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SCENARI
LE REALTÀ DEL CO-LIVING E DELLO STUDENT HOUSING SVOLTANO VERSO FORME IBRIDE CHE PROPONGONO UN’ESPERIENZA ALBERGHIERA FLUIDA, MESCOLATA AL RESIDENZIALE. ITALIA MERCATO APPETIBILE PER I PLAYER INTERNAZIONALI.
SPIN-OFF DALLO STUDENTATO
di Giambattista Marchetto
Il campus si apre all’ibridazione e diventa hotel. E l’hotel scivola verso forme ibride di co-living. È la frontiera liquida di un business che sembra oggi trainante con potenzialità multicanale. Se il mercato real estate dirotta attenzioni crescenti dalle strutture con destinazione uffici e retail verso il residenziale (che rappresenta oltre il 7% dell’investimento nel 2021, secondo dati Cbre), il mondo degli spazi condivisi e le nuove formule alberghiere miste (tra studentato, hotel e co-living) spingono verso progetti sperimentali. E la crisi legata al Covid ne ha mostrato la sostanziale resilienza.
PIONIERI RESILIENTI Chi nasce con l’ibridazione nel Dna è The Student Hotel. Fondata nel 2012, Tsh ha sede ad Amsterdam e oggi tutte le proprietà offrono un campus a uso misto con alloggi, bar, ristoranti, palestre, negozi al dettaglio, spazi per riunioni ed eventi e centri di coworking. Con più di 11mila stanze in 15 città europee, Tsh intende offrire un’esperienza unica alla sua comunità internazionale. E pochi mesi fa il gruppo ha annunciato di voler avviare la costruzione di sette nuovi hotel nelle principali città di passaggio dell’Ue e di aggiungere quasi
3.000 camere al portafoglio esistente. “Fin dal primo giorno - osserva il CEO Charlie McGregor - il modello ibrido ha sconvolto il settore dell’ospitalità in Europa”. Qual è dunque la chiave del successo? “L’essere studenti a vita”, risponde con ironia il fondatore. Se il concept è nato dall’osservazione degli studenti, “oggi quella visione è diventata realtà e si è allargata – spiega - fino a comprendere tutti gli ospiti animati da uno spirito studentesco, dai viaggiatori esperti di design agli imprenditori della prossima generazione”. Ogni anno Tsh accoglie migliaia di ospiti negli ambienti costruiti appositamente o ricavati da edifici storici reinventati, offrendo spazi combinati per imparare, soggiornare, lavorare e divertirsi per una notte, una settimana, un mese o un anno. “Ogni iniziativa orientata agli ospiti, alle aziende del posto e alle comunità locali - aggiunge - è pensata e programmata per creare un impatto positivo sul quartiere di riferimento e per generare una cultura inclusiva. Ibrida ed elastica”. Il focus di Tsh è chiaro. “I viaggiatori di nuova generazione – rimarca MacGregor - rimangono più a lungo, uniscono il lavoro al tempo libero e si collegano di più con il quartiere e le comunità locali. Vediamo gli studenti come solo in una fase iniziale del loro sviluppo professionale, ecco perché non dovrebbero essere individuati singolarmente ma accolti come futuri Next Gen. Stiamo costruendo una comunità che condivide valori e interessi”. Durante la pandemia Tsh dichiara risultati migliori di molte altre società alberghiere tradizionali. “Grazie al modello ibrido – spiega McGregor - siamo stati in grado di aumentare rapidamente le prenotazioni di alloggi per studenti in un momento in cui viaggi turistici e aziendali sono scomparsi. Nonostante le restrizioni sui viaggi e la sospensione delle attività didattiche, abbiamo raggiunto una forte occupazione negli ultimi 18 mesi, anche in nuovi mercati dove avevamo appena aperto. Il test senza precedenti portato dalla pandemia ha dimostrato la resilienza e la natura meno volatile del modello di business ibrido”. Per l’anno accademico 2020/2021, Tsh ha raggiunto un tasso di occupazione del 51% in tutte le sedi e tipologia di camere. Con la ripartenza e l’allentamento delle restrizioni nel mondo, il gruppo vede una forte ripresa della domanda. Per il 2022 prevede di raggiungere un’occupazione mista in tutto il suo portafoglio superiore all’80%. E quest’anno il gruppo inaugurerà altri tre hotel, ampliando la propria presenza in Europa e aprendo oltre 1.000 camere a Madrid, Barcellona e Tolosa. “Vorremmo sicuramente espanderci ancora in Europa – conclude il CEO -. La nostra presenza in Germania è molto limitata, l’Italia sta andando bene e per la Spagna qualche altro progetto potrebbe aiutare. La Francia rappresenta per noi una grande sfida mentre il Regno Unito è molto interessante perché probabilmente potremmo avere fino 10 Tsh solo a Londra”.
Dall’allto, il rendering del nuovo The Student Hotel a Roma e la lobby del Florence Lavagnini, aperto a Firenze dal gruppo guidato da Charlie McGregor
In apertura, l’area co-working di The Student Hotel a Bologna
Dall’alto, immobile che ospita il Camplus Turro a Milano, vista dalla terrazza del nuovo Camplus Hotel di Roma e una camera della struttura SVOLTA HOTELLERIE Arrivando ai player italiani, Camplus attualmente è il primo provider in Italia nel settore dello student housing con un totale di 9mila posti letto in 13 città. “La nostra presenza – rimarca il CEO e founder Maurizio Carvelli - si articola su tutto il territorio italiano e in due città spagnole (Pamplona e una new entry a Siviglia). Puntiamo a raggiungere i 15mila posti letto in 5 anni crescendo con nuovi investimenti all’estero e in Italia”. Nell’indicare la chiave del successo su scala nazionale, Carvelli indica proprio il ‘modello italiano’, reso distintivo dall’intervento normativo. “La legge 338 – spiega - è stata illuminante nella definizione della qualità degli spazi da vivere e quindi delle opportunità di relazione e formazione da offrire agli ospiti. Con questo supporto legislativo è stato possibile per noi creare un vero modello di residenzialità dove la sostenibilità degli spazi fosse un plus. Col tempo questo ha permesso di fornire servizi di qualità che hanno dato forza al brand, così da avere una fiducia tale da poter crescere come stiamo facendo”. Pur rimanendo focalizzata sullo student-housing, l’azienda ha segnato nel 2021 una svolta con l’apertura del primo Camplus Hotel nel centro di Roma. “Una soluzione disegnata su misura – rimarca Carvelli - per una generazione di giovani mobili e flessibili, secondo una visione che l’azienda ha maturato a contatto con gli studenti. Una nuova formula di ospitalità immersa nelle bellezze della città con 57 camere con vista sul Chiostro di Michelangelo e le Terme di Diocleziano, in posizione strategica vicino ai principali luoghi di interesse della capitale. Ma anche le nuove residenze-college aperte tra Bologna, Milano e Torino rappresentano una apertura all’ibrido e alla flessibilità verso cui tenderemo ancor di più”. La ‘value proposition’ dell’ibridazione è precisa. “La riflessione alla luce di questi mesi – conclude il CEO - è che per fare crescere le persone ci voglia intorno un villaggio, una comunità che le accompagni. Gli studenti, i giovani lavoratori, i nuovi imprenditori e tutto il tessuto economico-sociale devono poter dialogare e confrontarsi tra loro, con professori, con colleghi e con imprese; sono le relazioni che rendono gli anni universitari unici e il post-università fruttuoso”. E il food è una frontiera cruciale: appena prima del Covid è
partito Hum.us, progetto di ristorazione che si declina in “cibo di qualità, personale di qualità e formazione di qualità”.
IBRIDAZIONE LIVING Il modello ibrido attira l’attenzione degli investitori, come dimostra l’ingresso del fondo americano Starwood Capital Group nel capitale di DoveVivo, oggi un piccolo colosso che si definisce una “co-living company”. Secondo quanto riportato da Il Sole-24Ore, se il punto di partenza è stata una piattaforma di co-living per studenti, in breve la società fondata da Valerio Fonseca e William Maggio ha espanso il proprio raggio d’azione sul settore living nel suo complesso, puntando sulla residenzialità a 360 gradi. Anche il gruppo internazionale Hines – presente in 27 paesi con un portafoglio di asset del valore di 83,6 miliardi di dollari - il cui business si focalizza sulla rigenerazione urbana di complessi storici nel centro delle città (Milano in primis per l’Italia) declina il proprio segmento living su target differenti, tra cui lo student housing. E questo modello, con interventi di recupero immobiliari, favorisce “la crescita di comunità efficienti, sostenibili e inclusive”, come sottolinea Mario Abbadessa, senior managing director & country head di Hines Italy. “Quello dello student housing è un segmento in cui crediamo molto e in cui investiamo da circa tre anni – evidenzia Abbadessa - forti dell’esperienza nel settore del living. Con una particolare attenzione all’impatto sociale dei nostri progetti, l’investimento negli studentati rappresenta una modalità per contribuire allo sviluppo del capitale umano”. Hines opera attraverso la controllata Aparto, operatore specializzato “in grado di anticipare le nuove esigenze dei ragazzi, non più orientati solo alla ricerca di un alloggio, ma piuttosto di campus universitari innovativi sul modello di quelli internazionali”. Oltre al recente investimento sul complesso di Manifattura Tabacchi a Firenze, il gruppo ha due progetti in sviluppo in zona Bocconi a Milano. L’ibridazione - o meglio l’ispirazione - che ha in mente Hines e che viene gestita da Aparto si basa sui concetti di servizio e di esperienza. Le strutture Aparto ospitano infatti una comunità di studenti che viene sollecitata in termini culturali, sportivi e di intrattenimento, mettendo in rilievo il senso dell’esperienza.
Dall’alto, una camera nel campus Aparto Milan Ripamonti, foto aerea dell’ex Manifattura Tabacchi a Firenze e uno degli spazi comuni in Aparto Milan Giovenale
L’azienda marchigiana, leader nel mercato delle craft italiane di alta gamma, gioca su più tavoli e investe su cosmesi, wellness, esperienze innovative che incrociano il mondo hotellerie. Dal lancio della Craft Beer Therapy alla linea Skin Beer, fino ai distillati col nuovo brand Street Art by Collesi per i millennials.
COLLESI, beer therapy in hotel
Dalla birra, la bellezza. È cruciale l’evoluzione della marchigiana Collesi – brand storico delle craft made in Italy – verso linee di business parallele che raccontano di benessere e di experience. Non solo cosmesi basata sui principi attivi della bevanda amata da Kundera e Hrabal, da Bukowski e da Martin Lutero, ma anche una ‘esplosione’ di progetti orientati al wellness. E come racconta Giuseppe Collesi, c’è spazio per rapporti organici con il segmento hotellerie per una proposta innovativa che a breve andrà alla conquista di Dubai.
Qual è oggi il peso del segmento cosmesi nel business di Collesi?
La nascita del progetto Beauty (attraverso la società Sorgente di Birra) è legata alla volontà di rendere disponibile a tutti i principi attivi della birra artigianale e i suoi effetti benefici. Aver investito su ricerca e produzione, con personale altamente specializzato, dimostra che puntiamo con determinazione sul settore”.
Su quali strategie si è sviluppato il segmento?
L’obiettivo è una totale autonomia, con la creazione di uno spin-off anche dalla linea profumi e ampliando l’offerta dei prodotti cosmetici. Siamo la prima e unica azienda al mondo che realizza prodotti cosmetici a base di birra artigianale, con l’estrazione dei principi attivi e non con l’aggiunta di birra a un prodotto di massa. Abbiamo lanciato la Craft Beer Therapy – e stiamo lavorando per renderla un protocollo medico - e il progetto Skin Beer. Siamo partiti con i primi negozi monomarca, in contemporanea abbiamo quasi completato il progetto di affiliazione per il quale stiamo dialogando con gruppi leader nella gestione di brand cosmetici, interessati ad acquisire la licenza di distribuzione. Vogliamo raggiungere con la cosmetica i risultati ottenuti con la nostra birra.
Birra e cosmesi, liaison perfetta?
Questa bevanda è quasi miracolosa per la pelle, i capelli e per tutto l’organismo. Ha più polifenoli di alcune bevande apprezzate per gli antiossidanti, ma ci sono anche studi che dimostrano quanto bene faccia al cuore, alla digestione o al ringiovanimento cellulare. Quando è artigianale, è una delle bevande più naturali - gli ingredienti sono acqua, orzo e luppolo - e mettere a frutto i suoi principi attivi è di certo un elemento vincente. E la nostra birra (l’artigianale italiana più premiata al mondo) ha caratteristiche uniche dovute all’eccezionalità delle
condizioni di altitudine e di esposizione ai venti nelle tenute da cui viene il nostro orzo, oltre all’acqua di fonte dal monte Nerone.
Quali nuovi progetti sono in fase di sviluppo?
Stiamo lavorando al lancio della linea corpo e capelli. È stato siglato un accordo con alcune cliniche che intendono adottare la Craft Beer Therapy e i trattamenti per la pelle. Dopo aver realizzato la Skin Beer e brevettato l’olio di luppolo, per noi è importante entrare nel settore medico con un protocollo naturale e altamente performante. Inoltre abbiamo lanciato il brand Street Art by Collesi, un progetto interessante che lega l’arte e l’urban style. Partiamo a febbraio con il lancio dei primi distillati (gin, vodka e limoncello) in bottiglie personalizzate da street artist, ma è prevista anche una linea cosmetica rivolta al pubblico dei millennials.
Quali proposte avete nel mondo hotellerie?
Abbiamo lavorato con dei professionisti dell’hotellerie per creare un progetto che, oltre alle forniture alberghiere, prevedesse l’allestimento di specifiche strutture esperienziali che arrivano fino alle esclusive Collesi SPA. Le Collesi Room sono camere totalmente customizzate in cui sono offerti trattamenti completi viso e corpo; ne abbiamo una operativa al NYX Hotel Milan by Leonardo Hotels da settembre 2021. La struttura ospita anche il primo Live Store e un corner monomarca. Le Experience Suite, che offriranno un’esperienza studiata in base alle richieste del cliente, rappresentano un format molto apprezzato e stiamo trattando con alcune catene per poterle aprire al più presto - il Covid purtroppo è stato un freno.
La presenza sui mercati esteri con la birra è un traino per la cosmesi?
Anche se l’attenzione che riceviamo è legata principalmente all’eccellenza del prodotto cosmetico, non possiamo negare che essere conosciuti come birra d’eccellenza ha facilitato alcuni rapporti. Oggi stiamo trattando per la distribuzione negli USA, Messico e nel mercato occidentale. A fine febbraio saremo a Dubai per la ‘settimana delle Marche’ organizzata dalla Regione e presenteremo in esclusiva mondiale il progetto Craft Beer Therapy by Collesi.
Prevedete anche una distribuzione retail o in ambito gdo?
A dicembre abbiamo raggiunto un accordo con Coin per l’apertura di Collesi Store all’interno dei loro magazzini. Partiremo con dodici negozi nel 2022 per poi arrivare all’intera copertura entro il 2024. Inoltre stiamo valutando l’offerta dei distributori che si dimostrano sempre più interessati al prodotto.
Lavorate anche in private label?
La Skin Beer e la Craft Beer Therapy sono molto apprezzate anche da aziende importanti, con le quali è aperto un dialogo per una possibile fornitura di prodotti. Allo stato attuale non siamo del tutto convinti, ma sarebbe sbagliato chiudere le porte a priori.
C’è un’integrazione commerciale oltre che di filiera che possa incrociare le vostre linee di prodotto nel segmento horeca e hotellerie?
Uno dei brand più importanti del settore hotellerie ha apprezzato il nostro brand a tal punto da proporci l’apertura di ristoranti e bar Collesi. È un progetto che non prevede unicamente la cessione del brand, ma la stessa cura del dettaglio nel food che utilizziamo da anni nel beverage. Abbiamo già sperimentato, con un importante chef marchigiano, un menù che viene offerto in vari locali. Siamo prossimi all’apertura del primo locale, anche se valutiamo la pandemia per non sbagliare i tempi.
Alcuni prodotti per donna e uomo della linea cosmetica Collesi a base di birra artigianale
In apertura, una Collesi Room customizzata per trattamenti completi viso e corpo