Party Magazine - Winter Edition 2018

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#editoriale LA RIVINCITA DEI SINGLE Cominciamo a dire che single non è un virus spaventoso. Spaventose sono le facce dei parenti, dei conoscenti, persino dei vicini quando ci incontrano ed esclamano: “Allora ti sei fidanzata?”, “Ma come è possibile che non trovi nessuno? Così carina e intelligente?”, “Guarda, meglio così, non ti fidanzare, l’indipendenza non ha prezzo, beata te che non devi dare conto a nessuno”. Che palle! Sì, che palle, ma pensate davvero che ci sia una risposta a queste domande? E poi, a voi lo veniamo a dire familiari impiccioni, che non ricordiamo neppure che grado di parentela abbiamo? A voi, conoscenti per nulla amabili, che vi interrogate sui misteri delle nostre relazioni? A voi, vicini di casa impiccioni, che volete sapere i fatti nostri per poi inciuciare con il portiere? E non dite che siamo delle zitelle acide. Semplicemente siamo dell’opinione che l’undicesimo comandamento sia il migliore: farsi gli affari propri. Però ci teniamo con tutto il cuore a tranquillizzarvi. Lo sappiamo che il principe azzurro non arriverà mai e che bisogna scendere a qualche compromesso. Che bisogna uscire, frequentare ambienti diversi, conoscere gente nuova. Siamo consapevoli di noi stesse, dei nostri punti deboli e dei nostri punti di forza. E lo giuriamo, lo sappiamo che non esiste l’uomo perfetto. Trovato! Quello perfetto è l’incastro. Probabilmente. Si spera. Sentite, siamo divertenti, intelligenti, carine, simpatiche, quando vogliamo persino sexy, e poi alla mano, affidabili, spiritose, piene di senso dell'umorismo, non siamo neanche particolarmente rompipalle per giunta e sì che per definizione noi donne siamo delle rompipalle, sempre dolci, attente, premurose, ecc. ecc.. E single, va bene?! E comunque ahimè ci sta che ai single lo chiediate un po’ tutti: “Ma perché non ti fidanzi?” “Quando siamo single vediamo tutti innamorati e felici. Quando siamo fidanzati vediamo tutti single e felici”. @QueenElisabetty

©carmine luino

Federica Riccio

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editore Lula Carratelli lulacarratelli@partymagazine.it direttore responsabile Mimmo Carratelli direttore editoriale Federica Riccio federicariccio@partymagazine.it art director Carmine Luino fotografie Romolo Pizi editing e revisione testi Evelina Pessetti redazione Ciro Ardiglione Milena Cozzolino Paola De Ciuceis Cristiana Giordano Lucia Nicodemo Irene Saggiomo segreteria e pubblicitĂ Barbara Riccio segreteria@partymagazine.it hanno collaborato Giuseppe Attanasio Marco Baldassarre Valerio Ciaccia Cristiano Chianese Adriano Cisternino Luigi Di Gennaro Valeria Prestisimone Silvia Restaino special thanks Luigi Necco Manlio Santanelli stampa Grafica Metelliana spa www.graficametelliana.com finito di stampare febbraio 2018

Edito da M.I.A. srl Via Cuoco, 5 Napoli - 80121 Napoli www.partymagazine.it info@partymagazine.it reg. trib. di Napoli del 17.03.2016 Del contenuto degli articoli e degli annunci economici e pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. Ăˆ vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da M.I.A. srl



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#JUKEBOX di Lula Carratelli

24 #PEACEANDLAW di Luigi Di Gennaro

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#PARTENOPE di Lula Carratelli

26 #FISCHIOFINALE di Mimmo Carratelli

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#ARIELE di Milena Cozzolino

28 #JAZZ di Adriano Cisternino

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#PICOFTHEDAY

30 #NOTEMENONOTE di Ciro Ardiglione

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#GIGICHICMIMMOSHOCK di Mimmo Carratelli

32 #LEGGERA di Lucia Nicodemo


SOMMARIO

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#CIAK di Valerio Ciaccia #PEOPLEINLOVE di Mimmo Carratelli e Federica Riccio

di Carmine Luino 54 #COVERTHETOP

74 #FOODTOUR con Ra Ristosvago

60 #STYLE

82 #CHEZCHEF di Manlio Santanelli

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#SCHEGGEDISAGGEZZA di Manlio Santanelli

68 #LORIDINAPOLI con Lorenzo de Caro

di Irene Saggiomo 84 #HASHTAG

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#POKERDASSI di Paola De Ciuceis

60 #BEAUTY di Cristiana Giordano

86 #MAMMALEMAMME di Valeria Prestisimone

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#MASERIAL di Valerio Ciaccia

72 #SHOPWINDOW

87 #THEPARTY di Lula Carratelli


JUKEBOX pezzi del passato e del momento

mixati e scelti per voi LE BIBLIOTECHE PIÙ STRANE DEL MONDO

ER... P I N NZO A TINO C N E 10 L VA SAN Occhi da orientale Daniele Silvestri Me so 'mbriacato Mannarino La musica non c'è Coez Orgasmo Calcutta L'amore è tutto qui Nada Abbracciame Andrea Sannino Ninna nanna Loredana Bertè Dimentica Pino Daniele Che coss'è l'amor Vinicio Capossela Crudele Mario Venuti

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ARO DJENN

Queste biblioteche non prestano semplicemente libri, ma creano una serie di servizi accessori e nuove opportunità di funzione per i potenziali lettori. A Ferrandina, in provincia di Matera, Antonio La Cava, maestro in pensione porta i libri nei paesi dove non si legge più. Lo fa con un mezzo speciale: il bibliomotocarro, un motocarro trasformato in una biblioteca ambulante. La biblioteca del Levinski Garden è stata creata per supportare la comunità di lavoratori immigrati a Tel Aviv. È installata in una stazione degli autobus. In Mongolia c’è una biblioteca mobile dove un uomo con il suo cammello porta i libri a bambini e ragazzi che vivono in aree difficili da raggiungere. La biblioteca sulla spiaggia del Mar Nero puó dare in prestito più di 2500 libri in dieci lingue.


FOREVER LOVE POSTALMARKET, L’AMAZON ANTE LITTERAM Per le nuove generazioni la rivista Postal Market è poco evocativa, ma per la generazione anni ‘80 quella rivista enorme, dove posavano le modelle e le attrici del momento è scolpita nella memoria. Postal Market, colosso della vendita per corrispondenza, nasceva nel 1959 dall’idea di Anna Bonomi Bolchini. Facevi shopping da casa e tra quelle pagine si vendeva davvero di tutto: capi d’abbigliamento, elettrodomestici, attrezzi per bricolage, accessori per auto e prodotti di cartoleria. Ornella Muti e tanti volti noti erano i testimonial, gli stilisti più famosi, da Krizia a Laura Biagiotti, firmavano le collezioni esclusive. Il vero successo di Postal Market è scoppiato negli anni Ottanta, quando la rivista era presente in tutte le case italiane e contava 50 mila spedizioni al giorno. Fatturava oltre 300 miliardi l’anno e aveva più di 1400 dipendenti. La società ha avuto un successo strepitoso per almeno quindici anni, nel 1993 è stata acquistata da una società tedesca e poi il fallimento.

A GAMES OF THRONES M TE A IO CC IA GH DI L TE IN LAPPONIA L’HO I proprietari del Lapland Hotels Snow Village a Kittilä in Lapponia, ogni anno trasformano la loro struttura con ghiaccio e neve seguendo i temi più disparati. Per il 2018 si sono lasciati ispirare dai romanzi di George R.R. Martin nonché dalla celebre serie HBO: Game of Thrones. 25 stanze di ghiaccio di cui 10 suite decorati seguendo al dettaglio le ambientazioni della serie, in collaborazione con HBO Nordic: dal Museo dei Volti della Casa del Bianco e del Nero di Braavos, agli Estranei che sorvegliano i letti, le immagini dell’hotel sono stupefacenti.

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SMART

#jukebox

SPARTITO Another head hangs lowly Child is slowly taken And the violence, caused such silence Who are we mistaken? But you see, it's not me It's not my family In your head, in your head, they are fighting With their tanks, and their bombs And their bombs, and their guns In your head, in your head they are crying In your head, in your head Zombie, zombie, zombie-ie-ie What's in your head, in your head Zombie, zombie, zombie-ie-ie, oh

LA MACCHINA CHE PIEGA I VESTITI

SU LA MASCHERA!

Costa 1000 dollari e in 4 minuti piega i vestiti. FoldiMate sarà sul mercato nel 2019 e risolverà i problemi dei più pigri. Un armadio tech in grado di riconoscere i vestiti che vengono introdotti nell'apposita fessura e piegarli di conseguenza. Si tratta di un macchinario snello e poco ingombrante, pensato per poter essere usato a casa, bastano pochi secondi per piegare una camicia.

EARTH

Nato come una celebrazione della fertilità, un rito di passaggio dal buio alla luce, oggi il Carnevale è una festa di colori, sfilate di carri, maschere e costumi. Ecco il nostro giro tra le feste più suggestive al mondo

The Cranberries

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Elefante blu di Carmine Luino 10

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LE MIGLIORI FESTE DI CARNEVALE 2018 Mardi Gras Carnevale di venezia Carnevale di santa Cruz de tenerife Carnevale di Colonia Carnevale di rio il Carnevale di oruro Carnevale di BinChe Carnevale di trinidad e toBaGo Carnevale di nizza fasnaCht a Basilea Carnevale di CopenaGhen Carnevale di nottinG hill


STREETART FOLLIE D’AMORE TRA VIP Nel 2013, in occasione del 50esimo compleanno di Brad Pitt, Angelina gli ha regalato una piccola isola a forma di cuore: Petra Island, vicino New York. Valore: 15 milioni di euro. Chissà se dopo il divorzio l’ha chiesta indietro.

Nel 2008, appena ha ottenuto il brevetto di ufficiale della Royal Air Force, il principe William si è messo ai comandi di un elicottero dell’esercito di Sua Maestà ed è andato a far visita alla allora fidanzata Kate nella tenuta della famiglia di lei nel Berkshire. Poco importa se le due ore di “missione” d’amore sono costate ai contribuenti inglesi qualcosa come 50 mila sterline.

Napoli, Ponticelli, Parco Merola Je sto vicino a te - Hope Un murale blu pieno di suggestioni dedicato a Pino Daniele colora l’ingresso del Parco Merola, ormai conosciuto come Parco dei Murales. Daniele Nitti alias Hope ha disegnato un villaggio sullo sfondo blu di un cielo stellato, con bambini, ragazzi e adulti che collaborano contenti tra loro. Di pari passo con la realizzazione delle opere continuano anche i tour di street art nel Parco dei Murales organizzati dall’Associazione culturale Econote guidata da Antonio Benforte e Marianna Sansone e INWARD, l’Osservatorio sulla creatività urbana che ha ideato questo grandioso progetto di street art nella città di Napoli.

PARTNER Mariah Carey e Nick Cannon hanno rinnovato i voti coniugali, cosa che fanno ogni anno dal 2008, affittando l’intera Disneyland in Florida. Si sono presentati alla cerimonia, che si è tenuta nel castello della Bella Addormentata, su una zucca trainata da cavalli bianchi. All’evento hanno partecipato 450 persone. La festa si è conclusa con i fuochi d’artificio e una notte nel parco divertimenti per tutti gli invitati.

Il rapper Kanye West non appena conosciuta Kim Kardashian le ha chiesto di dar via tutti i vestiti che aveva nell’armadio e che aveva indossato con il suo ex. Ovviamente Kim non ci ha pensato due volte e ha gettato tutto facendosi regalare un intero guardaroba nuovo. Come se non bastasse l’ha chiesta in sposa allo stadio di San Francisco, di fronte a 60 mila persone, ha fatto proiettare uno schermo con la scritta “Ti amo, sposami” e in regalo un diamante da 6 milioni di dollari. 11

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PARTENOPE IL CONFETTO MAXTRIS AL GUSTO DI CIOCCOLATO CAFFAREL Prosegue con gusto e successo il percorso di ricerca di ottime materie prime e dell’eccellenza italiana del marchio Italiana Confetti. L’arte dei Maestri Confettieri ha infatti incontrato il finissimo cioccolato Caffarel, dando vita a una nuova linea di prodotti golosi e raffinati. Il nuovo confetto è stato presentato in città nella sede di Confindustria Napoli dall’amministratore delegato di Italiana Confetti Dario Prisco, dall’amministratore delegato di Caffarel Marco A. Villa, e dal brand ambassador dei Confetti Maxtris Enzo Miccio, alla presenza del presidente di Confindustria Campania Ambrogio Prezioso. Hanno partecipato Nicola Prisco, socio titolare di Italiana Confetti, Salvatore Prisco direttore marketing Italiana Confetti, Pierluigi Gallo direttore marketing Caffarel e Mauro Rigamonti responsabile area professional Caffarel, il presidente dei Giovani Industriali Napoli Vittorio Ciotola e il presidente della sezione alimentare di Confindustria Giovanni Sannino. Una bella sinergia tra nord e sud, che porta alla collaborazione tra due industrie leader in Italia e che rappresentano un fiore all’occhiello del Made in Italy nel campo dolciario.

#BUONCOMPLEANNOFABFUD Anche le pizzerie presentano le “collezioni” delle loro pizze. Fab Fud festeggia un anno di attività con il lancio delle nuove pizze ideate dal pizzaiolo Carmine Tiano e un divertente contest fotografico dal titolo #BuonCompleannoFabFud, che ha come soggetto ovviamente la pizza. Tutte le informazioni sul sito fabfud.it. L’idea è di quattro giovanissimi: Enrico, Gianluigi, Meo e Mirko, che uniti da un’amicizia che dura dai tempi dell’infanzia e dall’amore per il cibo, hanno voluto realizzare un progetto comune, che potesse dare spazio alla loro passione per la convivialità.

POMODORÌA, LA PRIMA PIZZERIA AGRICOLA A TUTTO POMODORO L’agricoltura incontra l’arte del pizzaiolo, da poco riconosciuta dall’Unesco come patrimonio culturale e immateriale dell’umanità. È nata a Sarno Pomodorìa Gustarosso Academy, scuola di pomodoro e sala di degustazione di prodotti della terra. Un’operazione di educazione alimentare, dove ciò che si desidera mangiare, si vede, si compra e si gusta comodamente seduti in Pomodorìa. Per realizzare questo matrimonio tra pomodoro e pizza, la Pomodorìa si è affidata alle mani del maestro Gennaro Salvo, definito “il pizzaiolo romantico”. Nove le pizze in carta, sei con ingrediente principale il pomodoro, con ortaggi e verdure. Si tratta della prima “pizzeria agricola” incentrata sul pomodoro e sugli ortaggi conferiti dai soci della cooperativa DANIcoop.

MEZZOGIORNO A SAN TEODORO La domenica mattina i napoletani assistono ai bei concerti di musica classica organizzati a Palazzo San Teodoro dal comitato composto da Giovanni Lombardi, Luigi Porcelli e Maria Sbreglia. Il 17 febbraio: Quartetto con la bella voce di Emilia Zamuner , Mino Lanzieri alla chitarra, Massimo Del Pezzo alla batteria e Antonio Napolitano al contrabbasso con un programma dedicato alle più belle canzoni d’amore italiane, straniere e napoletane. A marzo sarà la volta della flautista Bianca Fiorito con il chitarrista Marco Ciampa e per concludere il 19 aprile l’esibizione dei finalisti della seconda edizione del Premio Palazzo San Teodoro, in cui i giovani musicisti oltre ai premi assegnati dalla giuria riceveranno anche il premio del pubblico presente in sala. 12

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PARTENOPE CHIAJA IN LOVE NEL CHIAIA DISTRICT Cuori, luci, amore. Al via la terza edizione di “Chiaja in love” che sigla anche l’intesa con Confcommercio per la costituzione del primo distretto del quartiere, voluto da Carla della Corte, Roberta Bacarelli, Claudia Catapano e Paola Greco. Sono loro le imprenditrici protagoniste del gruppo di lavoro che ha ideato queste iniziative per la promozione del quartiere, con l’accensione di un sistema di luminarie che fa risplendere le vetrine delle vie della city in occasione di San Valentino. E poi la nascita dell’Associazione territoriale Chiaia District. Napoli è la prima a realizzare un distretto come progetto nazionale di Confcommercio.

STAR WARS SCEGLIE NAPOLI PER L’ANTEPRIMA EUROPEA “Star Wars - Gli ultimi Jedi”, ottavo episodio: la prima europea a Napoli. Una festa stellare esclusivamente su invito, con tanti vip e super fan della saga ideata da George Lucas. In passerella tanti volti noti accompagnati dagli stoormtrooper e dal robottino Bb-8. Ospiti speciali anche i cosplayers del gruppo “The Dark Side of Naples”, vestiti da Luke Skywalker, Darth Vader e i mitici personaggi di Guerre stellari. Bellissimo il “Presepe di Star Wars”, realizzato in occasione dell’uscita del film dai maestri di San Gregorio Armeno Enzo Capuano, Genny Di Virgilio, Marco Ferrigno e Salvatore Gambardella.

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LA FESTA DELL’AUDI NEL SALOTTO DI CHIAIA Quello che è appena trascorso è stato un anno da ricordare per Audi, che si è chiuso con ben 67.085 vetture immatricolate in Italia. Tra le auto più vendute, spicca la Audi Q2 con 11 mila immatricolazioni e così nel salotto buono di Napoli, in via Dei Mille, è stata esposta l’Audi Q2 della Concessionaria A&C Motors. L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’agenzia PL MANAGEMENT di Fabio Ummarino. Un’occasione per informare gli appasionati di motori dell’apertura della nuova sede di Agnano della storica Concessionaria, che va ad aggiungersi a quelle di Castellammare di Stabia e di Nola.


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PARTENOPE GENIUS LOCI TTOZOI A POMPEI

Dopo la prima tappa nella Reggia di Caserta, l’ambizioso progetto artistico GENIUS LOCI del duo TTOZOI, Stefano Forgione e Giuseppe Rossi, sviluppato con il Patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo MiBACT – prosegue il suo tour all’interno del Parco Archeologico di Pompei con una performance degli artisti all’interno. Il progetto, a cura di Gianluca Marziani, prosegue il “tour” nel sito UNESCO per eccellenza, il Colosseo.

CITIES ON THE EDGE

IL TEMPO SOSPESO

Cities on the Edge è il progetto di cooperazione artistica internazionale presentato al Nuovo Teatro Sanità coinvolto in prima linea, ideato dal Goethe-Institut di Napoli e di Marsiglia, che raggruppa dieci realtà operanti nell’ambito del teatro, della danza e della musica e che svolgono le loro attività in aree definite marginali o di disagio, diffuse tra Italia, Francia e Germania. Sono circa 80 i giovani che partecipano, 20 i formatori italiani, francesi e tedeschi, che porteranno avanti il progetto in 6 diversi spazi artistici d’Europa.

È uscito in libreria Il tempo sospeso scritto da Rita Adinolfi. Un viaggio nel tempo, nel quale l’origine degli eventi storici narrati nel romanzo, viene avvolta in un alone di mistero fitto di equivoci e non motivata da cause accertate. Sembra di muoversi in uno dei testi di JK Rowling, dove le vicende storiche sono sapientemente contaminate da descrizioni fantastiche capaci di conferire alla narrazione luci, colori e prospettive suggestive.

ROCK SU TELA David Bowie, Kurt Cobain, Robert Smith e tante icone musicali; dopo aver descritto le metropoli e la città di Napoli l’artista Giovanni Manzo ha deciso di mettere su tela la musica rock. “Oggi sono piu’ interessato ai personaggi della musica, agli atteggiamenti, agli strumenti, alla fotografia, all’ espressione del volto o del corpo - spiega Manzo - lascio l’architettura per figurare i musicisti”.

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goldadv.it

i quattro angoli della moda racchiusi in un unico distretto Chiaia District è un’Associazione territoriale nata in seno a Confcommercio della Provincia di Napoli con la volontà di sostenere ed arricchire la vocazione economico commerciale dell’area in cui opera: il Quartiere di Chiaia nell’area circoscritta dai quattro angoli della moda Piazza Amedeo, Piazza San Pasquale, Piazza Vittoria, Piazza Trieste e Trento. Fortemente voluta da un gruppo di imprenditori che operano nel quartiere, l’Associazione vuole essere protagonista di una nuova stagione di rinnovamento a sostegno delle attività commerciali. Non solo, attraverso una serie di inziative intende mantenere alto il valore del territorio, favorendone la giusta evoluzione e la sua tutela. L’impegno dell’Associazione Chiaia District è rivolto alla crescita collettiva ed alla salvaguardia degli esercizi che rappresentano il volano dell’intero quartiere. Uno sviluppo che deve essere affrontato in gruppo, perché insieme si può guardare al futuro e al miglioramento della nostra economia, perché solo in un territorio ben gestito e sostenuto da interessi collettivi i flussi commerciali rappresentano lo strumento principale di miglioramento.

IL CENTRO CHE FA LA DIFFERENZA info: ph. 0817979111 mob. 348 7565871 email. chiaiadistrict@gmail.com


#ariel What Why

Si apre con questo numero di “Party Magazine” una nuova rubrica sull’arte, il teatro, la musica, il cinema, la cultura tutta. Come una porta che si spalanca improvvi‑ samente su questo mondo, tenterò di darvi brevi con‑ sigli. Utili, spero. Ho deciso di chiamarla Ariel, come il personaggio di una nota commedia shakespeariana. Ariel è lo spirito dell’aria e porta le notizie al mago Prospero. È leggero, sferzante, bambino, profondo conoscitore delle cose del mondo e capace, al solo passaggio, di scompa‑ ginarle tutte. Ariel è lieve e profondo come la poesia. Schietto e sincero. Capriccioso. Al suo sguardo bambi‑ no e al suo moto fulmineo che, come un refolo di bel‑ lezza prepotente, attraversa il mondo, ispirerò questa rubrica. Ad Ariel e al suo canto selvaggio e innocente, capace di innalzare tempeste e scatenare il fuoco in mare, di trasformarsi in mille vesti, voci e sguardi con‑ trapposti, alla sua mutevolezza che serba immutabile il coraggio del cambiamento, ispirerò i miei brevi com‑ menti. Perché nella forza di Ariel ‑ portatore di notizie ‑ c’è tutta la vita dell’arte che si declina in forme diverse, conservando al fondo la capacità di renderci liberi. E, infatti, nell’ultimo atto de La tempesta, è proprio lo spi‑ ritello insolente, dopo averne combinato delle belle, a risvegliare il resto dell’equipaggio addormentato da un incantesimo di Prospero, liberando i prigionieri. Come lo spiritello nato dalla penna di Shakespeare, cercherò di essere rapida come l’aria, limpida come il mare e di tenere accesi i vostri pensieri col fuoco della cultura. A volte, come Ariel potrei essere frettolosa, su‑ perficiale, per questo sarete voi i miei Prospero: aspetto i vostri consigli e rimproveri sulla mia pagina Facebook! Milena Cozzolino

4w events GLI APPUNTAMENTI DA SEGNARE IN AGENDA

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Mari di Tino Caspanello Questo spettacolo gira l’Italia When e il mondo da circa 20 anni, 24 e 25 febbraio fino a quando l’anno scorso Where è arrivato ad Hong Kong. Officina teatro di Caserta Presentato a Marsiglia, Lione, Tolosa e Strasburgo, è attualmente nel repertorio di 5 compagnie francesi. Un piccolo grande successo italiano, che attende ancora applausi. Per fortuna, qualche attento spazio teatrale sa accorgersi della bellezza che lavora in minore, senza appartenenze politiche o di cerchie!

What Why

Fiamme e ragione Arso vivo in Campo de’ Fiori, di NarteA Giordano Bruno è il simbolo When dell’intellettuale che mette le 17 febbraio idee prima della vita. Arriva il Where 17 febbraio, anniversario della Complesso di morte, nel Complesso di San San Domenico Maggiore Domenico Maggiore, dove Bruno trova la magia naturalis. La magia che abbraccia la ra‑ gione e conduce più a fondo della vita. La magia che cam‑ bia il mondo, che rende l’uo‑ mo simile a Dio. Un intellet‑ tuale che cambiò le sorti della conoscenza, di questi tempi, bisognerebbe incontrarlo tutti i giorni. Prima e dopo i pasti.

What Why

In verità, in verità vi Come perdere l’occasione di dico... Incontri ravvicinati ascoltare l’unica, la più grande di teatro di tutte, l’attrice Isa Danieli, When accompagnata in un dialogo 23 febbraio 20:30 aperto e strepitoso dal compa‑ Where gno di vita e direttore di scena Salotto Bonadies Portici, Gigi Esposito? Da quest’anno, Il Teatro cerca casa la rassegna itinerante Il Teatro cerca casa ideata da Manlio Santanelli e organizzata da Livia Coletta, Milena Cozzolino, Ileana Bonadies, che porta in scena spettacoli ne‑ gli appartamenti privati, dà la possibilità ai suoi appassionati spettatori di conoscere da vici‑ no i mestieri dello spettacolo.


What Why

Doppio appuntamento con Astradoc: Taste of cement e This is Congo

Avremmo potuto proporre il documentario Essere Gigione, dato che il Mibact ne ha riconosciuto il valore culturale e When che le recensioni entusiastiche 2 febbraio gridano al capolavoro. Ma maWhere gari uno sguardo più ampio Cinema Astra sul mondo pure può essere interessante: così tra gli scampati alla guerra siriana e i ribelli del Congo, avremo la possibilità di assistere in una sola sera al meglio della produzione documentaristica internazionale. Come direbbe Umberto Tozzi, si può dare di più senza essere eroi (né snob!).

What Why

Simone Cristicchi in Il secondo figlio di Dio Vita, morte e miracoli di David Lazzaretti

Cantautore italiano, divenuto noto con il brano ironico “Vorrei cantare come Biagio Antonacci”, dal quale ha preso When avvio la carriera che lo ha con26 febbraio dotto fino alla vittoria a SanreWhere mo, Cristicchi sembra avere Teatro Totò grandi doti artistiche. In questo spettacolo è cantante e attore, ma è anche uno scrittore. Ultimamente è stato nominato direttore artistico del Teatro Stabile d’Abbruzzo, scatenando le polemiche di tutto il mondo teatrale. Ma il beneficio del dubbio? Magari prima di criticare vediamolo all’opera!

What Why

Domanda di desiderio di Manlio Santanelli compie 80 Manlio Santanelli anni e il Nuovo Teatro Sanità When omaggia uno dei più imporDal 9 all’11 febbraio tanti drammaturghi del dopo Where Eduardo. Autore tradotto in Nuovo Teatro Sanità tutto il mondo, Santanelli è stato troppo poco amato dalla sua città. Cinico, colto, ironico, paradossale: di Napoli ha sviscerato ogni piega con garbo e ironia. Quindi provo a dirvelo anch’io con garbo e ironia: non è mai troppo tardi per amare il talento! Asini.

What Why

Il sindaco del Rione Sanità Nato dalla collaborazione tra When Mario Martone e la compaDal 6 al 18 marzo gnia Nest, lo spettacolo semWhere bra aver dato nuova linfa al Teatro Bellini di Napoli testo eduardiano. Il passo tra San Giovanni a Teduccio e il Rione Sanità è stato davvero breve. Poca strada per attraversare il tempo sull’onda della criminalità che non abbandona mai la nostra terra. Fatto sta che lo spettacolo ora sta macinando chilometri su e giù per l’Italia. Motivo d’orgoglio: nulla ci impedirà di sedere in platea per questo imperdibile appuntamento.

what Why

MIOTUONOSTRO – La Come insegnare ai bambini panchina pubblica il piacere della condivisione? When La bellezza della democrazia? 4 febbraio, ore 11.00 L’importanza della Res Publica? Where Non attraverso lezioni barboTeatro dei piccoli se, piene di paroloni e retorica. Bensì grazie alle divertenti interazioni di due buffi personaggi che si contendono l’uso esclusivo di una panchina pubblica. Con scherzi e poche parole, i due scoprono che collaborare è meglio che litigare, giocare insieme è meglio che mettersi i bastoni fra le ruote e che una semplice panchina può essere un bel luogo d’incontro.

What Why

Museo della follia: da Una mostra del genere in una Goya a Maradona città come Napoli, dove il criWhen terio di giudizio è smarrito da Dal 3 dicembre al 27 tempo e che si presenta essa maggio stessa come un museo della Where follia a cielo aperto, fa sorriBasilica di Santa Maria dere. Se non fosse che il cuMaggi ratore della mostra è Vittorio Sgarbi, e il professore, si sa, in fatto di follia sa come sorprendere. La mostra presenta opere di grandi maestri come Goya, Von Stuck, Francis Bacon, Mancini, Gemito, Ligabue e, in anteprima mondiale, un olio opera di Hitler, frutto di una follia distruttrice. 19


#picoftheday

Dimmelo in italiano. L’amore materno al Wat Phra Kaew, il tempio del Buddha di smeraldo, a Bangkok in Thailandia. Foto di Rosaria Piscopo



Quando a Necco si rizza il pelo davanti alla telecamera

#gigichicmimmoshock

di Mimmo Carratelli e Gigi Necco

È tornata su Canale 9 l’attesa trasmissione “L’emigrante” in cui il popolare telecronista denuncia, ammonisce, consiglia, portavoce dei disagi dei napoletani. Un autentico show in cui Necco esibisce tutto il suo talento televisivo fra tic, smorfie, agitazione,voce pacata e urla improvvise. Nella grande stanza piena di libri, con pile di giornali troneggianti su sedie afflitte dal peso della carta, Luigi Necco appare un po’ ripiegato sulla poltrona dietro la vasta scrivania del suo irrinunciabile disordine mentre la telecamera l’inquadra e, zoomando, ne rivela il faccione, accarezzato dalla luce dello spot, gli occhiali, i tic, le smorfie e quel suo socchiudere gli occhi per spalancarli improvvisamente sopra le lenti quando i suoi urli di guerra squarciano i microfoni. È tornata su Canale 9, tutti i giorni alle 18 con repliche notturne, la sua attesa trasmissione L’emigrante in cui Necco accoglie e rilancia denunce, all’occorrenza anche improperi e anatemi, raramente osanna, più spesso avvertimenti perentori, il meglio e il peggio delle proteste cittadine che trovano nel popolare telecronista l’amplificatore di disagi, ingiustizie, soprusi e furberie della vita quotidiana a Napoli. Vedo Gigi, alla sua scrivania, come un enorme gatto che fa le fusa e improvvisamente rizza il pelo. Succede quando, abbandonando il tono pacato delle premesse e della lettura delle proteste che gli arrivano per posta, sfonda la quieta atmosfera della stanza-studio con l’imperioso vocione accusatore, il suo piccolo giudizio universale contro istituzioni, potenti, imbroglioni, sprovveduti e inetti. Gli indici della registrazione sonora impazziscono, i decibel si rivoltano, la stanza trema, la telecamera ben fissata assorbe la tempesta. L’urlo del Sioux Necco svetta e ricade su se stesso. Lontano, il bersaglio colpito, un sindaco, un assessore, un politico, un dirigente, oscilla e si rialza dopo il fragore. Colpiti e affondati, ma i politici sanno rimanere a galla. Napoli, città che protesta più di altre. “Ogni giorno a Napoli succedono almeno dieci cose per protestare”. Protestare è lo sport napoletano più in voga. “Spesso è lo sport della disperazione.” Il principale bersaglio delle proteste? “De Magistris.” E il sindaco protesta poi con te? “No. Ci incontriamo, parliamo…” 22

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E che cosa succede? “Niente. È come varcare il muro del silenzio.” Di che cosa si lamentano maggiormente i napoletani? “La gente non pretende che i mezzi di trasporto pubblico siano puntuali, pretende che ci siano.” Non ci sono? “La metropolitana è malata, gli autobus non ci sono.” Stiamo esagerando? “I conti dei trasporti pubblici stanno in tribunale col Comune che rischia il dissesto. Si è giunti a un concordato e tre commissari dicono come spendere i pochi soldi che ci sono.” Magnifico. “Magnifico un corno! Le ditte che lavorano ai trasporti pubblici non lavorano perché hanno paura di non essere pagate.” Però la metropolitana funziona, nuove linee, nuovi treni, nuove stazioni. “Ogni giorno la metropolitana si ferma. La tratta DanteGaribaldi ha imperfezioni tecniche irreparabili. Dante è la stazione più sfortunata perché là finiscono le speranze di arrivare a Garibaldi. La linea elettrica cade sempre, viene meno la corrente.” La seconda lamentela qual è? “La folle circolazione al Vomero.” Riprendiamo la metropolitana. “Viaggiamo in grandi misteri.” Addirittura. “L’anno dei Mondiali 1990, con seguito di arresti e condanne, venne finanziata e iniziata l’inutile Linea 6 dallo Stadio San Paolo a Mergellina. Inutile perché la tratta era notoriamente già servita da una metropolitana funzionante, tram e autobus.” Lascia o raddoppia? “Raddoppiano, raddoppiano. Spesi 800 milioni lungo un percorso dove è avvenuto di tutto. Stravolto un quartiere, Fuorigrotta. Cancellata con una inutile imponente stazione piazza Lala, sbocco naturale del tunnel di Mergellina, chiuso il viale Augusto con la pista ciclabile, morto lo storico palmizio, la ‘talpa’ per scavare i tunnel si incastra


nel suo stesso buco alla Torretta. Iniezioni di azoto per congelare le acque del mare che si mischiano a quelle pluviali. Alla Riviera crolla il palazzo Nunziante, Le acque latenti spingono i treni sotto la Villa comunale. Gli alberi deperiscono, ne vengono abbattuti 350.” Tutta colpa della Linea 6? “Così dicono illustri studiosi del sottosuolo napoletano.” Misteriosi misteri. “Andiamo alla Linea Uno. Prendi la stazione di Salvator Rosa che ha l’accesso più impervio, complesso e profondo. Scuole con mille studenti. Manca ogni struttura per gli invalidi.” Non può essere. “Torniamo alla Linea 6. Stazione di San Pasquale a Chiaia. Si libera la strada dal cantiere che l’ha soffocata per anni e anni. Sciopero della ditta delle pulizie che occupa i binari della Linea Uno. Migliaia di cittadini fermi e inferociti. Il ministro non viene, De Luca e De Magistris non possono fare i bei discorsi che avevano preparato. I cittadini imprecano.” Ma è la metropolitana dell’arte. “E mettiamola da parte. La Linea Uno ha solo sette treni.Li hanno dimezzati per farli sembrare di più. Uno è rotto. Un altro per legge è di riserva. La Linea Sei, che ancora non funziona, ha pochissimi treni accantonati nel sottosuolo a Piazzale Tecchio. Ma sono vecchi tram adattati. Quando tra un anno si conta di utilizzarli saranno assolutamente insufficienti. Quelli nuovi che hanno già ordinato hanno i vagoni troppo lunghi. O tagliano i tunnel o tagliano i treni. E ci vuole un’altra stazione, da costruire in zona rossa, cioè Bagnoli, il vulcano. Gli utenti si aspettano che i treni passino ogni due minuti, come in tutte le metropolitane del mondo, invece passano ogni mezz’ora.” Gli orologi della metro sono rotti? “Ci vogliono più treni. Si possono ordinare. Ma per averli ci vogliono tre anni. ” Ricevi diecine di proteste al giorno e le istituzioni che cosa fanno? “Ci sono nella giunta comunale due, tre perone sensibili. Una è il vicesindaco Raffaele Del Giudice. Sta cercando di risolvere i problemi della Galleria Umberto, ci piove e bisogna riparare i vetri, bisogna anche ridipingere le pareti di uno stesso colore, ora sono di colore diverso.” L’altra persona sensibile? “L’assessore alla mobilità, il professore Mario Calabrese. Litiga con la Società che gestisce, con le Società che costruiscono, combatte per i disservizi della Cumana, della Circumflegrea, della Vesuviana, cerca di far uscire qualche autobus dai depositi, ogni giorno va in Tribunale per il Concordato sul Trasporto Pubblico.

Gli indici della registrazione sonora impazziscono, i decibel si rivoltano, la stanza trema, la telecamera ben fissata assorbe la tempesta. Poi c’è Gaetano Daniele, assessore alla Cultura. Non ha una lira, nel senso dell’euro, ma tenta disperatamente di fare cose utili. E la cultura serve anche contro la malavita o le babygang.” Ma il turismo invece e per fortuna va a gonfie vele. Alberghi e bed & breakfast pienissimi. “Abbiamo superato i cinque milioni di turisti a Capodichino. Record. Ma ancora non c’è il Metro per l’aeroporto. Molti altri paesi sono chiusi, ritenuti pericolosi, l’Egitto è chiuso, il Medioriente, la Turchia, la congiuntura internazionale ci sta favorendo, ma bisognerebbe profittarne, gettare le basi per un rilancio autentico della città. I musei, per esempio, fanno fatica a restare aperti quando è necessario, mancano gli spiccioli per gli straordinari del personale. In campo archeologico per molto tempo e durante gli infelici commissariamenti berlusconiani non si è fatto nulla, ancora si registrano crolli e polverizzazioni.” Da dove arrivano le proteste? “Dai quartieri periferici, dal Vomero, da quelli che si infognano giornalmente negli eterni cantieri di via Marina.” C’è qualcosa, almeno, che va bene? “Il tempo. Stiamo avendo magnifiche giornate di sole.” Sarà perché non abbiamo un assessorato al sole. “Non lo dire, magari se lo inventano.” Ma un bell’assessorato alle proteste? “Dovrebbero trovare un assessore sordo-muto.” Però il calcio funziona. “Un’impresa eroica in una città che non investe nella cultura e nello sport.” De Laurentiis è solo. “Siamo una città senza industrie, senza grandi gruppi, decisamente una città povera. Nessuno può aiutare De Laurentiis.” E, allora, che cosa succede? “Succede che dovrà andare avanti da solo fin quando ce la farà e starà attento al bilancio della società, ma questo lo sa fare.” Fino a vincere lo scudetto? “La Juventus non la batti. La Juventus può battersi da sola. Magari perderà energia giocando in Champions.” Ma perché non fai tu una teletrasmissione sportiva? “Partecipo alle iniziative sportive delle redazione di Canale 9.” Ci manca la tua manina. “Chissà, magari a maggio ….” È il momento di staccare. Necco deve andare in trasmissione. Si accendono i fari nella stanza-studio, la telecamera viene accesa e inquadra il cappello di Necco su una sedia. “È un cappello americano made in Italy” dice Necco. “Come i cappelli che usava John Wayne. Il mio è beige, di feltro. Ma lo sai che i famosi cappelloni americani, che abbiamo visto in tanti film, li facevano a Como?” 23

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#peaceandlaw

MESSA ALLA PROVA: UNA SECONDA POSSIBILITÀ PER CHI SBAGLIA

Luigi Di Gennaro Avvocato penalista

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Tutti possiamo commettere un errore. Chiunque può trovarsi in balia di scelte sbagliate e commettere un piccolo reato, insomma uno di quelli non particolarmente gravi, tanto per intenderci. In Italia sono migliaia ogni anno i casi di persone incensurate che incappano nelle maglie della giustizia penale, rallentandone inevitabilmente il corso a discapito dei processi che destano maggiore allarme sociale. Per rispondere dunque a queste urgenze, non ultima quella deflativa, è stato introdotto nel nostro Ordinamento l’istituto della “messa alla prova” per i reati commessi da soggetti già maggiorenni (nel rito minorile questo istituto esisteva già), che consente l’applicazione della mediazione penale e delle altre strategie di giustizia riparativa (restorative justice) che contraddistinguono la maggior parte dei Paesi dell’Unione europea. La giustizia riparativa pone l’autore del reato non più come soggetto passivo destinatario di una sanzione statale, ma come soggetto attivo a cui è chiesto di rimediare agli errori commessi e ai danni procurati attraverso la sua condotta criminosa. L’istituto in questione si avvicina per molti aspetti a quello americano. Ricordate il caso della super top model Naomi Campbell che fu costretta dal giudice a svolgere cinque giorni di lavori socialmente utili per aver ferito con il telefono cellulare la sua colf? Ecco, ci siamo molto vicini! L’innovativa riforma europeista rappresenta dunque una nuova causa di estinzione del reato e un nuovo tipo di procedimento speciale. Essa consta di tre fasi: richiesta, esecuzione del programma e verifica dell’esito della messa alla prova. Il nuovo strumento che il legislatore mette a disposizione prende avvio con la proposizione di un’istanza che può essere formulata al giudice procedente direttamente dall’imputato o dal suo difensore fino all’apertura del dibattimento. Il reo interessato sarà quindi tenuto a depositare presso l’ufficio di esecuzione penale esterna (U.E.P.E.) un programma di trattamento che preveda le

seguenti attività obbligatorie: l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità consistente in una prestazione gratuita in favore della collettività; l’attuazione di condotte riparative, volte ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato; il risarcimento del danno cagionato e, ove possibile, l’attività di mediazione con la vittima del reato. Il programma può prevedere l’osservanza di una serie di obblighi relativi alla dimora, alla libertà di movimento e al divieto di frequentare determinati locali, oltre a quelli essenziali al reinserimento dell’imputato e relativi ai rapporti con l’U.E.P.E. ed eventuali strutture sanitarie specialistiche. Il giudice, nel caso ritenga soddisfacente e adeguato il programma di trattamento, può procedere alla sospensione del processo in corso. Durante la fase di esecuzione della prova, l’U.E.P.E. riferisce al giudice, con cadenza almeno trimestrale, sull’andamento del programma, sul comportamento tenuto, sulle proposte di modifica e le eventuali trasgressioni che potrebbero determinare l’interruzione della prova e redige la relazione finale. Il giudice, acquisite le informazioni dall’U.E.P.E., dagli organi di polizia e il parere del Pubblico Ministero, sente in aula l’imputato e la parte offesa. Decide con ordinanza che stabilisce la durata della prova, le prescrizioni, il termine per l’adempimento delle attività di riparazione e le eventuali integrazioni o modifiche al programma di trattamento. Il giudice può disporre, se necessario, i provvedimenti di revoca, in caso di grave inosservanza delle prescrizioni o di commissione di nuovi reati non colposi. Al termine del periodo fissato, valuta in udienza l’esito della prova e, in caso positivo, dichiara l’estinzione del reato. In quest’ultimo caso, quindi, l’imputato - con un piccolo sforzo- ripara materialmente l’errore commesso senza alcuno strascico giudiziario e senza conseguenze sulla fedina penale. luigidigennaro@avvocatinapoli.legalmail.it


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IL NAPOLI BISTICCIA COL TRICOLORE. ACQUISTO’ BIANCHI, GLI SFUGGI’ ROSSI, ORA ANCHE VERDI RIFIUTA IL TRASFERIMENTO NELLA SQUADRA AZZURRA. LA VITA GIROVAGA DELL’ATTACCANTE DEL BOLOGNA E QUEL PASTICCIO PER PABLITO.

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Verdi, Bianchi e Rossi. Il Napoli ha qualche problema con i colori della bandiera italiana. Intralci cromatici per la società azzurra. Simone Verdi, tesserato per il Bologna, ha rifiutato di trasferirsi a Napoli. Lo fece anche Paolo Rossi nel 1979. È andata bene, invece, col bresciano Ottavio Bianchi che venne al Napoli da giocatore nel 1966 (cinque campionati in maglia azzurra, 14 gol), poi allenatore del primo scudetto con Maradona. Simone Verdi, pavese di Broni, 26 anni, 1,71, trequartista e attaccante a tutto campo, velocissimo, ambidestro, eccellente cannoniere, resta al Bologna. I riflettori del calcio lo hanno scoperto tardi. La sua carriera pallonara è stata accidentata. A 11 anni approdò alle giovanili del Milan. Con la prima squadra giocò qualche partita di Coppa Italia. Nessuno si accorse del suo talento. Nel 2011 fu dirottato al Torino in comproprietà. Cominciò il suo girovagare. Il Torino lo dette in prestito due volte, prima alla Juve Stabia, poi all’Empoli. Successivamente, il Milan lo riprese “alle buste” risolvendo per 450mila euro la comproprietà col Torino. La stella di Verdi continuava a non brillare. Il Milan lo cedette in prestito all’Eibar, un club spagnolo dei Paesi Baschi. Verdi vi rimase cinque mesi. Rientrò in Italia al Carpi l’1 febbraio 2016, ennesimo prestito del Milan. Alla fine, il Milan s’è deciso a cederlo definitivamente per 1,5 milioni al Bologna, luglio 2016, attratto da Riccardo Bigon direttore sportivo del club felsineo dopo essere stato d.s. anche al Napoli dal 2009 al 2015. Nel Bologna del canadese Joe Saputo (famiglia ricchissima nel Quebec dove il padre emigrò dalla Sicilia, industria casearia e immobiliare, patrimonio valutato in 10,64 miliardi di dollari canadesi), patron e presidente rossoblu dal 2014, Simone Verdi s’è finalmente rivelato giocatore di talento. Ha rifiutato il trasferimento al Napoli come fece Paolo Rossi, il ragazzo toscano che firmò i gol decisivi per il titolo mondiale del 1982 dell’Italia di Bearzot in Spagna. Paolo Rossi crebbe nelle giovanili della Juventus. Vi arrivò a 16 anni nel 1972, scovato da Italo Allodi alla Cattolica Virtus, una delle principali società di calcio fiorentine. La Juve pagò 14 milioni per avere il ragazzino di Prato che segnava gol a raffica, ma aveva anche ginocchi fragili tanto da subire tre operazioni di menisco mentre era a Torino. Nell’estate del 1976, la Juve convinse il Vicenza a prenderlo in comproprietà per 100 milioni di lire. Dopo due stagioni (39 gol del bambino prodigio) si andò alle bu-


ste per la risoluzione della comproprietà. Presidente del Vicenza era Giusy Farina, 46 anni, di ricca famiglia terriera. Presidente-contadino con tante fattorie, un grande faccione e grandi baffi, collezionista di francobolli e appassionato di Tex Willer e Julio Iglesias. Viveva nella campagna veronese, a Palù, in un villone con caminetti, divani, la sala del biliardo, una panca del Trecento, una moglie di sangue nobile e una tribù di figli. Ogni mattina andava a snidare passeri e a cacciare fagiani e cinghiali nel bosco vicino casa. Alle partite del Vicenza indossava un vecchio vestito del padre, il suo portafortuna. Farina volle tenersi il giocatore e, nella risoluzione della comproprietà con la Juventus, inserì nella sua busta l’astronomica cifra di 2 miliardi, 612 milioni, 510mila lire portando così il valore intero di Paolo Rossi a 5 miliardi. La Juventus, nella sua busta, segnò la cifra di 875 milioni e venne così gabbata dal presidente contadino cervello fino. Farina, con la sua offerta superiore, si tenne il giocatore versando alla Juventus la differenza di 775 milioni. La valutazione dei 5 miliardi per Paolo Rossi fece gridare allo scandalo e il presidente della Federcalcio Franco Carraro si dimise. All’esile ragazzo di Prato pensò Corrado Ferlaino quando il Vicenza con Rossi retrocesse in serie B (197879). Farina aveva bisogno di quattrini e mise Pablito sul mercato. Ferlaino disse di essere pronto a sborsare due miliardi e mezzo di lire per prendere Paolo Rossi per il Napoli. Il ragazzo rifiutò il trasferimento. Lo disse a Giorgio Vitali, direttore sportivo del Napoli, come riportato da Giorgio Dell’Arti e Massimiliano Bonino. Napoli lo atterriva e Rossi disse a Vitali: “Per me viene prima la vita e poi il calcio. Se devo invertire l’ordine delle cose, ci devo pensare non una ma cento volte. Che cosa vengo a fare a Napoli, il salvatore della patria? Con la gente che, come mi ha raccontato Sivori

una volta, mi compra le sigarette e dorme per strada sotto casa mia, per vegliarmi? Sono molto cari, ma non sono la persona giusta. Io posso offrire la mia personalità in campo, posso offrire calcio, ma a Napoli questo non basterebbe”. Intanto, a Napoli, insorse il sindaco Valenzi: “I miliardi che il Napoli intenderebbe spendere rappresentano una cifra pazzesca, considerando che stiamo parlando di una città angustiata da tanti problemi sociali ed economici. Inevitabile è l’accostamento con l’America latina: grande povertà e sfrenata passione per il calcio. Come sindaco, giudico negativa questa operazione”. Ferlaino rispose per le rime: “Napoli non ha le fogne e non avrà Paolo Rossi. Noi sportivi non ci interessiamo di politica, mentre i politici pretendono di interessarsi di sport. L’attenzione del sindaco verso il Napoli si è risvegliata in occasione di una trattativa presunta quanto infondata”. Farina dette Rossi in prestito al Perugia per due anni, 700 milioni a stagione. Nel primo e unico campionato con la squadra umbra (1979-80) Rossi incappò nel calcioscommese per la partita Avellino-Perugia. Dovette rimanere fermo un anno. Ebbe uno sconto in appello dopo la prima condanna a tre anni di squalifica. Sandro Mazzola voleva prenderlo all’Inter, poi desistette. Allora si fece avanti Boniperti che lo riportò alla Juve nonostante la squalifica di un anno ancora da scontare. La Juventus lo pagò 3 miliardi. Ferlaino ha dato la sua versione sul mancato arrivo a Napoli di Paolo Rossi. “Andai a Palù, a casa di Farina. Da Milano mi telefonò mia moglie Patrizia, che era molto amica della moglie di Gino Palumbo direttore della Gazzetta dello Sport. Quel giorno erano insieme e c’era Gino con loro che volle parlare con me. Volle sapere che cosa ci facevo a Palù. Ero grande amico di Palumbo, ma dovevo tenere nascosta la trattativa per Rossi perché, se usciva sui giornali, sarebbe andata all’aria. Dissi a Palumbo che stavo trattando con Farina l’acquisto di un casolare. Non potevo dirgli la verità. Ma, il giorno dopo, Farina spifferò al Corriere dello Sport che il Napoli trattava Paolo Rossi. Successe un putiferio. Furibonda fu l’ira di Palumbo, tradito dalla mia bugia e bruciato dalla concorrenza del giornale sportivo romano. Così l’acquisto andò in fumo. Palumbo non mi rivolse la parola per un anno. Poi facemmo pace”. Verdi, Bianchi, Rossi. Uno spicchio della storia del Napoli in tre colori.

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#jazz

di Adriano Cisternino Suonano insieme da quindici anni. Sono il trio di jazz più longevo della Campania. Non a caso si chiamano “Dea Trio”. Niente a che fare con l’Atalanta, che i tifosi bergamaschi chiamano Dea, in omaggio a una rievocazione mitologica. Nello specifico il nome del nostro trio potrebbe evocare musica divina. E invece è soltanto l’insieme delle iniziali – si badi - non dei cognomi, com’è d’abitudine, ma dei nomi di battesimo. Perché il trio è composto da Daniele Sorrentino (contrabbasso), Elio Coppola (batteria) e Andrea Rea (pianoforte). Sono le stranezze del jazz. Anche perché l’ordine abituale di ogni trio parte dal pianista e il batterista chiude. Qui invece l’ordine è stravolto, forse perché se avessero rispettato la consuetudine, il gruppo si sarebbe chiamato Ade, nome che sempre secondo la mitologia greca, rappresenta il regno dei morti. Insomma... un po’ imbarazzante. Dopo quindici anni di serate, concerti, jam session, prove e riprove, il Dea Trio ha registrato il primo disco, prodotto da Itinera. Si chiama Secret love e prende il titolo da un celebre standard degli anni ‘50, una ballad di Sammy Fain, lanciata da Doris Day nel film Calamity Jane. Otto brani in tutto, con un po’ di Brazil in Fotografia di Antonio Carlos Jobim, due classici come The Duke di Brubeck e Long ago and far away di Kern, e quattro pezzi originali dei quali uno (che apre l’album) dedicato a se stessi: si 28

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DEA TRIO


DEA Trio e Stefano Di Battista

chiama infatti Dea ed è stato composto dallo stesso Rea. Ma è anche una testimonianza in musica della grande amicizia che lega Daniele, Elio e Andrea che, al di là del trio, sono gettonatissimi sideman in Italia e all’estero (Coppola va e viene da New York, la patria del jazz, dove lavora con vari musicisti americani). Sono nati tutti e tre alle falde del Vesuvio, dove negli ultimi tempi il movimento jazzistico si è incredibilmente intensificato. Andrea Rea è di Pomigliano d’Arco, e non c’è bisogno di essere esperti per sapere che il Pomigliano Jazz Festival è ormai una delle rassegne nazionali più prestigiose dell’argomento. Nato nel 1996, ha raccolto un po’, in zona, l’eredità del Jazz Club Lennie Tristano di Aversa, o dell’Otto Jazz Club di Napoli, ospitando nell’arco di vent’anni autentici giganti della musica afroamericana come McCoy Tyner, pianista di John Coltrane, e poi tanti altri come Charlie Haden, Carla Bley, e ancora Enrico Rava, Giorgio Gaslini, Palo Fresu e via jazzando. Ma il Pomigliano Jazz Festival è anche attento ai giovani talenti locali. E allora ecco che diventa punto d’incontro di questi tre ragazzi che si sono conosciuti su quel palco dove Rea è di casa, mentre Coppola e Sorrentino sono nati e cresciuti pochi chilometri più in là, perché sono di Somma Vesuviana e quindi non potevano sfuggire al richiamo di Pomigliano jazz. È qui che il trio, nato nel 2000, ha debuttato nel 2005 in occasione della ormai abituale rassegna estiva diretta da Onofrio Piccolo che ha portato il jazz anche sul cratere del Vesuvio (Enzo Avitabile, settembre 2016). Famiglia di musicisti (padre pianista e fratello maggiore chitarrista), Daniele Sorrentino porta con sé una storia molto singolare già dalla nascita: vide la luce il 23 novembre 1980, una data legata al terribile ricordo del drammatico terremoto a Napoli. Violinista da bambino, s’innamorò del contrabbasso vedendo Dave Holland in un concerto di Herbie Hancock. Nota per essere la patria nostrana del baccalà, Somma Vesuviana ha ispirato Elio Coppola che, fra piatti e tamburi, si è inventato da qualche anno una rassegna dall’originale titolo Jazz e Baccalà: va in onda al teatro Summarte di Somma Vesuviana e naturalmente il batterista è il direttore artistico. La formula? Mediamente una volta al mese viene offerto un raffinato menù a base di baccalà accoppiato ad un concerto di jazz. Sul palco del teatro vesuviano sono passati grandi nomi come Enrico Rava, Stefano Di Battista, Antonio Onorato. Per il 2018 sono annunciati fra gli altri Danilo Rea, Joyce Yuille, Elisabetta Serio e altri.


#notemenonote

TRADIZIONI SOFISTICATE

di Ciro Ardiglione

NIGGARADIO Benvenuti nel Mississippi siciliano. Santi Diavuli e Brava Genti è il terzo disco della band catanese NiggaRadio, un blues impastato di sentori elettronici, di movimenti, di percussioni corpose e che ogni tanto lascia spazio al folk. E senza dimenticare la loro terra, non solo per l’uso diffuso dell’idioma locale. Undici brani tutti buoni, arrangiamenti efficaci nel dare il senso della modernità alle radici ancestrali del blues. Undici canzoni quasi tutte intorno ai tre minuti che meritano un campo largo, ben oltre l’isola da cui arrivano. I NiggaRadio sono Andrea Soggiu (basso, chitarre synth), Daniele Grasso (basso e synth), Vanessa “Goldie” Pappalardo (voce), Peppe “ Thunder “ Scalia (percussioni). Il loro debutto è del 2013 con un Ep, nel 2014 arriva l’esordio lungo con ‘Na Storia e nel 2016 pubblicano FolkBluesTechno’n’Roll. Nel mentre concerti, festival, partecipazioni al Premio Tenco e la collaborazione con Libera per la canzone ‘U Me Dirittu’ brano di protesta che coinvolge 25 musicisti con i proventi devoluti ad un progetto in favore dei migranti. Per raccontare questo album partirei dall’ultima canzone To Mana, una ballata che arrotonda molti dei suoni e dei ritmi che caratterizzano tutto il disco: dai lievi accenni mediterranei, alle chitarre che arpeggiano dolcemente e esposte a oriente in qualche frangente , il drumming sempre deciso ma rallentato e la voce intonata di Vanessa si fa gentile. Parla dell’amore di chi non ti lascia mai sola. Ripartendo dall’inizio troviamo Uni Mi Femmu, forse la canzone più folk del disco, ma che ci introduce nel vivo del ritmo dove non mancano elettronica e distorsioni, seguita dal rock-blues con chitarre mai puliti, un po’ psichedeliche, cori ad urlare il ruolo e il lavoro, da spaccar la schiena, di una cameriera che ha il diritto di dire la sua. Santu in Paradisu con il suo vociare, il cicalio delle radio della polizia, un incedere lento partito da uno scacciapensieri, chitarre e basso lente che alzano il tiro insieme alle percussioni e con la voce 30

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di Vanessa a seguirne le evoluzioni dateci un goccio d’acqua altrimenti moriamo di sete ma Santi in Paradisu non ce ne sono È U Diavulu è il brano più travolgente, sempre sul tema del blues da cui parte, ma con un continuo variare di toni, timbri, con le percussioni che non perdonano, un cantato corale in molti punti per raccontarci della tentazione delle scorciatoie nella vita.

ASCOLTA I CONSIGLI a cura di www.mentinfuga.com

Courtney Barnett & Kurt Vile / LOTTA SEA LICE Matador Lucio Leoni / IL LUPO CATTIVO Lapidarie Incisioni Elem / GODERE OPERAIO Mahana Bay Label Fluxus / NON SI SA DOVE METTERSI autoprodotto iBerlino / HAI MAI MANGIATO UN UOMO La Bionda Records


VITTORIA AND THE HYDE PARK Preparatevi a ballare con i dodici brani (tutti in inglese) di #VHP, un flusso inarrestabile di dance elettronica carica di percussioni che non calano mai di intensità, con le trame che sentono le influenze di decenni di pop e dance. Si può ballare anche con Fever, bella pure nella versione acustica, una delicata ballata dominata dalle doti canore di Vittoria Hyde, che racconta della voglia di cambiare, della paura di farlo della tensione che alla fine ci fa immergere nel nuovo. Fever of change Fever of freedom Fever takes control of me set this time right Atmosfere ovattate e ritmi lenti li troviamo in Calling you names dove però ci sono aperture, crescendo e momenti più tipici della dance. I Vittoria And The Hyde Park sono un progetto italiano licenziato in 16 Paesi e pur essendo un album di debutto vengono da un cammino fatto di palchi, eventi, radio e TV che trasmettono i loro singoli e i loro videoclip; la canzone Burn Down The Summer è diventato colonna sonora dalla serie televisiva brasiliana “Rock Story” di GloboTV. Vittoria Hyde (Vocal), Gabriele Tirelli (chitarra, synth e voce), Lorenzo Ferrari (percussioni e voce) e Silvia Ottanà (basso e synth) con alcuni dei loro brani non avrebbero molto da invidiare al filone internazionale del pop dance. Un drumming strepitoso in par tenza introduce e sostiene le altitudini della voce di Vittoria fino all’esplosione strumentale sul finire del brano fanno di If tomorrow never comes uno dei pezzi da vetrina e che possono aiutarli nella crescita oltre confine. This spell featuring Joe Bastianich, molto ben arrangiata, ha indubbiamente uno spartito che riporta indietro nel tempo con chitarre e fiati tirati a lucido e, che a metà strada, presenta un seducente stacco per poi riprendere il volo.

ELOISA ATTI La colonna sonora di una di quelle giornata trascorsa a leggere un romanzo americano di qualche decennio fa, intervallato da sorsi abbondanti di bourbon che aiutano a fare il punto dell’incrocio delle storie. Questo è l’immagine di Edge il disco auto prodotto da Eloisa Atti, mixato dal leggendario Craig Schumacher (Calexico, Devotchka, Neko Case) e si sente. Delle dodici canzoni messe insieme in dieci anni solo Without you e Sleepy man sono cofirmate da Marco Bovi. Di suoni americani è pervaso tutto l’album dove scorrono alternandosi o mescolandosi country, folk, blues, jazz che restituiscono le atmosfere di tanta arte americana. È un quadro acustico che viene fuori, ma elegantemente sofisticato per il mix allargato di strumenti, per la qualità della band che l’accompagna e la sua voce che naturalmente tiene i diversi registri. Withou You è un dolcissimo brano easy listening con lievi sfumature jazz che dà la possibilità a Eloisa di esprimere il suo bel cantare, ricordando in qualche momento Nora Jones per la rilassatezza che trasmette all’ascoltatore. And so here I am, on a Sunday morning, with nothing to do, but lying in my bed all alone Forse l’unico brano che esce fuori dal sentiero che caratterizza il disco è The Careless Song dove gli orizzonti si allargano per avvicinarsi al trip-hop con chitarre dilatate, tappeti sonori, segmentazioni progressive e con un finale in spazi aperti e la sua voce in crescendo chiude una bella prova. The minimum loss The minimum cost The minimum pain and only a few to blame Mentre un country tradizionale e popolare lo troviamo nella veloce Cry cry cry dove fa bella comparsa l’organo elettrico, il jazz è il suono di Rest of Me, una lenta ballata tra note di pianoforte, movimenti di contrabasso e spazzole che accarezzano la batteria. Per ritornare all’immagine iniziale dobbiamo ascoltare Herry’s song, una canzone americana che racchiude un livello di arrangiamento notevole e spunti creativi che ti obbligano a lascia perdere quello che stavi leggendo, specie nel finire quando si trasforma in un rock in campo aperto e gli applausi sono meritati. On the moon there was a man with ten fingers on each hand and a long white beard for, as we’re told, he was seven hundred years old. 31

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#leggèra

a caccia di libri. letteratura, romanzi, gialli, testi zen, fantasy, letture per ogni appassionato di Lucia Nicodemo

Anno nuovo e grandi ritorni. Il 2018, infatti, da un punto di vista editoriale, preferisce aprire le danze non con dei nuovi autori tutti da scoprire, bensì con tre grandi firme molto diverse tra loro ma accomunate dall’avere migliaia di affezionatissimi lettori. Si tratta della giallista Fred Vargas, del maestro della spy story John Le Carrè e del visionario Terry Brooks. Ma andiamo per ordine. La Vargas, pseudonimo della scrittrice francese Frédérique Audouin-Rouzeau, mancava dagli scaffali delle librerie italiane da tre anni ma, dopo tanto attendere, Il morso della reclusa – questo il suo nuovo titolo – ripaga i lettori italiani con una nuova avventura dell’amatissimo commissario Adamsberg. Il capo dell’Anticrimine al tredicesimo arrondissement parigino questa volta è chiamato a indagare su un omicidio avvenuto fuori dagli abituali confini, ovvero in Islanda, eppure la sua attenzione è distolta

TOP FIVE

Livio Varriale LA PRIGIONE DELL’UMANITÀ

Dal deep web al 4.0, le nuove carceri digitali

Minerva

da alcuni strani incidenti nel Sud della Francia. Qui tre anziani sono uccisi da una particolare specie di ragno velenoso detto reclusa e, ovviamente, Adamsberg non crede alla casualità e inizia a studiare la vita e il passato delle vittime, convinto che siano state assassinate. Come accade molto spesso nei romanzi della Vargas, anche questa volta la sua abilità di scrittrice si intreccia – da un punto di vista documentaristico – con il suo primo mestiere cioè quello di ricercatrice di archeozoologia presso il Centro nazionale francese per le ricerche scientifiche. Del resto lei stessa ha spiegato che, per gran parte dei romanzi a sua firma, le prime idee sono nate proprio durante le ore trascorse in laboratorio al CNRS. Se amate Patricia Cornwell, stateve-

SE VE LI SIETE PERSI

Giuseppe Miale Di Mauro LA STRADA DEGLI AMERICANI Frassinelli

Antonio Benforte LA RAGAZZA DELLA FONTANA Scrittura&Scritture

Elisabetta Donadono IL GRAND FOOD.

L’arte mangiata. Percorsi di gastronomia artistica in Campania

Homo Scrivens 32

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Armida Parisi MARIA LA BAILADORA

Alla battaglia di Lepanto

Frame Ars/Artes


ne alla larga. La Vargas ha infatti dichiarato “Non sopporto i gialli ultra violenti che raccontano crimini complicatissimi (che nella realtà non esistono): un delitto è sempre semplice”. A buon intenditor poche parole. Se, invece, è proprio la vicenda rompicapo il vostro chiodo fisso letterario allora Un passato da spia di John Le Carrè è pronto a farvi compagnia. David John Moore Cornwell, vero nome di John Le Carrè ed ex agente segreto dell’MI6, a 86 anni compiuti e dopo 24 romanzi, si regala e ci regala - a distanza di 25 anni dal suo esordio in Chiamata per il morto (correva l’anno 1961) - il grande ritorno del suo personaggio più famoso: l’agente dei servizi segreti George Smiley. Il romanzo, infatti, è una sorta di prequel dei fatti raccontati in La spia che venne dal freddo, il libro che rese famoso Le Carré e che fu interpretato sul grande schermo da uno straordinario Richard Burton. Del resto sono almeno una decina i film tratti dai romanzi di Le Carrè: registi del calibro di Sidney Lumet e attori come Anthony Hopkins, Sean Connery, Geoffrey Rush, Ralph Fiennes, Gary Oldman, Philip Seymour Hoffman, Willem Dafoe e Ewan McGregor sono stati soggiogati dalla sua scrittura. Non adatto a chi pensa che spionaggio faccia rima solo con James Bond. E chiudiamo in fantasy con Terry Brooks e La pietra nera della magia. La caduta di Shannara che apre una nuova quadrilogia. L’ultima, a detta dello stesso Brooks, dedicata all’epopea di Shannara, un’epopea raccontata in quaranta anni di storie e quasi trenta libri. Ancora una volta lo scrittore americano, classe 1944, ci riporta alle Quattro Terre, ai Druidi e ad una giovane donna con il dono del Canto Magico. Eppure sembra ieri che La spada di Shannara - il suo primo romanzo, pubblicato nel 1977 e per oltre cinque mesi nella classifica dei libri più venduti secondo il New York Times – cambiò la percezione del fantasy nell’ambiente editoriale facendone un genere di culto adatto a lettori da 0 a 99 anni. Del resto, non a caso, The Shannara Chronicles è diventata un’osannata serie televisiva di Sky. Non adatto a chi ancora pensa che fantasy e nerd siano un binomio indissolubile. E se chi ben comincia è a metà dell’opera, allora questo 2018 ci riserva grandi soddisfazioni. 33

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#ciak

SAGHE INFINITE di Valerio Ciaccia

Alcune volte i libri sono fonte di ispirazione o la base per dar vita a interminabili avventure cinematografiche, altre volte il genio di registi e produttori rendono le pellicole dei cult, più di recente i fumetti sono diventati la nuova pentola d’oro a cui attingere. Qualunque sia l’origine, le saghe cinematografiche vanno per la maggiore, il pubblico si affeziona ai personaggi, alle loro avventure, ai pregi e ai difetti, per alcuni si tratta addirittura di mondi e modi da emulare, e le case di produzione si ritrovano coperte di dollari. Succede ormai da decenni, nulla lascia pensare che le cose possano o debbano cambiare. Ne abbiamo per tutti i gusti e per ogni genere. Sarebbe facile pensare solo ed esclusivamente alla fantascienza e al fantasy, ma in realtà anche il cinema d’autore ha i suoi assi nella manica. Se parliamo di gangster e avventure di grandi famiglie dobbiamo necessariamente ricordare il regista Francis Ford Coppola che diresse Marlon Brando, Robert De Niro e Al Pacino nelle tre parti de Il Padrino. Ogni appassionato di cinema non può permettersi di dimenticare le vicende della famiglia Corleone. Facciamo un passo indietro, arriviamo al 1962, anno di uscita del primo film con l’agente, quello con la A maiuscola, James Bond. Ben 24 pellicole tratte dai romanzi di Ian Flemming, sei diversi attori che hanno indossato lo smoking, bevuto Vodka Martini, e pronunciato la mitica frase “Il mio nome è Bond, James Bond”. Arriviamo alla fine degli anni ‘70, la fantascienza diventa strumento per attirare grandi masse di pubblico nelle sale ed ecco emergere la nuova frontiera del culto: Star Wars, l’emblema degli effetti speciali al servizio dei grandi autori, la saga delle saghe. I puristi considerano degna di nota solo la prima trilogia, ma a conti fatti siamo arrivati a nove film e milioni di fan continuano a timbrare il cartellino a ogni occasione. 34

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La fine degli anni ‘70 è stato anche il periodo in cui l’horror ha iniziato a sfornare pellicole rimaste nella memoria. Nel ’79 Ridley Scott dirige il grande classico Alien, rivoluzione del genere, raffinato nei dettagli, mostruosamente cupo nelle ambientazioni. Negli anni ’80 debutta sul grande schermo l’archeologo armato di frusta che, ad oggi, ha all’attivo ben quattro film, con un quinto pronto ad essere sfornato entro il 2019. Chiaramente parliamo di Indiana Jones, iconico personaggio sempre interpretato da Harrison Ford.


È negli anni ’80 che affonda le proprie radici la saga cyber punch legata agli organismi cibernetici di Terminator. Una saga longeva che, nonostante le numerose battute di arresto subite dopo i primi due film diretti da James Cameron, continua ad attirare l’attenzione dei produttori cinematografici ormai pronti per l’uscita di un nuovo capitolo. In un periodo immediatamente successivo arrivano le avventure di Ritorno al futuro, con Doc e Marthy Mcfly che nel 2015 hanno festeggiato i 25 dalla nascita della trilogia che narrava dei viaggi nel tempo a bordo della Delorean. Il 1999 è l’anno della nuova rivoluzione per gli amanti della fantascienza. Il futuro distopico, regola per ogni successiva pellicola del medesimo genere, ci proietta nel cyberspazio di Matrix, in una realtà dove lo scontro tra uomo e macchina si fonde con la fantasia dei fratelli (oggi sorelle) Wachowski. Dal 2000 i produttori hanno iniziato ad attingere a nuove/vecchie fonti. Le nuove frontiere della computer grafica hanno permesso di dar vita a mondi prima inesplorati. Il Signore degli Anelli, Harry Potter, Le Cronache di Narnia, I Pirati dei Caraibi, Hunger Games e Twilight sono alcuni esempi lampanti delle nuove strade aperte dagli effetti speciali. Risultati sorprendenti con film di qualità dove i grandi autori, nonostante il massiccio uso green screen, sono riusciti anche a introdurre sul mercato opere degne di essere inserite tra i capolavori della settima arte, proprio come nel caso de Il Signori degli Anelli.

Un cenno a parte oggi meritano i film tratti dai fumetti. Lo scontro tra Marvel e DC Comics ha dato vita a una quantità di pellicole interminabile. Batman, Thor, Iron Man, Superman, Hulk, X-Men, Spiderman e chi più ne ha più ne metta, garantiscono alle case cinematografiche introiti non immaginabili per noi comuni mortali. Film più o meno belli che ci permettono comunque due ore di svago senza particolari pretese. Anche il cinema italiano ha prodotto qualcosa. I numeri sono certamente diversi, ma è giusto menzionare pellicole che restano degne di nota, con battute non facilmente dimenticabili. Si pensi ad Amici Miei e alla supercazzola, alle avventure del Ragioniere Ugo Fantozzi o al più recente Smetto Quando Voglio. Anche da noi ogni saga ha un inizio, ma per la fine possiamo nutrire seri dubbi.

TOP FIVE SAGHE STAR WARS IL SIGNORE DEGLI ANELLI SCREAM MAD MAX MISSION IMPOSSIBLE

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#peopleinlove

Samanta e Michelangelo

Samanta Piccinetti e Michelangelo Tommaso, belli, innamorati, romantici e discreti. Per entrambi il successo è arrivato con Un posto al sole, la soap opera più longeva della televisione italiana, interpretando Arianna e Filippo. L’affetto del pubblico l’hanno conquistato tra il golfo di Napoli e il famoso Palazzo Palladini e così anche l’amore. Si sono conosciuti sul set della soap a fine 2009 e il ricordo del loro primo incontro è indelebile. “Quando ho cominciato a recitare nella soap – racconta Samanta – Michelangelo era appena andato via e confesso che non lo conoscevo affatto. Sorrido ancora quando penso al suo rientro, tutti bisbigliavano “sai che torna Filippo?” e io che mi domandavo “ma chi sarà?”. È ricomparso sul set proprio mentre stavo girando. All’inizio mi ha chiesto il numero solo perché ero una pendolare come lui e altri colleghi, e potevamo così organizzarci e muoverci tutti insieme”. Insomma, per un sacco di tempo sono stati solo amici. Poi, all’improvviso hanno cominciato a guardarsi con occhi diversi, erano anche dirimpettai di camerino. E poi finalmente il primo bacio, così bello e inaspettato. Hanno fatto tutto al contrario: prima il romantico “non viaggio di nozze” alle Hawaii, poi la figlia Sole Caterina che ora ha due anni e infine il matrimonio a Sinalunga, in provincia di Siena, paese d’origine di Samanta. Niente velo per lei, ma una coroncina di fiori bianchi. Arrivata a bordo di una Triumph d’epoca rosso fuoco ha incantato davvero tutti. Elegante e fascinoso Michelangelo in un completo blu. E poi il primo bacio da marito e moglie con Sole Caterina in braccio. Hanno tante cose in comune, ma più di tutte: i viaggi e la passione sfrenata per il balletto. Il luogo del cuore di Samanta: l’Acropoli, che visitano ogni anno. “Anche quando ero incinta – racconta – ci siamo stati e siamo saliti fino in cima. Un rito d’amore che ripetiamo ogni anno con la stessa emozione”. Per Michelangelo il posto del cuore è San Pietroburgo, perché entrambi amano l’inverno e lì c’è uno dei loro teatri d’opera preferiti: il Mariinsky, dove hanno assistito a uno spettacolo di balletto. Amano danzare, Samanta ballava il tip tap e ora partecipano al talent show 36

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in onda su Fox Life Dance, dance, dance, dove dicono di essersi messi in gioco senza filtri e non si sono per nulla risparmiati. “È bellissimo ballare insieme, - dice Samanta - ma è anche tosta e può essere un’arma a doppio taglio, perché quando si danza col partner finiscono per innescarsi anche le dinamiche della coppia, nel bene e nel male”. Hanno danzato sulle note di Lovely Night Dance, riproponendo il celebre balletto di La La Land. Samanta nel ruolo di Emma Stone, con tanto di vestito giallo e scarpe da tip tap, Michelangelo con indosso camicia e pantaloni alla Ryan Gosling: romantici, magici e struggenti. 37

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#peopleinlove

Yolanda e Pepe

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Cordova, Spagna, belli, giovani e forti. 19 anni Pepe, 21 Yolanda, il primo incontro al bar dell’Università. Lei gli ha chiesto l’autografo, prima per il papà allenatore di calcio, poi per sé e a quel punto Pepe oltre alla firma le ha lasciato anche il numero di telefono. Quel bigliettino ancora lo conserva. Lo sport e il calcio sono stati sempre presenti nella vita di entrambi. Quando si sono concosciuti Pepe era già primo portiere del Barcellona e Yolanda giocava a pallavolo in una squadra di serie C. Cresciuta tra i palloni, racconta, sorridendo, di rappresentare in famiglia il maschio che il papà non ha avuto. Laureata in economia e un lavoro in banca, con Pepe è stato amore a prima vista, tanto da lasciare tutto, lavoro, famiglia e città, per seguirlo. Prima a Villareal poi a Liverpool uno dei loro luoghi del cuore, dove hanno vissuto per otto anni e hanno casa lì, a Monaco e naturamente a Napoli.

Vanno d’accordo, non litigano quasi mai. C’è grande fiducia e complicità. Non si ha tempo per essere gelosi. Equilibrio per una famiglia che l’amore ce l’ha letteralmente scritto addosso. Yolanda ha tatuati i nomi di tutte le persone che ama, il titolo della loro canzone e la data del matrimonio: 19/05/2006. Pepe ha i tatuaggi con i nomi dei figli e la data di nascita, le iniziali sue e di Yolanda intrecciate.

Una bellissima storia d’amore che dura da 16 anni. Due matrimoni celebrati a Cordova, il primo con 600 invitati nel 2006, il secondo nel 2016, tanto desiderato dai loro cinque figli Grecia, Alma, Thiago, Luca e Sira. Una famiglia numerosa e unita, anche in quelli che sono i riti scaramantici pre partita di Pepe: due giorni prima è d’obbligo andare a vedere un film a cinema, mangiare un toast preparato da Yolanda o dalla suocera, andare dal solito benzinaio in un determinato orario a fare rifornimento. Un giro per la città, che amano alla follia, ricambiando l’affetto e la calda accoglienza che hanno ricevuto dal primo giorno. Dal caffè preparato dalla vicina di casa all’abbraccio dei tifosi, passando per il capodanno che trovano pazzescamente bello. Quando Yolanda esce da sola la riconoscono, ma quando è con Pepe succede qualcosa d’incredibile: emozioni, sorrisi, abbracci, seflie, è acclamato come un eroe. Adorano trasmettere la loro semplicità, condividendo la gioia di giocare nel Napoli con tutti: è questo il loro modo di essere “social”. Dopo le 21:30 arriva il loro momento. I bambini vanno a dormire e si ritagliano uno spazio tutto per loro. Una cena romantica, un cinema, una spa. Di calcio si parla poco, Yolanda preferisce essere presente allo stadio, del resto come moglie del portiere azzurro, complice una forte personalità ha un ruolo molto importante.

Foto di Carmine Napolitano

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#peopleinlove

laria ’ aurizio


laria ’ aurizio

Per Ilaria è stato amore a prima vista, per Maurizio sono diventati inseparabili in pochissimo tempo senza neanche accorgersene. Napoli, primavera del 2000, profumi, fiori, sole d’aprile, un amore scoppiato in Piazza San Pasquale a Chiaja. Maurizio Aiello già attore di Un Posto al sole, Ilaria Carloni bella e giovane universitaria. Lui era in macchina con i suoi amici amici, lei passeggiava con le sue amiche, si sono incrociati, sorrisi e da allora non si sono più lasciati. Chi ha conquistato l’altro? Decisamente Ilaria e non c’è voluto molto finché Maurizio non capitolasse. Dieci anni di fidanzamento, otto di matrimonio. Due bambini stupendi: Ludovica di sei anni, Matteo di uno, il regalo più bello che Ilaria ha fatto a Maurizio, papà innamorato follemente dei suoi bimbi. Sono dei genitori sempre presenti, non si perdono nulla della loro crescita, del resto questi sono gli anni più belli. E il regalo più bello che Maurizio ha fatto a Ilaria? Per lei tantissimi doni, ma sempre inaspettati e mai nelle ricorrenze. Ogni suo desiderio diventa un suo preciso obiettivo. Qualche esempio? Solo lo scorso anno: motorino nuovo, Smart e una calda pelliccia. Ma il regalo più bello ovviamente sono i loro bambini. La canzone del cuore? Per Maurizio è You are beautiful di James Blunt, mentre Ilaria non ne ha una in particolare, ma quella che più le fa pensare alla loro storia è Come nelle favole di Vasco Rossi. Il luogo più bello visitato insieme? Decisamente Capri, dove hanno trascorso la prima vacanza. E in quale epoca vorrebbero vivere? Maurizio non ha dubbi, nei fantastici anni ’80. Anni di miti e di ricordi. Ilaria opta per gli anni in cui viviamo, per il benessere che li contraddistingue, ma tornerebbe qualche di qualche decennio indietro nel passato, per rivivere l’ebbrezza della assenza di internet, dei social e dei cellulari. Coppia amorosa o coppia litigiosa? Ilaria racconta che sono una coppia molto amorosa. I litigi sono pochissi-

mi e brevissimi, si esauriscono in un attimo. Le fa eco Maurizio che davvero non litigano quasi mai e se capita avviene per delle sciocchezze. E come la mettiamo con la gelosia? Bè, la gelosona della copia è Ilaria, ma più che gelosia è una questione di possesso. Legatissima ai suoi cari, la descrive come una dipendenza d’amore, da Maurizio in modo particolare, che non solo rappresenta il suo mondo e che non le dà nessun motivo per essere gelosa. Maurizio sa a volte non è facile mantenere i nervi saldi, per il lavoro che svolge, ma Ilaria è stata sempre molto intelligente ad approcciare alle cose che fa. Sempre con grande rispetto della sua libertà. Pregi e difetti della famiglia Aiello? Ilaria descrive Maurizio così: impulsivo, agitato, poco paziente, ma con tanti pregi. Buono, autentico, padre e un marito presente e protettivo, gran lavoratore, intraprendente, determinato, coraggioso, volitivo, sicuro di sé, diretto, pieno di energie, affettuoso, generoso, concreto e non conosce rancore. E un pregio e un difetto di Ilaria secondo Maurizio? Difetti solo due: polemica e petulante. Pregi, tantissimi: onesta, piena di valori, colta, intelligente, dolcissima, ammaliante, affascinante, con una capacità dialettica unica, solare, accudente, protettiva, devota, ottima donna di casa, madre esemplare. Fughe d’amore? Quando riescono a ritagliarsi un po’ di tempo tutto per loro, corrono a cinema come due adolescenti oppure fanno romantiche fughe a Miseno. Passeggiare al mare e mangiare fuori in inverno sulla spiaggia è la cosa più bella del mondo. 41

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#peopleinlove

anna e diego

La bella storia di Diego Paura giornalista affermato e Anna Capasso attrice dal carattere forte. Galeotta, manco a farlo apposta, una conferenza stampa. Era il 2009, Anna recitava in uno spettacolo in cartellone al Cabaret Port’Alba, Diego era l’addetto stampa della rassegna. All’inizio si davano del lei e per lungo tempo sono stati solo amici, anche se Diego confessa che il “buongiorno” di Anna quando è arrivata in conferenza stampa l’ha folgorato. A tal punto da essersi perso ogni parola dell’incontro. Lavorano per lungo tempo assieme, ma il rapporto è ancora professionale, passerà più di un anno prima di un caffè, poi una cena romantica e il primo bacio sotto casa di Anna. L’amore è finalmente scoppiato, dopo sei mesi vanno a convivere e poi dopo altri sei anni la celebrazione del matrimonio il 5 ottobre 2016. Il teatro, il cinema, la televisione fanno da sfondo alla loro storia, a tutta la loro vita. Anna che recita, protagonista di film e messinscene, Diego che scrive, responsabile della redazione spettacoli e Netto & Giorno del quotidiano Roma. E così nella notte si incontrano e si raccontano, quando 42

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Anna finisce lo spettacolo e Diego chiude il giornale. Il primo spettacolo teatrale a cui hanno assistito insieme è L’astice al veleno di Vincenzo Salemme e il primo film visto a cinema Natale in Sud Africa di Neri Parenti. La canzone del cuore: Annarè di Gigi D’Alessio, di cui Diego è grande amico da sempre. Brillano gli occhi a Diego quando parla di Anna e del suo ultimo film Gramigna, orgoglioso di lei “per aver interpretato con molto patos – dice - una vedova che tenta di strappare il figlio a un ambiente familiare ostile”. A teatro o al cinema, si emoziona sempre quando vede Anna. Da quando era in compagnia al Diana allo spettacolo tutto suo Donne in viaggio da Napoli a Brodway. Non è da meno Anna quando racconta della sconfinata ammirazione che ha per Diego e per la dedizione e l’amore che mostra per il suo lavoro. “All’inizio non capivo bene quanto lo impegnasse – dice – poi ho compreso il suo entusiasmo, perché per lui è vita, quella stessa vitalità che mette quando va in tv come opinionista da Marzullo a Cinematografo e Applausi”.


Una delle cose più belle che Diego e Anna fanno insieme è la manifestazione L’Arcobaleno napoletano, che raccoglie fondi per la Fondazione Melanoma del Professor Paolo Ascierto. L’idea è stata di Anna ed è dedicato a Ileana Abagnaro, mamma di Diego, morta per un male incurabile nel 1989 quando lui aveva appena 18 anni. Ognuno trasmette all’altro sicurezza e gioia, commentano all’unisono. Amano giocare a bowling e andare alla scoperta di posti nuovi. Il viaggio che ancora devono fare è quello di nozze: Stati Uniti e Santo Domingo. Nel frattempo si concedono mini rapimenti nelle città europee. Il regalo più bello di Diego ad Anna: viaggio a Venezia e anello di fidanzamento. Il regalo più bello di Anna a Diego: viaggio “bunkerato” a Ischia, lontano da tutto e da tutti. Una coppia affiatata e semplicemente felice. Anna vive alla giornata, sta lavorando a un disco e reciterà in un cortometraggio che la vedrà protagonista. A Diego hanno commissionato la scrittura di un libro sul mondo dello spettacolo italiano. Coppia gioiosa e affiatata, Anna ama stare a casa, cucinare per Diego, mangiare bene e sano. Lui ama postare su facebook i deliziosi piatti che gli prepara. Lei sperimenta sempre nuove ricette. Piatto preferito di Anna: pasta e fagioli. Piatto preferito di Diego: pasta con ricotta e pancetta. E Diego con un gran sorriso confessa che temeva di dover andare a mangiare ogni sera a ristorante, ma per sua fortuna Anna l’ha subito smentito, perché si è rivelata una cuoca provetta. E Diego? È bravissimo a preparare la colazione rivela Anna strizzandoci l’occhio. 43

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#peopleinlove

SaLvio e Peppe Sulle note della loro canzone La cura di Franco Battiato conosciamo una delle note coppie più belle, divertenti e coinvolgenti della città, quella formata da Salvio Parisi e da Peppe Borrelli. Si sono conosciuti nel maggio del 2009 ed è stato Salvio a conquistare Peppe. I loro luoghi del cuore sono Nizza e Montecarlo, che hanno visitato qualche anno fa in occasione del matrimonio di una carissima amica. Una settimana che descrivono “indimenticabile, intensa, caciarona e divertente”. Un pregio e un difetto di Salvio? “Onesto e umile, ma un tantino logorroico” risponde Peppe con un gran sorriso. E un pregio e un difetto di Peppe? È un uomo di principi sanissimi – commenta orgoglioso Salvio - ma ogni tanto diventa un po’ troppo testardo, soprattutto quando s’incaponisce di certe situazioni o di certe persone.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, Dalle ossessioni delle tue manie…

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Salvio, noto fotografo di moda, giornalista, collabora con il quotidiano Il Mattino, per raccontare la Napoli mondana e notturna. Tra uno scatto e un selfie, che con Salvio è d’obbligo, scrive anche sul suo seguitissimo blog Fashion&Food. Ad accompagnarlo nelle sue avventure modaiole e gourmet c’è anche Peppe, che lavora ai servizi sociali della municipalità, sempre sorridente e gioviale. Il piatto preferito di Salvio è la lasagna ai carciofi, Peppe è indeciso tra salato e dolce: frittura di gamberi e calamari o tiramisù al cucchiaio, ma rigorosamente gustato a Roma. Nel tempo libero progettano weekend e vacanze con amici. Mete preferite: città storiche e capitali in inverno; mare, mare, mare, d’estate. Il viaggio che sognano da tempo è Cuba. Salvio vuole andare a scattare all’Havana, a caccia di mercatini e oggetti vintage. Peppe vuole assolutamente mangiare ajiaco e chicharrones nelle cases particulares.


Il regalo più bello che Peppe ha ricevuto da Salvio è un anello di fidanzamento, quello di Salvio da Peppe un fantastico fine settimana a Disneyland Paris. Si descrivono come una coppia fin troppo litigiosa. Il più geloso è Peppe che forse a volte fantastica un po’ troppo ed esclama a gran voce: “Mi faccio i film”. E Salvio gli fa eco: “Ti quoto!”. Progetti per il futuro: Salvio è al lavoro sul suo calendario “Fashion&Food” 2019, ma con la testa è già ad aprile, quando partirà per un viaggio/ricerca a Tokyo, dove torna per ripercorrere la moda di Omotesando e il miglior street food nipponico con la sua cara amica e mentore Linda Brunette. Peppe dal canto suo pensa sognante di lavorare “tanto tanto”, per comprare una bella casetta in riva al mare. Attenzione, ecco una coppia che festeggia San Valentino. Prenotato un tavolo con amici al «D&D: dinner&dance», un nuovo e intrigante format di entertainment over 30 all’Accademia di Lucrino. Se potessero viaggiare nel tempo, Peppe vorrebbe essere trasportato tra gli artisti del ‘600 napoletano, magari a dipingere con De Ribera, Luca Giordano e Mattia Preti. Chissà che non incontri anche Cravaggio, magari la macchina del tempo lo catapulterà in città nei Quartieri Spagnoli proprio quando vi soggiornava Merisi. Salvio vorrebbe volare senza fare neache una fermata verso “L’isola che non c’è”. Eccolo il nostro Peter Pan partenopeo in giro per la città a fare festa con la macchina fotografica al collo, a capo della banda dei “Bimbi Sperduti”, che si fa selfie con fate, sirene, indiani e pirati. “Possiamo essere eroi anche solo per un giorno”: la frase centrale di uno dei capolavori di David Bowie chiude il racconto della storia di Salvio e Peppe. Heroes è un’altra canzone del cuore, così come la passione per il duca bianco. Il grido disperato dell’ultimo romantico sulla terra.

I, I will be king And you, you will be queen Though nothing will drive them away We can be Heroes, just for one day We can be us, just for one day

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#peopleinlove

foto di Renato Esposito 46

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il leone e la leonessa La coppia scoppia. Di felicità. Il leone e la leonessa. La coppia più solida nel mondo del calcio. Luis Vinicio e Flora Piccaglia. L’anno scorso hanno festeggiato 60 anni di matrimonio. Era il 22 giugno 1957, a Napoli. Luis era appena giunto in maglia azzurra, 34 gol nei primi due anni giocati al Vomero. Un grande centravanti. Brasiliano col fisico tosto di un tedesco. Da subito un idolo dei tifosi napoletani.

dei figli di Marco, Luis, 23 anni, studia medicina a Napoli, la figlia Nicole, 23 anni, lavora a Stoccolma, designer di grande successo. Luis e Flora hanno una casa a Rio de Janeiro. Spesso ci vanno quando a Napoli è inverno e là è estate. Si sono legati a Napoli ed è qui la loro vita dopo i soggiorni a Bologna e Vicenza quando Luis giocava. Innamorati a Napoli, sposi per sempre si potrebbe dire oggi aggiornando lo striscione di piazza Plebiscito.

Basilica di San Francesco, Piazza Plebiscito gremita di diecimila tifosi. ”Sposi a Napoli, felici per sempre”. Così era scritto su uno striscione. Achille Lauro compare d’anello dello sposo che scese da una Cadillac in tight con una gardenia all’occhiello. Flora in abito bianco di pizzo, tredici metri di velo che un cagnolino strappò. Luis Vinicio, da giocatore e allenatore protagonista nella storia del Napoli. Flora Piccaglia nata a Rio da genitori emiliani di Zocca. Il leone ha oggi 85 anni, la leonessa 80. Luis, con placche di titanio al posto delle anche martirizzate dagli scontri sui campi di calcio e un ginocchio “ricostruito”, si appoggia a un sottile ed elegante bastone, ma cammina dritto e impettito, la sua possanza atletica, un colosso, appena velata dagli anni. Flora lo accompagna sempre e dovunque. È lei che comanda. L’ha sempre fatto. Luis, oggi, fa il bambinone. La loro casa è in via Manzoni, verso Villanova, all’ultimo piano di una palazzina panoramica. Da un lato s’affaccia sullo stadio San Paolo. Una vita semplice, carica di ricordi. Ogni mattina, col bel tempo, l’irrinunciabile passeggiata. Di sera, Luis guarda le partite di calcio in tv. Flora si sintonizza sul canale brasiliano del Globo, samba e spettacolari programmi da Rio. Di giorno, gli inviti di amici e tifosi sono tanti. È lei che guida l’automobile. È in gamba, la leonessa. È lei che parla. Luis, col suo italiano contorto, si apre se si parla di football. Molto religiosi, nelle feste comandate sono puntuali nella chiesa della Madonna della Consolazione a Villanova. Dei due figli, Mario l’avvocato, console brasiliano, vive a Napoli, Marco a Milano. Sono quattro gli splendidi nipoti di Luis e Flora. Luca, un diciottenne alto un metro e 90 all’ultimo anno di liceo e Flora, 22 anni, laureata in ingegneria chimica, sono i figli di Mario. Uno 47

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#scheggedisaggezza

I RUMORI DI NAPOLI di Manlio Santanelli

Il rumore invade la citta’ in conflitto con la sua antica tradizione di armonia di suoni… e pulcinella strilla contro tutti Mi sono deciso, alla fine mi sono deciso. Da un po’ di tempo l’idea mi tentava, mi aggrediva a tradimento, vale a dire quando mi sapeva più sguarnito, più indifeso. Ma sempre la scacciavo, ogni volta riuscivo a liberarmene con una scusa qualsiasi. Finché mi sono detto: “tentare non nuoce”, e ho comprato un batiscafo. Un batiscafo, proprio così. Vi si accede attraverso una regolare porta di ingresso ed è composto da un paio di locali, più servizi, da abitare durante le immersioni. Dispone perfino di un giardinetto, pensate! Ma forse è venuto il momento di rivelare che per batiscafo intendo una casa, la mia casetta nel centro storico di Napoli. Che, a sua volta, è un abisso insondabile, quanto se non più della famigerata “Fossa delle Marianne”, ma non ugualmente ovattato e soporifero. Al contrario, più si procede nella discesa, maggiore è lo strepito che ti aggredisce con effetto stereofonico. Lo strepito!... Il chiasso più incomposto e indisciplinato, la voluttà di saturare con il proprio clamore lo spazio circostante, quasi un arcaico bisogno di definire il territorio attraverso lo strumento diretto della vocalità, o quello indiretto dei motori che la tecnologia mette oggi a disposizione di tutti… Ecco, se dovessi scegliere un elemento cui affidare l’onerosa funzione di raccontare questa zona della città, non esiterei un istante: lo strepito!. Lo strepito!... Questo sfregio continuamente inferto ad uno dei sensi più delicati, l’udito, questa perenne sfida lanciata a colpi di decibel alla tranquillità collettiva. Questo cavaliere dell’Apocalisse che aleggia sulla quotidiana epopea dei napoletani del Centro, questo tiranno che non ammette censure alle sue efferatezze… Oscar Wilde, campione del paradosso alle olimpiadi della provocazione, sbeffeggiava il discreto brusio dei salotti vittoriani dicendo: “Non capisco perché la gente si ostina a parlare sottovoce, quando ci s’intende benissimo urlando”. E neppure sospettava l’esistenza di un universo compiuto, il centro storico di Napoli per l’appunto, nel quale la sua iperbolica massima trova un’anonima quanto autorevole conferma. La mattina, allorché le prime voci cominciano a sondare l’aria dei vicoli ancora intorpiditi dal sonno della notte, hai la sensazione di imbatterti nelle isolate avanguardie di un esercito che, altrove, si sta puntigliosamente attivando per uno scontro campale. Ma forse si può tentare un’immagine più omogenea

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al tema della divagazione. Forse è più giusto dire che quelle prime voci rimandano a un palcoscenico, sul quale stia per cominciare un particolarissimo concerto sinfonico. Esse voci rappresentano i vari orchestrali che, uno per uno, alla spicciolata per intendersi, entrano in scena e cominciano a verificare, ciascuno per suo conto, l’intonazione dei rispettivi strumenti. C’è anche l’oboe, chiaramente. Ma il suo “la” vaga come uno smemorato per quella inestricabile selva di quarti di tono, in attesa dell’entrata del maestro che li armonizzi. Vana attesa: anche per quest’oggi, purtroppo, il maestro non si presenterà. Stupisce, e non poco, che una città nota nel mondo intero per la sua musicalità, una comunità pervenuta alle vette del luogo comune con la commenda di “patria dell’estro canoro”, nelle sue attuali manifestazioni di vita – ma sarebbe più giusto dire ”di sopravvivenza” – si comporti poi all’insegna della dissonanza più esasperata, della cacofonia elevata a sistema di comunicazione. Viene naturale chiedersi: “C’è mai stata un’epoca in cui Napoli abbia vissuto nel rispetto dell’armonia, di una generale consonanza che, senza sopprimere l’elemento dionisiaco, primo responsabile di ogni intemperanza comportamentale, si rifiutasse allo stesso tempo di condannare a morte Apollo con tutte le sue muse?” Per sciogliere questo nodo faremo ricorso al suddetto batiscafo. Che è un mezzo di trasporto per immergersi nello spazio equoreo, ma può anche effettuare immersioni nel tempo. Lasciamoci allora scivolare a ritroso per tutto l’Ottocento, secolo che ai nostri fini non offre particolare interesse, e andiamoci a posare sui fondali del Settecento, che al suo scadere diede luogo alla Repubblica Partenopea, barriera corallina del più vistoso fallimento dell’idea di democrazia. E’ lì che avviene l’insanabile frattura fra le varie componenti della vita politica e civile di Napoli. E forse proprio quell’evento, che sul versante pubblico fu la causa prima di tanti scompensi a venire, potrebbe essere additato come il maggior colpevole di un’armonia perduta anche sotto il profilo strettamente acustico. Noi sappiamo che la classe dominante di quel tempo stipulò un patto infame con la plebaglia perché l’aiutasse a sbarazzarsi di una borghesia illuminata e bene educata soprattutto. Non conosciamo, è vero, i termini esatti di quell’accordo, ma abbiamo più di un motivo per ritenere che suonasse pressappoco così: “Se voi lazzaroni ci date una mano a riprendere il governo della città, noi emaneremo una legge che vi


riconoscerà piena libertà di urlare a qualunque ora del giorno e della notte”. Ci assale, però, il sospetto che anche queste considerazioni non siano sufficienti a chiarire l’origine della chiassosità dei vicoli, di questo molto poco cartesiano “strepito ergo sum“, a cui ogni popolano verace inconsapevolmente affida la centralità del proprio “io partenopeo”. Per saperne di più non abbiamo che da proseguire nella nostra immersione temporale. La decisione viene immediatamente remunerata da una gradita sorpresa: tutti i viaggiatori europei che, in omaggio alla moda del Gran Tour, si siano spinti fino a Napoli, da Goethe a Montaigne (la successione va intesa ovviamente secondo il senso della nostra marcia, vale a dire andando indietro nel tempo), pur nell’estrema varietà dei loro personali punti di vista, si trovano pressoché d’accordo nel descrivere la città come una Torre di Babele dei più disparati frammenti sonori. Napoli si rivelava ai loro orecchi come una fascinosa e terribile serena, a cui poter resistere soltanto grazie all’uso di provvidenziali tappi di cera. E se fosse tutta colpa del Seicento? Secolo monumentale, che ha lasciato profondissime tracce nella vita culturale di questa città, con la sua estetica dell’eccesso, della sproporzione, della dismisura il Seicento potrebbe non essere estraneo alla formazione di una tendenza come quella in esame, basata sul principio che “di più è sempre meglio che di meno”, e che se vuoi essere ascoltato devi mandare la tua voce sopra le righe, tanto ci pensa l’orecchio dell’altro a ricondurla tra le righe, quando non te la sbatte addirittura sotto. Il Seicento, inoltre, si porta indietro un’altra idea fissa, l’angoscia della morte e, con essa, di un mondo in cui tenebre e silenzio abbiano il sopravvento sulla vita intesa come luce e suono. Forse questa pratica scatenata della vocalità, e del sonoro in generale, può essere ricondotta a quell’ossessione di base, e configurarsi di conseguenza come una sorta di esasperata esorcizzazione della “fatal quiete”, una variante fonica dell’”orror vacui”: il silenzio mi fa paura perché è il sinonimo di morte, perché è il luttuoso paravento del nulla? E allora io strillo! E Pulcinella ne sa qualcosa! Maschera che, evolvendosi attorno a un ben più remoto nocciolo, si è codificata appunto nel Seicento all’interno di quel meraviglioso rigoglio teatrale unificato nel termine di Commedia dell’Arte, Pulcinella rappresenta il prototipo del popolano “strillazziere”, che tace soltanto il tempo necessario per riprendere fiato e riesplodere nei suoi gutturali acuti di gallinaccio (Pulcinella = pulcino). Contro chi sguinzaglia, Pulcinella, il suo eversivo rancore di servo che non si rassegna al servaggio? Un po’ contro tutti, per la verità. La piramide sociale che lo sovrasta, se potesse prestarsi a misurazioni fisicospaziali risulterebbe alquanto più mastodontica di quella di

Cheope. Ma uno dei suoi più frequenti antagonisti è certamente la morte, il padrone per eccellenza. Contro la Morte, raffigurata attraverso la sua consueta iconografia, vale a dire la tradizionale “capa di morto”, la maschera plebea fa ricorso alla sua più indomabile rumorosità. Nel corso di questa nostra discesa ai liquidi inferni napoletani, la incontriamo per i sentieri del Seicento, accanto e in alternativa alla cultura solenne, grottesco Orfeo che non ci sta a perdere la sua Euridice – Colombina soltanto per aver ceduto alla curiosità di voltarsi indietro. A questo punto potremmo pacificamente concludere che tutto è cominciato nel Seicento. Ma allora come la mettiamo con Svetonio, Tacito, Seneca? Che c’entrano Seneca, Svetonio, Tacito, si dirà. C’entrano purtroppo. In più occasioni, questi tre numi delle antiche lettere, parlando di Napoli, non omettono di far riferimento alla sua “pittoresca vitalità”. Che dava alla testa più di un Falerno di annata. Se poi, come si crede, è Napoli la “greca urbs” nominata nel Satyricon di Petronio Arbitro, città magnetica in cui il visitatore incauto smarrisce ogni possibile orientamento, si dovrà convenire che è ben più stagionata la fama di cui può menar vanto questo universo di suoni incrociati. Inverosimile per verosimile, ci piace a questo punto immaginare un’età mitica, in cui le lande, dove più tardi si sarebbe insidiata Partenope, fossero soggette a due divinità in perenne conflitto: il dio del Frastuono e il dio del Silenzio. Accadde una volta (sempre nella nostra immaginazione) che i due s’incontrassero lungo la riva del mare. Entrambi reputando disdicevole bagnarsi i piedi nell’acqua, come pure scottarsi nella sabbia rovente, presto l’incontro degenerò in una risibile questione di precedenze. “Cedetemi il passo!” urlò il dio del Frastuono. “Siete voi che dovete cederlo a me!” precisò a gesti il dio del Silenzio (N.B. l’uso del “voi” era già una prerogativa di quelle latitudini). La disputa andò avanti su questo tono ancora un po’! Con l’uno che strepitava e l’altro che si contorceva nell’esposizione del suo campionario mimico. Infine, al Dio del Frastuono saltarono i nervi, la qualcosa non gli accadeva raramente, visto che usava portarli a fior di pelle. Afferrato un bastone, quell’energumeno vociante si scagliò contro il suo muto rivale, che, fuggendo a gambe levate, ruppe in urla e strepiti, abdicando una volta per sempre al suo proverbiale mutismo. Il resto, diversamente da quanto accade nell’Amleto, purtroppo non è silenzio.

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#pokerdassi

Quattro domande uguali per tutti, quattro risposte diverse che raccontano le passioni, i gusti, la vita di quattro personaggi che conoscono bene Napoli e la amano intensamente. Il poker d’assi è servito.

di Paola De Ciuceis

SALVATORE NALDI imprenditore alberghiero, presidente Scuola Napoletana Equitazione-Circolo La Staffa

Quale il traguardo più ambito, il trofeo del cuore per un prestigioso circolo sportivo come La Staffa? Il traguardo più ambito è acquisire i migliori professionisti del campo, far sì che possano venire qui a gareggiare. Penso al cavaliere Emanuele Gaudiano, ai suoi colleghi di Belgio o Olanda. Di trofei ne ho visti tanti alla Scuola Napoletana di Equitazione, di altri mi parlava mio padre, tra i soci fondatori della Sne; e mi piace immaginarne uno del Circolo, una sorta di “Cup” che porti a Napoli nuovo entusiasmo attorno al mondo dell’equitazione. I 7 colori dell’arcobaleno, quale quello della vittoria? Verde speranza, nell’accostamento più usuale; e io spero di poter guidare a lungo il Circolo. Verde come la natura, come uno dei colori sociali della Sne, come i prati su cui ho gareggiato nel salto a ostacoli. L’equitazione per me è più che una passione, i cavalli sono davvero importanti, mi hanno insegnato a crescere, a prendermene cura prima ancora di montare e gareggiare. Un libro, un film, una canzone Il libro non può che essere “Cavallo napoletano” di Maria Orsini Natale. Il destriero è il simbolo di Napoli, “della superba sua bellezza perennemente imbizzarrita e imbrigliata, incompresa o mal compresa. Una razza che nel ‘400 era considerata adatta alla guerra, ma anche capace di seguire la musica e di mettersi quasi a danzare spontaneamente”, si legge nel libro. Tanti i miei film preferiti, sulla storia della città: le “Quattro Giornate di Napoli”, “Le avventure di Masaniello”... mi sento un Masaniello? A volte mi piacerebbe combattere, in sinergia con colleghi, istituzioni e forze sane della città. Per la canzone, resto in tema… “Si può dare di più” di Tozzi, Morandi e Ruggeri che vinse Sanremo 1987. Perché tutti possiamo e dobbiamo dare di più in tutti gli ambiti, anche nel sociale. La pizza, fritta o al forno? Marinara o margherita? Se penso alla pizza, mi viene in mente quella classica al forno, gustata fragrante e fumante, non la fritta. La chiedo sempre metà margherita e metà romana. 50

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ENZO SEMERARO imprenditore, presidente Circolo Nautico Posillipo

Quale il traguardo più ambito, il trofeo del cuore per un prestigioso circolo sportivo come il Posillipo? I traguardi più ambiti per il mio sodalizio, al momento, sono l’aumento del numero dei soci, e una sempre maggiore apertura alla città di Napoli, attraverso lo sport e i nostri numerosi eventi culturali; parimenti, ci sono quelli di sempre: aumentare il numero degli atleti e delle vittorie di trofei nazionali e internazionali. In sintesi, più cultura, più sport, più preparazione per la società futura. I 7 colori dell’arcobaleno, quale quello della vittoria? Il rosso e il verde, i due colori istituzionali del Circolo Nautico Posillipo! È bello vederli quando sono premiati, ancor più è bello vederli indossati dai nostri atleti, perché rappresentano il senso di appartenenza alla squadra e al Circolo. Poi ce n’è un terzo, per i nostri atleti che giocano in Nazionale: il bianco. Un libro, un film, una canzone Il mio libro è “La chiave di Sara” di Tatiana de Rosnay, un racconto drammatico che mette a fuoco una delle peggiori pagine dell’umanità, quella di Hitler e delle leggi razziali. Il film, è “Assassinio sull’Orient Express” di Sidney Lumet, affascinante pellicola d’avventura, con un viaggio multi nazione e un finale a sorpresa mentre si attraversano Russia, Urali e Siberia. La canzone non può che essere “Resta Cu’mme” di Domenico Modugno: una vera poesia, più che una semplice canzone! E’ una delle mie preferite perché mi ricorda la mia infanzia e la mia adolescenza e poi è legata al mio primo amore… La pizza, fritta o al forno? Marinara o margherita? Pizza fritta e Margherita sono le mie preferite. La pizza, poi, è patrimonio Unesco e ha una valenza umana come alimento che sfama buona parte del Mondo. Inizialmente cibo povero dei poveri, nel tempo si è evoluta grazie alla grande fantasia dei napoletani che ha fatto il resto rendendola internazionale. L’Europa e non solo essa, hanno un debito morale con Napoli per questo motivo.


ACHILLE VENTURA imprenditore, presidente del Circolo Canottieri Napoli

Quale il traguardo più ambito, il trofeo del cuore per un prestigioso circolo sportivo come il Tennis? La squadra più visibile, nostro fiore all’occhiello è quella della pallanuoto e la vittoria più ambita resta sempre il campionato di serie A dove ci posizioniamo bene ma non in vetta, competere con le squadre sostenute da società commerciali allontana la meta. Tra i nostri sport di punta ci sono il nuoto, il canottaggio e, pure, la motonautica. I traguardi più desiderati in assoluto restano i riconoscimenti olimpici, dal Brasile siamo tornati con due medaglie, una femminile e una maschile. E’ in quest’ottica che lavoriamo maggiormente. Intanto ci posizioniamo bene anche in nazionale I 7 colori dell’arcobaleno, quale quello della vittoria? Rosso, senza nessun dubbio o esitazione. Il motivo è molto semplice: il rosso è un colore acceso, è la tinta della battaglia. Oltre ad essere anche uno dei nostri due colori sociali insieme al giallo che per me è il simbolo dell’impegno, della fatica e del sudore dell’allenamento. Un libro, un film, una canzone Un libro non saprei, alla narrativa preferisco letture tecniche. Due, i film: in un’ottica sportiva, “Mercoledì da leoni”, per il surf e il mare della California a fare da sfondo ai temi dell’avventura della guerra; per mio gusto personale, invece, “Sabrina”, sono un fan di Bill Wilder e di Audrey Hepburn. Due pure le canzoni: l’Inno di Mameli che è sempre una grandissima gioia ascoltare in occasione delle premiazioni dei nostri ragazzi; a titolo personale, già che sono da sempre un rockettaro, sicuramente un pezzo dei Rolling Stones che amo incondizionatamente. La pizza, fritta o al forno? Marinara o margherita? Al forno. E senza dubbio marinara: vivo da sempre di pane e acqua di mare; e ora anche di cloro. Buonissima quella fritta ma resta legata allo spirito e alla vita dei vicoli di Napoli, come dire… è affaire di casa nostra.

RICCARDO VILLARI medico, senatore della repubblica, presidente del Circolo del Tennis

Quale il traguardo più ambito, il trofeo del cuore per un prestigioso circolo sportivo come il Tennis? Per noi che abbiamo già ospitato una seminale di Coppa Davis, l’ideale sarebbe proprio una finale di Davis con l’Italia protagonista e vincitrice; in ogni caso, inserirci stabilmente nel circuito ATP ai massimi livelli come la nostra citta merita. Già raggiungere uno dei due sarebbe una gran soddisfazione. Un bel sogno è che il nostro già lungo e glorioso sodalizio, possa essere vissuto sempre da tutti soci con quel senso di appartenenza che lo proietta nel futuro. I 7 colori dell’arcobaleno, quale quello della vittoria? Per me l’arcobaleno è un unico colore con tante sfumature… la mia preferita è il verde; non so se sia il simbolo della vittoria ma per me riveste tanti significati: speranza, futuro, prospettiva, dinamismo, vitalità, insomma, un tempo che non si ferma. Un libro, un film, una canzone Recente e attuale, il film è “Napoli velata” di Ferzan Ozpetek: più che dare risposte, pone interrogativi, ha aperto un ampio dibattito, lascia allo spettatore la possibilità di darsi la risposta che crede. Un libro…, recentementene ne ho divorato uno per il quale non apparirò un grande intellettuale ma l’ho trovato una lettura semplice che mi ha divertito: l’ultimo di Fabio Volo; piuttosto rileggerei “Le memorie di Adriano” della Yourcenar. La canzone…, sono un estimatore dei Queen e dei Blues Brothers ma, sul versante domestico, amo Sergio Bruni, maestro inarrivabile, fine dicitore e grandissimo interprete; tornando a “Napoli velata”, ho apprezzato “Vasame” di Enzo Gragnaniello, autore sottovalutato o non adeguatamente apprezzato dal grande pubblico. La pizza, fritta o al forno? Marinara o margherita? Personalmente il mio gusto incrocia quello della margherita che è la pizza tradizionale. La fritta non mi piace, non la amo. Non credo però che la pizza e Napoli siano un tutt’uno. 51

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#maserial

IL POTERE DI SHONDA di Valerio Ciaccia

Cosa hanno in comune Off the map, The catch, Le regole del delitto perfetto, Scandal, Private Practice e, naturalmente, Grey’s Anatomy? Ovviamente la ormai potentissima sceneggiatrice, produttrice e regista Shonda Rhimes. Nel 1997, dopo anni di gavetta, lavori alternativi, tra cui amministratore di ufficio, consulente e lavori nel settore pubblicitario, riesce a dare una svolta alla propria carriera come scrittrice e regista. I primi film che la hanno lanciata nello show business, con incassi considerevoli, tenuto conto del budget limitato, sono stati Crossroads – Le strade della vita e Principe Azzurro cercasi. Il primo ha rappresentato il debutto cinematografico di una giovanissima Britney Spears, il secondo una delle tappe di inizio carriera della oggi acclamata Anne Hathaway. Ciò che però ha definitivamente fiondato Shonda Rhimes nell’olimpo dell’intrattenimento è stata certamente la serie Grey’s Anatomy. Il medical drama in onda dal 2005, giunto alla quattordicesima stagione senza dare segnali di cedimento, risulta una delle fortune che ha permesso alla rete televisiva ABC di risollevare le proprie sorti. Inizialmente era stata ideata per sostituire e rimpiazzare la serie Boston Legal, ma gli ascolti della prima stagione hanno garantito una tale attenzione da parte degli spettatori da indurre i produttori a prestare maggiore supporto alla serie. Munita di precisi elementi identificatori, Grey’s Anatomy presenta delle caratteristiche che hanno permesso di distinguerla da altre serie, dando addirittura vita a neologismi e appellativi che, nel linguaggio contemporaneo, oggi trovano riscontro anche nella nostra vita quotidiana. Si pensi all’uso del prefisso “Mc” davanti a una parola per enfatizzarla, in senso positivo o negativo, ma spesso usato in modo sarcastico. Altro elemento è certamente la colonna sonora. Il titolo di ogni episodio è tratto da una canzone e le singole puntate sono supportate da brani 52

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celebri. Alcuni cantanti hanno anche permesso un utilizzo esclusivo delle proprie canzoni, come ad esempio Taylor Swift. Nonostante vi sia, come in E.R., un cast corale e importante nel contesto narrativo, Meredith resta il personaggio centrale, voce fuori campo all’inizio e alla fine di quasi tutti gli episodi, coinvolta anche nel gioco di omofonia tra il cognome della protagonista, Grey, e il nome dell’autore del manuale di anatomia, Henry Gray, da cui Gray’s Anatomy. Le vicende umane e professionali, gli amori nati dentro e fuori le corsie dell’ospedale sono il fulcro, motore portante di tutta la serie; grazie alle abilità degli sceneggiatori, poi, anche la dipartita di personaggi centrali ha permesso al pubblico di continuare a manifestare un incrollabile interesse per la serie. Certo, l’allontanamento di Patrick Dempsey ha messo a dura prova la resistenza dei fan più accaniti. Poco importa se Mcdreamy (o dott. Stranamore) abbia deciso di concludere anticipatamente la propria avventura per dedicarsi alle auto, alla famiglia o se, come si narra, sia stato allontanato per comportamenti “inappropriati” all’interno del set, denunciati dalla collega Ellen Pompeo, conducendo alla fine del rapporto matrimoniale di Dempsey e al licenziamento imposto da Shonda Rhimes. Addio anche alla dott.ssa Stevens, così da permettere a Katherine Heigl di avviare la propria carriera cinematografica, salvo ripensamenti non assecondati dalla potente Rhimes. Nel 2007 debutta poi anche Private Pactice, spin-off con protagonista la dott.ssa Addison Montgomery. Nonostante non abbia replicato il successo della serie originale, in sei stagioni la


TOP FIVE SHONDA GREY’S ANATOMY LE REGOLE DEL DELITTO PERFETTO SCANDAL CROSSROADS PRINCIPE AZZURRO CERCASI

Rhimes è comunque riuscita a sviluppare uno show in grado di raccogliere una media, statunitense, di circa 10 milioni di telespettatori, per poi calare. Nel 2012 la Rhimes passa a un altro genere creando la serie di stampo thriller politico Scandal. Ex direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, la protagonista, Olivia Pope, è una donna determinata il cui scopo è proteggere l’immagine pubblica dei personaggi d’elite della nazione. Anche in questo caso un fitto cast corale garantisce alla serie la presenza di numerosi personaggi dalle più svariate sfumature, che permettono di seguire episodi sempre dinamici. Nel maggio del 2017 la ABC ha dichiarato che la serie godrà di una ultima stagione, la settima, che permetterà, prima di volgere al termine, alla protagonista di incontrare sul proprio cammino la ambigua Annalise Keating. In assenza di dichiarazioni ufficiali da parte della ABC, ma grazie ai tweet di Kerry Washington, Viola Davis e, ovviamente, di Shonda Rhimes, sappiamo che a breve assisteremo ai dialoghi tra Olivia Pope e la professoressa de Le regole del delitto perfetto, serie trasmessa dal settembre 2014. Thriller giudiziario con protagonista la carismatica Annalise Keating, avvocato e docente di diritto penale, coinvolta in efferati omicidi che, direttamente o indirettamente, comportano la partecipazione di cinque studenti della facoltà di giurisprudenza collegati al personaggio interpretato da Viola Davis. Critiche positive e una media di undici milioni di spettatori hanno decretato il successo di una serie che, nel dicembre 2017, è in onda con la quarta stagione. Cosa aspettarci per il futuro da Shonda Rhimes? Per una donna che nel 2007 è stata inserita dalla rivista TIME tra le 100 persone più influenti del mondo, che oggi dirige la casa di produzione dalla stessa fondata, Shondaland, e a cui la ABC, costola della Disney, ha affidato ben sette serie televisive, solo la fantasia può imporre limiti. 53

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Fanart per Madmax


#coverthetop

VISUALIZER VISIONARIO di Carmine Luino

Giuseppe Cristiano è un visualizer campano che lavora da più di vent'anni in tutto il mondo. Negli ultimi anni ha collaborato ai videogames di Mad Max e The Walking Dead. Ha partecipato ai video dei Radiohead, Madonna e collaborato per molte serie tv tra cui CSI: NY e Six Feet Under. Visualizer. Visualizzatore o “visionario”? Puoi spiegarci, in sintesi estrema, cos’è il tuo mestiere? Con gli storyboard aiuto il regista a tradurre le sue visioni in immagini. È un lavoro creativo e di collaborazione. Si procede insieme leggendo la sceneggiatura e analizzando le scene per cercare la soluzione migliore e di maggiore effetto. Il visualizer è un po’ un visionario. I registi non cercano tanto l’abilità nel disegnare quanto invece fantasia e creatività. Questo perché nell’interpretare una sceneggiatura è importante saper leggere tra le righe, immaginare cose che non sono incluse nei testi: gran parte del design, delle scene, di location, costumi ed effetti, spesso non esiste ancora. E poi bisogna costruire la scena nel modo più adatto alla storia, con la giusta posizione delle telecamere, le composizioni delle inquadrature, la continuità delle vicende, la connessione delle scene tra loro. Ma bisogna anche tenere presente che quando si lavora sugli storyboard si guarda la storia principalmente dal punto di vista del pubblico. Giuseppe Cristiano. Foto di Ulrika Sjöberg

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Collabori con produzioni internazionali, nomi e aziende importanti in tutto il mondo. Cosa ricordi dei tuoi esordi? Il mio primo storyboard fu una cosa orribile, tant’è che pensai immediatamente di cancellare questa professione dalla lista delle mie possibilità. Devo ammettere, però, che a quei tempi aspiravo a disegnare fumetti. Non sapevo niente tecnicamente, e ancora meno sapevo dell’industria pubblicitaria. Forse nemmeno chi mi chiamò aveva le idee molto chiare e non mi diede abbastanza informazioni, ma purtroppo è una vicenda ricorrente ancora oggi: spesso vengo chiamato per un lavoro da persone che non sanno esattamente cosa aspettarsi da me. La seconda esperienza andò molto meglio, ma passarono almeno una decina di anni. Parte del tuo lavoro è legato alla divulgazione del tuo mestiere. Leggendo l’ultimo dei tuoi manuali, Visualizer Guida completa al mestiere dello storyboard artist, la tua sembra quasi un esigenza di condivisione del sapere. Ho scritto il mio primo manuale nel 1998 perché i miei studenti mi chiedevano ogni volta un testo dove poter approfondire la materia. Dopo qualche ricerca, mi ero accorto che non c’erano molti libri sull’argomento, e non erano sicuramente attuali. Prima ancora dei manuali, infatti, ho iniziato a proporre lezioni di storyboard nelle scuole d’arte e di cinema a Stoccolma, dove mi trovavo già da qualche anno. Purtroppo gli storyboard non sono sempre presenti nei programmi di studio e vengono accennati molto velocemente, quando invece rappresentano una fase importante per le produzioni, sia cinematografiche che dei giochi. Questa è stata la prima cosa che ho notato e che mi ha spinto a propormi come docente. Ho tenuto lezioni anche nelle agenzie pubblicitarie, perché molto spesso mi trovavo a compiere missioni impossibili di lavoro, quindi l’idea era che non conoscessero bene questa materia e che non potessero usarla, tramite me, nel modo giusto. Sei campanio. Della provincia di Caserta, Qual’è il rapporto con la tua terra d’origine? Bisogna davvero “scappare”? Io amo e sono orgoglioso della mia terra di origine. E oggi, complice la conoscenza di molte altre culture, lo sono ancora di più. Purtroppo si dice che l’erba del vicino è sempre più verde. Bisogna essere capaci di apprezzare ciò che si ha. Conosco molte persone, anche molti colleghi che non lo fanno, che si lamentano invece di tutto, come se “andare all’estero” sia la soluzione magica e immediata. Oggi, al contrario di quando sono andato via io, è possibile lavorare da casa grazie a Internet, senza muoversi necessariamente dalla propria scrivania, se non in poche circostanze. Anche io lavoro quasi esclusivamente dal mio studio. Per certe professioni sì, bisognava scappare, non solo perché non ci fossero strutture adeguate per studiare e lavorare in questo settore, ma anche perché la mentalità di quegli anni non era aperta per un libero professionista. Storyboard per uno spot H&M

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Lady in red

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Driving

The End. Omaggio a Moebius


#style

ph. Romolo Pizi 60

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#loridinapoli

La moda al tempo dello street style. Dalla fashion week di Milano il mix nuovo e originale di stili diversi per capi dall’anima streetwear.

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Foto: Vincenzo Grillo


lorenzodecaro.com

Foto: Mattia Arioli

Foto: Vincenzo Grillo


#beauty

winter beauty routine di Cristiana Giordano

L’inverno mette a dura prova la salute della pelle, ma se affrontato con l’aiuto di validi alleati di bellezza che faranno da schermo e con le strategie anti-freddo la pelle non risentirà nemmeno delle condizioni più estreme. Gli imperativi sono: nutrire, idratare e lenire. È tempo di circondarsi di creme ricche e avvolgenti che regalano una coccola a viso e corpo esposti a temperature talvolta troppo rigide che seccano la pelle.

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PELLE DA VACANZA Dedicato a chi desidera fare un pieno di bellezza per viso e corpo! A cominciare da Baume Beauté Eclair, un complice magico che cancella istantaneamente i segni di fatica, distende i tratti e avvolge il viso di luminosità. Crème Jeunesse des Mains è un’icona Clarins: un guanto di bellezza invisibile per mani vellutate, avvolte da comfort. Accanto, 4 taglie viaggio! Doux Nettoyant Gommant Express, una delicata formula detergente che svolge al contempo un leggero gommage per una pelle nuova in un solo gesto; Gel Contour des Yeux, freschissimo e decongestionante, sfuma visibilmente borse e occhiaie; la nuova crema Hydra-Essentiel, capace di riattivare il potere auto-idratante della pelle che disseta intensamente e avvolge di immediata luminosità; infine, per il corpo, Baume Corps Super Hydratant, un balsamo “cocoon” riparatore, ideale per coccolare la pelle secca, restituendole idratazione, tocco vellutato e comfort. Clarins, € 59 PRODOTTO DI “NUOVA GENERAZIONE” Il Maestro Formulatore Galénic ha ideato una collezione di trattamenti di “nuova generazione”. Una collezione che, fin dall’applicazione, apporta confort a tutte le pelli assetate, che “tirano”, pur essendo leggera sulla pelle. Formule penetranti, fresche e discrete una volta applicate. La Collezione Confort Supreme propone il Concentrato intenso per pelli da secche a molto secche. Galenic, €39

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LE ZIRRE NAPOLI borsa Peace and Love in limited edition STORE - via Bisignano 68 CONCEPT STORE - via san Pasquale 27 GALLERIA 66 - Concept Store - via Crispi 66 www.lezirrenapoli.it 73

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#foodtour

Ring di74calamaro al limone e ricotta, su letto di crema di finocchi e curcuma party magazine


o m a i p l a UN VIAGGIO IN BARCA A BORDO DEL RA-RISTOSVAGO, CHE, COME RACCONTA L’IMPRENDITRICE RAFFAELLA MIGLIACCIO: “SI È PORTATO IL MARE A CASA”. ph. Romolo Pizi

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Tris croccante Tataki di salmone semi di sesamo e ring di rapa rossa Tataki di tonno con scaglie anacardi su misticanza Gambero pastellato

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Tris cremoso Ring di calamaro al limone e ricotta su letto di crema di finocchi e curcuma Tortino di polipo caramellato con scarola su crema di patate Roll rainbow di pesce spada con zucchine e carote su crema a latte

Qui si creano piatti unici e originali dove la tradizione è rielaborata nella forma e nei colori. Il tocco è anche fusion e si respira profumo di mare. Gli spazi sono divisi come su di una imbarcazione. A poppa si può gustare l’apericena con appetizer e drink tematici, in plancia c’è la distilleria, nella parte maestra si cena e a prua, a seconda di come tira il vento, musica ed eventi live.

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freschi i l l i s u f 3 00g di i agl io d io h c ol o m e z 1 spi c z e r etti di p b m a g 10 oncino r e p e p esce 10g di p i d o t fumet i d g 0 0 3 tterini a d i in r do 10 pomo e q.b. p e p e Sale q.b. e in g r e trav Ol io ex spada e c s e p 400g di zane 2 melan ri ta te t i c o n 80g di

Fusilli con pesce spada, crema di melanzane e noci Frullare aglio, prezzemolo e peperoncino. Tagliare il pesce spada e le melanzane a cubetti regolari di 1 cm circa. Tagliare i pomodorini in quattro e rosolarli. In una padella con olio, rosolare il trito di prezzemolo, aglio e peperoncino. Aggiungere le melanzane e saltarle per circa 3 minuti,poi disporle in un recipiente, nella stessa padella poggiare il pesce spada e spadellare, poi aggiungere le melanzane, i pomodorini e il fumetto di pesce piano piano. In una pentola di acqua bollente e salata, cuocere i fusilli. A metĂ cottura colarli, versare nella padella del sugo preparato e ultimare la cottura. Prendere un piatto fondo, distribuire al bordo del nero di seppia, disporre i fusilli nel piatto. Spolverare il piatto con prezzemolo disidratato e granella di noci.

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Roll rainbow di pesce spada con zucchine e carote, su crema a latte

Trilogia di tartareâ€? salmone, tonno, gambero con geleè di aperol, salsa di guacamole, cipolla caramellata e geleè di lime

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Tortino di polpo caramellato con scarola, uvetta e pinoli

Il Ra è un locale di svago, armonioso e di design, tutto ispirato al mare. Uno spazio dove incontrarsi e confrontarsi mangiando dell’ottimo cibo fusion. Qui il piacere culinario si unisce alla calda accoglienza. Il pescato fresco è quello del mare di Pozzuoli, i prodotti sono biologici, l’atmosfera è intima. Le prerogative del Ra-ristovago sono semplici ed essenziali: riscoprire, rielaborare, trasformare i prodotti del mare rispettando le usanze e le tradizioni.

RA RISTOSVAGO Via G. Pergolesi, 13 Pozzuoli 345.1153360 www.raristosvago.it

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#chezchef

in cucina con... livia coletta La cucina è vicina. Tre passi e ci sono. Ma sulla soglia mi fermo, e poi entro in punta di piedi - il mio modo di interpretare “La morte del cigno”. Perché tanta discrezione? Perché è lì che Livia sta eseguendo un’operazione di chirurgia estatica. L’estasi, va da sé, è data dall’aroma che promana dai fornelli, un’essenza che va alla testa e procura effetti allucinogeni. Supero anche questi e intravedo tra i vapori che salgono dalle pentole Livia, il chirurgo che sta operando con tanto di mascherina sulla bocca e sul naso. Lei, che non farebbe male ad un condor, si volta verso di me accigliata, e intendo il perché: non ho indossato anch’io la mascherina, elemento indispensabile per assicurare all’ambiente l’igiene necessaria. Provvedo all’stante, e mi accosto per rendermi utile. Ma Livia mostra di voler fare tutto da sola Le orecchiette sono pronte sulla bilancia, in attesa che l’acqua nella pentola arrivi a bollitura. Sembrano ansiose e allo stesso tempo preoccupate di quel bagno che le attende. Dal canto loro le cime di rape non vedono l’ora di mescolarsi ai partners che il Dio delle Ricette ha destinato loro, e affrontano la cottura con un atteggiamento disinvolto, direi quasi civettuolo, come tante fanciulle che si preparano per il primo appuntamento sentimentale. Ora le orecchiette sono state calate nella pentola e mostrano di gradire il bollore che viene offerto loro. Hanno perso la iniziale titubanza, forse presagiscono che non resteranno sole. Infatti poco dopo incontrano le rape, onde comporre una fusione sulla quale Livia versa alcune gocce di olio santo. A questo punto scopro che l’operazione si è tramutata in una cerimonia matrimoniale, con Livia nel ruolo della ‘Celestina, propiziatrice di unioni ufficiali come di fatto. Ora non resta che aggiungere il cacio ricotta, trasferire il tutto nei vari piatti, e les jeux sont faites! Ma ora soltanto me ne accorgo: non era, dunque, né un’operazione chirurgica né uno sposalizio, bensì una puntata alla roulette, con tutti i rischi del caso. Manlio Santanelli

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ORECCHIETTE CON LE CIME DI RAPA

per 4 persone Orecchiette di pasta fresca 500 gr Cime di rapa 500 gr. Cacio-ricotta 150 gr. Gherigli di noci (o nocciole o mandorle) 50 gr Olio evo q.b. Aglio q.b. Sale q.b. Peperoncino q.b. Pulire e lavare accuratamente le cime di rapa e tagliarle a ciuffetti, in abbondante acqua salata. Calare la verdura appena bolle, di solito bastano 7 o 8 minuti perché sia cotta al dente. Nello stesso tempo preparare in un tegame olio, aglio e peperoncino, nel quale verranno fatte saltare le cime di rapa. Nella stessa acqua di cottura della verdura calare le orecchiette, che se fresche come da ricetta dopo 5 minuti sono pronte da far cuocere insieme alle cime di rapa. All’occorrenza si può aggiungere un po’ di acqua della cottura della verdura e della pasta qualora il composto risulti troppo denso. Appena pronte a fuoco spento aggiungere i gherigli di noci opportunamente sminuzzati ed il cacio ricotta precedentemente grattugiato a scaglie grosse. Rimestare fin quando il formaggio non si sia ben sciolto. Trasferire nei piatti con un ultima manciata di cacio ricotta e… Buon appetito!

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#hashtag

Social Family di Irene Saggiomo

Che essere genitori sia il mestiere più difficile del mondo, questo si sa, ma che l’asticella delle preoccupazioni e dei pericoli continui ad alzarsi, nell’incredibile era della connessione digitale, forse questo non ce l’aspettavamo. Quando negli anni 80 i figli da crescere eravamo noi, la conoscenza e il contatto con il resto del mondo avveniva dalla televisione, dal telefono di casa, dai giornali e i libri, dai racconti, dai viaggi e dalle esperienze. La differenza rispetto alla generazione dei nativi digitali di oggi è scontata: adesso c’è l’immediatezza e l’infinita disponibilità all’accesso di qualunque tipo d’informazione, e soprattutto di collegamento con il resto del mondo, con estranei e chi sa chi, che è quello che più terrorizza i genitori. E cosa sia giusto, cosa sbagliato: glielo diamo o no questo cellulare? E il tablet che gli serve per studiare? La risposta ovviamente è nel buon senso, ma ci sono così tante implicazioni e conseguenze che dipendono dalle nostre scelte, e che tanto saranno sempre contestate dai maestri di vita, che vale la pena rifletterci bene e magari informarsi anche su come fare, da chi è più esperto. Le università e i centri di ricerca sono adesso impegnati nello studio del fenomeno, l’educazione ai media è fra i temi centrali di attualità, strumenti ce ne sono, bisogna usarli. Un esempio può essere quello del Centro di Ricerca all’Informazione e alla Tecnologia dell’università Cattolica, che nel rapporto 2017 individua l’approccio ai media di quattro tipi di famiglia: quella lassista e permissiva, che rinuncia a mediare nel rapporto con i figli e le tecnologie, e per il (momentaneo) quieto vivere lascia campo libero. Poi c’è l’estremo opposto della famiglia luddista, che risolve il problema (sempre momentaneamente), eliminando i media dall’universo familiare. La famiglia restrittiva invece, ha un alto controllo su cosa i figli facciano sul web, pretendendo di verificare e leggere ogni azione on line dei figli. Per ultimo la famiglia affettiva, che incoraggia i figli ad utilizzare il web condividendone il consumo, magari partecipando ai loro forum con dei commenti, che potrebbero magari essere fatti direttamente visto che, possibilmente, si 84

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trovano nella stessa stanza. Quattro comportamenti opposti e tutti considerati a basso impatto educativo. Il giusto si trova nella misura, quella del confronto, delle discussioni, delle mediazioni: i genitori indicano ai figli cosa è bene e cosa è male, ne spiegano le ragioni, insegnando loro ad elaborare un pensiero critico, che poi useranno per discernere nel buon senso. Tutto questo non solo per indirizzare i giovani verso i giusti contenuti da fruire, ma anche per quelli che loro stessi potrebbero diffondere in buona fede, senza pensare che la pubblicazione di immagini e commenti privati sui social e nel web, li potrebbe rendere protagonisti pubblici di azioni sconvenienti. La generazione 2.0 (nata nel 21esimo secolo) ha il diritto a che internet sia la normalità, ma la cosa più importante da capire è che questa normalità va insegnata; il controllo dei genitori deve esserci, ma come sempre entro certi limiti. C’è anche un’altra convinzione di massa che andrebbe smontata, quella che a causa delle nuove tecnologie i figli leggono e si relazionano meno fra di loro. Questo non è vero secondo lo Stanford Study of Writing, che invece sostiene che i ragazzi di oggi leggono e scrivono più dei loro coetanei dei decenni 80 e 90. Certo non leggono la grande letteratura, leggono e scrivono in larga parte sui social e dimostrano anche competenze specifiche, che possono tornare utili nella vita professionale futura; diventano esperti del linguaggio informatico, acquisiscono in maniera quasi naturale competenze tecniche che genitori, e soprattutto nonni, non immaginerebbero nemmeno. E anche l’idea che le relazioni interpersonali finiscano per essere solo sui social, anche questo non è vero secondo lo studio di Stanford, perché i ragazzi si vedono a scuola e s’incontrano in giro; in realtà è il problema è opposto, e cioè che comunicano troppo grazie ai media digitali e così rimangono in contatto


sempre, di giorno e di notte senza soluzione di continuità. E se il punto potrebbe essere anche che la vera comunicazione sia solo quella faccia a faccia, non significa che gli stessi ragazzi non siano in grado di mantenere relazioni autentiche, la comunicazione digitale non sostituirà mai quella personale, ma anche questo riguarda l’insegnamento e l’educazione ricevuta. Come invece comportarsi con i più piccini? Sono tante le future madri che giurano che i loro figli non finiranno mai con un telefonino in mano prima dei 16 anni, quelle saranno le stesse persone che alla

prima occasione di delirio del bimbo al ristorante, risolveranno con la mitica session di un’ora delle canzoncine per bambini di YouTube. Perché i figli imparano molto più da quello che facciamo che da ciò che diciamo, diventa quindi normale per loro volere a tutti i costi quell’oggetto che stringiamo sempre fra le mani e che ci calma, ci fa sorridere e che rapisce troppo spesso la nostra attenzione a loro discapito, è quindi giusto per i bimbi desiderarlo.

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#mammalemamme

Si può dire di

di Valeria Prestisimone

Questa mattina di impulso ho comprato su Amazon due libri: Riprendiamoci i nostri figli. La solitudine dei padri e la generazione senza identità di Antonio Polito e Crescere figli maschi di Steve Biddulph. Cosa hanno in comune questi due testi? La voglia di risposte. Dove stiamo andando? Chi stiamo crescendo? Cosa può fare dei figli dei BUONI figli. L’acquisto dei due libri è stato anche frutto di un articolo letto su Il Corriere della Sera in cui si raccontava di un genitore che giustifica la maleducazione del figlio, perché a occuparsi dell’educazio-

NO

ne ci deve pensare la scuola, poiché entrambi, sia padre che madre, lavorano. E allora mi richiedo dove stiamo andando. Si lavora per far crescere bene i figli, ma con chi e da chi? Non si lavora e si rischia di crescere gli ex bamboccioni. Certo è che viviamo un momento molto particolare. Non si dicono più no per sopperire al poco tempo che si trascorre insieme ai figli, si delega a un telefonino un’attività di tempo libero, si affidano alle tate bambini desiderosi di compagnia e confronto. Eppure credo, anche se non è facile, che sia importante stabilire da subito poche e semplici regole, come mangiare seduti, non picchiare, non pretendere di avere tutto e subito, ecc. Come dice la psicologa del Policlinico di Napoli, Pina Mansi, esistono delle strategie facili da attuare per fronteggiare comportamenti inappropriati, ad esempio non bisogna ridere quando un bambino dice una parolaccia o è aggressivo, ma è necessario mostrare il proprio dissenso con voce ferma e autoritaria. Si può dire “no”. Anzi, si deve, perché i no sono fondamentali per la crescita di un bambino, gli indicano con chiarezza i limiti all’interno dei quali può muoversi, gli evitano di sentirsi disorientato in un mondo senza confini, in una parola, lo “contengono”. I bambini vogliono regole e limitazioni (ovviamente che siano basate sul buon senso), siamo noi adulti ad avere difficoltà a essere decisi e coerenti. È inutile minacciare un bambino con punizioni esagerate, quando sappiamo già che non verranno mai messe in pratica. Il bambino se ne accorge subito, facendo di questa nostra fragilità un suo punto di forza. Dirgli che non potrà più vedere la tv per un mese non ha senso, perché sapete benissimo che cederete prima, per sfinimento. Rispondere ai comportamenti inopportuni, imponendo, dei limiti accettabili, comprensibili e che siano soprattutto al nostro livello di sopportazione. Contare forse fino a 10, 20, 30 o 40 prima di dire non vedrai più amici per un mese. Cerchiamo di armarci di buon senso e intelligenza e mettiamocela tutta per crescere bambini per bene.

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GRAN GALÀ AL CALA MORESCA Tra special food e salse gourmet, avvolti da un’elegante atmosfera, al Cala Moresca di Bacoli, sono state presentate le prime gift box concepite esclusivamente per i Campi Flegrei. A fare gli onori di casa l’imprenditore ideatore degli eleganti cofanetti e Presidente di Federalberghi Campi Flegrei Roberto Laringe. Centinaia di ospiti hanno partecipato al Gran Galà degustando gli speciali finger food e ballando sulle note di dj Marco Piccolo. Per l’occasione sono state anche presentare le salse gourmet del ristorante Caracol. Ph. Romolo Pizi

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UFFICIALE E GENTILDONNA IN PASSERELLA Fashion show di Alessandro Legora nell’atelier di Mariglianella per l’anteprima della Fall-Winter Collection 2018/19. In passerella la donna dal look casual chic di giorno, più informale e militaresco nel tempo libero fino all’outfit elegante da gran sera. In passerella: il camoscio in un mood più aggressivo e grintoso, la pelle, maxi cappotti con zip e catene, sciarpe e sciarponi in seta su stampe fantasia animalier, zebrate, pitonate e proposte in un indovinato mix and match con fantasie patchwork e floreali. E ancora gli chemisier proposti in versione corta o lunga; i maxi gilet con frange in cuoio o camoscio, le cinture in plex strizzate in vita e le collane saliscendi. Ph. Romolo Pizi

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CIN CIN NEL SALOTTO CALABRITTO Un’atmosfera chic ha avvolto il grande evento organizzato nel Salotto Calabritto da Visivo Comunicazione. Due serate dedicate agli oggetti preziosi e ricercati, al glamour, al design, a vini e oli pregiati con musica live e degustazioni. Spazio a tutto ciò che è eccellenza in Campania. Ad accogliere gli invitati con garbo ed eleganza Ludovico Lieto e Valeria Viscione. Ph. Romolo Pizi

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NEW ARTISAN PARTY Happening dedicato all’eccellenza e al Made in Italy nella boutique napoletana dei Fratelli Rossetti, organizzato da Roberta Costa Buccino Grimaldi. Grande successo e ospiti d’eccezione per la tappa partenopea del tour nazionale che l’azienda fondata nel 1953 da Renzo Rossetti, ha ideato per mostrare dal vivo le tecniche di lavorazione artigianali più significative, come quella dei fiocchetti, dell’intreccio e del toledo. Musica con dj set, new artisan tra modernità e tradizione nello store trasformato per l’occasione in un suggestivo spazio eventi.

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FASHION PARTY DA CARLA G Tra brindisi, sfilate e musica si è svolto nello store del Vomero il cocktail party targato Carla G. Le invitate si sono divertite ad ammirare i capi durante l’happening organizzato in collaborazione con la PL Management di Fabio Ummarino. Dj set di Alex Romeo, modelle e trend addicted per festeggiare la moda di Carla G, all’insegna dell’eleganza, della comodità e dell’innovazione. Ph. Lorenzo Franco

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A PARTY

AUSICA OP TEN N

T

Nausicaa ha festeggiato i 10 anni di attività con un Gran Galà di Beneficenza a favore di Star Judo Club organizzato da Laura Caico. L’evento Top Ten Nausicaa Party, che ha visto tra i partner anche la Banca di Credito Cooperativo di Napoli presieduta da Amedeo Manzo. L’imprenditore Vernetti ha fatto gli onori di casa all’Agorà Morelli, dove, per l’occasione, si sono incontrati sport, legalità, giovani e bellezza. Il ricavato della serata, voluta da Rossella Giaquinto, è stato devoluto per sostenere l’attività di Giovanni Maddaloni, che si prodiga per i suoi campioni allenandoli e incoraggiandoli ogni giorno, nella sua palestra “Star Judo Club” di Scampia. Ph. Pippo By Capri

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BUON COMPLEANNO PLART Tanti auguri al Plart di via Martucci, il primo museo della plastica d’Europa. L’imprenditrice e grande collezionista Maria Pia Incutti, tra oltre duemila oggetti in plastica acquistati e raccolti negli anni, pezzi di design e d’uso quotidiano, opere di grandi artisti contemporanei e la mostra Ex Novo dedicata alla sedia ha festeggiato 10 anni di attività culturali della sua Fondazione.

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PEACE & LOVE

SPRING / SUMMER COLLECTION 2018

# lussoaccessibile

# madeinaples

MILANO FASHION WEEK

23-26 FEBBRAIO 2018 10:00 / 18:00 OPIFICIO

VIA TORTONA

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SPAZIO COONTEMPORARY MOOD

Le Zirre Napoli ® Concept Store

Abbigliamento e Accessori

Via San Pasquale 27, Napoli tel. 081 18821940 Galleria 66 Concept Store

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Via Francesco Crispi 66, Napoli tel. 081 0323801 Le Zirre Napoli ® Limited Edition Borse e Accessori

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SMARTUR PARTY Party glamour con bollicine, brindisi e l’in bocca al lupo del Sindaco De Magistris per l’imprenditrice Serena Di leva, che ha inaugurato a Napoli l’agenzia di viaggi SMARTUR. Alla festa hanno partecipato più di duecento ospiti, amici, tanti clienti e molti professionisti affermati, direttori dei maggiori hotel napoletani e i commerciali dei maggiori Tour Operator. Serena, specializzata in grandi eventi e special wedding, è stata la prima in Italia a organizzare un intero matrimonio in barca a vela, con una flottiglia di tredici imbarcazioni ad accogliere gli sposi e cento invitati con tanto di rito in mezzo al mare. Ph. Romolo Pizi

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30 ANNI DI 30 ABITI PER O LETTIERI MODA: NIN EL TESSILE AL MUSEO D Il Museo del Tessile e dell’Abbigliamento Elena Aldobrandini ha celebrato l’evoluzione del gusto della donna italiana tra arte sartoriale e alta moda con gli abiti di Nino Lettieri. Una grande mostra dedicata a un interprete raffinato dallo uno stile innovativo. Una scelta non casuale quella del museo della moda campano, che nella logica di promuovere le eccellenze del territorio ha puntato su uno dei più apprezzati designer del momento, protagonista delle passerelle e tanto amato dalle signore dei salotti alla moda nostrani. Più di duecento persone sono state accolte dal Commissario della Fondazione Mondragone Maria D’Elia, coadiuvata dal personale della fondazione, che ha ritrovato in questo lancio del museo il senso di appartenenza che ha sempre caratterizzato il loro lavoro.

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FESTA DELLA BELLEZZA Cocktail party da Health Park in via Schipa, all’insegna del wellness. Centinaia di ospiti tra giornalisti, medici, pazienti, istituzioni, hanno partecipato alla festa, curata da GMM Production, e assistito alla conferenza stampa di presentazione del “Metodo Health Park”, protocollo di accompagnamento del paziente in tutto il suo percorso di cura. A fare gli onori di casa Folco Grimaldi, Sergio Marlino e Adriano Santorelli.

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PARTY PER IL N IO S N E P S SU RISI I SALVIO PA D IO R A D N E CAL Nel Complesso di San Domenico Maggiore c’erano il glamour, la moda, la mondanità ad abbracciare il fotografo Salvio Parisi, che ha festeggiato con più di trecento invitati il quinto appuntamento del calendario e blog-magazine “fashion & food” dal titolo Suspension. In mostra i 12 scatti che raccontano in sei bimestri l’alta moda non convenzionale e il volto patinato di noti cuochi stellati. Una grande festa per celebrare eccellenze professionali, arte e artigianato, cultura e territorio, fashion e sartorialità, enogastronomia e tavola 3.0.

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UN PARTY CHE SCOTTA MILLEGRADI

Una festa colorata e ricca d’arte ha inaugurato il nuovo store Millegradi Painting. Champagne, finger food, design e tanti ospiti appassionati gli ingredienti di questo artistic party. Brindisi, sorrisi, un tuffo nell’arte fra modernità e tradizione. Alle pareti originali quadri da collezione, in vetrina anche oggetti di design d’uso quotidiano. ph. Romolo Pizi

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JAP FOOD O PIACE CALD O N U C L A U AQ Party d’inagurazione con jap food cotto per il nuovo ristorante giapponese di Cappella Vecchia, Yaki Tender. Centinaia tra amici, invitati, appassionati di cucina giapponese hanno partecipato al grand opening. Una festa per celebrare una vera rivoluzione in cucina con piatti gustosi e fumanti serviti nel nuovo locale di design. E anche sorrisi e tanti click per gli ospiti, che si sono divertiti a farsi scattare una polaroid e a conservarla come ricordo della serata. ph. Romolo Pizi

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UNA FESTA DAL SAPORE EUROPEO La Napoli by night ha festeggiato la nuova avventura imprenditoriale: ViVi eat, coffee & share, nata dalla collaborazione tra gli ideatori di Muu Muuzzarella Salvatore Maresca, Dario Moxedano e Roberto Bianco con Pasquale Sarmino e Raffaele Verde. Il format ha una vocazione tutta europea: drink list internazionale, caffetteria, area bakery, tea room e il mangiar sano con insalateria, centrifugati, baguetteria. Centinaia di invitati hanno brindato al nuovo e intraprendente gruppo. Bollicine, musica e tanto divertimento durante la no stop di aperitivi e apetizer nel nuovo ritrovo di Chiaia, che si è trasformato in night club con la selezione musicale di Enzo Capocelli, accompagnato in console dal sax di Vincent. Ph. Marco Baldassarre

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RTY

SKIP & J FULL PA

Cinquecento ospiti hanno partecipato alla mega festa organizzata al Row Club, in occasione della Skip & JFull Eyewear New Collection. Gli ingredienti della serata: fashion, bollicine e buona musica. E tutti a brindare “Skip� entertainment concept itinerante di Filippo e Massimo Arienzo con Paola Florenzano. Dj set di Filippo accompagnato in console da Gianpiero XP vocalist di Radio Ibiza. Grande successo per il brand di occhiali made in Italy JFull che ha presentato i anteprima i nuovi modelli.

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NAPOLI BY

NIGHT

Si fa festa con i protagonisti della Napoli by night per il new opening del Bruttini Social Club, il nuovo locale degli attori Mimmo Esposito e Claudia Ruffo con un gruppo di imprenditori napoletani. Con musica dal vivo, dinner e drink, ai Gradoni Amedeo di via Crispi, il Bruttini Social Club è la nuova realtà della notte napoletana dove si alterneranno musicisti dal vivo ogni sera, del panorama partenopeo e nazionale.


I 40 DI LADY

GIÒ

Eleganti mantelli e preziose maschere, donne bellissime in abiti lunghi e uomini affascinanti in smoking alla festa dei quaranta anni di Giovanna Paduano. Tema del Party che si è svolto da Intolab: “Eyes wide shut”. Giovanna ha incantato gli ospiti fasciata in un abito rosso by Ombelico, con una mascherina di swarowsky. Agli invitati sono stati regalati dei gadget fatti da lei, braccialetti di pizzo e pietre per donne e di caucciù per gli uomini. Un grande quaranta dorato campeggiava con le foto di una vita della bella festeggiata insieme a tutti gli invitati. Cin cin a Giovanna e poi musica e balli fino a notte tarda con dj set e live di Fabio Serino. Ph. Romolo Pizi

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US PARTY

MANU CIRC

Tra zucchero filato, pop corn e noccioline tostate, trampolieri, acrobazie e trapezisti, Emanuela Ambrosino ha festeggiato i quarant’anni al Circo Volavoilà di Roma. Più di trecento invitati si sono scatenati in pista sulle note del dj Victor tra frizzi e lazzi, balli con hula hoop e tiri al bersaglio. Durante la festa divertenti e colorati clown offrivano agli ospiti frittelle, pizze, hamburger e hot dog. Al momento delle candeline ecco la sorpresa: Emanuela è sbucata da una torta gigantesca con la sua proverbiale simpatia distribuendo dolci e cornetti al cioccolato.

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UT PARTY

SH EYES WIDE

Tema della festa: Eyes Wide Shut. Parola d’ordine: divertimento. Più di duecento persone hanno partecipato all’elegante party organizzato all’Agorà Morelli per i cinquant’anni di Pierpino Fornabaio, tutti rigorosamente con il volto coperto dalle più svariate maschere. Special food e special drink, bollicine, tanti brindisi e tanto divertimento. Mantelli, maschere, due affascinanti cubisti e dj set con Gennaro Esposito accompagnato da un superbo e avvolgente sax. Pierpino e la moglie Patrizia Capuano hanno accolto gli ospiti, poi la cena, l’open bar e le danze scatenate fino a notte tarda. Ph. Mila Caniglia

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Y MUSIC PART SAN CARLO O R T A E T L A Per i 50 anni di Valerio Minucci, avvocato napoletano e noto protagonista della movida partenopea, il Foyer del Teatro San Carlo si è trasformato in una discoteca con tanto di consolle, il dj Marcantonio, i Rumba del Mar, il cantante Antonio Laurenti e sei metri di bancone con dieci bar tender. La festa si è svolta nel Salone degli specchi con più di mille invitati che hanno ballato fino alle prime luci dell’alba. Parola d’ordine: no dress code e per la prima al San Carlo look casual chic.

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ROMANTIC

PARTY

Le suggestive note dei violini, i fiori più belli, le luci soffuse: ecco la festa più romantica della città, quella di Eva Gallo, che ha festeggiato con tanti invitati i 18 anni. Un party pieno di magia, fresco e chic come i suoi ospiti, che hanno brindato la bella maggiorenne. Musica, balli, bollicine e tutti a tirar tardi fino all’alba. ph. Marco Baldassarre

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LIFESTYLE

EVENTS

PUBLIC RELATIONS

www.plmanagement.eu | info@plmanagement.eu 123

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RTY

NETFLIX PA

Una grande festa per i serie tv addicted quella di Claudio Pascale, che ha compiuto 18 anni al Virgilio. Tanti gli amici che dopo aver sognato più e più volte di immedesimarsi nel personaggio preferito, finalmente hanno avuto l’occasione di farlo. Ed ecco sfilare Walter White di Breaking Bad e poi i volti di Narcos, House of Cards, Sense8, Orange is the new black, Mad Men e tanti altri famosissimi serial. Brindidi, abbracci e balli scatenati fino all’alba al ritmo della musica del mitico dj Dario Guida. Ph. Romolo Pizi


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RTÙ RTE DI RE A O C A L L A Y UN PART Una festa cavalleresca è stata organizzata a Torre San Severino per il compleanno di Ludovica Criscuolo. Dress code: grand soirée, donne in scintillanti abiti da sera e uomini in eleganti smoking, tutti avvolti da un’atmosfera ispirata alla corte di Re Artù. La neo diciottenne con amici e parenti ha festeggiato tra armature, spade, merlature e antichi cavalieri. Più di duecento invitati hanno ballato e brindato tutta la notte sulle note di dj Peppe Blasio. Ph. Marco Baldassarre

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A MUSICA

PER L UNA FESTA

Con un grande evento è stata inaugurata la sede dell’associazione culturale DEN, nata con l’obiettivo di promuovere l’ascolto della musica in tutte le sue forme. L’idea è dei fratelli Stefano e Raffaello Daniele, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione, che hanno brindato con tanti ospiti ai nuovi progetti e alla sede storica, che è stata completamente ristrutturata. Ora è tutto pronto per dare il via a nuovi eventi e piani sociali. Ph. Romolo Pizi

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