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Nel post pandemia lusso e fast fashion rimescolano i RUOLI. Anche la crescita cinese è in discussione. Mentre Londra cerca nuove PROSPETTIVE. Riprende saldo, invece, il percorso positivo dei MULTIBRAND
07-508 LUGLIO/AGOSTO OTT/NOV 20182021
COVER BY JEAN-PIERRE CASSIGNEUL
Poste Italiane - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi - ANNO XVII - N°5 OTTOBRE/NOVEMBRE 2021
NUMERI, FATTIE PROTAGONISTI E PROTAGONISTI DELLA MODA DEL LUSSO NUMERI, FATTI DELLA MODA E DELELUSSO
editoriale
Vogue d’autunno, autunno di sistema di David Pambianco
L’
edizione autunnale 2021 di Vogue segna una discontinuità che va oltre l’impatto sulla celebre rivista e tocca anche tutto il sistema del fashion made in Italy. Non è infatti solo il primo numero del nuovo corso editoriale del gruppo americano. Ma segna il completamento di un cambiamento strutturale nell’editoria fashion, e, assieme, dell’intero sistema moda. L’ultimo numero della testata, è il primo realizzato dopo l’adozione del modello centralizzato, per cui una quota importante dei contenuti viene realizzata in comune per le differenti edizioni internazionali.L’oggetto di questo editoriale non è però tanto una valutazione sulla bontà del nuovo approccio, che lascio ad altri più esperti di me, quanto una riflessione sugli effetti, a livello di sistema, della scomparsa, o del progressivo indebolimento, di testate di moda che nascevano in Italia e i cui giornalisti e direttori costituivano anche un baluardo di difesa delle unicità del nostro sistema industriale e creativo, che il mondo ci riconosce come un unicum a livello globale. Per il made in Italy, in particolare, il connubio tra patinati e brand ha segnato l’affermazione del nostro sistema sin dagli anni Ottanta e Novanta, e ha continuato poi ad alimentare visibilità, nonché innovazione creativa e leadership internazionale. Di questa liaison tra moda-e-media, Vogue è stato il leader e il propulsore, arrivando in certi momenti, specie sotto la guida di Franca Sozzani, a essere elemento aggregatore anche più autorevole delle istituzioni stesse della moda nazionale. Ha creato un network trasversale che ha favorito la contaminazione tra moda e design. E ha costruito un sistema aggregante capace di valorizzare non solo il potenziale b2c dei brand, ma, di fatto, in grado di portare alla luce e consolidare la filiera, agendo come veicolo di sviluppo b2b. Negli ultimi anni, il formidabile connubio che ha portato il made in Italy ai livelli delle storiche griffe internazionali, ha subito la profonda trasformazione imposta, prima, dall’avvento di Internet, e, successivamente, dall’esplosione dei contenuti via social media. Se, da un lato, questi fenomeni hanno democratizzato l’informazione, dall’altro ne hanno indebolito i punti di riferimento, trasformandoli in simulacri di ciò che è stato. La caduta di Vogue segna, probabilmente, la resa definitiva al nuovo modello dell’informazione diffusa. Adesso, occorre interrogarsi su come reagire all’indebolimento di ciò che è stato un pilastro del made in Italy, per evitare che l’autunno dei media segni l’autunno di un sistema.
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OTTOBRE/NOVEMBRE 2021 PAMBIANCO MAGAZINE
sommario
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Analisi Multibrand, per molti il 2021 sarà un successo
Il ritorno agli acquisti sta premiando anche i multimarca italiani di lusso che contano di tornare ai livelli prepandemia e, in alcuni casi, superarli. Ma anche nel 2020 ci sono state alcune sorprese.
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Scenario Uk, con l’addio al tax free la sfida è online
Il piano da 5 miliardi di sterline per rinnovare il cuore di Londra potrebbe non bastare a limitare i danni dell’addio allo shopping esentasse. Le insegne Uk ora si dividono tra digitale e nuovi mercati.
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Dossier Fast fashion e lusso a posizioni rovesciate
Nell’era post Covid, la moda sente l’esigenza di rivoluzionare la comunicazione. Il lusso sperimenta strategie di riposizionamento per parlare con la generazione Z e il fast fashion guarda all’upgrade. Ma c’è spazio anche per gli stilisti emergenti.
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Attualità La Cina perde il suo slancio. E il lusso trema
Il Paese asiatico deve fare i conti con i timori per i nuovi focolai della variante Delta, ma non solo. A incutere preoccupazioni ci sono anche la crisi energetica, la bolla immobiliare e lo spettro delle tasse sui beni inquinanti.
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Tendenze Missione seduzione
La voglia di affascinare anima le proposte femminili per la primavera/ estate 2022. Dal classico little black dress ai fascianti abiti maculati, c’è voglia di scoprirsi. Ma non manca un tocco di romanticismo.
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Fenomeni L’uomo trendy ha lo smalto
Da Fedez ad Achille Lauro a Sangiovanni: questa la nuova tendenza di star famose, influencer e personaggi celebri della musica e del cinema, ma anche di ragazzi ‘non famosi’ che sfoggiano unghie colorate.
In copertina: Jean-Pierre Cassigneul “Le cerisier”, 2019 Olio su tela 130 x 97 cm Courtesy of JD Malat Gallery, London
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Cover story pag. 96
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OTTOBRE/NOVEMBRE 2021 PAMBIANCO MAGAZINE
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Richemont pronto a cedere Ynap? Tra i pretendenti, Farfetch e Amazon
A tre anni di distanza dal takeover di Yoox Neta-porter Group da parte di Compagnie Financière Richemont, le strategie del colosso dell’hard luxury andrebbero però in un’altra direzione, tanto da alimentare speculazioni sulla cessione di Ynap a piattaforme rivali come Farfetch o, addirittura, ad Amazon. Secondo rumors di stampa, Richemont non sarebbe particolarmente esperto nel business della tecnologia e questa sarebbe la motivazione alla base del possibile dietrofront. A fare da prova ci sarebbe anche il turnover di ben tre chief technology officer in tre anni, che potrebbe dare impulso a una fusione “con il più tecnologicamente competente Farfetch”.Un merger di questo tipo potrebbe risultare vincente anche per l’aggregatore guidato da José Neves, in un orizzonte di crescita (e dominio) nello spazio globale dei beni di lusso online, sulla scia di quanto è già stato messo in cantiere in Cina a fine 2020 con la global partnershipn tra Alibaba, Richemont e la holding Artemis della famiglia Pinault.
I cinesi di Fosun Fashion cambiano nome: si chiameranno Lanvin Group
Fosun Fashion Group cambia nome. La divisione moda della conglomerata cinese Fosun International si chiama ora Lanvin Group. Oltre all’omonimo marchio francese, fanno parte del gruppo i fashion brand Sergio Rossi (acquisito pochi mesi fa), Wolford, St. John, Tom Tailor e Caruso.I nuovi finanziamenti, del valore di 150 milioni di dollari, arrivano dalla giapponese Itochu, dal produttore di calzature di Hong Kong Stella International e dal private equity Xizhi Capital. Lanvin Group punta ad ampliare la propria presenza in Asia e Stati Uniti, rafforzando il proprio portfolio con marchi di fascia lusso e premium.
Chanel, limite all’acquisto: massimo una it-bag all’anno
Chanel ha aggiornato le politiche di vendita per it-bag come la Classic Flap Bag e la Coco Handle, permettendo a ogni cliente di acquistare sono una borsa all’anno per ciascun modello. Stando a quanto riferito dalla stampa internazionale, ci sarebbero nuove regole anche per la piccola pelletteria, con gli affezionati della maison che non potranno comprare più di due ‘esemplari’ dello stesso prodotto ogni anno. Nel 2020 e nel 2021 Chanel ha rivisto al rialzo i listini di borse e leather goods, anche in risposta all’aumento del costo delle materie prime, della manodopera e delle spedizioni.
Zegna, il Far East traina il primo semestre
Il gruppo Ermenegildo Zegna ha registrato nei sei mesi terminati lo scorso 30 giugno ricavi da 603,3 milioni di euro, in crescita su base annua del 49,9%, con un’accelerazione nel secondo trimestre rispetto al primo. I risultati di luglio, agosto e settembre, spiega Zegna, hanno
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mantenuto il trend di crescita facendo avvicinare il gruppo al 2019.A trainare la performance del gruppo è stata la Greater China che ha messo a segno i risultati più brillanti, correndo a +81,1% nel semestre grazie al forte riposizionamento del gruppo in un’area prioritaria e strategica.
Hermès, il terzo trimestre cresce più dei competitor
La maison parigina ha archiviato i tre mesi alla fine di settembre con ricavi per oltre 2,3 miliardi di euro, in progressione del 31% a cambi costanti (+40% sul 2019, precisa la nota di Hermès), beneficiando di una ripresa delle vendite in Europa, di un’accelerazione in America e di una “dinamicità sostenuta” in Asia. La maison ha battuto le stime del mercato, pur evidenziando un lieve rallentamento rispetto al Q2. Nei primi nove mesi dell’anno, i ricavi del gruppo guidato da Alxel Dumas superano i 6,6 miliardi di euro, in crescita del 57% a cambi costanti e del 54% a cambi correnti rispetto allo stesso periodo del 2020. Il balzo su due anni è del 35 per cento.
Kering, il Q3 vola a +10% sul 2019. Slancio Usa
Nel terzo trimestre il gruppo francese ha aumentato i ricavi del 12,6% a cambi correnti (+12,2% su base comparabile) e del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019. I ricavi complessivi sono ammontati a 4,18 miliardi di euro. Guardando ai nove mesi dell’anno, le vendite della multinazionale sono complessivamente cresciute del 36,6% anno su anno e del 9% rispetto al 2019. Gucci continua a trainare la crescita, seppur in leggera frenata: +4,5% rispetto al 2020 a 2,18 miliardi di euro. Vola invece Saint Laurent con 652,9 milioni di euro, +27,8% a cambi correnti. Bene anche Kering Eyewear con ricavi da 165 milioni di euro, in crescita del 25% su base annua. A livello geografico, crescita a doppia cifra per l’America del Nord (+31%) e incoraggianti segnali di ripresa dall’Europa occidentale (+15%). Primi timidi segni positivi arrivano anche dal Giappone (+3%), mentre la crescita dell’Asia-Pacific si è fermata solo a +1 per cento.
Tamburi rileva il 25% di Limonta
Tamburi Investment Partners (Tip) entra nel mondo del tessile sottoscrivendo un accordo gruppo industriale vincolante con la famiglia Limonta per l’ingresso al 25% nel gruppo tessile Limonta, uno dei leader a livello europeo nell’alto di gamma del settore tessile con un business diversificato e un fatturato stimato per il 2021 di oltre 160 milioni. L’investment bank prevede un investimento complessivo di 89 milioni di euro circa. L’ingresso in Limonta avverrà in parte mediante aumento di capitale e in parte mediante acquisto azioni. Il closing dell’operazione è previsto entro la fine dell’anno. È prevista la quotazione in Borsa di Limonta in un orizzonte di medio termine.
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Dolce & Gabbana vicina al pre-Covid ma pesa la Cina
Nell’ultimo esercizio fiscale chiuso a marzo, il gruppo ha registrato un calo del fatturato del 15% a circa un miliardo di euro. Per il 2021/2022 la maison si aspetta un incremento delle vendite pari al 25% a 1,25 miliardi di euro.Pesa però ancora la debacle in Cina. Le vendite in Cina sono rimbalzate del 20% rispetto allo scorso anno, ma rimangono inferiori rispetto a prima del passo falso.Continua poi la crescita del mondo online. L’e-commerce è aumentato, passando al 13%, ma la maison sta investendo anche nei negozi fisici, in particolar modo in Australia, Sud Africa e Corea.
Tod’s riporta la guida del gruppo a due soli AD
Il Cda del Gruppo Tod’s ha deciso di mantenere la carica di amministratore delegato solamente in capo al presidente, Diego Della Valle, e al vicepresidente, Andrea Della Valle, con poteri analoghi. Tod’s Spa ha dunque riportato la guida dell’azienda a due soli AD con l’obiettivo di accorciare la catena decisionale e rendere quindi più rapide le decisioni da prendere. La figura del CEO uscente viene invece sostituita con un direttore generale: lascia dunque il suo incarico Umberto Macchi di Cellere (cooptato a fine 2017 al posto di Stefano Sincini), mentre viene nominata direttore generale Simona Cattaneo, con un passato professionale in L’Oréal, Burberry e Christian Dior.
Desigual, ok alla settimana di 4 giorni
Desigual ha approvato a larga maggioranza la settimana lavorativa di 4 giorni. I dipendenti dell’headquarter di Barcellona hanno votato l’introduzione del nuovo regime lavorativo: il nuovo regime è stato approvato con l’86% delle preferenze e la partecipazione è stata del 98 per cento. A partire dal giorno seguente la votazione circa 500 persone impegnate negli uffici centrali di Desigual lavoreranno dal lunedì al giovedì, quattro giorni di lavoro di cui tre in presenza e uno in smart working. Il nuovo sistema, spiegava Desigual, prevede una riduzione del salario associata a quella delle ore lavorative pari al 13 per cento. Tuttavia, l’azienda proporrà ai suoi dipendenti che l’onere di questa riduzione sia condiviso al 50%, portando la contrazione del salario a carico del lavoratore al 6,5 per cento.
Moncler, dal 2024 headquarter in Porta Romana
Moncler ha annunciato un accordo di locazione per quindici anni con Covivio per un edificio di futura realizzazione che, a partire da fine 2024, ne ospiterà il nuovo quartier generale a Milano. La struttura, progettata da Antonio Citterio Patricia Viel e situata nel business district Symbiosis di Covivio, progetto di riqualificazione urbana nell’area Sud della città meneghina (Porta Romana), riunirà in un unico spazio di circa 38mila metri quadri la popolazione aziendale di
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Milano del brand Moncler, al momento dislocata in tre diverse sedi. A luglio anche un altro gruppo del lusso, Lvmh, ha firmato con Covivio di un accordo di pre-letting per due piani di uffici, oltre ad ampie terrazze, del Building D di Symbiosis.
Nove mesi d’oro per Lvmh. Vola con la moda e pelletteria (+38%)
Lvmh archiviato i tre trimestri fiscali con un fatturato di 44,2 miliardi di euro, ben il 46% in più rispetto allo stesso periodo del 2020 e addirittura l’11% in più se paragonata con il 2019, anno pre-pandemia. Nel solo Q3 i ricavi hanno segnato un balzo del 20% anno su anno (+11% sul 2019) a 15,5 miliardi. Dietro alla performance c’è il rimbalzo della divisione moda e pelletteria, che ha raggiunto livelli record nel periodo, con una crescita organica del 38% rispetto al terzo trimestre del 2019, identica a quella registrata nei primi nove mesi e sei mesi dell’anno.Ottimi risultati arrivano anche dal business group Watches & Jewelry a +49% nei primi nove mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020 e del 4% rispetto al 2019 (escludendo Tiffany, consolidata per la prima volta nel 2021).
Cina, se ne va anche Everlane
Anche Everlane saluta il mercato cinese. Entrato nell’Ex Celeste Impero solo due anni fa, il brand con sede a San Francisco batte in ritirata, preceduto da una lunga schiera di marchi occidentali che, tra controversie politiche e vincoli sanitari, hanno lasciato il fronte cinese. Asos, New Look, Topshop e Oldnavy tra i primi, seguiti dalle tre label di casa Inditex, Bershka, Pull & Bear e Stradivarius.Everlane aveva parlato di un’uscita temporanea dalla Repubblica popolare, sottolineando come per la clientela cinese sia ancora possibile acquistare i propri prodotti dall’e-commerce globale. Lo store su Tmall, arrivato a circa 530mila follower, ha mantenuto il proprio servizio clienti attivo fino a domenica 10 ottobre, per poi chiudere i battenti.
Michael Kors esordisce nel kids
Michael Kors si è affidato al francese Cwf – Children Worldwide Fashion per la sua prima collezione di abbigliamento kidswear che andrà ad aggiungersi alla licenza già attiva da alcuni anni con Synclaire Brands per le calzature bambino.Il gruppo francese gestisce anche la catena di negozi multimarca Kids Around e prevede un fatturato annuo di 260 milioni di euro a termine del 2021.
L’activewear di Vuori ora vale 4 mld $
La valutazione del marchio di abbigliamento sportivo Vuori è salita a 4 miliardi di dollari dopo che il gruppo si è assicurato un investimento di 400 milioni di dollari da parte di SoftBank Vision Fund. L’azienda, che conta conta nove negozi negli Usa userà il finanziamento per aprire 100 negozi in America nei prossimi cinque anni. Si espanderà inoltre in Europa e Asia nel 2022.
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Buy now-pay later, si accendono i fari delle Authority
Comincia ad alzarsi l’attenzione dei regolatori sul fenomeno del Buy now-pay later, laforma di vendita che prevede forme di indebitamento. Il primo faro si è acceso in Gran Bretagna, dove la Financial Conduct Authority, la Consob inglese, nel piano industriale 2021/22 pubblicato a luglio si è impegnata a lavorare con il Tesoro su una nuova normativa che vedrebbe l’estensione della regolamentazione al settore del credito di pagamento differito e le nuove regole dovrebbero essere fissate il prossimo anno.
Smcp, si apre la battaglia legale per passaggio a Glas
Si apre la battaglia legale in seno alla cessione della proprietà di Smcp. Il trustee Glas (che agisce per conto dei creditori della holding parigina, ovvero i fondi Blackrock, Carlyle, Anchorage, Boussard e Gavaudan) ha informato martedì sera l’Amf, l’organismo francese di vigilanza sulla Borsa, che ora detiene il 23,08% del capitale del gruppo e il 29% dei diritti di voto, diventando il nuovo azionista di riferimento del gruppo francese.Ma il passaggio di proprietà non sembra indolore. European TopSoho, filiale lussemburghese della cinese Shandong ruyi che detiene il 53% di Smcp, ha dichiarato di aver avviato un procedimento legale in un tribunale del Regno Unito contro Glas Sas.
Negli Usa pelletteria ai livelli 2019
Secondo l’analisi di Npd Group sulla vendita di borse da donna da marzo ad agosto negli Stati Uniti, lo shopping è tornato quasi ai livelli preCovid, con ricavi in calo solo del 2% rispetto al 2019 prima della pandemia. A trainare la ripresa degli accessori di pelletteria sono i modelli shoulder e crossbody, utilizzate per le uscite in città e per altre attività sociali. I modelli più legati al mondo dell’ufficio, invece, non registrano ancora risultati così positivi.Tre fattori chiave che contribuiscono a spiegare l’aumento delle vendite della pelletteria: le promozioni sono diminuite, l’inventario è stat ridotto e i produttori hanno aumentato i prezzi di vendita delle borse, motivandolo anche con con l’incremento dei costi di materiali e lavoro.
Adidas sceglie Thredup per il debutto nel resale
Si chiama Choose to Give Back ed è il programma con cui Adidas, numero due dello sportswear mondiale, debutta nel resale. Per farlo, il gruppo tedesco ha stretto una partnership con Thredup: la collaborazione con la piattaforma Resale as a Service (RaaS) dell’azienda guidata da James Reinhart consentirà infatti agli acquirenti di inviare, tramite l’app Adidas, articoli usati di qualsiasi marchio a Thredup, che ne favorirà la rivendita e dunque il riutilizzo. Il programma verrà lanciato sul sito web e nei negozi, a partire da quelli americani, nel 2022. I clienti riceveranno un kit di pulizia per i loro articoli
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usati e riceveranno premi da Adidas per l’adesione al programma. A seconda delle loro condizioni, gli item saranno poi rivenduti o riciclati da Thredup.
Settore orafo oltre i livelli pre-Covid nei sei mesi La domanda mondiale di gioielli in oro consolida nel secondo trimestre dell’anno (+60%) il rimbalzo già registrato nei primi tre mesi del 2021 (+54%). È quanto è emerso dal focus sul settore orafo elaborato da Intesa Sanpaolo. Il fatturato è cresciuto dell’80% rispetto ai minimi della prima metà del 2020 ed è già dell’8% superiore rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche le esportazioni italiane di gioielli in oro hanno già recuperato i livelli pre-crisi sia in quantità (+3,6%), sia in valori (+0,4%), grazie soprattutto al traino degli Stati Uniti, tornati ad essere uno dei motori della crescita del comparto.
Rihanna prepara l’esordio retail di Savage x Fenty
Savage x Fenty, il brand di lingerie di Rihanna ha finora riscosso grande successo online, si appresta a esordire nel business brick and mortar. Inizialmente, tutti i negozi fisici Savage x Fenty avranno sede solo negli Stati Uniti, ma si sta già discutendo sull’espansione in Europa. Il marchio è controllato da Rihanna insieme a TechStyle Fashion Group.
Ovs, bond da 200 mln € per la sostenibilità
Il consiglio di amministrazione di Ovs Spa ha deliberato l’emissione di un prestito obbligazionario sustainability-linked senior unrated, non garantito, non convertibile, non subordinato e legato a performance di sostenibilità per un controvalore compreso tra un minimo di 150 milioni e un massimo di 200 milioni di euro, destinato sia ad investitori qualificati in Italia e all’estero, sia al retail in Italia.
Kering e Cartier alleati per i gioielli sostenibili
Kering e Cartier (gruppo Richemont) hanno annunciato la nascita del progetto Watch & Jewellery Initiative 2030, che punta a riunire i brand di orologeria e gioielleria di tutto il mondo per intraprendere un viaggio collettivo verso un futuro a basso tenore di carbonio e garantire che il comparto produca risultati positivi per il pianeta e per le persone.
Dior punta al wellness con Technogym
Dior ha svelato una serie di prodotti pensati per il wellness in casa realizzata in collaborazione con Technogym. L’edizione limitata comprende tapis roulant, panca multifunzione e wellness ball. I prodotti Dior and Technogym Limited Edition saranno disponibili dal prossimo gennaio nelle boutique Dior di tutto il mondo.
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Madonna lancia la fashion collection Madame X
la società quasi cinquant’anni fa, si dimetterà dalla carica di Presidente dopo la chiusura della trattativa, ha precisato French Connection.
Madonna dimostra ancora una volta la sua ecletticità lanciando, in occasione dell’uscita del documentario Madame X, l’omonimo merchandising. La linea, che ha appunto lo stesso nome del suo ultimo album e del documentario, comprende magliette, felpe con cappuccio e pantaloncini con immagini di Madonna nei panni di Madame X, l’alter ego agente segreto della cantante che ha incarnato per l’album e il successivo tour.
Watches & Wonders nel 2022 torna in presenza Dopo due edizioni interamente online, Watches & Wonders torna in presenza. Il salone, appuntamento di riferimento del settore dell’orologeria, si terrà infatti a Ginevra con un format sia fisico, nei padiglioni del Palexpo, sia digitale, sulla piattaforma watchesandwonders. com. I marchi di orologeria e gioielleria che si riuniranno per la prima volta dal 30 marzo al 5 aprile 2022 sono circa 40.
Nike, azionisti chiedono prove sulla diversity
Alcuni degli azionisti di Nike che sono arrivati al punto di chiedere al gigante dell’abbigliamento sportivo di divulgare dati sulla diversity durante l’assemblea annuale degli azionisti. La richiesta fa parte di una misura creata da As You Sow, realtà nonprofit a sostegno degli shareholder, che ha domandato al gigante dello swoosh una maggiore trasparenza, nonché statistiche su retribuzioni e assunzioni, con specifiche di genere e e razziali.
Rent the Runway, l’Ipo svela forte calo fatturato
Rent the Runway pubblica i prospetti di quotazione, evidenziando una frenata nei conti 2020. Rent the Runway, si legge su Reuters, “ha registrato un fatturato di 157,5 milioni di dollari (quasi 136 milioni di euro) per l’anno fiscale 2020, in calo rispetto ai 256,9 milioni di dollari dell’anno precedente. La perdita netta si è ampliata a 171,1 milioni di dollari, dai 153,9 milioni del 2019”. La flessione, spiega la Cnbc, riguarda anche il numero di abbonati, scesi a 95mila persone contri i 148mila del 2019. Il 2021 ha però visto un’inversione di rotta: nei sei mesi al 31 luglio scorso i sottoscrittori sono saliti a 126.841, dai 108.752 del corrispondente periodo del 2020.
Il menswear Zilli finisce in amministrazione
In mora dal 2 giugno, Zilli è stata messa in amministrazione controllata dal tribunale del commercio di Lione. Ancora nelle mani della famiglia Schimel, fondatrice dell’azienda, Zilli possiede un atelier di confezione a Dardilly, sul Rodano, e due filiali produttive in Italia, specializzate in abiti e camicie. Nel fiscal year 2020, riporta il quotidiano francese Le Progrès, l’azienda ha registrato 31,5 milioni di fatturato, in calo di oltre il 30% rispetto al 2019 pre-pandemia.
French Connection venduto per 29 mln di sterline
French Connection è stata venduta per circa 29 milioni di sterline (33,9 milioni di euro). Il pool di acquirenti comprende gli imprenditori Apinder Singh Ghura e Amarjit Singh Grewal, basati nel Regno Unito, e la holding KJR Brothers Ltd. Il principale azionista Stephen Marks, che ha fondato
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La capsule moda di Ikea arriva anche in Italia
A poco più di un anno dal lancio in Giappone, la prima collezione streetwear del colosso svedese dell’arredamento low cost sbarca anche da noi. La capsule ‘Eftertrada’ (che in svedese significa ‘successore’) sarà disponibile a partire dal 14 ottobre e comprenderà due indumenti, felpa e t-shirt e diversi accessori. In passato, Ikea aveva approcciato il settore moda con alcune partnership sperimentali, tra cui l’insolito fashion show andato in scena a Milano nel 2015.
Scotch & Soda, via alla nuova strategia retail
Scotch & Soda ha annunciato un nuovo piano retail che prevede 15 nuovi store fisici e 7 shop-in-shop entro la fine dell’anno in Europa, Asia-Pacifico, Nord America e Medio Oriente. Il marchio, inoltre, sta approdando in Cina con il lancio ufficiale del suo primo negozio su Tmall, cui seguiranno nuove aperture in location strategiche del Paese.
Per Manolo Blahnik, 2021 miglior anno di sempre
Manolo Blahnik ha dichiarato che il 2021, anno del suo 50esimo anniversario, sarà scandito dal fatturato migliore di sempre. Per ora, gli otto mesi chiusi il 31 agosto segnano +81% rispetto allo scorso anno e +8% in confronto ai dati del 2019, anno in cui registrò ricavi per 45,3 milioni di euro. Prendendo in esame l’intero anno, le vendite e-commerce globali vedranno una crescita triple digit, i primi otto mesi del 2021 hanno infatti segnato +120% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Già lo scorso anno l’e-commerce mondiale ha visto una crescita del 39 per cento.
Il gruppo Florence sale a 7: rileva maglificio Metaphor
Il polo tessile Florence finalizza la sua settima acquisizione accogliendo Metaphor, storico maglificio del distretto manifatturiero carpigano, dichiarato in fallimento dal Tribunale di Modena lo scorso agosto. Nato alla fine del 2020, il gruppo controlla le aziende Giuntini, Ciemmeci, Mely’s, Manifatture Cesari, Emmegi e Antica Valserchio.
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analisi di Milena Bello
Multibrand, col DIGITALE il 2020 non così male. E, per molti, il 2021 sarà un SUCCESSO Il ritorno agli acquisti non sta premiando solo i grandi marchi del lusso. Anche i principali multimarca italiani, dopo un anno con molti segni meno ma con qualche sorpresa, credono in un ritorno ai livelli pre-pandemia.
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li analisti lo stanno ripetendo da tempo. I prolungati lockdown hanno portato in eredità una consistente liquidità nella vita quotidiana dei consumatori, specie di fascia alta. Il risultato è una effervescenza negli acquisti che sta manifestando tutta la sua forza quest’anno. I bilanci dei grandi colossi del lusso l’hanno già attestato: c’è un vero e proprio ritorno allo shopping e, in diversi casi, questo esercizio fiscale rappresenterà la svolta dopo il tracollo pandemico. Si torna ai livelli 2019, sebbene con qualche differenza nelle dinamiche di acquisto. Torna prepotente la spinta del retail fisico, ma anche il digitale continua a rappresentare una leva di crescita fondamentale. Lo stesso sta avvenendo anche nell’universo dei multibrand di lusso italiani. Nonostante la perdita dei turisti stranieri presenti direttamente in Italia, le vendite si mantengono più che positive. Le esportazioni (e quindi, sostanzialmente, le dinamiche di intermediazione per commercianti stranieri al fine di rivendita su mercati esteri) mantengono il loro trend, ma chi ha portato avanti nel tempo una strategia definita sul digitale sta raccogliendo frutti. I BEST PERFORMER DEL 2020 Lo studio di Pambianco sui fatturati dei principali multibrand italiani nel 2020 è la cartina al tornasole di questa situazione. Ovviamente, i dati dello scorso esercizio fiscale scontano un situazione di pandemia e lockdown ancora in corso e, quindi, segnalano anche variazioni importanti di fatturato da un anno all’altro. Ci sono comunque delle eccezioni significative. Per esempio, il colosso di Luisaviaroma che ormai poggia il suo business quasi solo sull’online e che, proprio in virtù della spinta dell’e-commerce nell’anno della pandemia, ha incrementato i ricavi del 23%, meglio che l’anno precedente. In leggero rialzo anche Gianni Cuccuini (+5%) e Coltorti (+1,2%), premiato quest’ultimo
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analisi
sempre dal canale online. Spicca, poi, la performance di Julian Fashion, cresciuto di 25 punti percentuali. L’incremento, spiega Sabina Zabberoni, titolare dell’insegna luxury romagnola, è legato anche “all’acquisizione di uno spazio a Rimini, Luisa Boutique, e questo - aggiunge - ha inciso, assieme all’e-commerce in forte crescita”. 2021, PER ALCUNI L’ANNO DELLA RIPRESA Se il 2020 è stato un anno sui generis, proprio per le restrizioni e chiusure che hanno influito sulla performance, il 2021 dovrebbe rappresentare un pieno ritorno alla normalità sul fronte dei conti. Pambianco ha interpellato le prime undici insegne multibrand per fatturato in Italia. Ebbene, sei di queste hanno ammesso che questo esercizio fiscale vedrà il pieno ritorno ai livelli pre-Covid. Per alcuni, sulla spinta del ritorno agli acquisti in negozio e di una consistente spinta digitale, le previsioni di chiusura sono addirittura in crescita a doppia cifra rispetto al 2019. Nel caso di Luisaviaroma il boost è ovviamente tutto digitale, dato che l’online pesa per il 90% del turnover. L’insegna, nel cui capitale è appena entrato il fondo di private Equity Style Capital con una quota del 40%, si aspetta di chiudere l’anno a quota 215 milioni di euro (+19%). Se Luisaviaroma è ormai un puro e-tailer in grado di competere con le piattaforme internazionali di e-commerce, ancora più interessante è la strategia dei multibrand italiani che mantengono una fetta importante di ricavi dall’offline. Per Aldo Gotti, general manager di Modes Group, realtà che, oltre alla piattaforma online (pesa per il 70% dei ricavi), conta su di un network di multimarca sul territorio italiano, in crescita anche in ambito internazionale (l’ultima apertura è stata quella di Parigi ad ottobre), “il 2021 sta dando risultati positivi sui tutti i nostri canali. In particolare il canale retail fisico ha beneficiato di una notevole crescita di traffico in tutte le nostre location. In questo contesto la stima di chiusura arriva a 120 milioni di euro”. Nel 2021, Exor Inc, la holding di Tiziana Fausti che lo scorso anno ha rilevato 10 Corso Como, la storica insegna di Carla Sozzani, conta di tornare ai livelli pre-pandemia anche se non entra nello specifico dei dati perché “mancano le vendite di ottobre, novembre e dicembre, decisive per la stima di chiusura”, fanno sapere dall’azienda. Tuttavia, spiega Fausti, “a Bergamo abbiamo registrato un forte ritorno del cliente locale che torna a preferire il multibrand in un contesto comodo e accogliente”. In parallelo, anche il digital è in costante crescita, “negli Stati Uniti, Paese di riferimento, ma anche nel Far East, in Cina e Giappone”, precisa. Per Vinicio Ravagnani, titolare delle insegne Vinicio, “relativamente alle previsioni per l’anno 2021, si ipotizza una crescita delle vendite almeno pari ai livelli Pre Covid se non a un incremento che possiamo stimare intorno al 10 per cento”. CHI ALLUNGA IL PASSO Nella top ten, oltre a Luisaviaroma, sono due le insegne che, dopo un 2020 archiviato con il segno positivo, contano di allungare ulteriormente il passo in quest’ultimo esercizio fiscale, Julian Fashion e Coltorti. La prima prevede di aumentare il giro d’affari dai 60 milioni circa ai 72/73 milioni di euro, sostenuto dagli acquisti in boutique grazie al ritorno dei turisti, e dall’e-commerce. “L’online pesa per il 55% se si considera anche la piattaforma Farfetch. Depurato da questa vale circa il 40% del turnover”, sottolinea la titolare Sabina Zabberoni che precisa come si tratti soprattutto di piccoli B2B (la pura quota export, invece, vale il 15% delle vendite). Per Coltorti, “il fatturato year to date (fino alla fine del Q3) è cresciuto del 33% con incremento della marginalità più che proporzionale”, spiega Riccardo Bilancioni, managing director della boutique. In base al business plan, Coltorti prevede di chiudere l’anno a 71 milioni (+26%). “Per noi - aggiunge - non si tratta di rimbalzo ma di consolidamento di un trend trainato dalla performance del nostro e-commerce (non vendiamo su Farfetch dal 2018). Il canale digitale nel 2021 e 2022 sarà rafforzato, così come il canale fisico dato che rinnoveremo due store”. 22
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analisi
I top 11 fashion retailer I multibrand italiani chiudono il 2020 con un calo contenuto
Società
2020
Var % su 2019
2019
Var % su 2018
Previsione 2021
1
LUISAVIAROMA
180,4
23,6
146,0
20,6
215 milioni
2
FOLLI FOLLIE *
118,0
-33,0
176,0
21,0
n.d
3
GIANNI CUCCUINI
94,8
5,0
90,3
17,6
Stima di chiusura 2021 non ancora disponibile
4
MODES
92,2
-24,4
122,0
12,7
120 milioni
5
G&B
88,3
-9,1
97,1
-1,5
n.d
6
VINICIO
82,5
-2,5
84,6
2,3
Stima di chiusura 2021 non ancora disponibile
7
SUGAR
74,3
-3,3
76,8
10,5
n.d.
8
TIZIANA FAUSTI
65,3
-13,7
75,7
-0,7
Stima di chiusura 2021 non ancora disponibile
9
JULIAN FASHION
59,9
25,1
47,9
16,0
72/73 milioni.
10
THECORNER.COM
58,3
-14,1
67,9
14,5
n.d.
11
COLTORTI
57,5
1,2
56,8
9,9
71 milioni
TOTALE TOP 11
971,5
-6,7
1.041,1
11,8
Fonte: Pambianco Valori in milioni di euro *Fatturato aggregato delle società riconducibili all’insegna Folli Follie Le tabelle complete sono scaricabili nella versione online dell’articolo pubblicato su www.pambianconews.com OTTOBRE/NOVEMBRE 2021 PAMBIANCO MAGAZINE
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scenario
PH: Lachlan Gowen per Unsplash
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scenario di Giulia Sciola
Uk, addio al TAX FREE e ai big del retail fisico. La partita dei BRAND ora è in rete Il piano da 5 miliardi di sterline per rinnovare il cuore di Londra potrebbe non bastare a limitare i danni dell’addio allo shopping esentasse. Difficile calcolarne l’impatto nell’immediato, ora che il turismo non è ancora a pieno regime. Le più note insegne retail si dividono tra crescita digitale ed espansione degli store in nuovi mercati.
P
ost-Brexit e (forse) post-Covid. Il nuovo orizzonte entro il quale si muove il retail inglese è fatto di ripartenze e di trasformazioni innescate dai due eventi di portata globale. Che la Brexit portasse a condizioni di mobilità e commercio meno fluide, a elevati costi di importazione ed esportazione, e dunque all’alterazione del prezzo finale dei prodotti, era una prospettiva assodata già prima che l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea si concretizzasse. A destabilizzare ulteriormente il retail, soprattutto quello di lusso, è stato l’addio allo shopping tax free. L’aspettativa del settore era che dopo Brexit la detrazione dell’Iva avrebbe riguardato anche i cittadini dell’Ue, in linea con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Invece, con quello che i brand e retailer hanno definito un “colpo di martello”, il Tesoro non solo ha deciso di non estendere questo vantaggio agli europei, ma lo ha eliminato per tutti i cittadini del mondo dal 1° gennaio 2021. Niente rimborso dell’Iva sugli acquisti dunque per i big spender internazionali, che, una volta normalizzati i flussi turistici, propenderanno per altre mete di shopping. Secondo le previsioni annuali del portale VisitBritain, il Regno Unito chiuderà il 2021 a quota 5,6 milioni di visitatori dall’Europa (che è circa il 20% dei livelli 2019) e 1,8 milioni di visitatori da Paesi oversea (pari al 13% dei flussi 2019). Si prevede che il valore della spesa dei visitatori stranieri, quest’anno, sarà di 2,7 miliardi e 2,6 miliardi di sterline (circa 3,1 e 3 miliardi di euro), rispettivamente, per cittadini europei e turisti di lungo raggio. Molto dipenderà però dai tempi della completa ripresa del turismo. I DANNI DELL’ADDIO AL TAX FREE Gli shopper internazionali che transitano in Inghilterra provengono per lo più dagli Emirati Arabi, dall’Asia, dagli Stati Uniti e dalla Russia. Gli analisti di mercato non
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scenario
prevedono una regolarizzazione dei flussi prima del 2023. “L’addio al tax free – ha spiegato a Pambianco Magazine Flavio Cereda, managing director luxury equity di Jefferies - è un duro colpo per il lusso inglese e, più in generale, per le vendite di beni di alta gamma in Uk. È però difficile quantificare le ripercussioni di questa scelta. Ad oggi, infatti, i turisti sono ancora molto pochi. Le associazioni che riuniscono le principali vie del lusso di Londra hanno tentato di far cambiare idea a Westminster e ora si ripropongono di tornare alla carica. Secondo le nostre stime, il Regno Unito non registrerà gli stessi livelli di incoming dall’Asia che aveva nel 2019 fino al 2026”. La partita delle boutique si giocherà soprattutto sugli acquisti di fascia più alta: la possibilità ottenere il rimborso dell’Iva al termine del viaggio renderà più appetibili città europee della moda come Parigi o Milano. “I turisti continueranno a scegliere Londra per interesse culturale e la città lavora costantemente per rendersi più attrattiva – ha aggiunto Cereda -. Istituzioni dello shopping turistico di lusso dovranno però intercettare i big spender stranieri nei loro mercati domestici”. Lo sa bene Harrods che nel 2020 ha inaugurato il suo primo store permanente fuori dal Regno Unito a Shanghai, nel distretto di Pudong. Nel 2021 il luxury department store ha fatto il bis a Pechino, confermando la scelta del format The Residence, che mixa aree di shopping su invito (in vendita ci sono collezioni di alta moda, alta gioielleria e alta orologeria) a spazi per eventi privati. I NUOVI SIGNORI DELLO SHOPPING Harrods non è però l’unica insegna rispondere alla crisi innescata dal Covid con nuovi piani strategici. A vivere una fase di grande cambiamento è tutto il retail inglese, che negli ultimi anni ha assistito al collasso delle grandi catene e all’affermarsi di nuovi ‘signori’ dot-com del commercio al dettaglio. I player inglesi dell’e-commerce hanno infatti messo le mani sulle più note insegne brick-and-mortar del Paese, da tempo in crisi, rilevando brand di grande notorietà, ma non la loro rete di negozi. È, ad esempio, quanto fatto a inizio anno da Boohoo che ha ufficializzato l’acquisizione di Debenhams per 55 milioni di sterline. Dallo scorso febbraio, invece, Asos è il nuovo proprietario dei marchi Topshop, Topman, Miss Selfridge e Hiit, di cui ha rilevato gli asset di proprietà intellettuale. Sul piatto 265 milioni di sterline, cui si sono aggiunti altri 30 milioni per gli stock. A cedere il suo marchio ammiraglio e altre controllate è stato Arcadia Group. Questi deal affidano la crescita del business al digitale e hanno portato alla dismissione di store rappresentativi come quelli di Debenhams o Topshop in Oxford street. Quest’ultima, che dal 1909 ospita anche lo storico flagship dei grandi magazzini Selfridges, è nota per una proposta retail di fascia media, mentre il lusso si concentra in Bond street, Regent street, Savile Row e, ovviamente, a Knightsbridge, da Harrods. LONDRA SI RINNOVA La New West End Company, che rappresenta circa 600 tra proprietari di negozi, ristoranti, hotel e immobili nelle principali aree commerciali del centro di Londra, quali Bond, Oxford e Regent street, ha svelato i dettagli relativi a un investimento di capitale di 5 miliardi di sterline per rinnovare il West End nei prossimi cinque anni. L’investimento pianificato è distribuito su 22 edifici, esistenti e nuovi, del West End e più di 220 milioni di sterline saranno spesi per lo spazio pubblico aperto nell’area. I piani di sviluppo si concentreranno sulla fornitura di un’esperienza più diversificata e coinvolgente. La società ha affermato che circa il 76% degli edifici del West End elencati sarà a uso misto. Con la Elizabeth Line che dovrebbe essere finalmente aperta il prossimo anno, la New West End Company ha affermato che l’area trarrà vantaggio dall’afflusso di consumatori domestici che desiderano spendere soldi per esperienze premium. D’altro canto, l’area non raggiungerà, con ogni probabilità, l’obiettivo di generare 10 miliardi di sterline di fatturato annuo, a meno che i turisti internazionali non raggiungano i 200 milioni all’anno. 26
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dossier
Fast fashion e lusso a posizioni rovesciate Nell’era post Covid, la moda sente sempre di più l’esigenza di rivoluzionare la propria comunicazione. Il lusso e il fast fashion stanno sperimentando strategie di riposizionamento. E, per parlare alla nuova generazione Z, i marchi di fascia alta stanno ripensando alle loro collaborazioni in chiave pop e sportiva. In questa fluidità di interazioni tra alto e basso di gamma, si inserisce la nuova leva di stilisti emergenti che conquistano sempre più notorietà, grazie al grande pubblico dei social media. OTTOBRE/NOVEMBRE 2021 PAMBIANCO MAGAZINE
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dossier
Balenciaga, autunno/inverno 2021
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dossier di Giulia Sciola
Tempo di nuovi LINGUAGGI. Il lusso e il fast fashion provano a RIPOSIZIONARSI Parlare alla generazione Z vuol dire allearsi con mondi non tradizionalmente presidiati dalle griffe, come lo sport o i videogame. Per i marchi low cost, invece, il cambio di strategia passa da incursioni in una fascia di prezzo più alta, con il lancio di linee e marchi dedicati.
R
iposizionamento. Che lo si intenda come spostamento su una nuova fascia di prezzo o come tentativo di conquistare un target diverso, è questo il termine chiave delle strategie della moda nell’ultimo biennio. Vale per il lusso, che ripensa le sue collaborazioni in chiave pop e sportiva, ma vale anche per il fast fashion, che invece lancia collezioni upmarket. Le aziende imparano a parlare un linguaggio diverso, con scelte comunicative sempre più disruptive. Per tutti i player, inoltre, si fa pressante la necessità di mantenere la promessa della sostenibilità. IL LUSSO PARLA ALLA GEN Z A caratterizzare gli ultimi anni è stato, tra gli altri, il binomio lusso-sport. A gennaio dello scorso anno, Louis Vuitton ha annunciato la nascita di una partnership globale con l’Nba, diventando fornitore ufficiale del baule per il Larry O’Brien Trophy e cavalcando il successo mediatico del mondo del basket Usa. Negli anni, la griffe ammiraglia di Lvmh ha prodotto i trophy cases dell’America’s Cup, della Fifa World Cup, della Rugby World Cup e del torneo di tennis Roland-Garros, incassando visibilità nelle competizioni sportive. Già nel 2017, inoltre, Vuitton ha dato il via alla commistione lusso-streetwear, territorio di conquista della generazione Z asiatica, collaborando con Supreme. A cavalcare gli stessi trend per parlare a un pubblico più ampio sono anche Prada, che porta avanti con Adidas una partnership di lungo termine, Dior, che ha collezionato diversi drop delle sneakers realizzate con il marchio Jordan, o il sodalizio Balmain-Puma. In questi duetti, il lusso si avvicina a una nuova audience. I prezzi si fanno talvolta più abbordabili e i capi più casual, adatti alla vita di tutti i giorni. Non è un caso, inoltre, che queste collaborazioni puntino per lo più su ‘oggetti’ cult dei nuovi big spender, come le sneakers.
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L’obiettivo è intercettare l’immaginario dei più giovani e per farlo bisogna anche competere nelle arene virtuali. Conta l’egagement sui social, ma conta saper dire la propria anche nel gaming. In questo segmento, Valentino, Gcds e Marc Jacobs hanno realizzato dei capi per vestire i personaggi di ‘Animal Crossing’, videogioco di Nintendo, mentre Gucci punta su Gucci Arcade, una sezione della Gucci App lanciata nel luglio 2019. Il marchio ammiraglio di Kering collabora inoltre con ‘Tennis Clash’, ed ha stretto una partnership con Drest, la fashion styling app interattiva che sfida i propri utenti a creare dei look. Guardando alle passerelle, lo scorso settembre ha fatto notizia la sfilata co-ed P/E 2021 di Burberry, primo evento moda trasmesso in diretta su Twitch, social prediletto dai gamer di tutto il mondo. Balenciaga, infine, ha svelato la collezione autunno 2021 attraverso il videogame ambientato nel 2031 ‘Afterworld: The Age of Tomorrow’. RIVOLUZIONE TIFFANY Una strategia di comunicazione disruptive è sicuramente quella della ‘nuova’ Tiffany & Co. Lvmh ne ha completato l’acquisizione lo scorso gennaio. Da allora, oltre al cambio, in blocco, dei vertici aziendali, il colosso di Parigi ha optato per un linguaggio pop, multiculturale e decisamente young. “Not Your Mother’s Tiffany” è il motto della campagna con cui, la scorsa estate, il brand di gioielleria ha tappezzato New York, Los Angeles e, ovviamente, i suoi canali social, esplicitando l’intento di riposizionarsi verso un nuovo target. Non è mancato chi, sul web, ha criticato la scelta della maison, ribadendo l’importanza strategica e simbolica della vecchia audience, cresciuta con l’immaginario della Fifth Avenue e di Audrey Hepburn. Ma il gioco potrebbe valere la candela, se si pensa che i Millennials e la Gen Z rappresenteranno, entro il 2025, il 45% delle vendite luxury globali. “Siamo in un momento in cui la rilevanza è tutto e anche i marchi più iconici non possono riposare sugli allori. Bisogna pensare alla prossima generazione di ‘loyalist’. Non farlo rischia di far cadere nell’oscurità”, ha commentato Yan Jordan, executive creative director dell’agenzia di marketing Imre. Coerente, alla luce di queste riflessioni, anche la scelta di Tiffany di arruolare le superstar Beyoncé e Jay-Z per la campagna ‘About Love’, in quanto “emblema della love story contemporanea”, come li ha definiti Alexandre Arnault, vice presidente esecutivo del marchio di gioielleria. Parallelamente, anche il profilo Instagram ha segnato un cambio di passo rispetto alla ‘tradizione’: le foto del campione dell’Nba Kyle Kuzma nelle vesti di brand ambassador hanno ribadito la svolta inclusiva. A segnare il nuovo corso, infine, potrebbe essere una (già chiacchieratissima) collaborazione con Supreme. Inclusività e sostenibilità sono termini ricorrenti del riposizionamento verso un nuovo linguaggio. Secondo l’Area Studi Mediobanca, circa il 90% degli 80 maggiori player mondiali del fashion oggi ha una sezione del sito web dedicata a tutte le declinazioni della sostenibilità, ovvero economica, ambientale e sociale, confermando l’urgenza comunicativa di questi temi. A livello strategico, molte sono le aperture a forme di resale. MANGO VA OLTRE IL FAST FASHION Oltre al green, i tentativi di riposizionamento del fast fashion passano invece dal lancio di nuovi brand. Il caso pù recente è quello di Mango che ha presentato Alter Made, “un nuovo concetto che ruota intorno al benessere, alla sostenibilità e al consumo consapevole”. Il nuovo marchio di moda femminile, indipendente da Mango e con un prezzo più alto, offrirà una collezione essenziale composta da capi fatti per durare, senza tempo e di alta qualità con caratteristiche sostenibili. Il posizionamento di Alter Made ricorda quello di linee più costose lanciate da altri colossi, come i marchi COS, & Other Stories e Arket di H&M.
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dossier
Marco Rambaldi primavera/estate 2022
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dossier di Marco Caruccio
Così Milano sdogana i giovani STILISTI. Digitale e valori spostano la RIBALTA Finalmente il ricambio generazionale si è avviato. Grazie alle connessioni online con i consumatori finali, i designer emergenti si guadagnano un posto al sole senza restare più all’ombra dei marchi affermati.
N
on solo big names. L’ultima edizione della fashion week milanese ha visto crescere l’interesse per la scena emergente di giovani designer italiani. La Camera Nazionale della Moda Italiana ha organizzato diverse iniziative per supportare i brand in erba, ma a settembre è scattato qualcosa di inaspettato. Alcune label sono riuscite a catalizzare su di sé un’attenzione maggiore grazie a una contingenza di fattori inedita. Le fashion week digitali hanno avuto il merito di democratizzare la fruizione degli eventi, tutto il mondo in front row. Allo stesso tempo, la schedule online ha messo sullo stesso piano imperi del lusso e nuovi talent, a portata di click sulla medesima pagina. E c’è chi ha scoperto nuovi approcci alla moda, magari meno strutturati, ma talvolta più spontanei, ricchi di quella spregiudicatezza sempre più rara nell’establishment.
COMMUNITY DIGITALE Sabato pomeriggio, due dozzine di persone sono in fila per entrare all’Hotel Senato e scoprire la nuova collezione di Salvatore Vignola, un mix di body positivity e inclusività. Non sono buyer né fashion editor ma ragazze e ragazzi, giovanissime, che lo seguono sui social, ne leggono sulle riviste indipendenti. Non tutte sono clienti finali, ma tante sono follower, fan, sono la sua community nata da canali differenti da quelli istituzionali. È forse il miglior esempio dello spostamento di attenzione in atto. I quotidiani nazionali si concentrano sui marchi affermati, spesso investitori pubblicitari, raramente c’è spazio per gli emergenti. L’audience più adatta, d’altronde, è quella in grado di cliccare su ‘mi piace’, seguire lo storytelling quotidiano di designer che non vivono circondati da assistenti e social media manager, ma gestiscono in presa diretta
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la propria immagine, privata e professionale. Mentre alcuni luxury brand opzionano un paio di modelle curvy e il numero necessario di indossatrici black per essere politically correct c’è chi ha fatto dell’inclusività reale il proprio mantra dagli esordi. Marco Rambaldi, classe 1990 laureato in Design della Moda all’Università Iuav di Venezia, continua di stagione in stagione a proporre un cast composto da forme, colori ed età differenti. Elogiato e supportato dalla sua fan base e da fashion editor in cerca di aria nuova. Allo stesso modo l’onnipresente svolta sostenibile, tema particolarmente sentito dalla Z Generation, ha preso alla sprovvista molti big name che sono corsi ai ripari lanciando capsule e collaborazioni ad hoc. Tiziano Guardini e Gilberto Calzolari, presenti nella sezione ‘Designers for the planet’ del Fashion Hub di Cnmi, sono da alcuni anni un punto di riferimento per gli acquirenti green, e grazie all’utilizzo di materiali riciclati certificati vantano oggi una reputazione riconosciuta dagli addetti ai lavori, e non solo. Dopo la vittoria del concorso Who’s on Next e la selezione al prestigioso Lvmh Prize, Federico Cina ha conquistato prestigio anche oltre confine puntando sulla valorizzazione del proprio territorio, la Romagna. Ac9 di Alfredo Cortese ha debuttato in passerella a Milano; dopo aver sfilato ad Altaroma e preso parte al programma di mentorship voluto da Alessandro Dell’Acqua e Tomorrow Ltd, è stata anche svelata una capsule per N°21. Le creazioni di Andreadamo sono state indossate da star del calibro di Dua Lipa (74 milioni di follower) regalando una visibilità notevole alla griffe. Act N°1 ha allestito una sfilata con ballerine professioniste e colpi di scena degni di un défilé couture, ripostata dagli addetti ai lavori presenti. Anche lo show di Vitelli ha riscosso la meritata attenzione grazie all’energia della performance sulla passerella. Cina, Des_Phemmes e Amotea sono stati accolti con entusiasmo dai clienti di Rinascente durante Milano Fashionable Project, uno spazio importante all’interno del department store. Ad avvicinarsi soprattutto ragazzi dotati di smartphone per immortalare abiti creati da chi ha poco più della loro età. Lo stilista non è più una figura distante ma un coetaneo in grado di interpretare gusti e bisogni, in cui è più facile immedesimarsi per affinità anagrafica e, soprattutto, valoriale. IN VETRINA A credere alla new wave di designer ci sono anche buyer esperti. “Stiamo riscontrando sempre più interesse da parte della clientela verso marchi di una nuova generazione di designer che dialoga con maggiore spontaneità e sintonia con il pubblico al quale si rivolgono”, spiega Aldo Gotti, general manager di Modes. Il gruppo testimonia la sua vocazione di incubators di nuove proposte integrate con brand istituzionali. Come dimostrato dall’evento realizzato con Camera Moda Fashion Trust; le vetrine dello store milanese sono state dedicate agli upcoming brand Atxv, Chb Christian Boaro, Edith Marcel, Francesco Murano, Gentile Catone e Rambaldi. “I new names - conferma Sabina Zabberoni, titolare della Julian Fashion - funzionano, soprattutto quelli internazionali nell’ottica della tendenza dei consumatori al mix negli outfit. Quindi, si acquista un indumento di un marchio di lusso, ma per non essere vestiti solo di quel marchio si abbina anche un pezzo di un emergente, quindi in quell’ambito c’è spazio”. “La ricerca di buyer dedicati ai nuovi talenti e ai designer emergenti, oltre ai piccoli brand attenti alla sostenibilità, è una nicchia promettente”, rassicura Tiziana Fausti da Bergamo.
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dossier
Dall’alto a sinistra in senso orario: passerella Ac9, ballerina sulla passerella di Act N°1, look Amotea, denimwear Salvatore Vignola, abito a righe di Federico Cina, due proposte di Gilberto Calzolari, abito rosso Tiziano Guardini, completo a fiori Gentile Catone, total black Andreadamo.
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attualità di Milena Bello
La CINA perde il suo slancio. E le nuove politiche economiche fanno tremare il LUSSO Oltre alla paura per i nuovi focolai della variante Delta il Dragone deve fare i conti con la crisi energetica, la bolla immobiliare e lo spettro delle tasse sui beni inquinanti.
C
hi scommetteva sulla volata della Cina e sulla sua funzione da locomotiva del mondo inizia a farsi qualche domanda. Certo, l’ex Celeste Impero resta la motrice dell’economia mondiale e, di conseguenza, anche dell’intero sistema moda occidentale, per il quale c’è una innata passione da parte dei cinesi. Ma il percorso di pieno recupero della normalità e dei livelli di shopping pre-Covid in Cina resta accidentato, forse più di quanto non lo sia in altre aree del pianeta. I primi segnali sono arrivati quest’estate quando sono tornati a farsi sentire alcuni (seppur limitati) allarmi per il Covid e il timore di nuovi focolai legati alle varianti in circolazione. Secondo i dati diffusi dal National Bureau of Statistics (Nbs), ad agosto le vendite al dettaglio nell’ex Celeste Impero si sono attestate a 3,44 trilioni di yuan (464 milioni di euro), in aumento del 2,5% su base annua, in calo di 6 punti percentuali rispetto alla crescita dell’8,5% di luglio. La previsione di consenso per le vendite al dettaglio era del 7% su base annua. Tra i settori più penalizzati dal rallentamento delle dinamiche di shopping dei cinesi c’è proprio la moda. Secondo i dati Nbs, il macro settore ‘indumenti, calzature, cappelli, maglieria’ ha registrato un calo del 6% ad agosto anno su anno, totalizzando uno dei risultati peggiori insieme al settore della automobili e della telefonia. “Sebbene permangano fattori incerti – si legge nella nota dell’istituto cinese – dati gli ultimi focolai di Covid-19, le condizioni favorevoli aiuteranno a sostenere una crescita stabile dei consumi e una ripresa economica per il resto dell’anno, hanno osservato funzionari e analisti cinesi”. Le previsioni sull’andamento del mercato cinese non sono, in realtà, così funeste perché molti addetti al settore prevedono un ritorno alla normalità sul fronte shopping con le festività invernali. Resta, però, la conferma dell’instabilità del mercato cinese. Un
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attualità
elemento non da poco visto il peso che l’ex Celeste Impero ha nelle esportazioni mondiali di prodotti moda e nella distribuzione sia offline sia online. La cartina al tornasole della discontinuità cinese va cercata nei dati sulle vendite della prima settimana di ottobre, una delle prime festività in calendario. Nella settimana dall’1 al 7 ottobre, periodo nel quale i cinesi tradizionalmente celebrano la loro festa nazionale, secondo i media locali, gli acquisti si sono concentrati sul mercato interno facendo la fortuna di Hainan, il paradiso asiatico del duty-free. Le nove insegne esentasse dell’isola meridionale cinese, che ormai ha raccolto il timone da Hong Kong, hanno sfiorato gli 1,64 miliardi di yuan (circa 218 milioni di euro), in aumento del 75% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente e ben quattro volte superiore, con un salto del 359%, sul 2019 pre-pandemia. Chi ha viaggiato, in sostanza, si è spostato verso questa meta prediletta per il duty free, a discapito delle altre mete turistiche cinesi. La prima settimana di ottobre, infatti, in Cina ci sono stati circa il 70% in meno di spostamenti rispetto al 2019 e l’1,5% se confrontati con il 2020. E, di conseguenza, anche le entrate legate al turismo sono drasticamente diminuite e si sono fermate ai 389 miliardi di yuan (circa 52 miliardi di euro), pari a circa al 60% di quanto raggiunto nel 2019 e con un calo del 4,7% su base annua. Tuttavia le ultime stime sul mercato del travel retail continuano a riportare la Cina al centro della strategia di rilancio. Se le vendite duty free tornaranno a crescere, sarà sostanzialmente merito dell’aumento del flusso turistico negli aeroporti cinesi. Secondo le stime della società di consulenza Oliver Wyman, solo nella seconda metà del 2023 i cinesi torneranno a viaggiare all’estero. con un conseguente ritorno, sempre secondo le proiezioni degli analisti, del business del travel retail in tutto il mondo. AUTARCHIA E CLIMA NELL’AGENDA CINESE Per ora, dunque, si guarda alla Cina e ai flussi interni al Paese. Ma le incognite nei confronti dell’ex Celeste Impero, anziché diminuire, aumentano di giorno in giorno, facendo tremare il mondo del lusso e non solo. A ottobre il National Bureau of Statistic ha diramato i nuovi dati sul Pil. Ebbene, nel periodo tra luglio e settembre l’economia cinese ha continuato a crescere, ma con un passo più lento del previsto: ‘solo’ del 4,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in calo però se confrontato con il +7,9% registrato nel secondo trimestre e leggermente al di sotto del +5,2% atteso dagli analisti. Il rallentamento, notano molti analisti, è in gran parte dovuto al tentativo di Pechino di ridurre i rischi finanziari, diminuendo il ritmo dei prestiti al settore immobiliare, che pesa quasi un terzo del Pil del Paese e che ha rischiato di scoppiare sotto il peso della bolla Evergrande, il gigante del real estate schiacciato da un debito monstre di 309 miliardi di dollari, e finito a un passo dalla bancarotta. Intanto il Paese sta facendo i conti anche con una nuova autarchia annunciata quest’estate nel solco di una ‘prosperità comune’ che potrebbe portare a un inasprimento delle tasse per le classi più agiate, nell’ottica di un ridimensionamento della disparità sociale. Non è tutto. La Cina si sta preparando anche ad una stretta sul fronte delle emissioni inquinanti, una misura che sicuramente farà sentire il suo peso anche nei confronti del mondo del lusso. Secondo gli analisti di China International Corp, il sistema di tassazione dei consumi, anticipato appunto dal presidente Xi Jingping quest’estate, comporterà con ogni probabilità anche un aumento delle tariffe sui beni di lusso e sui prodotti la cui produzione prevede grandi quantititativi di energia o genera un inquinamento significativo. Il motivo di una misura così radicale nel solco della lotta contro i cambiamenti climatici è da ricercare anche nella grave crisi energetica che sta attanagliando il nord est del Paese, un’area che genera il 66% del prodotto interno lordo cinese e dove numerose fabbriche sono state costrette a interrompere la produzione per evitare di superare i limiti del consumo energetico imposti dal governo centrale per promuovere l’efficienza. 40
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fenomeni
Dall’alto, Clio Zammatteo, Chiara Ferragni e Rihanna
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fenomeni di Laura Bittau
INFLUENZARE non basta più. Così le regine dei post diventano BRAND Da Chiara Ferragni e Rihanna a Cliomakeup fino ai nuovi talenti dei social, la tendenza sembra quella di fondare nuovi business per rafforzare il proprio posizionamento e capitalizzare l’engagement dei follower.
P
rima influencer, poi imprenditrici. Il passo dalle luci della ribalta al mondo del business è breve per le star del web, che non si accontentano più di fare da vetrina ai marchi altrui. È vero che i media americani, in merito all’influencer marketing, parlano di una ‘bolla’ pronta a sgonfiarsi da un momento all’altro, ma a guidare la trasformazione di quelli che in origine erano i ‘blogger’ ci sono importanti motivazioni strategiche. E uno scenario che ancora offre praterie da scoprire. Le più lungimiranti avevano già fiutato il vento precorrendo i tempi. La nostrana Chiara Ferragni ha fondato la sua Collection nel 2010, con una linea di scarpe il cui ormai inconfondibile occhiolino strizzato nel 2013 ha iniziato a campeggiare su una selezione completa di capi e accessori. Prima ancora ci erano arrivate le Kardashian, che già nel lontano 2006, pioniere di un nuovo modo di fare imprenditoria e spettacolo, hanno aperto la prima boutique della loro insegna Dash, dedicata al fashion. E nel 2018 la secondogenita della famiglia, Kim, fonda il brand di shapewear Skims dal valore di 1,6 miliardi di dollari con un parterre di investitori d’eccezione. Nell’olimpo delle celebrity un altro posto d’onore non può che andare a Rihanna, la popstar di fama mondiale la cui popolarità anche sui social media l’ha resa una vera e propria imprenditrice. Nonostante il poco fortunato esperimento della sua label di abbigliamento luxury sotto l’egida di Lvmh, la sua collezione di lingerie Savage x Fenty ha continuato a correre ed è prossima al debutto nel retail per l’inizio del 2022 . Analogo successo per la sua linea beauty, nata nel 2017 e da allora approdata negli store Sephora, con un fatturato che nel 2021 promette di sfiorare i 5 miliardi di dollari. Farsi portavoce dei brand altrui, dunque, non basta più. Così la professione dell’influencer cambia status e acquisisce un nuovo, sempre più preminente profilo imprenditoriale.
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fenomeni
UNA MOSSA TRA BUSINESS E AUTORAPPRESENTAZIONE Se le celebrità sono quelle che hanno guidato il fenomeno, esiste una pletora di influencer che vanta molto meno peso, in termini di follower ed engagement, la quale guarda proprio alle pioniere che sono arrivate per prime. Emblematico l’esempio di Beatrice Valli. Classe 1995, una community di 2,8 milioni di follower e una nuova linea di abbigliamento kidswear che si chiama Whatevs, coerente con il suo profilo così incentrato sulla sua vita familiare. Segue sulla stessa onda numerica Valentina Ferragni, sorella della più celebre Chiara con i suoi 4 milioni di follower. Il suo omonimo Valentina Ferragni Studio è un marchio di jewelry dallo stile pop che mostra il suo volto. O ancora Giulia Calcaterra, che la scorsa primavera ha lanciato il suo brand di costumi Selvatica, dall’estetica ispirata al mondo del fitness, cui lei appartiene, e dell’avventura. I brand, infatti, devono rispecchiare la visione, la personalità e il tone of voice, oltre che l’ambito d’appartenenza, delle giovani star. Il primo intento che muove il debutto imprenditoriale è sicuramente legato al business: generare una nuova fonte di profitto slegata dal ruolo di cassa di risonanza per brand terzi che tradizionalmente definisce la figura dell’influencer. Ma la scelta ha anche a che fare con il posizionamento della propria identità, che deve uscire dal web affinché anche il suo nucleo virtuale ne risulti potenziato. Si tratta di una forma avanzata di self-branding, di cui il marchio diventa l’espressione. Se la moda pullula di brand ‘influencer-made’, il beauty non è da meno. La linea di skincare Hey Cutie di Miss Strawberryfields, circa 110mila follower e un canale YouTube attivo dal 2009, o quella di Sweet as a Candy sono solo alcuni esempi di un ricco humus di piccoli business nati dal web. Ma il caso più celebre nel mondo della bellezza è quello di Clio Zammatteo, in arte Cliomakeup, nata come makeup artist agli albori di YouTube e dal 2017 founder del marchio che porta il suo nome. INFLUENZARE NON BASTA ‘Influenzare’ non è più sufficiente, a quanto pare. Certo, ancora non si captano segnali di un allontanamento dei brand dai personaggi dei social, anzi. Nel 2020 l’influencer marketing globale ha viaggiato a quota 9,7 miliardi di dollari; in Italia, alla fine del 2021, come emerge dalla stima di Upa, il valore di questo mercato si è assesterà intorno ai 272 milioni di euro, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente e rappresentando una quota tra il 3% e il 4% degli investimenti pubblicitari. Eppure, sebbene gran parte di questo capitale vada nelle tasche delle celebrities, c’è anche un esercito di intermediari che si prende la propria fetta lungo la strada. Oltre all’incertezza, catalizzata dalla pandemia, sulla possibile durata a lungo termine di questi lucrosi accordi con i brand e che sta spingendo a esplorare nuove vie potenzialmente redditizie. UN MESTIERE IN DIVENIRE Fondare un marchio proprio risponde a una logica di disintermediazione che scavalca non solo le aziende committenti ma anche tutte le figure che costellano il percorso per arrivarci. Lo step imprenditoriale resta più complesso e non è un caso che siano più frequenti le influencer che decidono di appoggiarsi a marchi già esistenti e noti per lanciare una linea a propria immagine e somiglianza che non implichi, però, il salto nel mondo del business in prima persona. Salto che richiede doti imprenditoriali che esulano dal mero marketing. Quello a cui gli influencer hanno accesso, però, è senza dubbio un canale privilegiato, attraverso cui poter capitalizzare i numeri e il forte engagement delle proprie comunità di follower. Il risultato è un debutto sul mercato senza troppe incognite e facilmente mappabile, che potrebbe rappresentare l’upgrade di una professione in pieno divenire.
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INTERVISTA A JACQUES-ANTOINE GRANJON
20 anni di VEEPEE, il business vincente delle FLASH SALES
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Jacques-Antoine Granjon OTTOBRE/NOVEMBRE 2021 PAMBIANCO MAGAZINE
intervista
V
ent’anni dalla nascita di vente-privee, nel 2019 ribattezzato Veepee. Il fondatore e presidente Jacques-Antoine Granjon svela gli obiettivi di crescita della piattaforma che nel 2001 ha creato le vendite-evento online.
Collaborare direttamente con i brand, mettendo a disposizione della community i prodotti di marca a prezzi esclusivi, solo per pochi giorni, in un ambiente online creativo e coinvolgente. Il tutto con un obiettivo b2b: valorizzare lo stock delle marche proteggendo la loro immagine. Questa la filosofia di Veepee, il gruppo che oggi rappresenta un player europeo da 3,8 miliardi di fatturato, presente in 10 Paesi, con 7.000 brand partner, di cui 900 sono brand italiani, e oltre 66 milioni di iscritti nel mondo. Quali intuizioni e obiettivi hanno dato inizialmente forma al progetto? Nel 1985 ho iniziato a lavorare nel destoccaggio di abbigliamento insieme al mio socio Julien Sorbac. Alla fine degli anni ’90, con l’avvento di internet, siamo diventati grossisti digitali, vendendo ai nostri soci in rete e riservando particolare attenzione all’estetica nell’esposizione dei prodotti. Da tali premesse è nato nel 2001 Veepee, che, nel 2005, grazie all’avvento dell’adsl in Francia, ha iniziato a crescere. Nel giro di cinque anni abbiamo raggiunto un fatturato pari a miliardo di euro. Poi sono iniziati gli anni della maturità, segnati dalla complessità di sviluppare il business all’estero. Dopo l’apertura negli Stati Uniti, nel 2015 abbiamo deciso di concentrarci sull’Europa e di crescere non più organicamente, ma per acquisizioni. Quali sono le principali acquisizioni che hanno segnato la storia dell’azienda? Nel 2015 abbiamo acquisito una quota di maggioranza della società belga Vente-exclusive. com, seguita nel 2016 dall’acquisizione di Privalia, rilevata a un prezzo piuttosto alto, quasi 500 milioni di euro, mettendo un grosso debito sulle spalle degli azionisti e sulle mie. L’integrazione è stata complessa, avevamo otto piattaforme, ora siamo arrivati ad averne una sulla quale possiamo sviluppare tutti i servizi. Quali strategie state attivando per essere competitivi sul mercato? Veepee è un’azienda basata sulla qualità dell’offerta e orientata al b2b, poiché il nostro servizio consiste nel prenderci cura dell’inventario dei marchi. Quindi, se soddisfiamo il marchio e otteniamo una buona offerta, soddisfiamo anche i nostri soci. Nel farlo, siamo stati pionieri in Europa. Poi, con lo sviluppo di internet, è arrivata la concorrenza. In quale misura i player dell’e-commerce impattano il vostro business? Amazon vende a chiunque con modalità vantaggiose prodotti a prezzo pieno, come Zalando, ma si tratta di un altro modello di business rispetto al nostro. Il nostro obiettivo è semplice: per il b2b, vogliamo essere l’azienda presso la quale i marchi trovano le soluzioni più efficaci per liberarsi delle loro scorte in eccesso; per il b2c, il luogo digitale al quale i consumatori in Europa si rivolgono consapevoli che, ogni volta che visiteranno il sito, avranno una sorpresa, otterranno promozioni e vivranno la migliore esperienza di acquisto di marchi offerti a prezzo competitivo. Questo è Veepee, un po’ frustrante se arrivi agli eventi in ritardo per acquistare i prodotti. Abbiamo un traffico quotidiano dai 4 ai 5 milioni di persone e questo è la nostra forza. Il nostro ‘tasso di stickiness’, ovvero il traffico ricorrente di chi quotidianamente torna ogni giorno sul sito, è altissimo.
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intervista
La gestione dei resi rappresenta un costo importante per il commercio online. Come la affrontate? I tassi di reso nei Paesi latini, Francia, Italia e Spagna, sono piuttosto bassi, sebbene stiano aumentando con lo sviluppo dell’infrastruttura, mentre in Germania sono più alti. Per far fronte a questa problematica, abbiamo ideato ‘Re-turn’, un servizio volto alla gestione dei resi attraverso una piattaforma dedicata, che consente la rivendita dei prodotti direttamente tra gli utenti, per evitare di generare flussi logistici addizionali. Abbiamo testato il servizio in Francia, dove sta riscuotendo un grande successo e conta già circa 2 milioni di account utenti registrati sulla piattaforma dedicata. Nel 2022 lo lanceremo anche in Italia. Come avete reagito alla situazine pandemica? Quali sono, ad oggi, le vostre previsioni di crescita? Il primo lockdown ha avuto un forte impatto, non sapevamo cosa sarebbe successo. Ho deciso di lasciare aperto il sito, fare le vendite, informare i clienti che avremmo consegnato appena possibile e mettere in sicurezza i nostri magazzini. Durante la crisi, i punti vendita fisici sono rimasti chiusi e i brand hanno avuto la necessità di canali distributivi alternativi per vendere la loro merce. Noi li abbiamo aiutati a venderla. Ora è diverso, i negozi hanno riaperto, i marchi hanno investito nei loro shop online e ridotto la produzione anche a causa dell’enorme aumento del costo dei trasporti. È una situazione complessa per tutte le compagnie internet. Veepee ha un modello di business molto difensivo, marchi e sconti piacciono a tutti, ma stiamo lottando per ottenere gli stock. Come state performando nell’anno in corso, in relazione al 2020 e al 2019? Siamo cresciuti molto dal 2019 al 2020 e ora siamo tornati ai livelli pre-Covid in tutte le categorie merceologiche, tranne la categoria ‘viaggi’, nella quale abbiamo dimezzato le vendite rispetto al 2019. Il nostro fatturato dipende totalmente dagli inventari dei marchi, ecco perché stiamo valutando di sviluppare business in altre direzioni. A livello di mercati, come si posiziona l’Italia? L’Italia è un mercato molto forte e promettente, perché è un Paese ricco di creatività, con una vocazione b2b e gli italiani amano i brand. C’è competizione tra Spagna e Italia, ma quest’ultima sta crescendo più velocemente. Quali chiavi di sviluppo prevede il piano strategico? In primo luogo, la conclusione dell’integrazione per arrivare ad avere un’unica piattaforma. In secondo luogo, il lancio di ‘Re-cycle’, un’iniziativa pensata per aiutare i nostri brand partner a rispondere alle sfide del settore moda, dove i clienti aspirano a un consumo più responsabile. ‘Re-cycle’ permette agli utenti di spedire a Veepee dei prodotti usati della marca partner per dare loro una seconda vita, in cambio di un buono acquisto da utilizzare sul sito o nello store fisico del brand.
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40 ANNI DI ESPERIENZA
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WHAT’S NEW? Missione seduzione
di Marco Caruccio
La voglia di affascinare anima le proposte femminili per la primavera/estate 2022. Gonne più corte, stampe animalier e underwear a vista non lasciano dubbi. Dal classico little black dress ai fascianti abiti maculati, c’è voglia di scoprirsi. Il blazer viene indossato aperto con reggiseno impreziosito da applicazioni luminose. Lo spettro cromatico si polarizza sul black & white con incursioni vitaminiche dai toni aranciati. Un tocco di romanticismo passa dalle texture crochet che mixano colori e artigianalità, indumenti timeless perfetti da riporre in valigia prima di concedersi un weekend in spiaggia. Lunghe frange decorano indumenti sofisticati, pronte ad essere mosse dal vento esaltandone il movimento.
WOMENSWEAR
N°21 Bottega Veneta
Alberta Ferretti
Etro
CROCHET MANIA
I tessuti realizzati utilizzando un uncinetto per intrecciare anelli di filo o altri materiali sono protagonisti delle passerelle. Dalle creazioni multicolor di Etro e Marco Rambaldi fino al mood vacanziero proposto da N°21 e Alberta Ferretti. L’inconfondibile verde di Bottega Veneta tinge la maglia spigata con orlo dentato protagonista del défilé allestito a Detroit. 52
Calcaterra
Brunello Cucinelli
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Luisa Spagnoli
Marco Rambaldi
tendenze
Marni MM6 Maison Margiela
Ports 1961
Hermès
YIN E YANG
Il concetto di yin e yang ha origine dall’antica filosofia cinese, molto probabilmente dalla dualità notte/giorno. Le maison del lusso scelgono i colori agli antipodi della scala cromatica per dare vita a pattern ipnotici. Dalle maxi righe di Marni alle geometrie all over di MM6 Maison Margiela e Annakiki, fino al decorativismo grafico di Hermès.
Ssheena
Annakiki
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Mila Schön
Mario Dice
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tendenze
JW Anderson Emporio Armani
Moschino
Prada
MINI TREND
Piccola nelle dimensioni ma grande complice di seduzione. La minigonna è la protagonista indiscussa della sfilata di Prada, con tanto di strascico incorporato. Le gambe si scoprono notevolmente anche per Emporio Armani e Genny. L’estetica nursery contraddistingue le stampe della collezione Moschino presentata a New York.
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Alessandro Enriquez
Drome
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Genny
Des Phemmes
tendenze
Missoni Jil Sander
Salvatore Ferragamo
Roberto Cavalli
BRIVIDO FELINO
La prima sfilata dell’era Fausto Puglisi per Roberto Cavalli ha visto susseguirsi una nutrita schiera di modelle in alcuni abiti storici della maison opportunamente rivisitati. Le stampe animalier hanno inaspettatamente fatto capolino anche tra le proposte minimal di Jil Sander e in quelle di Salvatore Ferragamo. 56
Antonio Marras
Elisabetta Franchi
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Beatrice.B
Simonetta Ravizza
tendenze
MSGM Chiara Boni La Petite Robe
Paul Smith
Christian Dior
STILE VITAMINICO
Maria Grazia Chiuri ha scelto tinte sature per le boxeur Dior in raso di seta arancio. Stessa nuance anche per le giacche tecniche disegnate da Walter Chiapponi per Tod’s. Quadri vichy da Msgm mentre Paul Smith sintetizza le sue iconiche righe multicolor in un binomio quasi monocromatico. Sofisticata l’interpretazione di Hui.
Alessandro Vigilante
Boss x Russell Athletic
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Tod’s
Hui
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tendenze
Alexander McQueen Burberry
Sunnei
Gucci
FRANGE AL VENTO
Avanzano imperterrite le indossatrici di Riccardo Tisci alle prese con agenti atmosferici avversi; il vento spettina le lunghe frange degli abiti di Burberry. Olivier Rousteing festeggia 10 anni al timone di Balmain con una pioggia di ciuffi dorati. Alexander McQueen e Gucci scommettono sulle tonalità dégradé, e vincono.
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Gabriele Colangelo
GCDS
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Stella McCartney
Balmain
tendenze
Tom Ford Act N°1
Fendi
Philosophy di Lorenzo Serafini
SEXY BACK
Timide astenersi. Sensualità senza freni e underwear in vista. Il reggiseno torna protagonista sotto blazer, cardigan e camicie. Realizzato in pizzo da Ermanno Scervino, ricoperto di paillettes quello di Tom Ford, crochet per Emilio Pucci, in maglia per Andrea Pompilio. Da indossare previo consulto meteo.
Emilio Pucci
Ermanno Scervino
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Andrea Pompilio
Blumarine
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tendenze
Saint Laurent Miu Miu
Versace
Valentino
LBD SALVAVITA
È il passepartout per qualsiasi cambio d’abito last minute. L’alleato fidato in caso di imprevisti, la scialuppa che non delude mai. Il (very) Little Black Dress funziona sempre, con le safety pin di Versace, gli scintillii di Miu Miu, lo scollo profondo di Michael Kors i sensuali cut-out di Pierpaolo Piccioli per Valentino. 60
Andreadamo
Sophia Nubes
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Andrea Kronthaler x Vivienne Westwood
Michael Kors
tendenze
Federico Cina
Salvatore Vignola
Tiziano Guardini
AC9
RHYTHM NATION
La musica è (finalmente) cambiata. La nuova scena stilistica italiana sta facendo breccia tra gli addetti ai lavori. A confermarlo i primi successi di una generazione di designer dall’identità forte e le idee chiare. Strategie da affinare ma tanta voglia di farsi sentire, superando i tradizionali metodi promozionali analogici, come osservato nell’articolo di pagina 34.
Gilberto Calzolari
Amotea
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Vitelli
Defaience by Nicola Bacchilega
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Zalando
Zalando arriva in Italia con Connected Retail Lanciato per la prima volta nell’ottobre 2018, Connected Retail permette già a più di cinquemila rivenditori di incrementare le loro vendite online e raggiungere milioni di clienti Zalando. Il progetto si sta gradualmente espandendo in tutta Europa ed è appena sbarcato sul territorio nazionale. Collegare i negozi online e quelli fisici è stato a lungo importante nell’industria della moda, ancora di più a causa della pandemia, che ha portato molti consumatori ad acquistare online. Connected Retail è la soluzione di Zalando che permette già a più di cinquemila rivenditori attivi su Connected Retail di incrementare le loro vendite online con una piattaforma priva di rischi e facile da usare. Lanciato per la prima volta nell’ottobre 2018, Zalando Connected Retail si sta gradualmente espandendo in tutta Europa ed è attualmente
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disponibile in Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Polonia, Spagna, Svezia, Norvegia, Finlandia, Austria, Francia, Belgio e Svizzera. Appena arrivato anche in Italia, Connected Retail permette ai rivenditori italiani di collegare i propri negozi direttamente alla piattaforma di e-commerce, tra i leader in Europa per la moda e il lifestyle, e vendere online i propri prodotti a milioni di clienti. L’arrivo di Connected Retail in Italia segna la quinta espansione nel 2021 rendendo il programma disponibile in 13 dei 23 mercati europei di Zalando. Molti rivenditori possono ottenere un
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aumento giornaliero delle vendite di 20 ordini per negozio. Per agevolare i negozi che decidono di partecipare a Connected Retail, Zalando ha ridotto le commissioni fino alla fine dell’anno e offre pagamenti settimanali per sostenere la liquidità del negozio. Connected Retail è una parte centrale della strategia di Zalando. I rivenditori fisici collegano i propri negozi in modo rapido, semplice e senza costi di connessione: Zalando fornisce il software per la connessione, i contenuti online, le opzioni di pagamento, l’assistenza clienti e supporto dedicato al negozio partner. Una volta entrati nel programma, i negozi potranno evadere gli ordini che i clienti Zalando effettuano sulla piattaforma. Poste Italiane ritirerà gli ordini direttamente nel punto vendita, come farebbe normalmente un cliente, e li consegnerà al consumatore finale. Su richiesta, i partner possono anche usufruire di servizi di marketing tramite l’unità Zalando Marketing Services (ZMS). I clienti Zalando italiani potranno inoltre presto supportare in maniera diretta i rivenditori locali scegliendo la consegna da un negozio tra i filtri di ricerca. “L’Italia - spiega Riccardo Vola, Director Southern Europe di Zalando - è uno dei più grandi mercati della moda in Europa e molto importante per Zalando. Sono lieto di poter annunciare il lancio di Connected Retail e l’accelerazione dei nostri investimenti in Italia. La rete Connected Retail comprende ora più di 5.000 negozi attivi da 13 mercati europei. L’espansione in Italia ci consentirà di offrire supporto ai rivenditori italiani aiutandoli a raggiungere milioni di potenziali nuovi clienti. Inoltre, Connected Retail ci aiuterà ad approfondire ulteriormente il rapporto con i nostri clienti italiani, offrendo un assortimento ancora più ampio e dando ai consumatori la possibilità di acquistare con una particolare attenzione all´assortimento locale”. Uno dei primi rivenditori ad aderire a Zalando Connected Retail in Italia è il punto vendita Vitale con diverse sedi a Crotone. Insieme a Zalando Connected Retail, i negozi Vitale consentiranno ai clienti Zalando in tutta Italia di acquistare vari prodotti direttamente dal proprio punto vendita. “I nostri negozi a Crotone - commenta Angela Vitale, CEO dei negozi Vitale - hanno sempre avuto un significato speciale per la zona. Siamo entusiasti di aprire la strada al servizio Connected Retail di Zalando nel paese e di accedere a nuovi clienti in tutta Italia”.
Il team Connected Retail Italia include dipendenti italiani con un know-how specifico per supportare i rivenditori locali. Entro la fine dell’anno, Zalando mira a connettere più di 6 mila negozi in Europa. Zalando investirà 50 milioni di euro nel programma Connected Retail nel 2021 e una quota consistente sarà destinata all’Italia, mercato di importanza strategica per l’azienda. I retailer interessati all’offerta possono trovare maggiori informazioni su www.connectedretail.it.
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Integra Fragrances
Integra Fragrances, le strategie del lusso spingono sull’olfatto Il brand nato nel 2006 è già partner delle più note maison italiane - e non solo - per lo sviluppo e la diffusione di firme olfattive. In arrivo, Per Natale, anche il primo prodotto in co-branding. Il branding olfattivo come supporto strategico a 360 gradi. La creazione di esperienze d’acquisto sensoriali, o di ambienti espositivi immersivi, completata e potenziata da fragranze create ad hoc. La trasformazione di un odore in un’opportunità per rendere unico ogni marchio. Per le realtà che collaborano con Integra Fragrances tutto questo è possibile. Nata nel 2006, l’azienda italiana è infatti un riferimento nel settore del branding olfattivo attraverso lo studio attento dello stile, del linguaggio, dei valori, del pubblico e del network distributivo dei diversi brand. A scegliere Integra Fragrances sono player del lusso, della moda, del design, dell’hospitality, del lifestyle e del settore travel. Il mix ottimale di creatività e tecnologia del gruppo guidato da Lorenzo
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Cotti guarda all’innovazione continua, con proposte sempre nuove per la diffusione in ambiente, sui punti vendita, per vere e proprie installazioni artistiche multisensoriali, o per la profumazione di packaging, gadget e materiali aziendali. Da anni al fianco di Bulgari per la diffusione della sua eau parfumée au thé vert in musei, eventi e store in tutto il mondo, il sodalizio fra Integra Fragrances e la maison di Lvmh continua con Serpenti Metamorfosi, la nuova scultura immersiva realizzata dal media artist e regista Refik Anadol per Bulgari nel cuore di Milano, in cui la dimensione olfattiva curata da Integra Fragrances vede la diffusione di un’essenza progettata attraverso l’intelligenza artificiale. Nel settore moda l’azienda rafforza
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inoltre le esperienze di Fendi, Salvatore Ferragamo, Gucci Garden, Max Mara, e Benetton. Integra Fragrances intende porsi sempre più come partner strategico per le imprese. La mission è diffondere il profumo come nuova frontiera di esperienza unica, di emozione e benessere. In questo senso il prezioso apporto delle neuroscienze si rivela fondamentale per evolvere in modo sempre più mirato il legame emotivo tra fragranza e brand in termini di desirability, memorability, brand love e brand loyalty. Per la ripartenza di The Mall Luxury Outlets, a Firenze e Sanremo, dopo lo stop imposto dal Covid19, Integra Fragrances ha lavorato a una nota esclusiva in grado di trasmettere ottimismo, comfort e relax. Il risultato è Amoenus: l’identità olfattiva qui non caratterizza solo gli ambienti, ma accompagna i clienti anche a casa con un delizioso home fragrance disegnato e prodotto da Integra Fragrances per The Mall e disponibile in vendita online e offline. Sempre in fase di riapertura, significativa è la collaborazione con Fico, il parco tematico di Bologna tutto da gustare. L’experience park è suddiviso in aree che raccontano le eccellenze alimentari italiane attraverso i cinque sensi, olfatto compreso. Integra Fragrances ha lavorato a sei fragranze immersive che, diffuse con la sua tecnologia brevettata, completano l’esperienza “edutainment” delle cinque giostre multimediali e della Via del Vino. Per sposare GreenB, il nuovo format a basso impatto ambientale firmato Benetton, Integra Fragrances ha sviluppato una fragranza interamente sostenibile e attenta all’ambiente: vegan, ricca di oli essenziali naturali (molti dei quali con proprietà virucide), ma soprattutto formulata con materie prime naturali ottenute dalla rilavorazione di scarti di materiali biologici (biotecnologie). Persino Perrier-Jouët champagne ha voluto una firma olfattiva propria, che ha debuttato in occasione della Milano Design Week. Anémone Secrète è la fragranza di rara eleganza ispirata all’immaginario Belle Époque del brand che ha già sedotto innumerevoli lifestyle lovers. Le prossime settimane, infine, vedranno il debutto del primo prodotto in co-branding di Integra Fragrances. L’azienda ha scelto di sostenere il progetto ad alto impatto sociale di SEP Jordan, marchio specializzato in accessori moda e lifestyle made-in-Italy di alta qualità, ricamati a mano in Giordania con talento e tradizione da artiste rifugiate. Integra Fragrances ha collaborato con SEP svi-
luppando un’identità olfattiva su misura, che incarna i valori e la missione etica del brand. “Abbiamo raccolto i diversi profumi e odori che le donne del Jerash Camp sperimentano ogni giorno, perché volevamo infondere la vita reale del campo e i sentimenti delle donne in questa fragranza distintiva”, racconta il team sviluppo fragranze di Integra Fragrances. L’odore di caffè, kabsa spices, incenso, cumino e cardamomo, il delizioso profumo del pane appena sfornato e quello speciale di un neonato: tutti questi rimandi sono racchiusi nella nuova home candle Integra Fragrances x SEP Jordan, che debutterà sul mercato a Natale. La nuova fragranza è 100% naturale, certificata COSMOS Natural ed EcoCert, e racchiusa in un pack completamente privo di plastica, in pura carta FSC.
Il corner Perrier-Jouët profumato alla Milano Design Week
Proposte Integra Fragrances x SEP Jordan In apertura, Serpenti Metamorfosi, scultura immersiva di Bulgari
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Marobe
Marobe diminuisce il proprio impatto ambientale grazie alle nuove tecnologie digitali L’azienda sta per inaugurare la nuova maxi sede eco-friendly, specchio di una strategia basata sulla tracciabilità e la responsabilità sociale. Marobe progetta il proprio futuro pensando a quello globale. La storica azienda tessile lombarda fondata nel 1982 a Vanzaghello vuole improntare il proprio business puntando sullo sviluppo sostenibile con azioni, comportamenti e scelte focalizzate non solo su obiettivi a breve ma soprattutto a lungo termine, conscia che le azioni di oggi avranno conseguenze sulla collettività mondiale. “Per noi si tratta di un dovere e una consapevolezza; affrontare in maniera consapevole un cambiamento perché necessario è diverso dal farlo perché dovuto. Siamo con68
sapevoli di avere un impatto sia sull’ambiente che sulla società”, dichiara il titolare Christian Cagnola. Attraverso il know-how maturato negli anni, Marobe è in grado di offrire al cliente una larga varietà di prodotti di abbigliamento di altissima qualità. Marobe riesce a sviluppare i prodotti e a seguirli internamente fino alla spedizione, mantenendo quindi un costante controllo diretto. Recentemente l’azienda si è trasferita in toto nella sede di viale Milano in seguito alla ristrutturazione di un edificio industriale, un capannone dei primi del 900 in cui sono
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stati apportati interventi di efficienza energetica per ridurre drasticamente i consumi energetici e le emissioni di Co2 ad essi associate. “La nuova sede rappresenta al meglio il percorso che abbiamo intrapreso, a partire dal verde circostante e dalle numerosi fonti di luce naturali. Sono tante le strategie incentrate sul controllo dell’impatto ambientale, la spinta alla digitalizzazione è un punto focale del percorso intrapreso. Ad esempio, lo sviluppo delle collezioni in ambito 3D diminuisce enormemente la realizzazione di prototipi, senza contare l’abbattimento degli spostamenti”, spiega Cagnola. Il nuovo stabilimento, che sarà completato entro la fine dell’anno, copre 2500 metri quadrati di superficie su 6mila metri quadrati di terreno. Gli Impianti di condizionamento e aerazione sono legati a pannelli solari con tecnologia domotica autosufficiente. La corrente elettrica arriva dal mercato delle fonti rinnovabili. Sia l’impianto elettrico che quello di riscaldamento si gestiscono per far si che illuminazioni e temperature siano ottimali per i dipendenti. “Inseriremo aree verdi intese come elemento interattivo, la scelta delle piante è stata data a una società specializzata. L’impianto di irrigazione per le piante all’interno dell’azienda avrà nel circuito anche una raccolta di acque piovane, ci avvalleremo del minimo di
risorse idriche necessario”, spiega il manager. L’azienda è costantemente aggiornata anche dal punto di vista normativo, vanta la certificazione ISO 9001 e segue le norme 8000 e 14000, entro il 2022 sarà attivato il Bilancio Sociale che analizza il rapporto tra ambiente e dipendenti, in cui l’azienda dichiarerà tutte le sue attività in termini di impatto ambientale, sociale e lavorativo. La svolta di Marobe passa anche per il tracciamento della filiera: “Attraverso le tecnologie IOT sui capi mediante l’utilizzo di QR code e RFID, sarà immediato riconoscere e leggere le schede tecniche degli indumenti. Con alcune app in fase di sviluppo sarà possibile, inquadrando il QR code, far indossare un capo al proprio avatar speculare, creato inserendo i dati personali in una tabella fisica, affiancata da supporti fotografici. Ciò permetterà la realizzazione di collezioni prima digitali e poi fisiche. L’avatar rappresenterà l’utente nel campo digitale e, di conseguenza, in quello reale. Così si potrà verificare la vestibilità di un capo senza bisogno di provarlo in real life. Gli acquisti saranno enormemente semplificati evitando eventuali resi e, ancora una volta, limitando azioni inquinanti. Grazie alla digitalizzazione sarà inoltre disponibile la scheda di informazioni legata al prodotto, garantendone la reale tracciabilità”, conclude Cagnola.
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18 Montenapoleone
Spiga 26 reinventa l’iconica via. Sarà il fulcro di fashion, design, cultura e food 18 Montenapoleone Retail Consultancy&Brokerage racconta l’innovativo progetto immobiliare firmato Hines: oltre 12mila metri quadrati del settecentesco Palazzo Pertusati rigenerati in chiave sostenibile e declinati in un mix unico all’insegna dell’esperienza e contaminazione, tra fashion retail, business, cultura e food. Via della Spiga is back. L’unica passeggiata pedonale del distretto del lusso meneghino si prepara al cambio d’abito per un’uscita in passerella da protagonista del Quadrilatero. I cantieri e le chiusure del recente passato fanno largo a operazioni di restyling finalmente svelate: al civico 5 Ralph Lauren inaugura la sua ritrovata house milanese e al 26 è iniziato il count down per la commercializzazione delle unit del progetto. “Siamo in fase di closing con importanti player del fashion&luxury e in serrato dialogo con big
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del fashion, del design e del food&beverage”, rivela il CEO di 18 Montenapoleone Antonella Mastrototaro. “Spiga 26 piace, cattura e convince. Proprio come è accaduto a noi quando Hines ci ha voluto al suo fianco come broker: il progetto ancora sulla carta spiccava già con piglio da pezzo unico, da punta di diamante del Quadrilatero con il suo innovativo cathegory mix. Non un progetto déjà-vu di retail e uffici orientato alla redditività, ma la sfidante e vincente proposta di 3.000 metri quadrati di spazi retail e 18 vetri-
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ne per 65 metri di facciata a vocazione fashion, design e food tutt’altro che scontati, integrato da un calendario di iniziative culturali dedicate che stanno riattivando via della Spiga”, prosegue Maristella Brambilla e precisa che “la scelta dei tenant è frutto di scouting e selezione sartoriale tagliata sulla visionarietà di Spiga 26”. L’operazione immobiliare che porta un numero nel nome vanta infatti valori all’altezza del prestigio della location: 2 ingressi su via della Spiga e via Senato, da 3 a 7 piani fuori terra, 800
metri quadri di terrazze, corte interna da 180 e rooftop panoramico. Antonella Mastrototaro conclude: “Il building sarà certificato LEED Gold a riconoscimento della sua vocazione alla sostenibilità ambientale concretizzata in carpooling, messa a disposizione dei tenant di auto elettriche e a basse emissioni, attenzione al controllo dei consumi energetici, alla qualità ambientale e ai materiali utilizzati. Con Spiga 26 facciamo quadrato attorno ad una sola prospettiva e guardiamo al futuro”.
In alto, corte interna di Spiga 26 e, sotto, facciata su via della Spiga. In apertura, facciata dello stabile su via Senato
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Sopra Steria
Unified commerce: l’esperienza del cliente supera i confini tra canali di vendita Le soluzioni di Sopra Steria mettono al centro il consumatore grazie all’integrazione tra online e offline. Le attività di consulenza nella trasformazione digitale permettono alle aziende partner di migliorare la propria organizzazione e avere un controllo costante degli stock. Si chiama Unified Commerce ed è l’evoluzione del retail omnichannel. La sfida per le aziende del settore moda e lusso è chiara: superare l’idea di separazione dei canali di vendita e adottare un modello quanto più fluido possibile, ponendo al centro la soddisfazione del cliente. A confermarlo è Sopra Steria, leader europeo dei servizi digitali e già consulente delle più note aziende del settore nella trasformazione tecnologica, organizzativa e manageriale. “Il crescente spostamento dei clienti verso il commercio digitale – ha commentato Enrico Cantoni, Direttore della divisione Retail, Fashion & Industria di Sopra Steria Italia - ha creato una necessità senza 72
precedenti di processi di ‘commercio unificato’ in grado di garantire un’esperienza cliente omogenea e senza soluzione di continuità fra online e offline. Questi nuovi processi rendono necessario un modello operativo flessibile che consenta velocità nell’attuare nuove strategie in base al contesto garantendo la massima efficienza in termini di costi, nel rispetto dei livelli di servizio attesi dai clienti”. La flessibilità dei servizi è un’aspettativa dei consumatori, la cui esperienza oggi può iniziare su molteplici canali (dal fisico al social) e si completa anche con servizi post vendita come le opzioni di Pick&Pay, Click&Collect, opzioni di cambio e reso
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della merce, alla cui base ci sono processi integrati e seamless. L’esperienza del cliente quando entra in contatto con il brand, dalla puntualità della consegna alla facilità delle procedure di reso, all’interazione con il call center o con il personale di negozio, sono elementi che orientano i consumatori nelle loro scelte e che contribuiscono alla crescita delle vendite siano esse digitali o fisiche. Le aziende devono dunque operare con processi snelli, adattabili al cambiamento anche in realtà complesse: la visione unificata dello stock e la sua gestione “intelligente” sono un fattore critico per il successo dell’omnicanalità, così come la visione integrata del cliente. Per i brand l’integrazione del processo complessivo e la sua ottimizzazione deve considerare anche la necessità di orchestrare con efficacia i marketplace, un altro punto di contatto del cliente con il Brand sia pur indiretto. Gli elementi chiave dei Distributed Omnichannel Management Systems (DOM) sono appunto l’omnicanalità e l’orchestrazione degli ordini; la gestione dei rapporti con corrieri e spedizionieri; l’integrazione dei sistemi di pagamento; la vista del cliente a 360°; l’infrastruttura in hosting; l’ottimizzazione dell’inventario e l’evasione ordini in tempo reale; il sempre più importante tema del reverse logistic (SelfReturn, ReturnInStore, Exchange onLine e inStore). “L’omnicanalità va considerata come acceleratore dei processi di vendita – ha aggiunto Antonio Carrozza, OMS Omnichannel Practice Manager di Sopra Steria - dove a fare la differenza sono nuove opportunità di delivery al cliente, intese sia come ‘nuove opzioni sui punti di ritiro’, sia come maggior precisione nella previsione della ‘finestra di consegna’. L’azienda deve però evolversi verso un modello di lavoro per processi e non per silos, il che vuol dire che tutti i dipartimenti, dalla produzione al finance, dalla logistica al customer care, devono condividere dati (i.e. Articoli/stock/Clienti) e avere obiettivi comuni - sfida tanto più sensibile quando devono convivere anime Retail e e-Com. Si può parlare di omnichannel per quanto riguarda la struttura aziendale quando i processi sono a supporto della tecnologia, quando vi è engagement delle diverse direzioni e dipartimenti. In questo senso, quindi, lo unified commerce agisce da abilitatore organizzativo”. Serve inoltre nell’azienda stessa un modello di KPI (Key Performance Indicator), e/o di ‘incentivi’, diverso che abiliti tali nuovi modelli operativi volti a premiare comportamenti virtuosi di ciascun dipartimento al fine di servire al meglio il cliente, qualunque
sia il canale dal quale ha acquistato e con il quale interagisce, abbattendo così i “vecchi” silos. Sopra Steria, grazie a una profonda competenza sui processi del Fashion&Luxury e delle diverse tecnologie presenti sul mercato italiano e mondiale, affianca i clienti nel disegnare e realizzare il modello Unified Commerce che più si adatta alle caratteristiche del brand. Il valore di un primario gruppo che opera a livello mondiale consente di monitorare il mercato e di portare diversi modelli di business e tecnologie. Ad esempio nel Distributed Order Management opera un numero rilevante di professionisti e sono presidiate più tecnologie per coprire esigenze di grande respiro o soluzioni best of breed moderne e configurabili.
Enrico Cantoni, Direttore della Divisione Retail, Fashion & Industria di Sopra Steria Italia
Antonio Carrozza, OMS Omnichannel Practice Manager di Sopra Steria Italia
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Fabiana Filippi
Fabiana Filippi, l’eccellenza del Made in Italy sostenibile per natura Era il 1990 quando la prima collezione Fabiana Filippi poneva le basi dell’identità del marchio, il savoir-faire artigianale umbro unito all’understatement cosmopolita. Un connubio che l’azienda mantiene, sempre attenta a bilanciare qualità e sostenibilità, innovazione e cura del territorio. Eccellenza, gusto contemporaneo, Made in Italy. Sono questi i valori che da oltre trent’anni ispirano la ricerca di Fabiana Filippi, fondata sulla tradizione unica del cashmere in Umbria. Situata nel cuore dell’Italia, l’azienda ha saputo coniugare tradizione e innovazione, avviando un percorso verso la responsabilità sociale d’impresa volto a valorizzare il territorio circostante. “Sostenibile per natura”, così si definisce, consolidando il proprio impegno a realizzare collezioni che durano nel tempo. Belle oggi, ma pronte a esserlo anche nel futuro. A compendio di questa missione, Fabiana Filippi ha lanciato il progetto ‘Terra’, con cui celebra la natura che sin dagli esordi ha scelto di tutelare e di mettere al centro della sua narrazione. Lo fa attraverso una serie di capsule collection ispirate al microcosmo naturale: alla ricchezza delle sfumature, all’intensità delle stagioni, all’armonia degli accostamenti. Il cuore del progetto è la selezione delle materie prime, poiché queste contano per i
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due terzi sull’impatto ambientale della produzione di un capo. Fibre e tessuti impiegati sono realizzati nel rispetto dell’ambiente, come il cotone organico e il cashmere naturale, che vengono ricavati nella maniera più etica e sostenibile: seguendo i ritmi della terra e delle stagioni. I metodi di lavorazione dei laboratori Fabiana Filippi offrono, inoltre, un valore aggiunto attraverso il sistema Fully Fashioned per la maglieria (che riduce gli scarti a zero) e i piazzamenti ottimizzati dei cartamodelli nei processi di sartoria (con il minor dispendio possibile di tessuto). Una scelta etica accompagnata da un linguaggio visivo evoluto e raffinato, che contraddistingue anche la nuova campagna pubblicitaria autunno/inverno 2021-22. Nei suggestivi scatti del fotografo Dario Catellani, la top model Barbara Valente interpreta due immagini complementari della stessa donna, fortemente in relazione con la natura e, allo stesso tempo, pienamente immersa nella sua vita quotidiana.
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Milano Moda Graduate
A sinistra, Hitoshi Yamaguchi, presidente di YKK Italia, consegna a Anna Dionisi e Leonardo Rossetto il YKK Prize. In alto: Carlo Capasa, presidente di CNMI, e il vincitore di Milano Moda Graduate Gabriele Larcher.
Milano Moda Graduate premia i giovani talenti creativi della moda italiana La giuria di esperti presieduta da Carlo Capasa ha annunciato i vincitori della settima edizione del concordo durante Milano Fashion Week di settembre. Premi anche da YKK Italia. Durante la recente edizione di Milano Fashion Week la Camera Nazionale della Moda Italiana ha annunciato i vincitori della settima edizione di Milano Moda Graduate, manifestazione dedicata alle eccellenze delle scuole di moda italiane. La giuria, presieduta da Carlo Capasa, presidente CNMI, ha premiato Gabriele Larcher, alunno dell’Accademia Costume & Moda, con il Camera Nazionale della Moda Italiana Fashion Award. Milano Moda Graduate vuole rappresentare un progetto in cui trovano spazio tutte le professionalità del fashion system ed offre ai ragazzi un percorso di mentoring. Per la quarta volta infatti CNMI ha offerto agli studenti un “percorso educational” costituito da workshop e consulenze specifche su vari temi. Diversi gli appuntamenti che si sono svolti e in programma: dalla sostenibilità alle tecniche di produzione, trend e mercati internazionali, comunicazione digitale. Quest’anno per la prima volta, CNMI ha deciso di inserire in programma un ulteriore workshop sul tema dell’inclusione e diversità con lo scopo di sensibilizzare le nuove generea-
zioni affinchè siano motori di cambiamento anche su questo importante tema. Parallelamente YKK Italia, main partner di Milano Moda Graduate ha selezionato Anna Dionisi Leonardo Rossetto dell’Università IUAV di Venezia come vincitori del YKK Prize tra 11 studenti di design delle fashion school italiane, a cui è stato richiesto di creare un outfit speciale focalizzato sull’utilizzo degli accessori da chiusura. I vincitori, premiati dal presidente di YKK Italia, Hitoshi Yamaguchi, hanno ricevuto un premio in denaro da investire nello sviluppo della loro carriera nel mondo della moda e riceveranno, per un anno, una fornitura di prodotti YKK. YKK Italia ha inoltre deciso di assegnare uno speciale riconoscimento a Luca Bianco proveniente da IED - Istituto Europeo di Design, riservando anche a lui una fornitura annuale di prodotti YKK. Inoltre Vogue Talents ha assegnato un premio a Emilia Torcini (Istituto Modartech). La vincitrice di questa categoria sarà il protagonista di un esclusivo editoriale pubblicato su Vogue Talents.
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Gimel
Da sinistra: showroom milanese di Gimel, la CEO Cecile Beaurain
Non solo lusso. Gimel amplia le reti produttive e distributive internazionali L’azienda guidata dalla nuova CEO Cecile Beaurain rivede le proprie strategie per offrire collaborazioni sempre più personalizzate nel segmento kidswear. Gimel cambia passo. Per la prima volta lo storico player pugliese specializzato nel segmento kidswear ha affidato il controllo a una manager esterna alla famiglia fondatrice. Da maggio Cecile Beaurain, precedentemente Managing Director di Stella McCartney Kids, ricopre il ruolo di CEO. L’azienda ha già introdotto una funzione di merchandising e riorganizzato la fase di sviluppo prodotto per aprire il proprio portfolio a marchi non necessariamente appartenenti alla fascia di lusso, una strategia dettata dalle nuove abitudini d’acquisto del mercato. Mantenendo standard di qualità elevati, Gimel punta quindi ad ampliare il range di offerte oltre il made in Italy e propone soluzioni per sviluppare un prodotto eco-sostenibile.“Pur collaborando con fashion brand di fama mondiale restiamo un’azienda dalle dimensioni contenute, in grado quindi di offrire un trattamento personalizzato ai nostri partner. Stiamo sviluppando nuove capacità di sourcing che includono lo sviluppo dei prodotti all’estero e l’offerta di collezioni sempre più votate al lifestyle contemporaneo”, spiega Beaurain. Con l’arrivo della manager è stato attribuito maggior valore alla fase creativa, e sono 76
state inserite figure di design e ricerca. Oltre all’headquarter di Putignano (Bari), Gimel vanta un ampio showroom milanese in via Bellini, punto di riferimento per i clienti che transitano in città. “È prioritario dare nuovo impulso all’estero, ho strutturato una parte commerciale dedicata ai Paesi oltre confine, in primis Stati Uniti, area CSI, Asia e Middle East. Oggi il nostro fatturato deriva prevalentemente dal mercato interno, puntiamo a una percentuale fifty-fifty”, spiega Beaurain che sottolinea l’ingresso di figure straniere nel team. Attualmente Gimel annovera contratti di sviluppo e produzione con le case di moda Giorgio Armani, Roberto Cavalli e Whatevs di Beatrice Valli. Il mondo licenze comprende la storica collaborazione con Elisabetta Franchi, Add, Dondup, Philosophy di Lorenzo Serafini, Ermanno Scervino e La Martina. I brand di proprietà sono i labels eco-friendly Le Petit Coco e FèFe . “Nel percorso di rinascita e modernità che ha intrapreso l’azienda anche le collaborazioni con gli “Influencer” della moda ci interessano molto” conclude Beaurain “talvolta interpreti delle più recenti esigenze del mercato nonché dei nuovi canali di acquisto”.
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M-Cube
M-Cube, per creare esperienze di acquisto omnichannel e customer centric Raccontare storie e progettare esperienze sensoriali per un engagement emotivo completo. Con M-Cube, azienda italiana specializzata in soluzioni innovative e strategiche dedicate al mondo del retail, il cliente diventa il vero protagonista della sua customer journey. L’era post-Covid rappresenta un momento di svolta, in cui le strategie di engagement da parte del brand devono essere studiate e disegnate nei minimi dettagli per incontrare le mutate abitudini dei consumatori. Il brand deve essere pienamente consapevole delle sue buyer persona, le varie macro tipologie di clienti che entrano nel punto vendita, e al tempo stesso deve capire i loro movimenti all’interno del punto vendita, oltre alle tipologie e alle modalità di interazione con i touchpoint fisici e digitali. Solo così è possibile costruire una customer journey ricca di significato, che guidi il consumatore all’interno del mondo del brand. M-Cube parte dall’analisi del brand, analizza i suoi valori e i suoi bisogni, con l’obiettivo di definire le buyer persona e di costruire una proposta di journey che coinvolga i touchpoint digitali presenti all’interno del punto vendita. La definizione dei touchpoint digitali deve inserirsi in una strategia omnicanale per comunicare
con i device personali del cliente, che si aspetta di poter interagire con il brand e con gli spazi fisici, vivendo attivamente l’esperienza in negozio. Il concetto di omnicanalità partecipa quindi a un contesto più ampio, rivoluzionando il concetto stesso di customer journey. I contenuti audio e video devono essere pensati per colpire il cliente a livello emozionale, studiati appositamente per il touchpoint di riferimento. Mostrare collezioni e sfilate non è più sufficiente. Individuati i touchpoint e i contenuti, è necessario definire le interazioni tra il mondo offline e online per rendere l’esperienza fluida e immersiva. L’utilizzo dello smartphone del cliente, specie in un momento in cui si è persa l’abitudine di toccare le superfici nei luoghi pubblici, diventa uno strumento fondamentale di engagement. Grazie alla costruzione di esperienze immersive e totalizzanti il cliente può interagire direttamente con il brand, per esempio attraverso i suoi canali social.
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Dedagroup Stealth
Cosimo “Mimmo” Solida, CEO Dedagroup Stealth
Dedagroup Stealth: l’ecosistema moda trainato dal digitale Tecnologia a supporto di una supply chain sempre più strategica e rispondente a nuove logiche di tracciabilità e trasparenza. Il mercato della moda è stato tra i più toccati dalla pandemia. Dopo un 2020 che ha registrato una perdita del 25%, l’anno in corso promette performance ai livelli pre Covid. Una ripresa questa in cui emergono nuove esigenze da parte dei brand e dove il digitale è l’elemento fondamentale per affrontare le sfide del settore. Lo sa bene Dedagroup Stealth che da oltre 30 anni accompagna nella crescita i più grandi brand del fashion e del luxury, e che in questi mesi non ha mai rallentato la sua corsa verso l’innovazione come testimonia il CEO Mimmo Solida: “Il mercato della moda è irreversibilmente cambiato e le aziende sono sempre più orientate ad un controllo puntuale della catena del valore dove anche l’attenzione all’ambiente è diventata strategica e non più trascurabile. Abbiamo investito e lavorato su due nuovi moduli: l’Order Management System con cui permettiamo, in ottica omnichannel, l’inserimento e la gestione degli ordini digitali, sia provenienti dall’e-commerce che da tutti i marketplace e dalle ‘in store app’ e il modulo Sustainability per calcolare e tracciare l’indice di sostenibilità dei prodotti”. A questi grandi cambiamenti le aziende della moda e in particolare le piccole realtà come hanno reagito? Che l’approccio al digitale non sia più trascurabile è chiaro. La pandemia ha dato un’accelerazione senza
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precedenti e se le aziende più piccole sono anche più flessibili, il digitale può rappresentare per loro un’opportunità ancora più grande. Per supportarle, la nostra Zedonk, società inglese acquisita a maggio 2020, ha da poco rilasciato il proprio virtual selling, una piattaforma innovativa per la gestione degli ordini del canale wholesale in modalità totalmente digitale. Quali i trend per il prossimo anno? Il settore moda dovrà lavorare come ecosistema e la parola d’ordine sarà collaborazione tra gli attori della filiera. Con “Collaboration” offriremo ai brand un controllo ancora più puntale dei processi della catena di fornitura, tracciabile e trasparente in termini di materiali, piani di consegna, produzione di semilavorati e gestione delle lavorazioni; uno strumento integrabile con la blockchain in ottica di moda circolare. Nell’ecosistema “collaborativo” anche il tessile, che ben ha compreso quanto una supply chain integrata sia fondamentale, avrà un ruolo chiave. Stiamo sviluppando una piattaforma dedicata a questo segmento che ha logiche differenti rispetto a fashion e Luxury ma altamente strategico per la nostra crescita. Infine, sarà un anno di nuove partnership, consolidamento dei progetti in Italia e all’estero e di rafforzamento dei team di Dedagroup Stealth e Zedonk.
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Temera
Temera presenta Unity, il negozio del futuro L’azienda toscana ha allestito nel suo headquarter un demo store basato su tecnologia Rfid. Rivoluzionario e innovativo, lo spazio replica esattamente una boutique del lusso e mira a promuovere una trasformazione digitale per il fashion. Temera si spinge verso le nuove frontiere del retail. Si muove in questa direzione infatti l’ultimo progetto dell’azienda toscana, che presenta così UnityFuture retailing experience, un demo store ipertecnologico. Lo spazio, nel quale digitale, analogico e moda si intrecciano indissolubilmente, è stato allestito all’interno dell’headquarter di Scarperia. Il negozio, completamente basato su tecnologia Rfid, nasce dall’idea di creare un punto di riferimento per le aziende di moda nella loro trasformazione digitale. Nello specifico, lo scopo è creare la rappresentazione di un vera e propria boutique di lusso con fitting room, arredi, prodotti, magazzino e zona vendita, per consentire ai clienti di toccare con mano le potenzialità e i servizi offerti da un negozio smart e fornire soluzioni intelligenti a problematiche quotidiane. Si tratta di un sistema rivoluzionario e innovativo ma, soprattutto, ricco di preziose opportunità per i brand fashion; grazie all’uso dell’avanguardistica tecnologia Rfid, tutti
i capi sono muniti di tag ed è possibile effettuare e tracciare qualsiasi attività in store: dall’inventario in tempo reale alla localizzazione dei prodotti all’interno del negozio, fino alla rilevazione dei capi sbagliati sugli scaffali o all’alert per quelli rimasti in fitting room. Senz’altro degni di nota, i camerini smart, che riconoscono il prodotto e rispondono alle possibili richieste di altre taglie e colori; al loro interno infatti, il cliente ha la possibilità di interagire con l’assistente di vendita e richiedere specifiche taglie e abbinamenti che gli vengono recapitati direttamente in camerino. Il customer engagement, ovvero l’interazione tra il prodotto e il cliente, è un’altra peculiarità del sistema; attraverso un semplice tap dello smartphone, è possibile accedere a contenuti specifici per il cliente solo a lui dedicati e entrare a far parte della community del brand stesso. Il customer engagement permette anche di verificare l’autenticità e tutte le caratteristiche del prodotto.
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1trueid
Arriva la Blockchain per il mondo della moda OTIchain è pensata per soddisfare le esigenze del mondo dell’abbigliamento, grazie alla economicità di gestione, alla velocità di accesso ai dati ed alla sua sostenibilità. I continui sviluppi della tecnologia blockchain dal 2015 ad oggi sono ormai una realtà anche per il mondo della moda. Lo conferma l’aumento della domanda di Non Fungible Token o NFT, oggetti unici basati proprio sulla tecnologia della blockchain: con questo strumento si può assegnare ad un prodotto un’identità unica non replicabile, non modificabile, garantendone l’anticontraffazione. Per supportare la richiesta sempre più strategica di blockchain nel mondo della moda, dopo più di due anni di lavoro ed un team di esperti, OTIchain sfocia nel mercato del fashion. Sviluppata da 1trueid, OTIchain è una blockchain pubblica, trasparente, democratica e immutabile quale garanzia di autenticità, affidabilità e trasparenza per la comunità dei consumatori. Ad ogni prodotto, infatti, viene associato un elemento fisico e tangibile, ovvero un’etichetta sulla quale viene stampato un QR code oppure viene applicato un microchip NFC che contengono in modalità criptata il codice univoco del capo. A questa etichetta corrisponde un NFT sul quale è presente un ID non
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replicabile in blockchain che rende il prodotto ‘unico’ nel vero senso del termine. Attraverso questa tecnologia è, infatti, possibile raccogliere tutta la storia del prodotto, dal design alle materie prime, alle fasi di lavorazione, al confezionamento, all’intera rete logistica fino ad arrivare alla collocazione nel negozio. Il consumatore utilizzando semplicemente uno smartphone può scoprire tutte le informazioni di questo prodotto, acquisirne il possesso fisico e digitale, consentendo al brand produttore di profilarlo e di convogliare attività di marketing diretta. Il contenimento dei costi, i bassi consumi di energia che la rendono sostenibile, la velocità di accesso ai dati sia in lettura che in scrittura, rendono OTIchain la soluzione ideale per grandi volumi di transazioni. È inoltre da sottolineare che l’applicazione 1trueid è stata sviluppata appositamente per il mondo del fashion e integra facilmente OTIchain agli Erp delle aziende produttrici e di tutti i fornitori collegati generando una infrastruttura robusta, trasparente e funzionale.
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giro poltrone
UBALDO MINELLI Jil Sander Arriva direttamente da Otb group il nuovo CEO di Jil Sander. Sarà Ubaldo Minelli, già amministratore delegato del gruppo che fa capo a Renzo Rosso, a prendere le redini dell’etichetta fondata nel 1968 dalla stilista tedesca di cui eredita il nome. Solo pochi mesi fa il marchio era entrato nell’orbita di Otb, che l’aveva acquisito dalla nipponica Onward.
JONATHAN AKEROYD Burberry
FABRIZIO CARDINALI Etro
Dopo le dimissioni di Marco Gobbetti, Burberry ha trovato un nuovo CEO. A guidare l’azienda britannica sarà Jonathan Akeroyd, attuale numero uno di Versace, che assumerà la carica dal 1° aprile 2022. Precedentemente il manager aveva guidato per più di dieci anni Alexander McQueen.
Il nuovo corso di Etro inizia con l’arrivo di Fabrizio Cardinali. L’executive, che vanta oltre 25 anni di esprienza manageriale, è stato nominato CEO del marchio la cui maggioranza è stata recentemente acquisita da L Catterton.
ALESSANDRO SANTAMARIA La Martina La Martina scommette sul digitale e chiama Alessandro Santamaria. Il manager, nominato vice president, arriva da Giglio Group, di cui era managing director. Precedentemente è stato direttore generale di Italiantouch, multinazionale incaricata di progettare e gestire il canale online dei marchi del gruppo Tod’s.
PAOLO DE CESARE Matchesfashion
EMANUELE FARNETI Gedi
NICK BEIGHTON Asos
Emanuele Farneti torna protagonista del giornalismo di moda. Dal 1° novembre, dopo aver dato le dimissioni da direttore di Vogue Italia, Uomo Vogue e Ad lo scorso luglio, è stato assunto a Repubblica come responsabile della rivista D e del sito D.it, con l’incarico di direttore del content hub Moda e Beauty.
Nick Beighton lascia il vertice di Asos. Ad annunciarlo è stato lo stesso gruppo inglese dell’e-commerce, precisando che la ricerca di un sostituto è già iniziata. Beighton è approdato in Asos nel 2009 come CFO, per poi diventare CEO nel 2015 al posto di Nick Robertson, fondatore dell’e-tailer.
Matchesfashion ha un nuovo amministratore delegato. Dal 2007 al 2020 CEO dei grandi magazzini parigini Printemps, Paolo De Cesare sarà al timone del retailer di abbigliamento con sede a Londra, succedendo ad Ajay Kavan. Il manager, arrivato da Amazon, aveva lasciato la sua posizione dopo un anno. KIM BEKKER Isabel Marant Isabel Marant ha nominato Kim Bekker direttrice artistica del marchio. Bekker era stata la direttrice creativa per dieci anni e ora, dopo un periodo a Saint Laurent, supervisionerà womenswer, menswear e accessori in casa Isabel Marant.
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Ipse DIXIT di Laura Bittau
“Probabilmente potrei rendere Miu Miu ancora migliore. Prada è molto più formale, la Fondazione è importantissima. Ma con Miu Miu posso spingermi là fuori con le persone. Bisogna esserne capaci, però, non è sufficiente solo la volontà di farlo”. La designer Miuccia Prada ha raccontato a Business of fashion il ritorno di Miu Miu alle sfilate dal vivo, con una collaborazione insieme all’artista marocchina Meriem Bennani che rivela la rinnovata vocazione del marchio.
“Lo strumento del futuro per eccellenza sarà l’e-commerce, ora usato per necessità ma anche praticità. Può aiutarci ad avvicinare i giovani, spesso più timidi nel recarsi fisicamente in store”. Diego Della Valle, presidente e CEO del gruppo Tod’s, ha raccontato ad Azilia, il canale corporate di Alibaba, la sua previsione sul consolidamento del mercato cinese e sulle strategie per conquistare la Generazione Z, incercettabile soprattutto online.
“Non si tratta solo di rendere lo shopping online più efficiente, ma anche esperienziale e divertente. È questa la chiave per il mondo del lusso”. Michael Kliger, CEO di Mytheresa, a Wwd in occasione dell’inaugurazione del pop-up store targato Moncler sulla piattaforma e-commerce tedesca. Uno spazio virtuale ambientato nel museo austriaco di Timmelsjoch che rivoluziona l’esperienza d’acquisto.
“Le nuove generazioni, più di quelle che le hanno precedute, si aspettano qualcosa di diverso dai brand, specialmente di lusso: non sono sufficienti dei bei prodotti ma servono impegno e obiettivi chiari”. François-Henri Pinault ha spiegato al The BoF Show la via che i marchi luxury devono intraprendere per guadagnarsi la fiducia dei consumatori più giovani, sempre più alla ricerca di un’affinità di valori e contenuti con le aziende che scelgono di sostenere.
“Ciò che mi differenzia dagli altri è che per me si tratta sempre di una lotta. Anche il ‘Balmain Army’ era nato proprio con lo scopo di unire le forze e cambattere insieme per un mondo migliore”. Durante la Paris fashion week Olivier Rousteing ha celebrato con uno show-evento il suo decimo anniversario alla guida creativa di Balmain, che ha riportato in auge con il suo spirito idealista, rivoluzionario e inclusivo e uno spiccato talento per il digitale.
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«La pandemia ci ha imposto e poi insegnato a pensare nuovi modi di organizzare e svolgere il nostro lavoro. Noi stessi, nel mettere a punto la proposta della settimana corta, ne siamo stati influenzati. Per estendere il cambiamento a livello universale ci sarà naturalmente bisogno del sostegno dei governi, in modo che i costi che ne derivano non gravino sulle aziende. Altrimenti, ci vuole un concorso di condizioni necessarie ad attuarlo, come nel caso del nostro headquarter. Penso fermamente che questo però ci renda davvero competitivi nell’attrarre nuovi talenti, è una scelta strategica in questo senso. Spero comunque che il nostro esempio possa ispirare altre realtà ad agire in modo altrettanto coraggioso e a ideare un nuovo modo di fare le cose». Alberto Ojinaga, CEO di Desigual, ha raccontato a Pambianconews la scelta della settimana lavorativa da quattro giorni.
«Sottolineo che noi non abbiamo inventato nulla, abbiamo solo preso le nostre case, entrambe riconosciute in ogni parte del mondo, e ci abbiamo giocato con le nostre corde. ‘Fendace’ non è una collaborazione, si tratta di due collezioni vere e proprie. Lui ha preso Versace e io Fendi e li abbiamo disegnati come uno vede l’altro. Io non credo si possa collaborare fra stilisti: puoi parlare, scambiare idee, ma poi ognuno ha la propria visione». La designer Donatella Versace ha parlato in un’intervista al Corriere dello scambio creativo tra Versace e Fendi, la contaminazione creativa che ha chiuso la Milano fashion week.
Fashion, Design, Beauty, Food & Wine
Il primo fondo di Private Equity che investe nelle eccellenze del Made in Italy quadriviogroup.com
openings
Zegna apre due flagship a Shanghai
Il marchio specializzato nell’abbigliamento maschile di lusso Zegna celebra il suo trentesimo anniversario in Cina con l’apertura di due nuovi flagship store a Shanghai, presso Hkri Taikoo Hui e Taikoo Li Qiantan. La boutique di Taikoo Hui, ubicata nel distretto di Jing’an, si estende su oltre 500 metri quadrati e ospita un’area dedicata al mondo My Zegna, il servizio su misura del brand. Inoltre, è la prima in Cina, terza a livello globale dopo Dubai e San Paolo, a introdurre il concetto architettonico di Atrio, che offre ai clienti uno spazio dove ritrovarsi, in una situazione di comfort e privacy. La boutique di Shanghai Taikoo Li Qiantan, invece, è la nuova destinazione Zegna nel distretto di Pudong e si sviluppa su oltre 300 metri quadrati, arredati con i capolavori contemporanei di maestri del design italiano come Tobia Scarpa e Gio Ponti.
Colmar conquista Roma
Colmar inaugura una boutique di 100 metri quadrati in via Frattina 19 a Roma. Con l’apertura nella capitale, la Manifattura Mario Colombo porta a sedici i propri store nel mondo.
Ciesse Piumini esordisce a Milano
Ciesse Piumini, a meno di un anno dall’apertura del nuovo Digital Store, continua a perseguire la strategia omnichannel aprendo le porte del suo primo negozio fisico in corso Garibaldi 115 a Milano, con l’obiettivo di rafforzare il contatto diretto con i propri clienti. Il flagship occupa circa 100 metri quadrati divisi su due livelli ed è caratterizzato da sei ampie vetrine.
Pineider debutta negli Stati Uniti
Il marchio italiano Pineider inaugura il suo primo flagship store negli Stati Uniti. Una boutique di 100 metri quadrati all'interno del Rockefeller Center, cuore del quartiere dello shopping a Manhattan.
Buccellati punta su Tokyo
Dopo circa cinquant'anni di presenza in Giappone, con corner all'interno di department store e tramite retailer multimarca, Buccellati apre il suo nuovo flagship store a Tokyo, Ginza, in Namiki-dori Street. Entrando nella boutique, una grande scala porta al secondo piano, arricchito da un coral counter e da una sala Vip per vendite private.
Furla fa il bis a Dubai
Furla apre il secondo flagship store negli Emirati Arabi Uniti, nel Mall of Emirates di Dubai. Il punto vendita si sviluppa su un unico piano al Level 2 con una superfice di 50 metri quadrati e segue il concept dello store milanese, ideato dallo studio David Chipperfield Architects Milano. Il negozio presenta le collezioni donna in tutte le sue categorie: borse, piccola pelletteria, scarpe, occhiali da sole e tessuti.
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Grifoni arriva nel cuore di Verona
Grifoni, il brand che fa capo a Market Industrie e all’imprenditore Federico Zannini, inaugura un flagship multipiano a Verona, in partnership con Marco Bonizzato. Il punto vendita, incastonato nel cuore dello shopping scaligero tra l’Arena e il balcone di Giulietta, in via Stella 15, si sviluppa su più livelli con una superficie totale di 400 metri quadrati e nove vetrine.
Kiton ha una nuova casa a Roma
Kiton cambia casa a Roma e si trasferisce nella nuova location di 160 metri quadrati progettata dallo studio B+ Architects, in via del Babuino 22. La boutique, che si affaccia sulla strada con tre vetrine, si estende su due piani: il piano terra è dedicato alla donna, mentre quello superiore all’uomo.
Bata inaugura una boutique a Treviso
Bata, retailer e produttore di calzature, che vanta oltre 120 anni di storia, taglia il nastro del suo sedicesimo negozio veneto a Treviso. La boutique, che si sviluppa su circa 70 metri quadrati di spazio, si trova al civico 1 di via Calmaggiore.
N21 svela un nuovo store in Cina
N21 apre un nuovo punto vendita in Cina, presso il Mall K11, in JieFang Avenue, nel distretto di Qiaokou a Wuhan. L'opening si inserisce nel piano di sviluppo commerciale del brand per l'area asiatica che prevede l’apertura di ulteriori 15 negozi entro al stagione autunno/inverno 2025. Il punto vendita, di oltre 90 metri quadrati, è realizzato secondo il concept pensato da Alessandro Dell'Acqua, fondatore e direttore creativo del marchio N21, insieme all'architetto Hannes Peer. Materiali pregiati come marmo statuario e marquinia, vetro specchiato, vetro, legno, alluminio e acciaio, combinati con arredi ispirati all'arte contemporanea di Damien Hirst, enfatizzano la creatività del mondo N21. All'interno del punto vendita, le collezioni donna, uomo e accessori.
Malo Cashmere atterra a Kiev
Malo, maison fiorentina specializzata in maglieria di cashmere, apre una nuova boutique di circa 80 metri quadrati a Kiev, all’interno del Mandarin Plaza, in piazza Bessarabska. L’opening nella capitale ucraina conferma il percorso di rilancio del brand messo a punto dalla nuova proprietà italiana.
Moorer si rafforza in Asia
Moorer, brand veronese che produce abbigliamento e accessori, riprende la strategia di sviluppo in Asia e inaugura un nuovo punto vendita all’interno del Luxury Mall Sogo di Hong Kong. Una boutique di 40 metri quadrati, collocata al primo piano, per presentare le collezioni uomo, donna e total look.
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master di Alessia Perrino
Pambianco ACADEMY, tutti i Master online Le tematiche scelte sono in linea con le ultime tendenze in materia di gestione aziendale, nettamente caratterizzate dalla richiesta di nuovi punti di riferimento per ripensare i modelli di business.
V
“
ogliamo diventare il punto di riferimento nella formazione professionale dei settori fashion, design e beauty. La necessità di orientarsi nei nuovi scenari del consumo rende necessario per i professionisti un aggiornamento costante, verticale e dal forte orientamento digital e sostenibile”, ha commentato David Pambianco, a proposito di Pambianco Academy, la piattaforma di formazione realizzata da Pambianco. Freschi di realizzazione gli ultimi Master lanciati: “Linkedin per le risorse umane” e “Startup e Growth Hacking”. Il primo ha l’obiettivo di insegnare a costruire un profilo Linkedin efficace per HR Manager e Recruiting Manager, mentre il secondo insegna a utilizzare il framework del growth hacking per la propria Start-up o per un determinato asset aziendale. Il Master in “Social Media Management e New Media” ha l’obiettivo di insegnare tutti gli strumenti necessari per poter creare un percorso di strategie social nella propria azienda, o per iniziare un percorso come libero professionista. Il Master “Aprire e gestire un e-commerce: come sviluppare una strategia di vendita efficace” ha l’obiettivo di far comprendere ai partecipanti come poter avviare e utilizzare in maniera efficace questo canale di vendita, sia attraverso canali proprietari che marketplace. Affronta un tema quanto mai attuale il Master “Sostenibilità nel Fashion, Design e Beauty”, che si propone di fornire ai partecipanti gli strumenti per avviare e gestire un percorso di sostenibilità all’interno della propria azienda. Il Master più venduto continua a essere “Digital marketing and online strategy”, in cui parliamo di: rivoluzione digitale, come scegliere la piattaforma e-commerce e come gestire il CRM, fondamenti di base della SEO, Content Marketing, luxury Brand Storytelling, Social Media e Community Marketing, e ancora Email Marketing, Influencer marketing, marketing automation e molto altro. La proposta si avvale di un sistema di formazione con video-lezioni sempre disponibili, docenze di professionisti qualificati e numerose testimonianze di manager delle più importanti aziende di settore. Per info e costi, potete visitare il sito academy.pambianconews.com o scrivere alla nostra Sales Manager Chiara Gentilini c.gentilini@pambianco.com. 86
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fenomeni
Achille Lauro per Gucci Beauty
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fenomeni di Chiara Dainese
L’uomo TRENDY? Oggi si vede dal colore delle UNGHIE Nail art sulle unghie degli uomini. Da Fedez ad Achille Lauro a Sangiovanni: questa la nuova tendenza di star famose, influencer e personaggi celebri della musica e del cinema, ma anche di ragazzi ‘non famosi’ che sfoggiano unghie colorate.
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a Fedez a Sangiovanni, da Marc Jacobs a Harry Styles. L’uomo torna ad amare le mani con un tocco di colore. Il tormentone della ‘Mencure’, dove man sta per uomo, si fa sempre più importante come tratto distintivo degli uomini che amano osare con un dettaglio inaspettato. Tra i grandi fan ci sono Harry Styles, Sangiovanni, Achille Lauro, Damiano dei Maneskin, Marc Jacobs e Fedez. Simbolo di ribellione e controcultura, lo smalto sulle dita degli uomini si era già visto negli anni Settanta. Negli Novanta, rosso e scheggiato, con Kurt Cobain. Nella moda fu lo stilista Marc Jacobs nel 2014 a lanciare lo smalto da uomo, e negli ultimi tempi sempre più modelli e uomini di spettacolo amano indossare smalto sulle mani. Ecco perché, è diventato un trend sempre più diffuso e amato anche dal pubblico maschile. Attori, cantanti fino ai designer affermati come Karim Rashid, con una grande passione per gli smalti, a tal punto da creare una collezione in collaborazione Faby, elevando gli smalti ad oggetti di design. Pioniere del trend è anche il cantante Seal da anni usa lo smalto per le unghie e se andiamo ancor più in dietro bisogna considerare anche tutti i cantanti rock da Steven Tayler degli Aerosmith, fino a Mariliyn Manson e Ozzy Osbourne. Tra gli attori di Hollywood gli amanti delle nail art sono Bradi Pitt, Johnny Depp e Jared Leto, anche loro hanno fatto sfoggio di smalto sulle unghie già diversi anni fa. Di recente gli attori Zac Efron e i fratelli Chris e Liam Hemsworth si erano dipinti un’unghia per la campagna Polished Man, che invita a farlo per attirare l’attenzione sui bambini vittime di abusi. Ma non solo, anche il calciatore inglese David Beckham, considerato il principale esempio di metrosexual, si era presentato al battesimo del figlio dell’attrice Liz Hurley con uno smalto rosa acceso, coordinato con quello della moglie Victoria, e Cristiano Ronaldo, altro modello metrosexual, sfoggiò nel 2017 smalto nero sulle unghie dei piedi.
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CAMBIO DI PROSPETTIVA E fin qui nulla di nuovo. La novità è che, soprattutto in Regno Unito e negli Stati Uniti, lo smalto ha iniziato a comparire sulle unghie di uomini e ragazzi che non sono personalità dello spettacolo o di internet, che se lo mettono senza particolari messaggi e rivendicazioni, semplicemente per il gusto di farlo. La tendenza è stata notata da riviste maschili e di moda come Esquire che scriveva “che il 2021 sarebbe stato l’anno della Mencure”. E il Guardian in un articolo riportava che fino a un po’ di tempo prima gli uomini attenti al proprio aspetto ammorbidivano la barba con la cera apposita, si toglievano i peli dalle sopracciglia o si facevano fare un massaggio, mentre oggi invece si fanno una manicure. Lo conferma Amy Lin, fondatrice di Sundays Studio, un salone di unghie a New York che organizza i Menicure Mondays, i lunedì in cui la manicure è dedicata agli uomini. “Si presentano il padre con la figlia di 5 anni, il consulente d’affari, gli uomini che lavorano in un’agenzia creativa”, sottolinea Amy Lin. Aldwyn Boscawen, che gestisce la prima sala di pedicure maschile del Regno Unito, Aldwyn & Sons nella Fitzrovia di Londra, ha iniziato l’attività per cambiare il modo in cui gli uomini pensano alle cure. “La pandemia ha aumentato la consapevolezza di tutti sull’igiene e sulla cura. Il senso di benessere e la cura di sé sono altrettanto importanti per gli uomini”, ha detto Boscawen. In tempi più recenti la fluidità di genere e la mescolanza dei confini tra maschile e femminile negli abiti, negli accessori e anche nella bellezza è diventata un imperativo della moda e sempre più ragazzi e ragazze giocano a confondere la propria immagine e identità, con l’idea che una distinzione categorica non esista più. È con questo spirito che lo smalto si è diffuso prima tra personaggi famosi e poi, su loro esempio, tra i loro follower e fan, anche eterosessuali. Faculty, un’azienda newyorkese specializzata nella cura per la pelle maschile, ha lanciato il suo primo prodotto per le unghie: uno smalto color verde muschio. “Vogliamo rivolgerci ai millennials e alla generazione Z - ha raccontato Fenton Jagdeo uno dei fondatori - che hanno regole meno rigide sull’identità di genere. Ascoltano A$AP Rocky, il gruppo sudcoreano dei BTS e si divertono a dipingere i capelli di rosso, colorarsi le unghie, andare in skateboard e sono anche molto consapevoli delle tematiche ambientali e sociali”. E non solo. “It felt empowering”, ha dichiarato Kwame Onwuachi, chef e giudice di ‘Top Chef’, raccontando la sua prima volta con la manicure e le sensazioni che ha sentito indossando unghie colorate, mettendo in evidenza i sentimenti legati al desiderio di sentirsi bene con se stessi. Il celebrity chef ha lanciato poi la sua linea di smalti, Kwame Nails, tra cui un il suo nero preferito che ha chiamato ‘Chef’s Kiss’. UNGHIE GRIFFATE Molti uomini amano lo smalto dall’effetto opaco. A intuirlo è stato Chanel Beauty, che ha ampliato la linea Boy de Chanel con una base trasparente e un black lacquer solo per uomini. Per una manicure basica, oltre ai passaggi fondamentali di rimozione delle cuticole e di limatura delle unghie, c’è proprio un tocco mat per rendere l’unghia bella e levigata. Ma non solo. Anche in Italia, la mencure, ovvero la manicure, è tornata in voga. E già nel passato avevano sfoggiato unghie laccate i componenti di vari gruppi musicali rock come Morgan e i Bluvertigo, Max Gazzè a Sanremo, nel 2013 e Damiano del gruppo musicale Måneskin, il cantante Achille Lauro, il produttore musicale Boss Doms. Qualche mese fa, Fedez, cantante e marito dell’influencer Chiara Ferragni, ha lanciato una linea di smalti semipermanenti da uomo, NooN By Fedez, realizzata con Layla Cosmetics. “L’incontro con Fedez - commenta Babila Spagnolo, CEO di Layla Cosmetics - nasce dal comune desiderio di creare qualcosa di unico per le appassionate e gli appassionati di smalti, un prodotto che concede a tutti di esprimere la propria personalità e giocare con lo stile e i colori, divertendosi e stupendo”.
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Dall’alto in senso orario, gli smalti di Gucci Beauty, Pupa, Boy de Chanel e Essence e gli smalti semipermanenti Noon by Fedez di Lyla Cosmetics e Passione Unghie Sotto, Damiano dei Måneskin, il cantante Sangiovanni e le unghie di Fedez
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analisi di Fabio Gibellino
Un po’ per PASSIONE ma soprattutto per business, così il vino ‘stappa’ le M&A Negli ultimi due anni, più deal che nell’ultimo quinquennio. Oltre alle operazioni finanziarie e industriali, cresce il fenomeno del trophy asset. E il trend continuerà, nonostante un mercato frammentato.
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egli ultimi dodici mesi, il fondo Clessidra si è comprato Botter e MondodelVino, Antinori ha rilevato la maggioranza di Jermann, e Renzo Rosso con la sua Red Circle è arrivato al 7,5% di Masi agricola, conquistandosi anche un posto nel cda. Tre operazioni diverse l’una dall’altra che raccontano l’Italia vitivinicola di inizio anni 20. La prima mette insieme finanza e un produttore agile e libero da asset immobiliari. La seconda rappresenta un classico matrimonio industriale. La terza coinvolge un imprenditore, Rosso, che oltre a possedere già una cantina propria, la Diesel Farm, ha uno spiccato senso per la diversificazione. Un trittico che fotografa lo stato dell’arte nel mondo del vino italiano. Un mondo che, nonostante la sua posizione di leadership globale, non è ancora in grado di mettere insieme realtà che possano confrontarsi per dimensioni con la concorrenza francese, americana e australiana.
UN MERCATO FRAMMENTATO Questo è uno dei motivi per cui in questi ultimi ventiquattro mesi sono state registrate più operazioni di merger & acquisition di quante se ne siano viste nell’ultimo quinquennio. E, per Alessio Candi consulting e M&A director di Pambianco, “il trend certamente continuerà anche in futuro pur in una situazione non facile, perché il mercato è fortemente frammentato e con poca massa critica, perché ci sono poche aziende di dimensioni accettabili e perché bisogna tenere conto di una cultura manageriale non ancora radicata”. Occorre poi aggiungere “che in Italia ci sono realtà papabili secondo i canoni di mercato, ma che non sono in vendita perché possono contare su una presenza importante della famiglia fondatrice”. Aspetto non di poco conto se si considera che “Bernard Arnault, quando ha messo insieme Lvmh, lo ha fatto acquistando realtà che non avevano più i fondatori al
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comando”. C’è poi una questione di costi che tendono a cresce oltremodo anche a causa del già citato trophy asset. Pratica ancora piuttosto diffusa, soprattutto da chi opera nei settori dell’alto di gamma. Basta guardare a inizio anno quando i fratelli Wertheimer, proprietari di Chanel, hanno comprato Domaine Perzinsky, cantina provenzale che si trova sull’isola di Porquerolles proprio accanto alla già loro Domaine de l’Île. Trofeo o meno, il vino è oggi anche un’opportunità di business, ne sono esempio le costituzioni di fondi d’investimento specializzati come il Made in Italy Fund, figlio dell’alleanza tra Quadrivio & Pambianco, che ha investito nel settore attraverso la Prosit Spa con l’obiettivo di creare un polo di cantine italiane alto di gamma da 100 milioni di euro di fatturato: operazione iniziata con la pugliese Torrevento, la veneta Collalbrigo Grandi Vini e l’abruzzese Cantina Nestore Bosco. LE ACQUISIZIONI PIU’ IMPORTANTI... Tra le ultime operazioni rilevanti del 2021, ci sono l’acquisizione delle storiche Cantine Coppo di Canelli da parte del Gruppo Dosio di La Morra per una cifra che pare aggirarsi sui venti milioni di euro, e l’affare da circa 32 milioni di euro che ha portato Tannico a rilevare la maggioranza della francese Venteàlapropriété. E ancor di più, il passaggio per 152 milioni di Enoitalia a Italian Wine Brands. Ma va anche ricordato l’ingresso nel portfolio del gruppo Marchesi Antinori di Jermann, operazione i cui dettagli sono sconosciuti ma che porterebbe il gruppo toscano, che tra gli altri controlla Tignanello, Pian delle Vigne, Guado al Tasso e Prunotto, a un giro d’affari di circa 200 milioni di euro. Nella lista c’è anche l’acquisizione di Cedral Tassoni da parte del Gruppo Lunelli (Ferrari) per circa venti milioni, seguita da un movimento da circa 42 milioni con cui Paolo Contri ha riacquistato la maggioranza di Contri Spumanti dal fondo Aliante Equity Tre. Il tutto contornato dalla doppia manovra da oltre 300 milioni con cui il fondo Clessidra ha acquisito Mgm-Mondo del vino e Casa vinicola Botter Carlo. Operazioni che sono seguite a quelle di un 2020 che aveva a sua volta suggellato il passaggio tra fondi di Farnese vini per 175 milioni. O ancora l’ingresso al 49% del capitale per circa 23 milioni di Campari in Tannico. Mentre Italmobiliare finalizzava per il 60% dell’e-commerce Callmewine a 13 milioni di euro. … COSA SUCCEDE ALL’ESTERO E se in Italia il vino fermenta, non di meno sta succedendo all’estero. Soprattutto negli Usa, dove, nel corso degli ultimi dodici mesi l’operazione più intrigante è stata l’acquisizione da parte della famiglia Bollinger di Ponzi Vineyards e dei suoi 14 ettari in Oregon. Una sorta di risposta a Louis Roederer che dodici mesi prima aveva invece fatto sua una delle più celebri cantine di Napa valley: Diamond Creek Vineyards. Nulla comunque di fronte al maxi deal da 810 milioni di dollari orchestrato da Constellation Brands che ha ceduto i suoi oltre trenta marchi di fascia bassa alla E. & J. Gallo Winery per poi comprarsi Brooker vineyard-My favorite Neighbor, Empaty wines e Kerr cellars. In Francia, Moët Hennessy ha siglato un patto da circa 25 milioni di euro con Campari per la metà delle quote di Tannico, e si è assicurata il 50% dello champagne Armand de Brignac. In Spagna, Finca Fella è stata rilevata dall’italiana Farnese vini. DOMANI... E sono in arrivo nuovi accordi, perché come ha sottolineato Candi: “Una volta partita, l’ondata di M&A non si ferma più e interesserà anche realtà dell’alto di gamma, non solo per questioni industriali o finanziarie, ma anche perché, alcune di loro dovranno presto far fronte ai temi del passaggio generazionale”. E chissà che in futuro arriverà anche un gruppo del lusso italiano, ma questa volta in bottiglia. 94
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analisi
Le M&A del vino negli anni 2020 e 2021 Acquirente
Settore
Acquista
Settore
Anno
Fondo
Terra Moretti
Terra Moretti
2020
Provinco
Cantina
Raphael Dal Bo
Raphael Dal Bo
2020
Prosit
Holding
Collalbrigo
Collalbrigo
2020
Prosit
Holding
Nestore Bosco
Nestore Bosco
2020
Fondo
Farnese
Farnese
2020
Holding
Tannico
Tannico
2020
Fondo
Callmewine
Callmewine
2020
Prosit
Holding
Votto Vines
Votto Vines
2021
Paolo Contri
Privato
Contri Spumanti
Contri Spumanti
2021
Moët Chandon
Cantina
Tannico
Tannico
2021
Fondo
Xtrawine
Xtrawine
2021
IWB
Cantina
Enoitalia
Enoitalia
2021
Gruppo Lunelli
Cantina
Cedral Tassoni
Cedral Tassoni
2021
Clessidra
Fondo
Botter
Botter
2021
Clessidra
Fondo
Mondo Del Vino
Mondo Del Vino
2021
Antinori
Cantina
Jermann
Jermann
2021
Tannico
E-tailer
Venteàlapropriété
Venteàlapropriété
2021
Uno Capital
Platinum Equity Campari Italmobiliare
Made in Italy
Fonte: Pambianco
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Courtesy of JD Malat Gallery, London
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Visioni fiorite. LE DONNE di Jean-Pierre Cassigneul
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onne alla moda adorne di cappelli fioriti. Sono loro la ragion d’essere della pittura di Jean-Pierre Cassigneul. Utilizzando colori vibranti e addolcendo i contorni delle silhouette, Cassigneul coniuga nei suoi dipinti la sensibilità grafica del gruppo dei Nabis, in particolare di Pierre Bonnard e di Edouard Vuillard, e la tavolozza espressionistica di Kees van Dongen. Nato nel 1935 nella ‘Ville Lumière’, Cassigneul si forma presso l’Académie Charpentier, dove è allievo del pittore figurativo francese Jean Souverbie. Dopo aver lavorato nello studio del pittore e illustratore Roger Chapelain-Midy, Cassigneul espone nel 1955 alla Galerie des Beaux-Arts di Parigi, prima di essere nominato membro del Salon d’Automne nel 1959. Nel 1963 prende parte al Salon de la Jeune Peinture insieme ai pittori francesi Bernard Buffet e André Minaux. Il 1968 è un anno segnato dall’incontro, in occasione di una mostra alla Vital Gallery, con l’influente mercante d’arte americano Wally Findlay Jr., che inizia a supportare e a promuovere Cassigneul al di fuori del mercato europeo. Nel 1970, l’artista espone alla Wally Findlay Gallery di Palm Beach e New York e compie il suo primo viaggio in Giappone, dove è protagonista di una grande mostra personale alla Mitsukoshi Gallery di Tokyo. Con la maturità, la sua pratica si espande dalla pittura alla litografia e agli arazzi, oggetto di numero esposizioni negli anni ’80 e ’90, che lo portano nel 2010 a essere annoverato da Artprice, database online del mercato dell’arte, tra i primi 5 artisti francesi viventi più venduti.
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MAGAZINE NUMERI, FATTI E PROTAGONISTI DELLA MODA E DEL LUSSO
Direttore Responsabile Carlo Pambianco Direttore Editoriale David Pambianco Redazione e Collaboratori Luca Testoni (caporedattore), Milena Bello, Laura Bittau, Marco Caruccio, Chiara Dainese, Anna Gilde, Giulia Mauri, Tiziana Molinu, Alessia Perrino, Giulia Sciola Grafica e Impaginazione Mai Esteve, Lucrezia Alfieri Cover Project Anna Gilde Pubblicità Isabella Bernardi Wegher, Alessia Bresciani, Lia Lasagna, Cristina Tana (beauty) Contatti redazione@pambianco.com adv@pambianco.com abbonamenti@pambianco.com Telefono 02.763.886.00 Tipografia Starprint Srl - Bergamo Registrazione Tribunale di Milano n. 343 del 2/05/2005 Proprietario ed Editore Pambianco Srl Corso Matteotti 11 - 20121 Milano Costo dell’abbonamento annuale: 69 euro Abbonamento (spedizione con corriere espresso) Per abbonarti alla rivista cartacea vai su: magazine.pambianconews.com
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