza fantastica (Alissa, 1 media) • È stato fantastico: il sali e scendi dai cinquanta gradini della scuola che ci ospitava, l’armonica che ci hanno regalato e una bandana colorata che era anche uno scalda collo (Angelo, 1 media) • È stata una giornata divertente. Mi è piaciuto molto ricevere tanti regalini e in particolare lo strumento musicale che ci hanno donato al termine della S. Messa. Grazie a chi ha reso possibile questa giornata! (Elena, 4 elementare) • Esperienza bellissima, interviste emozionanti, specialmente quella della mamma che ha ospitato vari bambini a casa sua, emozionante la messa con il vescovo e lo stare insieme a tutti i ragazzi delle varie parrocchie (Valentina, 4 elementare) • Sono stata molto contenta di aver fatto questa esperienza (Beatrice, 5 elementare) • Ero molto felice e con i miei amici ci siamo divertiti e non abbiamo sentito il freddo (Mattia, 5 elementare) • Sono stata molto entusiasta (Asia, 5 elementare)
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Bibliodramma Anni fa, in un ristorante, al momento di ordinare il dolce, il ristoratore mi propose una crema catalana, e non conoscendo ancora questo dolce domandai di che si trattasse. La risposta fu “è buona”, quindi decisi di fidarmi e la ordinai. Quest’anno tra le proposte parrocchiali per un cammino di fede c’è stato il Bibliodramma, e chiedendo a don Giuseppe in cosa consistesse, non ho ricevuto da lui una risposta esaustiva, anzi, ma il succo del messaggio assomigliava tanto ad un “è buona”.
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[a cura di Luca]
Come per la crema catalana mi sono fidato del propositore, e di conseguenza mi son trovato in un gruppo di persone pronte a mettersi in gioco, e curiose di conoscere ciò che stavano per affrontare, guidati da Manuel (un extraparrocchiano) che propone questo percorso lasciando liberi tutti di quanto immergersi in questo cammino. Con una serie di attività ci si mette nei panni di uomini e donne “raccontati” nella Bibbia, facendo così ancora più nostra la pagina della Scrittura.
Con la stessa modalità, e con la stessa guida (Manuel) è stato proposto il ritiro di quaresima, vissuto dai partecipanti con lo stesso entusiasmo nato durante il Bibliodramma. Resta difficile raccontare le emozioni e le carezze dell’anima che abbiamo vissuto, ma concludendo, se dovessi spiegare a chi domandasse “ma quindi, in pratica, cos’è questo Bibliodramma?” risponderei che è come la crema catalana, una cosa buona! E non devi nemmeno pagare il conto.
Le tre “B”
[Incontri quaresimali zona pastorale]
Dopo le tre A, le tre T, le tre C, le tre S, le tre D, le tre M e le tre G, sono arrivate le tre B di Bene Comune (in sintonia col percorso svoltosi a Pontida sul tema) Erano tre gli incontri quaresimali previsti con la zona pastorale. Il secondo, che ci avrebbe fatto conoscere meglio la figura di Giorgio La Pira, è saltato per il brutto tempo. Ci siamo quindi soffermati sulle altre due grandi figure: il Vescovo Oscar Romero (presentato da Gian Gabriele Vertova) e don Primo Mazzolari (presentato da Daniele Rocchetti) Riportiamo qui i tratti di Romero. Per don Primo leggiamo il testo pubblicato da Mons. Daniele Rota che ringraziamo. A Bozzolo ci siamo poi recati nel pellegrinaggio d’inizio maggio con le Parrocchie della zona pastorale, fermandoci sulla sua tomba, celebrando nella chiesa dove è risuonata la sua voce, guardando i suoi libri e cimeli nella Fondazione. Dopo aver fatto il pranzo al sacco nell’Oratorio abbiamo proseguito per Sabbioneta, visitando la città ideale voluta da Vespasiano Gonzaga. Oscar Arnulfo Romero
La sua memoria liturgica viene ricordata il 24 marzo, «la data in cui è nato in Cielo» come scriveva papa Francesco nella lettera inviata per la beatifica-
stimone povero con i poveri. « Un obispo morirá pero la Iglesia de Dios, que es el pueblo, no perecerá jamás » « Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà mai. » (Óscar Arnulfo Romero y Galdámez)
zione avvenuta tre anni fa nella piazza Salvatore del Mondo a San Salvador. Nato il 15 agosto 1917, arcivescovo di San Salvador, venne ucciso da un cecchino il 24 marzo 1980 sull’altare. Un «vescovo martire» capace di «vedere e ascoltare la sofferenza del suo popolo» che «in tempi di difficile convivenza ha saputo guidare, difendere e proteggere il suo gregge, rimanendo fedele al Vangelo e in comunione con tutta la Chiesa» come scriveva ancora Bergoglio all’arcivescovo della diocesi salvadoregna, monsignor José Luis Escobar Alas. Un martire «in odium fidei», oggi riconosciuto anche dalla Chiesa cattolica – qualcuno potrebbe aggiungere «finalmente» per sottolineare un certo ritardo - su cui molti hanno scritto fin dall’indomani della sua esecuzione. Gian Gabriele Vertova, tratteggiando, insieme ai riferimenti biografici, il pensiero e l’azione ce lo ha presentato come un profeta che non ha taciuto la verità, un pastore che non ha abbandonato il gregge e un te-
In memoria del vescovo Romero In nome di Dio vi prego, vi scongiuro, vi ordino: non uccidete! Soldati, gettate le armi... Chi ti ricorda ancora, fratello Romero? Ucciso infinite volte dal loro piombo e dal nostro silenzio. Ucciso per tutti gli uccisi; neppure uomo, sacerdozio che tutte le vittime riassumi e consacri. Ucciso perché fatto popolo: ucciso perché facevi cascare le braccia ai poveri armati, più poveri degli stessi uccisi: per questo ancora e sempre ucciso. Romero, tu sarai sempre ucciso, e mai ci sarà un Etiope che supplichi qualcuno ad avere pietà. Non ci sarà un potente, mai, che abbia pietà di queste turbe, Signore? nessuno che non venga ucciso? Sarà sempre così, Signore? David Maria Turoldo La Lettera giugno ‘18
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Don Primo Titolo TitoloMazzolari Titolo Dal Sant’Uffizio agli altari?
“Martedì prossimo mi recherò a Bozzolo e a Barbiana per rendere omaggio a Don Primo Mazzolari e a Don Lorenzo Milani, due preti che ci offrono un messaggio di cui oggi abbiamo tanto bisogno”, così Papa Francesco all’Angelus di domenica 18 giugno u.s. Un duplice riconoscimento da parte del Sommo Pontefice che rimedia a decenni di ostilità e di oblio. Di Don Lorenzo Milani abbiamo brevemente riferito nel precedente numero; completiamo ora la disamina del recuperato binomio con qualche breve cenno alla figura e all’opera di Don Primo Mazzolari chiedendo ancora venia ai lettori per questa succinta e lacunosa nota informativa sul parroco di Bozzolo. In occasione del pellegrinaggio papale alle rispettive tombe, le biografie dei due discussi sacerdoti si sono intensificate non solo numericamente e non La Lettera
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solo a livello nazionale, con ricerche e approfondimenti che, pur non apparendo ancora esaustivi, consentono indubbiamente un più significativo accostamento alle singole e straordinarie personalità dei due lungamente contestati parroci. I dati anagrafici di Don Primo appaiono di immediata semplicità: nasce a Boschetto, frazione di Cremona il 13 gennaio 1890 da genitori dediti all’agricoltura. Ben presto però la famiglia che cresce, si trasferisce a Verolanuova nel bresciano, in cerca di più vaste terre lavorative. Poco più che decenne, Primo entra nel seminario di Cremona ove prosegue gli studi fino all’ordinazione sacerdotale che riceve il 24 agosto 1912. Il suo ministero sacerdotale conosce poche tappe: inizia nel Seminario di Cremona come insegnante di lettere; scoppiata poi la prima guerra mondiale, vi parte-
[Mons. Daniele Rota]
cipa con il fervore dei giovani in quel momento. Congedato nel 1920, va parroco a Bozzolo, provincia di Mantova, diocesi di Cremona. Nel 1922 viene trasferito a Cicognara dove rimane dieci anni per fare poi ritorno definitivo a Bozzolo, ove resta fino alla morte che lo coglie il 12 aprile 1959 nella casa di cura San Camillo di Cremona. Ciò che maggiormente colpisce nello scorrere le ricostruzioni e le rievocazioni biografiche di Don Primo, come di Don Milani, è l’aspra ostilità con cui le loro iniziative e proposte pastorali furono accolte, talvolta con punte di inaudita avversione: il priore di Barbiana fu accusato penalmente dai cappellani militari per l’obbiezione di coscienza; il primo provvedimento di censura del Sant’Ufficio sugli scritti di Don Mazzolari è del 1934, relativo alla sua già significativa pubblicazione: La più bella avventura, che è un ampio commento alla parabola del figliol prodigo, dove Don Primo indicava al “cattolicesimo la necessità di aprirsi ai lontani e di abbandonare ogni atteggiamento da cittadella di paura e di contrapposizione polemica verso coloro che sono considerati estranei alla comunità cristiana”. Seguirono negli anni almeno altri dieci richiami ufficiali, particolarmente restrittivi: non scrivere, non rilasciare interviste, non predicare fuori
diocesi, restare nella propria parrocchia… L’ultima sconfessione è del 1960, quando Don Mazzolari era ormai defunto. Inibizioni severe le quali appaiono ancor più provocatorie se si tiene presente che gli venivano contestati non aspetti del dogma, ma posizioni contingenti opinabili, in cui la coscienza morale individuale doveva essere l’unico criterio di giudizio. Quelle sue pubblicazioni, così ostilmente censurate e avversate, ora sono fra le mani di Papa Francesco, tra le sue letture preferite, sul primo ripiano della sua scrivania. Né potrebbe essere diversamente sussistendo tra queste pagine e il pensiero di Papa Francesco una continuità d’intenti e un’affinità di attenzioni che rasentano l’unisono. I temi al centro delle riflessioni del Parroco di Bozzolo sono, infatti, i lontani, i poveri, la pace, la giustizia sociale, la riforma della Chiesa in chiave genuinamente evangelica, in evidente e piena sintonia con le ansie pastorali del Pontefice Bergoglio. Non solo nel pensiero, ma anche nell’azione le due vocazioni tendenti entrambe alla misericordia e ai lontani, convergono. La vigilia di Natale del 1921 Don Mazzolari riceve l’ordine di lasciare Bozzolo, destinazione Cicognara, un piccolo paese di circa mille abitanti, sull’argine del Po. Il parroco di quel paese era scappato di notte, violentemente contestato dai parrocchiani per contrasti sugli affitti delle terre della Parrocchia. Fu una scelta quasi obbligata quella del Vescovo di Cremona. Ma in chiesa al vangelo, quando Don Primo si voltò per
la sua prima omelia, c’era solo una sparuta manciata di persone. Parlò a quei pochi, con il cuore oltre, verso la grande Parrocchia dei lontani. La sua vocazione veniva così segnata, in quel mattino di Circoncisione, nel gelido deserto della sua Chiesa. Sarebbe stato il Parroco dei lontani. Qualcosa incominciava. L’attesa. La Chiesa in uscita di Papa Francesco muoveva i primi passi per giungere fino a noi attraverso le dune mobili del Concilio Vaticano II, voluto dal santo Papa Giovanni XXIII, che fu tra i primi e i più convinti estimatori di Don Primo: lo ricevette in privata udienza il 5 febbraio 1959, e lo definì poi: “…tromba dello Spirito Santo in terra mantovana” bloccando così un duro provvedimento disciplinare dell’episcopato lombardo nei suoi confronti. L’accoglienza affabile che gli riservò il Papa buono, come poi disse Don Primo a parenti e amici di Bozzolo, lo ripagava di ogni amarezza sofferta. Paolo VI non fu da meno e, in poche parole, chiarì le motivazioni dell’intera vicissitudine, quando, ricevendo in Vaticano la sorella con un gruppo di parrocchiani di Bozzolo, pochi mesi dopo la sua morte, così si espresse: “Hanno detto che non abbiamo voluto bene a Don Primo. Non è vero. Anche
noi gli abbiamo voluto bene. Ma voi sapete come andavano le cose. Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a stargli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto noi. Questo è il destino dei profeti”. Le parole di Paolo VI confermano la sua stima di lontana data per Don Primo: già nel 1957, quando il futuro Papa era arcivescovo di Milano e il Parroco di Bozzolo si trovava al centro di violente opposizioni, lo chiamò per una missione straordinaria alla metropoli lombarda, un evento che segnò la storia non solo religiosa di quella archidiocesi. L’attività pastorale del Parroco di Bozzolo si configura come un apostolato dinamico, innovativo, attento all’attualità, teso verso tutti, soprattutto ai lontani, per la redenzione dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo. Papa Francesco nella sua pe-
regrinazione a Bozzolo gliene rese ampia testimonianza. Le circostanze liete e tristi della quotidianità lo trovarono sempre sollecito e intraprendente operatore. Nell’estate del La Lettera giugno ‘18
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1922 annegarono nel Po due bambini: un triste lutto parrocchiale che egli cercò di lenire e prevenire istituendo immediatamente una colonia fluviale per insegnare a nuotare. Stabilì una giornata d’incontro con i reduci della grande guerra, il
teca con testi d’avanguardia. Inventò le feste del grano in occasione del Corpus Domini e dell’uva per le celebrazioni patronali di settembre. Non poco scalpore anche nei dintorni, suscitò l’abolizione del tariffario differenziato per le presta-
4 novembre per riflettere sul martirio dei caduti e l’assurdità di ogni conflitto. Grande attenzione ebbe anche per le nuove leve: la giornata dei coscritti diciottenni, ogni anno, era la festa della primavera cristiana tra la sua gente di campagna: giovani e ragazze li convogliava in Chiesa, celebrava per loro la Messa durante la quale benediceva il tricolore che essi avrebbero custodito e riportato l’anno dopo per la nuova classe che sopraggiungeva. Organizzò in canonica una scuola serale di agricoltura, di zootecnia e di formazione civile: iniziarono in otto, finirono in cinquanta. Istituì e curò personalmente una pubblica biblio-
zioni di culto: battesimi, matrimoni, funerali… proponendo celebrazioni liturgiche non più di prima, seconda, terza classe, ma uguali per tutti. Anche la lingua italiana in sostituzione del latino, incomprensibile per i suoi semplici parrocchiani, andò progressivamente prevalendo nelle sue liturgie comunitarie. Il coinvolgimento diretto di tutti i suoi fedeli alle divine celebrazioni prendeva l’avvio, pas-
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sandoli da spettatori distratti a protagonisti attivi. Innovazioni che oggi possono apparire scontate e persino ovvie, ma non in quel tempo preconciliare, rigidamente conservatore. Oltre all’apostolato di rottura in campo aperto, Don Primo affidò il suo messaggio di redenzione universale, agli scritti e alla predicazione, proponendo come destinataria l’intera umanità, credente e non credente; forse anche per questo Papa Francesco, in visita alla sua tomba, amò definirlo “Parroco d’Italia e del mondo”. Le sue pubblicazioni si susseguirono a ritmo incalzante e vennero generalmente accolte con entusiasmo. Un florilegio dal soffio ispirato e profetico, una sequenza di suggestioni e di idee, di proposte e di provocazioni che trovarono poi nel Concilio Vaticano II la loro cassa di risonanza più rispondente. In ogni suo intervento, orale o scritto, è evidente lo sforzo crescente di portare il fermento evangelico nelle strutture terrestri, soprattutto quelle ecclesiali, ma non solo, per farle dialogare con Dio, alla ricerca in primo luogo dei lontani, che sono il termine ultimo di ogni suo anelito. Cultura e vita, po-
esia e dogma non sono mai disgiunti nei suoi appassionati interventi che non conoscono caduta d’intensità, anche se nessun compiacimento letterario lo distrae dalla problematica religiosa, soprattutto, ripeto, dall’angoscia per i non credenti e per i lontani. “Nostro fratello Giuda” resta un suo testo emblematico che lo rivela intimamente. Conforta costatare che nessuno dei suoi messaggi è andato perduto: il Concilio Vaticano II prima, Papa Francesco ora li hanno presi in eredità e li fanno rivivere in una perenne primavera di anime apostoliche. “Mazzolari, una figura unica nella storia del Cattolicesimo del XX secolo. Senza retorica, io sono convinto che egli è l’unico vero “profeta” del Vatica-
no II che abbia avuto l’Italia in questo secolo”. Così sintetizza la figura e l’opera di Don Primo, padre Ernesto Balducci, una delle personalità di maggior spicco del mondo cattolico nel periodo che accompagnò e seguì il Concilio Vaticano II. A settembre si aprirà la causa di beatificazione di questo imperituro “Parroco d’Italia e del mondo” Molti suoi discepoli ed estimatori sparsi nell’universo cattolico, sono in trepida attesa del miracolo “canonico” che ne consolidi la pratica presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Un’attesa che riteniamo già compiuta: un grande miracolo di Don Primo Mazzolari è già sotto gli occhi di tutti: la sua tormentata missione di sacerdote, altare e vittima.
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nel settecento e fino a quel momento io ero il coro della chiesa che venne però demolita perché nel 1728 iniziò la costruzione dell’attuale bella chiesa parrocchiale. Anche lo scurolo, che era una cappella dedicata all’Immacolata, cambiò destinazione e venne utilizzato per le tombe dei sacerdoti. Pensa che dal 1756 al 1817 ne vennero sepolti trenta. Intanto, però, la chiesa aveva bisogno di un campanile vero e proprio ed è allora che si pensò a me, facendo passare altre corde delle campane nella volta, fino a quando la tecnica ha permesso di renderle elettriche. Ma è stato bello, per tanti anni, vedere arrivare, a volte anche di corsa, i sagristi, per tirare dal basso le campane e sentirli dare consigli ai ragazzi che si lasciavano trascinare in alto dal peso del bronzo. Nel 1900 il prevosto don Antonio Andreoletti (1895-1905) e la Fabbriceria incaricarono l’architetto don Antonio Piccinelli (1843-1903) di alzare la torre campanaria e di portarla all’aspetto attuale (sai, non stava bene che il campanile fosse più basso dell’imponente chiesa). E così, utilizzando pietra calcarea locale, la stessa della primitiva costruzione e lo stesso stile di lavorazione, sono cresciuto fino all’altezza attuale, raddrizzando anche quel lato che era un po’ ceduto nel corso degli anni. Nel 1914 sono entrato nell’elenco del Ministero della Pubblica Istruzione, tra gli edifici monumentali della Provincia di Bergamo come “torre campanaria medioevale con tracce d’affreschi”. Ma devo ricordare ancora un fatto desolante: il 13 febbraio 1943 dalla cella campanaria suonarono, in onore della Madonna di Lourdes, gli ultimi rintocchi del concerto di campane.
[La torre campanaria]
Non ti ingannino la mia altezza (49,50 m) e la mia robustezza (data dalle belle pietre): io non sono sempre stato così. Sono nato intorno all’anno mille, come torre d’avvistamento e successivamente, nel XV secolo, sono diventato addirittura una chiesa. Sì, una delle chiese costruite con il passare degli anni per raccogliere i fedeli che, sotto la volta a vela di circa 8 metri che ancora oggi puoi vedere, pregavano e cantavano. Ho seguito passo passo molte vicissitudini del luogo, come quando nel 1344 questa contrada decise di staccarsi da Pontida creando una Parrocchia sotto la protezione di San Giovanni Battista. Proprio il precursore è rappresentato al centro della volta, con la testa rivolta a d occidente, cioè verso la porta dell’antica chiesa, con gli attributi classici del bastone a forma di croce con cartiglio e il dito alzato verso l’alto. I raggi che da lì partono arrivano alle quattro vele con medaglioni dipinti, che raffigurano la visita di Maria a Santa Elisabetta, la nascita di Gesù con il Bambino adagiato sul manto della Madonna, il battesimo di Cristo, Sant’Antonio abate con Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria d’Egitto che scrisse la vita di Antonio. Forse vorrai sapere chi ha dipinto queste opere: se non sbaglio furono i Baschenis di Averara, che poi divennero molto famosi nella bergamasca e non solo. Ben visibile è anche il clipeo con il “signum Christi” e le lettere IHS, che sono le prime tre lettere del nome di Gesù, simbolo nato da San Bernardino da Siena, che visitò più volte la
Mi presento
terra bergamasca tra il 1417 e il 1422. Ma il gusto (o la moda, come oggi preferite chiamarlo) stava cambiando e allora le pareti vennero preparate per accogliere nuovi affreschi, sovrapponendoli ai più antichi. Si pensò di dipingere una architettura che desse la sensazione di una cupola dalla quale intravedere il cielo azzurro, attraverso aperture circolari. Tutto questo con lo svolazzo di angeli che soffiavano in trombe dorate. Ne puoi vedere chiaramente alcuni scorci dopo l’ultimo restauro. Eravamo
Poi vennero requisite le due più grandi, per utilizzarne il materiale per esigenze belliche. Pensa un po’: campane trasformate in cannoni. Bisogna aspettare il 6 giugno 1954, quando il Vescovo Giuseppe Piazzi (1953-1963) consacrò due nuove campane della Ditta Giovanni Battista de Poli di Udine. La maggiore, oltre alla dedica ai morti della guerra, porta incisi i nomi dei parrocchiani caduti nelle due guerre mondiali. Padrino fu Giuseppe Butta e madrina Attilia Riceputi. Della seconda, dedicata alla beta Vergine Maria, fu madrina Teresa Cimadoro.
Voglio concludere con una curiosità. Durante gli ultimi lavori, i restauratori hanno tolto due pietre delle pareti interne, trovando dietro la prima un pettine in legno di bosso di colore rosso insieme a uno spago annodato a mo’ di rete e dietro l’altra lo scheletro di un topolino con dei pezzi di stoffa: oggetti simbolici, forse nascosti perché legati a qualche rituale popolare contro il malocchio…Ripuliti, sono stati di nuovo murati. Bene, ti ho raccontato qualcosa di me, così quando passi e mi vedi svettare verso il cielo o senti i rintocchi delle campane che si diffondo tutt’intorno, sai che sono a custodia di Ca’ Plazi (il centro) e di tutto il paese già da molto tempo. E voglio continuare ad esserlo.
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Visioni, Apparizioni, Miracoli Giovedì 8 febbraio 2018 al Museo Diocesano Bernareggi si inaugura la mostra: “Visioni, Apparizioni, Miracoli” con l’esposizione di alcune tele del pittore Giovan Paolo Cavagna da poco restaurate. La pittura di questo artista si sviluppa a Bergamo in un’epoca segnata dallo spirito della Controriforma. Durante la sua attività, divisa tra la città e la provincia, il pittore realizza un consistente numero di opere sacre allineate alle novità espresse dal Concilio di Trento in un’epoca cioè tesa a un radicale rinnovamento, sia nell’ambito dei costumi religiosi sia in quello degli edifici sacri. Ed è in questo ambiente che i primi dipinti di Cavagna prendono corpo, in un clima espressivo segnato dall’eredità di Giovan Battista Moroni, influenzato dall’esperienza manierista di Giovanni Battista Guerinoni d’Averara e dagli exploit di Francesco Bassano. Nella chiesa parrocchiale di Burligo abbiamo una sua opera, la pala d’altare, raffigurante la Madonna con Gesù Bambino, San Giovannino e San Carlo Borromeo del 1612. Il giorno prima guardo un volumetto sul pittore bergamasco, scorrendo diverse pagine con le foto delle opere. Indugio alcuni istanti su una di esse e mi dico: “Ma questa Madonna con Bambino la conosco bene! E quell’Angioletto, poi…” Infatti è la stessa
Cavagna Giovan Paolo, Madonna col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano e devoti oranti. Bergamo, Chiesa di San Rocco
Cesareni Giovan Paolo Madonna col Bambino tra le sante Margherita e Maddalena. Carosso, Chiesa di S. Margherita
dipinta da Cesareni (1731) nella pala d’altare della chiesa di Santa Margherita a Carosso. Cosa è successo? Quello che spesso è accaduto nella storia dell’arte: gli artisti si ispiravano ad opere già esistenti, viste dal vivo negli originali o nelle stampe che circolavano nell’ambiente e nelle botteghe dei pittori, a volte facendone copie vere e proprie (a Palazzago, nella chiesa di San Filippo a Salvano, abbiamo la tela con il Santo che è una copia di Guido Reni (1614) e la Madonna con Bambino e San Giovannino è copia di un affresco di Bernardino Luini (1530)). Poi il Cesareni ha dipinto ai piedi della Madonna Santa Maddalena e Santa Margherita che ha accanto a sé il drago, mostruosa meraviglia, sempre presente nell’iconografia della santa. Così, in questo quadro abbiamo un connubio che anche la mostra al Museo ha creato: alcune opere di Cavagna e il celebre coccodrillo di Ponte Nossa, in Val Seriana, un reperto naturalistico che ancora oggi si conserva nel Santuario omonimo. La presenza di meraviglie o mostruosità di natura negli edifici sacri era un fatto comune nel Medioevo e nel Rinascimento e tutti avevano un rimando alla religione. Il coccodrillo, per esempio, nella fantasia medievale era la personificazione del male. La Lettera giugno ‘18
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Esercizi Spirituali Ado
«Il silenzio solo qualche volta è tacere, sempre è ascoltare» M. Delbrêl
Lorenzo, Carlotta, Giorgia, Sephora e Nicholas hanno partecipato agli Esercizi Spirituali per adolescenti (24-25 Marzo 2018) La proposta degli esercizi spirituali -organizzati dal seminario di Bergamo indirizzati agli adolescenti è quella di provare ad ascoltare cosa il Signore ha da dirci. Travolti dalla frenesia quotidiana, dal lavoro e dai numerosi impegni, infatti, raramente pensiamo di dedicare del tempo per ascoltare Dio. Ma come si parla con il Signore? Dio non ha Whatsapp, ma ha mezzi che non necessitano di antenne o reti wi-fi: ci parla direttamente nel cuore. Questa esperienza permette di dedicare tutta l’attenzione all’ascolto e al dialogo con Dio, senza il rischio di “parlargli sopra”. Gli esercizi, per ciò si svolgono completamente in silenzio. Dopo un momento di preghiera collettiva guidato da Don Manuel e Suor Sonia, si susseguono- intervallate a riflessioni- le golden hours, ossia ore d’oro, che costituiscono i momenti più importanti di questo percorso. Durante ciascuna di esse, orientate secondo il tema affrontato e introdotto precedentemente, ogni ragazzo/a (l’invito è rivolto anche alle ragazze) è libero di trovare il luogo (la scelta spazia dalle numerose chiesette presenti nel seminario, al cortile, alla stanza personale), in cui crede di poter accogliere il Signore nel migliore dei modi. Durante questa prima La Lettera
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fase ci si deve mettere di fronte alla presenza del Signore, presentandosi per quelli che si è, senza nascondere le proprie paure. Aiutati dalla lettura di un passo del Vangelo si ricerca che cosa la Parola sta cercando di dire. Questa esperienza spirituale può provocare effetti inaspettati dentro di noi! Le due reazioni che possono avvenire sono la gioia, segno del passaggio di Dio nel nostro profondo, o al contrario la desolazione: il silenzio, infatti, può mostrare degli aspetti negativi della nostra vita, delle ferite che vengono a galla. Ma anche questo sentimento è il segnale che questi esercizi hanno mosso qualcosa dentro di noi e potrebbe quindi essere l’occasione per sanare le sbucciature del nostro spirito. Basandomi sull’esperienza personale (ho frequentato gli esercizi per due anni) posso dire con certezza che durante quei due giorni vi sono dei momenti di difficoltà, di smarrimento e di forte tentazione di scambiare due parole con gli amici (soprattutto durante i pasti), ma se resisti e cerchi di dare un senso a quello che stai facendo, al termine capisci veramente che è successo qualcosa di straordinario. Il momento che preferisco per la sua intensità è la terza golden hour che presenta una
struttura uguale alle altre ore d’oro, ma viene svolta in un momento della giornata un po’ insolito: la notte. Durante la notte sono predisposti dei turni della durata di un’ora, in cui quattro o cinque ragazzi, si fermano davanti all’Eucarestia in un modo diverso dal solito. Questi sessanta minuti ci fanno pensare alle nostre debolezze, ci sentiamo indifesi, ma stando di fronte al Signore diventa un’esperienza differente: non sei solo, ti senti abbracciato e protetto. Consiglio a tutti coloro che vorranno provare a trascorrere due giornate che si distolgano dalle abitudini quotidiane, di percorrere questo viaggio introspettivo che aiuta ad approfondire il nostro rapporto con il Signore ed a restaurare ogni difficoltà. Lorenzo
Consegne Nella scorsa estate e poi a settembre, i catechisti delle Parrocchie della zona pastorale si erano incontrati per confrontare i cammini delle diverse annate di catechesi, giungendo a definire alcuni “segni” comuni, anche per dare ai ragazzi una prospettiva di gradualità e di completezza. Ed è così che nel tempo di Pasqua abbiamo fatto le “CONSEGNE”: il segno che di-segna il percorso, si fa consegna per il cammino. Nelle diverse Domeniche il gruppo interessato ha lavorato in mattinata sul pezzo, ha partecipato alla celebrazione, caratterizzata da un’attenzione specifica al momento corrispondente e ha ricevuto il segno. Prima Elementare: Segno di croce Ai piccoli abbiamo affidato il segno della Croce, quello nel quale siamo battezzati, con il quale ci sentiamo abbracciati da Gesù che ci ha amati con la sua passione, morte e risurrezione, quello che ci inserisce nella famiglia della Trinità. Seconda Elementare: Padre Nostro Consegna del Padre Nostro ai bambini di seconda elementare per guardare a Dio come Padre che ha cura dei suoi figli. Preghiera “plurale”, contro ogni individualismo che fa dire: ”a posto io, a posto tutti…” Quinta Elementare: Comandamenti Agli amici di 5 elementare abbiamo affidato le dieci parole, i dieci comandamenti, quella legge di libertà che ha formato un popolo. Continuano ad essere 10 anche oggi perché ogni gioco ha le sue regole. E qui di mezzo c’è la vita. Prima Media: Credo Consegna del Credo, nella formula più antica del simbolo apostolico, ai ragazzi di prima media. Esso non è semplicemente una serie di verità da sapere, ma la vita stessa di Dio –Amore riversata nei nostri cuori. Se provi a recitarlo da solo forse ti perdi, ma insieme alla comunità ce la fai. Questo perché l’“io credo” diventa il “noi crediamo”. La Terza Elementare è l’anno della Prima Riconciliazione, la Quarta Elementare della Prima Comunione e la Seconda Media della Cresima: i sacramenti sono il regalo-compito affidati loro. Alla Terza Media sarà consegnato il Vangelo nella Promessa d’impegno di ottobre. La Lettera giugno ‘18
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Carnevale 2018
Caro diario, Che giornata oggi! Ho la cera tutta consumata e sporca. Devi sapere che io e madame Pendolò ci eravamo totalmente dimenticati dell’anniversario del matrimonio del padrone e di Belle. Per un attimo siamo andati nel panico, ma sorprendentemente abbiamo trovato una grande sala piena di gente in maschera: tantissimi bambini con tutti i loro genitori. Allora abbiamo organizzato in fretta e furia il ricevimento, altrimenti il padrone ci avrebbe messi tutti in soffitta (ahi ahi ahi! Con tutta quella polvere e i
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topi che ti si strusciano addosso. No, no, no). Alla festa sono arrivate pure alcune carrozze che hanno accompagnato alcuni invitati speciali, alcuni proprio bizzarri. Sai, è stata proprio una festa meravigliosa, stupenda, affascinante, strabiliante! Abbiamo riso, scherzato, ci siamo raccontati ancora una volta la storia dell’incontro tra Belle e il padrone e poi, di sera, abbiamo continuato il ballo con i ragazzi più grandi serviti con le pietanze più prelibate della contea. Bei tempi! Ora non sono più un candelabro così giovane, ma
[A cura di Lumiere, alias Leonardo]
non perdo le buone vecchie abitudini, come quella di scrivere a te, caro diario. Ma aspetta… Ora che ci penso… non ho neanche le mani! E allora che cosa… “Sveglia Lumiereeee!!! È tardi dormiglione! Il Padrone ci aspetta di sotto.” “Pendolò, ma stavo sognando mademoiselle! Non sai che cosa strana…” “Sì, sì, va bene, va bene. Cosa sono questa volta, nani? Sirene? Principesse? Su, su, sbrigati ad accendere quelle candele. Ti aspetto da bassoooo!” “Ma mon amourrrr…”
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“AllOpera. Secondo il Suo disegno”: ecco svelato il titolo del Cre 2018. AllOpera è l’invito che Dio rivolge a ciascuno di noi e che anche noi ci rivolgiamo reciprocamente: non siamo chiamati ad una sorveglianza passiva delle meraviglie del Creato ma ad un agire attivo a servizio di un dono ricevuto gratuitamente. Il nostro lavoro e le nostre opere sono benedetti da Dio come possibilità autentica per dare senso al nostro essere e alla realtà in cui ci troviamo. AllOpera è dare inizio all’opera di sé con gli altri. AllOpera è venire a sapere di sé e degli altri, prendere coscienza del
mondo riconoscendosi nelle cose fatte. Dunque: l’agire dell’uomo, che si sporca le mani e costruisce la sua vita sulla terra degli uomini con creatività e fiducia è il tema dell’estate in arrivo. Partiremo anche noi, insieme ai tantissimi bambini e ragazzi, animatori e coordinatori, don e genitori che popoleranno l’estate dei nostri Oratori. Ma cosa contraddistingue un Cre in oratorio? L’ha espresso bene il Vescovo nella serata di presentazione pensata per i coordinatori e i don: “Ci sono altre agenzie capaci di fare una proposta come la nostra, capaci forse anche di farlo meglio, anche se è difficile. Ma c’è una cosa che ci contraddistingue: lo stile. E il nostro stile è non amare a parole e con la lingua, ma con i fatti, come ci ricorda l’apostolo Giovanni.” Un’opera, quindi, il Cre, che si distingue per il saper fare le cose bene e il saperle fare con amore. L’intreccio di relazioni in gioco è complesso, eppure essenziale: gira intorno a quattro verbi, che scandiscono le quattro
settimane. Sì, il tema è “il fare, l’agire dell’uomo”, ma non basta: prima di mettersi AllOpera occorre Osservare, per essere capaci di Creare qualcosa che potrò Scambiare con te, perché ciascuno ha le sue doti e le sue capacità e insieme ci completiamo; infine questa bella storia di vita e di esperienza va Raccontata, è così bella che non può essere taciuta. Il logo di questo Cre è ispirato all’arte e alla grafica di Kate Haring. Tre le caratteristiche: - Il quadrato indica il campo d’azione entro cui muovere i passi e mettere in gioco le proprie abilità. - La linea è il farsi traccia del processo attivo con cui si dà senso al mondo e si costruiscono storie e relazioni. - Gli “omini” nello stile di Haring, desiderano raccontare la quotidianità di ogni uomo. • CRE in Oratorio dal 25 giugno al 20 luglio • BABY CRE presso la Scuola dell’Infanzia dal 2 al 27 luglio.
L’È SEMPER FESTA… • XXXV Festa della Campagna a Burligo (nei fine settimana di giugno) e Santa Eurosia • Festa a Carosso dal 15 giugno per tre fine settimana • S. Margherita Domenica 1 luglio, ore 18.00 Messa e processione • Partenza Fiaccole del cuore per la Polonia (9 giugno) e pellegrinaggio parrocchiale (13-16 giugno) • Festa patronale San Giovanni Battista 16-24 giugno Domenica 17 ore 10.30 Anniversari di Matrimonio; Giovedì 21 giugno Consigli riuniti; Sabato 23 Concerto Banda “G. Rossini”; Domenica 24 giugno ore 10.30 Memoria del Battesimo, ore 18.00 Concelebrazione Eucaristica e Processione di San Giovanni con Mandato Animatori Cre e Baby. • Festa San Lorenzo a Montebello Domenica 12 agosto, ore 18.00 Messa e Processione • Festa di San Rocco a Burligo Giovedì 16 agosto • X Festa di Comunità dal 24 agosto al 9 settembre (negli spazi dell’Oratorio) • Festa a Collepedrino Domenica 16 settembre, ore 15 Messa e processione • Festa della Madonna de la Salette Domenica 23 settembre, ore 17 Messa e processione. La Lettera
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Casa Viva FINE LAVORI IMPEGNO TOTALE € 1.0 FIN LAVdiORI 95.E681 cui €1.095,481 LIQUIDATI IMPEGNO TO TALE € 918.000 di cui 892.500
LIQUIDATI
25.500
FINANZIAMENTO DI € 564.96
0 - NR.8 RATE ANNUE DI € 70.
70.620
70.620 5.800
70.620
620
70.620
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Affari economici RENDICONTO ENTRATE PALAZZAGO Rendite Immobiliari Rendite terreni Contr. Comune per parcheggio P.zza Don Ceroni Totale Interessi depositi bancari Offerte festive Parrocchia Offerte chiese frazioni Offerte Celebrazione Sacramenti… Offerte per candele Offerte raccolte straordinarie Offerte varie (buste…) Erogazioni libere deducibili (per Casa) Totale offerte Contributi da Comune Deposito Fiduciario Infruttifero Contributi da Curia (Fondi CEI ristrutturazione. canonica e vari) Totale Contributi Feste Oratorio (serate, feste patronali, festa di Comunità..) Iniziative estive Oratorio (Cre, Baby Cre,Mare ado, Biciclettata…) Totale entrate attività Parrocchiali e Oratoriali Alienazione Immobili Entrate Bar Oratorio Altre entrate
€1.819,15 €100,00 €7.500,00 €21.221,68 €4.000,00
€ 9.419,15 € 18,34
€11.261,00 €4.701,45 €18.826,17
€37.170,79 €57.056,78
€ 6.306,57 € 150.000,00 € 87.583,35 €103.840,88
€154.237,87
€243.889,92
€62.422,53 €166.263,41 €120.000,00 €9.597,42 €1.172,37 €704.598,48
TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE Disavanzo (perdita) esercizio corrente (Uscite - Entrate) Totale a pareggio
- €83.613,06 €788.211,54
RENDICONTO USCITE PALAZZAGO Manutenzione Ordinaria Assicurazioni Imposte e tasse Remunerazioni professionali Spese Generali e Amministrative (Elettricità, acqua, telefoni, gas, gasolio, rifiuti...) Interessi passivi su mutuo Bar Oratorio Feste Oratorio Iniziative estive Oratorio Carità – Missionari Totale Uscite Attività Pastorali Oratoriali Tributi Curia Ristrutturazione Casa di Comunità Acquisto Mobili, Arredi Altre uscite straordinarie TOTALE USCITE ANNO CORRENTE Mutuo - Debiti Verso Istituti di Credito Facciamo mente locale degli ultimi anni:
La Lettera
anno 2015 entrate € 368.806,10 uscite € 420.618,84 [30] giugno ‘18 anno 2016 entrate € 315.140,60 uscite € 666.067,89 anno 2017 entrate € 704.598,48 uscite € 788.211,54
€9.797,40 €3.760,00 €250,00 €27.896,22 €52.933,89
€47.584,72 €84.320,92 €3.590,59
€4.048,71 €2.176,55
€135.496,23 €4.516,00 €499.231,09 €36.840,45 €11.265,00 €788.211,54 € 372.647,32
PALAZZAGO Facciamo mente locale degli ultimi anni: • anno 2015 entrate €368.806,10 uscite €420.618,84 • anno 2016 entrate €315.140,60 uscite € 666.067,89 • anno 2017 entrate €704.598,48 uscite €788.211,54 Risulta immediatamente l’impennata dei numeri e sappiamo bene che la parte del leone l’ha fatta la ristrutturazione della Casa di Comunità che finalmente abbiamo visto inaugurata e funzionante. Nel 2017 abbiamo anche alienato la Casa del Curato di Brocchione (120.000 €) per far fronte alle esigenze economiche, ma anche perché non si prospettava un utilizzo a fine pastorali dell’edificio che rischiava un ammaloramento progressivo senza gli interventi necessari. Insieme a tutto questo risulta la gestione ordinaria della Parrocchia, con entrate e uscite tipiche di una famiglia un po’ più grande delle nostre. Dopo l’affanno per la liquidazione delle Imprese che hanno lavorato alla Casa (operazione quasi totalmente terminata) dobbiamo ora continuare a pagare le rate del mutuo (circa 5.800 € mensili, fino al 2013) e a
rifarci una base minima per far fronte all’ordinario, sia dal punto di vista delle utenze che delle attività pastorali. In tutti questi numeri entra il grande grazie per coloro che hanno dato: contributi liberi, piccoli e grandi, prestiti, consigli, tempo e energie. E il grazie per chi ancora sarà segno della Provvidenza e della passione per la Comunità. BURLIGO Nel bilancio troviamo alcune voci riassuntive che caratterizzano la vita comunitaria di Burligo: • le offerte (messe, celebrazioni, sacramenti…) • le buste (di Natale) • la festa della campagna (di gran lunga l’entrata più cospicua) Nelle uscite sono contemplate alcune spese per gli interventi di pulizia e restauro della Chiesa, l’acquisto di materiale per la festa della Campagna e ovviamente le utenze per la gestione ordinaria.
RENDICONTO ENTRATE BURLIGO RENDICONTO ENTRATE BURLIGO Offerte domenicali e feriali Offerte Celebrazione Sacramenti… Offerte domenicali e feriali Offerte per candele Offerte Celebrazione Sacramenti… Offerte raccolte Offerte perstraordinarie candele Erogazioni deducibili (per Casa) Offertelibere raccolte straordinarie Totalededucibili offerte (per Casa) Erogazioni libere Contributi da Enti Diocesani Totale offerte Attività pastorali e Feste Contributi da Enti Diocesani EntrateAttività Circolopastorali e entrateestraordinarie Feste TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE Entrate Circolo e entrate straordinarie TOTALE ENTRATE ANNO CORRENTE RENDICONTO USCITE BURLIGO RENDICONTO USCITE BURLIGO Manutenzione Assicurazioni Manutenzione Imposte e tasse Assicurazioni Remunerazioni Imposte eprofessionisti tasse Spese Generali e Amministrative Remunerazioni professionisti Elettricità, acqua, gas, gasolio, cancelleria Spese Generali e Amministrative Attività e feste Elettricità, acqua,pastorali gas, gasolio, cancelleria Circolo Attività pastorali e feste Mobili, arredi… Circolo Carità Missioni Mobili,–arredi… AltreCarità uscite–straordinarie Missioni Tributistraordinarie Curia Altre uscite TOTALE USCITE ANNO Tributi CuriaCORRENTE Avanzo esercizio corrente TOTALE USCITE ANNO(Entrate-Uscite) CORRENTE Situazione economica 31/12/2017 Avanzo esercizio correnteal(Entrate-Uscite) Situazione economica al 31/12/2017
€2.699,45 €575,00 €2.699,45 €785,27 €575,00 €1.510,00 €785,27 €100 €1.510,00
€5669,72 €100 €35,54 €5669,72 €95.917,00 €35,54 €5.754,74 €95.917,00 €101.026,96 €5.754,74 €101.026,96 €6.057,97 €2.300,00 €6.057,97 €210,00 €2.300,00 €534,40 €210,00 €11.676,00 €534,40 €11.676,00 €68.735.73 €43,00 €68.735.73 €15635,00 €43,00 €2.000,00 €15635,00 €2.682.39 €2.000,00 €503,46 €2.682.39 €109.874,49 €503,46 - €8.847,53 €109.874,49 -€28.210,02 €8.847,53 €28.210,02
Doveroso il grazie a tutti colo- zo pastorale o di altro genere, bilancio troviamo alcune voci caratterizzano la vita comunitaria di Burligo: roNelche contribuiscono in riassuntive modi che andava sistemato, considera-le offerte (messe, celebrazioni, sacramenti…) Nel bilancio troviamo alcune voci riassuntive che caratterizzano la vita comunitaria diversi e danno una mano nei ta la precaria situazione. di Burligo: -le Natale)celebrazioni, -le buste offerte(di (messe, sacramenti…) -la festa della campagna (di gran lunga l’entrata più cospicua) vari settori. Attendiamo quindi la Festa -le buste (di Natale) -la festa della campagna (di gran lunga l’entrata più cospicua) Stiamo ora affrontando la della Campagna, che Nelle uscite sono contemplate alcune spese per gli interventi di puliziasperando e restauro della Chiesa, l’acquisto d materiale per la festa della Campagna e ovviamente le utenze per la gestione ordinaria. spesa persono la copertura dell’eil gli belinterventi tempo favorisca la della granNelle uscite contemplate alcune spese per di pulizia e restauro Chiesa, l’acquisto d Doveroso il grazie a tutti che contribuiscono inlemodi diversi danno una mano nei vari settori. materialeeredità per la festa dellacoloro Campagna e ovviamente utenze per laegestione ordinaria. dificio Blinti che, pur de partecipazione della scorsa Stiamo orailaffrontando spesa per copertura dell’edificio ereditàeBlinti nonnei prospettando Doveroso grazie a tuttilacoloro che la contribuiscono in modi diversi dannoche, unapur mano vari settori.alcun utilizzo pastorale o di altro genere, andava sistemato, considerata la precaria situazione. non prospettando alcun utilizedizione. Stiamo ora affrontando la spesa per la copertura dell’edificio eredità Blinti che, pur non prospettando alcun Attendiamo quindio la della Campagna, sperandoconsiderata che il bel tempo favorisca la grande partecipazione utilizzo pastorale di Festa altro genere, andava sistemato, la precaria situazione. della scorsa edizione. Attendiamo quindi la Festa della Campagna, sperando che il bel tempo favorisca la grande partecipazione della scorsa edizione.
La Lettera giugno ‘18
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Titolo Titolo Titolo La vedovanza dà un nuovo senso alla vita? Lo scorso 18 marzo abbiamo partecipato, a Comonte di Seriate, alla Festa nazionale dell’Associazione, sezione di Bergamo, dedicata alla patrona S. Francesca Romana, insieme ad altre signore di Almenno e a tantissime provenienti dalla Diocesi. È stata un’esperienza molto interessante, di cui vogliamo ricordare qui l’intervento del prof. Francesco Belletti e l’omelia di don Giambattista Ferrari. Il prof. Belletti, direttore del Centro Internazionale Studi sulla famiglia, ha sviluppato il tema “Spazi e tempi della vedova nella società civile”. Nonostante il sentire comune, egli ha detto, la vedovanza dà un senso alla vita, trasformando dolore e solitudine in nuove possibilità di impegno e testimonianza. Un primo passo per non restare congelate nella vedovanza è trovare nuovi amici non per cercare, ma per offrire consolazione, cominciando con le persone sole. Allargare gli orizzonti e prendere nuovi impegni sono i cardini del cammino delle vedove. Ed ha lanciato un appello: “Voi potete dare moltissimo alla costruzione del bene comune. Non siete l’immagine del dolore, parola che la cultura contemporanea vuole cancellare, ma siete testimoni che la vita può essere rigenerata dall’imLa Lettera
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pegno e dalla testimonianza nella società.” Ha aggiunto qualche indicazione concreta: rigenerare micro-relazioni; offrire cura e protezione; mettersi insieme, fare associazione, non aver paura a chiedere/ dare aiuto, testimoniare nella comunità... Nessuna persona è un’isola se c’è una comunità. Ne è seguito un ampio dibattito con interventi di condivisione delle sue affermazioni e di criticità vissute e percepite in altre donne che hanno perso il marito. Ecco di seguito alcune domande e osservazioni raccolte: - Perché l’Associazione non è aperta anche agli uomini che hanno perso la moglie? Il dolore è simile. - Come aiutare a superare la “diffidenza” delle vedove ad entrare nell’Associazione? - Quali iniziative sono utili a facilitare il superamento della solitudine? È seguita la Santa Messa celebrata da don Giambattista Ferrari, in ringraziamento dei suoi cinquant’anni di sacerdozio. Già assistente ecclesiastico, nell’omelia ha ricordato la nascita dell’Associazione poco dopo la prima guerra mondiale, il 9 marzo 1926, quando purtroppo le vedove erano numerose, casalinghe con bimbi piccoli, in grave situazione di povertà, avendo perso il marito in guerra; brevemente ha
[Associazione Santa Francesca Romana]
accennato ai momenti principali della sua lunga storia, soprattutto ai primi trent’anni quando l’Associazione fu un prezioso aiuto e sostegno a molte famiglie. Pure il nostro Papa Giovanni sostenne l’Associazione e ne fu per alcuni anni l’assistente spirituale. Ora i tempi sono cambiati, ma don Giambattista ha invitato a: - curare il progetto Giuditta, un progetto di vicinanza per essere di sostegno alle persone anziane sole; - amare i giovani: metterli al centro della nostra preghiera. Se apparentemente sembrano spensierati, è opportuno sollecitarli a stare in guardia, per non farsi condizionare da facili abbagli, invitarli a mettersi a disposizione delle situazioni di disagio. - pregare, intercedere: essere segno profetico di una serena riflessione intorno all’affettività e all’amore. Promuovere la vera dignità della donna. Nel pomeriggio momenti di ascolto e di giochi secondo i desideri di ciascuno. Possiamo dire di essere tornate a casa più serene, “ricche” delle riflessioni e del confronto con altre persone che hanno vissuto o vivono il dolore della separazione della coppia e i conseguenti problemi familiari e sociali. Antonietta Pirozzi Mazzoleni
Pillole
Seconda edizione con la Festa dell’Addolorata Unitaria: lo scorso anno a Burligo, quest’anno a Palazzago. Sempre Don Adriano Locatelli, l’ultimo curato dell’oratorio, a presiedere messa e processione e ad aiutarci nella riflessione su Maria, data come Madre ai piedi della croce.
Nella festa degli Alpini è stato Mons. Daniele Rota a celebrare nella prima domenica di Quaresima. È sempre una presenza gradita che si carica di riconoscenza. Il grazie si allarga agli iscritti che puntualmente ci giungono. In questo numero leggiamo quello relativo a don Primo Mazzolari, sulla cui tomba, a Bozzolo, ci siamo recati il 1° maggio.
Bella la formula dell’animazione pomeridiana in oratorio organizzata dalle diverse annate di catechesi. È sicuramente da riproporre per il prossimo anno pastorale per la gioia… dei catechisti.
E i papà? Ecco la festa di marzo molto partecipata con il piatto tipico di polenta e cervo. Sempre a chiederci: perché tanti scelgono il cervo?? Grazie anche alla scuola di ballo “Mariposa” che ha animato la serata, portando ballerine “nostrane” a cimentarsi nell’esibizioni. Le vedremo anche in una serata della Festa di Comunità per la quale stanno moltiplicando le prove…
Festa della donna come da copione, organizzata dai Verdi, con buon cibo, lotteria, musica e ricordo. Alcune si ricordano anche del Signore…
Rimpatriata per i cresimandi delle parrocchie vicine dopo la gita-pellegrinaggio a Roma. Giropizza all’oratorio di Almenno e visione foto. Nonostante la guida -don Roberto- sono ritornati tutti all’ovile…
E sempre don Roberto. Pensava di aver fatto tutte le feste nelle frazioni e invece ci siamo accorti che mancava Precornelli. Ci si poteva dimenticare della festa di un grande santo come Giuseppe?! Peccato che la processione venga fatta solo quando la festa cade di domenica. Per l’occasione sono arrivate anche le nuove sedie in legno. Tutto sembrava pronto per partire e invece la Curia e la Soprintendenza hanno chiesto altro tempo per i progetti degli spazi liturgici della Chiesa della Beita. Adesso però non possiamo più rimandare e, terminata la festa di settembre, si partirà immediatamente. Come già avvisato dovremo operare alcuni cambiamenti negli orari delle messe. Madonna de la Salette ora pro nobis… La Lettera giugno ‘18
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In morte del Vescovo Lino
Dopo lunga infermità e tra il rimpianto generale, il 23 marzo si è spento monsignor Lino Belotti, vescovo ausiliare emerito della nostra diocesi. Era nato il 19 ottobre 1930 a Comenduno, in una famiglia numerosa, che abitava in una casa da tutti chiamata «Casèla» e che radunava 16 persone: il padre Pietro, la mamma Olimpia, undici figli, due zie non sposate e la nonna. Viene battezzato col nome di Bortolo, ma poi viene chiamato sempre Lino. Dopo le elementari, decide di entrare nel Seminario diocesano, per passare poi nella Comunità missionaria del Paradiso, fondata a Bergamo nel 1949 dal vescovo Adriano Bernareggi e da don Fortunato Benzoni per aiutare le diocesi afflitte da scarsità di clero e per essere presenti fra gli emigranti. Riceve l’ordinazione sacerdotale il 12 giugno 1954 dal vescovo Giuseppe Piazzi. Le prime destinazioni come prete paradisino sono nella diocesi di Comacchio, come coadiutore parrocchiale nelle parrocchie La Lettera
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del Santo Rosario (1954-57) e del Duomo (1957-61), poi parroco di Goro di Ferrara (196166). Dal Po monsignor Belotti viene mandato in Svizzera, dove è cappellano fra gli emigranti (1966-73) e poi direttore dei missionari per gli emigranti italiani (1973-81). Nel 1981 torna a Bergamo come superiore della Comunità missionaria del Paradiso, incarico che ha ricoperto ininterrottamente fino al 2016. Nello stesso anno 1981, è insignito del titolo di cappellano di Sua Santità. Contemporaneamente è membro del Consiglio Presbiterale diocesano (198296) e direttore generale della Fondazione Migrantes a Roma della Conferenza episcopale italiana (1987-96). Nel 1996 viene scelto come vicario generale dal vescovo Roberto Amadei. Il 15 maggio 1999 è nominato vescovo titolare di Tabla e ausiliare del vescovo di Bergamo. Il 29 giugno successivo, in Cattedrale, riceve la consacrazione episcopale dal vescovo Amadei. È pre-
sente anche un folto gruppo di ex parrocchiani di Comacchio e Goro di Ferrara. Per la sua riconosciuta competenza in questo ambito pastorale, da quasi sei anni il vescovo Belotti è presidente della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale italiana. Dal 2005 al 2008 è anche membro del Pontificio Consiglio della pastorale dei migranti e gli itineranti. Il 22 gennaio 2009, insieme al vescovo Amadei, la Santa Sede accetta le dimissioni per raggiunti limiti di età. «Ho potuto conoscere a fondo la ricchezza religiosa della nostra diocesi e ho sempre cercato il dialogo e l’amicizia con i sacerdoti, anche quelli che hanno lasciato il ministero o sono in difficoltà — aveva detto tracciando un bilancio del suo operato vescovo ausiliare —. In stragrande maggioranza, i preti bergamaschi sanno dare più che ricevere. In non poche parrocchie, c’è una vera fioritura di impegno nel laicato». Ma il ritiro non significa pensione. Infatti, viene confermato vicario generale dal nuovo vescovo Francesco Beschi per quasi un anno, fino al 19 dicembre 2009. «Non ci stancheremo mai di ringraziarti — gli disse il vescovo Beschi —. Sei stato un padre per noi. Questo grazie esce dal cuore delle nostre comunità e della Chiesa di Bergamo. Il nostro non è un saluto, perché non te ne vai dalla nostra Chiesa e dal nostro presbiterio
diocesano». Da alcuni anni il vescovo Belotti, per l’aggravarsi della salute, era ospite della Fondazione Piccinelli di Scanzorosciate. La salma è stata composta nella Comunità Missionaria del Paradiso a Bergamo. «Riconoscenza e speranza: sono le due parole per rileggere la vita e la missione di monsignor Lino. È stato un grande dono non soltanto per la Chiesa di Bergamo». Con queste parole, il vescovo Francesco Beschi ha tracciato il ritratto di monsignor Lino Belotti, durante i funerali, svoltisi lunedì 26 marzo in Cattedrale. Hanno concelebrato una ventina di vescovi e una folta schiera di preti bergamaschi, segno dell’affetto e della stima verso il vescovo nativo di Comenduno, scomparso a 87 anni dopo lunga infermità il 23 marzo scorso. Numerosi anche i fedeli e le autorità presenti. «Ci ritroviamo in preghiera nel ricordo affettuoso del vescovo Lino che accompagniamo nell’incontro con il Signore che ha servito per tutta la vita — ha detto il vescovo all’inizio dei funerali —. Lo facciamo con fede e riconoscenza». Monsignor Beschi ha espresso il suo sincero grazie «a tutti coloro che gli hanno voluto profondamente bene», alle persone «che si sono presi cura di lui durane la malattia» e alla comunità missionaria del Paradiso, «che ha contrassegnato la sua vocazione». All’omelia, il vescovo ha sottolineato la coincidenza dei funerali con i riti della Settimana Santa, che sono cuore
della fede cristiana. «Diciamo grazie al Signore per questa coincidenza, che sembra dare un sigillo alla vita di monsignor Lino». Monsignor Beschi ha ringraziato i preti e i vescovi presenti ai funerali, ricordando di aver ricevuto attestati scritti di stima e cordoglio da alcuni vescovi bergamaschi impegnati in terre lontane. «L’arcivescovo Francesco Panfilo dalla Papua Nuova Guinea di monsignor Lino ha scritto: “È stato un grande dono per la Chiesa di Bergamo, ma anche per la Chiesa italiana e mondiale”». Il vescovo ha ricordato il motto episcopale di monsignor Belotti «In te Domine speravi». «È la parte finale dell’inno del Te Deum, che esprime in modo gioioso la riconoscenza al Signore. Tutta la vita e il servizio di monsignor Lino sono stati sotto il segno della riconoscenza e della speranza verso Dio». Il vescovo ha poi citato la prima lettura, quella di Isaia, in cui parla del servo del Signore nelle nazioni. «Monsignor Lino è stato servo di Dio nella comunità missionaria del Paradiso da prete e da vescovo». Di monsignor Lino Belotti il vescovo ha poi ricordato «il sorriso, il carattere mite e determinato, la scelta della povertà, l’amicizia verso il Beato don Sandro Dordi, che sarà stato fra i primi ad accoglierlo». Il vescovo ha infine confidato un aneddoto raccontatogli dal vescovo Roberto Amadei. Nel corso di una udienza per l’anniversario della beatificazione
di Papa Giovanni, il vescovo Amadei presentò l’ausiliare Belotti a Papa Benedetto XVI. «Salutandolo, all’improvviso monsignor Lino disse al Papa: “Lei sa che cos’è il Paradiso?”. E il Papa e i presenti rimasero sorpresi da questa domanda». Monsignor Beschi ha concluso riprendendo una frase del messaggio di cordoglio ricevuto dall’arcivescovo Sergio Gualberti dalla Bolivia, molto amico di monsignor Lino: “Il vescovo Belotti è stato segno di speranza assunta a certezza”». Alla fine dei funerali, due testimonianze. «È sempre stato presente nella vita della nostra diocesi e sempre vicino con il sostegno ai sacerdoti», ha ricordato il vicario generale monsignor Davide Pelucchi. «Era instancabile, prudente ma deciso, semplice e sempre attento al prossimo», ha aggiun-
to il superiore della Comunità missionaria del Paradiso monsignor Gino Rossoni: «Prudente ma deciso, e instancabile, con una personalità semplice e attenta al prossimo». È stato poi letto il messaggio di cordoglio di Papa Francesco. Al termine, tutti i vescovi presenti hanno accompagnato la salma del vescovo Belotti sul sagrato della Cattedrale. È stata quindi portata a Comenduno per la sepoltura nel cimitero locale. La Lettera giugno ‘18
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In morte di Suor Leontina
Roma, 25-02-2018
Carissime Sorelle, vengo nuovamente a voi per comunicarvi che oggi alle ore 15,30 il Signore ha chiamato a sé la nostra carissima Suor Leontina Francese. Suor Leontina, era nata a Villarosa (Enna) il 10.04-1915, entrata nell'Istituto il 28-12-1935, ha emesso la Prima Professione il 20-09-1937 e la Professione perpetua il 20.09 1942. Ha trascorso la sua lunga vita in diverse case dell'Istituto, prevalentemente nel Centro e Nord Italia. In molte Comunità, soprattutto nei primi anni di Vita Religiosa, ha ricoperto il delicato e prezioso compito di Superiora delle Comunità e si è dimostrata sempre attenta ai bisogni delle Sorelle. E’ stata sempre inserita nelle piccole Comunità di scuola materna, a contatto con i bambini e con la gente dei diversi paesi: Leonessa, Agira, Tuoro, San Biagio, Nocera, Tortora, Masano, Palazzago ed infine Postino. In tutti questi luoghi ha data una vera e grande testimonianza di Suora Nazzarena. Suor Leontina, di carattere vivace, intelligente e molto arguto, ha saputo cogliere sempre i bisogni di ogni persona, ed è stata madre e sorella per tante persone che la cercavano per un consiglio ed orientamento. La sua intelligenza unita anche ad un raffinato senso di bellezza e di ordine, ha portato sempre e ovunque gioia e armonia. Donna di fede, di molta preghiera e di grande attaccamento al Padre Fondatore e innamorata della Sacra Famiglia, ha seminato nel cuore di tante persone i valori evangelici e del Carisma del Bonilli. Era premurosa nella carità, zelante nel bene e nel diffondere la conoscenza di Gesù attraverso la Catechesi e i gruppi delle Parrocchie. Se riceveva in dono qualche offerta, con il permesso della Superiora desiderava si destinassero ai bambini con problemi di vista, questo è stato uno degli ultimi gesti fatto anche, qualche giorno prima della sua morte. Una vita lunga, trascorsa nel fare il bene, con la semplicità ma con tanto entusiasmo, proprio di Suor Leontina. Dal 2002 la Sorella, si trovava a Lodi per un meritato riposo, si è spenta in questa Comunità all'età di 103 anni. La ricordiamo nei nostri suffragi perché totalmente purificata possa contemplare presto il Volto del Suo Signore. Siamo certe che Lei dal cielo implora grazie e nuove vocazioni per l'Istituto che tanto ha amato. In G.M.G. Madre Agnese Grasso Superiora Generale
Battesimi Domenica 25 febbraio 2018 ore 15.00 Ernesto Bonalumi di Luca e Farina Alessia, nato il 25 marzo 2017 Ernesto
Emanuele
Agata
Domenica 15 aprile 2018 ore 11.30 Emanuele Sesini di Maurizio e Castelli Alessandra, nato il 19 dicembre 2017 Agata Arrigoni di Andrea e Verzotto Marta, nata il 4 ottobre 2017 Giulia Benigni di Simone e Rota Patrizia, nata il 1 febbraio 2018 Greta Castelli di Angelo e Manzoni Giulia, nata il 18 giugno 2017
Greta
Giulia
Francesca
Elisa
Domenica 13 Maggio 2018 ore 10.30 Francesca D’Adda di Giuseppe e Ripamonti Stefania, nata il 28 settembre 2017 Elisa Pessina di Graziano e Avogadro Sara, nata il 13 agosto 2017 Edoardo Frassoni di Omar e Valsecchi Stefania, nato il 10 gennaio 2018 Davide Butta di Emilio e Rota Scalabrini Monica, nato il 14 gennaio 2018
Davide
Edoardo
Matrimoni Simone Bassani e Milena Castelli 28 maggio 2018 ore 11.00
Defunti PIERA MAZZOLENI in Tangorra di anni 83, deceduta a Ponte San Pietro il 16 febbraio, funerata a Palazzago il 19 febbraio 2018. Le ceneri sono state deposte nel cimitero di Palazzago il 24 febbraio Cara mamma, ti ricordiamo sempre con tanto amore, sei con noi nel più dolce pensiero di ogni giorno, aiutaci nel nostro cammino. I tuoi cari FERDINANDO CLIVATI detto Franco di anni 76, deceduto a Ponte San Pietro il 18 febbraio, funerato e sepolto a Burligo il 21 febbraio 2018. Chi amiamo e ci ha lasciato è un’eterna presenza che vive racchiusa nel nostro cuore. Con affetto, la tua famiglia MARIA EPIS ved. Chenet di anni 89, deceduta ad Almenno S.B. il 2 marzo, funerata e sepolta a Palazzago il 5 marzo 2018. Momenti di vita quotidiana: Dove hai messo la sciarpa che mi ha fatto la nonna? Ti ricordi quel giorno d’estate con la nonna Maria al Santuario del Frassino? Il ragù che faceva la nonna però era “più buono!...” E così continua la nostra vita, con te. La tua famiglia
GINA LOSA ved. Mazzoleni di anni 90, deceduta in Collepedrino il 14 marzo, funerata a Burligo il 16 marzo 2018 e sepolta a S. Antonio di Caprino Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo. I tuoi cari UMBERTO BELOLI di anni 81 deceduto a Varese il 16 marzo, funerato e sepolto a Burligo il 20 marzo 2018 Sarai sempre nei nostri cuori.
GIUSEPPE QUARENGHI di anni 82, deceduto a Barzana l’1 aprile, funerato e sepolto a Barzana il 3 aprile 2018 Qualcosa di te è rimasto qui con noi per sempre. I tuoi cari GIUSEPPE MANGILI di anni 78, deceduto a Osio Sotto il 2 aprile, funerato e sepolto a Palazzago il 4 aprile 2018
ELIO MAZZOLENI di anni 83, deceduto a Ponte San Pietro il 18 aprile, funerato a Brembate il 19 aprile 2018. Le ceneri sono state deposte nel cimitero di Burligo
ANNAMARIA MAZZOLENI ved. Zuccala di anni 86, deceduta a Villa d’Adda il 7 maggio, funerata e sepolta a Burligo l’8 maggio 2018
EDVIGE BELOLI ved. Mazzoleni di anni 91, deceduta a Burligo il 25 maggio, funerata e sepolta il 28 maggio 2018 Sarai sempre nei nostri cuori.
ELISABETTA PREVITALI ved. Baldi di anni 90, deceduta a Bergamo il 7 maggio, funerata e sepolta a Palazzago il 9 maggio 2018
MARIA ROTA ved. Tironi di anni 90, deceduta a Bergamo il 29 maggio, funerata e sepolta in Albenza il 1º giugno 2018
Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. Con affetto, i tuoi cari INNOCENTINA CARENINI in Mazzoleni di anni 70, deceduta a Ponte San Pietro il 21 maggio, funerata e sepolta a Burligo il 23 maggio 2018
Il regalo più grande che tu possa fare a qualcuno è il tuo tempo. Perché regali un pezzo della tua vita che non ritornerà mai indietro.
Solo uno sguardo verso il cielo può addolcire il nostro dolore. Con affetto i tuoi cari
Anniversari
ANNA ROTA MARTIR (23-4-2013 23-4-2018) Dicono che l’amore e la felicità cominciano accanto a una moglie e a una madre, per noi è stato proprio così. Ti ricordiamo con affetto. I tuoi cari
CATERINA MAZZOLENI (2008 - 2018) Nella vita che continua il tuo ricordo è sempre vivo nei nostri cuori. Con affetto, i tuoi cari
PIERINO VISCONTI (1963 - 2018) Molti anni sono passati ma il tuo ricordo è sempre vivo in noi. La tua mamma e i tuoi cari
FRANCESCO MAZZOLENI (30-6-2000 30-6-2018) La vita dei tuoi cari continua nel ricordo dell’amore che hai donato. I tuoi cari
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Seriate
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Il destino vi ha portato via da qui per portarvi lassù oltre le nuvole, oltre il cielo, ma nessuno potrà portarvi via dal nostro cuore. Con affetto i vostri cari
XXX PALIO DELLE CONTRADE: MISSIONE COMPIUTA “L’appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme non è il conforto di un normale voler bene l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé” così Gaber definisce il senso di appartenenza, alla base del Palio di quest’anno. Dopo discussioni per nulla confortanti, crisi e abbandoni, il Palio è rinato. Lo possiamo dire davvero. Da organizzatore posso dire che la squadra di persone che si è messa in gioco per ridargli vita lo ha fatto non per motivi egoistici, ma per la comunità. Per chi ha partecipato. Perché sì, a Palazzago facciamo sempre tante cose, manifestazioni, feste, momenti organizzati, iniziative, ma troppo poco spesso ci ricordiamo che tutto viene fatto per la comunità, per essere comunità. Ci teniamo al senso di appartenenza perché appartenere significa sentirsi a casa, al sicuro, in un luogo in cui puoi essere te stesso senza formalismi o maschere sociali. L’appartenenza si forgia stando assieme e il Palio era, è e rimarrà uno degli spazi di aggregazione più forti che abbiamo. Pensate che solo alla camminata del 25 aprile hanno partecipato ben 260 persone! Un numero alto che davvero ci dà la spinta per andare avanti per questa strada. Le contrade si sono rimesse tutte - quasi - in gioco e abbiamo apprezzato il grande impegno messo soprattutto negli addobbi dalle varie famiglie perché quest’anno ci tenevamo a rivedere la Palazzago colorata di qualche anno fa. Alla fine, per il rotto della cuffia, ha vinto la contrada dei VERDI, portandosi a casa la coppa della 30ª edizione della manifestazione e il Palio vero e proprio, offerto quest’anno dalle Associazioni di Palazzago. L’appuntamento è ora all’anno prossimo, fiduciosi che sempre più la gente riscopra quel legame che ci tiene insieme come comunità.
Classifica generale: VERDI = 55 ARANCIONI = 54 BLU = 50 ROSA = 49 ROSSI = 42