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Fondamenti e principi della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro: una breve ricognizione del sistema

FONDAMENTI E PRINCIPI DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO: UNA BREVE RICOGNIZIONE DI SISTEMA

a cura di Avv. Angelo Delogu

1. Le fonti della materia

A prescindere dalla (si spera) contingente disciplina legata all’emergenza epidemiologica e all’obbligo vaccinale, che per ragioni di spazio non sarà analizzata in questo contributo1, il diritto della sicurezza nei luoghi di lavoro si caratterizza tradizionalmente per un articolato sistema delle fonti2. Una sensibile influenza sull’ordinamento interno è stata esercitata dall’intervento del diritto comunitario3, e, in particolare, dalla direttiva quadro n. 89/391/CE (anche detta “direttiva madre”4), che ha avuto il merito di individuare, in termini sistematici, misure generali di tutela, le quali ancora oggi costituiscono il cardine del sistema. Già in precedenza le previsioni della Costituzione avevano assunto non solo il ruolo di limiti di legittimità delle leggi in materia quanto soprattutto la funzione di criteri interpretativi della legislazione preventiva, consentendone una lettura estensiva ed evolutiva. È bene ricordare che l’art. 32 Cost. definisce la salute sia come un diritto fondamentale (l’unico ad essere definito tale nella Carta costituzionale) dell’individuo, sia come interesse della collettività. Tale diritto reclama una tutela più intensa proprio nell’ambito del rapporto di lavoro, in conseguenza dei particolari rischi connessi all’esecuzione delle prestazioni lavorative. Salute che peraltro (secondo le indicazioni dell’OMS riprese dall’art. 2, co. 1, lett. o), d.lgs. n. 81/2008) non va letta in senso restrittivo, come mera assenza di malattia o infermità, bensì in senso globale, come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Accanto alla tutela della salute, l’art. 41, Cost. sottopone la libera iniziativa economica a precisi limiti, giacché essa non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (co. 2). Il fondamento costituzionale e comunitario della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro contribuisce a far sì che la stessa sia connotata da un alto tasso di inderogabilità, non potendo essere modificata in senso peggiorativo da clausole del contratto individuale di lavoro o del contratto collettivo. Va aggiunto che l’art. 117, co. 3, Cost. ricomprende tra le materie di legislazione concorrente la stessa tutela e sicurezza del lavoro5, anche se la competenza regionale (che pone un problema di ammissibilità di regole a carattere territoriale a fronte di esigenze protettive omogenee sul territorio nazionale6), ha carattere recessivo rispetto alla prevalente competenza statale. A livello di legislazione ordinaria la materia è regolata, in larga parte, dall’art. 2087 c.c. e dal

d.lgs. n. 81/2008. Proprio il d.lgs. n. 81/2008 introduce delle disposizioni di carattere promozionale e volontario, in particolare le norme di buona tecnica e le buone prassi (art. 2, co. 1, lett. u e v). È bene chiarire che tali norme, pur non vincolanti in sé, finiscono per divenire criterio di valutazione del rispetto degli obblighi di sicurezza, giacché sono richiamate in più occasioni dal d.lgs. n. 81/2008 e divengono vincolanti in conseguenza del potere di disposizione attribuito agli organi di vigilanza (art. 302 bis).

2. L’art. 2087 c.c. come norma di chiusura del sistema

L’art. 2087 c.c. rappresenta tutt’oggi il cuore pulsante della materia, che anima l’intero sistema posto a tutela della salute e sicurezza sul lavoro 7. La norma stabilisce che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. L’art. 2087 c.c., sebbene non formalmente collocato tra le norme che regolano il rapporto di lavoro, sancisce un obbligo di sicurezza ampio e generale, ponendolo in capo all’imprenditore, ossia – secondo una lettura costituzionalmente orientata – a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati. È ancora dubbia8 , invece, l’estensione di tale precetto normativo al lavoro autonomo, per quanto non si vedano ormai ragioni per escluderla. L’art. 2087 c.c. non svolge solo il ruolo di norma di principio, ma conserva autonoma valenza precettiva, in quanto norma generale e di chiusura del sistema9 . Nello specifico, l’art. 2087 c.c. circoscrive l’ampiezza dell’obbligo di sicurezza, sotto un profilo quantitativo e qualitativo. In senso quantitativo impone l’adozione sia delle cosiddette misure tipiche o nominate (ossia stabilite espressamente dalle disposizioni di legge o regolamentari), sia delle misure cosiddette atipiche o innominate (vale a dire quelle generiche cautele di scienza, prudenza ed esperienza da individuarsi in base ai criteri generali che lo stesso art. 2087 c.c. fissa10). In senso qualitativo, inoltre, l’art. 2087 c.c. richiede che le stesse misure tipiche siano normalmente interpretate, concretamente adottate e costantemente aggiornate in omaggio ai medesimi canoni generali. Il criterio della tecnica è stato da sempre il più discusso perché impone l’incessante adeguamento dell’apparato preventivo ai progressi compiuti dell’evoluzione scientifica e tecnologica (principio di massima sicurezza tecnologi-

ca)11. Su tale principio nel tempo si sono misurati due orientamenti12: quello della massima sicurezza tecnologicamente possibile e quello della massima sicurezza ragionevolmente praticabile13. Secondo il primo di essi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le cautele preventive suggerite dalla tecnica e dalla scienza più evolute in un dato momento storico (best available tecnology)14. È evidente che in tal modo si garantisce il miglior livello di tutela, ma si assegna al contempo un’ampia discrezionalità al giudice in una materia contrassegnata dai rilevanti risvolti penalistici. Il secondo orientamento ritiene che il dovere del datore di lavoro abbia una portata più limitata, esaurendosi nell’adozione solo delle cautele generalmente praticate ed acquisite nei diversi settori interessati (c.d. standard di sicurezza o best praticable tecnology)15. Fermo restando che è preclusa una delimitazione dell’obbligo di sicurezza sulla base dei costi economici delle misure preventive (13° considerando dir. n. 89/391/CEE), va detto che l’art. 2087 c.c., dando luogo ad un’obbligazione, richiede che l’individuazione dei presidi preventivi sia parametrata al criterio della diligenza qualificata ai sensi dell’art. 1176, co. 2, c.c.16 .

3. Il d.lgs. n. 81/2008 e il suo campo applicazione oggettivo e soggettivo

Il d.lgs. n. 81/2008, adottato in attuazione della l. delega n. 123/2007 e poi corretto e integrato da numerosi interventi successivi17, riassorbe, non tutte18, ma la maggior parte delle disposizioni previgenti, dando corpo, sebbene non formalmente, ad una sorta di testo unico della materia. Il campo di applicazione oggettivo del decreto è estremamente esteso, giacché, in un’ottica di tutela universalistica19, esso si applica in via generale a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio (art. 3, co. 1). È però contemplata una normativa di adeguamento, mediante l’emanazione di decreti ministeriali, per un esteso catalogo di pubbliche amministrazioni (ad es. Forze armate e di Polizia) e non solo (art. 3, co. 2)20 . Per quanto riguarda il c.d. campo soggettivo

di applicazione, agli effetti dell’art. 2, lett. a), d.lgs. n. 81/2008, per lavoratore deve intendersi la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestie-re, un’arte o una professione, un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato. Una nozione ampia, dunque, tale da ricomprendere chiunque si trovi inserito funzionalmente all’interno di un’organizzazione lavorativa. Al lavoratore così definito è peraltro equiparata un’ampia serie di soggetti: il socio lavoratore di cooperativa o di società, il tirocinante, etc. Alla dichiarata estensione del campo soggettivo di applicazione, fa da contraltare, però, la previsione dell’art. 3, co. 4, secondo cui sono fatte salve le numerose eccezioni e le limitazioni stabilite nei successivi commi21 .

4. La ripartizione degli obblighi e i soggetti obbligati

Giacché il singolo imprenditore non ha il totale controllo delle complesse organizzazioni produttive moderne, il legislatore ha inteso legalizzare il sistema di ripartizione di competenze interno alle imprese, dando vita ad un modello collaborativo non più incentrato sul solo datore di lavoro, bensì contrassegnato dalla partecipazione di molteplici attori della prevenzione22. In particolare, la disciplina prevenzionistica ha responsabilizzato tutti i soggetti della “line” aziendale, attraverso una distribuzione a “cascata” degli obblighi di sicurezza che conduce ad una quadripartizione degli stessi tra datore di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori23. Soggetti di cui il d.lgs. n. 81/2008 non solo detta delle puntuali definizioni (art. 2, co. 1, lett. a e ss., d.lgs. n. 81/2008), ma specifica puntualmente anche gli obblighi in alcune disposizioni di legge: art. 18, per il datore di lavoro e dirigente, art. 19, per il preposto, art. 20, per il lavoratore. L’individuazione delle persone fisiche che agiscono quali attori del sistema preventivo è imprescindibile perché, come è noto, le responsabilità penali (in questo caso connesse agli

obblighi sicurezza) sono strettamente personali (art. 27 Cost.). Se nelle strutture organizzative semplici, come un’impresa individuale, il datore di lavoro coincide tendenzialmente col titolare (legale rappresentante) della stessa, in alcune organizzazioni lavorative complesse (si pensi al grande gruppo societario) può essere complicato individuare la persona, o le persone fisiche, che assumono tale ruolo24. Nelle società di capitali sussistono le maggiori incertezze, tanto che si è sostenuto che il datore di lavoro possa coincidere o con l’intero consiglio di amministrazione, o con il presidente del consiglio, o con l’amministratore delegato25, etc. Il criterio decisivo, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. b), è il criterio sostanziale che consiste nell’esercizio dei poteri decisionali e di spesa. Le figure del dirigente e del preposto hanno assunto tradizionalmente un ruolo imprescindibile nell’organizzazione del sistema aziendale di sicurezza, tuttavia solo il d.lgs. n. 81/2008 ne ha fornito una definizione normativa, che accoglie in larga parte l’elaborazione consolidatasi precedentemente. All’omogeneità di compiti tra datore e dirigente (di tipo organizzativo) corrisponde la disomogeneità con le funzioni del preposto (che rivestono viceversa carattere esecutivo). Il dirigente, dunque, non è tenuto ad un controllo diretto sull’andamento giornaliero delle lavorazioni, ma ha l’obbligo di garantire una vigilanza di ordine generale26. La figura dirigenziale si distingue a sua volta da quella datoriale non tanto per la mancanza di poteri decisionali e di spesa, quanto perché il dirigente non li esercita in autonomia e misura tali da potersi considerare responsabile dell’intera organizzazione lavorativa27 . L’individuazione della figura del dirigente in senso prevenzionistico prescinde dal possesso dell’omonima qualifica in senso lavoristico, ai sensi dell’art. 2095 c.c., potendo essere concretamente rivestita anche da quei dipendenti che, pur ricoprendo altre qualifiche (ad esempio di quadri o impiegati), svolgano, anche di fatto, funzioni decisionali collocate al di sotto di quelle datoriali28. Il preposto invece è la persona che sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori (art. 2, co. 1, lett. e). Si tratta di una figura tipica del sistema prevenzionistico che generalmente coincide con il capo reparto, il capo ufficio, il capo squadra, il capo cantiere, il capo officina, etc29 In conclusione, la ripartizio-

ne delle competenze può sintetizzarsi secondo il seguente schema: a) il datore di lavoro detta gli indirizzi; b) il dirigente li attua; c) il preposto vigila sull’esecuzione degli stessi30 . Inoltre, l’art. 299, d.lgs. n. 81/2008, attribuendo veste formale al principio di effettività, stabi-lisce che le posizioni di garanzia del datore di lavoro, del dirigente e del preposto, gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno predetti soggetti31 . Allo scopo di innalzare la soglia di tutela il d.lgs. n. 81/2008: a) prevede la presenza di professionalità adeguate, onde sopperire a presumibili carenze datoriali (medico competente e RSPP); b) valorizza i diritti di partecipazione collettiva dei lavoratori (art. 47 e ss.); c) responsabilizza coloro che contribuiscono a conformare l’ambiente lavorativo (progettisti, costruttori, etc., art. 22 e ss.). Il medico competente collabora col datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi, onde effettuare la sorveglianza sanitaria e in relazione agli altri compiti previsti (art. 2, co. 1, lett. h). In particolare, la sorveglianza sanitaria (definita dall’art. 2, co. 1, lett. m, e disciplinata dall’art. 41) si articola in una serie di visite mediche del lavoratore all’esito delle quali il medico competente esprime un giudizio sull’idoneità alla mansione specifica. Il servizio di prevenzione e protezione è definito dall’art. 2, co. 1, lett. l), ed è disciplinato dagli artt. 31-34, d.lgs. n. 81/2008, che gli assegnano compiti di natura complementare o prepara-toria. Il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), in possesso di idonei titoli e requisiti (art. 32)32 e di specifica formazione33 , è mero collaboratore del datore di lavoro, pertanto, a dispetto del nome che porta, non è il responsabile della sicurezza ed è controverso che sia titolare di una posizione di garanzia34 (tanto che il d.lgs. n. 81/2008 non gli addebita responsabilità penali contravvenzionali). Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto una sua responsabilità relativa ad eventi causalmente collegati ad un comportamento colposo nell’ambito dello svolgimento dei propri compiti preventivi35 . Infine, l’art. 16, d.lgs. n. 81/2008 (che per la prima volta ha disciplinato l’istituto) consente al datore di lavoro di delegare suoi obblighi ad altri soggetti, nel rispetto di una serie di requisiti di forma (atto scritto, avente data certa, adeguatamente pubblicizzato, e accettato per iscritto) e di sostanza (individuazione di una persona professionalmente competente cui si conferiscono adeguati poteri di spesa)36. Il conferimento della delega non può riguardare gli obblighi indelegabili stabiliti dall’art. 17 e non elimina l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro (art. 16, co. 3). Va chiarito che però la posizione del delegato si distingue da quella degli obbligati iure proprio (es. dirigenti, preposti)37 poiché: a) i primi rispondono a titolo derivativo e i secondi originario; b) gli obblighi dei primi sono fissati dal datore di lavoro con l’atto di delega mentre quelli dei secondi sono legalmente predeterminati; c) la posizione dei primi ha effetto liberatorio nei confronti del datore di lavoro mentre la posizione dei secondi si cumula con essa38 .

5. Obblighi di sicurezza nei contratti di appalto

Gli obblighi di sicurezza relativi ai contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione, sono disciplinati dall’art. 26 d.lgs. n. 81/200839 . L’art. 26 si applica solo qualora il committente sia un datore di lavoro40 e ai soli lavori eseguiti all’interno dell’azienda o che si svolgano in luoghi di cui il committente ha la disponibilità giuridica41 . Ai sensi della norma il committente è tenuto a: a) verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese o dei lavoratori affidatari dei lavori42; b) fornire, a questi ultimi, informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e sulle misure adottate43; c) cooperare e coordinarsi con tutti gli esecutori in merito all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi incidenti sull’attività lavorativa oggetto di affidamento. Per la valutazione dei rischi da interferenza (ossia quei rischi aggiuntivi collegati alla sovrapposizione di più organizzazioni all’interno del medesimo ambiente lavorati44) il committente dovrà redigere un unico di valutazione (DUVRI)45 che si differenzia e si aggiunge al DVR di ciascuna impresa46 . Nei cantieri temporanei e mobili la ripartizione degli obblighi preventivi assume connotati particolari, trovando applicazione la disciplina contenuta nel Tit. IV, d.lgs. n. 81/2008, che prevede il coinvolgimento varie figure (committente; responsabile dei lavori; coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione; coordinatore per l’esecuzione dei lavori; lavoratori autonomi e imprese affidatarie ed esecutrici) e degli obblighi a contenuto documentale (redazione del piano di sicurezza e di coordinamento, di un fascicolo adattato alle caratteristiche dell’opera e di un piano operativo di sicurezza). Nell’ambito dei pubblici appalti trovano applicazione oltre alle normative suddette, alcune norme speciali contenute nel d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

6. Le misure generali di tutela e gli obblighi speci ci

L’art. 15, d.lgs. n. 81/2008 contiene un elenco di misure generali di tutela della salute e sicu-rezza

dei lavoratori, che specificano l’obbligo generale stabilito dall’art. 2087 c.c. Si tratta di indicazioni metodologiche e di principio (tra le quali spicca l’eliminazione del rischio e, ove non sia possibile, la sua riduzione al minimo), che debbono informare l’intero sistema preven-tivo aziendale. Tra gli adempimenti più rilevanti previsti dalla disciplina preventiva vi sono poi le attività di formazione, informazione e addestramento definite nell’art. 2, 1° co., d.lgs. n. 81/2008 e disci-plinate dagli artt. 36 e 37. I contenuti e le modalità della formazione sono oggetto di un Accor-do concluso in sede di Conferenza Stato/Regioni il 21.12.201147 . L’art. 30, annoverabile tra le disposizioni più innovative del d.lgs. n. 81/2008, identifica, infi-ne, i requisiti del modello di organizzazione e di gestione idoneo a scongiurare la responsabili-tà amministrativa degli enti in merito agli illeciti amministrativi dipendenti da reato ai sensi del d.lgs. n. 231/200148, la cui adozione è rimessa alla discrezionalità del singolo ente societario.

7. L’attività di vigilanza e la sospensione dell’attività imprenditoriale

In materia di vigilanza, l’art. 13, d.lg. n. 81/2008, come novellato dall’art. 13 del d.l. n. 146/2021, convertito in legge n. 215/2021, affida la competenza generale non più solo ai servizi ispettivi delle ASL, ma anche all’Ispettorato Nazionale del Lavoro; ferma la competenza specifica di altri soggetti49. Tra le misure sanzionatorie più incisive spicca la sospensione dell’attività imprenditoriale che è stata configurata come misura di contrasto tanto al lavoro irregolare (in nero) quanto al lavoro insicuro, prestato in violazione delle norme di sicurezza (art. 14, d.lgs. n. 81/2008)50. A seguito delle novità introdotte dal recente d.l. 146/2021, gli organi ispettivi sospendono qualsiasi attività imprenditoriale (la sospensione, dunque, non è più solo facoltativa, come nella precedente versione dell’art. 14, d.lgs. n. 81/2008, bensì necessaria) sia nel caso di impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 10% (non più solo 20%) del totale, sia nel caso di gravi (e non più anche reiterate) violazioni in materia di sicurezza, elencate dall’Allegato I. Il provvedimento di sospensione, a determinate condizioni previste dall’art. 14, d.lgs. n. 81/2008 può essere revocato da parte dell’organo di vigilanza.

Note

1. Rinvio a A. DELOGU, La rilevanza sotto il pro lo oggettivo della mancata vaccinazione dei lavoratori e alcune brevi spigolature sul concetto di idoneità alla mansione, in Lavoro Diritti Europa, 2021, n. 3

A. DELOGU (2020), La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori durante l’emergenza epidemiologica, in BELLOMO S., MARESCA A., SANTORO-PASSARELLI G. (a cura di), Lavoro e tutele al tempo del

Covid-19, Torino, Giappichelli, 114 e ss. 2. Sia consentito rinviare a A. DELOGU, Salute e Sicurezza sul lavoro, in Digesto Disc. Priv. Sez. Comm,

Agg., Milano, Utet, 2017, 434 e ss. e P. PASCUCCI, La tutela della salute e della sicurezza sul lavoro: il

Titolo I del d.lgs. n. 81/2008 dopo il Jobs Act, Fano, Aras, 2017 3. L. ANGELINI, La sicurezza del lavoro nell’ordinamento europeo, in WP Olympus, n. 29/2013. 4. Sono seguite direttive dedicate a speci ci aspetti della materia, cosiddette direttive glie, si pensi alle dir.

CE 89/391; 89/655; 89/656; etc. 5. P. PASCUCCI, Brevi note sulle competenze delle Regioni in tema di disciplina della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, in WP Olympus, 13/2012. 6. Cons. Stato (parere), 4.4.2005. Tutte le sentenze citate nel presente contributo si possono rinvenire in https://olympus.uniurb.it/, nella sezione giurisprudenza. 7. Si rinvia ad A. DELOGU, La funzione dell’obbligo generale di sicurezza sul lavoro, prima, durante e dopo la pandemia: principi e limiti, Fano, Aras, 2021 8. P. PASCUCCI, 3 agosto 2007-3 agosto 2009. Due anni di attività legislativa per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il titolo I del d.lgs. n. 81/2008 modi cato dal d.lgs. n. 106/2009, Quad. Olympus, 3/2011, 63 ss. Contra Cass., 23.7.2013, n. 17896. 9. Cass., 19.2.2016, n. 3291. 10. Cass., 26.4.2017, n. 10319. 11. Principio che trova conferma anche nell’art. 15, co. 1 lett. c), d.lgs. 81/2008. 12. M. LAI, Il diritto della sicurezza sul lavoro tra conferme e sviluppi, Torino, 2017, 17. 13. G. NATULLO, Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza sul lavoro. Dalla Massima sicurezza (astrattamente) possibile alla Massima sicurezza ragionevolmente (concretamente) applicata?, in WP Olympus, 39/2014,1 ss. 14. Cass., 5.11.2015, n. 2261. 15. Corte cost. 25.7.1996, n. 312. 16. Cass., 21.5.2013, n. 12413. 17. Il primo sostanziale intervento si è avuto con il d.lgs. n. 106/2009 e da ultimo il d.l. 146/2021 conv. in l. 215/2021. P. PASCUCCI, Dieci anni di applicazione del D.Lgs. n. 81/2008, in Dir. sic. lav., 2018, 1, 1 ss. 18. Es. d.lgs. n. 624/1996 (sulle attività estrattive); etc. 19. A. ANTONUCCI, Il campo di applicazione “oggettivo” e “soggettivo” della nuova normativa in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, in Dir. Rel. Ind., 2008, 441 ss. 20. Tali decreti, dopo molte proroghe, risultano adottati solo in riferimento, ad esempio, alle forze armate (art. 184, d.lgs. n. 66/2010 e dell’art. 244 ss., d.p.r. n. 90/2010); al dipartimento della protezione civile (d.p.c.m. n. 231/2011), Etc. 21. A. DELOGU, Lavori atipici ed uniformi esigenze di tutela, in Amb. Sic. Lav., 2015, 11, 27 ss. 22. Cass., 10.2.2016, n. 8883. 23. F. BASENGHI, La ripartizione intersoggettiva del debito di sicurezza, in L. GALANTINO (a cura di), Il

Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, Torino, 2009, 86; 24. C. LAZZARI, Figure e poteri datoriali nel diritto della sicurezza sul lavoro, Milano, 2015, 13 ss. 25. Cass., 10.6.2010, n. 38991. 26. Cass., 7.12.2005, n. 44650. 27. Cass., 7.11.2013, n. 6370. 28. Cass., 7.4.2011 n. 22334. 29. Cass., 7.2.2012, n. 16888. 30. Cass., 6.5.2016, n. 24136. 31. Trib. Firenze, 17.12.2015, n. 4678. 32. Cass., 6.5.2014, n. 20682. 33. Vedi gli Accordi siglati in Conferenza Stato/Regioni il 21.12.2011, il 25.7.2012 e il 7.7.2016. Si v. inoltre gli

Interpelli n. 18/2013 e nn. 12 e 14/2014. 34. Cass., 23.11.2012, n. 49821. Contra Cass.17.1.2014, n. 22233. 35. Cass., 31.1.2013, n. 4958. 36. Si rinvia a A. Delogu, Alcune considerazioni sulla delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tra conferme e recenti sviluppi, in Riv. Inf. Mal. Prof., 2018, I, 219.

37. Cass., 20.7.2016, n. 33630. 38. Cass., 19.3.2015, n. 24452. 39. O. BONARDI, La sicurezza sul lavoro nel sistema degli appalti, in WP Olympus, 26/2013. 40. Contra Cass., 18.9.2013, n. 42347. 41. Trib. Forlì, 10.7.2014 n. 933. 42. Cass., 6.12.2016, n. 10014. 43. Cass., 7.1.2009, n. 45. 44. Cass., 19.6.2009, n. 25946. 45. Cass., 14.11.2012, n. 2285. 46. Cass., 2.5.2016, n. 18200. 47. Interpello 21.3.2016, n. 4. 48. A. DELOGU, Modelli di organizzazione e di gestione: requisiti, contenuti ed efficacia esimente, in Amb.

Sic. Lav., 3, 2016, 50 ss. 49. Ad es. al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la protezione antincendi, al Ministero dello sviluppo economico per il settore minerario, etc. 50. C. Cost. 5.12.2010, n. 310.

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