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SILVIA DI ROSA
Grinta Da Ingegnera
Abbiamo incontrato Silvia Di Rosa, la prima presidente donna del consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Trento. Idee chiare con sguardo rivolto al futuro, ai giovani professionisti e all’importanza del confronto e della partecipazione attiva alla vita dell’Ordine. Rappresenta un segnale di rinnovamento e valorizzazione del mondo femminile, obiettivo per il quale da diversi anni è impegnata in prima linea a cura della redazione
A febbraio è stata eletta anche presidente dell’assemblea dei presidenti degli ordini degli Ingegneri d’Italia, quali sono gli obiettivi del suo duplice mandato?
Ci sono temi comuni che cercherò di portare avanti ricoprendo entrambe le posizioni. E sono riassumibili in tre punti fondamentali.
Valorizzare la figura dell’ingegnere declinato nei diversi settori dell’ingegneria (civile/ambientale, industriale, informatica) e nelle diverse forme occupazionali (libera professione, lavoro dipendente nel settore pubblico e nel settore privato).
Coinvolgere i giovani ingegneri quanto più possibile: rappresentano il futuro del nostro mondo e possono aiutarci a introdurre un approccio più moderno alla gestione del lavoro.
Intervenire a livello politico affinché si lavori su una programmazione pluriennale, organica, con regole certe e semplici per il nostro Paese, per garantire la sicurezza dei nostri edifici e delle nostre infrastrutture e per soddisfare gli obiettivi fissati entro il 2030 relativi all’efficienza energetica e alla mobilità sostenibile.
È noto il suo impegno in prima linea per rivalutare il ruolo della donna in posizioni strategiche. Parliamo del futuro delle donne ingegnere: quali gli ostacoli da superare e quali le prospettive?
Per la prima volta, come donna, sono a capo del Consiglio e questo è un nuovo segnale di cambiamento rispetto al passato. Da donna ingegnere, sono anni che cerco di valorizzare la declinazione al femminile delle professioni tecniche e, dal 2020, sono anche presidente della sezione di Trento di Aidia, Associazione Italiana Donne Ingegneri e Architetti, fondata nel 1957 dalla prima ingegnera italiana, Emma Strada.
Agli inizi degli anni 2000, le laureate in ingegneria erano il 20% del totale, mentre nel 2021 hanno raggiunto il 26,7%. E le percentuali stanno ancora crescendo. Sono ancora molte le difficoltà che oggi come ieri le donne incontrano nel raggiungimento di ruoli apicali: la partecipazione ai ruoli dirigenziali nella società attuale è ancora limitata. Per esprimere il proprio valore nelle organizzazioni, alle donne serve un talento in più: saper “giocare la partita” interpretando le regole stabilite dagli uomini. Per fortuna è un talento che si può apprendere.
Dobbiamo creare momenti di confronto e raccontare storie di successo di donne che hanno fatto dell’ingegneria – declinata in vari modi – la loro vita, con tenacia e determinazione.
Quanto è importante il confronto con gli iscritti all’Ordine? Raccontaci la vostra esperienza…
L’Ordine che presiedo ha circa 2.900 iscritti, su un territorio, quello della provincia di Trento, di 6.200 kmq.
L’attuale centralizzazione territoriale dell’Ordine sta rappresentando un grosso limite alla partecipazione: abbiamo proposto, come nuovo consiglio, la nomina di referenti di zona che possano raccogliere le esigenze del territorio che rappresentano, l’utilizzo di piattaforme digitali per facilitare le comunicazioni, lo scambio delle informazioni e la riduzione delle distanze fisiche, ma anche incontri delocalizzati per favorire la partecipazione e il dibattito.
Abbiamo avuto consigli eletti dall’11% degli iscritti, percentuale esigua dovuta alla difficoltà dei colleghi di venire nel capoluogo per esprimere il proprio voto in presenza. Che rappresentatività ha un consiglio eletto da una percentuale così bassa di colleghi? Opteremo sicuramente tra 4 anni per il voto on-line, così da allargare la partecipazione il più possibile.
Desidero fortemente che il nostro Ordine venga vissuto come un luogo ove ciascuno degli iscritti si senta rappresentato e ove il confronto fra tutti gli iscritti agevoli la crescita delle professionalità.
Dal 1° aprile è entrato in vigore il nuovo Codice appalti: vede i tanti cambiamenti operati come un’opportunità?
Abbiamo il nostro Consiglio Nazionale e la RPT impegnati in frequenti interlocuzioni con la politica affinché rappresenti uno strumento in ottica di semplificazione e non diventi un boomerang per i professionisti.
I punti inderogabili per noi sono essenzialmente tre.
• La centralità del progetto, che sparisce dai processi di trasformazione del territorio, dimenticando il fatto che la fase di progettazione è decisiva per garantire la qualità delle opere.
• L’aggiudicazione delle opere da realizzare basate sul progetto esecutivo, che da regola diventa un’opzione, aprendo la strada a un uso generalizzato dell’appalto integrato.
• La scarsa definizione dei ruoli delle Pubbliche Amministrazioni e dei professionisti esterni alle stesse e la scarsa attenzione al metodo di calcolo dei corrispettivi spettanti ai professionisti.
Superbonus 110%: cosa hanno da imparare gli ingegneri da questa “esperienza” ma soprattutto come possono contribuire affinché questo strumento sia efficacie soprattutto in termini di manutenzione del costruito?
È uno strumento che dovrebbe diventare strutturale con regole chiare e non in continua modifica nel tempo. Non si possono cambiare le regole in corsa.
Si deve controllare di più e meglio, ed evitare le speculazioni da parte dei poteri forti. Gli edifici sono responsabili del 40% di produzione del CO2 a livello europeo. I programmi di ricerca EU H2020 andavano in questa direzione.
Il patrimonio edilizio italiano si compone di una larga fetta di edifici residenziali vetusti: il 65% degli oltre 12 milioni di edifici sono stati realizzati prima del 1976, ovvero anteriormente all’emanazione della prima norma nazionale sul risparmio energetico
I dati sugli Attestati di Prestazione Energetica o APE, relativi a circa 2 milioni di abitazioni, confermano l’esistenza di una nutrita maggioranza di edifici caratterizzati da prestazioni energetiche scadenti o mediocri (circa il 60% si colloca nelle tre classi più basse, dalla E alla G).
In Italia c’è “margine” per velocizzare i progressi nel raggiungere gli obiettivi fissati entro il 2030 per quanto riguarda l’efficienza energetica e la mobilità sostenibile. Secondo la Commissione UE, “l’ambizione dell’Italia di migliorare la prestazione energetica del suo parco immobiliare dovrebbe essere calibrata per poter proseguire al di là del periodo di riferimento del regime ‘Superbonus’ e dei finanziamenti” del PNRR.
“Ciò offrirebbe altresì al mercato la certezza per proporre soluzioni di efficienza energetica e ristrutturazioni degli edifici”, prosegue il rapporto.
Le agevolazioni per l’efficienza energetica rispondono certamente a un interesse pubblico. Dal punto di vista economico, le ristrutturazioni generano due tipi di benefici: uno per il proprietario (bolletta energetica più bassa), l’altro per la collettività (riduzione delle emissioni).