UN LESSICO PER LA CITTÀ COMUNE (a cura della Commissione diocesana per la Pastorale sociale e del lavoro)
Lotta alla povertà e centralità dei poveri. Una svolta?
Nella traccia predisposta per il V° convegno di Firenze della Chiesa italiana, recentemente concluso, si fa esplicito riferimento, nell'ambito della via pastorale dell'abitare, alla necessità di «ripartire dagli ultimi», con ciò riabilitando, quale indicazione programmatica, un lessico reso famoso all’inizio degli anni ’80 dal memorabile documento «La Chiesa italiana e le prospettive del paese». Le stesse parole, però, non compaiono né nelle cinque sintesi dove sono confluite le riflessioni dei numerosi gruppi riuniti a Firenze, né nel discorso di chiusura di Bagnasco, anche se in tutti sono presenti riferimenti simili; non potevano non esserci ma l’impressione è che, almeno nelle sintesi dei delegati, si potesse/dovesse fare di più, soprattutto recependone ed esaltandone il carattere programmatico. Per questo, oltre che per altri motivi, l’«enciclica» del Papa, offerta alla Chiesa italiana il 10 novembre, resta un monumentale punto di riferimento. Questo stile ecclesiale, al di là dell’effetto Bergoglio, rappresenta, evangelicamente parlando, l’espressione nobile della sequela e i due recenti rapporti di Caritas italiana sulla povertà cercano di onorarlo, anche se pongono attenzione prevalentemente alle persone colpite dalle povertà materiali. Ci riferiamo al 2° Rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia «Dopo la crisi, costruire il welfare», presentato lo scorso settembre, e al 15° Rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale, presentato ad ottobre a Milano Expo in occasione della Giornata mondiale della lotta contro la povertà. L’uno complementare all’altro, i due Rapporti, con molti dati, valutazioni e proposte sono una buona base per continuare a domandarci se la sfida della povertà sia una questione centrale o un fenomeno marginale per la politica e se la centralità dei poveri sia «pratica quotidiana e questione che accompagna le scelte di ogni diocesi, comunità parrocchiale, aggregazione laicale …» (Soddu, 2015). La povertà non diminuisce Il 2° Rapporto sulle politiche contro la povertà si concentra sulla povertà assoluta, quale condizione economica che, nel contesto italiano, impedisce l’accesso ai beni essenziali come l’alimentazione, la casa, l’educazione, l’abbigliamento e la minima possibilità di mobilità e svago. Nonostante che il Paese inizi a riemergere dalla crisi economica, ci sono alcune permanenze che definiscono i tratti della povertà assoluta in Italia. Anzitutto, rispetto al drammatico salto che ha visto raddoppiata la quantità di persone colpite nel periodo 2007-2013, la percentuale si è stabilizzata intorno al 6,8% della popolazione. Poi, l’inizio della fine della crisi, con i suoi benefici economici, non sembra capace di portare alla conseguente riduzione delle persone in povertà assoluta, la cui percentuale non ritornerà per molti
anni ancora ai valori pre-crisi. Rispetto a questo, i poveri li avremo sempre con noi … ma in quantità doppia! Altro elemento, messo in evidenza dagli analisti, riguarda la contrazione percentuale del proprio reddito che, in misura maggiore rispetto al resto della popolazione, colpisce proprio la fascia quasi totalmente rappresentata da persone in povertà assoluta. Infine, il nuovo volto della povertà che, confermando quanto già evidenziato nel 1° Rapporto del 2014, ha assunto proporzioni di trasversalità: non vengono colpite solo le famiglie del sud ma anche quelle del centro-nord; il problema oltre agli anziani riguarda anche i giovani; al coinvolgimento delle famiglie con tre o più figli minori si è aggiunto quello delle famiglie con uno o due figli minori; la povertà ha toccato anche chi ha un lavoro che, dunque, non rappresenta più un baluardo contro la povertà. La crisi, quindi, ha drammaticamente determinato l’ampliamento dei gruppi sociali colpiti dalla povertà (Caselli, 2015). La debolezza della tutela dei poveri Le politiche di opposizione alla povertà, evidenzia il 2° Rapporto, non si sono adattate alle trasformazioni di un fenomeno in crescita che sono chiamate a contrastare. Un primo effetto è che la crisi economica ha determinato sensibili riduzioni dei fondi nazionali destinati al finanziamento delle politiche sociali locali. I Comuni sono allora costretti a finanziare la spesa sociale con fondi propri derivanti dalla fiscalità locale, con riduzione della possibilità della spesa, soprattutto per i Comuni dove la contribuzione è più difficile. In questo contesto il Rapporto propone alcuni elementi che aiutano a capire i motivi della debolezza della tutela dei cittadini poveri in Italia. Anzitutto il crescente fenomeno della povertà non sembra ancora entrato pienamente nell’«agenda politica» della seconda Repubblica, anche se la principale e più numerosa coalizione di forze sociali che lavora in questo settore (Alleanza contro la povertà) riconosce che la legge di stabilità 2016, in corso di approvazione, segna una discontinuità positiva rispetto al passato, sia in termini di finanziamenti che di progettualità (Gori, 2015). Altro motivo è ravvisato nella permanente tendenza della politica italiana a muoversi grazie alla capacità di pressione sul Parlamento di corporazioni e raggruppamenti sociali omogenei, con evidente svantaggio delle fasce meno strutturate e rappresentate. Il terzo fattore, importantissimo, risiede nella riduzione della funzione propria di advocacy del Terzo settore che, da circa 30 anni, è maggiormente orientato alla fornitura di servizi per conto delle amministrazioni pubbliche. Azioni di sistema «Non è vero che qualcosa è meglio di niente», ha detto il direttore di Caritas italiana in sede di presentazione del 2° Rapporto, sostenendo la necessità di superare la frammentazione degli interventi a favore di una decisa misura strutturale nazionale di contrasto alla povertà, che tenga insieme risorse economiche e accompagnamento delle persone, impegno istituzionale e solidarietà sociale. Le conclusioni del 2° Rapporto rivestono particolare importanza perché delineano una relazione virtuosa, soprattutto a livello locale, tra sostenibilità della spesa sociale, integrazione istituzionale, animazione territoriale e protagonismo dei soggetti sociali coinvolti. La prospettiva è quella dello sviluppo territoriale e della creazione di valore economico, così che la spesa sociale cessa di essere solo un onere per diventare anche un investimento. In questa prospettiva sono in corso di sperimentazione a Torino, a Messina e a Noto dei progetti, sostenuti da Caritas italiana, per la realizzazione di azioni integrate di contrasto alla povertà, per promuovere l’attivazione di processi sociali di sviluppo e di creazione anche di valore economico. Alla luce di queste esperienze, nel prossimo numero della rubrica pubblicheremo la diretta esperienza di una delle tre realtà citate; si tratta di S-Nodi di Torino che ci racconterà come con azioni di sistema si sta interpretando il contrasto alla povertà in quei territori. Giancarlo Uncini