Rocco D’Ambrosio, "Educare alla cittadinanza responsabile. Mente e cuore in politica"

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UN LESSICO PER LA CITTÀ COMUNE

(a cura della Commissione diocesana per la pastorale sociale e del lavoro) Si è svolto lo scorso giugno il convegno nazionale “Educare alla cittadinanza responsabile”, promosso dall'Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della CEI. Per il terzo anno consecutivo l'incontro nazionale ha mantenuto fermo il riferimento al medesimo argomento, permettendo così un importante approfondimento delle molte tematiche connesse, alla luce delle istanze del IV Convegno ecclesiale di Verona del 2006, e rendendo evidente l'importanza che la Chiesa italiana attribuisce al tema strategico dell'educazione e formazione del cristiano alla cittadinanza e al suo responsabile esercizio. C'è uno sfondo nel quale si inserisce l'affermazione del binomio “cristiano e cittadino” ed è rappresentato da tre importanti documenti dei Vescovi italiani. Il primo è una Nota del 1989 e riguarda La formazione all'impegno sociale e politico. All'indomani del Sinodo sui laici (1987) ed alla luce del profetico documento La Chiesa italiana e le prospettive del paese (1981), i Vescovi evidenziano che l'educazione all'impegno sociale e politico è inderogabile responsabilità pastorale dell'intera comunità ecclesiale e riguarda l'intera pastorale diocesana. Riprendendo le felici intuizioni del citato documento del 1981, la Nota riconosce che la testimonianza della carità non si esaurisce nelle pur necessarie “solidarietà corte”, ma si traduce nella pratica delle “solidarietà lunghe” dell'azione politica. Il secondo è una Nota del 1998 denominato Le comunità cristiane educano al sociale e al politico. Nel documento, considerato il più organico sul tema della formazione socio-politica, i Vescovi sottolineano la necessità della formazione all'impegno quale compito primario delle Chiese, pena una evangelizzazione monca; confermano inoltre il compito delle solidarietà lunghe, quale complemento di un pur imponente volontariato in campo ecclesiale e sociale che, quindi, non esaurisce le responsabilità del cristiano. Ma il vantaggio culturale del documento è l’acquisizione che il compito formativo all'impegno socio-politico non spetta solo ad alcune funzioni della comunità ma va collocato dentro le forme della pastorale ordinaria: la sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi con particolari sensibilità ma è compito di tutta la Chiesa. Il terzo documento è il vigente piano pastorale 2010-2020: «Avvertiamo la necessità di educare alla cittadinanza responsabile…Si dovrà sostenere la crescita di una nuova generazione di laici cristiani, capaci di impegnarsi a livello politico con competenza e rigore morale» (Educare alla vita buona del Vangelo, 54b). Oltre allo sfondo, scorgiamo per questi temi anche un orizzonte prossimo nel Convegno ecclesiale di Firenze del 2015 sul nuovo umanesimo, il decennale appuntamento che la Chiesa italiana offre alla riflessione comune, per la verifica del cammino conciliare ed il rilancio della sua attuazione. Dalle tre parole che hanno dato il titolo al convegno, possono essere tratte utili indicazioni e prospettive. In ambito sociopolitico la Chiesa educa alla dimensione sociale della fede attraverso un impegno formativo permanente, con una qualificata interazione con il territorio, per una costruzione sociale rispettosa e promotrice dell’uomo. Per questo scopo, dalle nostre parti, ancora si può ripartire dalle rispettive comunità parrocchiali, esperte di buone pratiche sociali, nell’attività quotidiana della pastorale ordinaria? La parola cittadinanza evoca un concetto chiave. Se questa consiste nell’appartenenza di un individuo ad una comunità politica con diritti e doveri, allo stesso tempo presuppone la presenza di un laicato maturo e politicamente significativo, non irrilevante, nel legittimo pluralismo delle opzioni politiche. L’argomento, sempre dalle nostre parti, meriterebbe qualche riflessione e qualche azione. Quanto alla responsabilità, questa significa capacità di assumere impegni, dare risposte, avviare processi, nella prospettiva di quel bene comune che nella nostra cultura non riusciamo più a capire nemmeno cosa sia o non riusciamo nemmeno a vedere che c’è (Magatti, 2014). Su alcuni aspetti di queste tematiche abbiamo chiesto, per la nostra rubrica di approfondimento, un contributo generale al Prof. Rocco D’Ambrosio, presbitero, docente di Filosofia Politica alla Pontificia Università Gregoriana e direttore dell’Associazione Cercasi un fine, rete di scuole di formazione politica.

Giancarlo Uncini


Educare alla cittadinanza responsabile. Mente e cuore in politica Tempo ne è passato da quel gennaio del 1919, quando i cattolici italiani, guidati da Luigi Sturzo, sono ritornati ad impegnarsi direttamente in politica. Dei tanti nobili profili e alti contenuti, è impossibile fare sintesi, eppure solo la loro storia può illuminare e guidare il presente dei cattolici italiani. Consci che, come scriveva Pietro Scoppola, “la storia - in contrasto con l'opinione corrente - non dà lezioni, non detta comportamenti, non dice a nessuno cosa deve fare; ma solo aiuta, un poco, a capire che cosa siamo, lasciandoci tutta intera la responsabilità di scegliere, dopo averci messo in una posizione un poco più elevata, con la possibilità di un orizzonte più aperto”. Questa storia, oggi, non può prescindere dall’indicazione di Paolo VI: “Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”. L’invito papale e conciliare ad impegnarsi in politica non contiene mai un’indicazione di schieramento e di partito. Per questo motivo il magistero si limita a ricordare solo le esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili nell’azione politica dei cattolici, che sono: il rifiuto dell’aborto e dell’eutanasia; la tutela dei diritti dell’embrione umano, della famiglia, della libertà di educazione e la tutela sociale dei minori; la liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù; la libertà religiosa; lo sviluppo per un’economia al servizio della persona e del bene comune; la giustizia sociale; la solidarietà umana; la sussidiarietà; la promozione della pace. Questi principi morali non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno e sollecitano una forte responsabilità personale nel realizzarli (cfr. Nota circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. Congregazione per la Dottrina della Fede, 2002). Quindi, tutti i cattolici, a prescindere dalla loro collocazione politica e sociale, sono tenuti a seguire fedelmente tutte, nessuna esclusa, queste indicazioni etiche. Eppure una frattura esiste tra i cattolici italiani e non è quella dello schieramento; è quella della coerenza. Ci sono coloro che vivono in politica servendo il Vangelo per il bene comune e, purtroppo, ci sono anche quelli (di destra, sinistra e centro) che vivono servendosi del Vangelo per accrescere interessi e potere. La frattura esiste non per carenze magisteriali, ma per deficienze formative, sia a livello di autoformazione che di itinerari in parrocchie e diocesi. Sono pochi i cattolici come Scoppola, che giungono all’impegno politico con una solida formazione intellettuale, un cuore grande e una fede solida. Senza questi requisiti, si moltiplicano coloro che sono sedotti dal fascino della Balena Bianca, ovvero la parte peggiore della DC, quella che raccoglieva ed erogava consensi e favori, a tutto spiano. Ne volete una prova? Si chieda a questi signori quanta storia e teoria politica conoscano, se abbiano mai letto un libro di Murri, Sturzo, De Gasperi, La Pira, Moro o una pagina del magistero sociale. E con amarezza, spesso, si assiste anche al vederli, ascoltati e seguiti da una parte della gerarchia e del laicato cattolici, se non proprio additati come esempi. Situazione così grave da far dire a Pietro Scoppola che “ormai in Italia vi è una Chiesa del silenzio che soffre di una sorta di emarginazione ufficiale, ma che rappresenta la riserva per la vera alternativa”. Insieme a Scoppola vanno ricordati altri cristiani coerenti e significativi: Sturzo, De Gasperi, La Pira, Dossetti, Moro, Bonhoeffer, Lazzati, Rodano, La Valle, Romero e altri ancora. Sono convinto che ad accomunarli è quanto Scoppola scriveva: “La fede ha una parola da dire su tutto! È che tocca a ognuno dei credenti di far sentire questa parola. A tutti i livelli. In tutti gli ambienti. Con umiltà. Senza arroganza. Ma con la consapevolezza di una grande responsabilità e di un momento decisivo per la storia del mondo”. Rocco D'Ambrosio (Pontificia Università Gregoriana – Associazione Cercasi un fine)


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