La Lettera Giugno 2014

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STILL LEBEN Non abbiamo mai messo un fiore in copertina. Lo facciamo con questa natura morta, ancora di Arcabas: Fleur de magnolia, pensando a tutte le pagine che in questa Lettera ci raccontano cosa è successo tra noi, nella Chiesa e nella famiglia umana in questi mesi. Un fiore, come quelli che dialogano nelle nostre celebrazioni con i riti, i simboli, il Mistero… Un fiore, come quello regalato alla mamma, all’innamorata, alla sposa, a Maria… Un fiore, come un “fioretto”, un impegno, una decisione… Un fiore, come quello posto accanto ai nostri cari che ci lasciano… E’ strano però che noi chiamiamo natura morta un soggetto di poetico naturalismo come questo! Gli artisti del Nord, lo chiamano invece still leben, vite silenziose. Bello, no? Vita silenziosa che sprigiona colore, profumo, festa. Vita silenziosa che obbliga alla contemplazione e allo stupore. Vita silenziosa come quella di tanti che non si impongono ma cambiano la storia. Che abbia qualcosa a che fare con la vita silenziosa del sepolcro scavato nel giardino?

INDICE 03 04 05 07 08 10 12 14 17 18 19 23 23 26 27 32 34 36 38 39 40 41 43

Editoriale Opere segno in diocesi I care, prendersi cura... Gallo canente, spes redit Incontro genitori prima Riconciliazione Quo Vadis? - Cresima La cura - Prima Comunione La straordinaria bellezza della normalità San Giuseppe: giusto, custode e silenzioso Chi va in missione non ha mai un perché ma solo un per chi Canonizzazione Madonna addolorata Innamorata, vedova e sposa Cre 2014: Piano Terra Le sette lettere dell’Apocalisse Gesù, uomo delle beatitudini Palio 2014 Maria donna dell’attesa Concorso Cartolandia Battesimi Defunti Anniversari Festa del Patrono

orArI SANTE MESSE DALL’1 GIUGNo Sabato

ore 18.00 Beita ore 19.00 Chiesa Parrocchiale

Domenica

ore 08.00 ore 09.00 ore 10.30 ore 18.00

Montebello Beita Chiesa Parrocchiale Chiesa Parrocchiale

Giorni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì

ore 20.00 ore 20.00 ore 20.00 ore 20.00 ore 20.00

Brocchione (cappella) Precornelli Beita Cimitero Ca’ rosso

rECAPITI Don Giuseppe 035.550336-347.1133405 Don Lorenzo 035.540059-339.4581382 oratorio e Sagrestia 035.551005 www.oratoriopalazzago.it dongiunav@alice.it

Segreteria Parrocchiale (Via Maggiore 108) da martedì a venerdì, dalle 10.00 alle 12.00. Ci si può rivolgere ai volontari per certificati, pratiche, richieste, fotocopie, ritiro materiale,...


L’ABBrACCIo editoriale Dice di avere un carissimo amico a cui da tem- grande abbraccio. po – da circa cinquant’anni – va dicendo di Non ci siamo sentiti di togliere la croce che decidersi per una vera conversione ma senza ci ha accompagnati; allora anche i sacramensuccesso alcuno, anzi peggiorando. E, alla fine, ti dell’iniziazione li abbiamo celebrati avvolti conclude rivolgendosi agli ascoltatori: “Chi è dalle braccia spalancate che di volta in volta ci questo mio amihanno detto: più co carissimo? di così… guarda Sono io!”. come ti amo… ti Così scriveva voglio bene da Giuliano di Vezemorire… adesso lay, monaco becapisci?... quannedettino, nel do sarò elevato lontano 1100 da terra attirema la verità delrò tutti a me… le sue parole amore senza minon è poi così sura… lontana. Qualcuno ha Forse è anche anche pianla nostra consato guardando pevolezza guare lasciandosi dando l’itineguardare. Molrario che ci ha ti si sono mecondotti alla Paravigliati, tanti squa. Ricordate? hanno scritto La cenere degli preghiere, peninizi, il deserto sieri, parole… della tentazione, Grazie, grazie il monte della a tutti perché trasfigurazione, ogni piccola teil pozzo della stimonianza è sete di verità, la un grande dono piscina di Siloe, condiviso. il cattivo odoEntriamo ora nel re di Lazzaro, tempo dell’estaArcabas, Fleur de magnolia, 1997; 54x65 cm, olio su tela l’osanna della te, carico di folla e il crucifige iniziative e prodella città, l’intimità della cena, il dono d’amo- poste, aperto dalle feste patronali: Giovanni re sulla croce, il silenzio della terra, l’alba della il Battista, con quella mano alzata ci indica il risurrezione? cammino che non è mai fatto una volta per Ma anche la Via Crucis quotidiana delle tre tutte, il cammino appassionato alla sequela di del pomeriggio, quelle del venerdì sera, i ritiri, Gesù di Nazareth. l’adorazione, la grande settimana santa con i suggestivi riti preparati e partecipati… Quaranta giorni e poi questi cinquanta nei quali viviamo della luce di Pasqua, sempre nel La Lettera |3| Giugno 2014


OPERE SEGNO IN DIOCESI Dall’omelia del Vescovo mercoledì delle ceneri 2014 “Care sorelle, cari fratelli, donne e uomini di buona volontà di questa cara e generosa terra bergamasca: il segno della cenere rimane del tutto limitato, addirittura sterile, se non raggiunge la coscienza di ciascuno, se non ci sprona a uscire dai nostri timorosi e incancreniti egoismi, se non alimenta un modo di vivere capace di nutrire la speranza a partire dai gesti più quotidiani di vicinanza, comprensione e aiuto nelle nostre famiglie, tra le nostre famiglie, con le famiglie più povere, con coloro che non hanno più alcuna famiglia. La quantità, anche considerevole delle risorse, non può sostituire quella conversione dei cuori che è il vero motivo di questo segno forte che la nostra Chiesa vuol offrire a tutti, perché si comprenda che la strada della risurrezione è essenzialmente la strada di un amore generoso, condiviso, che comprenda tutti a cominciare dai più piccoli e dai più deboli. I gesti di solidarietà devono diventare espressione e insieme nutrimento di una mentalità risvegliata alle dimensioni della giustizia, della solidarietà, della bellezza che ne scaturisce, e di modi di vivere che quotidianamente realizzino questi orizzonti di speranza autentica. Si tratta non solo di rinunciare e di mettere a disposizione risorse economiche, di tempo, di competenze, ma di rinnovare i gesti quotidiani di aiuto vicendevole, di attenzione e accoglienza reciproca, proprio cominciando dalle nostre famiglie, dagli anziani e malati, dai piccoli e i poveri, dagli emarginati e i disprezzati. Non possiamo delegare a gesti eccezionali, seppur bellissimi, la costruzione di una comunità in cui ciascuno possa veramente ritrovarsi, cominciando da coloro che più concretamente rischiano di essere “scartati e dimenticati”. Si tratta di una conversione a stili e scelte di vita e non solo di un gesto nobile, ma isolato. In particolare per noi cristiani la conversione ad una carità veramente evangelica a dimensione personale e comunitaria è espressione dell’autenticità della fede in Cristo Gesù e nutre questa fede. Non possiamo pensare ad una fede separata dalla carità e neppure ad una carità separata dalla fede.

Allora la nostra gioia sarà grande, non per obiettivi e risultati raggiunti, ma perché i nostri cuori e le nostre esistenze potranno assaporare la bellezza della vita buona secondo il Vangelo di Gesù, offerta ad ogni persona umana e all’intera umanità resa veramente più fraterna ed ospitale.” Nei giorni successivi sono state ufficialmente presentate le “opere Segno”, progetti che la Diocesi di Bergamo vuole attuare a partire della Quaresima 2014 che il Vescovo Francesco nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri aveva anticipato. Un percorso contrassegnato dalla vicinanza ai poveri, dalla condivisione con le famiglie che hanno perduto le sicurezze fondamentali del lavoro e della casa, da un rinnovato impegno educativo in direzione della solidarietà ispirata dal Vangelo. Prima - OPERA SEGNO in HAITI SoSTEGNo ECoNoMICo per tre anni alla gestione della Scuola Edile “Papa Giovanni XXIII” presso i Padri Monfortani ad haiti (realizzata e funzionante) Seconda - OPERA SEGNO in ALBANIA ChIESA E LUoGhI PASTorALI parrocchia di Shengjin (diocesi di LEzhE in Albania) Terza - OPERA SEGNO in BERGAMO rISTrUTTUrAzIoNE di un ‘luogo’ di accoglienza e di servizio ai più poveri, nel cuore della nostra città. Quarta - OPERA SEGNO in BERGAMO FoNDo ‘FAMIGLIA-LAVoro’ per promuovere specifiche azioni di temporaneo sostegno economico e per incrementare la ricerca di posti di lavoro. Quinta - OPERA SEGNO in BERGAMO FoNDo ‘FAMIGLIA-CASA’ per promuovere specifiche azioni di temporaneo sostegno economico all’affitto per evitare la perdita dell’abitazione. Sesta - OPERA SEGNO nel MONDO ProGETTo GIoVANI PEr IL MoNDo 2014 e BorSE di STUDIo pre-dottorato e post-dottorato. Noi abbiamo cominciato a contribuire al fondo famiglia-lavoro nel giorno della Canonizzazione dei Papi; in Quaresima alle Missioni di Bolivia, Costa d’Avorio e Cuba e all’Istituto Effata di Betlemme.

La Lettera |4| Giugno 2014


I CArE, PrENDErSI CUrA... Tuniche, vesti e lenzuolo: via crucis venerdì santo Prendersi cura... E’ l’atteggiamento di un Dio che accetta la sfida di creare un uomo a sua immagine e somiglianza, di un Dio che non abbandona un solo istante le sue creature di un Dio che si prende cura di ciascuno di noi come una madre si cura di suo figlio, di un Dio che riveste l’uomo della sua tenerezza Prendersi cura... E’ l’atteggiamento di un Dio che crea la vita e la ricrea continuamente, di un Dio che continua ad aver fiducia nell’uomo, di un Dio che crede nella bontà dell’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi, di un Dio che muore per amore e regala la sua vita per donarla ai suoi figli. Prendersi cura... È l’atteggiamento di chi non giudica e non si scandalizza della nudità e fragilità dell’altro, di chi è cosciente della propria nudità e del bisogno di essere coperti dall’amore dell’altro. Prendersi cura... È l’atteggiamento di chi crea spazi di vita intorno a sé, di chi ama in silenzio la vita dell’altro, di chi ama gli squalificati della società, gli esclusi dai giochi del mondo senza possibilità di cambiare il corso della loro vita e della storia... Prendersi cura... È l’atteggiamento di chi rischia di persona, di chi abbandona la propria casa e si mette in cammino, di chi diventa straniero a sé e agli altri, di chi perde la propria vita, il proprio sonno, le proprie risorse per chi incontra per la strada... La Lettera |5| Giugno 2014


Prendersi cura... È l’atteggiamento di chi entra nella vita dell’altro in punta di piedi, con delicatezza e tenerezza, di chi veglia e attende sempre che l’altro bussi alla porta, di chi ama e spera, giorni, mesi, anni che l’altro ritorni… Prendersi cura... È l’atteggiamento di chi contempla il Mistero e non si lascia sopraffare dalla paura e dalla ragione, di chi riconosce la propria piccolezza di fronte al mistero della vita e della morte, del dolore e della malattia, di chi custodisce col cuore senza capire con la ragione, di chi accetta la sfida di lasciarsi portare dai venti della passione per la vita... Prendersi cura... È l’atteggiamento di chi sa sperare contro ogni speranza, di chi vede una luce anche quando è notte fonda di chi lascia maturare i tempi di Dio, di chi respira la speranza e la pazienza di Dio… I care Prendersi cura… È l’atteggiamento di chi ama, di chi è innamorato dell’Uomo fino a finire sulla croce. Prendersi cura è diventare come Lui… Va’ e anche tu fa lo stesso!

La Lettera |6| Giugno 2014


Gallo canente, spes redit Con il canto del gallo ritorna la speranza (Sant’Ambrogio) C’era una volta un gallo che, tutte le mattine, si svegliava molto presto e diceva agli animali del pollaio: “Vado a cantare per far nascere il sole!”. In seguito saliva sul cocuzzolo del tetto, gonfiava il petto e faceva “Chicchiricchì! Chicchiricchì!”. Poi rimaneva in attesa, finché una palla rossa cominciava ad apparire sopra le montagne ed ad illuminare tutto quanto. Il gallo tornava allora, orgoglioso, dagli animali e commentava: “Cosa vi avevo detto?”. E tutti rimanevano a bocca aperta e pieni di rispetto davanti ad un potere così straordinario conferito al gallo: cantare per far sorgere il sole! Nessuno dubitava. Era sempre stato così. Anche il gallo-papà aveva cantato per far nascere il sole, anche il gallo-nonno. C’era anche una grande ansietà tra gli abitanti del pollaio. Se il gallo diventasse roco? Se per caso dimenticasse la partitura? Chi canterebbe per far nascere il sole? Il giorno non verrebbe. Per questo motivo tutti si prendevano cura del gallo con la maggior premura. Lui sapeva di questo e minacciava il pollaio per essere trattato con sempre nuovi privilegi. Il gallo dal canto suo soffriva enormi oscillazioni emozionali: all’alba, dopo la nascita del sole, si sentiva come un Dio, onnipotente ed ammirato. Ma la sera, l’assalivano depressione e angoscia. Pensava: “Non posso arrivare tardi: se io non canto, il sole non nascerà!”. E così non riusciva a dormire un sonno tranquillo.

Avvenne, come era da prevedere, che un mattino il gallo non si svegliò. Non cantò per far nascere il sole. E il sole… nacque senza il suo canto!?! Il gallo si svegliò con la confusione del pollaio. Tutti commentavano: “Il sole è nato senza il gallo… il sole è nato senza il gallo…”. Il povero gallo non poteva credere a quello che i suoi occhi vedevano: l’enorme palla rossa, là in cima alla montagna. Come era possibile? Ebbe allora un attacco di depressione, scoprendo che il suo canto non era così potente come pensava. Gli animali del pollaio scoprirono che non c’era necessità del gallo perché il sole nascesse. Il sole nasceva in ogni caso, con o senza gallo. Passò molto tempo senza che si udisse il canto del gallo, tanto lui era depresso e umiliato. Finalmente un bel mattino il pollaio fu svegliato di nuovo dal canto del gallo. Lui era là, come in passato, sul cocuzzolo del tetto, con il petto gonfiato. “Stai cantando per far sorgere il sole?” gli chiese il tacchino in mezzo ad una singhiozzante risata. Il gallo rispose “No, prima quando io cantavo per far nascere il sole, ero pazzoide. Ma adesso io canto perché il sole nasce. Il canto è lo stesso. E io sono diventato un poeta!”. Abbiamo celebrato la Pasqua non per far risorgere il Signore – lo ha già fatto Lui una volta per tutte – ma perché il Signore è risorto. E con Lui la speranza.

La Lettera |7| Giugno 2014


Ogni anno il cammino dei genitori dei sacramenti prevede alcuni incontri di approfondimento di tematiche relative all’educare alla fede e uno di programmazione della celebrazione del sacramento, nel quale si commentano i testi della Scrittura che saranno proposti, si guarda insieme il rito, si scelgono temi e

PErChÉ CoNFESSArSI? Incontro genitori prima Riconciliazione 2014

MANUEL ANDrEA MArTINA GAIA GIorGIA SoFIA MIChELE MATTIA LISA DANIEL DAVIDE LISA VALENTINA ANGELo VIoLA DhArMA ALISSA STEFANo SABrINA LUCA FrANCESCA ISMAELE AUrorA ELISA STEFANo ArIANNA GIULIA ALESSANDrA Grazie alle catechiste: Maria, Giorgia, Sara, Mima e Chiara

Quando perdi un’occasione viene spontaneo dire: che peccato! Quando si rompe qualcosa a cui tenevi dici: che peccato! Quando perdi qualcosa dici: che peccato! Quando si rovina un vestito dici: che peccato! Quando vedi una coppia che si rompe dici: che peccato! Quando sciupi un dono dici: che peccato! Quando su rigore la tua squadra prende il palo dici: che peccato! Quando per un soffio non vinci un premio dici: che peccato! Quando rovesci e sprechi qualcosa di buono dici: che peccato! Quando perdi una festa o una cena ti dicono: che peccato! Curioso che questa espressione è la stessa in diverse lingue: in inglese si dice “what a pity”, in francese “quel domage”, in spagnolo “qué lástima”, in tedesco “schade”. Insomma, diciamo “che peccato” per disparati dispiaceri e non colleghiamo questa espressione al suo senso vero. Suona addirittura strano a dirlo. Proviamo: ho perso messa o non ho pregato: che peccato! ho detto volgarità o ho usato parole offensive: che peccato! ho trascurato di dare attenzione a chi ho vicino: che peccato! Vi rendete conto che viene da sorridere? È tragicomico. Però “che peccato!” ci insegna che il significato primario è quello di “occasione sprecata”. Ciò mette l’accento sul bello che ho perso prima che al male fatto o derivato. La Lettera |8| Giugno 2014


simboli che caratterizzano l’annata, si chiedono disponibilità per letture, preghiere, preparazione… Normalmente si invitano alcuni genitori a scrivere la preghiera che viene poi recitata dopo la Comunione. Riportiamo in queste pagine quelle composte per la festa di prima Comunione e della Cresima 2014. Nella Bibbia il significato originale della parola “peccato” non è quello di macchia, da mettere in lavatrice, ma è quello di sbagliare il bersaglio. Totalmente diverso. Paradossalmente più riprovo, sbagliando, più miglioro: è una concezione dinamica e migliorativa. La macchia è statica, blocca. Poi una lavata ed è tutto come prima. Da qui derivano 5 consigli o inviti: 1. Accorgersi che il prete non è la cassiera del supermercato. Bip, bip, bip, bip. Totale: 3 Padre Nostro e 2 Ave Maria. Proviamo a riflettere sul “modo” in cui ci confessiamo. 2. Ognuno confessi i peccati “suoi”. Quante volte capita di sentire quelli di figli, mariti o mogli, suocere, nuore o vicini di casa. Insomma, confessioni condominiali. L’unica cosa che manca è il cuore di chi è lì inginocchiato. 3. La confessione non è una lavatrice, ma uno specchio. Proprio per questo l’invito che nasce è dire grazie. Cominciate col dire una cosa bella che state vivendo. È più difficile da trovare: i peccati e gli sbagli vengono a galla. Per cercare le perle bisogna tuffarsi nel profondo. Dio guarda nel cuore. Quindi se vede tutto, osserva bene tutto: vede le fragilità ma anche e soprattutto il bello, il buono e le attese. Per una manciata di male, non vediamo una montagna di bene. Per fortuna Dio non fa così. Impariamo da lui a sorridere alla vita. 4. Non serve la lista della spesa, ma il punto della situazione. È facile sentire: Cosa mi confesso a fare? Ma cosa vado a dire? Se sono sempre le stesse cose, Dio è più solito e testardo di noi. Questo significa non dimenticare in chiesa l’assoluzione: funziona se diventa impegno fuori, cioè decisione concreta. Scelgo quale è la fragilità su cui ritengo sia più doveroso lavorare in questo preciso periodo e ne faccio un impegno reale giornaliero. 5. Dio nella confessione non fa il meccanico, ma il benzinaio. Non è detto che ci sia qualcosa di rotto o che non funziona, ma semplicemente proprio perché ho fatto la strada del quotidiano ho bisogno di fermarmi e di caricarmi, di fare il pieno per ripartire. Dio crede in me, sempre, anche se io non credo sempre in lui. Nella Messa io dico che credo in Dio, nella confessione Dio dice che crede in me.

La Lettera |9| Giugno 2014


QUo VADIS? Cresima

GIULIA SArA MArTINA ChIArA LISA ANDrEA LUCA MIChELE MArTINA FEDErICA ALICE rEBECCA LorENzo FrANCESCo MATTEo SErENA ANGELICA GIUDITTA rAFFAELE MArTA MArINA CrISTINA DIEGo ILArIA MAICoL CrISTINA Grazie alle catechiste: Marta, Marialaura, Erika e Francesca

Secondo il libro apocrifo degli Atti di Pietro, durante la persecuzione dei cristiani ordinata dall’imperatore Nerone, san Pietro sta fuggendo da roma per evitare il martirio, quando sulla via Appia gli appare Gesù che cammina nella direzione opposta, verso la città. “Quo vadis, Domine?” (Signore, dove vai?) chiede l’Apostolo. “Eo romam, iterum crucifigi” (Vado a roma, per essere crocifisso nuovamente) gli risponde Gesù. L’apostolo capisce allora che Gesù, con questo segno, gli chiede di ritornare a Roma e accettare il martirio. Secondo la tradizione, sarà crocefisso a testa in giù, su sua richiesta, non sentendosi degno di morire nello stesso modo del suo Maestro. Avendo visitato, nella prima tappa del nostro pellegrinaggio a roma, le catacombe di San Callisto e la chiesetta del Quo vadis? lungo la via Appia, abbiamo preso a prestito questa domanda per il cammino della Cresima, pensandola riferita a noi dal Signore in questo momento particolare. E sull’altare, il giorno della Cresima, questa frase era ben evidente, insieme alla strada che partiva dal cuore del grande crocefisso e che si formava sul pavimento con mattoni e erba: lì, abbiamo pronunciato singolarmente il nostro Eccomi e lì abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Alcuni di noi hanno dato voce ai sentimenti provati: • Nel momento della Cresima mi sono sentita una persona più grande, più saggia. • In quel momento ho sentito di appartenere ad una grande famiglia. • Con il sacramento della Cresima mi sono sentita cristiana veramente, perché ho sentito che lo Spirito Santo era in me. • Il giorno della Cresima ero molto agitata, avevo paura di sbagliare; però dopo è andato tutto bene. Quando Monsignor Maurizio e don Giuseppe hanno imposto le mani sul capo, ho sentito molta forza. Sono anche stata contenta perché mia nonna mi ha fatto da madrina, quel giorno stava bene ed era molto felice. • E’ stato molto emozionante ma anche molto vivace grazie alla simpatia di Monsignor Malvestiti. • ho provato molta felicità ed anche molta emozione durante l’unzione e l’imposizione delle mani di Monsignor Malvestiti. • In quel giorno ero molto preoccupata di sbagliare e sono stata emozionata per tutta la cerimonia, soprattutto durante la crismazione. • Quando Monsignor Malvestiti mi ha messo il crisma sulla fronte ho sentito freschezza, perché il crisma era fresco e mi ha tolto tutta la tensione che c’era in me; sono stato anche molto contento che mia zia mi abbia fatto da madrina. • Nel momento della crismazione ho sentito lo Spirito Santo entrare dentro di me e invadermi di gioia. • E’ stato molto bello ed emozionante: un momento unico! La Lettera |10| Giugno 2014


Signore, ti presentiamo i nostri figli; con il loro “eccomi” si sono incamminati sulla strada che porta fino a Te. Sostienili perché cerchino Te, che sei “la Via, la Verità e la Vita”. Il Tuo Spirito li renda capaci di compiere la Tua volontà affinché la loro esistenza possa essere testimonianza viva del Tuo amore. Rendili forti nella prova, coraggiosi nelle scelte, generosi nel dono di sé, perseveranti nella preghiera e nella ricerca della verità. A Maria, la piena di Grazia, Sposa dello Spirito Santo, affidiamo il compito di custodire i doni che oggi sono stati seminati nei loro cuori. Amen.

La Lettera |11| Giugno 2014


LA CUrA Prima Comunione

AUrorA GUIDo GIULIA LUCA MELISSA GIoVANNI BENEDETTA ELENA ELISA LorENzo DAVIDE GIorGIA FELICE GrETA GIADA MATTEo rICCArDo STEFANo CLAUDIA LUCA AUrorA GLorIA GIorGIo AUrorA ALESSANDro LorENzo PATrIC Grazie ai catechisti: Elena, Arianna, Lucia e Leonardo

Tanti oggetti di latta che vengono da lontano e dentro rose, tante rose e intorno lampade colorate accese. Si presenta così la chiesa per la prima Comunione, nella Domenica in cui Gesù nel Vangelo assicura che non ci lascia orfani. Nella riflessione, dopo aver dato il nome ai diversi oggetti (annaffiatoi, secchi, mastelli, contenitori del latte, dello zucchero, del sale, vaschette per il bagnetto…) che significano attenzione e cura per il cibo, il vestito, la pulizia, la terra, don Giuseppe ci invita a pensare alle tre sole cose di cui ognuno ha veramente bisogno: un pezzo di pane, un po’ d’affetto e sen-

tirsi a casa da qualche parte; se uno non trova queste tre cose impazzisce. La prima Comunione ci regala quel pezzo di pane che è il Signore nel suo testamento d’amore; il comandamento di Gesù ci dice che non c’è amore più grande che dare la vita per gli amici; la chiesa, casa tra le case, continua la memoria del Signore regalando alle nuove generazioni il tesoro che lei stessa ha ricevuto. Emozionati, i ventisei bambini ricevono il corpo e il sangue del Signore e il piccolo dono della Comunità, il Vangelo con la dedica: Carissimo/a… leggi il Vangelo, incontra Gesù.

La Lettera |12| Giugno 2014


Signore Gesù, oggi ci hai invitato nella Tua casa e hai preparato la tavola per i nostri bambini e per tutti noi. Grazie per il dono dell’Eucarestia, è il segno più grande che ci vuoi bene e non ci hai lasciato orfani di Te. Noi, papà e mamme, Ti affidiamo i nostri figli, proteggili dai pericoli e rendili forti nelle difficoltà. Aiutali a crescere nell’amicizia e nel servizio. Resta nel loro cuore e, attraverso lo Spirito Santo che vi abita, mostra loro il Bene che possono compiere, perché sboccino nella primavera della vita come teneri fiori colorati del Tuo giardino. Amen.

La Lettera |13| Giugno 2014


La straordinaria bellezza della «Giorgio mi raccontò de la passeggiata fatta a febbraio e del “buon caffè” bevuto da “Mauro”, un bar di Palazzago. Per Giorgio il caffè non può che essere buono. AII’uscita dal bar fu sorpreso da uno spruzzo di fiocchi di neve. Rievocando quegli attimi mi disse: “Che cosa posso volere di più della vita! Gustare un buon caffè e camminare per strada, mentre i fiocchi di neve mi baciano il viso ... Questo è il paradiso!”». Così Ambrogio Amati, il giornalista che ha sciacquato in Arno la storia lunga 400 pagine di Giorgio Previtali, presenta il protagonista. Giorgio è l’uomo che ha vinto la gara più bella e impegnativa della vita. Classe 1958, perito elettrotecnico diplomato, fidanzato con Nicoletta, con un posto di lavoro alla Philco, appassionato di calcio, tifoso interista,guardava al futuro con speranza. Nel maggio del 1981 ,a 23 anni, durante la gara di un torneo aziendale, cominciò ad avvertire una insolita stanchezza; le gambe legnose e gli scatti lenti. C’era qualcosa che non andava. Erano i primi sintomi di un male che avrebbe presto rivelato il suo volto inquietante: sclerosi progressiva. I medici se lo presero in cura, quel ragazzo dal volto gioviale e sereno, ma non alimentarono in lui speranze illusorie. «Ora lo curiamo e dovrebbe stare un po’ meglio, ma fra dieci, quindici anni non si può escludere la sedia a rotelle». A dare forza alla speranza, fu la fidanzata. La diagnosi non la spaventò. Gli voleva bene. Era l’uomo della sua vita. Insieme decisero per il matrimonio. Negli anni che seguirono gli effetti della sclerosi multipla cominciarono a farsi sentire. Dapprima lentamente, poi in modo più vistoso e invalidante. Gli anni più critici tra il 1990 e il 1995. Fu un periodo durissimo, al limite delle possibilità. La malattia limitava di giorno in giorno il suo raggio di azione: ufficio di lavoro e casa, ma dalle scale doveva essere por-

tato su e giù dalla moglie e dai figli e doveva essere aiutato in alcune necessità quotidiane. Nel 1996 cessò di lavorare. Non ce la faceva più. Non voleva però arrendersi alla sedia a rotelle. Lottò per due anni. Temeva di non potersi alzare più da quella sedia. A malincuore dovette arrendersi. Ci resterà per dodici anni, fino al 2010, un tempo lungo, interminabile. Giorgio non muoveva le gambe e le braccia, li collo era rigido, sembrava come ingessato. La moglie lo lavava, lo vestiva e lo imboccava. Così ogni giorno. Giorgio non era in grado di compiere i normali e quotidiani atti della vita. Non riusciva nemmeno a schiacciare i tasti del telecomando per cambiare un canale della TV. Passava il tempo chiuso in casa. Ogni tanto in pizzeria, d’estate qualche settimana in vacanza, con le difficoltà fisiche e le tante complicazioni che facevano parte della sua quotidianità. Fu il 2005. Un giorno avvertì come un fremito nelle dita della mano destra. Gli pareva che la mano si stesse risvegliando da un sonno profondo. Non capiva se quell’impercettibile movimento era lui a comandarlo o se invece era un moto involontario. Poi avvertì che qualcosa si stava risvegliando anche nel braccio. E

La Lettera |14| Giugno 2014


della normalita’ La storia semplice, eppure eccezionale, di Giorgio Previtali gli venne desiderio di poter toccare gli spigoli’ del tavolo. Ogni giorno mille tentativi. Ogni giorno la linea di demarcazione tra la sua mano e l’obiettivo da raggiungere si spostava. Progressi lentissimi, tali da scoraggiare l’impresa. Ma Giorgio non mollò. Dopo sette lunghi mesi,oltre duecento giorni, segnò il primo goal di una partita che era solo all’inizio. Quel primo risultato fu l’inizio di nuove conquiste. Così si prefisse di riuscire, con le proprie mani, a toccare le ruote della carrozzina, per potersi muovere da solo. E quando anche questo risultato fu raggiunto, aumentarono le sollecitazioni della vita quotidiana. Un giorno Giorgio sul tavolo trovò un foglio bianco. Decise di provare a scrivere il suo nome. Cominciò a tracciare la lettera G, ma la mano scivolava giù. Gli pareva di scrivere come un bambino dell’asilo. Ci riprovò non una ma mille volte, con uno sforzo inimmaginabile perché è nella normalità. Il sudore gli rigava perfino la fronte. E quando un nuovo goal comparve sul tabellone della storia della sua vita cominciò a giocare con la forchetta per acquisire una minima autonomia nel mangiare. Giorgio non si dava obiettivi precisi. Si lascia semplicemente prendere per mano dalla quotidianità che lo stimolava a tentare nuove esperienze per riapprendere quel “movimento” che aveva come dimenticato per tanti anni. Nel 2009, per la prima volta, dopo tanti anni, eccolo di nuovo in piedi, nella palestra di Ponte S. Pietro. Gli sembrava di trovarsi sulla luna, tanto non era più abituato a stare ritto in verticale. Da allora i miglioramenti furono sensibili, a vista d’occhio. Sempre più di frequente si staccava dalla sedia a rotelle per muoversi da solo e vivere

la straordinaria bellezza della normalità. Giorgio racconta che il segreto della sua vittoria sta nell’affetto della famiglia: «Dalla mia famiglia mai una lamentela, vicinanza, cura e affetto sempre, solo qualche lacrima dentro la normalità di una quotidiana grossa fatica». Ma il peso si fa più lieve, quando chi porti sulle spalle è il marito o il padre. Ha poi trovato forza nella mente, sempre lucida, e soprattutto dal sereno del cielo della mia anima, nella fede respirata fin da piccolo e che lo ha allenato ad avere uno sguardo positivo su persone e cose: «È la quotidianità che mi fa conoscere qualcuno con cui poi nasce un rapporto, uno scambio di affetti e di preghiere che poi vivo molto intensamente. Sai cos’è un boomerang? Le preghiere che ho offerto e offro per gli altri nella vita mi sono “tornate indietro” come beneficio imprevisto. Il mio è stato un percorso spirituale individuale molto particolare. Non ho mai pregato per me. Mi sono piovute giù delle forze che sono state un grande dono. Senza questa storia sarei uguale a tanti altri, con i soliti pensieri quotidiani. Invece al mattino, quando mi alzo dal letto, allargo le braccia e ringrazio. So che cosa vuoi dire attendere la moglie che ti veste e ti mette di peso sulla sedia a rotelle. La normalità è per me una cosa molto speciale e la apprezzo come non avrei mai pensato». Giorgio continua la sua partita: «Ho in ballo un progetto nuovo: imparare a nuotare bene, e i risultati già li sto apprezzando. Devo dire solo grazie di tutto quello che sto vivendo in questo periodo, perché mi sembra di essere rinato una seconda volta e di essere come in un bel sogno».

La Lettera |15| Giugno 2014


Martedì, 3 giugno 2014: anniversario del pio transito di Papa Giovanni, il primo dopo la canonizzazione. Qualche ora prima della celebrazione a Sotto il Monte, con i Vescovi lombardi, presieduta dal Cardinal Scola, anche in San Pietro in Vaticano un folto gruppo di bergamaschi si è raccolto per ricordare Papa Giovanni in una messa presieduta dal Cardinale Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, alla quale ha partecipato una rappresentanza della nostra Comunità di Palazzago. Bontà, umiltà e pace sono la sintesi del messaggio di San Giovanni XXIII sulle quali ha insistito il Cardinale, rileggendole alla luce dello stretto legame con la famiglia e la comunità d’origine e proposte attraverso racconti della vita. Furono determinanti per tutta la sua esistenza. La morte ne allargò al mondo l’esperienza singolare, insieme alla straordinaria umiltà che tutti avvertirono, i vicini ma anche quanti si ritenevano o erano considerati lontani. Col cardinale Comastri hanno concelebrato cinquanta sacerdoti, molti di origine bergamasca e sei Presuli di cui tre Arcivescovi, che ne seguirono le orme come rappresentanti pontifici in Bulgaria e Turchia, e altri di rito maronita e bizantino. “Il cuore grande di Papa roncalli- dice Monsignor Maurizio Malvestiti, sottosegretario della Congregazione per le Chiese orientali - seppe donarsi in modo tanto significativo a quell’oriente, che tuttora è preoccupazione e speranza dell’umanità intera.”

Nella Messa si è pregato perché la docilità allo Spirito, che fu esemplare in Papa Giovanni, faccia di ciascuno uno strumento di pace, chiedendo a Dio che sulla faccia della terra le chiese, le religioni e tutte le nazioni vivano nella concordia e nella autentica libertà, nel rispetto vicendevole e nella solidarietà. Al termine, la piccola delegazione di Palazzago, con Giorgio Previtali, ha fatto dono al cardinale Comastri del libro dove è narrata la toccante fatica interiore e fisica per riconquistarsi la vita colpita dalla malattia. Il giorno dopo, nell’udienza del mercoledì in piazza San Pietro, oltre trecento bergamaschi hanno incontrato Papa Francesco. Un momento intensissimo di spiritualità e emozioni, durante il quale abbiamo per tre volte incrociato il passaggio e gli occhi del Papa; Giorgio e Nicoletta hanno anche potuto abbracciarlo e fargli dono del libro direttamente (anche questo grazie a Mons. Maurizio Malvestiti che ringraziamo di cuore). Ma torneremo su queste giornate romane sulla prossima Lettera, con foto e pensieri.

La Lettera |16| Giugno 2014


SAN GIUSEPPE: GIUSTo, CUSToDE E SILENzIoSo A don Lorenzo mancava di presiedere la festa di San Giuseppe a Precornelli, ed eccolo Domenica 16 marzo nella chiesa della frazione, addobbata a festa, dentro e fuori, con tante persone arrivate per l’occasione e la amica del Coro dell’Assunta di Bonate Sopra. In un clima familiare e sereno, ci ha tratteggiato la figura del Santo, proponendo la riflessione attorno a tre temi: Giuseppe è uomo giusto (la sua giustizia va oltre… non espone Maria alla lapidazione… e quando l’angelo gli appare in sogno la prende come sua sposa… esponendosi magari ai sorrisetti di qualcuno…), una caratteristica importante nel quadro biblico che ci fa capire come essere credenti e giusti voglia dire anche un po’ soffrire… “San Giuseppe viene presentato come “uomo giusto” (Mt 1,19), fedele alla legge di Dio, disponibile a compiere la sua volontà. Per questo entra nel mistero dell’Incarnazione dopo che un angelo del Signore, apparsogli in sogno, gli annuncia: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,2021). Abbandonato il pensiero di ripudiare in segreto Maria, egli la prende con sé, perché ora i suoi occhi vedono in lei l’opera di Dio” (Benedetto XVI, Angelus 19 dicembre 2010) Giuseppe è custode. Papa Francesco, nell’omelia di inizio pontificato sottolineava molto questa dimensione: Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà

totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù. Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio… Giuseppe è uomo del silenzio. “Il silenzio di Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19), e l’esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cfr Lc 2,51), ci fanno entrare nel mistero pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia. (Benedetto XVI, Angelus 30 dicembre 2012) <<Lasciamoci “contagiare” dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio…Coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita>> (Benedetto XVI, Angelus 18 dicembre 2005).

Suor Mariagrazia Rota Bulò ha ricordato il 25° di professione religiosa. Auguri!!!

La Lettera |17| Giugno 2014


ChI VA IN MISSIoNE NoN hA MAI UN PErChE’ MA SoLo UN PEr ChI di Monica Gherardi Anche alcuni ragazzi della nostra Comunità si son lasciati contagiare dall’entusiasmo, aprendo così la strada ad un appuntamento che vogliamo mettere in calendario sempre. Le parole del vescovo al Convegno diocesano <<Un viaggio speciale perché è un viaggio d’amore>>. Hanno partecipato 500 adulti e 1.400 bambini

Allenare nella vita piedi pronti a camminare, occhi limpidi e attenti e braccia generose e accoglienti: è l’augurio con cui si è aperta ieri la giornata centrale del 90° Convegno missionario. E’ l’invito che Claudia rota, ostetrica e volontaria del Centro missionario diocesano, ha rivolto, durante la meditazione biblica, ai circa 500 adulti presenti negli spazi dell’Istituto Palazzolo. In contemporanea, all’esterno, si svolgeva l’11° Convegno missionario ragazzi e piedi, occhi e braccia di 1.400 bambini e ragazzi annunciavano concretamente alla città che essere missionari è possibile. Una partecipazione che ogni anno si fa crescente e coinvolge moltissime parrocchie e gruppi missionari. Al mattino l’intervento di monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo di Reggio Calabria e membro della Commissione episcopale per l’Evangelizzazione, ha disegnato l’orizzonte di una Chiesa capace di uscire, di incontrare. <<L’evangelizzazione sia testimonianza, sia una memoria che si racconta, che ha a che fare con noi stessi. Il credente deve essere colui che racconta la memoria di Dio nella storia umana, che racconta la propria esperienza di fede>>. Nelle parole dell’arcivescovo anche i racconti di un Sud ferito e spesso disperato. << Bisogna entrare nel vivo dell’esperienza delle persone, ascoltare, accompagnare senza giudicare. L’accoglienza verso

tutti è il primo passo del evangelizzazione>>. Adulti e ragazzi alle 11 hanno formato un lunghissimo corteo, accompagnato delle esecuzioni musicali della banda, e hanno letteralmente invaso il Borgo San Leonardo e risalito via Sant’Alessandro, mentre la gente della città usciva dei bar e dai negozi, si aprivano le imposte delle finestre ancora chiuse, i più piccoli battevano le mani e le famiglie si fermavano ad ammirare quel passaggio festoso che ha raggiunto la basilica di Sant’Alessandro in Colonna. <<La città possa accorgersi che ci sono ragazzi missionari, vivi e felici>> ha detto ai ragazzi il vescovo Francesco Beschi, che ha presieduto la celebrazione nella basilica. All’offertorio i ragazzi hanno portato all’altare cinque grandi impronte di piedi a rappresentare i cinque continenti col le loro fatiche e le loro speranze. I ragazzi in mattinata avevano preparato una sorta di carta d’imbarco per il loro viaggio missionario. Anche al vescovo un piloto di linea in divisa ha consegnato una grande carta d’imbarco, chiedendogli di spiegare ai ragazzi perché tante persone partono per la missione. <<Non c’è un perché, ma un “per chi”. – ha risposto il vescovo -. I missionari sono partiti per e con Gesù, e hanno vissuto la meraviglia di arrivare in una terra e là incontrare Gesù. La missione è un viaggio speciale perché è un viaggio d’amore. Da oggi quello che fate, fatelo per Lui, con Lui e perché altri ragazzi possano incontrarlo. Se avete qualcosa di grande da portare, Gesù vi mette le ali ai piedi>>. In chiesa è risuonato forte per tre volte la risposta di tutti <<Ci sto!>> all’invito a essere un cristiano impegnato, a vivere quotidianamente la preghiera e ad offrire ogni giorno un gesto d’amore. Prima di concludere la celebrazione il vescovo ha consegnato il crocifisso a sei giovani che all’inizio di aprile partiranno come missionari laici in Bolivia. Il convegno è proseguito nel pomeriggio. I ragazzi hanno partecipato a laboratori di animazione in cui hanno sperimentato nel gioco le caratteristiche della missione.

La Lettera |18| Giugno 2014


Libri, foto, quadri, statue…raffiguranti Papa Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati portati nella Domenica della Canonizzazione (27 aprile 2014) e disposti all’altare della Santa Croce nella chiesa parrocchiale, dove abbiamo collocato i ritratti dei due papi e le loro reliquie, giunte da Roma e da Bergamo. E’ stata anche esposta la pianeta in saglia dorata con il completo per la messa (copricalice e borsa tabernacolo) inviate a Palazzago da Giovanni XXIII nel 1961. Questi segni vogliono essere di stimolo a seguire la strada percorsa dai due nuovi santi. Ci accompagnano qui le parole di papa Francesco scritte a L’Eco di Bergamo e quelle del Vescovo Francesco a conclusione della festa. In Piazza San Pietro c’erano anche alcuni della nostra Comunità. Ai tre seminaristi –Davide, Leonardo e raffaele- abbiamo chiesto alcune impressioni.

La Lettera |19| Giugno 2014


ngelo. Il rinnova a V l e d a sc e fr ua ticano attingere l’acq ecumenico Va o li ci n o C l a d le mento voluto amaschi, a gioia specia n rg o u e b rn è i io d ic g e m , il a a d si ri o a C vvenerto la stra avvicinand apa Roncalli a XIII, II ha ap P X i i d n n e n va o io zi G za canoniz Paolo II, zione del beato eato Giovanni luto al che la b l sa e o d st a e ll della canonizza u e q u q re a a suo siderio di invi ato avanti nel - ga assieme li rt o re p i a a h , ti to o n e rd ho sentito il de m sace rinnova Francesco, ai cesi che tale io D a ll e d i vostro Vescovo to. ic la à lungo pontifica età civile potr giose, ai fedeli li ci rre a so p e p ll la a a n e e o ch si n n io e a g ro ch Pa p a rto che a anche a colo dalla vita del vile Sono ce e ci n o à it zi n a u ir p m di Bergamo, m is co re , sa e all’intera sempre trova lo ha generato ie h e C ch a ll te a n o ie n b o m g ten o e dall’a mpi d adatte ai te a bergamasc e h o ve o sc u ce n n a tà li Fr bergamasca. a pa i valori ando mod lettera che Pa nza basata su i dalla ricerc ve rn vi n io g co Inizia così la e a u n d u a i rietà. r edificare i bergamasch à e della solida nni XXIII: pe it va rn io te scritto a tutti G a i fr d a e ll e n ssagd o nonizzazi questo mio me mio perenni o o id st ff e a u , q e ll cerimonia di ca re ce so ne sacerfratelli e gue il pontefi il giova- Cari o, di cui il giova i m a cu i rg «Affido - prose d e , B o i d m a o aboEco di Berg apprezzato coll ato gio a L’Ec zz fu i re ll p p ca a n o fu R messaggio a L’ i ll lo ca lontano, dote don Ange on Angelo Ron istero lo portò in m il i o ne sacerdote D p o d n a o la agine del L’Ec a ratore. Qu p p a e P ll a d ve ri re sc p collaboratore. m nore do di vette se graziare il Sig a terra. Vi chie ntità egli rice su sa a a ll e su d la o Vi invito a rin e m ch ia o voce e il rich il grande dono ro il mio ricord r u e g ic p ra ss a o co li e g in tr o n vi e rg e e B ale, per i per me, m Chiesa univers ale pregare i, in particolare u q vo l i e n tt o tu n r e è stata per la e rr p te l reghiera o l’ospela memoria de fonda e la p lati - ricordand a ro p m i m d a o gio a custodire li tt g r fa e o p apa n sofferenti, ata: un terre to dedicare a P re lu ve o vo p te e li ve ig a m e essa è germin di fa , tanto ttadino ch el quotidiano, ario diocesano unità dale ci in m m co Se i d il , fede vissuta n r e re p o n ae Giovanni , nelle feste p ’amore del Sig o ll vi a d in i e tt it n tu . u A tà a . ci m mpli l suo cuore ivisione nella se uove caro a n postolica e , to ia capaci di cond b m Benedizione A o è ca la d , n li o a u m sq il ra o u ll della com Certo, da a 014 er la missione p e id sf no, 25 aprile 2 ale ca ir e p ti a ch is V ò u p à it sono an d ’ere Tuttavia, quell a vivere la nità cristiana. iesa chiamata h C a n u i g g o , ad re ancora i evangelizzare d ia io g te n a i u o m o, dolce e confort mmino di ogn ca l e d a n g a p ono essere com uale tutti poss q a ll a » io g g a ll «fontana del vi

La Lettera |20| Giugno 2014


Caro Papa Francesco, tanto grande è la gioia alcondivisione nella semplicità”. trettanto la riconoscenza. Ben Desidero sappia che ediciamo il Signore questo terreno esiste ancora; ancora è per il dono della santità di Pap il grembo di a Giovanni XXIII e di una fed e che si incarna nel quotidiano, Papa Giovanni Paolo II. La pro di famiglie clamazione di questo buone e generose, di gente disposta alla dono davanti alla Chiesa e al mo generosità ndo alimenta la spe- concreta, senza esibizioni. Ma desidero ranza che scaturisce dal Vangelo che sappia e da coloro che lo anche del nostro impegno a fare del gra testimoniano in modo luminoso; nde dono nello stesso tempo della Canon izzazione di Papa Giovanni un mo ci sprona a ricercare, appassiona tivo intamente e con inti- teriore di un rinnovato e convinto slancio ma gioia, di raccogliere la sem per alimeninagione di Vangelo tare qu elle esperienze che riteniamo che avviene attraverso i suoi tes un a ricc hezza timoni e di coltivare della nos tra storia. quanto è stato seminato nella vita di ciascuno di noi, Il secondo invito è ad accogliere il cambia nella sua specifica vocazione e mento e le missione e nella vita provocazi oni che comporta per chi vuol essere di tutte le nostre comunità. fedele al Vangelo. Papa Giovanni è sta Gioia e riconoscenza desideriamo to cap ace di riconocoralmente espri- scere e cor rispondere ai “segni dei tempi” merle a Lei, caro Papa France . Questo è sco, come comunità il compit o che sentiamo di dover adem bergamasca. Con grande e del piere senza icata amorevolezza, pigrizia anche noi, oggi. Solo così pot Lei ha voluto rivolgerci un me rem o essere ssaggio particolare, una Chies a che offrendo e testimoniando che attraverso il nostro quotidia il Vangelo, no locale, profon- si fa “comp agna del cammino di ogni uom damente radicato nella vita del o e fonla nostra comunità tana del villaggio alla quale tutti posson ed espressione della vitalità sec o attingere olare della diocesi di l’acqua fresca del Vangelo”stesso. Bergamo, ha raggiunto tutti. Co n parole che vengo- Il terzo inv ito che raccogliamo è quello di no dal suo grande cuore, Lei ha continuare fatto brillare ai nostri a cammin are con convinzione lungo la strad occhi in modo ancor più lumino a tracso, il grande esempio ciata da l Concilio. E’ una strada di rin e la preziosa eredità del Papa, na nov amento to, cresciuto, vissu- della vita della Chiesa e di ogni cristiano, to nella nostra terra e nella nos perché la tra Chiesa diocesana fedeltà non sia uno sguardo rivolto all’ che ha tanto amato. indietro, ma piu tt ost o il desiderio e la responsabilità Ci ha consegnato alcuni tratti di incarnare della sua santità che il messa ggio evangelico nelle condizion ciascuno di noi e noi insieme i e nell’orizvogliamo ridisegnare zonte del mondo in cui stiamo vivendo. nelle nostre esistenze. Già nell’in contro avvenuto in Infine l’in vito a tutta la società bergamasca occasione del Pellegrinaggio dio , a persecesano in occasio- guire i val ori della fraternità e della solida ne del 50^anniversario della sua rietà che morte, Lei ci aveva in manie ra profonda e forte ne hanno dis offerto indicazioni spirituali ed egn ato una ecclesiali da seguire fisionom ia che possiamo continuament alla luce della testimonianza del e rigenerare Santo Papa: in par- se li pon iamo come tratti indiscutibili e ticolare, rifacendosi al suo mo impegnativi tto “Oboedientia et della nos tra convivenza civile. Pax”, ci aveva invitato ad una rice rca personale e co- Caro Pap a Francesco, lei ci sorprende ogn munitaria della volontà di Dio i giorno. e alla sua attuazione Anche il suo messaggio particolare è sta coraggiosa e fiduciosa. Da quest ta una sora obbedienza della presa che non solo ci rallegra, ma incita fede scaturirà sempre il dono il nostro della pace: un dono cammin o. La ringraziamo per il ricordo da coltivare e custodire nelle nos che in nome tre famiglie, nelle di Papa Gio vanni ha rivolto a L’Eco di Berga nostre parrocchie, nei nostri pa mo, all’ecesi e città e in tutte le cellente Ospedale, così caro alla nostra relazioni personali e sociali. comunità, al Seminario ancora vivace e ci au Caro Papa Francesco, nel messa guriamo arricchito di ggio di questi giorni, giovani orientati al sacerdozio. Raccoglia mentre condivide la nostra gioia, mo con tutlei ci affida un’ere- to il cuore e con rinnovata riconoscenza il dità che è per tutte le donne e gli suo invito uomini del mondo, a pregare per Lei e ancora chiediamo con ma che desidera abbia una pa fede la sua rticolare accoglienza Benedi zione Apostolica. nel popolo di questa terra. Il primo invito è a custodire la me Bergamo, 27 aprile 2014 moria del terreno nel quale essa è germinata: “un ter reno fatto di profonda fede vissuta nel quotidiano, di famiglia povere, ma unite dall’amore del Signore, di comunità capaci di La Lettera |21| Giugno 2014


Dal 24 al 27 Aprile di quest’anno, tutto il nostro Seminario di Bergamo si è recato a Roma in occasione della canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II. Ogni comunità del Seminario (Medie, Biennio, Triennio, Teologia) ha seguito un itinerario specifico nei giorni precedenti alla Domenica vivendo anche un momento di gita scolastica. Per quanto riguarda la mia di comunità, il biennio, abbiamo avuto il piacere di visitare la zona più ai confini di Roma, quella dei castelli romani, raggiungendo le città di Sutri, Nemi e di Frascati. Ora, non vi farò la cronaca dettagliata di tutti i luoghi che abbiamo visitato (anche perché se no il mio intervento durerebbe un’eternità) ma, indicativamente, le tappe più importanti sono state: Il museo delle navi romane a Nemi, dove vi erano modelli in scala di due grosse navi romane le quali originali furono perdute in un incendio negli anni ’90; La necropoli etrusca, una vera e propria “città dei morti” con tanto di tumuli e tombe decorate; Le catacombe di S. Sebastiano, luogo dove i primi cristiani pregavano i loro morti; La via Appia antica, che abbiamo percorso quasi tutta per arrivare fino al santuario del Divino Amore nel quale abbiamo potuto celebrare la Messa. Il momento centrale, però, di tutta la “gita” era proprio quello di Domenica, la canonizzazione dei due papi. Il gran giorno ci svegliammo di buon ora a Sutri (erano circa le 5:30) per poi riuscire a prendere il treno e ad arrivare in Vaticano alle 7:35. Quei cinque minuti di ritardo furono fatali: infatti dovevamo esser lì entro le 7:30 per occupare i posti nel coro ma, ahimè, fummo in ritardo. Tuttavia un vescovo/cardinale gentilissimo di cui non ricordo il nome ci riuscì a rimediare dei posti proprio sotto la foto di Giovanni Paolo II assieme ai rappresentanti delle varie religioni. Era curioso assistere alla Messa circondati da persone così tanto diverse le une dalle altre: chi parlava inglese, chi tedesco, chi polacco, chi italiano (e poi le vesti! Alcune erano davvero strane a vedersi). Comunque, avemmo la fortuna di assistere a tutta la celebrazione a un passo da Papa Francesco. E’ stata un’esperienza memorabile, è stato poi molto bello e impressionante ammirare anche tutta piazza S. Pietro gremita di persone (polacchi soprattutto). Nell’insieme la gita in sé mi è davvero piaciuta, considerando che era la mia prima volta a Roma e la parte più divertente penso sia stata il verificare un po’ quello che avevo studiato in questi mesi di storia romana sul campo. Leonardo Serban Il 27 Aprile c’è stata la canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II. E’ stato bello essere presenti in Piazza S.Pietro per la celebrazione della S. Messa ed era strano e allo stesso tempo unico vedere due Papi (Papa Francesco e Papa Benedetto XVI) che canonizzano altri due Papi. E’ ancora bello pensare di essere stato lì, a Roma in quel momento così importante. Raffaele Ogni fatto storico è unico e irripetibile. Alcuni eventi restano indelebili nella storia degli uomini. Ecco la considerazione fondamentale di ciò che è accaduto domenica 27 aprile in piazza S. Pietro a Roma. La “domenica dei quattro papi” è stata definita, grande festa non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero. È stata davvero un’emozione grande esserci, partecipare a un evento di fede così unico, assistere alla canonizzazione di due uomini e pastori che hanno dato speranza al mondo del loro tempo, insieme con altri due uomini (Francesco e Benedetto XVI) che continuano a servire il popolo di Dio nella carità. “Roma impraticabile, come mai visto nelle mie visite precedenti, ma unica” rispondevo a chi chiedeva del pellegrinaggio. Storie di tante persone che si sono incrociate per un unico evento, nonostante le divisioni linguistiche e culturali. Accomunati dalla gioia di essere fratelli nella fede, bello e gioioso lo scambio di saluti tra due terre diverse: quella polacca e quella bergamasca (son testimoni diretti i ragazzi delle medie del Seminario, che hanno scambiato oggetti con delle signore polacche). L’emozione di essere lì segna il corso della tua storia incrociata da tante storie diverse che guardano alla santità di due uomini. Evento unico che come si dice di solito non si scorderà più. Davide La Lettera |22| Giugno 2014


MADoNNA ADDoLorATA Insieme all’immagine della Madonna Addolorata di scuola fantoniana (1700) venerata nella nostra Parrocchia, abbiamo in questa pagina anche un quadro di Giovanni Bellini, Pietà (o Cristo morto sorretto da Maria e Giovanni, 1465-1470) della Pinacoteca di Brera, Milano. Il motivo? Don Giampaolo Tironi, Direttore dell’ISSA e dei preti dei primi quindici anni di messa, ha snodato la riflessione dell’Addolorata, dopo la processione, facendo dialogare la Parola di Dio con questa suggestiva immagine. Al grazie a lui, uniamo anche quello a don Luca Della Giovanna che nelle celebrazioni del mattino ci ha proposto le riflessioni sulla fede, speranza e carità, partendo dalla Prima Lettera di Pietro, quella che po-

tremmo definire la prima enciclica della chiesa. In essa l’apostolo invita i cristiani a ricordarsi chi sono e da dove nascono e il motivo per cui esistono: “per una speranza viva, per una eredità incorruttibile che non si macchia e non marcisce”. Pietro poi elenca quattro realtà su cui fondare la vita, introducendole con il COME: • come figli obbedienti • come agnelli • come fratelli • come pietre vive. Si è protagonisti della fede, ma a partire dalla pietra viva. Questo dà la possibilità di affrontare anche “l’incendio di persecuzione scoppiato” sapendo di partecipare alle sofferenze del Cristo. Gesù non è scappato, Gesù non ha usato violenza, Gesù non è venuto meno nella fiducia. Sì, come Gesù e Maria, l’Addolorata, il cristiano è chiamato ad essere profeta nel dolore, testimone di un amore ferito, offerto fino in fondo, testimone di speranza. Pietra viva.

INNAMorATA, VEDoVA E SPoSA di don Giampaolo Tironi Il brano di vangelo che abbiamo ascoltato questa sera in cui stiamo celebrando la memoria dell’Addolorata è stato quello di Gv 19,25-27; quello in cui Gesù dalla croce consegna Maria, la Madre, al discepolo amato. Nel v. 27 troviamo scritto: da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Gli esegeti ci spiegano che quell’espressione con sé può essere tradotta più letteralmente con: l’accolse tra le sue cose. Dobbiamo intendere, spiegano sempre gli studiosi, che le cose di cui si parla sono le cose essenziali per la vita, quelle da cui non ci si allontana mai. Dunque Maria, e Maria sotto la croce, è una di quelle realtà che un discepolo di Gesù che vuole rimanere fedele alla pro-

La Lettera |23| Giugno 2014


pria chiamata non può lasciare, non può abbandonare. Pena il suo mancare di fedeltà al discepolato. Se leggiamo il contesto degli ultimi brani del vangelo di Giovanni ci rendiamo conto che le cose che il Signore Gesù lascia come un’eredità da non perdere non sono molte: il comandamento dell’amore, il Paraclito - e cioè lo Spirito Santo e appunto lei, Maria. Dunque la celebrazione che stiamo vivendo ci porta a qualcosa di essenziale della nostra fede e del nostro stare con il Signore Gesù. Poiché è posta proprio negli ultimi giorni prima della celebrazione della Grande Settimana, la Settimana Santa, ci aiuta ad entrare in essa con una compagnia necessaria, la compagnia di Maria. Chiediamo dunque a Maria di esserci compagna di viaggio, riproponiamoci di rimanere legati a lei, di tenercela stretta in modo di avere lo sguardo giusto, quello che ci permette di comprendere la misura dell’amore che Gesù ci mostra proprio nella sua passione, morte e risurrezione. Don Giuseppe, il vostro parroco, mi ha spiegato che il vostro cammino di comunità in questo anno pastorale è caratterizzato da un’attenzione speciale all’essere Chiesa. Avete scelto di rileggere le lettere alle sette chiese che si trovano all’inizio del libro dell’Apocalisse e confrontarvi con esse per cercare un modo più autentico di essere comunità del Signore, Chiesa secondo la sua volontà. Proprio questo mi ha fatto pensare a come è suggestivo e stimolante pensare proprio a Maria come una delle realtà essenziali della nostra sequela e come potremmo guardare a lei per riconoscere in lei un’immagine della Chiesa. Pochi giorni fa, in compagnia di un amico prete, ho potuto visitare una mostra allestita alla Pinacoteca di Brera a Milano e organizzata attorno a un bellissimo dipinto di un pittore veneziano del rinascimento, Giovanni Bellini, che raffigura una Pietà. L’opera è datata attorno al 1475 e raffigura Gesù con gli occhi chiusi, un pallore diffuso in tutto il corpo e ancora tra i capelli la corona di spine, ma ritto in piedi dentro un sepolcro di marmo. Il

suo corpo può stare in quella posizione perché è retto da Maria che appoggia teneramente la sua guancia a quella del figlio e da Giovanni, il discepolo amato, che apre la bocca come a esprimere il suo dolore e guarda dalla parte dove Gesù non c’è; ma dove potrebbe esserci qualcun altro, magari noi che guardiamo il dipinto e che siamo come ‘tirati dentro’ proprio da quello sguardo e dalla sua espressione di dolore che sembra cercare un aiuto. L’immagine di Maria è struggente. Da essa possiamo cogliere alcuni particolari che ci aiutano a riflettere, a pregare e a far sì che il nostro accogliere Maria tra le nostre cose ci porti a crescere nella fede in Lui. Maria è mostrata in un guancia-a-guancia che ci fa pensare a lei come all’innamorata di Gesù. Sì, ci fa venire alla mente alcuni passaggi del Cantico dei Cantici dove l’amata parla del suo fidanzato e dice: Io sono del mio amato e il mio amato è mio (Ct 6,3). Possiamo proprio pensare che Maria sia stata innamorata di Gesù? Sì, e non si tratta di un’affermazione esageratamente “romantica”. Possiamo pensare che Maria sia stata innamorata di Gesù come una madre si innamora di suo figlio, quel figlio che le occupa il cuore e al mente, che le chiede tutte le forze e le energie. Ce la immaginiamo guardare e contemplare il suo bambino, “stravedere” per lui, abbracciarlo e coccolarlo. Gli antichi greci dicevano che l’innamoramento è come un impazzimento, un diventare pazzi, perché è come vedere in una realtà, in una persona che ha anche dei limiti - il tutto. ogni amore umano in effetti deve fare i conti con il fatto che l’altro - che sia il figlio, oppure il marito o la moglie- non è tutto e non può tutto. Ma l’amore per Gesù è proprio ciò che coglie nel suo senso più profondo quel senso di impazzimento che l’amore mostra e che i greci un po’ irridevano: nel piccolo Gesù, in quel piccolo frammento di umanità, in quel piccolo cucciolo d’uomo c’era e c’è davvero il Tutto! L’immagine di Maria innamorata di Gesù può portarci a pregare per una Chiesa davvero innamorata del suo Signore, per una comunità - la vostra - fatta di persone che riconoscono per davvero che Gesù è il loro Tutto. Preghiamo stasera insieme perché la nostra comunità sia innamorata di Gesù, della sua umanità: innamorata di Lui che amava la vita e sapeva cogliere ogni cosa ed ogni creatura come un dono del Padre; innamorata di Lui che sapeva accostare ogni uomo con smisurata misericordia, senza farlo sentire giudicato; innamorata delle sue parole di amore ad oltranza, perfino di amore per il nemico, parole che Lui per primo metterà in pratica proprio nella sua passione; innamorata della Scrittura che fa riecheggia-

La Lettera |24| Giugno 2014


re la sua vita e le sue azioni quando la leggiamo insieme e innamorata dell’Eucaristia, sacramento della sua presenza nell’oggi. Nel dipinto di Giovanni Bellini, Maria è presentata in un modo che ci può infastidire e far interrogare: è vestita da vedova. Sì, Maria, proprio in quanto l’Addolorata, è come vedova di Gesù! Glielo hanno portato via. Ella non è riuscita e non ha potuto tenerlo con sé. È vero che Gesù già da ragazzo le aveva detto di non essere suo. Le aveva ricordato che le sarebbe stato sempre un po’ più avanti nel cammino, dentro, così potremmo dire, un’altra dimensione, quella data da una relazione ancora più originaria e fondante per Lui, la relazione con il Padre. Proprio durante la processione che abbiamo da poco terminato abbiamo ricordato alcuni di quelli che una buona tradizione ci consegna come i Sette dolori della Madonna, e tra questi proprio quello del ritrovamento di Gesù nel tempio, quando Egli dice a sua madre di essere nelle cose del Padre suo (cfr Lc 3,59). Ora però Gesù è proprio morto. È davvero in un’altra dimensione... Cosa significa che Maria è vedova di Gesù? In che senso possiamo assumere questa immagine? Nel senso che ella non può guidare la vita di Gesù, nel senso che anche lei è chiamata a seguirlo anche dove non avrebbe voluto. Nel senso che Maria ha dovuto imparare a lasciare spazio a Gesù così come Lui ha voluto essere; uno spazio di mistero, il mistero della sua libertà, del suo volere morire per amore nostro, del suo rivelarci l’amore di Dio suo Padre, salendo sullo strumento di morte più orribile, segno incomprensibile per noi uomini: la croce. E stasera ci potrebbe far bene pregare perché possiamo anche noi vivere con intensità il giorno meno compreso della Settimana Santa e cioè il Sabato Santo, il giorno in cui Maria è vedova di Gesù, il giorno in cui tutti i discepoli diventano ‘vedovi’ del Signore. Pregare per questo significa chiedere di essere una Chiesa che è innamorata di Gesù ma non pensa di conoscerlo a tal punto da non avere più nulla da imparare da Lui, da pensare di non essere da Lui sorpresa e messa alla prova. Una Chiesa vedova di Gesù è una Chiesa che sa affermare che Dio rimane il Mistero per eccellenza e che lo si può comprendere solo se lo si accoglie proprio quando Egli compie ciò che noi non immagineremmo mai. A volte rischiamo di parlare di Dio con una tale convinzione che sembriamo degli ‘specialisti’ di Lui. Non è così che siamo discepoli, non è così che lo testimoniamo. Così lo trasformiamo in idee nostre, in concetti che ci danno sicurezza: ma così non saremmo più al servizio del suo essere sempre oltre i nostri desideri, oltre le nostre misure

umane; del suo essere il Trascendente. Infine, questa sera, possiamo contemplare Maria come sposa. Sì, come sposa serena; sposa che ha vissuto la prova dell’amore e ha imparato la fedeltà. Una fedeltà che è una vita che si lega sempre più profondamente a Colui che ha scelto e da cui è stata scelta, una fedeltà che, proprio perché tale, è virtù che si gioca nella quotidianità. Per questo, potremmo stasera pregare perché la nostra comunità sia capace di mostrare nel quotidiano il suo legame con Gesù, perché sia capace di trasmettere agli uomini che è possibile vivere le cose di ogni giorno come la vita in famiglia, con gli amici e nel proprio paese; il lavoro e la festa; l’impegno del prendersi cura dei malati e dei più poveri; il costruire una società migliore; tutto questo con fede; e cioè con la capacità di “mettere dentro” ogni azione un po’ di amore, quello che viene da Gesù. Termino facendovi notare uno stravolgimento delle cose di natura: ho parlato di Maria come innamorata, vedova e sposa e così ho invitato a pregare per una Chiesa innamorata, vedova e sposa. Su questa terra noi vediamo che una donna prima si innamora, poi diventa sposa e, semmai solo dopo, rimane vedova. Ma la pasqua di Gesù scambia gli ultimi due passaggi del processo: l’esperienza della vedovanza da Gesù, e cioè l’esperienza della prova e del mistero non è quella definitiva. Quella compiuta è quella della sposa. Proprio l’Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, termina con l’immagine della Chiesa/sposa che, con lo Spirito, dice allo sposo/Gesù: Vieni!. Ed Egli risponde: Sì, vengo presto! (cfr Ap 22,17.20). La Chiesa è, a immagine di Maria, la comunità di uomini e donne discepoli di Gesù che lo invocano perché la grande storia del mondo trovi il suo compimento in un incontro di amore che dà senso e risana ogni piccola storia che lì si è consumata. Dio ci doni di diventare sempre più Chiesa che invoca e attende fiduciosa la sua venuta che salva!

La Lettera |25| Giugno 2014


La Lettera |26| Giugno 2014


“Beato chi legge, beati coloro che ascoltano…” Ap 1,3 Abbiamo letto in Comunità le sette lettere che l’Apocalisse invia all’Angelo delle chiese dell’Asia minore: Efeso, Filadelfia, Tiatira, Pergamo, Smirne, Sardi e Laodicea. Le abbiamo approfondite nella predicazione e negli incontri-nelle frazioni il pomeriggio e nel coro della chiesa parrocchiale la sera- guidati da don Maurizio Rota. I ragazzi le hanno raccolte in un portalettere e alcuni artisti le hanno interpretate con tecniche miste su tavola. Le ritroviamo, stampate su ampi tessuti, nella processione del Patrono che riassume e significa il cammino dell’anno pastorale. Ne abbiamo uno sguardo unitario nel cammino di fede che è la visita alle sette chiese del 2 giugno, in attesa dell’ottava lettera, quella all’Angelo della chiesa di Palazzago, che sarà la guida dell’anno pastorale 2014-2015. In diverse occasioni abbiamo attinto al libro dell’Apocalisse, in particolare nell’adorazione del giovedì santo, contemplando la Gerusalemme celeste e nella conclusione della Via Crucis del venerdì santo. Uno dei primi libri usciti all’indomani dell’elezione di Papa Francesco riporta le riflessioni che l’allora Cardinale aveva fatto in diversi ritiri; una delle quattro parti presenta il commento alle sette lettere dell’Apocalisse. Anche nella Evangelii Gaudium (dato a Roma, presso San Pietro, alla chiusura dell’Anno della fede, il 24 novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell’Universo, dell’anno 2013, primo del Pontificato) il Papa fa riferimento alla Gerusalemme celeste così: 71. La nuova Gerusalemme, la Città santa (cfr Ap 21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso. Una delle curiosità suscitate da un primo approccio telematico cliccando Palazzago ed entrando in Wikipedia è dato dalla “cappella del Diavolo”. Così si legge: “Molto importante è la chiesa di San Giovanni Battista, costruita a partire dal XV secolo e che si caratterizza per la sua imponenza. Tra i dipinti, la splendida pala dell’Assunta, eseguita da Giovan Battista Moroni e altre tele di Abramo Spinelli e Giovanni Scaramuzza. Decisamente da segnalare è la cosiddetta “cappella del diavolo”, estremamente suggestiva, sul cui soffitto è rappresentato appunto Satana.” Che sarà mai? L’arcano è presto svelato, guardando la volta della “chiesina” a sinistra della parrocchiale, su cui è dipinta la Donna dell’Apocalisse (o Immacolata Concezione). Ai piedi di Maria troviamo un drago che spira fuoco e che, nell’immaginario collettivo dei ragazzi che si preparavano alla confessione sotto tale spettacolo, poteva rapirti da un momento all’altro se non dicevi tutto. Passati i tempi della paura rimane la suggestiva interpretazione di ciò che l’Apocalisse (12, 1-4) dice: “Poi apparve nel cielo un gran segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e i dolori del parto. Nel cielo apparve anche un altro segno: un gran dragone rosso che aveva sette teste e dieci corna, e sulle sue teste vi erano sette diademi. La sua coda trascinava dietro a sé la terza parte delle stelle del cielo e le gettò sulla terra; poi il dragone si fermò davanti alla donna che stava per partorire, per divorare suo figlio quando lo avesse partorito.” La Lettera |27| Giugno 2014


PROEMIO

ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI EFESO SCRIVI...

Emilio Belotti, Acrilico e grafite su carta e legno

Federico Rocchi, Tecnica mista su tavola

Invito ad entrare. In profondità. A togliere il velo perché sia Apocalisse, Rivelazione. Di Lui, Alfa e grande O – Omega della storia. Una storia fatta di luci e ombre ma sempre abitata dall’uno, simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto con una fascia d’oro...

L’amore dell’origine, fuoco che brucia. Ora contorno e cornice ad una chiesa avvolta dal manto dell’abitudine. Oro - nel fasto della città- da passare nel crogiuolo di “colui che regge le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri”. Efeso “lumen asiae” ricorda, convertiti, ritorna, perché sia ancora amore; costanza, fatica, decisione perché sia ancora il primo amore.

Quella porta in cui tu sei invitato ad entrare è la stessa dalla quale esce Lui per una parola di verità alla Chiesa – sette stelle e sette candelabri – . Sarà una parola – spada, una parola – sole, una parola – fiammeggiante. Sarà una Parola da... vedere.

Il tuo candelabro non sarà rimosso: splenderà con l’albero della vita. In mezzo al giardino

La Lettera |28| Giugno 2014


ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI SMIRNE SCRIVI...

ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI PERGAMO SCRIVI...

Belotti Elena Graziella, Olio su tavola

Guglielmo Clivati, Tempera su legno

Freme una battaglia: il Giardino degli inizi, l’ordine della creazione è attanagliato dal male. Lo vedi? Sta entrando prepotentemente in scena per stringere nella sua morsa la città e vincere sul bene. Chi potrà resistere? Chi non si lascerà guardare dall’occhio che gronda sangue? Chi potrà uscire vittorioso dalla grande tribolazione dei dieci giorni? Chi sfuggirà alla seconda morte?

Si parte da lì in basso, dalla pietruzza bianca promessa, quasi un ritorno nel grembo, gestazione di una scelta non facile: a Pergamo “Satana ha il suo trono”. Come si fa a non lasciarsi afferrare? E’ qualcosa che si impone: è più di una culla, è una voragine che ingoia la fedeltà di una comunità.

“Non temere”, Smirne! E non temere, uomo di sempre! All’orizzonte, quasi astri nascenti, l’occhio del “primo e ultimo”, di “colui che era morto ed è tornato a vivere” e, perle incastonate nel volto, gli occhi della donna vestita di sole. “Non temere”, Smirne! E non temere, fedele di sempre!

Idoli, pregiudizi, chiusure, egoismi... Paradigma di ogni tempo nel quale si fatica ad accogliere la luce. Eppure all’orizzonte già brilla: termine fisso di ogni ricerca, traguardo ad ogni tentazione superata, regalo per ogni uomo che lotta. “Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo...”. Che sia il mio nome, quello? Ma anche il nome in cui, solo, c’è salvezza: Gesù di Nazareth. “Tu tieni saldo il mio nome”.

La Lettera |29| Giugno 2014


ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI TIATIRA SCRIVI...

ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI SARDI SCRIVI...

Vincenzo Rocchi, Olio su tavola preparata

Belotti Marilisa, Tecnica Mista su tavola

Una chiesa viva: Opere, carità, fede, servizio, costanza. Ma... “ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabele la donna che si spaccia per profetessa...”. E lei è lì, a prendere forma nel groviglio di stoffe, ricami e colori: il letto delle sue prostituzioni. Da lì il suo sguardo invita, interroga e seduce anche te.

Un resto. Un piccolo resto che non ha macchiato le vesti. Ciò che è promessa - “Il vincitore sarà vestito di bianche vesti” – è qui già realizzato. E soprattutto Lui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle, realizza la promessa. Nella notte Irrompe con il legno, misura di ogni uomo e di ogni comunità che non si accontenta di sopravvivere ma vuole vivere in pienezza.

Tiatira continuerà ad essere una chiesa viva se saprà lasciarsi sedurre da un’altro sguardo: da colui che scruta i reni e il cuore – affetti e pensieri – e darà la stella del mattino. Una chiesa viva che non lascia fare a Iezabele, ma si lascia fare: da Lui.

A Sardi, l’attivismo maschera il vuoto: ma a Lui nulla è nascosto perché Egli scruta il cuore. Il suo sguardo di Sposo intravede una debole vitalità: si parte da lì, per rendere saldo l’amore. Nel libro della vita c’è ancora posto!

La Lettera |30| Giugno 2014


ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI FILADELFIA SCRIVI...

ALL’ANGELO DELLA CHIESA DI LAODICEA SCRIVI...

Mino Marra, Tempera su tavola

Pino Viscusi, Tecnica Mista su Legno

Uno squarcio, una porta il mistero si è fatto storia: “La forza della tua destra mi sostiene”. Una città, piccola ma fedele: Filadelfia o Gerusalemme nuova? Filadelfia e Gerusalemme ogni città che custodisce la parola con perseveranza. Linee e colori: originalità e apertura per una risposta che si rinnova ogni giorno: non è questa “fedeltà”? Una colonna nel tempio vivo: l’uomo custodito dal suo Dio, fondamento della famiglia umana. Un angelo catapultato sulla terra: una parola per te: ecco la chiave della storia.

Un arco ti introduce a Laodicea: parole piene di luce perché giungono dalla luce. Laodicea: l’ultima lettera. Ultima perché arriva dopo sei. Ma ultima anche perché sintesi di tutte. E quindi mai solamente ultima. Anche oggi è Laodicea: se ti basta vivacchiare, se ti basta la scorza esteriore, se non ami più. Anche oggi è Laodicea: se pensi di vederci bene con i tuoi soli occhi, se le tue cose ti chiudono in una torre, se pensi di salvarti da solo. Lettere: quelle alle chiese. Lettere: per un alfabeto di libertà. Riunisci le lettere sparse, con il filo dorato dello Spirito che parla alle chiese. Troverai il desiderio di Dio: Incontrarti per fare festa.

Ecco la chiave della tua storia.

“Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta io verrò da lui”.

La Lettera |31| Giugno 2014


GESÙ, UoMo DELLE BEATITUDINI di Adriano Fabris Dal 9 al 15 novembre del 2015 si svolgerà a Firenze il quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana. Esso si collega agli orientamenti pastorali del decennio, dedicati al teme dell’educazione e all’attuale <<emergenza educativa>>. L’argomento del convegno proposto a credenti e non credenti, è espresso in un’affermazione impegnativa: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Questo sarà il quinto Convegno ecclesiale nazionale. Molti ricorderanno, nel 2006, il grande incontro di Verona, dedicato alla speranza. Il suo titolo era infatti Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo. Era una speranza che attraversava gli ambiti, i modi in cui quotidianamente viviamo: la dimensione degli affetti, del lavoro e della festa, l’esperienza della fragilità, il desiderio di educarsi a vicenda e di convivere nel rispetto di regole democraticamente stabilite. Quello di Verona era solo l’ultimo di una serie di eventi ecclesiali che, celebrati circa ogni dieci anni, avevano accompagnato il cammino della Chiesa italiana dopo il Concilio Vaticano II. ricordiamo, nel 1976, il Convegno di Roma su Evangelizzazione e promozione umana, poi nel 1985, quello di Loreto su Riconciliazione

cristiana e comunità degli uomini, e ancora, nel 1995, quello di Palermo su il Vangelo della carità per una nuova società in Italia. I temi dei Convegni non solo avevano sviluppato alcuni aspetti dell’eredità conciliare, ma si erano intrecciati, di volta in volta, con gli orientamenti che la Chiesa si era data per la sua azione nella società. In tutti questi casi, comunque, sia nei vari orientamenti pastorali che nei temi scelti per i Convegni, al centro dell’attenzione era sempre l’essere umano: considerato nei modi in cui la sua umanità può compiutamente promossa (roma), al fine d’istituire una comunità rinnovata nel profondo (Loreto), a partire da ciò che può offrire, per un ripensamento dell’umano, il richiamo alle dimensioni della carità e della speranza (Palermo e Verona). In altre parole, si trattava sempre di mettere l’accento, per <<comunicare il Vangelo in un modo che cambia>>, sulla <<questione antropologica>>. Il che vuol dire domandarsi che cosa significa essere davvero, oggi, esseri umani, che cosa permette pienamente di realizzarci come tali, che cosa può dirci, in proposito, il messaggio cristiano. E’ urgente tutto questo. Lo è tanto più nella situazione in cui viviamo. oggi, infatti, predominano, e per lo più sono pacificamente accettate, concezioni riduttive, unilaterali e sbagliate di ciò che siamo e possiamo essere. C’è, ad esempio, l’idea per cui donne e uomini sono anzitutto individui, tendenzialmente isolati, dediti a coltivare i propri interessi, e solo in seguito, se a loro conviene, sono disposti a formare una comunità. Invece noi siamo anzitutto esseri in relazione; lo siamo proprio come esseri umani, figli e padri, appartenenti a una tradizione, inseriti in una società. E’ fin troppo diffusa, poi, la convinzione che uomini e donne ubbidiscono in primo luogo ai propri interessi, che il loro principale comandamento è quello dell’utile, e che per ottenere un vantaggio sono disposti a tutto. E invece non è vero. Anzi, tanti più in tempi di crisi, la solidarietà – come dice anche un recente rapporto del Censis – torna a essere un modello diffuso di comportamento. S’impone ancora, acriticamente condivisa, la concezione per cui l’umanità dell’uomo s’identifica con le funzioni del suo corpo, che il corpo è fatto di parti intercambiabili, quasi fosse una macchina, e che perciò può essere manipolato a piacimento. E invece sulla liceità di queste manipolazioni arbitrarie, che le tecno-

La Lettera |32| Giugno 2014


logie rendono possibili in ogni fase della vita, stanno nascendo sempre più dubbi. L’esistenza umana, infatti, non è affatto un campo di esperimenti. Potrei continuare ancora. Credo però che quanto ho detto basti a far comprendere perché la questione antropologica – la domanda su chi siamo veramente e su come dobbiamo comportarci nei confronti del mondo, dei nostri simili, di noi stessi – è una domanda oggi centrale, e perché è necessario dare a essa risposta. E’ quello che intende fare il Convegno di Firenze. Lo intende fare rilasciando con forza l’idea che bisogna proporre nuovamente, proprio da Firenze, proprio dalla culla dell’umanesimo, una concezione dell’essere umano che si contrapponga a tutto ciò che lo può isolare e mortificare nelle sue potenzialità. Il riferimento al nuovo umanesimo, espresso nel titolo, indica una prospettiva completamente diversa da quella oggi predominante: l’idea per cui l’essere umano è pensato e si realizza sono nelle sue relazioni. Il Convegno vuole poi indicare il modello di questa umanità nuova, e insieme la via che bisogna seguire per realizzarla: la figura di Gesù Cristo. La fede cristiana – su ci viene posto ora l’accento, dopo che nei Convegni precedenti erano state privilegiate la carità e la speranza – diviene dunque ciò che motiva e sostiene la realizzazione dell’umano. Tutto ciò è detto nell’Invito al Convegno cercando in primo luogo, quali interlocutori, i Consigli presbiterali e pastorali, le Facoltà teologiche e gli Istituti di scienze religiose, le Consulte laicali, le associazioni e i movi-

menti. In questo scritto, però, vi è non solo l’annuncio di un tema, ma una richiesta di collaborazione. Non si tratta di un documento che cala dall’alto, ma di un modo per intraprendere un cammino insieme. Alla fine ci sono domande ben precise, per favorire la riflessione e il contributo delle Chiese locali. A esse si può rispondere narrando esperienze positive o segnalando nodi problematici. Lo stile, quello stile a cui papa Francesco ci ha ormai abituato, mira a promuovere dialogo e condivisione. Come afferma lo stesso Invito, nella sua parte conclusiva, bisogna <<smettere di fare calcoli e (tornare a) fare Eucarestia>>. Il filo conduttore che abbiamo scelto per avvicinarci al Convegno di Firenze è il Vangelo delle Beatitudini, Come dice papa Francesco – che ha scelto di mettersi alla <<scuola delle Beatitudini per definire il tema delle prossime tre Giornate Mondiali della Gioventù – non c’è bisogno d’altro. Il Discorso della montagna, infatti non indica solo la via seguendo la quale l’essere umano può essere davvero felice. Le Beatitudini sono invece, prima di tutto, il modo in cui uomini e donne possono attuare pienamente la loro umanità. Sono l’indicazione concreta, che Gesù stesso ci offre, per pensare e porre in opera un nuovo umanesimo. Sono – l’espressione è ancora di papa Francesco – il <<piano d’azione>> che ci permette di realizzarlo.

La Lettera |33| Giugno 2014


La vita è… una grande bellezza Domenica 18 maggio, con i giochi nel campo, si è conclusa la XXVII edizione del Palio delle Contrade con cinque frazioni partecipanti: Lilla, Rosa, Blu, Verdi e Arancioni, che hanno coraggiosamente difeso le sorti di altrettanti nuclei abitativi del nostro paese. (manca Gromlongo che tutti sperano di rivedere già dall’anno prossimo.) Nel solco tracciato dalle precedenti edizioni, il Palio è iniziato nel settembre 2013 con la gara di ballo durante la festa di Comunità, vinta dai Lilla. Il 2014 si è poi aperto con il torneo di pallavolo disputato presso la palestra della scuole medie di Almenno S. Bartolomeo. Tre serate all’insegna di battute, ricezioni e schiacciate che hanno incoronato per l’ennesima volta campione la fortissima squadra dei Verdi in una finale comunque lottata con i Rosa. La chermesse di carnevale ha poi consentito ad ogni frazione di sbizzarrirsi con la fantasia nel proporre e allestire maschere e carri. Grazie a loro domenica 2 marzo si è colorato il paese durante la sfilata partita dalla piazzetta di Precornelli e conclusasi in oratorio. Si è arrivati così a sabato 26 aprile, inizio delle tre settimane finali. La consueta prova culturale in teatro ha lasciato spazio ad uno spassoso gioco dell’oca gigante creato nel campo, dove ha trionfato la squadra dei Lilla. Martedì 29 è iniziato il tanto agognato torneo di calcio che dopo ben 13 partite disputate tra le varie frazioni in modo agguerrito ma sempre nello spirito del divertimento ha visto il successo della squadra degli Arancioni. La finale, giocata domenica 18 alle ore 21.30 e preceduta da una spettacolo pirotecnico degno del Palio di Palazzago, è stata combattuta fino all’ultimo e si è conclusa con il risultato di 2 a 1. Mercoledì 30 è stata la volta del torneo di ping pong svolto nel teatro: vittoria dei Blu. Sabato 3 maggio si è dato vita alla seconda novità di quest’anno: il torneo di dodgeball. Questa disciplina riprende nel suo

svolgimento principale le regole della tanto amata palla prigioniera a cui tutti, almeno una volta, hanno giocato. La vittoria finale è andata ex equo a i Lilla e ai Rosa. Il giorno seguente, in un pomeriggio all’insegna di bambini e ragazzi, si sono svolte le mini olimpiadi. I partecipanti, in età compresa tra i 6 e 13 anni, si sono impegnati ma soprattutto divertiti nello sfidarsi in vari giochi fino alla vittoria dei Verdi, ma tutti sono stati ricompensati degli sforzi con una grande e deliziosa merenda. Lo stesso giorno, dalle ore 18.30, una giuria esterna ha viaggiato lungo tutto il paese per valutare gli splendidi striscioni allestiti per colorare il paese. Quest’anno l’originalità e la cura nei dettagli hanno premiato la contrada dei Rosa che hanno allestito una vera e propria stazione di benzina presso l’ex distributore lungo via Maggiore. La seconda settimana è trascorsa con le avvincenti sfide di calcio, fino al Sabato della staffetta campestre. Il percorso di 11 Km diviso in quattro step (2 maschi e 2 femmine) si sviluppava dalla chiesa di Gromlongo fino al campo dell’oratorio, passando per la chiesetta della Beita, attraversando i sentieri di Salvano, Montebello e Carosso, salendo per Brocchione ed infine scendendo da via Verzella. La vittoria finale, dopo una rimonta condotta dalle due ragazze è andata alla frazione dei Rosa. L’ultima settimana ha visto la disputa delle semifinali del torneo di calcio e della finale per iI 3° e 4° p osto. Si è giunti cosi, Sabato 17, alla serata più affascinate ed emozionante di ogni edizione, con lo spettacolo e la gara di canto. In un teatro gremito in ogni ordine di posto, le frazioni hanno sviluppato ed interpretato a loro modo il tema proposto che rendeva omaggio agli ultimi due film italiani vincitori del premio Oscar: “La vita è bella” e “La grande bellezza”. In una sorta di crasi, il tema era “La vita è una grande bellezza”. Il livello raggiunto dalle frazioni,

La Lettera |34| Giugno 2014


a: Palio 2014 di Alberto Bonacina testimoniato anche dalle parole della giuria, è stato altissimo e tutti gli spettacoli hanno catturato l’attenzione del pubblico. La vittoria finale è andata alla contrada dei Rosa mentre la gara di canto è stata vinta dalla frazione dei Lilla. Domenica 18 maggio, ore 14.30, campo dell’oratorio: la resa dei conti. In un pomeriggio assolato le cinque frazioni si sono affrontate in cinque entusiasmanti giochi che hanno decretato la contrada vincitrice. Le gare hanno visto un incredibile equilibrio ed in certi casi sono stati addirittura i centesimi di secondo a fare la differenza. Alla fine la gioia più grande è spettata alla contrada dei Rosa, che con 71 punti complessivi e solo quattro di vantaggio sulla contrada dei Lilla si è aggiudicato il Palio 2014. AI terzo posto è giunta la frazione dei Verdi con 60 punti, seguita dagli Arancioni con 53 punti e dai Blu con 48 punti. Grandi festeggiamenti alla conclusione delle premiazioni, con il capitano dei Rosa che ha potuto sollevare al cielo il Palio 2014. Il nuovo Palio, data la vittoria del 2013 da parte dei Verdi che si sono aggiudicati per la terza volta il trofeo e quindi il diritto di conservarlo, è stato realizzato da Franco Colombo, un artista di Trezzo sull’Adda che ha intarsiato nel legno il campanile della nostra chiesa parrocchiale. Il trofeo è stato offerto dalla Famiglia Nava Giuseppe alla memoria. Specialmente quest’anno il clima sereno e gioioso ha accompagnato tutto il percorso fino alla conclusione. Ogni competizione è stata vissuta con la voglia di mettersi alla prova e di condividere gioie e dolori con tutta la cittadinanza. Lo spirito con cui si deve affrontare una manifestazione che ha come finalità quella di favorire l’unione e l’amicizia tra le persone contribuendo alla loro crescita umana e spirituale deve essere di gioia e allegria, senza dover in ogni caso raggiungere la vittoria. E’ ovvio che vincere fa piacere a tutti, ma vedere i vari partecipanti sorridere dopo una sconfitta anche bruciante o in altri casi scontata, credo sia la vittoria più bella che il Palio possa dare a tutti coloro che vi partecipano. Un ringraziamento speciale e doveroso a tutti i capitani delle frazioni e a coloro che hanno partecipato alle varie competizioni. L’ultimo ringraziamento è obbligo rivolgerlo a chi, in modo appassionato, ha reso possibile la riuscita anche quest’anno del Palio: il Comitato organizzatore. Nella speranza che questa bellissima tradizione popolare continui fino a coinvolgere sempre più persone, ci salutiamo con un Arrivederci al Palio 2015.

La Lettera |35| Giugno 2014


MArIA DoNNA DELL’ATTESA Mese di Maggio Avvento? No, mese di maggio, sempre con Maria. Nelle celebrazioni serali, in giro per il paese, molto partecipate e sentite nonostante la lotta con la pioggia, abbiamo costruito un piccolo itinerario, vedendo le diverse “attese” di cui Maria è stata protagonista. 5 maggio: Nella località Grumello, dove per la prima volta abbiamo celebrato, Maria è stata invocata come “Figlia di Sion”, “bat zijjon”, figlia di un popolo che attendeva il Messia. Importanti vaticini messianici sono rivolti a questa figura che la tradizione cristiana lega poi alla Madonna. Non a caso a lei si riferiscono simboli cari a Israele: arca, tabernacolo, roveto ardente, città madre, sposa… 7 maggio: Siamo partiti dalla Cappella della Longa, tappa obbligata in maggio, per arrivare alla Chiesa di Precornelli, spinti dalla pioggia che cominciava a cadere: abbiamo guardato a Maria in attesa di Gesù. Qui, la figlia di Sion, attende un figlio in carne ed ossa, meravigliandosi che un evento così grande (non conosco un uomo così) avvenga proprio in lei. Sta conoscendo il Dio dell’impossibile. 12 maggio: nel verde del Golf, ci siamo fatti compagni di strada di Maria che raggiunge in fretta una città di Giuda, dove si trova la casa di Zaccaria ed Elisabetta, attendendo, con loro, la nascita di Giovanni. La fede si fa condivisione dei momenti dell’esistenza, proprio come in molti hanno condiviso in questi giorni il saluto a tre persone care della Comunità. 14 maggio: il forte vento non ha scoraggiato la partecipazione alla Cappella della Casella, trovando Maria che attende alla crescita di Gesù. I venti contrari non devono scoraggiarci nel far crescere le nuove generazioni; la famiglia e la comunità devono poter offrire motivi per vivere, sperare e amare. Così anche i nostri figli possono “crescere e fortificarsi, pieni di sapienza, con la grazia di Dio”. 19 maggio: un parcheggio, tra case costruite da poco in via Longoni, invocando Maria come Madonna del buon consiglio, che attende alla crescita di Gesù. Consiglio, uno dei doni dello Spirito Santo, ricevuto il giorno prima da 26 ragazzi di seconda media. Il consiglio ci aiuta a vivere dei due pellegrinaggi: quello verso il tempio (Gerusalemme) e quello dentro il tempo (Nazareth) con l’arte di saper unire l’eterno e il quotidiano. 21 maggio: abbiamo raggiunto i Pradei camminando sulla strada immersa nel verde e recitando il Rosario. Nella La Lettera |36| Giugno 2014


celebrazione fatta lì per la prima volta, abbiamo guardato a Maria che attende l’ora di Gesù, a Cana di Galilea, nel segno dell’acqua trasformata in vino. Ma la Madre sarà presente anche nel compimento dell’ora. 26 maggio: nel giardino della Palma, tripudio di fiori, siepi e giochi d’acqua, ci siamo messi sotto la croce, lì dove Maria e Giovanni si accolgono nel segno della maternità e della figliolanza. Anche Maria ha atteso la risurrezione, come realizzazione della promessa di Gesù. La morte non può tenere prigioniero Colui che ha amato così. I ragazzi di terza elementare hanno ricevuto la loro seconda Comunione. 28 maggio: Maria era già casa piena di Spirito Santo, eppure attende nel cenacolo, con i discepoli, l’effusione che crea la Chiesa. Lì ci insegna almeno due cose: la perseveranza (che è sorella stretta della speranza) e la concordia (l’andar d’accordo, il volersi bene…) Maria c’era nella nascita, nell’infanzia e nella crescita di Gesù. C’è anche nella nascita, nell’infanzia, nella crescita della Chiesa. A Salvano, con il raggio dello Spirito che ha allargato il cuore di San Filippo Neri (cui è dedicata la chiesa) nella Pentecoste del 1544 (scoprendo nel quadro di Salvano una copia fedele della pala di Guido Reni a Roma).

Il mese di maggio, apertosi con il pellegrinaggio alla Madonna del Monte Perello con le parrocchie della zona pastorale (Burligo, Palazzago, Barzana, Gromlongo e Roncallo Gaggio)si è concluso a Brocchione, con la celebrazione nella quale abbiamo detto grazie per l’anno catechistico (i vari gruppi hanno riassunto il loro percorso in un simbolo presentato a tutti che metteremo sulla prossima Lettera). La sintesi è stata più o meno così: il piccolo Mattia, come tutti i ragazzi della catechesi, ha ricevuto il cartoncino del mese di maggio, un semplice stru-

mento per invitare alla recita di almeno una decina del Rosario al giorno. Ma era già il 5 maggio -Domenica- e la griglia riportata sul foglio su cui indicare “Sì” (recitata la decina) partiva dall’1. Si è detto: devo recuperare l’1, il 2, il 3 e il 4 maggio e prima ha recitato quattro decine. Un po’ quello che avviene con i “debiti” scolastici: bisogna recuperare il tempo perduto; oppure ciò che dovrebbe caratterizzare la “penitenza” alla confessione: recupero il cammino che non ho fatto, causa il mio peccato. Può sembrare un po’ semplicistico: eppure ce ne vorrebbero di semplici come Mattia…

La Lettera |37| Giugno 2014


CoNCorSo CArToLANDIA Scuola dell’infanzia statale di palazzago I bambini verdi e rossi di anni 4 della scuola dell’Infanzia Statale di Palazzago hanno partecipato al concorso “Cartolandia” indetto dall’Eco di Bergamo. I lavori realizzati, insieme a quelli delle altre scuole della provincia che hanno aderito al progetto, sono stati esposti a marzo presso la fiera di Bergamo. I bambini accompagnati dalle loro insegnanti hanno partecipato a questo evento e, nei laboratori, hanno potuto svolgere alcune interessanti attività. Gli elaborati realizzati dalla nostra scuola dell’infanzia gruppo mezzani, avevano per titolo “Storia e cultura sulla originaria società rurale”. Finalità di questo progetto è stato avvicinare i bambini alla scoperta di un mondo contadino che ormai non c’è più e mantenere vivo il ricordo del nostro passato, soprattutto per non dimenticare i valori della vita contadina che i nostri nonni ci hanno tramandato. Per approfondire queste tematiche è stata organizzata un’uscita al museo della Parrocchia (arredi sacri e utensili /oggetti per la casa – stanza da letto /cucina). Il progetto è stato possibile anche grazie alla partecipazione di alcune nonne che hanno raccontato il loro vissuto ai bambini rendendo più coinvolgente ed immediata la comprensione dei vari argomenti trattati. Un grazie a Don Giuseppe per la collaborazione e disponibilità dimostrate nell’approfondire con maestria questo argomento.

La Lettera |38| Giugno 2014


Battesimi Domenica 4 maggio ore 15.00 Viganò Agata di Francesco e Bianzina Sonia, nata il 16 novembre 2013 Benedetti Francesco di Marco e Cortinovis Emanuela, nato il 9 febbraio 2014 Milesi Nicola di Andrea e Butta Sara, nato il 13 gennaio 2014 Panza Elia di Alex e Battaglia Rita, nato il 30 ottobre 2013 Viganò Agata

Benedetti Francesco

Domenica 1 giugno 2014, ore 10.30 Monti Agnese di Daniele e Bonaldi Paola, nata il 21 ottobre 2013 Benedetti Francesco di Giovanni e Brena Elena, nato il 4 ottobre 2013 Capelli Lorenzo di Omar e Togni Roberta, nato il 19 ottobre 2013 Prussiani Sofia di Ivan e Bonacina Jessica, nata il 17 febbraio 2014 Salvi Oscar di Roberto e Ferrari Paola, nato il 15 dicembre 2013

Milesi Nicola

Panza Elia

Monti Agnese

Benedetti Francesco

Capelli Lorenzo

La Lettera |39| Giugno 2014

Prussiani Sofia

Salvi Oscar


Defunti CAROZZA BRUNA di anni 57, deceduta il 3 marzo 2014 La tua unicità ha riempito le nostre vite di ricordi meravigliosi ed indimenticabili, ci hai insegnato tanto senza che tu te ne rendessi conto: l’importanza di un sorriso, la gioia di un regalo, l’entusiasmo per le piccole e grandi cose di ogni giorno. Ci mancherà la tua spontaneità… Ti vogliamo bene Bruna! Un dolce abbraccio. Per sempre… i tuoi cari. IOLE MARIA GABRIELLA VICENSINI vedova LOCATELLI di anni 91, deceduta il 4 marzo 2014, sepolta a Capizzone Il tuo caro ricordo è con noi ogni giorno, dall’alto dei cieli veglia su di noi. i tuoi cari

ROTA MARIA vedova DONIZETTI di anni 89, deceduta l’8 marzo 2014 Con la tua semplicità e la tua dolcezza ci sei sempre stata vicino, sarai sempre nei nostri ricordi I tuoi cari

CASTELLI PRIMO detto Giuanì di anni 87, deceduto il 6 marzo 2014 Te ne sei andato da poco, ma noi non smettiamo un attimo di cercarti, di incrociare il tuo dolce sguardo, di godere delle tue attenzioni, di riempirci il cuore del tuo amore… quello che non ci hai mai fatto mancare. Da lassù proteggi tutti noi… Con infinito affetto Tua moglie, le tue figlie, i tuoi nipoti e tutta la famiglia CLEMENTINA MAZZOLENI vedova MALVESTITI di anni 93, deceduta il 6 aprile 2014 La nostra cara mamma si è spenta serenamente. Ci lascia il ricordo di una vita esemplare e di un amore grande e discreto, ma anche un vuoto infinito nel nostro cuore. I tuoi cari

LOMBONI GABRIELLA in POMA di anni 74, deceduta il 9 maggio 2014 Cara nonna, per noi sei stata come un angelo custode: ogni giorno e ogni momento ci avevi nel tuo cuore, non vedevi l’ora di poterci incontrare per sentire se avevamo fatto qualche progresso, qualche buona azione. Eravamo fieri di poterti raccontare le nostre piccole cose che finivano sempre con un tuo buon consiglio e con un tuo bacio. Ti vogliamo bene, dal cielo continua a proteggerci. FLORIANA SALVI in MAGNO di anni 45, deceduta il 10 maggio 2014 I giorni passano e la tua mancanza si fa sentire sempre di più. Non possiamo vederti sorridere, sentire la tua voce e tanto meno prenderti per mano ma sappiamo che sarai sempre al nostro fianco e non ci abbandonerai mai. Ti vogliamo bene, i tuoi cari

La Lettera |40| Giugno 2014


PROF. ACCARDI GIROLAMO di anni 87, deceduto l’11 maggio 2014 Caro nonno Mimmo con la tua costante presenza e con la tua profonda saggezza sei sempre stato per noi esempio di vita e di amore. Rimarrai sempreValter nei nostri cuori. Magri Luca Mangili I tuoi nipoti e tutti i tuoi cari

ONORANZE FUNEBRI DELL’ISOLA s.r.l. Serviziodiurno, diurno, notturno notturno ee festivo festivo •• Trasporti tutta Servizio Trasporti in tutta inItalia Italia Vestizione salme • Disbrigo pratiche Addobbi funerari • Cremazioni 24030 BREMBATE DI SOPRA (BG) - Via XXV Aprile 32 - Tel. 035.620916 - Fax 035.6220326 Cell. Valter 335 6923809 - Cell. Luca 335 6904124

Anniversari ROTA MARTIR ANNA (23/04/2013 – 23/04/2014)

BONAITI GIUSEPPE (25/06/2001 – 25/06/2014)

Ogni giorno c’è un momento, un ricordo che parla di te. Sei stata la nostra guida, la nostra certezza e la nostra forza. Grazie di cuore per l’amore che ci hai donato. Ci manchi tanto! I tuoi cari

Un ricordo non si sente, non si vede, non si tocca, è in fondo al cuore e non se ne va. I tuoi cari

CEFIS DAVIDE (14/05/2011 - 14/05/2014)

MAZZOLENI FRANCESCO (30/06/2000 – 30/06/2014)

Ci manchi nella vita di tutti i giorni, ma non manchi nei pensieri dei nostri cuori. I tuoi cari

È nel silenzio quotidiano che il ricordo di te vive sempre con noi. I tuoi cari

CRIPPA GIANLUIGI (15/06/2004 – 15/06/2014)

LUIGI ROTA (2011 – 2014)

Il tempo non lenisce il dolore del vuoto incolmabile che hai lasciato, ma il tuo dolce ricordo continua a vivere nel nostro cuore con l’amore di sempre. I tuoi cari

Nel nostro cuore è sempre vivo il tuo ricordo. I tuoi cari

La Lettera |41| Giugno 2014


SANTITÀ: “DUC IN ALTUM” L’alfabeto della formazione con le parrocchie della zona Pastorale si sta man mano allungando. Così, dopo la A (assemblea, altare, ambone), la T (tesoro della presenza, della rigenerazione, della misericordia), e la C (Io Credo-Noi Crediamo) abbiamo declinato la S di Santità, conoscendo la spiritualità di Papa Giovanni XXIII con don Ezio Bolis a roncallo Gaggio, di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo con Mons. Gianni Carzaniga a Gromlongo e di Giovanni Paolo II con Mons. Achille Sana a Burligo. Buona la partecipazione e il coinvolgimento già dal primo incontro, nel quale don Ezio è partito citando il Card. Lercaro che nel 1965 diceva: “Per capire Papa Giovanni bisogna conoscere roncalli”. E noi l’abbiamo conosciuto a partire dalle sue radici nella terra di Bergamo. Per molti è stata una sorpresa la conoscenza di S. Teresina e interessante la sintesi del lungo pontificato di Giovanni Paolo che ci lascia l’invito: ”Duc in altum” prendi il largo.

JoANNES EST NoMEN EIUS… LC 1,63 Domenica pomeriggio, 4 maggio, dopo il Battesimo di Elia, Nicola, Francesco e Agata. Arriva in sagrestia un signore che dice di avere qualcosa da dare alla Parrocchia di Palazzago. Esce e arriva dopo alcuni minuti con altre persone, portando un pacco. Lo scarto e trovo un quadretto incorniciato, sotto vetro, il cui soggetto mi è decisamente familiare: raffigura la scelta del nome di Giovanni Battista da parte di zaccaria. E’ il bozzetto di uno dei grandi quadri dell’abside, dipinto da Abramo Spinelli nel 1893. La storia è riassunta nella targhetta che è stata messa dietro: Olio su cartone, 30x40 del pittore Abramo Spinelli. Bozzetto originale per la tela realizzata dallo stesso nell’abside della chiesa parrocchiale di Palazzago. Bozzetto pervenuto ai fratelli Amadio e Patrizio Mariani di Bergamo, dalla nonna Roncalli Clarice, nativa di Albegno, intima nella famiglia Spinelli (le fu donato in memoria del pittore, deceduto ancora giovane).Donato al museo parrocchiale, maggio 2014. E’ un bozzetto vivo, fresco, più immediato della realizzazione molto grande, con soltanto alcuni particolari diversi dalla tela che ammiriamo. Dopo tanti anni è tornato qui. Ci sarà in giro anche il bozzetto dell’altra tela di Spinelli che abbiamo sulla destra, con la decapitazione del Battista? Grazie alla Famiglia Mariani che ce lo ha fatto avere. Verrà esposto nel museo. Lo utilizziamo subito per le locandine della settimana patronale 2014.

La Lettera |42| Giugno 2014


FESTA DEL PATroNo NATIVITA’ DI GIoVANNI BATTISTA

Sabato 14 giugno • •

In mattinata: arrivo fiaccolata da Madonna di Lourdes Ore 19.00 Festa contadina sulla piazza don Battista Ceroni con la musica di Rosalino e con il balletto eseguito dal gruppo School Ballet

Domenica 15 giugno S.S Trinità • • • •

Ore 09.30 apertura Sagra del Prodotto Tipico Ore 10.30 Santa Messa con anniversari di matrimonio Apertura pomeridiana del Museo Parrocchiale Ore 16.00 visita guidata Ore 18.00 Santa Messa con promessa d’impegno Terza Media

Mercoledì 18 giugno •

Nel Pomeriggio Festa Anziani nella tensostruttura dell’oratorio

Giovedì 19 giugno: Corpus Domini •

Ore 20.30 Santa Messa e Processione

SAGrA DEL ProDoTTo TIPICo

Sabato 21 giugno •

Ore 21.00 Concerto Banda Musicale Gioacchino Rossini

Domenica 22 giugno Festa patronale Natività San Giovanni Battista • • • •

Corsa Mountain bike organizzata da Malvestiti Cerchi Ore 10.30 Santa Messa con Memoria del Battesimo Ore 18.00 Santa Messa e Processione presieduta dal Vicario locale, don Luigi Paris Mandato animatori del C.R.E. e baby C.R.E. 2014

Lunedì 23 giugno •

Inizio C.R.E 2014

Martedì 24 giugno: Natività di San Giovanni • •

Ore 20.30 Santa Messa del Patrono A seguire lancio delle lanterne volanti

Lunedì 30 giugno •

Inizio Baby C.R.E. 2014

DoMENICA 15 GIUGNo 2014 Piazza Don Todeschini, Piazza Don Ceroni, Via Ca’ Curti, Via Maggiore, Via Al Forno (in caso di maltempo: Area Feste)

Ore 9.00: apertura Sagra con esposizione di commercianti e hobbisti. Formaggi, salumi, vino, olio, marmellate, dolciumi,... oggetti di artigianato locale fatti a mano (vasi dipinti, lavori a maglia e uncinetto, mobili d’epoca) Ore 14.30: Esibizione delle Junior Band (Associazione Bergamasca Bande Musicali) Durante l’intera giornata: Vendita libri usati (il ricavato sarà devoluto onlus Domitilla rota)

Ricco buffet offerto dai nostri ristoratori locali e dalla Parrocchia

La Lettera |43| Giugno 2014



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