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La sicurezza delle operazioni a mare nella ricerca e produzione di idrocarburi: il ruolo del Comitato offshore

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Introduzione

Introduzione

a cura di Prof. Ing. Paolo Macini1 Prof. Ing. Ezio Mesini1,2

1. Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali.

2. Presidente del Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare.

Negli ultimi decenni, nonostante l’ambiente operativo ostile, la difficoltà, i maggiori investimenti e i rischi finanziari insiti nel condurre le operazioni di perforazione e di produzione in mare, la ricerca degli idrocarburi offshore ha visto uno sviluppo senza precedenti e con obiettivi sempre più ambiziosi. Infatti, rispetto alla terraferma, ormai esplorata quasi ovunque con un dettaglio tale da ritenere difficile la scoperta di nuovi giacimenti di grandi dimensioni, il sottofondo oceanico, e soprattutto la zona delle cosiddette “acque profonde” (i fondali oltre i 1000 m di profondità), offre ancora zone poco esplorate, dove la possibilità di scoprire grandi giacimenti di idrocarburi sembra essere ancora molto alta. Una parte non trascurabile delle riserve mondiali di idrocarburi si trova nei fondali marini, e oggi circa il 30% della produzione totale di idrocarburi proviene da aree offshore. In Europa, l’attività di produzione degli idrocarburi in mare è operativa dalla fine del decennio 1960, e in Italia la prima piattaforma di produzione “Ravenna Mare sud” ha iniziato la produzione nel 1965. Oggi, circa il 90% del greggio e più del 60% del gas naturale prodotti nell’Unione Europea e in Norvegia provengono da attività offshore, dove sono installati più di 1000 impianti. La produzione è concentrata nel Mare del Nord, ma anche altre province petrolifere degli Stati dell’Unione hanno interessi in questo settore, e ben 13 Paesi hanno rilasciato licenze per attività di ricerca e produzione di idrocarburi nelle zone marine di loro competenza. Le tecnologie per l’esplorazione e la produzione di idrocarburi hanno oggi un elevato grado di sicurezza, sia negli standard qualitativi, sia nella gestione delle procedure, al pari di tutte le altre attività industriali legate alla produzione di beni e servizi. Da sempre l’industria petrolifera è stata promotrice della ricerca scientifica e tecnologica e la sua evoluzione è stata sempre segnata da una forte attenzione nei confronti della leva tecnologica e dell’ingegnerizzazione dei processi operativi su tutta la filiera: esplorazione di nuove aree, perforazione dei pozzi, coltivazione dei giacimenti, ingegneria della produzione e trasporto degli idrocarburi. Dalle tecnologie dipendono tutti i principali parametri operativi e di sicurezza, quali il tasso di successo esplorativo, il fattore di recupero degli idrocarburi, l’efficienza dei campi di produzione e il miglioramento delle condizioni di sicurezza, con conseguente riduzione dell’impatto ambientale. In Italia attualmente esistono numerose strutture di produzione di idrocarburi offshore, quasi tutte collocate su strutture fisse poggianti sul fondale marino, a profondità di poche decine di metri. Le peculiarità dell’attuale industria petrolifera nell’offshore italiano possono essere così sintetizzate: a) assenza di perforazioni esplorative in acque profonde (oltre 500 m); b) il 92% della produzione offshore italiana è gas naturale; c) ampia conoscenza dei dati geologici, raccolti da oltre 7000 pozzi, utilizzati nella progettazione e nel controllo delle attività minerarie, sia di esplorazione, sia di produzione; d) adozione di tecnologie e standard di sicurezza che hanno consentito, negli ultimi decenni, di perforare oltre 300 pozzi a mare e circa 400 a terra senza alcuna conseguenza negativa (questi standard non sottraggono, peraltro, gli operatori a un continuo impegno per migliorare le condizioni di sicurezza e i criteri di controllo delle operazioni); e) attività di esplorazione, di perforazione e di produzione nazionali eseguite con tecnologie e standard di sicurezza conformi ai livelli più elevati tra quelli utilizzati dall’industria petrolifera mondiale; f) condizioni di giacimento, in termini di pressione e temperatura, molto minori delle oltre 800 atmosfere del pozzo in cui è avvenuto l’incidente del Golfo del Messico (pozzo “Macondo”, aprile-settembre 2010). L’incidente, innescato dall’impianto di perforazione galleggiante “Deepwater Horizon”, costrinse l’opinione pubblica mondiale e l’industria petrolifera tutta a riflettere non solo sui limiti dello sviluppo dei giacimenti di idrocarburi a mare, ma anche sulla piena attuazione del principio di precauzione. L’incidente del Golfo del Messico ha portato alla ribalta i problemi della sicurezza nelle operazioni di esplorazione petrolifera nell’offshore profondo, della disponibilità di tecnologie adeguate a fronteggiare situazioni di rischio e della valutazione preventiva delle capacità di risposta al verificarsi di situazioni di crisi. Ricordato come tra i più gravi della storia dell’industria petrolifera, l’incidente ha determinato ripercussioni ambientali di vasta portata, ma anche contraccolpi sull’economia locale e, soprattutto, sull’opinione pubblica mondiale. Tra i primi interventi normativi messi in atto quando l’incidente al pozzo Macondo non era ancora risolto, si ricorda il Decreto Legislativo n.128 del 28 giugno 2010 della Ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che introdusse nel “Codice dell’Ambiente” (art. 6, comma 17) regole più restrittive le regole in materia di protezione ambientale. Fu istituita un’area di divieto delle attività minerarie entro la fascia delle 12 miglia nautiche dalle linee di coste e dalle aree protette, che pose limiti geografici chiaramente individuabili, con un conseguente rallentamento delle nuove attività delle attività di esplorazione presso le aree costiere. In Europa, a livello normativo, l’incidente occorso al pozzo Macondo diede origine alla Di-

Tabella 1 rettiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi fissandone gli standard minimi di sicurezza al fine di ridurre le probabilità di accadimento di incidenti gravi, limitandone le conseguenze e così aumentando la protezione dell’ambiente marino. La Direttiva comunitaria è stata successivamente recepita in Italia con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n.145. Il Decreto si è inserito in un quadro normativo già esistente in materia di sicurezza e di protezione del mare dall'inquinamento che ha finora garantito, attraverso una rigorosa applicazione della norma e costanti controlli da parte delle strutture tecniche del Ministero dello sviluppo economico, in collaborazione con gli altri enti competenti, il raggiungimento di performance di sicurezza per i lavoratori e l’ambiente tra le più alte in Europa, con incidenti e infortuni ben inferiori a quelli del complesso industriale produttivo nazionale.

Il Comitato offshore

Organo di riferimento del Decreto Legislativo n.145 è il Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare, che svolge funzioni di Autorità Competente (AC) con poteri di regolamentazione, vigilanza e controllo al fine di prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitarne le conseguenze in caso di accadimento. Il Comitato opera con indipendenza dalle funzioni di rilascio dei titoli minerari che invece sono affidate ad una specifica e disgiunta autorità preposta al rilascio dei titoli abilitativi, o “licenze” (licensing); esso è stato istituito con struttura multi-body: un assetto pensato per consentire la diretta interlocuzione tra le principali autorità nazionali che si occupano di sicurezza offshore e per aumentare l’efficacia dell’azione congiunta degli enti che ne fanno parte, combinandone le diverse competenze; in particolare il Comitato, nel suo board centrale, è composto da: • il Presidente, esperto indipendente nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri; • il Direttore generale Infrastrutture e Sicurez-

za del Ministero della Transizione Ecologica; • il Direttore generale Patrimonio Naturalistico e Mare del Ministero della Transizione

Ecologica; • il Direttore centrale per la Prevenzione e la

Sicurezza Tecnica del Corpo Nazionale dei

Vigili del Fuoco; • il Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera; • il Sottocapo di Stato Maggiore della Marina

Militare. Il Comitato ha attualmente sede presso il Ministero della Transizione Ecologica, dove opera la relativa Segreteria, dispone di articolazioni sul territorio¹ (dette anche Comitati periferici) e si avvale delle strutture e delle risorse umane delle amministrazioni che lo compongono. È responsabile delle seguenti funzioni di regolamentazione e di vigilanza: • controllo sul rispetto da parte degli operatori del D.lgs. 145/2015 anche mediante ispezioni, indagini e misure sanzionatorie (si veda in Tabella 1 il numero di ispezioni effettuate in mare negli anni 2016-2020); • elaborazione di piani annuali volti a verificare che vi sia un controllo efficace dei grandi rischi, basato su opportuni sistemi di gestione ed in conformità ai documenti presentati per la valutazione dei rischi; • supporto e consulenza ad altre autorità o organismi, compresa l’autorità preposta al rilascio delle licenze; • elaborazione di relazioni, con un particolare accento all’assolvimento degli obblighi di trasparenza e condivisione delle informazioni quali, ad esempio, le mappe degli impianti a mare e le produzioni di idrocarburi (si vedano in Tabella 2 le ore lavorative effettive e la produzione totale di idrocarburi nei mari italiani negli anni 2016-2020).

In particolare si segnalano, per rilevanza, la relazione annuale al Parlamento concernente le attività svolte dal Comitato ed il report annuale sullo stato e la sicurezza dell’upstream offshore nazionale, pubblicato sul sito del Comitato e trasmesso alla

Commissione Europea secondo quanto disposto dal Regolamento di esecuzione UE n.1112/2014; • collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri, attraverso lo scambio periodico di conoscenze, informazioni ed esperienze concernenti, in particolare, il funzionamento delle misure per la gestione del rischio, la prevenzione degli incidenti gravi, le verifiche di conformità e la risposta alle emergenze. Da quanto sopra, emerge in tutta la sua specificità il carattere sovraordinato del Comitato ed il ruolo d’impulso e di verifica ad esso assegnato, in posizione di terzietà. Menzione a parte va fatta della funzione (art. 8, comma 3, lett. a del D.lgs. 145/2015) che si sostanzia nel valutare e accettare le relazioni sui grandi rischi, valutare le comunicazioni di nuovi progetti e le operazioni di pozzo o combinate e gli altri documenti di analisi e gestione del rischio ad esso sottoposti; processi nei quali un ruolo cardine è svolto dalle sezioni UNMIG e dalle già menzionate articolazioni territoriali.

Alcune riflessioni sui primi anni di attività del Comitato

Il Comitato si è insediato nel maggio 2017 e unitamente alle sue articolazioni territoriali si è riunito una quarantina di volte. Nel corso delle varie riunioni sono stati esaminati ed approvati, tra l’altro, i seguenti atti, di cui è stata data pubblicità sul sito istituzionale²: • la strategia d’azione e le priorità programmatiche annuali del Comitato; • la guida tecnica sulle modifiche non sostanziali relative alla manutenzione straordinaria delle installazioni e dei pozzi esistenti e le modifiche impiantistiche che non comportano varianti alle misure di protezione e prevenzione incendio; • le linee guida per la redazione delle Relazioni sui Grandi Rischi (RGR) e degli altri documenti di valutazione dei rischi da sottoporre al Comitato; • le relazioni annuali al Parlamento e alla

Commissione Europea sullo stato e la sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi; • le linee guida di indirizzo procedurale sulle ispezioni congiunte. In particolare, si vuole porre l’attenzione sui seguenti punti: (1) la documentazione per la valutazione dei rischi; (2) la consultazione tripartita; (3) la trasparenza; (4) la collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri. Le “Linee guida per la Redazione della relazione sui grandi rischi e la valutazione del rischio in accordo al D.lgs. n.145 del 18 agosto 2015” hanno costituito e continuano ad essere un solido punto di riferimento per tutte le parti coinvolte in Italia nel processo di elaborazione della documentazione da sottoporre al Comitato. In particolare, le summenzionate linee guida hanno permesso di avere uno strumento utile per la redazione e la presentazione della Relazione sui Grandi Rischi per gli impianti di produzione, così come previsto dall’art.12 del D.lgs. 145/2015. La norma ha fissato il mese di luglio 2018 come termine ultimo per la presentazione da parte degli operatori di tale relazione. Appare quindi opportuno riferire in questa sede che, nel rispetto del termine temporale stabilito, sono state presentate da Edison, Eni ed Enimed, unici operatori nei nostri mari, le Relazioni Grandi Rischi per tutti gli impianti esistenti che tuttora sommano a 140: 137 piattaforme e teste di pozzo sottomarine, 2 unità galleggianti di stoccaggio temporaneo/ trattamento a supporto delle piattaforme³ e 1 impianto di perforazione jack up (nelle Tavole 1-6 vengono riportate le mappe delle infrastrutture presenti nei mari italiani aggiornata al 31 dicembre 2020). Complessivamente, considerato che le RGR possono essere raggruppate per gruppi di impianti omogenei, le istanze di valutazione presentate sommano a 69 ripartite, per competenza territoriale, fra le Sezioni UNMIG di Bologna, Roma e Napoli rispettivamente nella misura di 29, 30 e 10 Attualmente, qua-

Tabella 2

si tutte le RGR risultano accettate 51 relazioni (di cui oltre 20 con prescrizioni). A seguito degli accordi siglati tra il Comitato, le rappresentanze sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative (FILCTEM CGIL, FEMCA CISL e UILTEC) e gli operatori (Edison, Eni ed EniMed) è stata avviata (2018) la Consultazione tripartita, meccanismo che consente il dialogo e la cooperazione tra Autorità Competente, gli operatori e i rappresentanti dei lavoratori nel campo della sicurezza dei luoghi di lavoro. Successivamente, sono stati definiti e approvati i documenti di Consultazione Tripartita per gli anni 2019 e 2020. La procedura di Consultazione Tripartita consente di: (1) formulare standard e strategie in materia di prevenzione di incidenti gravi; (2) definire linee programmatiche e di azione; (3) definire il sistema integrato salute–sicurezza-ambiente; (4) definire norme e linee guida sulle migliori pratiche in relazione al controllo dei grandi rischi, ai fini di una politica di prevenzione degli incidenti gravi. In relazione al tema della trasparenza, al Comitato è attribuito anche il compito di raccogliere le informazioni chiave relative alla sicurezza delle attività upstream che si svolgono nei mari nazionali, elaborarle e renderle disponibili sia agli interlocutori di riferimento sia ad un pubblico più ampio. Si tratta di un compito strategico, in quanto contemporaneamente cruciale sia per monitorare l’efficacia delle misure messe in atto per prevenire gli incidenti, sia per rafforzare la fiducia del Paese nelle istituzioni preposte al controllo. A questo scopo, il Comitato si è dotato di un sito internet volto a divenire un canale di riferimento per l’opinione pubblica per acquisire informazioni sulla sicurezza del settore. Con questo intento, ogni anno il Comitato elabora una relazione di sintesi sullo stato di salute del settore, che è liberamente accessibile sul proprio sito, oltre ad essere trasmessa alla Commissione Europea. Nel corso degli ultimi anni è stata rafforzata la cooperazione con le autorità competenti degli altri Stati Membri UE, così come la collaborazione con le istituzioni dell’Unione Europea. In ambito UE vi è da rilevare come, a circa quattro anni dalla data ultima per il recepimento della Direttiva nelle legislazioni nazionali, il processo avviato dalla Direttiva offshore sia giunto - si può dire - al suo “primo tagliando”; nel 2019, infatti, in accordo all'art. 40 della Direttiva stessa, la Commissione è stata tenuta a valutare “l'esperienza di attuazione della Direttiva, tenendo debitamente in considerazione gli sforzi e le esperienze delle autorità competenti degli Stati Membri”. Un compito importante e delicato che ha portato gli uffici della Commissione europea ad organizzare tra il 2018 ed il 2019 diverse riunioni, per raccogliere le opinioni e le

posizioni dei rappresentanti dell'autorità nazionali e dei differenti stakeholder (industria, sindacati, ONG, mondo accademico); inoltre, è stata avviata una consultazione pubblica che si è svolta nell’ultimo quadrimestre del 2018 per un coinvolgimento ancora più ampio sia dei cittadini sia di qualsiasi altra parte potenzialmente interessata o operativamente coinvolta nelle attività upstream offshore. Sempre la Direttiva stabilisce che la Commissione è tenuta a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione Europea una relazione4, riferita al periodo 2015-2019, che, oltre a contenere gli esiti del processo di valutazione, elaborato in base a cinque criteri (efficacia, efficienza, pertinenza, coerenza e valore aggiunto a scala europea), includa eventuali proposte di modifica, aggiornamento e implementazione della norma, da realizzarsi anche attraverso linee guida complementari. L’Italia ha dato un contributo importante nel summenzionato processo di valutazione della Direttiva, nell'ambito del EOUAG5, il gruppo consultivo di esperti delle Autorità competenti per la sicurezza offshore dell’Unione Europea che è stato istituito dalla Commissione nel 2012 per avere supporto tecnico e permettere lo scambio di conoscenze ed informazioni in materia. Nel passato più recente, il Gruppo europeo ha concentrato la propria attenzione sulle attività di decomissioning e di riconversione delle piattaforme esistenti (tema affrontato in parte dalla stessa Direttiva, oltre che da alcune linee guida macroregionali), sull’integrazione delle problematiche di safety e security (rendendo sempre più attuale l’uso comune italiano di indicare con l’unica parola “sicurezza” entrambi gli aspetti, a differenza di quanto avviene nei Paesi di cultura anglosassone) e sulla possibilità di rafforzamento della collaborazione tra Stati nella risposta all’emergenze. Attualissima risulta essere la discussione in atto nel gruppo di esperti sull’emergenza CoViD-19 che ha portato ad un confronto su alcuni punti chiave che, pur se in estrema sintesi, vengono riportati a seguire: • operatività delle Autorità Competenti per la sicurezza offshore; • operatività dei players industriali;

• riduzione del personale e modifica della turnazione lavorativa; • misure di igiene, salute e sicurezza per emergenza sanitaria; • elaborazione di scenari e valutazione del rischio. A seguito della grave emergenza sanitaria Covid-19, particolari attenzioni sono state rivolte dal Comitato alla situazione del settore offshore nel nostro Paese. I tre operatori nazionali (Edison, Eni ed EniMed) hanno tutti pienamente aderito con tempestività al Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus CoViD-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020, sottoscritto tra le parti sociali, su invito del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’Economia, del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministro dello Sviluppo Economico e del Ministro della Salute, in attuazione del DPCM dell’11 marzo 2020. Il Protocollo, in particolare, ha qualificato il CoViD-19 per gli ambienti di lavoro non sanitari quali rischio biologico generico andando a definirne le misure di precauzione, di gestione e di contrasto in linea con le previsioni legislative e le indicazioni governative a tutela della popolazione. In questo senso, i tre operatori hanno applicato quanto prescritto dal Protocollo attraverso ordini di servizio e addendum vari al Piano di Emergenza Generale. Su iniziativa della Segreteria del Comitato Offshore, è stato richiesto alle tre principali organizzazioni sindacali (FILCTEM CGIL, FEMCA CISL e UILTEC) di fornire riscontri/indicazioni in ordine all’applicazione dei provvedimenti governativi in materia di emergenza epidemiologica CoViD-19. Le OO.SS. hanno risposto osservando come, rispetto a tutti e tre gli operatori: (1) la situazione è stata costantemente monitorata con incontri giornalieri tra il Direttore delle unità operative e RLS/RLSU; (2) è stato ridotto il personale al minimo (come squadre di emergenza); (3) è stato applicato il Protocollo e le indicazioni dei vari enti preposti; (4) la permanenza delle squadre in piattaforma è di 14 giorni e sono state attuate procedure per evitare che esse si incontrano al cambio turno; (5) vengono sanificati tutti gli ambienti ad ogni cambio turno da ditte specializzate; (6) sono stati realizzati specifici addendum al Piano di Emergenza Generale; (7) regole nuove per mensa, spazi comuni, ecc. (8) regole specifiche anche per i trasporti su terraferma per arrivare alla partenza per la piattaforma. Al termine di queste riflessioni, si ricorda la recente pubblicazione (11 febbraio 2022) del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), per la pianificazione, sul territorio nazionale, sia in terraferma che in mare, delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, affinché le stesse possano risultare compatibili con l’assetto del territorio e sostenibili anche da un punto di vista sociale, ambientale ed economico. L’intervento normativo di cui alla Legge 8/2020 ha prorogato i termini di approvazione del citato PiTESAI, da 18 mesi - dalla data di entrata in vigore della Legge n. 12/2019 - a 24 mesi, e il termine ultimo degli effetti conseguenti alla mancata adozione del Piano stesso, portandolo da 24 a 36 mesi; il Piano potrà consentire la possibilità di installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nelle aree che saranno indicate come non compatibili con le attività upstream. In questo ambito, per quanto concerne le aree marine, il Comitato sarà chiamato ad esprimersi nell’ambito delle funzioni che gli sono attribuite. In conclusione, si vogliono mettere in evidenza due aspetti che si prefiggono da un lato di sintetizzare quanto sinora svolto dal Comitato e dall’altro quali possono essere le sue sfide future. Per quanto riguarda il primo aspetto si evidenzia in particolare il lavoro svolto relativamente: (1) all’elaborazione delle linee guida ed all’esame delle Relazioni Grandi Rischi; (2) alle linee guida per la attività ispettive; (3) all’avvio e all’aggiornamento dei Documenti di consultazione Tripartita; (4) alla fattiva collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri, con particolare attenzione alle misure per la gestione del rischio, la prevenzione degli incidenti gravi, le verifiche di conformità e la risposta alle emergenze. Per quanto riguarda invece l’aspetto relativo alle sfide future del Comitato si evidenziano: (1) le eventuali ricadute che potranno derivare sia dalle modifiche, aggiornamenti ed implementazioni della Direttiva europea, sia dalla implementazione del PiTESAI; (2) la necessità di disporre e consolidare adeguate risorse umane e finanziarie; (3) la autorizzazione di potere accedere alle disponibilità finanziarie in capo al Comitato da destinarsi sia alle attività ispettive delle infrastrutture offshore, sia alle attività di formazione e di aggiornamento del personale destinato a dette ispezioni.

Tavola 1

Tavola 2

Tavola 3

Tavola 4

Tavola 5

Tavola 6

Note

1. Le articolazioni sul territorio del Comitato sono costituite da: (a) il Direttore della Sezione UNMIG (Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse) competente per territorio (Bologna, Roma e Napoli); (b) il Direttore regionale dei Vigili del Fuoco o un suo rappresentante; (c) un Dirigente del

Ministero della Transizione Ecologica, che si avvale del Direttore del Servizio Emergenze Ambientali in Mare (SEAM) dell'ISPRA; (d) il Comandante della Capitaneria di Porto competente per territorio o un Ufficiale superiore suo rappresentante; (e) un Ufficiale Ammiraglio/Superiore designato dallo Stato

Maggiore della Marina Militare; (f) un Tecnico competente in materia ambientale o mineraria, in rappresentanza della Regione interessata e dalla stessa designato. 2. Sito istituzionale del Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare: https://www.mite.gov.it/paginacomitato-la-sicurezza-delle-operazioni-mare. 3. In particolare, n.2 FSO (Floating Storage and Offloading unit) denominate Alba Marina e Leonis. 4. Relazione in corso di finalizzazione alla data del 15/02/2022, ultima revisione del presente articolo. 5. EUOAG European Union Offshore o&g safety Authorities Group.

Bibliogra a

1. Terlizzese, F., Di Simone, C., Di Donantonio, L., Macini, P., Mesini, E. (2016) Le fonti fossili hanno ancora un ruolo rilevante, Ecoscienza, Rivista di Arpae Emilia-Romagna - Agenzia regionale prevenzione ambiente energia, VII, 5, Ott. 2016. ISSN 2039-0424. 2. Giacchetta, G., Macini, P., Mesini, E. (2016) La sicurezza delle operazioni in mare nel settore idrocarburi e la nuova direttiva europea 2013/30/UE, Proc. VGR 2016, Valutazione e gestione del rischio negli insediamenti civili e industriali, Istituto Superiore Antincendi, Roma. 3. Mesini, E., Il Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare (2017), pp. 354-356, in Volume celebrativo per i 60 anni dell’UNMIG, Roma, 2017, Ministero dello Sviluppo Economico, ISBN 978-88-90749-16-2. 4. Cianella, R., Ferrari, M., Macini, P., Mesini, E. (2019) Application and Evaluation of the 2013/30/EU

Offshore Safety Directive in Italy, in: 2019 SPE Europec - 81 EAGE Conference, London (https://doi. org/10.2118/195497-MS). 5. Direttiva 2013/30/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE; 6. Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 145 Attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE; 7. Regolamento di esecuzione (UE) N. 1112/2014 DELLA COMMISSIONE del 13 ottobre 2014 che stabilisce un formato comune per la condivisione di informazioni relative agli indicatori dei grandi rischi da parte degli operatori e dei proprietari degli impianti in mare nel settore degli idrocarburi nonché un formato comune per la pubblicazione delle informazioni relative agli indicatori dei grandi rischi da parte degli Stati membri (prima versione pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 302 del 22 ottobre 2014 da leggere congiuntamente alla successiva rettifica, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 107 del 25 aprile 2017). 8. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 marzo 2020, Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale. 9. Decreto ministeriale 5 luglio 2017 - Consultazione tripartita. 10. Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. 11. PiTESAI, Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, in Gazzetta Ufficiale n. 35 dell'11 febbraio 2022, “Avviso relativo al decreto 28 dicembre 2021 di approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI). Con decreto del Ministro della transizione ecologica n. 548 del 28 dicembre 2021 è stato approvato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), ai sensi dell’art. 11 -ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12”.

Sitogra a

1. https://euoag.jrc.ec.europa.eu/ 2. https://www.mise.gov.it/index.php/it/ministero/organismi/comitato-offshore 3. ed in particolare: o Relazioni al Parlamento sullo stato e la sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi per gli anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020. o Relazioni alla Commissione Europea (Reg. UE 1112/2014) sullo stato e la sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi e relative note metodologiche, anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020 4. https://www.mite.gov.it/comunicati/mite-pubblicato-il-piano-della-transizione-energetica-sostenibile-delle-aree-idonee

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