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Intel, the Intel logo, Centrino and Centrino Inside are trademarks of Intel Corporation in the U.S. and other countries. For more information about the Intel processor feature rating, please refer to www.intel.com/go/rating.


NEXT LIFE Spa info@next-life.it - www.next-life.it PRESIDENTE Paolo Fimiani DIRETTORE GENERALE Loredana Bruscia DIRETTORE FINANZIARIO Carlo Pinna ________________________________ N.L.D srl DIRETTORE RESPONSABILE Riccardo Palmieri r.palmieri@nextfamily.it SEGRETERIA DI REDAZIONE Angela Girardelli ART DIRECTION IMPAGINAZIONE E GRAFICA Fabio Passi grafica@nextleveldistribuzione.it IN REDAZIONE Ilaria Dioguardi - Maria Nicoletta Tulli Stefano Firrincieli redazione@nextfamily.it HANNO COLLABORATO Ambra Blasi - Enzo Giannelli Paola Guarnieri - Jolanda Spina Letizia Terra - Carmelo Schininà Lucio Tirinnanzi - Virginia Di Marno Luigi Bonelli FOTOGRAFIE US Rai - Mediaset - La7 COPERTINA foto Sony Pictures ________________________________ STAMPA E FOTOLITO Edicomprint Web srl - Roma DISTRIBUZIONE e ABBONAMENTI abbonamenti@nextleveldistribuzione.it PUBBLICITÀ adv@nextfamily.it ________________________________ INTERNATIONAL PUBLISHING ACTIVIRTUAL Corporation 500, Main Street North Little Rock - AR 72114 United State of America DIRECTOR Matthew Charles Stokes MARKETING MANAGER Peter Grevs PRODUCT MANAGER Sally Abbruscato

Reg. Tribunale di Roma n. 317/2009 in data 18/09/2009 Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria della rivista sono legalmente riservati. Ad eccezione di casi espressamente autorizzati dalla redazione, l’utilizzo da parte di terzi di materiale letterario o artistico contenuto nella rivista è severamente vietato e legalmente perseguibile. La redazione non assume responsabilità per prezzi, indirizzi e numeri telefonici pubblicati all’interno della rivista.

Editoriale

Una festa di numero Davvero un numero speciale, questo che arriva ad abbracciare anche le feste natalizie. Molto “next” e molto “family”. Primo perché il nostro magazine è adesso anche online (www.nextfamily.it) con un’edizione sfogliabile a colpi di mouse della rivista cartacea e uno spazio news dedicato al real time, ad un’attualità da tenere d’occhio, con un taglio di riflessione ci auguriamo diverso dal coro. E un imminente forum aperto ai vostri suggerimenti e riflessioni. Per quanto riguarda il tema di copertina, invece, ovvero il cibo nella storia del cinema, abbiamo scelto un’anfitrione esemplare, la gastronomica Meryl Streep del recente Julie & Julia. E proprio prendendo le mosse da una ricetta del film, lasciamo all’Aragosta Thermidor il compito di completare queste righe e di invogliarci a prendere grembiule e tegami, magari insieme agli amici. Ingredienti: Acqua quanto basta per bollire le aragoste 1 cipolla tritata 1 gambo di sedano tagliato 1 foglia di alloro 1 limone tagliato a fette 4 aragoste crude, di 500-550 g. ciascuna 2 cucchiai di burro sciolto 60 g. di burro 2 cucchiai di erba cipollina 60 g. di farina 160 ml. di panna da cucina (10% m.g.) 60 ml. di sherry secco 1/2 cucchiaino di senape in polvere sale e pepe a piacere 125 g. di pane grattato fine 80 g. di formaggio svizzero o parmigiano prezzemolo o aneto freschi per guarnire Preparazione: Mettete l’acqua in una pentola grande e aggiungete la cipolla, il sedano, l’alloro e le fette di limone. Portate a ebollizione e abbassate la fiamma e lasciate cuocere per 10 minuti. Aggiungete l’aragosta e riportate a ebollizione. Togliete la schiuma e fate cuocere per 10-12 minuti. Togliete l’aragosta, colate il brodo e mettetene da parte 250 ml. Dividete le code e i corpi delle aragoste e tagliate per il senso della lunghezza. Rimuovete la polpa dalle code, dalle articolazioni e dalle chele e tagliatela a pezzi. Gettate le corazze a parte quelle del corpo e delle code. Pulite le corazze sotto l’acqua corrente e spennellate dentro e fuori con i due cucchiai di burro. In una casseruola fate sciogliere 60 g. di burro e rosolate l’erba cipollina fino a quando non è tenera. Aggiungete la farina per fare un roux e aggiungete lentamente la panna e il brodo messo da parte, mescolando a fuoco medio fino a quando non incomincia ad addensarsi. Aggiungete lo sherry e la senape e cuocete per un altro minuto. Condite con sale e pepe e aggiungete il pane grattato e i pezzi di aragosta. Mettete le corazze su una casseruola per la griglia unta e riempitele con l’impasto di aragosta. Coprite con il formaggio e grigliate fino a quando non sono dorate e uniformemente calde, circa 7 minuti. Guarnite con prezzemolo fresco o aneto. Buon divertimento e Buone feste ai nostri lettori!

Riccardo Palmieri

www.nextfamily.it



sommario MONDI PARALLELI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Televisione ti Vorrei Bene ma... di Ilaria Dioguardi FUTURAMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 Il vaccino non è vicino di Lucio Tirinnanzi ALTRE FAMIGLIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Family in volley di Ilaria Dioguardi

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FIOCCANO LE IDEE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Sfizi Natalizi SOTTO L’ALBERO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 La luce oltre la siepe di Paola Guarnieri MESTIERI NASCOSTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Pastori si nasce di Riccardo Palmieri NON GIOCO PIU’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Pari e dispari di Paola Guarnieri TOTEM&TABU’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 Religione&Ragione di Carmelo Schininà e Stefano Firrincieli COVER STORY . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 Cinema&Cibo di Riccardo Palmieri e Ilaria Dioguardi CONTRASTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 Sguardi senza tempo di Ilaria Dioguardi

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DELIZIA LA TUA VISTA E IL TUO UDITO. E TUTTI GLI ALTRI SENSI. Harman Kardon® HS 200 Sperimenta un grande suono anche in un piccolo ambiente, con Harman Kardon HS 200. Questo compatto sintoamplificatore/DVD è dotato di lettore video con progressive-scan, upscaling ed uscita HDMI™, e riproduce file audio ed immagini direttamente da drive USB. Grazie alla tecnologia Dolby Virtual Speaker® ed alla potente amplificazione digitale integrata, l’HS 200 offre un incredibile suono tridimensionale con 2 soli diffusori a due vie ed un subwoofer da 200 watt. Provalo dal rivenditore a te più vicino o scoprilo sul sito www.harmankardon.com

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sommario RITAGLI D’ATTUALITA’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 di Enzo Giannelli CRAZY NEWS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 Questo pazzo pazzo mondo SOTTOTIRO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Penelope Cruz Henry Cavill John Cusack Anita Kravos PILLOLE PER LA FAMIGLIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Scuola Beauty Web Scienze Animali Psiche Salute Ricorrenze MENU . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 Scienze Web vedo Web ascolto Web leggo Moda Wellness Est(etica) ITINERARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 Racconto di Natale di Jolanda Spina EVENTI FAMILY . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 COLPO DI CODA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 di Enzo Giannelli

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di Ilaria Dioguardi

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… basta con l’omologazione di generi e con la “marmellata” di contenuti. Perché i format vogliono sempre soddisfare tutti gli elementi: talk, show, info, entertainment? E il pubblico è ormai assuefatto alla confusione televisiva


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a programmazione televisiva è sempre esistita, ma solo con la nascita della tv commerciale e con la concorrenza Rai-Mediaset si sono determinate le logiche del palinsesto e della guerra degli ascolti. Uno dei nuovi generi che sta registrando grande successo è l’Infotainment, termine americano che nasce dalla fusione di Info (Informazione) e Intrattenimento (Entertainment), ad indicare la spettacolarizzazione dell’informazione. Partendo dal presupposto che ci dovrebbero essere dei format (apparato di regole che determinano lo svolgersi di un programma), non si sta assistendo più ad una divisione capillare tra i vari generi televisivi. L’omologazione sempre maggiore ha finito per creare una “marmellata” di contenuti, davanti alla quale il telespettatore è disorientato e appare assuefatto. Molti format cercano di soddisfare tutti e quattro gli elementi talk, show, info e entertainment, per non scontentare nessuno, per piacere ad una fetta di pubblico più larga possibile. Ma se ogni format deve soddisfare tutte e quattro le componenti, si perde il motivo per cui si chiama format. Attualmente sono molti i programmi che presentano un aspetto ibrido, ma non sono tutti paragonabili l’uno all’altro. Nei programmi Porta a porta e Matrix , ad esempio, gli aspetti talk e show emergono con forza. Nei due salotti della seconda serata delle reti ammiraglie, ricchi parterre di ospiti ed opinionisti, più o meno preparati sui temi di discussione, sono sempre pronti ad esprimere i loro giudizi, a volte innescando polemiche dai toni accesi e poco etici. Si affrontano temi di vario genere, spaziando da chiacchiere e gossip ad attualità e economia, non tralasciando mai di dedicare alcune serate ad altre trasmissioni della stessa rete e altre a vicende di cronaca nera, raccontate spesso da testimoni diretti e con dettagli anche agghiaccianti. Passando alla prima serata, ad Annozero il salotto ha l’impressione di essere meno talk e show, più info e entertainment, con alcune strizzate d’occhio al mercato degli ascolti, che portano a volte ad esibire scandali e stranezze con troppo slancio (come i dettagli dei gusti sessuali dell’ex Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, raccontati da un trans intervistato da un inviato). Mentre in Ballarò è predominante l’elemento Info, con alcune tracce di Talk e Show a causa della foga con cui discutono spesso gli ospiti, in gran parte politici, Report dà l’impressione di avere esclusivamente l’elemento Info. Matrix condotto da Alessio Vinci si definisce un talk show di approfondimento e Niente di personale di Antonello Piroso su La7 si considera un talk show. La stagione in corso è iniziata in un clima bollente e molto teso. L’inizio della programmazione di Ballarò è stato spostato di due giorni per “solidarietà tra reti”, visto che sulla prima rete Rai si è deciso di mandare in onda una puntata speciale di Porta a porta , dedicata all’inaugurazione di una scuola costruita ad Onna dopo il terremoto in Abruzzo. “Formula che vince non si cambia, i palinsesti cambiano quando è necessario cam-

L

Nel regno dell’Auditel Per raccogliere e pubblicare dati sull’ascolto televisivo italiano, dal 1984 è nata Auditel, società che ha avviato la rilevazione dei dati nel dicembre 1986 e che oggi si avvale della collaborazione di 5.163 famiglie: oltre 9.500 rilevatori meter, attivi su altrettanti televisori, “fotografano” le scelte di circa 14.000 individui in ogni momento della giornata. Allo stato attuale, il “panel” italiano Auditel costituisce un campione di ricerca televisiva tra i più numerosi al mondo (rapporto popolazione-meter). "Perché Auditel? Perché la misurazione degli ascolti è un elemento fondamentale per la pianificazione degli spazi pubblicitari, risorse di cui la TV vive. Perché è necessario un organismo “super partes” che operi con trasparenza e affidabilità. ( www.auditel.it ).

“(…) i programmi televisivi hanno bisogno di una costante approvazione da parte di una vasta audience popolare per indurre una serie di risposte emotive e prevedibili: la televisione deve aspirare a una forma di immediatezza che si avvicini il più possibile a un’autentica emozione (…)” (“Remediation”, Jay David Bolter, Richard Grusin)

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ADN Kronos

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Ilaria Dioguardi

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biarli” ha affermato il Direttore di Raiuno Mauro Mazza. “I costi della nostra produzione sono imparagonabili a quelli di tutte le altre trasmissioni” ha dichiarato Giovanni Floris, presentando il suo Ballarò di quest’anno. Anche l’esordio stagionale di Annozero è stato accompagnato da varie difficoltà. Poco prima dell’inizio del programma Santoro ha detto: “siamo stati costretti a lavorare a quest’esordio della trasmissione in una condizione che stabilisce un record negativo per quanto riguarda i debutti televisivi. Abbiamo potuto avere i contratti della redazione soltanto la scorsa settimana e il nostro potenziale complessivo di troupe è disponibile

soltanto 3 giorni prima del debutto. Il che vuol dire che un programma che basa il suo core business sull’inchiesta filmata partirà senza le sue inchieste filmate” (…) “Mi chiedo che senso ha per l’azienda, per la Rai, che programmi come Annozero , come Report debbano essere considerati dei programmi oggetto di discussione. Dove nascono queste discussioni? All’interno dell’azienda o fuori dell’azienda?”. Inoltre, “mi auguro che qualcuno mi spieghi per quale maledetto motivo il giorno prima di andare in onda non dobbiamo avere certezza se Marco Travaglio ha il suo contratto oppure no” ha affermato Santoro. Come detto dal conduttore di


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Raidue, anche Report ha iniziato la sua stagione con qualche difficoltà. “Alla sottoscritta era stata manifestata l'intenzione di togliere la tutela legale” ha detto Milena Gabanelli alla vigilia della messa in onda, in riferimento ai suoi freelance. “La direzione della terza rete ha fatto una battaglia affinché questa intenzione rientrasse, motivata dal dovere del servizio pubblico di esercitare il giornalismo d’inchiesta assumendosene rischi e responsabilità” ha affermato. Ma poi l’allarme è rientrato: “le inchieste prevedono una clausola in cui la Rai prevede una tutela legale” ha comunicato in conferenza stampa. Si spera che la stagione continui e termini in un clima meno bollente, con meno intoppi, con una guerra degli ascolti meno aspra e un convogliamento delle energie rivolto solo ad offrire al pubblico un buon prodotto televisivo. Speranza vana?

“L’informazione, votata alla cronaca e all’oggettività non è per niente al riparo dal lavorio della moda, anzi: gli imperativi dello show e della seduzione l’hanno in parte rimodellata.(…) I servizi devono durare poco, i commenti devono essere chiari e semplici, inframmezzati da spezzoni d’interviste, di vissuto, d’aneddoti. E dappertutto immagini che divertano, che trattengano l’attenzione, che provochino emozioni forti”. (“L’impero dell’effimero”, Gill Lipovetsky)

televisiva

La stagione è iniziata in un clima bollente, tra varie difficoltà, aspre e cambi di

critiche

PROGRAMMAZIONE

“Sogno un pubblico pentimento degli intellettuali, finora conniventi con un disfacimento culturale che ha come unici punti di riferimento spettacolarizzazione e audience. Anche il cittadino con il suo telecomando è colpevole. Ma il gran-


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Luciano Viti/US Rai

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� de tradimento arriva proprio dalla casta degli intellettuali intruppati in un bottegone immorale. E nella casta metto non solo chi lavora nelle case editrici e nei giornali. Ma anche chi prende decisioni amministrative o chi sottoscrive regolamenti insensa-

ti. Non pretendo automortificazioni, ma un semplice e lieto annuncio: abbiamo capito di poter cambiare�. (Ermanno Olmi)


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Futurama

IL VACCINO


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NON E’ VICINO Tra spionaggio industriale e creatività, regole e illegalità, un mestiere senza dubbio creativo è quello degli hacker, i pirati informatici, e dei crackers, quelli che riproducono, alterano, minano i software di Lucio Tirinnanzi


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el vocabolario della lingua italiana, neanche troppo di recente è entrato uno strano termine coniato negli Stati Uniti, intraducibile da noi, che descrive una persona impegnata “nell'affrontare sfide intellettuali per aggirare o superare creativamente le limitazioni che gli vengono imposte, non limitatamente ai suoi ambiti d'interesse - che di solito comprendono l'informatica o l'ingegneria elettronica - ma in tutti gli aspetti della sua vita”. Questo termine è conosciuto da tutti come “hacker”. Un parola che ha creato confusioni e luoghi comuni, usata spesso a sproposito dai mass media (dagli anni Ottanta sino a oggi) per cui viene associata ai quei criminali – o meglio, pirati – informatici, la cui definizione corretta è, invece, "cracker". Diversamente dal biscotto salato, questi ultimi sono esperti di programmazione che forzano ed eludono blocchi imposti da qualsivoglia software per ottenere – spesso, ma non soltanto – informazioni. Lo scopo per cui i “crackers” violano le protezioni dei vari programmi di Rete è quello di ottenere un guadagno economico per sé e un guadagno materiale ai propri committenti. Un tipico esempio del lavoro svolto da un cracker, infatti, è quello relativo a operazioni di spionaggio industriale o frodi. In parte paragonabili a ladri, in parte a scassinatori virtuali, in teoria i “crackers” che profanano il sistema di sicurezza di una banca o il sito di un ente governativo, sono le stesse persone che, vissute negli anni Settanta, sarebbero entrate di nascosto negli uffici di questo o quell’ente e avrebbero fisicamente rubato o fotocopiato cartelle contenenti segreti e codici. O sabotato un’operazione. A distanza di quarant’anni, però, il sistema che condizionò le epoche a venire, Internet, ha cambiato usi e costumi e generato nuovi “mestieri” come, appunto, le talpe informatiche: spesso questi “agenti segreti” virtuali sono giovani informatici che se ne stanno tranquillamente in poltrona davanti a uno schermo e un computer neanche troppo tecnologico, sgranocchiando noccioline e bevendo coca cola, utilizzando semplicemente il sistema Dos e penetrando nei labirinti del sistema binario che ha generato la Rete, per poi accedere ai roots dell’apparato desiderato e rimuovere le limitazioni di un qualsiasi programma. Operazioni chirurgiche alle quali le istituzioni di tutto il mondo cercano di porre fine, studiando sempre maggiori barriere da anteporre e nuovi metodi di prevenzione adatti a combattere il fenomeno. Ma questo è un mondo ancora poco conosciuto e sommerso, al quale si legano mille variabili, ingovernabili così come lo è la Rete. A tutto ciò si lega un altro pianeta satellite, rappresentato da virus e antivirus. In ambito informatico, un virus è descritto come “un software, appartenente alla categoria dei malware, che è in grado, una volta eseguito, di infettare dei file in modo da riprodursi facendo copie di se stesso, generalmente senza farsi rilevare dall'utente. I virus possono essere o non essere direttamente dannosi per il sistema operativo che li ospita”. Ai sempre più sofisticati virus inoculati dai “crackers” - questa volta nella veste di sabotatori - che vanno a infettare la

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virus

Certi sono subdoli come terroristi islamici: cellule

in sonno

capaci di svegliarsi perfino dopo

MESI


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I TEMPI CHE CORRONO Già nel 1963 Bob Dylan cantava The Times are in a changing ovvero “i tempi stanno per cambiare”; non passò molto tempo perchè quelle profetiche parole si avverassero. Tra i molti passi in avanti compiuti in quegli anni dall'uomo sulla tecnologia (nel 1969 già camminava sulla luna), non si possono infatti non citare le importantissime ricerche condotte dagli scienziati americani sul sistema Arpanet, che negli anni Ottanta avrebbe portato a Internet e cambiato per sempre le nostre abitudini. Già l'anno successivo, le ricerche permisero il collegamento in Rete tra quattro diverse università statunitensi; certo, un piccolo passo (allora l'ampiezza della banda era soltanto di 50 kbps), ma la rivoluzione nelle comunicazioni era iniziata e, come noto, sarebbe divenuta inarrestabile. Solo nel 1975 comparve ufficialmente il termine “internet” ma quel che conta davvero è ciò che quelle ricerche e quel sistema generarono: una Rete mondiale in grado di unire i punti più remoti del pianeta in tempo reale, eliminando confini e frontiere. Ma, è cosa nota, per ogni progresso c’è sempre una minaccia che tenta di riportare la situazione allo status quo ante. E la minaccia si chiamava e si chiama tuttora “pirata informatico”: nato come anarchico giocherellone, dall’essere un semplice disturbatore della Rete, è divenuto un sempre più raffinato Arsenio Lupin, replicando nell’ormai mondo degli “avatar” uno dei mestieri più vecchi del mondo. Perché tutto ciò che è reale sia anche virtuale.

Rete, corrispondono poi gli “anticorpi”: i celeberrimi antivirus. Essi, però, sono in grado di eliminare soltanto ciò che conoscono e riconoscono. Quindi, tutti i nuovi virus generati, che non sono ancora stati scoperti, possono passare del tutto inosservati e agire infettando il sistema senza che gli anticorpi abbiano la possibilità di intervenire. Inoltre, l'antivirus è capace di arrestare un virus soltanto quando questo è entrato all'interno del computer. Ne consegue che l’infezione di un file o della memoria ha già avuto luogo. A questo punto, a seconda del germe infettante, il file o la memoria possono essere "disinfettati" eliminando completamente il virus o, in certi casi, essere messi in quarantena per rintracciare il file contagiato e toglierlo per impossibilità oggettiva nel recuperare il file originario. Allo scopo di combattere il fenomeno, inizialmente si è investito nella sperimentazione relativa ai programmi che maggiormente permettono la diffusione dei virus: i client di posta elettronica e i browser, due tipi di programmi che consentono l'accesso diretto alla posta e alla navigazione. Ma non basta. La tecnologia definita “euristica”, ad esempio, è una componente antivirus che opera per scovare anche programmi maligni sconosciuti, cioè non contenuti nel database dei malware. Detta tecnologia non sempre garantisce buoni risultati. I computer connessi ad Internet, infatti, necessitano di una protezione ulteriore: il firewall. Questo “muro di fuoco”, che a sua volta deve essere ben configurato e correttamente installato, consente di bloccare i virus, anche sconosciuti, prima che questi entrino all'interno del proprio computer e permette anche di bloccare all'interno alcuni virus presenti nel computer, evitando così di infettare la Rete a cui ci si è collegati. Le nuove frontiere in materia antivirus vedono all’opera esperti per impedire gli attacchi: minacce come virus travestiti da antivirus, o nuovi fenomeni come “exploit” sono oggetto di attente analisi. In particolare Exploit, che ha già infettato oltre 70 milioni di pc nel mondo, appartiene a una nuova generazione di attacchi informatici che non opera secondo le modalità dei virus attivi fino a qualche anno fa, i quali distruggevano il contenuto degli hard disk o della posta elettronica o, ancora, bloccavano e cancellavano le pagine web dei siti più cliccati. Esso agisce, invece, in maniera subdola, aspettando silente per mesi e distruggendo tutto prima che sia possibile accorgersene. Una nuova guerra minaccia dunque la serenità dei cybernauti e dei software aziendali. Web cracker hanno di recente violato persino il più costoso programma di armamenti del Pentagono relativo al superbombardiere F-35 (copiando parte di un progetto da 300 miliardi di dollari denominato ''Joint Strike Fighter''). Appare sempre più evidente, pertanto, che quello che noi chiamiamo “mondo virtuale” è molto più reale di quanto pensiamo e condiziona le nostre vite ben oltre la nostra immaginazione. Perciò, se è consigliabile acquistare un antifurto per la casa e la macchina o dotare un’azienda del più sofisticato sistema di sicurezza, non bisogna dimenticare di installare nel pc il più recente e aggiornato degli antivirus. E, come per l’influenza, non è detto che basti... NEXTFAMILY

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FAMILY IN VOLLEY


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La pallavolo gioca in casa Travica. Dragan è un palleggiatore di serie A1 e della nazionale, suo padre Ljubo è un ex giocatore e oggi allenatore, ma non finisce qui: sua sorella Mihaela sta per sposare uno schiacciatore di Ilaria Dioguardi


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cresciuto a “pane e pallavolo”. Ventitré anni oggi, ha iniziato a giocare nove anni fa nelle Giovanili. Due metri di altezza, ricopre il ruolo di palleggiatore nell’Acqua Paradiso Monza, oltre a giocare nella Nazionale italiana. Esordisce in Serie A1 nel corso della stagione 2003-04 con la maglia della Kerakoll Modena. Suo padre è stato uno schiacciatore molto apprezzato, ha allenato per molti anni in Italia ed oggi allena la squadra del Resovia Rzeszów in Polonia. “Anche se siamo lontani, non riesco a non vedere per tanto tempo i miei parenti ed amici, li sento sempre” racconta Dragan. Dove vivete e quando riuscite a vedervi? Viviamo a Padova, ma dato che mio papà allena in Polonia, io gioco a Monza e mia sorella vive a Perugia, mia mamma fa la “zingara” andando un po’ da tutti. Adesso che io e mia sorella siamo grandi e vaccinati mia madre sta principalmente da mio papà in Polonia, ogni tanto torna a casa per vederci e per dare una sistemata, poi d'estate la nostra casa si ripopola un po’ di più! Inoltre, la mia fidanzata Viola vive tra Crema e Milano e i miei amici sono a Modena. Fino a metà novembre io e la mia squadra vivevamo a Montichiari ma facevamo le partite a Monza, poi ci siamo trasferiti del tutto. Finalmente! Hai affermato che la persona che più ammiri è tuo padre Ljubomir. Cosa ti ha insegnato e che rapporto hai con lui? Mi ha insegnato a stare al mondo. Ho imparato da lui ad essere una persona umile. Lo stimo perché è un grande amico, tutto quello che dice per me è importante. Mio padre ha lasciato casa a 14 anni, ha iniziato a studiare e lavorare in Croazia. Quando sono venuto in Italia, dopo venti giorni dalla nascita, mio padre già giocava da un po’. Torniamo sempre dalle nostre parti, non rinnego affatto le mie origini. Cosa significa per te essere figlio di una leggenda vivente della pallavolo? Mio padre è stato un grande giocatore ed è un bravo allenatore. Tanti pensavano che stessi lì perché mi chiamo Travica. Questo fatto all’inizio lo pativo, ma poi mi ha fatto crescere, mi ha rafforzato. Sono otto anni che vivo fuori casa, gestisco bene la mia vita.

E’

Papà Ljubo mi ha insegnato a stare al

mondo

e ad essere una persona

UMILE

Prima della pallavolo hai fatto calcio. Come mai hai deciso di passare dai piedi alle mani? Ero un bravo centrocampista, quando ho deciso di cambiare sport mio padre mi ha dato del deficiente perché giocavo bene e perché avrei guadagnato molto di più. Ho sempre vissuto la pallavolo insieme alla famiglia, prendevo il treno con mia sorella per andare a vedere le partite. Dopo sette anni di calcio, ho iniziato con la pallavolo, e ormai sono 13 anni che gioco. Dopo le Giovanili ho proseguito la carriera dalla serie D fino alla A1. Pensi che il doping coinvolga anche la pallavolo? Non credo che doparsi sia molto utile in questa disciplina. È uno sport aerobico, non si fatica di fiato, non bisogna correre chilo26

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In basso a sinistra, la famiglia Travica al completo: mamma Mara, papà Ljubomir, Dragan e Mihaela. Nella foto grande, l’esultanza della squadra dopo un punto

metri. Occorre fare un duro lavoro fisico, avere tanta concentrazione, seguire una corretta alimentazione, assumere proteine. È uno sport complesso, con difficili fondamentali da imparare, la tecnica è molto più importante del potenziamento. Com’è cambiata la fruizione e la pratica dello sport in un mondo sempre più tecnologico? Abbiamo la possibilità di avere più contatti con i tifosi, ma a parte questo in campo gli strumenti tecnologici finora non hanno dato buoni risultati. È stata provata la “talpa”, un congegno che contiene sensori che stabiliscono se la palla è dentro o fuori dal campo e con un segnale avvisa l’arbitro, ma ha dato problemi tecnici ed è stata tolta.

Che rapporto hai con le nuove tecnologie? Molto buono, uso Internet per tenermi in contatto con i tifosi. Io e mio padre abbiamo un sito, dove scrivo i commenti sulle partite: www.travica.net. Amo il computer, l’iPod, ho un robottino che mi pulisce casa. Quanto ti alleni durante la settimana? Ho circa 10 allenamenti, divisi tra pesi e palla. A volte ci alleniamo solo la mattina, a volte tutto il giorno, di solito il lunedì è libero. Per quali motivi i bambini e i ragazzi dovrebbero avvicinarsi alla pallavolo? Consiglio di intraprendere questo sport di squadra perché NEXTFAMILY

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è pulito, regnano l’etica e la sportività, insegna tanto: ho imparato molto di più dalla pallavolo che a scuola. Bisogna seguire una rigida disciplina, ci sono gli orari degli allenamenti, dei pasti, e se ritardi “paghi”. Insegna ad acquistare sicurezza, ad essere puntuali e rispettosi, a stare al mondo in una certa maniera, a vivere in società, a non parlare male dei compagni. È molto bello che, quando i ragazzi giocano, i genitori possono partecipare con loro alla partita e alla fine si congratulano. A volte nel calcio si assiste a scene patetiche in cui il padre sgrida il figlio se sbaglia. Come si vive la competizione in campo? È molto sana, nella pallavolo se ti arrabbi dimostri in campo le doti tecniche. Io voglio sfidare il mio avversario e sconfiggerlo. Sarà presuntuoso, ma in campo ti devi sentire il più forte. Comunque domina sempre il fairplay e alla fine di ogni partita i giocatori si stringono la mano. Non ci si scambiano parolacce e bestemmie come capita spesso tra calciatori. La pallavolo è uno sport meno popolare del calcio, che pubblico ha? Il calcio piace a tutti, la pallavolo è molto più selettiva. Chi viene a vederci è un vero appassionato, è un tifoso rispettoso dell’avversario. L’anno scorso durante le partite abbiamo raggiunto punte di 5000-6000 spettatori, di media ci seguono 4000 tifosi. Il numero dipende anche dalle squadre, ad esempio palazzetti come quelli di Macerata e Piacenza sono sempre pieni. Nel calcio spesso sugli spalti ci si insulta gratuitamente. Alle mie partite vedo sempre molti bambini, i genitori li portano perché sanno che non si rischia niente. Il tifo del bambino è il più pulito che ci sia. Negli stadi di calcio c’è meno umanità e meno rispetto. Che rapporto hai con i tifosi? Quando decido di giocare per una squadra gioco per la maglia, mi piace dare coraggio ai miei compagni e mostrare gratitudine al pubblico. La passione dei tifosi deve essere ripagata, l’interazione tra giocatori e tifosi è fondamentale. Provo tante emozioni quando vedo gli spalti pieni o una mia intervista pubblicata su un giornale: è una soddisfazione personale di grandissimo valore. A tuo avviso si può fare qualcosa per far conoscere di più la pallavolo? Un fatto positivo di quest’anno è che non c’è più Sky che fa vedere le partite ma la Rai, e gli ascolti hanno raggiunto il 15% finora. Secondo me le società devono impegnarsi ad andare nelle scuole, cercare di parlare con i ragazzi, portarli a vedere una partita. I giocatori di pallavolo conducono una vita sana: hanno la testa sulle spalle, non si drogano, non fumano, non fanno tardi la sera. Come passi il tempo libero? Le sere in cui possiamo fare tardi sono poche. Amo trascorrere il tempo libero con le persone a me care. Vado in discoteca una volta ogni due settimane. Non mi piace molto bere, amo seguire un’alimentazione corretta perché mangiare bene mi dà la carica.

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Ljubomir Travica: un papà d’arte Può dare qualche consiglio ai bambini e ai ragazzi che vogliono avvicinarsi alla pallavolo? I ragazzi che si avvicinano a questo sport trovano un ambiente pulito dove si impara a condividere e a convivere con altre persone. È uno sport di squadra, quindi a livello umano ti può far maturare molto, ti può far capire che essere egoisti non aiuta sia nello sport sia nella vita di tutti i giorni. E poi nella pallavolo, a differenza ad esempio del calcio, si tocca più spesso la palla, ed è quindi più facile essere protagonisti e divertirsi. È stata determinante la sua professione nella scelta di suo figlio di passare dal calcio allo sport? Sicuramente vedere un padre che gioca e poi allena ha influito molto sulla vita sportiva di Dragan, ma lui ha sempre preso le decisioni con la sua testa e se adesso gioca a pallavolo è perché si è accorto che gli piace molto più del calcio. Come ricade nella vostra famiglia l'educazione sportiva? È diventata la nostra mentalità. Non abbiamo paura di metterci in discussione, abbiamo l’orgoglio di voler mettere la faccia in tutto quello che facciamo. Penso che quest’educazione ci abbia aiutato a toglierci tante soddisfazioni. Che rapporto ha con Dragan? Da uomo a uomo. Siamo due persone che ci vogliamo molto bene perché ci stimiamo e siamo orgogliosi l’uno dell’altro. Non abbiamo avuto tanto tempo per stare “fisicamente” insieme a causa del nostro lavoro, ma nella nostra famiglia c’è un’unione che va al di là del semplice abbraccio o del pranzo della domenica tutti insieme. Siamo molto fieri di noi. Sua figlia è fidanzata e si sposerà con un pallavolista, siete proprio la "famiglia del volley"… Mihaela e il suo fidanzato Cristian si sposeranno il 6 giugno 2010. La cosa importante è che mia figlia sposi prima di tutto un uomo che la faccia stare bene, poi che sia un pallavolista non c’entra più di tanto. Lei è sempre stata una ragazza modello: semplice, educata, responsabile, bella e bravissima a scuola. Ora sta per fare un grande passo per la vita di ogni donna, si sposa. Vedo che è felice, per un genitore è fondamentale, ne vado molto fiero. Nelle foto grandi, Dragan in alzata e in “borghese” insieme al papà. Nella foto piccola, la sorella Mihaela con il fidanzato Cristian Savani (le nozze sono fissate a giugno 2010)

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sfizi natalizi FioccanoLeIdee

dvd hi-tech in casa e fuori


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Quindici originali proposte da INCARTARE

dischi

libri


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SVEGLIA, PAPÀ! D’accordo, i padri in genere sono quelli che dovrebbero svegliarsi per primi, ma non sempre è così, non è più così da un pezzo. Ad ogni modo, ecco un’orologio sveglia che è molto di più. Non farà il caffè, ma la Photo Alarm Clock (Hannspree) fonde digital watch, sveglia, calendario, radio in fm e cornice digitale per far scorrere le migliori e più care istantanee. Naturalmente in una sinfonia di accompagnamento grazie all’mp3 incorporato. Il tutto per soli 50 euro.

UN PC PER OGNI BIMBO L’utopia di Nicholas Negroponte di dare un pc ad ogni bambino esistente al mondo sembrava destinata a restare tale. E invece i più piccoli, sparsi per i continenti, stanno davvero ricevendo questo strumento che, oltre all’acqua e al pane, potrebbe diventare un segno di civiltà del futuro. È un piccolo, portatile amico l’XO-1, un laptop già sceso per le feste intorno ai 50 euro. Il progetto è chiaro e semplice: dare a ogni bambino l'accesso alla conoscenza e alle moderne forme di educazione. La sua forma è resa più accattivante dalle alette verdi che sembrano le orecchie a trombetta di Shrek.

GUARDAROBA VERTICALE Non è un letto per fachiri, ma invita al libero lancio dei vestiti. Si chiama Wardrom ed è il guardaroba che valorizza il disordine, esteticamente gradevole e adatto ai giovani del nuovo millennio. Pensato per un’applicazione modulare o in una soluzione più libera con elementi singoli fissati al muro, è costituita da peli in pvc semirigido che consentono l'accoglienza casuale di ogni tipo di indumento. www.allaboutpaula.com

THE NEXT WORLD Originale e divertente, il primo mondo virtuale 3D in lingua italiana ti aspetta! Scoprirai una realtà nuova, fatta di giochi, chat, eventi, business e molto altro. Ma non finisce qui, thenextworld.it premia con oggetti “reali” tutti gli utenti che amano conoscere nuove persone, invitare gli amici nel mondo e dunque arricchire la propria “lista amici”. Non perdere l’occasione, preparati a viaggiare in un nuovo mondo!

VIAGGI ILLUMINATI

CON LE SCARPE CHE FAN CIC CIAC Ideali per difendersi dagli acquazzoni improvvisi, queste galoches occupano poco spazio e si possono tenere in borsa. Si infilano sopra ogni tipo di scarpa, anche con il tacco, riparano completamente dalla pioggia fino al polpaccio. In materiale plastico resistente e idrorepellente, con tomaia antiscivolo pieghevole e talloncino da incollare all’interno, per renderle ancora più resistenti. 38 euro. www.shuella.it

Niente a che vedere con Siddharta o Chatwin. Questa lampada da tavolo o da divano con bulbo-globo può essere un’ottima compagna di salotto per sognare e, perché no, progettare itinerari capaci di far uscire tutta la famiglia dal guscio domestico. Il sistema di illuminazione si innesta su un’asta in acciaio cromato di 82 cm., il suo nome è Mappamondo Sten Reflection (Atmosphere). 249 euro.

APRITE QUELLA PORTA Delizioso, terrificante, intelligente, forse uno dei migliori titoli dell’anno che finisce, anche in una spettacolare e curatissima edizione in Blu-ray Disc. Si tratta di Coraline e la porta magica, un regalo anche per i grandi. Firma la regia Henry Selick, autore anche della sceneggiatura basata sul libro di Neil Gaiman. Le avventure di questa novella Alice nel paese degli incubi reali sono orchestrate da Bruno Coulais.


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EROI DELLA CONSOLE

IL RITORNO DI CAMPANELLINO L’abbiamo amato al cinema e ora anche sul piccolo schermo può diventare un oggetto da collezione per tutta la famiglia. Si tratta di Trilli e il tesoro perduto. In autunno Trilli e le fate lavorano sodo per tramutare l'estate in questa stagione un po’ grigia. Mentre tutti sono indaffarati con i preparativi della Festa autunnale Trilli, la simpatica lucciola Brillo e il folletto Terence partono in mongolfiera per un emozionate viaggio segreto. Dirige Klay Hall, distribuisce Walt Disney Studio Home Entertainment.

PER SUPER NONNI Suggerimenti pratici per i nonni del terzo millennio che si trovano ad affrontare problematiche e difficoltà con i nipoti. Il libro del super nonno. Il nonno migliore del mondo e Il libro della super nonna. La nonna migliore del mondo di Maloney Alison (De Agostini, pp. 160, euro 7,90), con una divertente grafica vintage, è utile per chi è alle prese con il primo nipote e per chi vuole essere comunque super!

Con Xbox 360 o PS3 il sogno di ogni adolescente e non solo si realizza. Parliamo di DJ Hero, l’ultimo rhythm game della Activision. È un "simulatore di DJ" che consente di mixare e creare nuove tracce a partire da basi e campionature varie, seguendo brani di personaggi del calibro di Jay-Z, Eminem, Daft Punk, 50 Cent, Beastie Boys, Dj Shadow, Gorillaz, Gwen Stefani e Grandmaster Flash, oltre alla collaborazione di David Guetta, i cui mix esclusivi per il gioco sono messi a disposizione come contenuti scaricabili.

BIANCA E NERA Lei è bianca, bianchissima. Ma la sua voce è nera, nerissima. Joss Stone, inglese di Denver, debuttava solo sei anni fa con Soul Session e si affermava quale raffinata ma anche potente interprete di una musica tutta sua, impastata al soul e al rythm&Blues d’oltreoceano. Oggi un ottimo pensiero da donare durante le feste è il suo nuovissimo disco Color Me Free.

UN COLOSSO DA OSCAR FUMETTI DALLA A ALLA Z Un dizionario che di ogni personaggio vuole mostrare “l’identità più profonda, la sua ragion d’essere” afferma l’autore Luca Raffaelli. Nel suo libro Tratti & ritratti (Minimum Fax, pp. 390, euro 17,50) ha raccolto gli eroi dei fumetti “dalla A di Alan Ford alla Z di Zagor”, come suggerisce il sottotitolo.

100 ELVIS PER TE In occasione di quello che sarebbe stato il settantacinquesimo anno d’età di Elvis Presley, la Sony BMG/Legacy Recordings ha deciso di onorare la sua gloriosa memoria con la pubblicazione di uno speciale cofanetto natalizio. Elvis 75: Good Rockin’ Tonight. Cento brani cento...

I nonni e i papà riconosceranno i suoi interminabili e coloratissimi grappoli di note che letteralmente schizzavano, eleganti, dal suo pianoforte. Stiamo parlando di Oscar Peterson, gigante della musica jazz. Il Natale è un’ottima occasione per riascoltarlo, perché cattura anche i non jazzofili. Si consiglia il triplo cd dell’etichetta BIG3 Piano Colossus (un chiaro riferimento al mitico disco “Saxophone Colossus” di Sonny Rollins).

CIOCCOLATO CHE PASSIONE È ricco di foto e di molte ricette, anche originali, per brownies, muffins, torte classiche, mousse, lecca lecca, biscotti, cookies, tortini, pasticcini… Orathay Souksisavanh e Vania Nikolcic sono accomunate sin dall'infanzia da una passione: la cucina. Orathay è una cuoca specializzata, Vania è una grafica, diplomata in Belle Arti, e hanno scritto a quattro mani Le basi del cioccolato (Guido Tommasi, pp.256, euro 25).


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LA LUCE

OLTRE LA SIEPE Quando il paziente non si sdraia sul lettino, ma passeggia nel parco. Ăˆ la garden therapy di Paola Guarnieri


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mo la natura quando mi circonda da tutte le parti e poi si svolge in lontananza fino all’infinito” scriveva Tolstoj alludendo a ciò che si prova nel perdersi in uno spazio naturale per sentirsi parte di un processo più grande e sconfinato. Che si tratti di distese selvagge o di giardini costruiti artificialmente il contatto con la natura porta dei benefici innegabili. La sorpresa di una pianta appena fiorita o di un albero che dà i suoi primi frutti, il profumo della terra o dell’erba, sono emozioni che restituiscono gioia e benessere. È da questo atteggiamento che medici, architetti, paesaggisti e psicologi sono partiti per dare vita ad una vera e propria disciplina scientifica nota col nome di ecoterapia. Sono nati così i giardini terapeutici, aree verdi progettate con la collaborazione di architetti del paesaggio, costruiti spesso vicino a scuole, ospedali, ospizi, carceri e centri educativi per ragazzi. Ce ne sono ovunque nel mondo e servono a curare lo stress, l’ansia, la depressione, ma anche l’Alzheimer e la dipendenza dalla droga. “Si tratta di spazi costruiti per il benessere di determinate categorie di persone la cui struttura varia a seconda delle esigenze – spiega la psicologa ed ecoterapeuta Silvia Stella (nella foto). “Per esempio per i malati di Alzheimer ci sono giardini che oltre ad offrire una buona stimolazione sensoriale in termini di colori, di odori ed anche di riferimenti spaziali, permettono di orientarsi, hanno cioè un percorso che non permette di perdersi, un percorso fatto molto spesso ad anello”. Ci sono anche giardini terapeutici costruiti apposta per bambini? In questo caso le caratteristiche sono diverse. C’è la possibilità di interagire di più con il paesaggio, per esempio attraverso piccoli nascondigli che danno anche un senso di gioco e di mistero che i bambini apprezzano. Sono giardini abitabili costruiti non solo per i bambini, che possono essere utilizzati dalle mamme a passeggio con i loro piccoli o da qualsiasi insegnante con la propria scolaresca.

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Che caratteristiche hanno invece i giardini pensati per curare portatori di handicap o quelli che aiutano a disintossicarsi dalla droga? Nel primo caso ci sono per esempio giardini per non vedenti dove la stimolazione sensoriale è molto forte, sia olfattiva che uditiva. Nel secondo, l’esempio più riuscito è quello del giardino di Meanwhile, a Londra, dove i ragazzi possono coltivare piante o imparare una professione. Qual è la funzione benefica del giardino? Si tratta di giardini in cui è possibile interagire perché potersi prendere cura di un altro essere vivente, in questo caso una pianta, e dover rispettare dei tempi, dà un senso del limite, di responsabilità, del passare del tempo e aiuta a socializzare e a vincere l’isolamento. Dà anche un senso di piacevolezza nel potersi sentire parte di un’altra vita. Nei giardini si può interagire, ma si può anche semplicemente passeggiare? È la semplice vista del giardino, del verde a portare effetti benefici sulla persona. Ecco perché tanti giardini terapeutici sorgono nei pressi di strutture ospedaliere. Secondo una ricerca realizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla relazione fra benessere del paziente e ambiente, i pazienti le cui stanze si affacciano sui muri di mattoni necessitano di una maggiore quantità di analgesici e di tempi di recupero più lunghi rispetto ai pazienti che dal loro letto vedono un paesaggio naturale. Studi analoghi dimostrano che la luce solare e il contatto con il mondo naturale riducono il livello di ansia del paziente. Negli Stati Uniti esistono oltre 150 ospedali dotati di giardini usati in programmi terapeutici. Che tipo di piante si possono trovare in questi giardini? Di solito piante autoctone perché è importante la riconoscibilità di un paesaggio. Delle piante esotiche che magari stentano a crescere in un giardino danno un’idea di sofferenza. Tra le piante le più adatte a tale attività sono considerate quelle da fiore e quelle aromatiche. Le piante con fogliame villoso stimolano sensazioni piacevoli nei malati di Alzheimer e negli individui che necessitano di un contatto vivo. Ci sono poi determinate piante che attirano degli uccelli e creano un sottofondo naturale di estrema piacevolezza.


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L’Italia dei giardini

In Italia l’ecoterapia esiste e, è il caso di dirlo, ha già dato parecchi frutti. A Roma c’è per esempio la Casa Dago, gestita dall’Associazione per la riabilitazione dal coma dove si pratica la horticultural therapy. Qui i ragazzi svegliatisi da un coma più o meno lungo vengono aiutati a curare i postumi del trauma con l’orto-flori-frutticultura: curando fiori e piante viene accresciuta la loro capacità di attenzione e di responsabilità. Curare le piante cioè, aiuta a curare se stessi. Nel Centro diurno “Costa Bassa” di Monza gli anziani con problemi di autonomia vengono coinvolti nella coltivazione di ortaggi e frutta al fine di sollecitarne la riabilitazione motoria, sensoriale e psicologica. Le residenze protette di Mirandola (Modena) e di Parma sono invece dedicate agli anziani affetti da demenza senile e dal morbo di Alzheimer. La Fondazione Gaslini a Genova, infine, sta realizzando un giardino terapeutico e un percorso didattico riabilitativo per bambini.

Tra le piante più indicate alla garden therapy ci sono senz’altro quelle

da fiore e le specie appartenenti alle aromatiche.

Quelle dal fogliamo villoso, invece, sono ad esempio idonee per trasmettere piacevolezza ai malati di ALZHEIMER

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Una giornata al parco Siamo in Francia, nel cuore della città di Nancy. Passeggiando tra i vialetti del Giardino dell’Orologio, pensato per curare i malati di Alzheimer, c'è chi si ferma ad ammirare i cespugli di fiori rossi, chi raccoglie le mirabelle in un paniere, chi staziona davanti enormi sculture in pietra e chi siede a risposare o a chiacchierare su una panchina. Nato nel 2007, il giardino è gestito dal servizio di riabilitazione all'orientamento geriatrico dell'ospedale Paul-Spillmann che accoglie 44 posti letto anche se dal personale spiegano che le liste d'attesa sono lunghissime. "Il giardino è stato progettato per avere dei punti di riferimento perché i pazienti hanno difficoltà a orientarsi. Sono dei cammini circolari, senza vicoli ciechi. E poi il giardino cambia a seconda delle stagioni" spiega Therese Jonveaux, medico responsabile del progetto dell'ospedale che, come i suoi colleghi, è convinto che l'approccio medico non sia sempre risolutivo. Spesso infatti la stimolazione cognitiva si rivela il metodo di cura più efficace. "Tre aspetti lo rendono unico - prosegue Jonveaux - l'estensione, circa quattromila metri quadrati, l'idea di progettazione basata sulla neuropsicologia e una dimensione artistica affidata ad un medico scultore, il dr Reinhard Fescharek". Il giardino dell'orologio è uno spazio chiuso, quindi sicuro, diviso in quattro zone, ognuna dedicata ad un elemento naturale: l'acqua, Il fuoco, l'aria e la terra. Un piccolo angolo di paradiso per i malati e anche per il personale medico che può incontrare i pazienti ed effettuare le sedute di riabilitazione all'aperto. “Anche i familiari vengono più volentieri a far visita ai parenti malati, soprattutto i bambini” conclude Jonveaux – “sono incontri molto significativi visto che sono proprio i legami familiari i primi ad essere messi in discussione dalla malattia di Alzheimer”.

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PASTORI SI NASCE Dall’alba al tramonto, transumante o stanziale, una vita dura e fatta con passione. Per questo è tra le professioni in via di estinzione. Ne abbiamo parlato, sul campo, a zero gradi, nebbia bassa e nevischio, con Emidio Rascelli di Poggio Cancelli, nella provincia aquilana

testo e foto di Riccardo Palmieri


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ltro che computer. “Quello lo lascio usare a mio figlio, io neanche lo tocco” afferma Emidio Rascelli, 49 anni, professione pastore. Lui, naturalmente, non ha bisogno della tecnologia per fare il suo lavoro, un lavoro duro, fatto di pazienza, tenacia, amore. “È un mestiere che scompare, il mio” prosegue il signor Rascelli “ormai siamo rimasti in pochi, pochissimi e già la generazione dopo la mia non ne vuole neanche sentir parlare di guardare il gregge e non mollare mai lo stare sul campo, con qualsiasi clima, prendendosi cura di ogni aspetto della vita delle pecore. Ne ho 350” prosegue con giusto orgoglio il signor Emidio “insieme a 25 mucche, 12 capre e un cavallo. A svegliarsi poco prima dell’alba e andare avanti fino al tramonto, comunque, mio figlio c’è abituato, perché per andare a scuola a L’Aquila si alza presto anche lui, alle cinque del mattino”. Privo di cavi a fibra ottica, di connessione a Internet, di mouse, l’ufficio del signor Emidio si trova a 1315 metri, sulla strada che da Amatrice porta al Lago di Campotosto, nell’aspro e folto Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, un posto che in autunno va facilmente sottozero (al tempo dell’intervista, il 17 ottobre scorso, nevischiava), mentre d’estate si secca talmente che Emidio e i suoi rari colleghi faticano sempre più a trovare l’erba giusta da far brucare alle pecore. Per chi vive in una città sembra quasi anacronistico che esistano i pastori, inutile negarlo, e infatti anche Emidio sottolinea di essere uno degli ultimi ad esercitare un mestiere “che si fa per passione, solo per passione. Non è proprio una vocazione ma semplicemente ci si nasce, pastori. Lo faceva mio padre e prima di lui mio nonno. Io non ho fatto altro e non voglio fare altro, gli animali mi piacciono e i miei li conosco uno per uno, ognuno di loro ha un particolare carattere, che impari a distinguere”. Sempre agli occhi di un cittadino, appare incredibile che una persona riesca a riconoscere un belato rispetto a un altro in un gruppo, per esempio, di una trentina di pecore. “Eppure è così” conferma Emidio. “Ogni animale, come ogni persona, ha la sua voce, e ormai io sono in grado di sentirli, di capire, per esempio quando una pecora chiama un piccolo anche da grande distanza, o il figlio cerca la madre. Si chiamano e si trovano, osservo i loro movimenti. E poi ho un ottimo aiutante che si chiama Willy” (foto a lato). L’aiutante di campo in questione è un simpaticissimo e inarrestabile border collie che corre, salta, insegue, accerchia, sospinge il gregge invitato da Emidio con precisi e secchi fischi o incitamenti vocali. È praticamente il suo secondo. “In realtà la bisnonna di Willy era una collie e il nonno un border collie” precisa Emidio “e poi ci sono anche altri cani, come il figlio di Willy, che ha soli otto mesi e già lavora come un adulto”. Aiutato nei momenti più intensi dell’attività da un lavorante rumeno, Emidio produce un ottimo formaggio dal latte dei suoi animali e una piccola parte di essi rende in carne da macello, anche se lui stesso se ne rammarica un po’.

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“Perché alla fine ti affezioni ad ognuno dei tuoi animali, non è che gli do un nome ma li conosco uno per uno, conosco la loro storia e quindi mi dispiace sacrificarne qualcuno, ma con il mio lavoro ci campo la famiglia. Anche se mia moglie ogni tanto si lamenta che non sono molto presente, con lei e i nostri figli, questo è il lavoro che faccio. Il pastore stanziale. E devo stare con le mie pecore, posso rilassarmi qualche minuto al giorno ma non molto di più”. A proposito, e per la cronaca, il signor Emidio (nell’altra pagina, foto piccola) ha quasi 50 anni e, come ci spiega “in 50 anni non mi sono preso un giorno di ferie, ma stare qui è bello: sporco, strappato, all’aria aperta, non ho mai avuto voglia di andarmene, questo mestiere bisogna averlo nel sangue, altrimenti non riesci a farlo”. Emidio riconosce che è una vita sacrificata, non si hanno orari. “Non posso lasciare le pecore più di dieci minuti perché se arrivano i cinghiali è finita”. Quello del pastore è “un mestiere che finirà” ribadisce “pensate che negli anni ’50-’60, ai tempi di mio padre, le pecore nella zona erano 20.000 mentre oggi sono appena un migliaio”. Seguiamo lentamente il gregge che si sposta da un’altura erbosa all’altra, con una nebbia che è talmente radente da mescolarsi al manto lanoso degli animali. Ci sono parecchi agnellini. “Alcuni di loro sono nati da meno di un’ora” ci informa Emidio “hanno ancora il cordone ombelicale, così come le loro mamme”. Occhi azzurri, il volto segnato dal vento e dalla temperatura, Emidio si illumina quando parla dei suoi animali. Non soffre di solitudine. “Ci sono abituato, sto bene così. Poi certo capita. In questo silenzio… gli animali che strillano, una pecora che deve partorire alle due, alle tre di notte. Una volta tra pastori ci si intratteneva lanciandosi poesie, ottave in rima, da un terreno all’altro, improvvisate, adesso però non si fa più, non c’è quasi più nessun poeta contadino. Io ci ho provato, ma non mi vengono bene”. Abbiamo avuto il piacere di conoscere Emidio grazie all’amico comune Luciano Berardi, anch’egli natio del paese dell’aquilano Poggio Cancelli, figlio di pastori ed oggi tra i punti di riferimento dell’antiquariato, romano e internazionale. Emidio, che a sua volta ha un cugino che da piccolo ha fatto il pastore e oggi è un insegnante di lettere in pensione e scrive libri, non scherza quando sostiene che “non esistono più le mezze stagioni”. Per lui non è una battuta snob alla Nanni Moretti ma una realtà, un’amara realtà climatica che ha alterato per sempre il suo modo di lavorare e, in parte, il suo destino. “D’estate c’è ancora la transumanza” spiega “tra settembre e ottobre i pastori mettono i loro animali sugli autotreni e vanno verso Roma, per tornare nuovamente in primavera, alla ricerca dell’erba buona. Ora però d’estate si secca tutto troppo rapidamente, vent’anni fa non era così. L’equilibrio è stato spezzato, non abbiamo più i temporali regolari, adesso una pioggia può essere anche improvvisa e disastrosa. La natura è perfetta, siamo noi che la roviniamo”. Lui, Emidio, cerca di non farlo, produce il suo formaggio biologico al cento per cento: “Solo latte e sale, nel mio laboratorio autorizzato, nessun conservante chimico a parte il letame nei campi. Faccio il formaggio come si faceva cinquant’anni fa”. E ha tutto un altro sapore.

Non è proprio una

vocazione ma semplicemente si nasce PASTORI

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PARI E DISPARI Donna oggi, non solo nel corpo e non solo in Italia. Una perlustrazione con dati e testimonianze alla mano, tra lavoro, famiglia e, purtroppo, violenza di Paola Guarnieri


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ggi nel mondo mancano più di cento milioni di donne”, lo ha scritto il premio nobel Amartya Sen in un famoso saggio del 1990 pubblicato sulla New York Review of Books. Chi l’avrebbe mai detto che nel XXI secolo ci saremmo ritrovati a rimpiangere la mancanza del gentil sesso? Sarà colpa della crisi, direbbero i più scettici e misogini, ma a guardare dati, statistiche e previsioni, in tempo di recessione investire nelle donne può rappresentare un’opportunità piuttosto che un problema. Anzi, in molti casi può essere persino la soluzione al problema. Ne è convinta Isabella Lenarduzzi, imprenditrice e fondatrice di Jump, network europeo dedicato alla promozione della carriera femminile. “È un dato di fatto che le donne oggi non sono sufficientemente rappresentate agli alti livelli dell’economia. Eppure in Europa il 60% dei laureati sono donne. Dovremmo chiederci “se le donne fossero state più presenti nelle alte sfere della finanza, la crisi esisterebbe oppure no?”. Siccome non è più possibile dare una risposta bisogna affrontare il problema tenendo presente che i periodi di crisi portano con sé grandi cambiamenti. Oggi le aziende, se vogliono superare la crisi e risolvere i problemi, devono investire sulle donne e sul concetto di diversità. Non è solo questione di essere uomo o donna, ma di avere modi di pensare differenti. Registrare uomini e donne in uguale percentuale a livel-

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Una Rete per abbattere il soffitto di vetro

Anna Danti, della direzione generale impresa e industria alla Commissione europea, illustra il panorama dell’imprenditoria femminile, le politiche nazionali per favorirla e la rete di esperienze che hanno dato vita al Network europeo per l’imprenditoria femminile. Quali sono i settori che contano il maggior numero di donne come imprenditrici o comunque in posizioni di vertice? Soprattutto nei lavori legati al settore dei servizi, cioè salute, istruzione e previdenza. Quelli dove invece ce ne sono meno sono l’ingegneria, l’edilizia, la ricerca: e queste sono proprio le aree dove cerchiamo di promuovere di più la presenza delle donne, perché è lì che si concentra l’innovazione. I Paesi dove ci sono più imprenditrici? Sembra strano ma sono quelli del Sud Europa: Cipro, la Grecia, l’Italia e la Spagna. Ma ciò non è dovuto alle opportunità che in questi Paesi vengono offerte alle donne, quanto a una questione di necessità. Spesso si tratta di lavoratrici dipendenti senza tutele sindacali costrette per questo a dichiararsi libere professioniste. È un fenomeno che chiamiamo “imprenditoria del pull and push”, che vuol dire che le donne diventano imprenditrici perché non ci sono altre possibilità di impiego. Però sono le imprese del Nord Europa guidate da donne a registrare il più rapido tasso di crescita. È vero, perché lì c’è più innovazione. Nel sud prevalgono ancora i legami familiari e anche dove c’è una donna a gestire l’azienda, il suo spazio d’azione è limitato perché deve sottostare a dei meccanismi imposti dal capofamiglia. Alla fine è sempre l’uomo a dettare legge. Al nord questo non esiste, le donne mettono su un’azienda da zero e possono farsi le regole da sole. Il Network per l’imprenditoria femminile appena lanciato dalla Commissione rende note anche le strategie dei governi europei per spingere le donne a intraprendere la carriera di imprenditrici. Quali sono queste strategie? Ogni Paese ha particolari problemi da risolvere e propone soluzione differenti. Per esempio, in Francia e in Spagna esiste una rete di assistenza ai bambini per le mamme che lavorano in aziende dove non è previsto questo servizio. In Olanda e in Finlandia ci sono piani di microcredito per le donne che vogliono mettere su un’attività. Nel Regno Unito, in Irlanda e in Norvegia esistono corsi statali rivolti a donne imprenditrici, dove si spiega come compilare un business-plan, come richiedere fondi e altri problemi concreti. La Polonia ha lanciato il programma e-mentoring che dà la possibilità di avere un consulente on-line sempre a disposizione.

Nel mondo milioni di donne sono in stato di autentica , oppure sono vittime di ogni forma di VIOLENZA

schiavitù

lo dirigenziale vuol dire prendere in considerazione diversi punti di vista e diverse soluzioni”. Nonostante le statistiche confermino che in tutto il mondo le aziende che hanno investito nel genere femminile sono quelle che hanno trovato risposte più efficaci alle difficoltà, sono ancora troppi i Paesi dove le donne subiscono pesanti discriminazioni. Non parliamo solo di disparità di stipendi o di molestie da parte del capoufficio. Nel mondo milioni di donne sono in stato di vera schiavitù o vittime di ogni forma di violenza. Si va dalla violenza domestica, che comprende i crimini d’onore, i matrimoni forzati, le percosse, lo stalking, alla violenza sulla salute nella forma del contagio da Hiv-Aids o alla morte per parto. C’è poi la violenza più inaccettabile, che ha come oggetto le bambine e si manifesta con pratiche come l’infanticidio, la selezione sessuale pre-natale o il divieto di accesso all’istruzione. Anche nei conflitti armati sono le donne le prime vittime di violenza (il 90% se si considerano anche i bambini). In molte zone del pianeta, poi, lo stupro sistematico è considerato una vera arma di guerra. Proprio la lotta contro la violenza sulle donne è stata al centro della Conferenza internazionale che lo scorso settembre ha riunito a Roma i rappresentanti di molte nazioni, durante la quale il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha ribadito che “è auspicabile che tutti i Paesi, le organizzazioni e le associazioni delle donne possano lavorare insieme per fare in modo che vengano definite leggi nazionali e specifiche azioni contro la violenza sessuale e di genere. La parità di genere è uno degli obiettivi di sviluppo del Millennio e la discriminazione spesso si nutre e si accompagna alla violenza”. A dimostrare quanto la lotta alla violenza e alla discriminazione siano presupposti fondamentali per lo sviluppo del pianeta, l’Italia, ha ribadito il Ministro Frattini, “ha assunto questo obiettivo come prioritario e si è impegnata a sostegno delle vittime di violenza sessuale e domestica in Albania, Afghanistan, Libano, Mozambico e Africa Occidentale. Di particolare rilievo a NEXTFAMILY

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questo riguardo è l’iniziativa realizzata nel 2004 nei Territori Palestinesi, che ha dato vita, a Betlemme, ad un centro in grado di offrire, pur in un contesto particolarmente difficile, non solo protezione alle donne, ma anche prevenzione e sensibilizzazione della comunità e dei media sui temi della violenza domestica”. Schiavizzate, emarginate, private dell’istruzione e delle cure mediche le donne subiscono dunque ancora oggi ogni genere di violenza. E questo non accade solo nei Paesi in via di sviluppo. Anche nei Paesi civilizzati, nel tanto progredito Occidente, le donne sono discriminate soprattutto sui posti di lavoro, dove subiscono violenze fisiche, psicologiche, sessuali ed economiche. Una discriminazione che si manifesta come difficoltà di accesso al mondo del lavoro, disparità di condizioni salariali (a parità di incarico le donne percepiscono il 17% in meno dei colleghi maschi), difficoltà di associazione sindacale, minori opportunità di carriera (il 44% dei lavoratori sono donne, ma solo il 32% sono dirigenti d’azienda), difficoltà di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa e maggiore vulnerabilità sul mercato in periodi di crisi. Sembra, però, che il cosiddetto soffitto di vetro, quel confine invisibile nella carriera delle donne oltre le quali non riescono a salire, stia mostrando qualche crepa. È un dato di fatto che nei Paesi dove le donne sono emarginate prevale la cultura carica di testosterone che alza il livello di conflittualità sociale. Accade nei Paesi musulmani, più colpiti dal terrorismo, dove le donne hanno livelli di istruzione molto bassi e sono poco presenti nel mondo del lavoro. Sono stati gli economisti i primi a comprendere questa dinamica, dal premio Nobel Amartya Sen al fondatore della Microsoft Bill Gates: tutti concordano sulle opportunità che può dare alla società e all’economia investire sull’altra metà del cielo. Proprio qualche tempo fa Bill Gates, durante una conferenza in Arabia Saudita, si è trovato a parlare davanti ad una platea composta per quattro quinti da uomini e solo per un quinto da donne. Quando uno degli ospiti dalla platea ha attirato la sua attenzione dicendo che l’Arabia Saudita puntava a diventare uno dei dieci Paesi tecnologicamente più avanzati del mondo entro il 2010, Gates ha risposto: “Beh, se non usate metà del talento del vostro Paese non arriverete molto vicino ai primi dieci”. Secondo uno studio condotto in Kenya dall’economista di Harvard Michael Kremer, il modo più efficace per migliorare il rendimento scolastico nei Paesi poveri non è fornire libri di testo gratis o programmi di finanziamento per gli studenti più meritevoli, ma offrire alle ragazze più capaci una borsa di studio per proseguire gli studi. Il messaggio deve essere arrivato alle orecchie di Barack Obama, il quale, memore forse della lezione della madre (quando lavorava per combattere la fame in Indonesia fu una pioniera del microcredito alle donne) ha creato il Council of women and girls, di cui fa parte Hillary Clinton. Anche l’Europa ha iniziato a scommettere sul fattore D e per aumentare la percentuale di donne imprenditrici (attualmente tre dirigenti su dieci sono donne e solo una su dieci siede nei consigli d’amministrazione delle grandi aziende) la Commissione di Bruxelles ha lanciato un Network per l’imprenditoria femminile. Speriamo che questi sforzi servano a far sì che il sole inizi ad illuminare anche l’altra metà del cielo.

“Per diventare imprenditrici bastano buone idee e fiducia in se stesse”. Parla la vincitrice del premio come migliore giovane imprenditrice europea È donna, ha 24 anni e da cinque è a capo di aziende di successo. È un esempio di come sia possibile trasformare un problema in opportunità, di quanto conti oggi essere creativi e credere in se stessi. Ha cominciato da zero e grazie a coraggio e determinazione ce l’ha fatta. Therese Albrechtsson, svedese, è la vincitrice del premio come migliore giovane imprenditrice europea del 2008. Esaminiamo con lei la questione. Quando hai deciso di diventare imprenditrice? Avevo diciannove anni, dovevo ancora finire la scuola e lessi di un’iniziativa chiamata join enterprise . L’esperienza mi piacque, così invece di iscrivermi all’università come i miei amici, decisi che avrei aperto una mia azienda nel campo del body guard e della sicurezza personale. Come mai ha scelto questo settore? Perché in quel periodo mi capitò una brutta disavventura. Ero in un pub con degli amici e fui drogata senza saperlo. Il giorno dopo lessi sul quotidiano locale che altre cinque ragazze avevano subito la mia stessa disavventura, in più erano state violentate. Decisi che avrei fatto qualcosa. Come ha trovato i soldi necessari ad avviare l’impresa? È stata dura, perché avevo solo 19 anni e nessuno si fidava di me. Ho lavorato allora di fantasia. E così scrissi ai giornalisti delle testate locali raccontando la mia storia. Uno di loro accettò di scrivere un articolo su di me chiedendo ai lettori di fare donazioni per sostenere il mio progetto. Ho ricevuto risposte da undici persone e messo insieme una somma di cinquantamila euro. Chi l’ha sostenuta in questo progetto? I miei amici e la mia famiglia. Ricordo che mio zio mi disse che se avessi lavorato come impiegata avrei percepito il 3% del fatturato annuo, come imprenditrice potevo avere il 300%. Disse: “Therese, io credo in te!” .Il tempo ha dimostrato che aveva ragione. Dopo cinque anni ho venduto quell’impresa e ho assunto quote associative in tre diverse aziende. Ho scritto un libro per raccontare la mia esperienza e incoraggiare giovani donne come me a diventare imprenditrici. Cosa dice a quelle donne? Di non pensare ai problemi, di pensare alle opportunità e a quello che si vuole fare e alle proprie capacità. Ma soprattutto di credere in se stesse.


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RELIGIONE

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Il valore di un gesto rimane quello. Non credo che l’eroismo di generosità di uno che si dichiara ateo sia meno importante di quello compiuto da uno che si dichiara invece credente Ermanno Olmi di Carmelo Schininà


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RAGIONE


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Alessandro Meluzzi: “La laicità? Un metodo di lavoro” ede o ragione, spiritualità o relativismo, quale la scelta giusta? Viviamo in uno stato laico, che rifugge da qualsiasi mitologia ufficiale, ideologia o religione di Stato, e che sempre più spesso è in disaccordo con la Chiesa. I loro rapporti, sottoscritti e regolati a suo tempo dai Patti Lateranensi, non sono più quelli del Concilio Vaticano II, e preferiscono piuttosto lo scontro al dialogo. Che valore ha essere laico e poter scegliere per sé oggi? Ne parliamo con lo psichiatra e opinionista Alessandro Meluzzi. Wikipedia riporta la seguente definizione di laicità: “rivendicazione, in senso politico e sociale, da parte di un individuo o di un’entità collettiva, dell'autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso altrui”. Meluzzi, oggi è ancora così? Laico deriva dal greco Laikòs, “non ecclesiastico”, un termine usato fin dai primi tempi della cristianità per indicare ciò che non era “direttamente consacrato”. Che le decisioni degli individui siano ispirate ai principi della libera coscienza è qualcosa di imprescindibile tanto per un cristiano quanto per un cattolico, e che esista un’autonomia operativa tra le leggi dello Stato e quelle della Fede è consolidato. D’altra parte però non si deve contrabbandare come laicità il fatto che la libera coscienza di coloro che sono credenti non possa ispirare ogni loro azione, comprese quelle che attengono alla sfera politica. In altre parole: non si può pensare di escludere dalla propria sfera decisionale, sociale e politica, le proprie convinzioni religiose. In una parola: cos’è per lei la laicità? Un metodo di lavoro. Mi considero laico e credente. La laicità è un metodo, una sorta di disciplina che applico a un contenuto: credere in Dio. Il Concilio Vaticano II ha rappresentato un momento di svolta rispetto all'avanzata del potere delle congregazioni vaticane. Ma poi la Curia ha ripreso la sua marcia, con evidenti conflitti, vedi l’episodio di Avvenire...

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Non voglio entrare nei meriti del “caso Boffo”. I rapporti tra Stato e Chiesa si sono sempre basati sulla logica che la maggioranza degli italiani avesse convinzione cattoliche, entrate costitutivamente nella formazione della cultura e dell’identità italiana, un po’ come la cultura giudaico-cristiana è entrata nella cultura europea. Comprese libertà e laicità. Ci siamo mai chiesti perché la laicità, come valore, è nata in latitudini cresciute alla luce della bibbia giudaico-cristiana e non in territori dell’Islam, del Buddismo o dell’Induismo? Perché questa stessa visione del mondo conteneva in nuce l’idea di una libertà di coscienza più importante di ogni altra cosa. Mentre invece in altre dimensioni più assolutiste, come quella islamica ad esempio, non è neppure pensabile scindere la legge divina da quella civile: là i reati sono considerati peccati. Cosa intravede di veramente nuovo nella chiesa cattolica odierna? La vitalità dei movimenti, di certi ordini religiosi, di alcune comunità di base, degli episcopati nel primo, nel secondo e nel terzo mondo. La Santa Sede altro non fa che la sua funzione, che in definitiva poggia sull’eredità pietrina: essere testimone di una verità che va al di là della storia, servendosi di apparati come la curia, che invece sono storicamente definiti. Che differenza vede tra etica e morale? Esiste un’etica umana che è laica nella scelta di non aderire integralmente ad uno schema precostituito. Il resto è una morale che invece obbedisce a una coscienza aperta ad un mistero di fede. L’etica è laica per definizione, la morale come scelta personale è invece legata ad un credo complessivo. Dio, Chiesa e laicità sono tre termini coniugabili? Sì. Dio è mistero, la Chiesa è per i cristiani mistero della sponsalità di un Dio fatto uomo e la laicità, ripeto, un metodo di lavoro. Nella mia vita questi tre termini sono coniugabili insieme. Mi considero laico, innamorato di Dio e anche fedele della Chiesa.

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Giulio Ercolessi: “La laicità? Istituzioni neutrali per una fede civile” di Stefano Firrincieli n un’Italia sempre più plurale e multietnica, ma spezzata dallo scontro tra clericali e liberali, cosa vuol dire essere laici? Ne parliamo con Giulio Ercolessi, ex segretario del partito radicale nel ‘73-74, intellettuale, scrittore, saggista per Critica liberale, promotore di Italialaica (il portale on-line dei laici italiani www.italialaica.it), “acerrimo nemico della personalizzazione politica”, come si definisce lui stesso, non ci concede la sua immagine ma le sue riflessioni dibattute razionalmente (nella foto la copertina del suo libro L’Europa verso il suicidio?). Che cos’è la laicità oggi? Deve essere intesa come neutralità religiosa delle istituzioni pubbliche perché questo è l’unico modo per rispettare davvero sia la libertà religiosa di tutti i credenti e i non credenti, sia la pari dignità sociale di tutti. Un’esigenza purtroppo sottovalutata ma sancita nella nostra Costituzione. La pari dignità richiede il pieno rispetto della dignità di ognuno a prescindere dalle appartenenze, dalla fede religiosa, dal genere o dall’orientamento sessuale. Rispetto al rapporto tra Stato e Chiesa cattolica, lei che ha fatto politica attiva negli anni del Concilio Vaticano II con le sue aperture, pensa che ci sia stata un’involuzione nei rapporti tra i due Stati? Attualmente l’Italia è più o meno laica di quella degli anni Sessanta? C’è una maggiore aggressività da parte delle gerarchie ecclesiastiche dovuta al venir meno della DC. Ciò ha indotto quasi tutta la classe politica a ritenere che si governa conquistando il centro. È un errore grave: tutti gli studi dimostrano che non c’è un’unità del voto cattolico coincidente con gli indirizzi del Magistero. Anzi i voti dei cattolici si spalmano su tutto l’arco politico. Oggi il Vaticano non ha più un peso elettorale di rilievo. Lo dimostra uno studio annuale che copre circa un quindicennio, fatto dalla fondazione Critica liberale e dal settore nazionale Nuovi diritti della Cgil. La ricerca smentisce un fantomatico ritorno del sacro. I comportamenti degli italiani, desumibili da dati statistici registrati e verificabili, dimostrano che il nostro Paese, oggi, è molto più secola-

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rizzato di 30 o 40 anni fa. Il numero di battezzati, gli astenuti dalle ore di religione, la frequenza di divorzi, matrimoni e funerali civili, gli aborti, l’uso degli anticoncezionali evidenziano che non esiste alcuna involuzione della secolarizzazione. Quindi vede una differenza tra l’orientamento filo-clericale della nostra classe politica e di buona parte della stampa rispetto al Paese reale? Penso di sì. Gran parte della classe politica e dei media sono allineati e sponsorizzano una rimonta del sacro. C’è una sovrarappresentazione delle posizioni cattoliche clericali rispetto ai cattolici del dissenso, ai protestanti, agli ebrei, ai non credenti. Non c’è un efficiente grado di pluralismo capace di rappresentare tutti. Alcune questioni eticamente sensibili sono trattate solo da clericali e senza possibilità di replica. Tutto si risolve in una fiera dell’ipocrisia, i politici cattolici si guardano bene dal rispettare quei dettami clericali che vorrebbero imporre a tutti per legge. Per esempio, a difendere il tema della sacralità della famiglia, sono scesi in piazza politici che hanno doppia o tripla famiglia, cifra di una classe politica priva di scrupoli etici. Nessuno vuole negare la presenza pubblica delle religioni e del cattolicesimo, ma a mio avviso il punto centrale è che nella società civile dovrebbe essere garantito uno spazio a tutti di difendere la propria libertà di scelta su questioni che riguardano la propria vita. Cosa sono l’etica e la morale per un laico? Non c’è un’etica unica. Per ciò che riguarda le istituzioni pubbliche essere laici vuol dire non imporre la propria etica agli altri. Per quanto concerne il privato, il problema non è il relativismo, come dicono i clericali. Non porre un fondamento oggettivo alle proprie convinzioni non significa affermare che tutto è indifferente ma sostenere che ognuno deve fondare la propria etica su valori condivisi, fondati su un atto di fede civile. Dal punto di vista morale, ciò vorrebbe dire coniugare il massimo della libertà individuale con il massimo della libertà altrui. L’etica laica non ha a che fare con Dio né con le religioni ma con la politica: solo nella piattaforma laica si possono riconoscere tutti, in società più plurali e multietniche.

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COME MERYL PER IL CINEMA Non solo Julie & Julia per cucinare una storia di copertina dedicata a uno degli argomenti piĂš ghiotti con i quali il grande schermo flirta spesso e volentieri: il cibo. Un delizioso miscuglio che ha fatto storia di Riccardo Palmieri

COME IL BURRO PER IL PANE I due ingredienti ben rappresentano il talento di un’attrice che detiene il record di nomination al Premio Oscar (quindici). Dalla sua lunga carriera, una rassegna dei magnifici sette film della Streep, dal recente Julie & Julia a Kramer contro Kramer di Ilaria Dioguardi


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e Come l’acqua per il cioccolato è uno dei film sul cibo preferiti da Meryl Streep, noi dedichiamo la cover story di questo ricchissimo numero natalizio di Next Family a un’attrice che si avvia ad essere ricordata come la più grande della seconda metà del XX secolo e forse di tutti i tempi. Parlano le classifiche ufficiali, ma anche l’immensa, democratica e appassionata voce popolare, che fin dai tempi di semplici apparizioni come in Giulia o in Manhattan segue e adora la Streep al pari di un piatto prelibato, di un cibo raffinato e gustoso. Non è stata solo l’attrice americana, naturalmente, a darci il “la” per parlare di quell’incredibile binomio che va sotto l’etichetta di cinema&cibo, ma ovviamente un film come Julie & Julia ci permette di ripercorrere insieme oltre mezzo secolo di storia del cinema dedicato con amore alla cucina, intesa il più delle volte come appagamento dei sensi, legame

neanche troppo metaforico con la vita, con i sentimenti “bassi” quanto “alti”, intellettuali e papillari. Non a caso l’attrice ha affermato di recente che la sua ricetta della felicità poggia su tre pilastri della saggezza: sesso, amore e, appunto, cibo. La Streep ha dichiarato di amare, in tutta la storia cinefilo-gastronomica, tre titoli: Il pranzo di Babette, Come l’acqua per il cioccolato e Big Night . Riscopriamoli e proseguiamo nello sfizioso ricordo di altri famosi film su un tema decisamente, e letteralmente, gustoso.

l New York Times ha scritto “credevamo di aver esaurito tutti i superlativi con la carriera di Meryl Streep, ma questo ci costringe a trovarne altri". Il giornalista A. O. Scott si riferisce alla sua interpretazione nell’ultimo lavoro di Nora Ephron, Julie & Julia, presentato in anteprima alla recente edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, dove l’attrice ha ricevuto il Marc’Aurelio d’oro alla carriera. La Streep ha partecipato finora a circa una cinquantina di film e può vantare due Premi Oscar: uno come attrice non protagonista per Kramer contro Kramer e un altro come attrice protagonista per La scelta di Sophie. Una straordinaria carriera e una bella famiglia, con quattro figli. Ma quali sono stati gli ingredienti fondamentali per riuscire a coniugare lavoro e vita privata? “Un buon marito, che ho trovato 31 anni fa, e in questo sono stata molto fortunata. Inoltre, molta energia, resistenza e buona capacità organizzativa: è come se avessi gestito un’azienda per

mandare avanti la famiglia”. Alla nostra domanda su quali film le vengono in mente pensando al binomio cinema&cibo, l’attrice statunitense elenca: “ Il pranzo di Babette , che ho amato perché è una storia ricca di significati, poi Come l’acqua per il cioccolato e Big Night , che trovo straordinario”.

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IL PRANZO DI BABETTE Diretto nel 1988 dal danese Gabriel Axel e interpretato dalla raffinatezza francese in persona, Stephane Audran (attrice-feticcio di Luis Buñuel), questo piccolo grande film dai chiaroscuri espressionisti ma illuminato dalla ricerca di una cena perfetta, strumento e fine di ogni nostro soddisfacimento esistenziale, racconta la storia

PER PALATI FINI Le persone che vedono Julie & Julia (2009) vengono assalite da un’irrefrenabile voglia di mangiare e, in alcuni casi, di cucinare. Anche la dichiarazione d’amore dei protagonisti è a tema culinario: “tu sei il burro sul mio pane e il pane della mia vita” dice Paul Child (Stanley Tucci), il marito di Julia (Meryl Streep). La stessa dichiarazione è fatta molti anni dopo da Julie Powell, interpretata da Amy Adams, al marito Eric Powell (Chris Messina). La storia è tratta da due best seller autobiografici: Julie & Julia di Julie Powell e My life in France di Julia Child e Alex Prud’homme.


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di una domestica esule. Arrivata nella brumosa, cupa provincia rurale danese (siamo nell’800), Babette Hersant si occupa di rigovernare la casa di due anziane sorelle, attorno alla cui vita ruotano alcuni notabili del paese, tutti più o meno afflitti dalla routine, dalla formalità delle relazioni e da una visione ristretta delle cose. Babette lavora presso di loro per quattordici anni e poco si sa di lei, fino a quando non emerge un suo passato rivoluzionario. Ma arriva anche, nel paesino, una vincita che vede la donna intascare la somma di 10.000 franchi. Potrebbero cambiarle la vita e farla tornare in Francia, tuttavia la donna impiega la somma per offrire alle sue padrone di casa un meraviglioso pranzo, condito di tutto punto secondo le migliori regole della cucina francese e accompagnato con le migliori intenzioni di gratitudine verso le anziane signore. In un processo che sa di favola, le vite di ogni personaggio cambiano e si aprono a nuovi spiragli.

COME L’ACQUA PER IL CIOCCOLATO Film meno delicato de Il pranzo di Babette ma non meno ispirato. Non è tratto, come il primo, da un racconto di Karen Blixen ed ha il sapore del sud del mondo, i colori e le fragranze latinoamericane dell’omonimo romanzo, firmato da Laura Esquivel, che nutre la sua sceneggiatura. La pellicola è diretta nel 1991 da Alfonso Arau e vede il nostro Marco Leonardi nel ruolo del protagonista, Pedro Muzquiz, un giovane di belle speranze proveniente dal Texas e giunto in Messico, nel ranch di Piedras Negras, a chiedere la mano della giovanissima Tita, la quale a sua volta, però, non può sposare nessuno perché figlia minore e vocata ad assistere la vecchia madre. Siamo nel 1910 e il popolo messicano combatte contro il dittatore José Porfirio Diaz, raccogliendosi in bande pittoresche e disorganizzate ai comandi di Pancho Villa. Il clima di disordini e violenza inasprisce ulteriormente l'indole già inflessibile e dispotica di mamma

Protagoniste sono due donne le cui vite si intrecciano, nonostante siano lontane nel tempo e nello spazio. “Parla dell’amore, del matrimonio e della possibilità di cambiare la propria vita” dichiara la regista Nora Ephron. Julie, trentenne annoiata, e Julia, cinquantenne con tanta voglia di fare, scoprono che con la giusta dose di passione, intraprendenza e burro possono dare una svolta alle proprie giornate. “Quando si parla di passione, Julia Child non solo la esprimeva per il marito o la cucina, ma anche per la vita” dice la Streep. Le vicende di Julia sono ambientate dagli anni ‘40 in poi a Parigi, quelle di Julie, invece, dal 2002 a New York. “Quello che unisce queste due storie è la passione” sostiene il produttore Laurence Mark. L’amore per la cucina di Julia-Meryl la porta a diventare la prima donna americana a studiare alla celebre scuola di cucina Cordon Bleu, in seguito a rendere popolare in America la cucina francese, grazie al libro in lingua inglese Mastering the Art of French Cooking e a uno show

di cucina che l’ha resa famosa negli Stati Uniti. Per quanto riguarda le vicende di Julie “la storia si svolge subito dopo l’11 settembre, lei sta arrivando ai trent’anni ed è confusa per quanto riguarda la sua vita” racconta Amy Adams. La ragazza decide di cucinare in 365 giorni le 524 ricette presenti nel libro di Julia Child e di raccontare la sua avventura in un blog. “Spero che questo film vi faccia venire voglia di mangiare” è l’augurio del produttore Laurence Mark. Tante scene comprendono la preparazione ed il consumo di cibo. Alcune sequenze mostrano Amy Adams che cucina delle aragoste vive e sono stati girati vari ciak. Al momento di mangiarle davanti alle telecamere, l’attrice non è riuscita, chiedendo un crostaceo finto. “Cucinarle nella scena precedente mi aveva traumatizzato” sostiene la Adams “e ora non riesco più a mangiare aragoste”. Per costruire la serie di cucine cinematografiche, undici, sono stati presi due grandi teatri di posa ai Silvercup Studios. Quasi tutti NEXTFAMILY

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Elena, ma pur di restare vicino a Tita, Pedro accetta un matrimonio di comodo con la sorella di lei, Rosaura. L'amore contrastato tra Tita e Pedro prosegue furtivamente e, nell'impossibilità di esprimere apertamente i propri sentimenti, Tita utilizza un mezzo insolito per comunicare con l'amato: il cibo. Cresciuta in cucina, affidata alle cure affettuose di Nacha, la domestica, Tita è esperta nell'arte culinaria e riesce a preparare piatti elaboratissimi dai poteri magici, che esaltano sempre più la passione di Pedro e inducono gli altri personaggi a comportamenti insoliti e sorprendenti. BIG NIGHT Diretto nel 1996 da Stanley Tucci e Campbell Scott, Big Night è un piccolo, indipendente, very-low-budget-movie e sincero lavoro amatoriale di un professionista della recitazione, Stanley Tucci (il consulente snob, molto stylish di Meryl Streep-Miranda ne Il Diavolo veste Prada, tanto per intenderci, e appare anche

hanno messo su qualche chilo durante i tre mesi di riprese. A parte la gran quantità di cibo che si vede nelle scene, ogni tardo pomeriggio la regista e il produttore esecutivo Don Lee ordinavano piatti speciali sul set per il cast e la troupe e, al momento di andare a casa, ognuno si portava via qualcosa. IMPENITENTE E SCATENATA HIPPIE Scritto da Catherine Johnson e diretto da Phyllida Llloyd, Mamma mia! (2008) è un adattamento cinematografico dell'omonimo musical campione d’incassi, basato sulle musiche degli ABBA. Il film prende il titolo dal brano del gruppo svedese, che è presente con due camei di due componenti della band. La ventenne Sophie (Amanda Seyfried) sta per sposarsi e ha un solo desiderio per rendere perfetto il suo matrimonio: incontrare il padre… chiunque esso sia. “Ho trovato il diario di mia madre e ho tre possibili padri, e devo dire a due che sono di troppo, ma a quale dei due?” 60

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in Julie&Julia). L’attore italoamericano confeziona una sorta di operetta morale sull’arte ancestrale del cibo come sinecura ai mali quotidiani, sul disagio di un vivere ai margini della grande metropoli. E chi meglio di due emigranti italiani, Primo e Secondo Pileggi, possono saperlo? I due sono fratelli e cuochi, italiani di origine abruzzese, emigrati negli Stati Uniti dove hanno aperto un ristorante in una cittadina della East Coast. Diversi tra loro come il giorno e la notte, non sono d’accordo su nulla: Primo è lo chef, è molto legato alla tradizione della cucina italiana e non vuole scendere a compromessi, mentre Secondo, il maître, cerca di accontentare i gusti dell’iniziale sparuta clientela, che ha un'idea distorta della tradizione culinaria. Sfortunatamente gli affari andranno malissimo, fino ad una conclusione in cui assistiamo i due fratelli rimpallarsi colpe e responsabilità del fallimento, salvo rappacificarsi davanti ad una omelette. La “big night” del titolo dovrebbe essere la notte della svolta per il loro ristorante, frequentato da nullatenenti, ma è anche il nome dato

dice la ragazza. “Ho spedito io gli inviti, ma mia madre non sa niente” confida Sophie, che vive a Kalakahiri, isola greca dove gestisce una pensioncina con la madre Donna (Meryl Streep). I tre ex amanti (Sam, Harry e Bill) iniziano a sospettare che ognuno di loro potrebbe essere il padre di Sophie e si offrono di portarla all’altare. Alla fine è la madre ad accompagnarla, ma durante la cerimonia si arriva alla resa dei conti: tutti e tre accettano di essere “padre per un terzo”. La ragazza decide di rimandare il matrimonio e di girare il mondo con il fidanzato. Sam (Pierce Brosnan) chiede a Donna di sposarlo e lei accetta. Un’energica Meryl Streep si fa coinvolgere dal ritmo trascinante delle canzoni e a sua volta coinvolge i telespettatori. A chi le ha chiesto come si è preparata per scene così impegnative ha risposto “non sono molto in forma, sono una pigrona. È che quando sono chiamata ad impegnarmi e devo per forza fare qualcosa cerco di farlo al meglio, e poi qui c'era la musica a darmi


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a un gustoso timballo di pasta preparato secondo gli insegnamenti degli antenati italiani. IN ITALIA Gli esempi si sprecano, parlando del nostro Paese, cinematograficamente dedito al cibo, però, curiosamente, solo attraverso rari esempi, e il più delle volte di comicità, è il caso di dire, agrodolce. Fatto salvo per L’anatra all’arancia con Ugo Tognazzi e alcuni b-movies con Lino Banfi, che di culinario hanno avuto solo eco nei titoli, restano maestosamente cult gli spaghetti che Totò si mette in tasca ballando in piedi sul tavolo in Miseria e nobiltà (per la regia di Mario Mattoli, 1954), facendoci addirittura percepire il profumo del sugo, così come rimane eternato il mitico maccherone “provocatore” dell’Alberto Sordi di Un americano a Roma, simbolo di genuinità e insieme di identità politica transnazionale. Altro che mostarda e marmellata, spal-

la grinta giusta, a infondermi energia e gioia ogni giorno, mi ha aiutata moltissimo”. QUANDO IL DIAVOLO VA DI MODA “Tutti vogliono essere noi” afferma Miranda Priestley, severa direttrice della prestigiosa rivista di moda Runway, interpretata da una Meryl Streep perfetta nel ruolo della Crudelia Demon della moda. Il soggetto de Il diavolo veste Prada (2006) è tratto dall'omonimo best seller di Lauren Weisberger. Divertente e frivola, questa commedia glamour diretta da David Frankel è quasi una rivisitazione della favola di Cenerentola. Ambientato in una frenetica New York, il film racconta le vicende di Andy Sachs (Anne Hathaway), che sogna di lavorare come giornalista, ma l’unica possibilità che le si offre è un lavoro come seconda assistente del capo del magazine più esclusivo del mondo. Già durante il colloquio di lavoro Miranda mostra ad Andy la sua indole burbera ed esi-

mate sugli spaghetti e finite, poi, una al gatto e l’altra al sorcio, come accade al termine della celebre sequenza del film diretto da Steno nel 1954 (per la cronaca e la coincidenza, lo stesso anno di Miseria e nobiltà ). Di recente non possiamo non ricordare La finestra di fronte , di Ferzan Ozpetek, in cui uno straordinario Massimo Girotti al suo ultimo film interpreta la parte di un pasticcere che insegna a Giovanna Mezzogiorno i segreti di una buona cioccolata da torte, né troppo polverosa né troppo umida. IN FRANCIA La grande abbuffata di Marco Ferreri è sicuramente il caposaldo anni Settanta che abbraccia e deborda, è il caso di dire, fino ad esiti fatali, in cui il cibo è simbolo di eversione ma anche digressione pericolosa, perfino se connessa con una sessualità rapace, ingorda, maschilista, nonostante i tempi siano cambiati, splendidi e insie-

gente: “Non hai la minima idea dello stile, del senso della moda...” afferma la direttora, soprannominata donnadrago. “Beh, penso che dipenda da quello che uno…” risponde la ragazza. “No… non era una domanda” incalza il capo. “Milioni di ragazze si scannerebbero per quel lavoro” si sente ripetere Andy, che cerca di fare tesoro dell’occasione che le si presenta, mettendocela tutta per dare una buona impressione alla principale, che non la gratifica affatto: “Io non capisco, quando faccio una cosa giusta nemmeno un grazie, ma se sbaglio, lei diventa... diabolica!” dice la giovane. Dotata di una determinazione che colpisce Miranda, si impegna così tanto nel lavoro da trascurare la vita privata. Da ragazza semplice e trasandata qual è all’inizio, diventa una Cenerentola sofisticata ed elegante. Davanti alla possibilità di vedersi considerata come la “nuova Miranda”, Andy capisce che la strada intrapresa è lontana dalle sue aspirazioni e che è concreto il rischio di dover iniziare a far NEXTFAMILY

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me impietosi come i personaggi che interpretano Marcello Mastroianni, Philippe Noiret, Michel Piccoli e Ugo Tognazzi. Esagerati e irriconoscibili. Un soufflé, pardon, pamphlet davvero ricco e storicamente accurato è invece il Vatel girato da Roland Joffé ( Mission) nel 2000, in cui si narra la storia del maestro di cerimonia e chef del Principe di Condé, che arrivò a suicidarsi per il ritardo della consegna del pesce che metteva in pericolo la cena di Luigi XIV, il re Sole (interpretato da Julian Sands). Vatel è perfettamente incarnato, è proprio il caso di dire, da Gérard Depardieu. Niente a che vedere con l’esilarante Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa , impregnato di cinico black humour come, d’altronde, l’efferato Delicatessen (1990) di Jeunt e Caro, nel quale il macellaio all’opera non ispira propriamente una degustazione culinaria. Poetico è invece il cartoon, americano di nascita ma parigino di adozione, ispirazione e ambientazione,

Ratatouille (2007), in cui il topolino Remy guida letteralmente lo sguattero Linguini tra mestoli e fornelli della haute cuisine, finché anche il più difficile critico non si piega alle sue ricette.

parte di un mondo che non le appartiene. Recupera il rapporto con il fidanzato, cerca un altro impiego ed è assunta come giornalista in un piccolo settimanale, anche grazie alle ottime referenze della sua ex principale.

Qualcosa di troppo bello e intenso per lasciare che muoia con me… non conosco le parole per spiegarvi questo legame… Lui ci riuscì, quando disse che avevamo smesso di essere due persone distinte, per diventarne una terza creata dal nostro amore. Amore senza parole, amore di un’emozione infinita, senza confini di tempo e di spazio. Io lo sto ancora cercando… Un sogno mai avverato, ma comunque, un’emozione che vale sempre la pena di vivere…”.

MEGLIO UN RIMORSO O UN RIMPIANTO? I ponti di Madison County (1995) è un film d’amore da antologia interpretato da Meryl Streep e da Clint Eastwood, che firma anche la regia. Francesca Johnson, moglie e madre impeccabile, si ritrova per quattro giorni da sola. Un imprevisto sconvolge la sua vita: l’incontro con un fotografo, dal quale nasce una passione dolce e sconfinata. Prima dei titoli di coda risuonano le parole di Francesca espresse in una lettera rivolta ai figli: “In quattro giorni mi regalò una vita intera, un universo, ricompose i frammenti di un universo in un tutto… non ho mai smesso di pensare a lui… anche se non lo ricordavo consciamente, lo sentivo vicino a me, c’era sempre… 62

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ANGLOSASSONI Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (1989) di Peter Greenaway è una cattivissima affabulazione sulla commistione davvero sulfurea tra cibo e attrazione carnale, seduzione, tradimento e istinto di vendetta. Alla maniera visionaria del regista inglese si contrappongono, invece, gli americani Pomodori verdi fritti alla fermata del treno (1991), grande affresco sulla memoria olfattiva e visiva filmato con grazia e amarezza da Jon Avnet. Nel film la saga di una famiglia si intreccia ai ricordi personali di una vecchietta indomita, Jessica Tandy, ricordi che friggono simili a frammenti di tempo perduto e, solo in parte, ritrovato. È buono il sapore di Ricette d’amore, remake made in USA

EFFETTI MOLTO SPECIALI Commedia nera diretta da Robert Zemeckis, con Meryl Streep, Goldie Hawn, Bruce Willis e Isabella Rossellini, La morte ti fa bella (1992) è la storia di due amiche-nemiche di Beverly Hills che, ossessionate dalla paura di invecchiare, acquistano un elisir di lunga vita che le rende immortali. Abbondano gli effetti speciali dell'Industrial Light & Magic di George Lucas. Tra le scene più esilaranti, quella in cui Madeline crede di aver ucciso


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dell’omonimo tedesco di Sandra Nettelbeck con Sergio Castellitto, migliore della sua copia d’oltreoceano, mentre Il profumo del mosto selvatico (1995) con Keanu Reeves e Anita Sanchez Gijon, è sicuramente un bagno nello zucchero più che nel mosto delle passioni. CHOCOLAT E DINTORNI Sul cioccolato nel cinema si potrebbero scrivere enciclopedie, quindi ci limiteremo a elencare i ricordi più cult, e dopo il film amato da Meryl Streep analizzato in apertura, troviamo: il caleidoscopico La fabbrica di cioccolato di Tim Burton, l’elegiaco Chocolat di Lasse Hallstrom, lo scanzonato Lezioni di cioccolato con Luca Argentero e Violante Placido e l’illuminato, cubano, Fragola e cioccolato, poco visto ma diventato una riflessione sull’omosessualità di cristallina intelligenza dai tempi del Festival di Venezia, che lo presentò nel 1993. Ultima ma non meno importante la mitica spalmata di Nutella di Nanni Moretti

Helen sparandole con un fucile. “È morta? Questi momenti rendono la vita degna di essere vissuta” dice Madeline al marito. Helen invece si rialza con un buco in pancia dicendo “Questa è stata una cosa totalmente fuori luogo”. AI PIEDI DELLE COLLINE NGONG “Si era portato anche il grammofono nel safari… tre carabine per un mese e Mozart. Iniziò la nostra amicizia con un dono ed in seguito me ne diede un altro... un dono incredibile: uno sguardo sul mondo attraverso l’occhio di Dio. E pensai: sì, vedo, con questa intenzione mi era stato dato”. Così ha inizio La mia Africa (1985), diretto da Sydney Pollack, tratto dal romanzo autobiografico di Karen Blixen, ruolo affidato ad una grintosa e dolce Meryl Streep. Il tema dominante che viene approfondito dall’opera è il sentimento profondo che lega la protagonista all’Africa, che fa anche da cornice alla storia d’amore tra la Blixen e Denys Finch Hatton (Robert Redford).

in Bianca, sinonimo di disagio esistenziale e cura iperendorfinica. Chi non ha desiderato quel barattolone? PARATA FINALE In una cavalcata conclusiva fanno venire una certa acquolina in bocca il Medio Oriente di Cous Cous, i sapori colorati dell’India di Mira Nair in Monsoon Wedding (dove addirittura c’è chi mangia i fiori degli addobbi del matrimonio dei protagonisti) e la stilizzazione, talvolta definitiva, dell’Estremo Oriente in pellicole quali Mangiare bere uomo donna , Kitchen e Wasabi. Tornando negli Stati Uniti da cui eravamo partiti, dal 23 dicembre prossimo possiamo assaggiare, sotto forma di cartoon, Piovono polpette , firmato Sony Pictures (per la cronaca, lo stesso distributore di Julie & Julia ), che la major presenta come “l’evento più succulento della stagione da quando la mozzarella ha incontrato la pizza”. In città il cibo piove dal cielo.

SEPARARSI Kramer contro Kramer (1979) è la storia di un divorzio e del suo impatto sulla famiglia coinvolta, a cominciare dal figlio della coppia. Il padre Ted Kramer (Dustin Hoffman), di solito assente perché molto impegnato nel lavoro, si rende conto dell’urgenza di instaurare un rapporto con il figlio lasciatogli dalla moglie Joanna (Meryl Streep) che, stanca dei ruoli di casalinga e madre, decide di andarsene di casa per ritrovare se stessa. Quando tra padre e figlio nasce una forte intesa, dopo un anno e mezzo la madre ritorna per riprendere con sé il bambino. Nel frattempo, Ted perde anche il lavoro. “Non abbiamo una speranza al mondo di vincere una causa per custodia se non hai un lavoro” gli dice l’avvocato. “Avrò un lavoro in ventiquattr’ore” ribatte Ted. E ci riesce. Joanna vince comunque la causa, ma capisce che il figlio ormai vuole stare col padre. Vi abbiamo fatto venire voglia di (ri)vedere i film di Meryl? NEXTFAMILY

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SGUARDI SENZA TEMPO Il burattinaio. Una professione che potrebbe sembrare paradossale in un’epoca così tecnologica. Risale al passato remoto e il suo fascino non ha età di Ilaria Dioguardi/foto di Caterina Di Gennaro


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ncontrare nel 2009 due ragazze che fanno le burattinaie non è usuale, anzi sembra proprio un contrasto. “È un mestiere difficile, ma se lo si fa con passione ed entusiasmo dà tante soddisfazioni” raccontano Paola e Susanna mentre lavorano nel loro laboratorio di Riano, alle porte di Roma. Perchè avete scelto di chiamare la vostra Associazione Culturale L’Orologio a Cuccurucù? Paola: La storia del nostro nome è lunga. Orologio perché ci abbiamo messo 4 anni per iniziare a fare spettacoli, e il primo non è stato affatto facile: 13 personaggi da far parlare con 13 dialetti diversi! Cuccurucù perché è una maschera della commedia dell’arte. Com’è iniziata la vostra comune avventura professionale? Susanna: Dalla tesi sulla commedia dell’arte e il teatro di figura. P: Ho preparato una tesi sul clown. Abbiamo cominciato a viaggiare per l’Italia, a vedere vari festival del teatro di figura e della commedia dell’arte. I nostri percorsi si incrociavano sempre, da lì abbiamo cominciato a lavorare insieme. Quali sono i lati positivi e quelli negativi del vostro mestiere? S: Tra i lati positivi la creatività. Questo lavoro è uno sfogo, è un po’ come andare in palestra. È come vivere in un sogno: tutto ciò che i burattini possono fare gli umani non riescono a farlo, anche a livello di movimento, non solo come atteggiamento nei confronti della vita. Nella realtà dobbiamo per forza essere diplomatici per il quieto vivere, mentre il burattino è una figura abbastanza feroce. Tramite i burattini ci sfoghiamo. Scriviamo i testi degli spettacoli prendendo spunti da fiabe più o meno note. Il lato negativo è che le compagnie giovani e piccole come noi, che lavorano costantemente ma che non hanno ancora un nome affermato, sono tagliate fuori dal mercato. Le compagnie più grandi lavorano spesso “a scambio”, godono degli stanziamenti dello Stato e delle Regioni. Possiamo concederci solo il lusso di costruire i pupazzi per loro e molto spesso non ci vengono riconosciuti nemmeno i diritti delle nostre opere. Pochissimi hanno il coraggio di non lavorare “a scambio” e di dirlo. P: Hai una realizzazione personale in tutto quello che fai. Sei libero di esprimerti, puoi improvvisare. La chiusura del mercato è un problema non tanto per il prestigio, ma per

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la possibilità di esprimersi. Quanto tempo impiegate per terminare un burattino? P: Per la definizione totale occorrono da un paio di settimane ad un mese, a seconda della grandezza e dei dettagli. Il vostro mestiere vi ha portato a girare spesso in Italia e in Europa. Quali differenze avete riscontrato nel pubblico di altri Paesi? S: Lavoriamo soprattutto fuori Roma, ci chiamano in tutta Italia. La Capitale, secondo me, è la “valle della morte dell’arte e dell’artigianato”. Abbiamo girato tutto il Paese, da Nord a Sud, in vari festival. C’è una notevole differenza nel nostro settore tra come vengono trattati gli artisti nel teatro di figura, nel teatro di strada e nei vari festival. Se un artista di strada può sembrare, spesso, più un vagabondo di un marionettista (che arriva con la struttura e impiega due ore per montarla), in un festival l’artista di strada è pagato quasi sempre subito e molto meglio. Il teatro di figura in Italia è considerato un genere per bambini, animazione per i più piccoli, un equivalente della ludoteca. Facciamo parte dell’Unima (Unione Internazionale della Marionetta), che ha sede a Charleville, in Francia. Cerchiamo di evitare le feste di compleanno, che abbiamo fatto all’inizio della nostra carriera. Questo perché uno spettacolo per noi significa mesi e mesi di lavoro e non prendere due fantocci senza identità, alzarli e farli muovere per intrattenere i bambini. Ogni spettacolo ha un senso, è la fine di un percorso che cela una drammaturgia studiata. Abbiamo preso, ad esempio, alcuni brani di copione da testi di Petrolini e li abbiamo riadattati per un pubblico di bambini dai 4 ai 10 anni, alla fine gli adulti sono quelli che si sono divertiti di più. Quest’anno siamo state a Charleville per il Festival triennale del teatro di figura, il pubblico era formato prevalentemente da adulti, moltissimi artisti di tutto il mondo si esibivano con spettacoli sperimentali. Anche se non erano nella programmazione ufficiale, si esibivano in strada, la gente accorreva e “a cappello” guadagnavano molto. In Italia si cerca di andare sul sicuro, si rischia meno. Tra Nord e Sud Italia c’è differenza di partecipazione, non è colpa del pubblico ma della condizione sociale. Il vostro lavoro vi porta ad avere uno speciale rapporto coi bambini… P: Questo lavoro è espressione, lavorando con i bambini veniamo a contatto con situa-


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zioni anche dure. Riusciamo a tirare fuori dal bambino il suo mondo, le sue emozioni, magari semplicemente facendogli scoprire il mezzo, toccando con mano. Il bambino ha dentro di sé tante cose, ma non ha il modo di tirarle fuori. Più scopre di poter arrivare a un risultato, più ha voglia di fare. Alla fine dello spettacolo, che dura 50 minuti, i bimbi non vanno più via, sgattaiolano dietro le quinte, vogliono vedere i pupazzi. Qualche aneddoto? S: All’inizio del nostro percorso, a Roma, durante un laboratorio con materiali riciclabili, un bambino si è creato tutta la famiglia con dei flaconi per poter costruire pupazzi adulti. Alla fine abbiamo scoperto che aveva la famiglia in carcere, aveva ridato vita a tutto l’ambiente che non aveva vicino a sé. Un nostro fan speciale ha 9 anni e si chiama Manuel: i genitori gli hanno comprato una decina di nostri burattini e ci hanno commissionato le bomboniere della comunione a forma di Pulcinella. Fate laboratori per adulti e bambini. Come cambia lavorare con gli uni e con gli altri? S: Il bambino va da sé, gli dai il “la” e lui trova una sintonia. La direzione non si sa, sperimenta, ha meno paura di sbagliare e noi lo agevoliamo facendogli usare materiali che già conosce, come colla e carta, ma non metteremo mai in mano ad un bambino uno scalpello o un taglierino. Mentre tutto quello che viene per il bambino è buono, l’adulto è più inibito, perde più tempo ad avere paura di sbagliare, a fare mille domande inutili piuttosto che a lavorare manualmente. P: Gli adulti dobbiamo tranquillizzarli, dobbiamo dire loro che un taglio non è irrimediabile, non è irrecuperabile. Mal che vada, si ricomincia. C’è uno scambio sicuramente tra noi e i bambini: se tu ascolti loro, loro ascoltano te e hai la loro fiducia. Se fai la “maestrina” il bambino non ti segue proprio. Voi usate il disegno per poi portare lo stagista alla costruzione o lavorate direttamente sui materiali? P: Dipende. C’è chi attraverso il disegno non riesce a tornare al materiale e chi invece butta giù uno schizzo e da lì riesce a tirare fuori il lavoro. S: La regola è partire dal progetto, una volta fissati i punti fondamentali come il volto e la proporzione rispetto ad altri elementi, come le mani, i piedi, la statura... Poi si comincia a lavorare. C’è chi interviene direttamente sul materiale, ma nel caso di certe materie

prime, se non si ha un’idea precisa, bisogna ricominciare daccapo. Questo accade con il legno e la gommapiuma che non sono paste modellabili, con essi non si applica ma si toglie. Che qualità deve avere una persona che fa il vostro lavoro? S: Tanta pazienza, soprattutto quando si va nelle scuole, luogo in cui i bambini si sentono un po’ i padroni. Se parliamo di intrattenimento, non bisogna avere qualità specifiche visto che il rapporto con i bambini quando si fa spettacolo non c’è, ma bisogna avere soprattutto buone doti attoriali. I laboratori mettono a dura prova, anche per la grande quantità di persone. Il problema spesso sono gli accompagnatori, che a volte “parcheggiano” i piccoli spettatori. Voi fate un lavoro un po’ anomalo per questi tempi così tecnologici. I bambini sono presi dal computer, dalla wii… Vi sentite un po’ dei pesci fuor d’acqua? S: Non ci piace la parola “anomalo”, preferiamo “originale”. Il teatro di figura si sta adeguando, non è solo artigianato e messa in scena, ma i burattini possono anche essere usati insieme alle nuove tecnologie, come la videoart. Per fare un esempio, ci hanno commissionato uno spettacolo sulla vita di due santi e abbiamo usato insieme le figure e le proiezioni. Non ci sentiamo pesci fuor d’acqua quando ci rapportiamo al mondo e al contesto in cui viviamo, né ho remore quando mi chiedono “che lavoro fai?” e rispondo “la burattinaia”, oppure “l’artigiana”, sul momento dico quello che mi viene in mente perché non voglio escludere niente, facciamo tante cose: costruiamo, facciamo laboratori, spettacoli… Qual è il vostro rapporto con le nuove tecnologie? S: Buono. Facebook lo usiamo, anche perché è utile. Abbiamo la gallery e la può vedere tutto il mondo. Le nostre foto di spettacoli e lavori possono essere viste da teatri italiani e non, ci conviene usare queste possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Anche con Skype riusciamo a parlare con gli scenografi e con gli addetti ai lavori, per comunicare con le persone che non possiamo incontrare. I nostri piccoli e grandi lettori quando possono vedere un vostro spettacolo? P: Il nostro Acciarino magico andrà in scena il 16 e il 17 gennaio prossimi al Teatro dell’Angelo di Roma. NEXTFAMILY

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Affinità elettive L’Associazione Culturale L’Orologio a Cuccurucù formata da Paola Del Ferraro (in basso a destra) e Susanna Giovannetti (qui a sinistra) esiste legalmente dal 2006, ma le due socie lavorano insieme dal 2000. Entrambe trentenni, Paola si è diplomata al Liceo artistico e Susanna all’Istituto d’Arte. Le loro vite si sono incrociate all’Accademia di Belle Arti. Dall’inizio della loro carriera hanno fatto spettacoli in tutta Italia, da Aosta a Taranto, e in Svizzera, a Stabio. Scrivono i testi delle loro storie, prendendo spesso spunto da fiabe, più o meno note. Svolgono lavori su commissione per altre compagnie, costruiscono maschere, burattini, pupazzi, marionette da tavolo e a filo. Fanno laboratori per adulti e bambini con vari materiali: gommapiuma, tutte le paste modellabili, cartapesta, stoffa. Hanno partecipato a numerosi festival a Roma, hanno vinto anche premi, tra i quali la targa Cesare Felici, assegnata dal Centro Unima (Unione Internazionale della Marionetta). Su Facebook sul profilo di Susanna Giovannetti si possono visualizzare le immagini degli spettacoli e le foto delle loro creazioni artistiche. Altre informazioni si possono trovare sul sito www.orologioacuccurucu.it

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orse sarebbe stato più opportuno e intelligente prendere di tanto in tanto un aereo e fare una capatina nel Buchino Rosa di Amsterdam o nel covo parigino di Madame Arthur, piuttosto che aggirarsi con l’auto blu di servizio per luoghi romani di tristi memorie come via Gradoli. Ma il senso di onnipotenza che coglie i neofiti del potere (complici certe patetiche ingenuità infantili) gioca spesso cattivi scherzi. È il caso dell’affaire Piero Marrazzo, questione assai delicata dai profondi risvolti umani che, tuttavia, ha ben poco di privato e molto di pubblico e di politico perché, tutto quanto valeva per Silvio Berlusconi, deve assolutamente valere per l’ex governatore della Ragione Lazio. La faccenda riporta sotto i riflettori la morale tutta “casino e chiesa” di certi cattolici che fanno ciò che vogliono, “purché non si sappia”. Ossia, il “predica bene e razzola male”. Quando usciranno queste righe, probabilmente Piero Marrazzo si troverà in qualche convento (magari indossando il cilicio donatogli da Paola Binetti) e molte ombre della vicenda saranno state fugate. Forse non gli chiederanno come mai abbia tagliato fondi alla sanità pubblica per favorire soltanto le cliniche cattoliche. Forse non si saprà mai bene se ricatto ci sia stato e, se sì, perché non sia stato denunciato, dal momento che sottostare in silenzio a un simile sopruso è reato contemplato dalla legge. E nessuno, magari, si preoccuperà di chiedergli perché abbia alzato tanto le tariffe (fino a cinquemila euro) di certe venditrici di piacere a discapito di altre professioniste che, sindacalmente parlando, hanno diritto allo stesso trattamento remunerativo, soprattutto da parte di chi, ai tempi di Mi manda Raitre, si ergeva a paladino dei cittadini. Quello che il Paese avrebbe diritto di sapere è, soprattutto, se il signor Marrazzo sia o no, come ventilato da più parti, un evasore fiscale, e se quei soldi con i quali soddisfaceva le proprie esigenze copulatorie erano danaro pubblico o risorse auree dei propri forzieri. Ma tutto questo, a nostro avviso, è ancora assai relativo. Il lato più sconvolgente dell’intera nebulosa è la dichiarazione fatta da Marrazzo una volta deciso di non menare più il can per l’aia. Deciso a confessare le proprie preferenze lettifere, l’incauto Piero ha detto: “Scusatemi, è stata una mia debolezza”, espressione che sa di cultura frettolosa, male assorbita e ancor peggio digerita. Debolezza, perché? Definire debolezza un modo di fare l’amore, qualunque esso sia, diverso da quello immaginato dai più, equivale a considerarlo un peccato: un peccato, nel caso specifico, esecrabile, deprecabile, inammissibile, condannabile, degno di essere punito dal primo Torquemada che si aggiri per piazza San Pietro. Debolezza, dunque, uguale diversità, lontana dal “modus copulandi” codificato dall’ipocrita senso comune? Ma qualsiasi persona, non diciamo illuminata, ma appena rischiarata dal barlume di un fuoco fatuo, sa che esistono tante identità sessuali quanti sono gli esseri umani che popolano la crosta terrestre. Senza scendere nei dettagli caso per caso, limitiamoci a qualche riferimento, consapevoli che nel sesso non vi sono comportamenti normali e comportamenti

anormali, altrimenti sarebbe come pretendere che un elefante e un topo debbano farlo allo stesso modo. Da come si sono svolti i fatti, è facile dedurre che l’umanità abbia avuto origine da un atto incestuoso. Ma, prima ancora, la faccenda deve essere stata un poco più complessa, dato che in principio, secondo Platone, maschio e femmina erano una sola cosa. La Bibbia narra episodi non sempre chiari e leciti. E non parliamo della mitologia, dove il sesso non è soltanto matto, ma anche particolarmente esilarante e confuso, con inestricabili alberi genealogici. I faraoni sposavano le proprie figlie. Le amazzoni lo facevano con un seno solo. E le poetesse saffiche davano rose al Parnaso. Insomma, visto che i sessi sono almeno cinque (maschile, femminile, gay, lesbiche e trans), aggiungendovi l’infinita gamma di derivazioni, senza trascurare tutti i possibili effetti collaterali, non si può non dare ragione a Freud quando afferma che “la sessualità umana va in tutte le direzioni”. segue a pg. 72>>


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La Mina disinnescata Smessi i panni di Mario Cavaradossi e quelli del principe Calaf, per cui era stata ribattezzata la tenora del Sottoscala, Mina ha lasciato i templi della lirica e, da saggia tigre, è tornata nella giungla delle settenote. Puntuale come una smentita di Palazzo Chigi, ha preparato il suo bravo discopanettone (da appendere all’albero di Natale come i film di Christian De Sica), che si intitola Facile, e contiene dodici pezzi nuovi di zecca, anche se elementari e risaputissimi come la tabellina dell’uno. A parte i testi e le musiche, che sono soltanto un pallido ricordo di quelle che un tempo si chiamavano canzoni, la signora Mazzini, fra dimessi belati e qualche involontario barrito, non riesce proprio più a ruggire.

L’arca del sesso Quattro intraprendenti e fantasiose ragazze romane – probabilmente studiose di civiltà contadine, dove bifolchi allupati e pastorelli in solitudini montane lo facevano con maiali, capre, pecore e conigli – avevano messo a punto un servizio di sesso a domicilio formato zoologico, comprendente quattro cani ammaestrati e una gallina compiacente, allarmando più gli animalisti che i sessuologi. Consapevoli che la carne è debole, che i suoi piaceri riescono a tentare perfino i vegetariani e che, secondo Baudelaire, “l’amore è il gusto della prostituzione”, le vestali dell’eros viaggiante, con filiali in varie città d’Italia, si recavano negli appartamenti di gaudenti in estasi bestiali, portandosi dietro quadrupedi, volatili, guinzagli, museruole e cesti per pennuti. A rompere le uova nel paniere è arrivata la polizia, evitando così il ripetersi di cronache incresciose, come quella volta che un’attempata e indomabile contessa della Capitale, rimasta intrappolata da enfiagione canina, dovette farsi portare al pronto soccorso per liberarsi dalle zampe del suo impertinente pastore tedesco.

Tutte le strade portano in Parlamento Abbandonate le lotte radical-chic, che lo videro sovversivo di facile consumo accanto a Marco Pannella, santone del digiuno terapeutico, Francesco Rutelli prese la via della redenzione, accovacciandosi all’ombra dell’Ulivo, simbolo di pace per antonomasia, placando così i suoi giovanili ardori dalla turbolenza in verità assai levigata, come si conviene a un ragazzo bene educato e ben pasciuto. Poi, dopo avere sfogliato a lungo la Margherita (“mi rivelo, non mi rivelo”), ha lasciato definitivamente la sinistra per imboccare la strada più consona alla sua natura, confluendo nelle file dell’Udc. Dato che, come dice Oscar Wilde, “la coerenza è la scienza degli imbecilli”, vale la pena ricordare un gustoso 72

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aneddoto di epoche lontane. Un giorno Napoleone, trovandosi innanzi un signore di mezza età dall’aria tranquilla e i modi garbati (e riconoscendo in lui un suo ex luogotenente che da ragazzo era stato un irriducibile agitatore), chiese all’uomo le ragioni di quella metamorfosi. “Maestà – rispose prontamente il subalterno, scattando sull’attenti – chi a vent’anni non è un rivoluzionario, per tutta la vita sarà un tapino, ma chi a quaranta non diventa reazionario, vuol dire che è un emerito cretino”.

Dove osa la Mannoia Recentemente, Fiorella Mannoia ha detto di non poter interpretare una canzone che non senta o che, comunque, non abbia un impegno preciso o una precisa attinenza con la realtà. Strana dichiarazione per una cantante che ha osato legiferare, dietro scrittura di Enrico Ruggeri, che “una bugia è una mancata verità”, frase molto più vicina alla sconvolgente ovvietà lapalissiana che alla lucida razionalità cartesiana. A parte ciò, la pur brava Fiorella dovrebbe sapere che un artista, se veramente tale, riesce sempre a rendere credibile anche l’inverosimile, anche le parole più futili e banali. Basterebbe pensare a Milly che, con la sua voce nebbiosa dal fascino mitteleuropeo, di non vasta estensione e non proprio intonatissima, riusciva a inchiodare il pubblico alla poltrona con ninnoli, cocottine, vipere, fioraie intirizzite, capinere assiderate,


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Un bacio è troppo poco

ciondoli d’oro, sartine scriteriate, balocchi, profumi e tutta quella chincaglieria da alcova appena velata dalla luce blu di abat-jour assai discrete che sfiorava carnose labbra protese a peccati da Belle époque. E cosa dire di quella Sarah Bernhard che, in età ormai avanzata, e con una gamba di legno, incantava ancora le platee recitando L’aiglon di Rostand?

Un vecchio monito A ogni sorgere del sole, Maria Stella Gelmini non perde occasione di propagandare la riforma della scuola che, nonostante le buone intenzioni e le promesse di miracolistici funzionamenti tesi a sortire prodigiosi effetti, si basa soprattutto su tagli alla ricerca e chiusura di università, come fossero dei qualsiasi enti inutili. Sarebbe opportuno consigliare alla ministra dell’Istruzione di rileggersi l’invocazione di Giovanni Bovio, grande filosofo e uno dei più popolari esponenti della sinistra democratica e repubblicana nel periodo postunitario. Mentre Benedetto Croce scriveva, a proposito di un ipotizzato sciopero dei professori, che “un fatto simile gli sarebbe apparso altrettanto inverosimile che uno sciopero di sacerdoti”, il vecchio Giovanni Bovio (che stava di casa a Napoli, a pochi passi da quella dove abitava Enrico de Nicola) tuonava rivolto al Viminale: “Ricordate, signori del Governo: per ogni scuola che aprirete, sarà un carcere che si chiuderà”.

Accadeva nel 1960-61, nella commedia musicale Un mandarino per Teo, di Garinei-Giovannini-Kramer, con una Sandra Mondaini assai dubbiosa sugli orientamenti amatori del partner, un tiepido Walter Chiari, piuttosto avaro di effusioni. Quando lui si decide al misfatto, la Mondaini, scatenatissima, avanza sul proscenio, gridando: “M’ha baciato / m’ha baciato / voglio dirlo a tutta la città…”. Portata poi al successo da Betty Curtis, la canzone potrebbe essere oggi ripresa e intonata da Elisabetta Canalis che, dopo lunga attesa, ha ricevuto il bacio di George Clooney. Tuttavia, secondo le solite voci pasquine, pare che l’attore si sia deciso a porgere “il labbro tumido al peccato” a esclusivo uso e consumo dei fotografi. E, a sacrificio labiale consumato, il belloccio dello schermo ha ribadito che lui e la Canalis vivono e dormono in appartamenti separati. L’episodio me ne ha ricordato un altro, risalente a circa mezzo secolo fa. A cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, durante un suo lungo soggiorno a Roma, il compositore Giancarlo Menotti, promotore e organizzatore del Festival dei due mondi di Spoleto, prese in affitto una graziosa garçonnière, tutta ninnoli, pareti celesti e soffitto arabescato, fiori finti e separé da epoca deamicisiana, dove il musicista, dopo averla ribattezzata la Colombaia, compose L’ultimo selvaggio, opera andata poi in scena a Parigi nel 1963. Proprietaria del delizioso nido (un attichetto in via del Vascello, nel quartiere di Monteverde) era la signora Giovanna Castaldi (dipendente della Fao), specie di Miss Marple sempre agghindata con cappellini fioriti, la quale, parlando di Menotti, diceva, con la sua voce baritonale, un misto fra Lina Volonghi e Polifemo: “È una persona a modo, molto perbene, un signore gentile e compito. Spesso riceve dei giovani amici, ma non ha fatto mai entrare una donna in casa”.

Croce e giustizia La Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha deciso di vietare il crocifisso nelle aule scolastiche, ritenendo tale simbolo “una violazione dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni”, senza contare, aggiungiamo noi, che la visione di un uomo in croce può risultare anche molto traumatizzante per un bambino. Inutile dire che si siano spalancate le cateratte del cielo. Alla condanna della Cei, si sono accodati, come era prevedibile, numerosi uomini della sinistra. Se il Vaticano si è limitato a considerare “sbagliata e miope la decisione”, un giornalista ha scritto, con spropositata veemenza, che, nell’emettere la sentenza, “i giudici di Strasburgo erano ubriachi per aver bevuto troppa birra”. Se non si corresse il rischio di fare torto al buon Socrate, si potrebbe inviare, all’estensore dell’articolo, una dose analcolica di cicuta. Pensierino caudato Il sesso è una cosa molto piacevole e molto divertente, ma non ha niente di interessante. NEXTFAMILY

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SUMMIT SUBACQUEO Dove poteva accadere se non nelle BARBIE Maldive? Un summit in mezzo ai pesci a NON HA 50 sei metri di profondità nella laguna di Girifuschi. I ministri di pesca e agricoltura ANNI MA 46 hanno firmato un appello per denunA soli 46 anni è la “donna più ciare l’innalzamento del livello rifatta” del Regno Unito. Si chiadelle acque causato dal surrima Sarah Burge e il suo scaldamento globale: se sogno è assomigliare a continuasse così, l’oceano Barbie. Per riuscirci si è QUANDO LA CASTITÀ FA RUMORE Indiano potrebbe somsottoposta a venticinque mergere l’arcipelago. Le interventi chirurgici, il All’aeroporto di Atene ha suonato la sirena del metal immagini dell’originale primo a sette anni per detector ed è stato terrorismo-fobia. Dopo un controllo iniziativa hanno fatto il correggere le orecchie approfondito degli agenti, che hanno esaminato con un giro del mondo e la notia sventola. Da allora ha rilevatore manuale la sospettata, è tornata la calma. La zia ha avuto il giusto speso 116.760 sterlisignora inglese di 40 anni che aveva fatto scattare l’allarme spazio nei notiziari. ne (circa 180.000 non aveva niente di pericoloso addosso, ma solo la cintura di euro) per rifarsi tutta. castità. Secondo il quotidiano greco “To Vima”, la protagoniFIOCCO ROSA A Si sottopone ogni sta della curiosa vicenda avrebbe detto che il marito l'ha quattro mesi a iniezio300 KM/H obbligata ad indossare la cintura in stile medievale “perché ni di botox per bloccaUna bambina ha deciaveva paura degli amanti greci” durante il breve soggiorre la sudorazione delle so di venire al mondo no della donna in Grecia. La cittadina britannica ha ascelle e dal 1999 in mentre viaggiava sul potuto imbarcarsi per Londra solo dopo che il poi solo queste puntuTgv che collega Parigi comandante del volo si è personalmente assunre le sono costate a Bruxelles. Quando il to la responsabilità di averla a bordo. 14.400 sterline. capotreno ha lanciato un appello per soccorrere la donna con le doglie, hanno risposto due medici e due infermiere. Il parto è avvenuto senza problemi poco prima che il convoglio entrasse nella stazione di arrivo, dove ad aspettarla c’erano un’ambulanza, un’equipe medica e i vigili del fuoco. “Non immaginavo che sarebbe successo tutto così in fretta” ha detto il macchinista Michel Pauly “è chiaro che questa bimba ha fretta di scoprire il Paese”.

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GUARDIE E PICCOLI LADRI Quando le maestre di un asilo in Romania, nella zona di Braila, hanno trovato una finestra rotta e delle stanze messe a soqquadro hanno chiamato la polizia, pensando che fossero entrati i ladri. I furfanti non avevano portato via il denaro, seppur poco, presente nella scuola, ma solo due sacchi di giocattoli. Con grande sorpresa, le indagini hanno portato a dei “criminali” insospettabili: due bambini di 5 e 13 anni che, interrogati dagli agenti, hanno confessato il furto. Il più piccolo, Jirlau, ha persuaso il suo amico più grande a compiere la “marachella”. Il motivo? Non voleva rinunciare ai giochi che sarebbero rimasti chiusi nella scuola durante le lunghe vacanze estive.

QUATTROZAMPE SUL LETTINO Avete un cane che si morde la coda, è da guardia ma non abbaia o lo fa spesso disturbando i vicini? Vi può aiutare un esperto in psicologia canina. I casi più frequenti: maschi mordaci e femmine aggressive. La cura? Una terapia psicologica comportamentale e l'uso di farmaci specifici.

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“THRILLER” DI MASSA Migliaia di fan di Michael Jackson, tutti vestiti da zombie, si sono riversati sulle strade, da Vancouver a Buoenos Aires, per ballare insieme al ritmo di “Thriller”. L’idea è venuta ad un cittadino di Città del Messico che voleva rendere omaggio al suo idolo ritrovandosi in piazza il giorno del compleanno della star (29 agosto) per ballare il suo più grande successo. La voce si è sparsa su Internet e i ballerini sono diventati 12.937, con cinquantamila spettatori. La manifestazione ha coinvolto gente di tutte le età proveniente da circa 200 città diverse e aveva l’obiettivo di entrare nel guinness dei primati per il maggior numero di persone coinvolte in un ballo simultaneo.

LIBERATE (O CURATE) IL NANO O si amano o si odiano. A loro è stato dedicato anche un movimento, il "Fronte di Liberazione Nani da Giardino", nato nel 1995 in Francia con lo scopo di liberare le statuette di gesso, catturate e imprigionate nelle ville e "liberarle” in spazi aperti. E c’è chi ha inventato un lavoro come restauratore di nani da giardino, che ha il compito di stuccarli e ridipingerli per riparare le erosioni provocate dalle intemperie a cui sono esposti stando fuori tutti i mesi dell’anno.

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seicomesei di Virginia Di Marno

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C’era una volta una gatta che aveva una macchia nera sul muso e… beata lei!

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La suddetta tigre da salotto non saprà mai cosa sono costrette a sopportare le sorelle nere, gatte eleganti della notte, dee venerate cadute in disgrazia.

Animale sacro e protetto per legge, il gatto egiziano si occupava dei topi nei granai e il padrone lo adorava, tanto da radersi un sopracciglio in segno di lutto per la morte del proprio felino, tanto da raffigurare la dea Bast con la faccia da gatta.

Poi arrivarono i fenici e iniziarono a contrabbandare gatti che, per mano dei romani, giunsero nelle isole britanniche. Fu l’inizio della fine. Da simbolo di culto dei riti pagani, i gatti diventarono per la Chiesa animali da punire, esseri maligni, l’incarnazione del diavolo. Gregorio IX, il Papa della sesta crociata, emanò addirittura una bolla con la quale autorizzava lo sterminio, in nome di Dio, di tutti i gatti.

Beniamini delle streghe, i felini furono perseguitati per anni. Per quelli neri, poi, si mise di traverso anche il destino: poco visibili nei sentieri bui, attraversando furtivamente la strada, facevano imbizzarrire i cavalli causando brutti incidenti. E non solo. Si dice che un gatto nero passò davanti a Napoleone poco prima della battaglia di Waterloo, la battaglia della totale disfatta.

La regola è cambiare strada dunque, ma non per i bretoni. Loro che quella guerra la vinsero, e fecero del gatto, soprattutto se nero, il “conquistatore senza patria” più fortunato del regno animale.


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Penelope orna sul grande schermo con Gli abbracci spezzati (Los abrazos rotos) la sensuale Penelope Cruz. Ancora una volta Pedro Almodóvar la sceglie come protagonista femminile per il suo ultimo film che narra una storia intensa di un uomo che scrive, vive e ama nell’oscurità. Quattordici anni prima è stato vittima di un terribile incidente di macchina che gli ha portato via la vista e Lena, la donna della sua vita. Reduce dalla vittoria dell’Oscar come miglior attrice non protagonista per il film Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen, l’attrice spagnola in un’intervista confida l’amore per le piccole cose della quotidianità e soprattutto per la sua famiglia. “Mio fratello Eduardo compone musica, mia sorella Monica canta, balla e disegna vestiti. Ci sentiamo quasi tutti i giorni. I miei genitori (Eduardo, commerciante e Encarna, parrucchiera, ndr) hanno dovuto lavorare duro per mandarci a scuola e per vestirci. Mamma lavorava sei giorni a settimana, e in più preparava colazione, pranzo e cena…non so come facesse. Io avevo tutto ciò che mi serviva”. Penelope inizia la sua carriera internazionale nel 1999 grazie a “Tutto su

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di Maria Nicoletta Tulli

Cruz mia madre”, di Pedro Almodóvar, vincitore di numerosi premi in tutto il mondo e dell’Oscar come miglior film straniero. Tra il 2000 e il 2001 è la protagonista di “Per incanto o per delizia” di Fina Torres, “Passione ribelle” di Billy Bob Thornton, “Blow” di Ted Demme e “Il mandolino del capitano Corelli” di John Madden, accanto a grandi talenti del cinema come Matt Damon, Johnny Depp e Nicholas Cage. Nel 2003 affianca il premio Oscar Halle Berry nel thriller “Gothika” e nell’anno seguente arriva in Italia con il grande successo “Non ti muovere” di Sergio Castellitto, tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Mazzantini. “La encantadora”, come la chiamano affettuosamente in Spagna, continua la sua brillante carriera partecipando ad altri film di notevole richiamo come “Gioco di Donna” in cui divide il ruolo di protagonista femminile con la splendida Charlize Theron e “Volver”, diretto ancora una volta da Pedro Almodóvar. Decisamente tra le migliori e più acclamate attrici del momento, Penelope Cruz continuerà a sorprendere il suo fedelissimo pubblico senza deluderlo.

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ato sull’isola di Jersey, sul canale della Manica, a 26 anni può vantare un curriculum di tutto rispetto, anche se non sempre la sua carriera è stata in discesa. Scelto per interpretare il ruolo di Randy James nella divertente commedia Whatever works - Basta che funzioni di Woody Allen. Cavill si è già fatto conoscere dal pubblico televisivo e cinematografico. Tra i film da lui interpretati, il drammatico Montecristo , l’horror Hellraiser: Hellworld, il sentimentale Tristano e Isotta e il fantasy Stardust . E’ conosciuto soprattutto nei panni del Duca di Suffolk, Charles Brandon, nella serie tv The Tudors. Quest’anno ha concluso le riprese del film di Joel Schumacher Creek. Nonostante il suo indiscusso talento, ha perso numerose occasioni per sfondare una volta per tutte. Si propose per Batman Begins, ma la preferenza cadde su Christian Bale, fece i provini per interpretare James Bond rimanendo in lizza fino alla fine, ma perdendo la sfida con Daniel Craig, e

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di Ilaria Dioguardi

per il ruolo di Superman in Superman Returns, ma fu scartato. In pre-produzione fu scelto per interpretare Edward Cullen, il vampiro protagonista di Twilight. “Il personaggio con il cast più difficoltoso è senz’altro Edward, ma è anche quello per cui ho già fatto una scelta interiore forte” pubblicò su Internet la scrittrice Stephenie Meyer. “L’unico attore che penso possa avvicinarsi di più al mio ideale di Edward è l’attore Henry Cavill, l’attore che ha interpretato Albert, il figlio giovane ne Il conte di Montecristo. Riuscite a vederlo? Io so che posso!” affermò l’autrice. Alla fine fu scartato perchè a 25 anni si ritenne non avesse più il phisique du role del diciassettenne e si preferì il più giovane Robert Pattinson. “Da quello che sono riuscito a capire, Stephenie mi ha visto in alcuni miei lavori precedenti, e forse allora ero perfetto” dichiarò rammaricato Cavill “ma poi l’incedere del tempo ha cancellato l’occasione”. Ridendo, l’affascinante Henry affermò dispiaciuto in un’intervista “Mi odio per questo!”.

Un attore che

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ohn Paul Cusack nasce in Illinois da una famiglia d’origine irlandese cattolica. Il padre Dick è attore e produttore e sua madre Nancy è un ex insegnante di matematica. I suoi quattro fratelli sono impegnati come lui nello spettacolo (Joan, una delle sorelle, è apparsa spesso nei film in cui ha recitato John ed è stata candidata due volte all'Oscar come miglior attrice non protagonista). Fin da piccolo Cusack partecipa a numerose rappresentazioni teatrali e al doppiaggio di spot pubblicitari per radio e tv. Nel 1983, a soli 17 anni, debutta al cinema con Class, una commedia di Lewis John Carlino. La sua carriera di attore continua negli anni Ottanta partecipando in note pellicole come Un compleanno da ricordare di John Hughes, il film Disney Il viaggio di Natty Gann, Sacco a pelo a tre piazze e Stand By Me - Ricordo di un'estate di Rob Reiner, Non per soldi ma per amore di Cameron Crowe. Grazie a questi successi diventa un idolo dei teen-movies tipici di quegli anni. Con il passare del tempo, però, John decide di abbandonare il ruolo di eterno adolescente per dare una svolta al suo cammino e dimostrare al pubblico le sue doti di attore adulto e

J

di Maria Nicoletta Tulli

maturo. Nel 1990 arriva la sua grande occasione con Rischiose abitudini diretto da Stephen Frears. Da quel momento inizia a recitare per grandi registi quali Woody Allen in Ombre e nebbia e Pallottole su Broadway, di cui è il protagonista, Robert Altman in I protagonisti, Clint Eastwood in Mezzanotte nel giardino del bene e del male e Terrence Malick in La sottile linea rossa. Nel 1999 viene apprezzato dal pubblico per la sua splendida interpretazione in Essere John Malkovich di Spike Jonze. L’anno seguente il film Altà fedeltà vede Cusack in veste di attore, co-sceneggiatore, co-produttore e supervisore alle musiche. E per concludere, tra gli ultimi successi dell’affascinante attore americano ricordiamo Serendipity - Quando l'amore è magia e I perfetti innamorati con Julia Roberts, Billy Crystal e Catherine Zeta-Jones. Attualmente è nelle sale nei panni di Jackson Curtis, il protagonista del film 2012, diretto da Roland Emmerich, in cui una serie di cataclismi colpiscono la Terra, costringendo un gruppo di eroici superstiti a una dura lotta per la sopravvivenza.

2012: la fine o

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opo essersi diplomata all'Accademia d'Arte Drammatica di Mosca, ha recitato come protagonista nel film Come l’ombra di Marina Spada per il quale ha vinto la miglior interpretazione femminile al Festival Nouvel Air a Parigi e il riconoscimento come miglior attrice alla rassegna Bimbi Belli , diretta da Nanni Moretti. Tra il 2007 e il 2008 gira tre lungometraggi come protagonista: L’amor cortese di Claudio Camarca, Transition di Boris Palcic (Slovenia) e Segreti e sorelle di Francesco Jost (Svizzera). Interpreta egregiamente il difficile personaggio di Sonia in Alza la testa , il film di Alessandro Angelini in circolazione dal 6 novembre, in concorso alla quarta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma , nel quale ha vinto il Premio Libera Associazione Rappresentanza di Artisti (L.A.R.A.) alla Migliore interprete italiana. “Ha vinto contro tutta una serie di maschietti” ha affermato il regista, riferendosi ai numerosi provini che l’hanno portato a scegliere l’attrice gorizia-

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na. Nella storia il suo ruolo è quello di Sonia, transessuale il cui nome alla nascita è Ivan. La sua vita si incrocia con quella del protagonista Mero (Sergio Castellitto), papà di Lorenzo (Gabriele Campanelli). Nel film “la boxe è la metafora della vita”, afferma Angelini, e Sonia sicuramente ha preso a pugni la sua vita ed ha alzato la testa. “Sonia è una persona dotata di grande temperamento, è stata una fortuna incontrare Anita perché lei ha la sensibilità giusta per interpretarla, quella sensibilità che sanno avere solo le donne”, continua Angelini. “Abbiamo capito di aver costruito bene il personaggio quando, in una scena in cui ero in costume da bagno, con il seno stretto in un’imbracatura, un elettricista ha chiesto se ero un uomo o una donna”, racconta l’attrice. “Il regista mi ha fatto fare tanta palestra per avere un corpo più mascolino, abbiamo lavorato molto su trucco, capelli, costumi e voce”.

Alza la testa con

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scuola beauty web scienze animali psiche salute ricorrenze

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a cura di Maria Nicoletta Tulli


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IL PREGIUDIZIO DEGLI INSEGNANTI ESISTE REALMENTE Una ricerca finanziata dall’Economic & Social Research Council inglese svela che quello che da sempre ogni alunno sospettava è realtà. I dati parlano chiaro: i pregiudizi verso gli studenti esistono davvero. Nel caso di studenti di scuola materna o elementare, tuttavia, tali pregiudizi sembrano avere un peso maggiore del reale comportamento del ragazzo quando il professore deve fare i conti con il voto in condotta. I ricercatori della Manchester Metropolitan University lo dimostrano con il loro studio compiuto su bambini di 4 e 5 anni di età da cui è emerso che il giudizio in condotta di un allievo non sembra risentire tanto dei suoi comportamenti violenti, come i calci o i pugni rifilati ai compagni, quanto di un quadro di visione generale assunto dal professore e spesso frutto di pregiudizi esclusivamente soggettivi. Il comportamento dell'alunno durante le prime quattro settimane di scuola sembra avere un’influenza decisiva sul giudizio dell'insegnante che difficilmente modificherà la propria visione dello studente durante il corso dell'anno. Questo giudizio, inoltre, potrà facilmente essere trasmesso agli altri docenti che assumeranno così lo stesso atteggiamento nei confronti del ragazzo. “Rilevante, inoltre, il ruolo assunto dalla famiglia” sottolineano gli autori dello studio. Nel caso di genitori particolarmente negligenti o poco partecipi alla vita del figlio, infatti, pare che qualsiasi comportamento sgarbato del ragazzo venga sottoposto a particolari attenzioni dai professori, spesso troppo desiderosi di inquadrare l’alunno in un contesto comportamentale più ampio.

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beauty

AUMENTARE DI PESO Non sempre si spera di perdere chili. Per molte persone esiste il problema inverso. Un corpo magro ed eccessivamente ossuto, sia per un uomo che per una donna, rischia di essere poco attraente e di diventare quindi un problema. Come si può acquistare peso aumentando la massa magra (i muscoli) e non quella grassa? Il primo consiglio è di fare allenamento fisico seguendo una scheda prestabilita consigliata da un personal trainer o da un esperto del settore. Per una donna sviluppare i muscoli è molto difficile, infatti l'ormone responsabile della crescita muscolare è il testosterone e la donna lo produce circa 30 volte meno rispetto all'uomo. Andando spesso in palestra non si rischia quindi di diventare eccessivamente muscolose. È preferibile comunque non esagerare: 3-4 volte alla settimana sono sufficienti. Il secondo consiglio è di seguire con un po’ più d’attenzione la propria alimentazione, cercando di eliminare le cattive abitudini. Oltre ai tre pasti normali (colazione, pranzo e cena) vi consigliamo di fare almeno due piccoli spuntini (frutta di stagione) durante la giornata: potrete così ingerire più calorie senza abbuffarvi o appesantirvi. È bene, inoltre, mangiare più alimenti che contengono proteine ed evitare, se possibile, i fritti.


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FIDARSI È BENE, NON FIDARSI È MEGLIO Vendita di farmaci senza alcun tipo di controllo, diffusione di informazioni non sempre verificate e corrette, promozione, da parte di alcune aziende, di esami diagnostici che espongono a inutili pericoli e di incerta efficacia. Questi sono solo alcuni dei rischi che si corrono ad affidarsi alla salute via web quando non si filtrano le informazioni. Il Nuffield Council on Bioethics, organismo indipendente inglese che esamina questioni etiche nel campo della medicina e della biologia, ha affermato che occorre una miglior definizione di regole e maggior attenzione negli acquisti sul web, sia di farmaci sia di esami diagnostici. Internet rappresenta una rivoluzione per la medicina e la salute, ma è anche vero che on-line circola di tutto ed è importante sempre fare delle verifiche, soprattutto quando si parla di argomenti così delicati. In merito alla vendita di farmaci in Internet va detto che nelle “web farmacie” può davvero trovarsi di tutto e può accadere che qualcuno finisca per assumere un farmaco sbagliato che può procurare danni per la salute. Allo stesso modo bisogna prestare attenzione all’offerta di risonanze magnetiche e tomografie computerizzate promosse con l’intento di diagnosticare precocemente tumori e disturbi cardiaci. In quest’ultimo caso si corre il rischio di effettuare esami non sempre necessari e dunque di sottoporre l’organismo a inutili e pericolose radiazioni. Secondo un sondaggio, uno su quattro dei pazienti curatisi via web ha sviluppato reazioni avverse ai farmaci acquistati in Rete. “Fare a meno del medico” commenta Christopher Hood della Oxford University “può essere, a volte, una buona cosa perché abitua a ‘prendersi cura’ della propria salute, ma non c’è, però, un controllo sufficiente delle nuove possibilità in Rete”.

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CORPO UMANO E AMENI DINTORNI Numerosi studi scientifici dimostrano una serie di notizie curiose sul nostro corpo che probabilmente non tutti conoscono. Ad esempio, è studiato che al mattino siamo più alti rispetto alla sera, perché durante il giorno c’è una significativa compressione dei dischi vertebrali e che fare un pisolino durante l’orario di lavoro aumenta la produttività e diminuisce del 37% il rischio di morte per cause cardiache. Curioso lo studio che dimostra come la performance della nostra memoria cambi a seconda della posizione assunta dal nostro corpo e che gli esseri umani emettono una debolissima luce al buio grazie al fenomeno della bioluminescenza. Lo sapevate poi che la pianta del piede è la regione più spessa dell’epidermide umana (4 mm di media) e anche la regione più ricca di ghiandole sudoripare, che l’appendice non è affatto inutile come si crede, anche se è un organo vestigiale, perché ospita una gran parte della flora batterica intestinale e che lo stomaco produce un rivestimento interno nuovo di zecca ogni 3 giorni per impedire agli acidi liquidi che contiene di “digerire” se stesso? È bene informare gli uomini, inoltre, che l’eiaculazione in alcuni soggetti causa riniti allergiche ed emicranie, forse a causa di una iperattività cerebrale che influenza aree cerebrali estranee al sesso, e che avere orgasmi frequenti previene il cancro della prostata. Infine, ottime notizie per i biondi. È scientificamente provato, infatti, che hanno più capelli rispetto agli altri: il numero medio di follicoli piliferi sulla testa degli esseri umani è 110.000, ma chi ha i capelli biondi arriva a 146.000. NEXTFAMILY

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CHE FINE FARANNO I PANDA? Gli ambientalisti dovrebbero "staccare la spina" ai panda giganti e lasciarli estinguere. Lo ha detto il presentatore della Bbc e naturalista Chris Packham. "Questa è una specie che volontariamente è entrata in un ‘cul de sac’ evolutivo", ha detto Packham al magazine Radio Times. Il 48enne si è detto convinto che i soldi spesi nella conservazione di questa specie potrebbero essere investiti in maniera migliore su altri animali, dal momento che i panda non sono in condizione di sopravvivere da soli. "Non è una specie forte. Sfortunatamente i panda sono grandi e teneri e rappresentano il simbolo del WWF, ma noi spendiamo milioni di sterline per la protezione di questa specie". I panda giganti sono confinati nelle foreste sulle montagne del sud-ovest della Cina e necessitano di una grande quantità di bambù per sopravvivere. Stando ai dati del WWF, complessivamente, ci sono circa 1600 panda, minacciati però dall'agricoltura, dal disboscamento e dall'aumento della popolazione. "Credo che dovremmo staccare la spina” ha continuato il naturalista “lasciamoli andare per la loro strada, con una certa dignità". La posizione di Packham, però, non è largamente condivisa. "Chris ha detto una cosa sciocca, da irresponsabile" ha dichiarato Mark Wright, studioso di scienza della conservazione e consigliere del Wwf, secondo quanto riportato dai media britannici. "I panda si sono perfettamente adattati al luogo dove vivono. Le montagne costituiscono il loro habitat e lì hanno a disposizione tutto il bambù che vogliono". "Sarebbe come dire che le balenottere azzurre sono ormai in un tunnel evolutivo senza uscita perché vivono nell'oceano" ha aggiunto Wright. www.yahoo.com

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LA SINDROME DELL’ABBANDONO Ogni relazione primordiale madre-bambino è a sè, e ciascuna si caratterizza con un tipo di attaccamento relazionale diverso. Alcune mamme nei primi sei mesi di vita instaurano con il figlio un attaccamento di tipo sicuro ed altre di tipo insicuro ed evitante. Nel secondo caso a differenza del primo, quando la mamma si allontana da lui per uscire o semplicemente sparisce dal suo campo visivo, lui vive l’abbandono vero e proprio, sentendosi colpevole dell’aver fatto un torto alla madre tanto da meritarne una punizione così forte e senza possibilità di recupero. Questo tipo di imprinting si ripercuote nello sviluppo relazionale ed affettivo successivo, quando il bambino diventato adulto instaura relazioni sentimentali importanti e, nella fattispecie, nella relazione di coppia con il partner. Chi ha avuto maggiori rassicurazioni nelle cure e nel trattamento dalla figura materna sa essere sicuro di sé e della funzionalità del rapporto instaurato con l’altro, al contrario, chi ha una sicurezza debole, vive ogni allontanamento, anche per motivi logistici del partner, come se fosse un desiderio di fuga da parte dello stesso. Il tradimento a volte diventa un vero fantasma, che aleggia nella mente di un partner che non si sente realmente all’altezza di essere meritevole di amore e soprattutto di accettazione da parte dell’altro. Superare queste difficoltà non è così semplice, sentirsi in grado di avere una relazione affettiva stabile e soddisfacente chiama ad un ripescaggio delle proprie origini e quelle non sono modificabili. Ciò su cui si può intervenire è il qui ed ora, quando la persona è stanca di vivere i propri fallimenti relazionali e scatta la motivazione ad un cambiamento che sia profondo e radicale tanto da affidarsi ad un altro esperto: lo psicoterapeuta. www.psiconline.it


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E VAI COL TANGO! Uno studio dell’Università di Francoforte rivela che “l’abbraccio” del tango fa aumentare gli ormoni della passione. Famoso in tutto il mondo, il tango argentino è universalmente conosciuto come uno dei balli più sensuali che sia mai stato inventato. E oggi è stato provato anche scientificamente: il ballo nato verso la fine dell’Ottocento nella regione del Rio de la Plata, infatti, riduce lo stress e aumenta il desiderio sessuale. L’indagine è stata condotta dalla psicologa colombiana Cynthia Quiroga, che ha analizzato la composizione chimica della saliva di 22 coppie di ballerini di tango per capire se tali effetti derivavano dalla musica, dal movimento o dal contatto fisico. Dai dati è emerso che la riduzione degli ormoni dello stress è dovuta principalmente alla musica, mentre l’aumento di testosterone è dovuto sia al ballo che al contatto. I risultati dello studio sono in linea con quanto consigliano molti terapeuti alle coppie, ossia di prendere lezioni di tango. Un modo diverso per risolvere problemi o discussioni che si accendono quotidianamente tra due persone che stanno insieme. Del resto meglio una pista da ballo con buona musica che un divano con accuse e parolacce. E poi, chi lo sa, magari il tango nasce per sciogliere dei nodi e poi con il tempo diventa anche una grande passione.

salute

ricorrenze

50 ANNI DI COLLANT È il 1959 quando Allen Gant della Glen Raven Mills, una fabbrica di tessuti del Nord Carolina, crea l'indumento che di lì a pochi anni avrebbe rivoluzionato la moda femminile, insieme alla minigonna di Mary Quant. Venti anni prima Wallace H. Carothers aveva inventato il nylon che, insieme alla licra nata qualche anno dopo, farà la fortuna dei collant. Tra la nascita del nylon e il boom del collant c’è di mezzo la Seconda Guerra Mondiale. La fibra sintetica inventata da Carothers viene adoperata per produrre paracadute e le donne americane vengono invitate a donare le proprie calze di nylon all'esercito. Celebre l'episodio dell'attrice Betty Grable che se le sfila, mettendole all'asta per 40mila dollari da destinare ai militari. Una rinuncia “dolorosa” per le donne americane: in un sondaggio post-bellico alla domanda “cosa vi è mancato di più? Il 30% risponderà “gli uomini” ed il 70% “il nylon”. Il collant rivoluzionerà la moda femminile dando più “slancio” anche alla carriera di attrici, ballerine e soubrette, le cui gambe prima erano coperte da spesse calzamaglie. Pur rimanendo un accessorio fondamentale per milioni di donne, a partire dagli anni Novanta i collant hanno cominciato a subire una trasformazione per cercare di venire incontro alle più disparate esigenze. Ecco infatti sbarcare sul mercato i collant antivarici, quelli antistatici, e ancora anti fatica, anti zanzara, anticellulite, antibatterici. E ancora il collant che “massaggia”, quello che depila, quello che idrata la pelle, quello con effetto 'lievitante' sui glutei e persino il collant abbronzante. Un vero e proprio paradiso della calza per tutti i gusti e per tutte le tasche. NEXTFAMILY

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Scienze

Danilo Mainardi “Nella mente degli animali” di Barbara Pellegrino

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a curiosità è tutto nel suo lavoro. Parola di Danilo Mainardi, professore fuori ruolo d’Ecologia comportamentale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, noto alla platea televisiva di Superquark, vista la sua assidua partecipazione al programma di Piero Angela. La sua attività comprende più di 200 pubblicazioni che spaziano dagli aspetti dell’ecoetologia allo studio del comportamento e dell’interazione prole-genitori, dall’imprinting agli aspetti comunicativi dei segnali infantili etc. Nel 2003 ha ricevuto il premio Campione per la categoria Ambiente. Ha pubblicato o ha partecipato come autore e/o curatore a diversi saggi. Qual è stato il suo primo incontro con un animale? Non ricordo con precisione. Sono nato a Milano, ma in casa mia c’era un cane, c’erano i canarini e mia mamma amava moltissimo gli animali. Divulgatore scientifico, etologo, ecologo, disegnatore, animalista, zoologo, scrittore: quale di queste definizioni la descrivono meglio? Chissà, forse “curioso degli animali” descrive un po’ tutto. Mark Bekoff, etologo, è impegnato con il suo essere “dalla parte degli animali” nella salvaguardia dei diritti degli animali. Lei ritiene che non si debbano umanizzare troppo gli animali? La questione è complessa, perché gli animali hanno sentimenti, ma è difficile descriverli con parole umane. Se noi non stiamo attenti a percepire la loro diversità c’è il rischio di non capirli. Cosa s’intende per essere “dalla parte degli animali” dal punto di vista scientifico e invece dal punto di vista di tutti quelli che si professano animalisti? Forse non c’è tanta differenza, o almeno non dovrebbe esserci. Probabilmente in uno scienziato prevale la curiosità e in un animalista l’empatia, ma la conoscenza scientifica dovrebbe produrre anche l’empatia. Il cane ha una gerarchia di tipo piramidale con un capobranco in cima, mentre per il gatto la struttura sociale è come una ruota, ci può spiegare meglio? Possiamo affermare che la visione del gatto è “gattocentrica” ponendo il gatto al centro del mondo? Il cane deriva dal lupo, essere socialissimo per cui la gerarchizzazione della muta è indispensabile per la sopravvivenza. Quella del lupo è una vera gerarchia con un individuo alfa che decide e gli altri che lo seguono. Il gatto selvatico, da cui deriva il domestico, è un animale scarsamente sociale, praticamente senza gerarchia. La cosiddetta gerarchia a ruota è un qualcosa di recente, frutto di poche migliaia di anni di addomesticamento con conseguente incremento, ma mode94

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sto, della socialità e della gerarchizzazione. Lei ritiene che non si possa fare una classifica sull’intelligenza animale perché si tratta di menti completamente diverse, anche perché prendiamo come metro di giudizio noi stessi? Non molto. Il cane può accrescere la sua sapienza in modo sorprendente a seconda delle esperienze che fa. La natura l’ha ben attrezzato ma poi, essendo un animale domestico, dipende da noi la sua libertà di fare esperienze. Quanto al nostro antropomorfismo, dovremmo, con un po’ di umiltà, smettere di considerarci come misura di ogni cosa. E’ favorevole alla sterilizzazione di cani e gatti per prevenire il randagismo e alle nascite controllate anche negli allevamenti? Sì, perché credo che sia il male minore. Anche a lezione “intrattiene” gli studenti con i suoi schizzi d’animali come fa sulla lavagna di Piero Angela in Superquark ? Sì, mi piace moltissimo, e piace anche a loro. Il racconto per immagini aiuta molto la didattica.


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L’ dovrebbe smettere di considerarsi come di ogni COSA

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The Right Copy

di Luigi Bonelli

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ià quando girava Il ventre dell’architetto, il regista inglese Peter Greenaway sapeva quanto potente sarebbe stato l’influsso dell’arte pittorica, della grafica quasi primordiale del tratto umano, su ognuna delle sue creazioni per il cinema. L’artefice de I misteri del giardino di Compton House e di Giochi nell’acqua ha sempre avuto un feeling particolare con la storia dell’arte. Perché, come ha avuto modo di sottolineare lui stesso “i primi segni della civiltà umana sono stati dei dipinti”. Basti pensare ai graffiti delle Cave della Pileta o di Lescaux, nei quali ci sono tutti i prodromi di un discorso cinetico, le dinamiche della caccia e del movimento stesso. Basta anche pensare alla famosa caverna di Platone per individuare un antesignano archetipo del proiettore cinematografico. Peter Greenaway è anche colui che per primo ha tentato di raccontare al cinema uno dei capolavori poetici e letterari giapponesi: I racconti del cuscino. Quanto fu ammaliante e bello, sul grande schermo, veder apparire, sul corpo di Vivian Wu, la raffinata calligrafia vergata sulla pelle della protagonista dal maestro Yoshi Oida con un’antica penna intrisa di succo vermiglio. Va bene che Greenaway è laureato in architettura e gira sempre con la matita in tasca, nonostante da anni non faccia che film, ma di questi tempi ha forse trovato la soluzione al suo ancestrale contrappasso. Sta infatti producendo, grazie allo sviluppo delle tecniche digitali, riletture squisitamente visive della storia dell’arte in chiave più che cinematografica, diremmo ulteriore, in attesa di qualche esperto che ci illumini con una definizione appropriata. Ed ecco allora rivisitate la Ronda di notte di Rembrandt, L’ultima cena di Leonardo, Le nozze di Cana del Veronese, per procedere poi nel confronto, davvero temerario, con altri classici della storia della pittura, da Pollock (One: Number 31) a Picasso (Guernica), da Michelangelo (Il Giudizio Universale) al Seurat (La Grande Jatte). Il progetto che lo vede coinvolto si intitola Nine Classical Paintings Revisited e pensiamo che Greenaway non si fermi a nove opere, visto il diluvio di immagini che ha saputo creare con il suo ultimo percorso sul grande schermo, peraltro rimasto aperto, The Tulse Luper Suitcase. Staremo a vedere, ma già quello che si vede è molto multimediale, rigorosamente in 3D e capace di accogliere perfino un’effettistica sonora interamente in CGI (Computer Generated Image). Secondo il regista de L’ultima Tempesta, inoltre, geni come Leonardo o Picasso si sarebbero trovati perfettamente a loro agio con un generatore di immagini HD4K. Nel frattempo, come se non bastasse, e abbandonando Greenaway alle sue ri-composizioni, a Pechino ben 61 celebri opere d’arte sono state replicate secondo modalità hi-tech e fanno bella mostra di sé nella Alive Gallery. Gioconda compresa.

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visioni alta tecnologia per nuovi Nuove ridipinte dall’

MAESTRI


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Web ascolto

Let it

di Letizia Terra

BEATLES

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uattro anni interminabili di intenso lavoro. Ma alla fine ce l’hanno fatta. E il 9 settembre 2009 hanno lanciato in tutto il mondo la versione rimasterizzata di tredici dischi, per un totale di 525 minuti di musica. Non si tratta di musica qualunque, è musica che ha fatto storia perché è quella dei Beatles. La casa discografica Emi ha scelto di affidare il progetto a un comitato di sei tecnici, coordinato da Allan Rouse. Di solito, per masterizzare un disco si impiegano due settimane, “ma qui era tutt’altra storia, anzi, era la storia”, come ha spiegato Rouse durante un’intervista, “C’è voluto molto tempo per il restauro dei nastri analogici, il passaggio in digitale e infine per il lavoro di masterizzazione vero e proprio (…), si trattava ogni volta di decidere sui difetti di registrazione, le “s” sibilanti, i colpi al microfono, cercando di capire se fosse giusto o meno intervenire, se fossero parte integrante del risultato artistico. E poi c’è il suono. (…) credo che alla fine il risultato sia abbastanza equilibrato”. E così, grazie a questo immenso contributo, potranno essere ascoltati in una versione più “moderna” tutti i brani dei Beatles, che spesso nascevano dal nulla, grazie a un sogno, come Yesterday: Paul McCartney racconta sempre di essersi svegliato una mattina con la melodia della canzone che gli ronzava in testa e di essersi poi seduto al piano per registrarla prima che svanisse. Anche un altro brano, Let it be, nacque allo stesso modo: McCartney, dopo la morte del loro manager Brian Epstein, sognò sua madre Mary, morta nel 1956, che gli apparve per consolarlo, consigliandolo di non prendersela tanto e di lasciare che le cose facessero il loro corso. Ancora oggi Paul parla con commozione di quest’esperienza, benedicendo il potere dei sogni che hanno facoltà di ricongiungerci, per alcuni illusori momenti, con le persone che abbiamo perduto. Una canzone che nasce su commissione per il secondo film dei Beatles, ma che è anche uno sfogo personale di John Lennon è Help!. Componendola, si accorse che i versi scritti erano sinceri, e che stava davvero chiedendo aiuto. E chi non ricorda la malinconica melodia di Hey Jude? Il brano fu composto da McCartney per confortare Julian, il primo figlio di Lennon, molto triste per il divorzio tra il padre e la madre Cynthia Powell. I Beatles sicuramente continueranno ad affascinare i giovani di questa e delle future generazioni perché i miti resistono agli insulti del tempo e vivono in eterno, conservando freschezza e vitalità. 98

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sogni radici

Il potere dei alle dell’ispirazione di e della molte celebri HITS

genesi


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Web Leggo

Visual

di Letizia Terra

THESAURUS

Funziona come il cervello, non come un libro. Scoprirete - ed imparerete - naturalmente e intuitivamente. Potrete trovare la parola giusta, libere associazioni e acquisire una conoscenza più precisa della lingua inglese...”. Questo e tanto altro promette www.visualthesaurus.com . Si tratta di un dizionario on-line, disponibile anche nella versione desktop, un sito che potrà interessare tutti gli appassionati della lingua inglese e che offre notizie culturali, informazioni su attività letterarie e nuove iniziative. Visual Thesaurus permette di ascoltare la pronuncia corretta delle parole e consente un’esplorazione nelle architetture linguistiche, invitando l’utente a “giocare” con il vocabolo cercato: viene data la definizione, gli aggettivi ad esso correlati e le forme verbali, inoltre viene creata una mappa concettuale di tutti i sinonimi, per approfondire la ricerca, o per imparare nuovi termini. La parola della quale si vuole conoscere il significato appare al centro dell’area di disegno e intorno compaiono, orbitando, altre parole collegate al termine principale: il legame tra le varie parole esprime la relazione grammaticale e quella di significato, mentre la disposizione spaziale in un ambiente pseudo-3D ne mostra vicinanze e lontananze. Si tratta di un dizionario interattivo, che segue la logica degli ipertesti, uno strumento semplice ed intuitivo, utile per ripassare l’inglese, o per approfondirne la conoscenza. Inoltre, Visual Thesaurus incoraggia l’apprendimento di nuovi vocaboli: ad ogni click sulle parole viene creata una nuova mappa, ricca di significati e di sinonimi, in un infinito gioco di mappe. Il sito attualmente contiene circa 145.000 termini in lingua inglese ed è disponibile in versione beta per l’italiano, il francese, lo spagnolo, l’olandese ed il tedesco. È necessario iscriversi per poter leggere tutte le notizie aggiornate continuamente. L’applicazione web funziona solo per un numero limitato di ricerche: per continuare ad usarla viene chiesto un pagamento di 2,95 dollari al mese. Per la lingua italiana non esiste uno strumento come Visual Thesaurus, ma bisogna comunque ricordare che un dizionario italiano online molto curato è www.zanichelli.it , che offre, dopo la registrazione al sito, la consultazione, gratuita per un mese, dei dizionari Zanichelli e Zingarelli. Hoepli ( www.hoepli.it ) offre invece consultazioni gratis con la possibilità di iscriversi per vedere il dizionario in “maniera completa”.

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Nuove architetture

linguistiche per trovare e pronunciare ogni tipo di

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Modi di Moda

Fashion Street

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di Ambra Blasi

sistono decine e decine di strade nel mondo che, almeno una volta, devono essere percorse da viaggiatori appassionati di fashion alla ricerca di qualcosa di unico. Non c’è Natale senza i suoi mercatini, bancarelle, strade addobbate, presepi in mostra, piazze gremite di luci e profumi di leccornie invernali. New York lancia il suo gigantesco albero di Natale al Rockfeller Center. La city non ha bisogno di molte presentazioni poiché è una delle destinazioni più apprezzate per lo shopping, soprattutto per la varietà e l’originalità dei negozi ed il particolare clima festivo che si respira. Tappa obbligata dello shopping è la Fifth Avenue con le sue scintillanti vetrine, da Tiffany a Sacks, Armani, Vuitton, Cavalli, Abercrombie & Fitch, Kenneth Cole, Disney Store, Cartier, oppure i grandi magazzini Macy’s e Bloomingdale’s. Anche Hong Kong si veste a festa per inaugurare il periodo dei balocchi natalizi e lo fa in grande. Con il WinterFest, un mese di bulimia festaiola, la capitale orientale si trasforma in una sorta di città presepe dove le vere protagoniste sono le luci. I distretti centrali della città, chiamati Central Causeway e Tsim Sha Tsui vengono ornati con vischio e abeti alti oltre 35 metri. Per lo shopping, le bancarelle sono fra i punti di interesse più tipici, insieme ai Wet market del cibo sparsi per la città. Ma lo spettacolo più emozionante è sempre alla fine dell’anno con il conto alla rovescia illuminato dalla Symphony of Lights. Se poi vogliamo vivere una settimana surreale basta atterrare a Dubai, definita la Hong Kong del Golfo Persico. La città brilla non solo per i 40 milioni di lampadine con cui il Governo fa luce durante l’evento, ma anche per le circa 700 tonnelate di oro che ogni anno vengono vendute nei negozi che ostentano vetrine a dir poco folgoranti. L’attrazione inimitabile è costituita dall’albergo più alto (e costoso) del mondo, l’unico a sette stelle: il Burj al-Arab, torre araba di 321 metri a forma di vela. Regina incontrastata dello shopping europeo è infine Londra: qui la creatività delle persone e degli incroci culturali dà vita a nuovi stili e trend. Harrods, in Bronpton Road, è il mostro sacro dello shopping nell’elegante quartiere Knighstbridge che, insieme a Sloane Square e King’s Road, definisce la zona dello shopping più lussuoso. Se vogliamo sfuggire alla folla basterà voltare in una delle vie laterali, come St. Christopher’s Place, Berwick Street e Carnaby Street, rilassandoci con un buon tè caldo, secondo la migliore tradizione inglese!

New York, Dubai, Londra, Hong Kong: le vie più dello SHOPPING

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Wellness

Prima di mangiare troppo

www.personaltrainerproject.com

di Andrea Vitulano e Massimo Volino

Concetti e miti da sfatare sugli ADDOMINALI

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uando si parla di feste, ma non solo naturalmente, si parla anche dell’allenamento dei muscoli addominali, che dovremmo imparare a conoscere meglio. E allora... Due sono le parti fondamentali che creano confusione. La prima è quella che viene chiamata “parte bassa”. Molti sostengono che gli addominali alti si sviluppano piuttosto bene, mentre quelli bassi non rispondono all’allenamento. In realtà il retto addominale è costituito da un solo muscolo con un’unica innervazione. Tale muscolo si origina con 3 digitazioni dalla faccia esterna delle cartilagini costali (5° e 7°), dal processo xifoideo e dai legamenti tra questo e le coste e si inserisce sulla cresta pubica. Il motivo per cui può sembrare che la regione inferiore sia meno predisposta alle sollecitazioni motorie è che la natura ha scelto l’area addominale inferiore come zona preferita per l’accumulo dei grassi. Il secondo aspetto riguardante l’allenamento degli addominali riguarda sempre il precedente, ma si riferisce alla scelta degli esercizi d’allenamento. Esistono moltissimi soggetti che si allenano con le migliori intenzioni, che continuano a svolgere gli addominali alzando le gambe a squadra, i kneeup e altri simili, per raggiungere l’ambito “addominale basso”. Questa confusione potrebbe essere chiarita capendo la differenza esistente tra flessione del bacino e flessione del tronco. Lo psoas, l’iliaco e il retto del femore sono responsabili della flessione dell’anca, gli addominali del tronco. Il bacino si flette quando si solleva il ginocchio, affinché l’ampiezza dell’angolo tra coscia e tronco diminuisca. La sensazione di bruciore sul basso addome che si avverte quando si flette l’anca dipende non tanto dal fatto che sta lavorando il retto dell’addome, ma siano all’opera gli psoas. Gli addominali si contraggono per stabilizzare il tronco, ma non lo fanno in un raggio d’azione significativo, tanto che nel migliore dei casi l’esercizio non ha effetto sugli addominali, creando invece disturbi alla parte bassa della schiena. Esistono tante varianti per allenare l’addome, ma una flessione del tronco è soprattutto una flessione. E questo è ciò che dovete ricercare per raggiungere l’obiettivo in materia di addominali.


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Est(etica)

Un chirurgo per capello

di Marco Gasparotti

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uesto mese parliamo di Fullicular Unit Extraction (FUE). Si tratta di una tecnica effettuata da pochissimi chirurghi plastici ed è arrivata in Italia da poco. Innovativa e rivoluzionaria, prevede l’espianto e l’insediamento di singole micro-zolle cutanee con una singola unità follicolare grazie a un micro-bisturi circolare del diametro di 0.9-1.2 mm. Il follicolo viene estratto direttamente a partire dal cuoio capelluto mediante un punch, dunque molto indicato per chi ha un’area donatrice rada e poco elastica, oppure ha subito numerose asportazioni di losanghe e, ancora, desidera ‘delocalizzare’ capelli ‘forti’ nell’area calva, o che ha un’alopecia androgenetica in una parte modesta del cuoio capelluto. Questo tipo di tecnica non lascia cicatrici evidenti, perché le dimensioni della micro-incisione sono talmente ridotte (un micromillimetro scarso di diametro) da non innescare un processo di cicatrizzazione importante. È consigliabile, rispetto al trapianto di capelli tradizionale, a pazienti che soffrono di calvizie e alopecia ai primi stadi o in modo moderato, specie a ragazzi in giovane età. Si ottiene un rinfoltimento della zona diradata o calva ed il ripristino della naturale linea frontale, con esiti molto naturali e senza tracce della chirurgia, neanche nella zona donatrice (generalmente la nuca). Con la stessa tecnica si possono rinfoltire le sopracciglia, le basette, eventuali cicatrici craniche ed è possibile correggere gli inestetismi di un precedente autotrapianto ad isole. Le singole unità follicolari vengono prelevate ad una ad una dalla zona donatrice e inserite nella zona da infoltire. I capelli trapiantati cresceranno in modo naturale secondo il preciso orientamento della zona, la loro disposizione ricalcherà quella originaria senza effetti artificiosi, ma con una assoluta naturalezza nella disposizione. I ‘nuovi’ capelli potranno essere lavati, pettinati e tagliati esattamente come prima. I tempi di ripresa sono molto rapidi, perché non ci sono suture ma semplici cerotti ed una leggera fasciatura. A 7 giorni dall’intervento è possibile fare lo shampoo e poi le crosticine cadranno. Dopo circa due mesi i capelli trapiantati inizieranno a crescere. Questo tipo di microtrapianto si esegue in day hospital, dopo analisi ematochimiche di routine ed un ECG, in anestesia locale.

Il Prof. Marco Gasparotti Specialista in Chirurgia Plastica Estetica (Clinica Ars Medica Roma) 106

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Nome in codice FUE: il Microtrapianto follicolare, una tecnica impiegata da pochissimi specialisti al MONDO


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A lato, lo scrittore inglese Alan Alexander Milne, creatore delle avventure letterarie di Winnie The Pooh, ispirate dall’amore di suo figlio Christopher Robin (con lui nella foto) per un orsetto che andavano a visitare insieme allo zoo di Londra.

RACCONTO DI NATALE Laggiù, nel Bosco dei Cento Acri, c’è un orsetto sciocco e un po’ goloso. Che quest’anno festeggia 83 primavere di Jolanda Spina


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Le storie della

buonanotte romanzate da

Alan Alexander Milne divennero

la famosa saga famoso dell’ in tutto il mondo come WINNIE

orsetto

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Nella foto grande, una statua bronzea immortala, nello zoo di Londra, l’ufficiale veterinario Colebourn (originario di Winnipeg) e l’orsetto Winnipeg, che diede il nome a Winnie The Pooh. In alto, un’immagine del cartoon della Disney dedicata alle sue storie


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anto, tanto tempo fa c’era un tale che di cognome faceva Colebourn. Chi era, direte voi? Era un militare canadese di ritorno dalla Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, come viene chiamata dagli storici. La prima, la più brutale, la guerra di trincea, che fece quindici milioni di morti senza la bomba atomica e senza le armi batteriologiche o altamente tecnologiche di oggi. Era stremato, dopo cinque anni di conflitto, il buon Colebourn, di rango ufficiale veterinario, quando fece rientro nel suo immenso Stato natale, il Canada, per la precisione a Winnipeg, capitale della provincia del Manitoba. E proprio ispirato dal nome della sua città decise di attribuire l’identità a un piccolo amico trovatello di quei giorni particolari, un cucciolo d’orso rimasto senza la mamma. L’ufficiale lo comprò a chi l’aveva trovato e ospitato, lo nutrì e si prese cura di lui, per poi farne dono allo Zoo di Londra. Il piccolo Winnipeg venne ribattezzato ben presto Winnie, considerato il suo temperamento particolarmente dolce e pacioso. Era il beniamino dei bambini che con i genitori andavano a trovarlo allo zoo. A Londra divenne subito molto popolare e amato, specialmente da un bimbo che si chiamava Christopher Robin, figlio dello scrittore Alan Alexander Milne. In occasione del suo primo compleanno, il bambino ricevette in regalo un orsacchiotto di pezza, chiamato subito Edward, il classico Teddy, che divenne immediatamente ciò che in pedagogia viene chiamato “oggetto transizionale” (la cosa su cui investire la propria identità, i propri desideri, il primo affetto, subito dopo la relazione primaria con la madre). Ma se il resto è letteratura per addetti ai lavori, per la nostra storia di Natale il resto fu subito fantasia, disegni e poi disegni animati, anzi, simpatici e scanzonati compagni di avventure partoriti dalla mente di Milne che, inseguendo i sogni di suo figlio (ma anche, secondo le cronache, perché poco capace nel comunicare con lui), diede vita al personaggio di un orsetto che chiamò Winnie The Pooh, esattamente come Christopher Robin aveva deciso di ribattezzare il suo Teddy. Così Winnie diventò il protagonista delle storie della buona notte che Milne raccontava, e scriveva, per suo figlio. Le più belle furono le Storie della buona notte e sono del 1926. Arrivarono poi gli altri personaggi come Ih-Oh, l'asinello scontroso e demotivato; Pimpi, il maialino timido e paurosissimo; Tigro, la tigre che saltella sulla coda a fisarmonica; mamma Kanga e il piccolo Roo (da “kangaroo”, “canguro” in inglese) e il coniglio Tappo. Nacque infine Christopher Robin, unico umano delle storie, un bambino cresciuto ma ancora abbastanza piccolo da giocare con i suoi amici prima immaginari, poi di peluche e quindi animati. La nostra storia non sarebbe un racconto natalizio come si deve se non avesse ancora un risvolto. Il disegnatore Ernest H. Shepard, l’illustratore delle peripezie ambientate nel Bosco dei Cento Acri, visse buona parte della sua vita con la famiglia Milne, scoprendo il luogo in cui il vero Christopher Robin viveva, un bosco fatto di terra umida, alberi maestosi e immense praterie (l’Ashdown Forest, nella regione del Sussex). Ed ora Winnie compie 83 anni, facendo felici intere famiglie che lo seguono da allora, di generazione in generazione, grazie anche al lungimirante Disney, che vi appose il suo storico marchio quando la vedova di Milne gli cedette i diritti, nel 1956.

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CANADA PER FAMIGLIE Il Canada è un paese in cui tutto è a portata di famiglia. Per darvi un’idea, esistono anche i bagni pubblici capaci di ospitare una mamma con più bambini, i cosiddetti “family washroom(s)” in cui, in genere, si trovano: un fasciatoio (completo di cintura di sicurezza), lo scarico automatico, uno spazio sufficiente per ospitare due passeggini e persino una comoda poltrona. In quasi tutti i centri commerciali o all’entrata di una biblioteca ci sono porte automatiche (previste soprattutto per chi ha la necessità di andare in giro con la sedia a rotelle, ma utili anche a mamme con passeggino) munite di un pulsante, in cui basta premere e la porta si aprirà. Se così non fosse, nessun problema, perché i canadesi (almeno la maggior parte) sono sempre pronti ad aiutarti. Viaggiare con i mezzi pubblici, inoltre, è molto semplice per una famiglia con bambini, perché i piccoli hanno la priorità su tutti. Viaggiare in treno, per contro, è molto più costoso che in Italia, ma i bimbi ricevono in regalo una busta con colori, libretto illustrato completo di giochi e disegni da colorare e perfino il modellino in carta di un treno canadese, composto da una locomotiva e due vagoni. Alla stazione di Toronto è prevista una sala d’attesa per le famiglie ed anziani che hanno la priorità di salire sul treno e di scegliere i posti a loro riservati. Insomma, un Paese gigantesco ma davvero a misura di famiglia.

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l 2012 sta arrivando e si moltiplicano le notizie sulle antiche profezie dei popoli precoloniali, attenti e misteriosi osservatori degli astri. La psicosi da fine del mondo, ironicamente sponsorizzata da predizioni del futuro lasciateci in eredità da civiltà che abbiamo annientato, imperversa. Ma cosa conosciamo davvero dei “popoli andini”, delle loro società, lingue, religioni o dei loro fiorenti imperi? La parola Inca, con cui gli invasori spagnoli hanno battezzato il misterioso popolo che hanno decimato e ridotto in schiavitù, designava in realtà l’appellativo dell’imperatore di uno Stato che nel 1530 contava 10 milioni di abitanti e, soltanto un secolo dopo, era ridotto ad appena un milione. Incerta l’origine di questo immenso regno che comprendeva tutti i territori dell’America sudoccidentale, dalla Colombia all’Argentina, ultimo atto di una storia millenaria. Guerrieri bellicosi, abilissimi architetti, grandi costruttori di strade, opere idrauliche e di templi, abili astrologi e artigiani. L’impero Inca, detto Tahuantinsuyu o “i quattro angoli della terra”, era diviso in quattro province al cui centro fisico e politico sorgeva la magnifica capitale Cuzco. Gli spazi dell’impero disegnavano una mappa culturale dettagliata e affascinante che dettava anche il tempo sacro quechua, che indica tempo e spazio contemporaneamente. L’oro che rivestiva l’imperatore e gli oggetti preziosi del culto aveva un carattere sacro, venendo considerato dono del Dio Sole, in forma di lacrime cristallizzate. Il modo migliore per conoscere meglio e toccare più da vicino il mondo perduto degli Inca è attraverso ciò che loro stessi ci hanno lasciato. Un’ottima occasione per farlo è andare alla mostra Inca: origini e misteri della civiltà dell’oro al museo di Santa Giulia a Brescia, dal 4 dicembre 2009 al 27 giugno 2010, che raccoglie una collezione di reperti in oro, argento, ceramica e terracotta e attraversa quasi 3000 anni di storia precoloniale andina, dal XV secolo a.C. al declino dell’impero Inca. Potrete così intraprendere un viaggio tra i frammenti rimasti di un popolo capace di seguire il respiro della natura.

di Stefano Firrincieli

Info: www.incabrescia.it 112

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MOSTRE – NO(T) MUSIC Alla decima biennale di Lione c’è un focus, fino al 3 gennaio 2010, che gli appassionati di arte contemporanea, installazioni e sperimentazioni visive non possono perdere: No(t) Music. L’esibizione propone un originalissimo panorama sulle interazioni tra suono e contemporaneità. Artisti come Pierre Belouin, Davide Bertocchi, Dominique Blais, Pascal Broccolichi, Pierre-Laurent Cassiere, Sammy Engramer, Laurent Faulon, Emmanuel Lagarrigue, Jonathan Loppin, Arnaud Maguet, Gerald Petit, Jerome Poret saranno presenti insieme. La sfida dell’evento non è riproporre la solita retrospettiva ma mostrare come artisti che lavorano contemporaneamente possano catturare ed elaborare lo stesso suono in molti modi diversi. La scommessa dell’esibizione è quella di tentare di chiarire l’autonomia e la specificità delle arti contemporanee illustrando, al contempo, l’eclettismo degli approcci e la varietà degli stimoli, interpretati e trasformati dalle differenti sensibilità delle personalità in campo.

Info: www.ilmondodipatty.it

Info: no-t-music.hautefort.com

MUSICAL – IN TEATRO ARRIVA PATTY Dopo aver conquistato le platee televisive di tutto il globo Il mondo di Patty, il musical più bello, sbarca a teatro. Sulla scia del successo planetario di High school musical, che ha infiammato gli adolescenti del pianeta, le avventure della tredicenne Patrizia Castro, tratte dal fortunatissimo telefilm argentino diventato il fenomeno mediatico che ha conquistato giovani e giovanissimi, sono portate in scena in uno spettacolo che promette divertimento, emozione e buona musica. Uno stile fresco e giovane, amori, amicizie, sogni, ballo, musica, scontri e disaccordi tra Las Divinas e Las Populares sono gli elementi di successo dello spettacolo che ha entusiasmato milioni di ragazzi in tutto il mondo. A partire da dicembre, la tournée mondiale, approderà anche nei teatri delle principali città italiane toccando Roma, Milano, Napoli, Bari, Torino, Genova, Firenze, Padova e Bologna.

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LE MEZZEBUSTE di Enzo Giannelli

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na delle offese più gravi che si possa arrecare a una persona è quella di pronunciarne male il nome, a volte addirittura storpiandolo in segno dispregiativo. Nel dopoguerra, a Napoli, c’era una signora che, nata vassaia e diventata baronessa per meriti esclusivamente matrimoniali, viveva secondo la filosofia del “dimmi chi sono e non mi dire chi ero”. ato che il teatro di De Filippo, fatto di diseredati e di miserie varie, le ricordava le sue umili origini, la neo-titolata, parlando della compagnia Titina-Eduardo-Peppino, amava dire, con aria altezzosa e snobismo da Forcella: “Ma chi sono questi De Filippis?”. Qualcosa di simile accade (magari con intenzioni meno ignobili, forse soltanto a causa della fretta, dell’incapacità di articolare o della nevrosi del momento) con le mezzebuste televisive. Ossia le lettrici di telegiornali, visto che il vezzo (o vizio) è tipicamente femminile. A iniziare dall’abbigliamento, le mezzebuste sono sconcertanti, perché queste signore della notizia detta e non detta, sussurrata fra il lusco e il brusco, non si vestono, ma si coprono, si agghindano, si addobbano. A volte, sono chili di collane da cartomante o enormi crocifissi a mo’ di pendolino che si perdono fra seni opulenti. Altre volte, sono orecchini che ciondolano fino alla cintola, sciarpe alla Isadora Duncan, giubbotti da cowboy o ferraglia alla Little Tony di memorie sanremesi. Tanto che, una volta uscite dallo studio televisivo, è difficile capire se siano dirette alla prima della Scala, sul

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set di qualche film western, a un ballo in maschera, in partenza per un safari, o in procinto di recarsi in una sagra paesana per organizzare una pesca di beneficenza. Poi, parlano. E, dopo un paio di titoli gridati a prova di tritolo, prendono un andamento quasi umano e cominciano a salmodiare le notizie, con delle varianti. Prive dello straniamento cui dovrebbe attenersi un lettore super partes, sono tutte sorrisini per il salvataggio di un criceto, ammiccamenti per un pinguino innamorato colto in fallo, cupezze per un delitto di mafia. Ma il bello si verifica nell’annunciare i nomi degli autori dei servizi. Le mezzebuste si limitano a pronunciarne la prima e l’ultima sillaba, ingoiando tutto il resto (cosa che fanno spesso anche con le notizie). E il “sottopancia” che compare nel servizio non basta a cancellare l’onta subita dal malcapitato. È vero che questo succede anche con le attrici che, per timore di parlare come Greta Garbo doppiata da Tina Lattanzi, preferiscono il borbottio alla dizione. a, un conto è il cinema (per come si è ridotto, si può fare benissimo a meno di capirne i dialoghi), altra cosa è il tg, il cui scopo è (o dovrebbe essere) quello di informare. E, per la cronaca, va detto che, maestra nel divorare nomi e notizie, è Maria Luisa Busi, dalla lettura nervosa, precipitosa, da sassi rotolanti. Ma nessuna delle mezzebuste è esente da tale civetteria. Comunque, l’ora della riscossa è in arrivo. È recente la notizia della costituzione di un comitato da parte degli inviati, intenzionati a rivendicare la perfetta dizione del proprio nome.

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