ACCADEMIA SALI D’ARGENTO PRIMA RILEVAZIONE
Paolo Mengucci, Ritratto di Mario Giacomelli, cm. 30x40, Raccolta Musinf
Quaderni della Fondazione Senigallia
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PAOLO MENGUCCI DOMENICO TADDIOLI BALDONI RAFFAELLA GIOACCHINO CASTELLANI STEFANO COACCI FABIO CORINALDESI WALTER FERRO PATRIZIA LO CONTE MARCO MANDOLINI ANNA MENCARONI ALFONSO NAPOLITANO DANIELE PAPA ALBERTO POLONARA GIORGIO PEGOLI ALBERTO RAFFAELI PAOLO ROSCINI
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FOTOGRAFI ACCADEMIA
“SALI D’ARGENTO” PRIMA RILEVAZIONE
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SALI D’ARGENTO AL PALAZZO DEL DUCA DI SENIGALLIA Nell’ambito delle iniziative di valorizzazione della cultura fotografica l’Osservatorio della Fotografia della Provincia di Ancona propone in mostra al Palazzo del Duca, che è la nuova sede del Musinf, Museo comunale d’arte moderna e della fotografia di Senigallia, le opere di: Raffaella Baldoni, Gioacchino Castellani, Stefano Coacci, Fabio Corinaldesi, Walter Ferro, Patrizia Lo Conte, Marco Mandolini, Anna Mencaroni, Paolo Mengucci, Alfonso Napolitano, Daniele Papa, Alberto Polonara, Giorgio Pegoli, Albero Raffaeli, Paolo Roscini, Domenico Taddioli. Si tratta della mostra di avvio dell’attività documentaria e didattica dell’Accademia Sali d’argento coordinata da Gioacchino Castellani. Il sodalizio intende raccogliere e diffondere la documentazione relativa ai fotografi marchigiani, che hanno operato e continuano ad operare in camera oscura, seguendo i canoni della fotografia ai sali d’argento. L’iniziativa intende anche diffondere, con laboratori didattici e workshop, l’amore per la camera oscura tra i giovani fotografi. L’itinerario espositivo, in considerazione del novantesimo anniversario della nascita di Mario Giacomelli, si apre con una rassegna dei ritratti del grande fotografo senigalliese scattati da Paolo Mengucci. Gioacchino Castellani ha iniziato l’attività di promoter fotografico negli anni 70’ con la prima rassegna collettiva organizzata in Osimo nel 1985, dedicata alla “Marcia della Pace PerugiaAssisi”. Negli anni successivi ha allestito per il circolo fotografico Arci mostre in varie località della provincia anconetana. Nel 1988 ha fondato con alcuni amici il Fotoclub “Mario Giacomelli “ di Osimo e a distanza di venti anni il sodalizio “Associazione Fotografica Ferruccio Ferroni” di Monte San Vito. Negli anni 1997-1998 ha organizzato a Chiaravalle due edizioni di “Fotomarche”, rassegna di fotografia marchigiana. Promosso Delegato Provinciale Fiaf nel 1999, ha organizzato nella provincia anconetana nel periodo 1999-2008, dieci edizioni di “FiafIncontri”, rassegna itinerante di fotografia, nelle città di Jesi, Ancona, Osimo, Porto Recanati, Senigallia, Falconara. Come attività editoriale ha dato alle stampe cinque monografie FIAF dedicate ai fotoamatori marchigiani: “Esperienze di un fotoamatore” e “Fotografi in Provincia” nel 2002, “Rassegna di Fotografia Marchigiana” nel 2005, “La Scuola dei Maestri” nel 2008, “Incontri Osimani” nel 2010. Carlo Emanuele Bugatti Direttore del Musinf
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PAOLO MENGUCCI RACCONTA MARIO GIACOMELLI BUGATTI. L’occasione della mostra alla Biblioteca nazionale di Parigi e degli interventi a Senigallia di Anne Biroleau ha riproposto l’attenzione sulle ricerche relative alla fotografia di Mario Giacomelli, che ha avuto in Paolo Mengucci un testimone assiduo, come dimostrano le centinaia di fotografie, scattatate da Mengucci, che il Museo comunale d’arte moderna di Senigallia sta ora catalogando e predisponendosi ad esporre e a pubblicare nei “Quaderni del Musinf”, di cui questa edizione è un prototipo. Le risposte seguenti di Mengucci ci danno il quadro di un’amicizia rispettosa e costante e i paramentri di un metodo di lavoro rigoroso nell’ambito della fotografia d’arte, che ha avuto a Senigallia, a partire dal Gruppo Misa, una fucina di rilevanti talenti, tra i quali si è imposto a livello internazionale, quello di Giacomelli. Come è avvenuto l’incontro di Paolo Mengucci con Mario Giacomelli? MENGUCCI. Con Giacomelli non c’è stato un incontro. Siamo stati insieme tantissimi anni. Ci siamo visti al bar e da lì siamo andati avanti quotidianamente, negli ultimi dieci anni della sua vita. Dal 1985 ci siamo visti tutte le mattine al bar. BUGATTI. Incontri situati nel giro quotidiano, che faceva Giacomelli e che ora è storicizzato dalle ceramiche, poste in opera per iniziativa del Comune di Senigallia. Tanti amanti della fotografia vengono al Museo d’arte moderna dove c’è la raccolta civica delle opere di Giacomelli, poi chiedono di poter visitare i luoghi del percorso che Giacomelli e Mengucci percorrevano ogni giorno nel centro storico senigalliese.. MENGUCCI. Al Caffè centrale c’era la “prima botta” della giornata. Giacomelli ed io facevamo quasi una gara , a chi arrivava prima. La regola era che chi arrivava prima al bar doveva pagare. Lui veniva da una via, io dall’altra, lui mi faceva le scopertine e certe volte mi tagliava la strada per arrivare prima e pagare. BUGATTI. Cosa vuol dire che con Giacomelli non c’è stato un momento definibile di primo incontro? MENGUCCI. Con lui era una cosa strana. Il rapporto con Mario è stato tutto strano, non era un rapporto come quello con una persona qualunque. Prima che mi chiamasse per nome , pure ci vedevamo tutte le mattine e non abbiamo mai smesso una mattina di vederci, ci avrà messo due-tre anni. Poi era una “cappula”, uso il termine locale per dire che era timidamente chiuso a conchiglia. Prima che si aprisse un tantino siamo stati per anni una mezz’oretta insieme tutte le mattine, dalle 7,15 alle 8, usando il tempo disponibile prima che arrivasse qualcuno nella sua tipografia, dove stavamo su quel “banchettino” tutti e due, io da una parte, lui dall’altra, a chiacchierare, a raccontare. La vita sua era la fotografia. Sul privato ho impiegato tanti anni prima di arriva8
re a una specie, non dico di comunicazione. Lui era molto tradizionalista, molto legato alla madre, in una maniera non esagerata, ma certo assai forte. La sua vita è stata così. Tu del resto, Bugatti, l’hai conosciuto bene. BUGATTI. Sì. Molto spesso ci siamo visti su tematiche varie dagli anni Sessanta, lui ha contribuito anche a molte iniziative espositive del Museo e mi onora che abbia voluto collaborare con me per costruire la raccolta civica del Gruppo Misa e affidarmi la conservazione delle tante opere della Civica raccolta Giacomelli per il Museo d’arte moderna. La verità è che se serviva una cosa di impegno culturale vero. MENGUCCI. Lui questa cosa te la faceva. Aveva un cuore esagerato e un senso forte dell’amicizia... BUGATTI. Giacomelli vuole dire fotografia. Il vostro Lavoro insieme viene raccontato sinteticamente anche dalle fotografie di questo quaderno? MENGUCCI. Da subito siamo andati fuori la domenica, l’unico tempo che io avevo libero era la domenica, ma per lui era la stessa cosa. A lui piaceva che guidassi io. Gli piacevano le macchine sportive, ma se andava forte diceva che non sentiva più la macchina, sentiva come se volasse, aveva l’impressione di non avere più il controllo. Io prima avevo la Giulietta, una macchina che a lui piaceva da matti, poi ho fatto la Thema. Appena salito sulla Thema Giacomelli è stato entusiasta. Non andavamo da nessuna parte se non con la Thema. Andavamo a vedere i posti. Poi, quando arrivavi sul posto diceva, riferendosi alla fotografia da scattare: “La vedi?” “No?”. “Allora scansati, ci penso io”. Lui guardava da una certa parte, se vedevo quel tipo di fotografia, soprattutto paesaggi, nei primi tempi, potevo scattare io e lui non scattava. Se non “vedevo” la foto” mi diceva: “Tu vai da un’altra parte”. Questo nei primi tempi. Dopo ha cominciato a spiegarmi come andava composta la fotografia, cosa ci vedeva. Io vedevo le piante, i segni, il terreno, lui invece vedeva tutte altre cose. Certe volte mi diceva: “Sembra un polmone”, oppure “quella è una foglia”. Magari un terreno arato in un determinato modo, lui lo vedeva in modo diverso. Navigava sempre con l’immaginazione, cercava di esprimere quello che aveva dentro. La fotografia sua la conosciamo tutti, è impressionante, perché tremenda sotto molto aspetti BUGATTI. Tra le esperienze con Giacomelli, che risultano anche da questo quaderno fotografico, si segnala come significativa quella del viaggio a Venezia per l’inaugurazione della mostra al Gugghenheim. MENGUCCI. Sì, a Venezia ci siamo andati più volte, ma soprattutto ricordo quando siamo andati al Guggenheim. Gli è piaciuto tanto il trono, posto all’ingresso dello spazio museale. Si è voluto far ritrarre insieme ai quadri di Picasso, che per lui era il massimo. Diceva “Vedi? Ci sono le foto mie insieme a 9
quelle di Picasso”. Il grande onore suo era quello, non la mostra al Guggenheim, che faceva intendere non sapesse neanche cosa volesse dire come istituzione di grande prestigio, ma il fatto di essere nella stessa mostra insieme a Picasso lo emozionava. Oltre che del Guggenheim e delle foto sue, a Venezia abbiamo sempre parlato di una foto di Gianni Berengo Gardin. Parlo della foto che Berengo Gardin ha fatto sui vaporetti, dove ci sono una persona che esce, un’altra persona che guarda qua, poi 4-5 persone su piani sfalsati ed è uno scatto unico. Praticamente siamo stati parecchio tempo sui vaporetti per cercare di ricreare una condizione che permettesse di rifare la situazione. In effetti Mario non vedeva una foto senza che avesse qualche effetto costruttivo. Però voleva sapere com’era fatta, cercava di scoprire le tecniche. Mario riusciva a fare quello che voleva, però adoperava i doppi scatti, le doppie esposizioni, sovrapposizioni, manipolazioni di stampa. Invece chi riusciva con uno scatto solo a bloccare tutta una situazione, lo appassionava. Gli piaceva il fatto di fare il reportage puro come Berengo Gardin sapeva fare, per certi versi specialmente con la foto che ho citato. Siamo stati quel giorno sui traghetti proprio a vedere come fare. Mi diceva: “Ecco, mancherebbe un’altra persona...”. Cercava di ricreare una condizione che per lui era magica. Succedeva così con molti fotografi. Ultimamente, prima della morte di Giacomelli, con Vickings, con Mapplethorpe, persone anche pregne di morte. La passione sua era sempre stata quella. Si tratta della paura come sentimento universale, naturalmente. La paura della vecchiaia, della morte. Circa Vikings, cercava di capire come facesse. Parlo della Morgue, di quei due uomini vecchi, di quelle due teste recise che si baciano. Abbiamo cercato anche di scoprire la tecnica che adoperava. Parliamo sempre di tecnica fotografica pura. Adesso con il digitale si fa tutto, ma 10 anni fa, 15 anni fa era dura, perché per avere certi effetti si facevano manipolazioni pesanti di stampa. Lui era un padrone della tecnica, però quando vedeva queste altre cose molto avanzate, Mapplethorpe, con quelle luci stupende, con quei corpi, con quella rotondità si appassionava e cercava sempre di carpire qualcosa. BUGATTI. Giacomelli non faceva soste nella sua ricerca. MENGUCCI. È vero era uno che non si fermava mai, non si accontentava, non viveva di rendita per quello che faceva. Era uno sempre proiettato in avanti. BUGATTI. I tempi per questo lavoro di ricerca come li trovava. Aveva anche impegnative attività imprenditoriali. MENGUCCI. La notte... La camera oscura per il fotografo di una volta era la notte. Di notte sviluppavi, stampavi. Io sono stato in camera oscura qualche volta con Giacomelli, anche se era molto geloso della sua tecnica: per esempio, a volte per Scanno voleva una esposizione anche di 15 minuti: andava sotto, mangiava qualcosa, tornava su. Mascherava,poi tornava, teneva il foglio nel bagno di sviluppo. Certe volte ha tenuto in sviluppo le foto anche un giorno 10
intero. Fino al giorno dopo, per vedere se venivano fuori le cose che voleva. Aveva dei negativi molto densi, cercava di mettere doppi scatti, faceva sempre un’esposizione molto grassa, molto pesante. Li avete visti al Museo i suoi negativi: sono negativi forti. BUGATTI. Scanno? Siete stati insieme anche a Scanno. MENGUCCI. Scanno era l’amore suo. Si confrontava con chi aveva fotografato Scanno prima di lui. È andato anche nello stesso punto da dove aveva fatto la famosa foto di Scanno. Infatti siamo stati nuovamente nella piazzetta che era cambiata, non c’era più la terra come prima, non so quanti rullini ha fatto continuando a ricercare la stessa emozione delle donne che arrivavano vestite come solo a Scanno si vede. Questo per cercare di ritrovare l’emozione della famosa foto sua. Poi è ritornato sulle scale, è stato tutta la mattinata abbarbicato in cima alle scale cercando di vedere quello che aveva visto nella piazzetta lì davanti. Anche lì mi aveva chiesto di fargli delle foto. E’ stata una cosa voluta da lui, perché la maggior parte delle volte, quando andavamo a fare le foto, si diceva sempre come si poteva fare. “Tu vai da una parte, io vado dall’altra”. Se io andavo a destra lui andava a sinistra e viceversa. Quasi mai si andava insieme a fare le foto e ci si vedeva in un determinato punto. Oppure, come in certi casi, mi chiedeva di fare delle foto a lui. Mario non era una persona con cui potevi usare sotterfugi, sapeva esattamente cos’era il mezzo fotografico. BUGATTI. Oltre alle foto scattate a Scanno c’è anche una suite notevole di foto tue su Giacomelli scattate a Montecarotto, dove risalta la natura fondamentale di Giacomelli come regista o pittore. MENGUCCI. A Giacomelli piaceva questo contatto con la gente in occasione dei Canti della Pasquella. Si tratta di una cosa fatta in anni diversi, ripetuta. Non un anno solo. Anche a Montecarotto c’era il rito del caffè nel bar, dove si prendevano accordi, si vedeva chi arrivava lì per cantare. Arrivavano tutti dentro il bar e lui già cominciava l’attività creativa. Cercava un gruppo da seguire che, in anni successivi, era sempre quello. Avevano un cappello con tabarro. È vero, come dici. Lui già preparava le foto. C’è un mio scatto in cui si vede Mario che da dentro il bar riquadrava l’occhio con le dita già per cercare di vedere le inquadrature. Certe volte tirava fuori anche dei fogli tutti piegati dove aveva già fatto tutta la costruzione delle foto. Lui cercava le posizioni, aspettava poi si verificassero per caso. Anche nel Carnevale lui non diceva quali dovevano essere le posizioni, però già arrivava con uno schemino. Era in simbiosi con Fellini. Montava la scena in una sorta di regia delle sue foto. Non partiva con l’idea di vedere cosa succedeva, come fa il reportagista, che e a seconda di cosa succede fa lo scatto veloce per cercare di riprendere la scena. Giacomelli già l’intera scena ce l’aveva nella testa sua e se non riusciva, aspettava. Se c’erano due persone e ce ne doveva essere una, lui faceva due scatti, con una e con l’altra, in modo da 11
montare la foto come l’aveva immaginata. A Scanno aveva tanto di foglietti con tutte le foto che erano immaginate. Aveva una composizione, una regia delle foto come dovevano essere. Era straordinario questo fatto. Aveva qualcosa nella testa, che doveva cercare di tirare fuori con le foto, proprio come un regista con la scena o un pittore con il quadro. Le sue foto sono molto sofferte, molto elaborate, molto studiate, se vogliamo. Quando poi il soggetto si prestava ed era inanimato, come avveniva a Polverigi, in cui c’erano i pupi poggiati per terra dove poteva lavorare, tutta la mattinata stava lì lungamente. Spostava di un pelo da una parte, poi dall’altra, poi tirava fuori le maschere che aveva lui, ci metteva i suoi personaggi: il cane finto, la faccia che aveva nella macchina, tutti gli attrezzi. Era la sua presenza insieme alla foto. Doveva esprimere, doveva cercare di mettere nella foto tutto quello che sentiva dentro, che era una cosa davvero straordinaria. BUGATTI. Anche un amico vero, sensibile e intelligente poteva entrare in crisi di fronte alla genialità di Giacomelli? MENGUCCI. È vero, io ho smesso di fotografare, a un certo punto, perché andare con lui era tremendo. Siamo andati a Loreto l’ultima volta e praticamente abbiamo fatto le stesse cose. Io l’ho anticipato, la mattina dopo sono arrivato giù con le foto e gliele ho fatte vedere. Lui le ha fatte tre giorni dopo. Le mie erano le stesse. Io ero per lo scatto unico, per il reportage. Se c’era una persona mi sembrava interessante per il personaggio, lui invece magari era interessato a una macchia che il personaggio aveva sulla testa. Mi diceva “vedi quella macchia? Sembra una cartina geografica”. A quei tempi c’era Gorbaciov e lui diceva “se potessi fotografare Gorbaciov fotograferei solo quella macchia che ha sulla testa”. Lui vedeva altre cose che una persona come me non vedeva. Una composizione artistica. Il fatto estetico, insomma, era completamente differente. Io vedevo l’azione, vedevo le cose, i personaggi, forse anche certe emozioni che aveva la gente che fotografavo. Lui invece fotografava le sue emozioni. Una cosa completamente differente. I soggetti che aveva davanti non gli interessavano più di tanto, l’importante era che lui potesse fare la sua fotografia. BUGATTI. Voi siete andati insieme a fotografare costantemente. MENGUCCI. Tutte le domeniche. Mia moglie mi voleva quasi lasciare. Il giro normale era quello della spiaggia, a Marotta. C’erano dei posti che lui ha fotografato sempre ed erano come una miniera per lui, specialmente il lungomare da Marotta o fino a Marina di Montemarciano. In qualche caso non voleva assolutamente che facessi niente, che non scattassi, perché in effetti le foto sue erano talmente costruite che, se avessi rifatto la foto, avrei fatto esattamente una riproduzione della sua, perché non c’era nessun’altra possibilità alternativa. Lui spostava delle 12
tavole, delle cose. Ce una foto che abbiamo fatto a Montecarotto. Lui camminava sulla neve per fare le tracce, poi andava sopra per vedere come erano venute, poi tornava giù. Per una persona della sua età era agilissimo. Prendeva dei legni, strisciava per terra. Un giorno in un campo di neve - non so quante foto abbiamo fatto, tutti e due - ha preso un cancello di ferro, molto pesante, poi lo ha battuto per terra, come un timbro. Tum, tum, tum. Ha fatto una composizione sua, una scenografia sulla neve straordinaria. In quei casi, se volevo essere amico suo dovevo mettere via la macchina mia. Al massimo potevo fotografare lui. Oppure, sempre su Montecarotto ci sono delle foto che lui mi ha consigliato di fare con doppi scatti, uno qui, una qua. Poi, quelle che sono venute sono venute assai bene. Però io non avevo certo la sensibilità sua. BUGATTI. C’era su tutto comunque la vostra amicizia e sintonia. MENGUCCI. Gli aneddoti sono tantissimi, soprattutto per quando Mario si fidava totalmente di me. Sapendo come io avrei coperto la sua timidezza, la sua riservatezza con la gente. Ricordo il Carnevale, che era per Mario la trasgressione dei personaggi, perché trovava lì i personaggi che voleva: andava in cerca di quello vestito da morte o da altro. Poi quando cominciava a fotografare due-tre persone, queste stavano sempre intorno a lui. Praticamente c’era come una cattura del personaggio, tacita. Lui non parlava molto. Se gli domandavano qualcosa lui non rispondeva neanche, contava su di me. Al massimo, come ci è successo a Scanno, quando ci si è agganciato uno che voleva sapere cosa Giacomelli ci facesse con le foto che stava scattando, lui ha risposto: “Io sono di Senigallia, sono venuto qui con il sindaco di Senigallia”, indicando me come se io fossi il sindaco. Era anche così credibile e serio quando faceva queste cose che quel signore di Scanno mi ha detto “buon giorno signor sindaco”. Poi mi ha dato la mano. Gli ho dovuto dire “siamo venuti qui perché faremo delle mostre, dovremo fare un catalogo”. Questa persona è andata per le lunghe e mi ha chiesto: “parli con il nostro sindaco”. Quando poi siamo andati a mangiare in un ristorante che avevamo adocchiato arrivando, mi hanno salutato “Buon giorno, signor sindaco”. Già si era sparsa la voce che c’era il sindaco di Senigallia, io, accompagnato da un qualsiasi fotografo, Giacomelli.
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PAOLO MENGUCCI Negli anni novanta l’autore ha fatto parte del Gruppo Fotografico Centro studi Marche di Senigallia con il quale ha maturato importanti esperienze ed esposto in diverse mostre collettive. Nel luglio del 1995 ha firmato il manifesto dei fotografi senigalliesi Passaggio di Frontiera, insieme ad altri fotografi importanti tra i quali Mario Giacomelli e Ferruccio Ferroni. Nell’occasione ha esposto al Palazzo del Duca di Senigallia la personale “Gente di strada” con la presentazione di Jean Claude Lemagny.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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Ritratto di Mario Giacomelli, s.d.
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DOMENICO TADDIOLI Nato ad Osimo, ha iniziato a fotografare alla fine degli anni cinquanta, quando conobbe Giuseppe Cavalli che lo giudò con sincera amicizia. Nel 1962 è stato nominato AFIAP (Artiste de la Federation Internationale de l’Art Photographique). Nel 1964 ha fondato con alcuni amici il Circolo Fotoamatori “Senza Testa” di Osimo, ricoprendo la carica di Segretario sino al 1999. Nella lunga attività foto amatoriale ha ottenuto numerosi riconoscimenti e affermazioni sia in ambito nazionale che internazionale. Sue fotografie sono state esposte in diverse città italiane ed europee e molte pubblicate su riviste, annuari e libri fotografici. Nel 1995 ha dato alle stampe il libro “Fotografie 1958-1995” interamente dedicato al bianconero e nel 2013 la pubblicazione “Sud anni 60” dedicata questa volta al colore. Per meriti artistici nel 1995 gli è stata conferita l’onereficenza M.F.I. (Maestro Fotografo Italiano).
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“Primo mattino”, Umbria, s.d.
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“Messaggi Murali”, Umbria, s.d.
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“Profilo”, Umbria, s.d.
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“Cani Pastore”, Umbria, s.d.
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“Castelluccio”, Umbria, s.d.
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“Inverno”, Abruzzo, s.d.
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“Donne in nero”, Abruzzo, s.d.
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“Abitazioni particolari�, Puglia, s.d.
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“Scalinata”, Puglia, s.d.
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“Nuove e abbandonate”, Basilicata, s.d.
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“Autorimessa”, Basilicata, s.d.
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“A dorso di mulo”, Basilicata, s.d.
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“Case”, Basilicata, s.d.
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“Famiglia in attesa”, Basilicata, s.d.
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“Piazzetta di Paese”, Basilicata, s.d.
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“Si va al lavoro”, Basilicata, s.d.
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“Una madre”, Basilicata, s.d.
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“Piccola donna”, Basilicata, s.d.
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“Sola con il suo mondo”, Basilicata, s.d.
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“Le due età”, s.d.
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RAFFAELLA BALDONI Marchigiana, vive e lavora a Recanati. La sua formazione classica e il desiderio della scoperta l’ha portata a viaggiare in America Latina, Stati Uniti e Asia, coniugando la propria sensibilità femminile con l'acuta osservazione del quotidiano. Il risultato è una profonda indagine sociale indagata e registrata attraverso il medium fotografico. L'uso del bianconero è stata una scoperta quasi casuale, avvenuta dopo l’acquisto di una foto durante una visita ad una mostra. Impressionata dalle potenzialità delle tradizionali macchine fotografiche, Baldoni inizia ad approfondire il lavoro dei grandi fotografi del passato e sviluppa il desiderio di emularne i risultati. Nei due portfoli più significativi, dedicati alle città di New York e di Hong Kong, si nota l'impegno verso una fotografia umanistica, traccia comune dei maestri francesi del secolo scorso.
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Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011 51
Hong Kong, 2011 52
Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011
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Hong Kong, 2011
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GIOACCHINO CASTELLANI Nato ad Osimo nel 1950, ha iniziato a fotografare nel 1975 documentando il carattere geomorfologico della regione machigiana. Laureatosi in Scienze Geologiche presso l'Università di Bologna, ha proseguito la sua attività amatoriale con l'Associazione Fotoamatori “Senza Testa ” di Osimo e nel 1988 ha fondato con alcuni amici il fotoclub “Mario Giacomelli”, rivestendo per lungo tempo la carica di presidente. Nel 1991 si è diplomato presso la Scuola di Fotografia della Regione Marche di Jesi, ottenendo la qualifica di “Fotografo d'Illustrazione”. Nella lunga attività fotoamatoriale ha partecipato a numerose manifestazioni ed esposto in importanti località marchigiane. Ha dato alle stampe cinque monografie edite dalla Fiaf e tenuto corsi multimediali di Storia della Fotografia. Architetture Urbane Il tema prevalente della produzione dell’autore è il paesaggio urbano, visto attraverso la stampa analogica del bianconero. L’uso del grande formato in ripresa permette l’attento controllo della composizione, la stampa restituisce una scala tonale completa che trasmette efficacemente il messaggio all’osservatore. Nella forma la fotografia vive un equilibrio geometrico ideale, suddiviso tra spazi e linee armoniche che rendono in modo completo l’espressività dei soggetti ripresi.
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“Turtle and tiger, Duisburg, 2012
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Colonia, ponte sul Reno, 2012
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Colonia, stazione, 2012
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Berlino, cupola del Reichstag, 2007
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Bonn, Kunst Museum, 2012
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Madrid, centro commerciale, 2002
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Rotterdam, ponte Erasuns, 2005
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Berlino, monumento all’Olucausto, 2009
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Bruxelles, Autonium, 2004
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Parigi, La Defence, 2000
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Dussendorf, Siver Office, 2012
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Poitier, Futuroscope, 2000
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Victoria Gacstiz, centro commerciale, 2004
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Napoli, Palazzo della Prefettura, 2002
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Rotterdam, Piazza dei Bottoni, 2004
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Rotterdam, Metro, 2005
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Wolfsburg, Autostadt, 2011
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Parigi, metrò,2000
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Amsterdam, Centro CittĂ , 2005
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Monaco di Baviera, Oktoberfest, 2006
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STEFANO COACCI Socio fondatore dell'Associazione Fotografica Manifattuta Tabacchi di Chiaravalle, si dedica alla fotografia amatoriale dal 1996. Ha partecipato a numerose manifestazioni e concorsi ottenendo premi e riconoscimenti in tutta italia. La Fiaf, per i suoi meriti, gli ha riconosciuto nel 2002, al Congresso di Fasano, il titolo di AFI (Artista Fotografo Italiano) e successivamente quattro Stelle al Merito per i risultati conseguiti nei diversi generi fotografici. Ancorato alla fotografia tradizionale, ha ottenuto i maggiori successi con la fotografia di reportage. In un mondo stereotipato come quello dei concorsi fotografici, l'autore ha saputo portare visioni che scavalcano la logica del consenso, dimostrando una totale e piena autonomia.
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Parigi, La Defence, s.d.
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Parigi, lungo la Senna, s.d.
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Parigi, La Defence, s.d.
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Parigi, s.d.
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Pesaro, lungo mare, s.d.
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Falconara, s.d. 89
Matera, periferia, s.d.
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Il bacio, s.d.
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Frontone, Giacomo, 1996
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Visso, Sonia 1997
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Ancona, Il Passetto, s.d.
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Grottole, 2004
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Compagno di viaggio, s.d.
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Castelluccio, 1997
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Venezia, s.d.
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Milano, s.d.
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FABIO CORINALDESI Nato a Chiaravalle nel 1962, si avvicina alla fotografia frequentando l'Associazione manifattura Tabacchi di Chiaravalle. Nei primi anni ’80 acquista la sua prima reflex ed organizza una camera oscura con alcuni amici. Da allora la fotografia in bianco e nero diventa la sua passione principale che cura negli anni con costanza. Si dedica dal 2010 alla fotografia stenopeica con la quale ha partecipato a diverse mostre locali e nazionali. Il genere preferito è il reportage con il quale ha realizzato diversi servizi fotografici in bianconero.
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Cornovaglia, 2006
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Cornovaglia, 2006
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Cornovaglia, 2006
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Cornovaglia, 2006
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Cornovaglia, 2006
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Cornovaglia, 2006
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San Galgano, pinhole, 2008
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San Giminiano, pinhole, 2008
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Irlanda del nord, 2009
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Irlanda del nord, strade di Belfast, 2009
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Irlanda del nord, strade di Belfast, 2009
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Irlanda del nord, The Giant’s Causeway, 2009
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Irlanda del nord, strade di Belfast, 2009
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Irlanda del nord, strade di Belfast, 2009
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WALTER FERRO Nato ad Ostra in provincia di Ancona, si è avvicinato alla fotografia nel 1994 diventando socio del gruppo fotografico “La Rotonda” di Senigallia e poi del G.F. “Manifattura Tabacchi” di Chiaravalle, svolgendo una intensa attività foto-amatoriale e partecipando a manifestazioni di importanza nazionale riscuotendo numerosi consensi come: 2° premio al concorso internazionale città di Senigallia 1995, esposizioni in ambito locale 1997-98-99, “FIAF Incontri” Mole Vanvitelliana Ancona Giugno 2000, Arcevia Giugno 1998 e Luglio 2002, Senigallia “Palazzo Baviera” 2002, Photo news Chiaravalle Giugno 2003, Maggio dal 2004 al 2012 “Toscana Fotofestival” Massa Marittima (GR) Luglio-Agosto 2003, “Foto Padova” Novembre 2003. E’ stato premiato al “Festival Foto” di Savignano sul Rubicone nel Settembre 2002, con la serie “La Forma dell’Ignoto”, e con la serie “Angoli di Strada” nel Settembre 2003 e pubblicazione sulla rivista “FOTOIT” “Foto Confronti” Bibbiena, Settembre 2004. Ha partecipato alla Rassegna di Fotografia Marchigiana (FIAF Incontri) con relativa pubblicazione sulla Monografia FIAF Giugno 2005, collettiva sui presidi Slow Food e pubblicazione sul libro edito dalla FIAF “ Immagini del Gusto” Bibbiena AR settembre 2005. Fotografie della serie “Contatto Perduto” sono state scelte dal maestro Nino Migliori; nel maggio 2007 è stato insignito dell’onorificenza AFI dal direttivo della FIAF. Inoltre, immagini dalla serie ”La voce Del Silenzio” sono state pubblicate sulla rivista Gente di Fotografa nell’autunno del 2009. Mostra dal titolo “Simbologie Apparenti” in ambito al festival fotografico FACE-PHOTO-NEW Sassoferrato (AN) 2012. Attualmente collabora con il Musinf di Senigallia (Città Della Fotografia).
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PATRIZIA LO CONTE Patrizia Lo Conte nasce a Senigallia. Si dedica alla pittura ed al disegno di moda presso uno studio stilistico di Firenze. Dopo aver fotografato per anni in modo amatoriale decide di approfondire questo ambito frequentando dal 2009 il corso di Fotogiornalismo del Musinf. Da allora collabora come docente al corso diretto dal Prof. Carlo Emanuele Bugatti ed ha curato per il fotoreporter Giorgio Pegoli la catalogazione del suo archivio fotografico composto da oltre trentamila scatti. Nel 2011 partecipa come fotografa accreditata all'inaugurazione della 54^ Biennale di Venezia per conto della rivista Nostos e nel 2013 alla 55^ Biennale di Venezia per conto della rivista Arte Contemporanea che ne ha pubblicato l'articolo. Le sue fotografie sono pubblicate tra l'altro nel volume "Conoscere le protagoniste della fotografia" edito dall'Osservatorio della Fotografia della Provincia di Ancona e nel volume "Ritratti", dove l'autrice presenta una serie di artisti contemporanei. Sue fotografie sono pubblicate anche nel libro delle storie e dei volti di Senigallia "Senabook"
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Campagna marchigiana, s.d.
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Campagna marchigiana, s.d.
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Morte di una bambola, s.d.
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Marina, s.d.
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Gabbiani, s.d.
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Riflessi, s.d.
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MARCO MANDOLINI Nato nel 1948 a Senigallia, si occupa di fotografia dalla metà degli anni '70. E' uno dei soci fondatori del gruppo F/7, col quale ha partecipato a numerose mostre in varie città italiane. Ama fotografare i paesaggi marini ed il centro storico della sua città. E’ uno dei docenti del corso di fotogiornalismo del Musinf di Senigallia. “La passione di Marco Mandolini per la fotografia è totalizzante. Ha scattato nella sua vita migliaia di fotografie. Si alza il mattino presto e compie una rilevazione di quello che ci può essere di nuovo in città, sul lungomare, in spiaggia. Se ti guarda hai l’impressione che misuri se le luci sono giuste, se hai un’espressione, un moto dell’anima, della mente che valga la pena fissare sulla pellicola. L’ultima volta che a Senigallia è piovuto molto, a vento, ha raccolto i manifesti che si erano staccati dai muri e li ha ricomposti e fotografati a formare immagini dalle pieghe inusitate. Se il mare in tempesta disegna l’arenile in nuove forme o lascia tracce interessanti certo Mandolini è li ad esaminare, interpretare, fotografare. Se l’asfalto delle strade evidenzia fenditure, lui, Mandolini, trae immagini spazialiste che, nero su nero, sarebbero piaciute a Lucio Fontana, ma anche a Burri.” (Prof. Carlo Emanuele Bugatti)
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Artista di strada, s.d.
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ANNA MENCARONI Nata nel 1959, vive a Senigallia e lavora ad Ancona, presso l’Università Politecnica delle Marche. Ha mosso fin da giovanissima i suoi primi passi nel campo della fotografia con una reflex Nikon che è stata per lei una vera e propria compagna di viaggio. La sua passione per la fotografia è andata crescendo continuamente fino a diventare una esigenza di ricerca di sensazioni e di espressioni interiori. Esigenza, che la ha condotta ad iscriversi nel 2009 al Corso di Fotogiornalismo, coordinato dal fotoreporter Giorgio Pegoli presso il Musinf, il museo Comunale d’Arte Moderna e della Fotografia” di Senigallia. Grazie alla guida di vari maestri, si è impadronita di tecniche e conoscenze nel campo della ripresa e dello sviluppo fotografico in camera oscura. E’componente dal 2010 del Circolo Fotografico F7. Ha partecipato a varie mostre fotografiche con il patrocinio FIAF tra cui “Musica e Dintorni” nel 2010 e lo “Scorrere del Tempo” nel 2011. E’ stata selezionata tra gli autori del progetto fotografico “17 marzo 2011 - Una giornata Italiana” per il “Libro della Mostra Nazionale” promossa da FIAF e SEAT Pagine Gialle. Per la rivista Nostos è stata accreditata alla Biennale d’ Arte di Venezia nel 2011, dove ha realizzato un reportage. Sue sono alcune delle foto presentate dal Musinf nella campagna italiana per la liberazione di Ai Wei Wei. Collabora attivamente con il Musinf, essendo tra i coordinatori del settore video.
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ALFONSO NAPOLITANO
(Avella
1950). Sul finire degli anni Sessanta, ha partecipato alle storiche rassegne “Documenta”, dedicate da Carlo Emanuele Bugatti ai giovani artisti dell’avanguardia anconitana. Dal 1966 scopre la camera oscura e dall’ora si dedica anche alla fotografia come supporto e complemento alla sua attività di pittore. Tra le altre cose si è impegnato nel progetto di catalogazione fotografica complessiva delle opere di Nori de’ Nobili (circa 1400 opere fotografate), posto in essere per iniziativa del Comune di Ripe e presentato, alla fine di Gennaio 2005 a Bruxelles, in occasione della Mostra della pittrice al Parlamento Europeo. Napolitano ha anche curato edizioni d’arte e di storia locale per la Cassa di Risparmio di Ancona, tra cui spiccano quelle, che documentano l’opera del Pomarancio e di Orfeo Tamburi. Ha curato le fotografie e l’edizione della monografia, dedicata alle Porte della Pace della città di Recanati, dello scultore Vincenzo Bianchi dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha collaborato al documentario video sul convegno dedicato dalla Mediateca delle Marche a Gino De Dominicis ed ne ha curato la stampa degli atti. Ha documentato con centinaia di scatti le prime due edizioni di In Teatro di Polverigi. Ha esposto tra l’altro alla mostra di Mail Art del Parlamento Europeo (Bruxelles 2005), alla Mostra Venature 2005 (Ripe, Sala Polifunzionale), alla Mostra degli Incisori a Budapest (2005) e alla Mostra Venature 2008 (Milano, Spazio Guicciardini). Collabora da oltre un decennio con il Museo comunale d’Arte moderna, dell’Informazione e della Fotografia di Senigallia svolgendo attività di allestimento mostre, di preparazione e stampa cataloghi, di assistenza e docenza corsi di fotografia, di camera oscura e stampa laser e di catalogazione delle donazioni degli artisti al Musinf.
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IN TEATRO - Polverigi 1978/79
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DANIELE PAPA Nato a Loreto (Ancona) nel 1949, terminati gli studi, si trasferisce a Torino per motivi di lavoro. Ritorna a Loreto nel 1973 anno in cui riceve i primi rudimenti dell’arte fotografica dall'amico fotoamatore Corrado Vidau. L’impatto con le opere di Mario Giacomelli, soprattutto i paesaggi; i pregnanti incontri, seppur sporadici, avuti con il maestro senigalliese in occasione delle sue mostre fotografiche, suscitano nell'autore la chiara visione della strada maestra da percorrere. Realizza ben presto nella camera oscura le proprie foto provvedendo personalmente a tutte le fasi di sviluppo del negativo e le stampe finali. Predilige lavorare a tema considerando le foto come momenti narrativi di un unico libro, e avvolge l’immagine in un’atmosfera poetica che è la prerogativa principale del suo impegno fotografico.
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Dalla terra, s.d.
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ALBERTO POLONARA Alberto Polonara è nato a Monte San Vito. Lavora come Project Manager, presso C.I.D.I. Senigallia. Fa parte dello storico gruppo fotografico senigalliese F7. Da anni è collaboratore e docente per il Musinf (Museo dell'Informazione e della Fotografia) di Senigallia, per il quale ha realizzato la consultazione digitale delle foto di Mario Giacomelli presenti nella raccolta Civica; sempre con il Musinf ha presentato sue foto alla fiera del libro di Torino negli anni 2011 e 2012. È stato accreditato, come fotografo, alla Biennale Arte di Venezia negli anni 2011-2013, dalla rivista Nostos, da tale attività è scaturito il lavoro “Circostanze Creative” le cui foto sono presenti nell’archivio della fondazione “Leo Matiz” di Città del Messico e in vendita presso la galleria d’arte di Atene "The Athenes house of photography". Dal portfolio Circostanze Creative, è stato realizzato anche un libro con lo stesso titolo. Ha partecipato a vari workshop di Nino Migliori, che ha fotografato durante i suoi lavori; alcuni di tali scatti sono nel libro “L’alchimista” edito da @rtline. Negli ultimi anni, ha prodotto vari lavori fotografici per mostre personali e collettive, tra le quali spiccano “Circostanze Creative”, “La fabbrica della Luce”, “Serene giornate di pioggia”, “Area protetta”. Sue foto sono state esposte al MACRO (Museo d'Arte Contemporanea Roma), al museo Nazionale "Villa Pisani" e pubblicate su libri fotografici e su riviste on-line e cartacee. È stata positiva la presentazione del suo lavoro “Marc Quinn a Venezia” agli Incontri di Arles del 2013, dove il suo portfolio è stato venduto. Polonara è coinvolto in varie attività fotografiche all’estero, è coordinatore artistico del progetto fotografico europeo “Frames” progettato da CIDI e finanziato da Bruxelles, http://www.framesproject.eu/. Nell’ ambito di tale progetto, ha guidato le delegazioni italiane negli incontri di Frames in Grecia, in Polonia e in Danimarca. Notevole successo ha ottenuto la presentazione dei suoi lavori i al festival fotografico di Joannina in Grecia. Nell’anno 2015 organizzerà gli incontri internazionali di Fotografia di Senigallia e parteciperà con 2 opere alla Biennale della Fotografia di Milano .
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Composizione visiva, 1970
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Supervisore, 1970
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Regole, 1976
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Il gallo nel pollaio, 1977
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Le sbarre sul cortile, 1976
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Porto Senigallia, 1976
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Stazione di Urbino, 1974
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Pesca miracolosa, 1976
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Foto-Grafia, 1974
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Loro, 1974
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GIORGIO PEGOLI Giorgio Pegoli è nato nel 1938, fotoreporter di guerra, free lance per diverse testate italiane ed internazionali, è iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti, alla “International Federation of Jounalists”. Ha ricevuto per il suo lavoro l’onorificenza di” Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”. Dirige l’Agenzia Io Fotoreporter. Collabora con il Musinf di Senigallia, di cui coordina i corsi di fotogiornalismo. Alla XV edizione del MYSTFEST di Cattolica (1994) ha ricevuto il premio come giornalista dell’anno. L’editore Bernard Campiche ha inserito alcune fotografie di Pegoli nel volume, dedicato alla raccolta di Favrod, il fondatore del Museo della fotografia di Losanna. Si tratta di una pubblicazione, che contiene l'eccellenza del fotogiornalismo e che sarà presentata nel prossimo settembre. Quello di Pegoli è un reportage umanitario, infatti la sua attenzione, attraversando la voragine di orrori dei conflitti contemporanei, è stata rivolta costantemente ai più deboli, alle donne, agli anziani. Ancor più poi ai "bambini vittime delle guerre dei grandi", come recita il titolo di uno dei suoi libri fotografici di maggior diffusione. Nel corso della sua carriera Pegoli ha realizzato reportage in Vietnam (1978), Germania est (1978), Brasile (1981), Canarie (1982), India (1984), Nepal (1985), Perù (1986), Cina (1986), Ciad (1987), Nicaragua (1987), Laos (1988), Cambogia (1988), Salvador (1989), Libano (198990), Romania (1990), Iraq (1991), Giordania (1991), Palestina (1991), Israele (1991) durante la Guerra del Golfo, Croazia (1991-92), Russia (1992), Bosnia (1993-96), Ucraina (1993-94), Russia (1994), Albania (1995), Polonia (1995), Pakistan (1996), Afghanistan (1997), Albania (1997), Bosnia (1998). Giorgio Pegoli possiede un archivio di notevole interesse costituito da oltre 50.000 immagini tratte dai reportage nel mondo dedicati alla fotografia umanitaria, 1.400 immagini storiche “Campagna di Russia 1941-43″.
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Puglia, Monte Sant’Angelo, 1984
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Puglia, Monte Sant’Angelo, 1984
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Puglia, Monte Sant’Angelo, 1984
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Puglia, Zona Garganica, 1984
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Puglia, Zona Garganica, 1984
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Puglia, Zona Garganica, 1984
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Puglia, Monte Sant’Angelo, 1983
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Molise, S. Felice del Molise, 1983
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Puglia, Monte Sant’Angelo, 1983
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Scanno, 2010
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Scanno, 2010
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Scanno, 1989
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Scanno, 2010
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Scanno, 1987
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ALBERTO RAFFAELI Nato a Chiaravalle nel 1959, ha iniziato a fotografare negli anni '80 in maniera quasi casuale. Infatti nel 1982, per integrare la sua grande passione per il mare, fa i suoi primi scatti nel mondo sommerso in seguito ai quali scoprirá il fascino della fotografia. Diventato socio del Circolo Fotografico AVIS di Chiaravalle, inizia a partecipare con buoni risultati a concorsi nazionali e internazionali. É questo il periodo della maturazione tecnica e culturale e della scelta del bianconero. Entra a far parte prima dell’ANAF e poi della FIAF. Nel 1989 la sua foto “Giochi sul piazzale” viene pubblicata nell’Annuario Fotografico Italiano. Nello stesso periodo viene allestita a Genova la sua mostra “Momenti Cubani”, che poi verrá replicata a Chiaravalle nel 1998 in occasione della rassegna Fotomarche. Nel 1989 ha interrotto la sua attività in concomitanza con la nascita della primogenita. Ha ripreso solo alla fine del 2011 dopo quasi 23 anni di pausa. Il pretesto viene fornito da un viaggio in Norvegia, che fornirà l'occasione per una mostra dal titolo “Cartoline dalla Norvegia”. Sempre nel 2012, con la raccolta “Present” ed il portfolio “Adino”, omaggio allo scultore chiaravallese Adino Amagliani, viene selezionato tra i cinque finalisti nella manifestazione della FIAF “Autore Marchigiano dell’Anno”. La sua raccolta “Una giornata al museo”, realizzata al Metropolitan Museum of Art of New York, è stata pubblicata sul numero di maggio-giugno 2013 di Imagemag.
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Falconara (An), 1987
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Falconara (An), 1987
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L’Avana (Cuba), 1988
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Bahrein, 1986
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Cuba, 1988
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Angela e Sergio, 1985
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Hurgada (Egitto), 1996
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Atene (Grecia), 1987
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Ancona, 1985
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Elcito (Mc), 1985
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S.t., s.d.
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Rimini, 1984
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Ancona, 1986
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Falconara (An), 1986
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Cuba, s.d.
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Cienfuegos, (Cuba), 1988
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Trinidad, (Cuba), 1988
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L’Avana (Cuba), 1988
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PAOLO ROSCINI Nato a Jesi nel 1961, ha iniziato a fotografare all’inizio degli anni ottanta. Da sempre si dedica alla fotografia in bianconero che stampa personalmente in camera oscura. Oltre alla stampa tradizionale su carta baritata, esegue sperimentazioni di nuove tecniche personali come la stampa ad esposizioni successive e variabili associate a mascherature e bruciature inattese, che creano sfumature irripetibili e inaspettate. Queste sperimentazioni sono riportate nella cartella “disegnare con la luce”. L'autore cura personalmente anche il supporto per la stampa, stendendo su fogli di carta l’emulsione sensibile ai sali d’argento. Le carte diventano così uniche e originali. Esempi di questo procedimento si trovano nella cartella “emulsione sensibile”.
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Vite da niente n째 12, s.d.
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Vite da niente n째 36, s.d.
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Vite da niente n째 03, s.d.
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Vite da niente n째 33, s.d.
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Vite da niente n째 21, s.d.
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Vite da niente n째 05, s.d.
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Vite da niente n째 25, s.d.
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Vite da niente n째 11, s.d.
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Vite da niente n째 13, s.d.
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Vite da niente n째 22, s.d.
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Vite da niente n째 04, s.d.
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Vite da niente n째 14, s.d.
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Vite da niente n째 32, s.d.
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Vite da niente n째 02, s.d.
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QUADERNI DELLA FONDAZIONE SENIGALLIA
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